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Ascoli Piceno ospita la Cerimonia di apertura del Festival Culturale dei borghi rurali della Laga 2025
Data: Sabato 22 febbraio 2025 Luogo: Sala della Ragione - Palazzo dei Capitani, Piazza del Popolo, Ascoli Piceno,
Data: Sabato 22 febbraio 2025 Luogo: Sala della Ragione – Palazzo dei Capitani, Piazza del Popolo, Ascoli Piceno Ascoli Piceno si prepara ad accogliere la cerimonia di apertura del Festival Culturale dei Borghi Rurali della Laga – Edizione 2025, un evento di grande rilevanza per la valorizzazione del patrimonio culturale e sociale delle comunità montane del territorio. L’appuntamento, che si…
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Scarso segnale tv nelle comunità montane, la risposta Tivùsat
In numerose regioni italiane, da Nord a Sud, gli abitanti affrontano ostacoli persistenti nella ricezione del segnale televisivo terrestre. Da zone specifiche come la Liguria e le comunità montane del Piemonte, fino all’alto Bresciano, la Romagna, il Veneto Orientale, e le province di Trieste e Gorizia, passando per la Basilicata, il Basso Molise, il Casertano, e recentemente estendendosi…
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Cambiamento climatico: gli effetti sulla neve
Il cambiamento climatico ha effetti significativi sulla neve. Il continuo rialzo delle temperature sta portando sempre meno quantitativi di neve e in alcuni luoghi non ritornerà negli anni a venire. A dirlo è un recente studio pubblicato su Nature che apre una riflessione sulle conseguenze economiche per le comunità montane e su un problema che sta diventando sempre più urgente: la siccità. Gli effetti del cambiamento climatico sulla neve Nell'emisfero nord c'è sempre meno neve. Lo ha rilevato lo studio condotto da Alexander Gottlieb e Justin Mankin, due ricercatori del Dartmouth College di Hanover (New Hampshire, Stati Uniti). I ricercatori hanno preso in esame 169 bacini fluviali dell'emisfero settentrionale innevati a marzo negli anni dal 1981 al 2020. Marzo è il mese in cui il manto nevoso arriva al suo picco. La ricerca ha evidenziato che almeno in 70 bacini analizzati il manto nevoso sta gradualmente diminuendo anche i più grandi come quello del Danubio in Europa e al Salt Lake dello Utah (Usa). In più di 30 casi, la tendenza, definita "significativa", è da collegare al riscaldamento globale per le attività antropiche. In un passaggio, lo studio prevede anche che in alcuni luoghi la neve non tornerà più. Affinché un manto nevoso si conservi intatto, infatti, è necessario che le temperature si mantengano a -8°. Nei luoghi in cui le temperature si alzano al di sopra di questo limite, la neve è destinata a sciogliersi. Quale destino per le comunità montane? Intorno alla neve ruota un segmento importante del turismo italiano, a sua volta comparto strategico della nostra economia. Il comparto neve è oberato da costi piuttosto elevati. Alle spese per la gestione degli impianti di risalita vanno aggiunti quelli relativi all'innevamento artificiale. Secondo dati di Legambiente sul 2023, più del 90% degli impianti sciistici italiani è alimentato da neve artificiale. L'operazione, oltre a essere anch'essa altamente costosa, è tutt'altro che sostenibile poiché richiede molta energia e grandi quantità di acqua. L'allarme siccità La neve ha un ruolo importantissimo anche da un punto di vista ambientale. Con la fine dell'inverno la neve sciogliendosi va ad alimentare bacini idrici come laghi e corsi d'acqua. L'abbondanza di acqua, tipica della stagione primaverile, è fondamentale per l'approvvigionamento idrico a uso agricolo e per le centrali idroelettriche dalle quali dipende la vita di monte comunità. Il 2022 è stato un anno record per il caldo. Con temperature al di sopra della media registrate in tutti i 12 mesi, il 2022 è stato il quinto anno più caldo della serie. L'assenza prolungata di precipitazioni, inoltre, lo ha reso un anno record anche per la siccità. Il 2023 non ha invertito la tendenza e le precipitazioni, più copiose rispetto all'anno precedente, non sono riuscite a compensare la scarsità dell'anno precedente. Il 2024, iniziato da poche settimane, si sta caratterizzando anch'esso per temperature al di sopra della media. In copertina foto di Erich Wirz da Pixabay Read the full article
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Le 10 Attività Estive Perfette da Fare con i Bambini: Divertimento all'aria aperta e Istruzione
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/le-10-attivita-estive-perfette-da-fare-con-i-bambini-divertimento-allaria-aperta-e-istruzione/116295?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=116295
Le 10 Attività Estive Perfette da Fare con i Bambini: Divertimento all'aria aperta e Istruzione
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L’estate è finalmente arrivata, e con essa l’opportunità di trascorrere del tempo di qualità all’aperto con i nostri piccoli. Con le giornate lunghe e il clima favorevole, c’è una vasta gamma di attività entusiasmanti che possono essere condivise con i bambini, soddisfacendo al contempo la loro voglia di avventura e curiosità. In questo articolo, esploreremo 10 fantastiche attività estive che faranno sorridere i bambini, tenendoli impegnati e felici, mentre imparano nuove cose e scoprono il mondo intorno a loro.
Attività con i bambini
1. Gite in Natura: Trascorrere del tempo all’aperto è fondamentale per i bambini. Organizza escursioni in parchi locali, riserve naturali o aree montane. Lascia che i bambini esplorino la flora e la fauna, scoprendo gli animali selvatici e apprendendo l’importanza della conservazione.
2. Giardino e Coltivazione: Coinvolgi i bambini in attività di giardinaggio. Imparare a piantare semi, curare le piante e raccogliere i frutti del proprio lavoro li aiuterà a comprendere l’importanza della sostenibilità e del cibo fresco.
3. Attività Acquatiche: L’estate e l’acqua vanno a braccetto. Piscine, parchi acquatici e giorni in spiaggia offrono momenti di puro divertimento. Insegna ai bambini a nuotare o partecipate insieme a lezioni di sport acquatici.
4. Caccia al Tesoro: Organizza una caccia al tesoro nel tuo cortile o in un parco vicino. Sviluppa enigmi e indizi per stimolare la loro mente e incoraggiali a lavorare in squadra.
5. Corsi Estivi: Molte comunità offrono programmi estivi, dai campi di scienze a quelli artistici. Sono un modo fantastico per permettere ai bambini di esplorare nuovi interessi e fare nuove amicizie.
Bambini e Genitori
6. Progetti Artigianali: L’arte e l’artigianato stimolano la creatività. Organizza attività di pittura, creazione di gioielli, o costruzione di oggetti usando materiali riciclati.
7. Letture all’aperto: Fai leggere i bambini in giardino o in un parco. La lettura è un’ottima abitudine che può essere ulteriormente valorizzata quando condivisa all’aperto.
8. Attività Sportive: Organizza partite di calcio, baseball, frisbee o altre attività sportive. Insegna loro l’importanza dell’esercizio fisico e dell’equilibrio tra gioco e impegno.
9. Laboratori Scientifici: Promuovi la curiosità scientifica con esperimenti semplici e divertenti. Creare vulcani di carta e esplorare le reazioni chimiche renderà l’apprendimento divertente.
10. Pic-nic e Cene all’aperto: Organizza pic-nic in famiglia o cene all’aperto con gli amici. Condividere il cibo e il tempo insieme rafforza i legami familiari e amicali.
In sintesi, l’estate è un periodo meraviglioso per creare ricordi indimenticabili con i bambini. Un mix di attività educative e divertenti li aiuterà a crescere, imparare e apprezzare il mondo che li circonda. Scegli le attività che meglio si adattano alle loro passioni e goditi un’estate piena di sorrisi e avventure.
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Pubblicato Bando Contratti di filiera per il settore forestale
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Il giorno 26 aprile 2023 è stato approvato e pubblicato il bando - fortemente atteso da Uncem - recante le caratteristiche, le modalità e le forme per la presentazione delle domande di accesso ai contratti di filiera nel settore forestale e le modalità di erogazione delle agevolazioni, che costituisce provvedimento di attuazione del decreto del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste numero 48567 del 31/01/2023. Nel panorama nazionale degli accordi di filiere e reti d’impresa, l’Accordo di Foresta rappresenta uno strumento giuridico innovativo per lo sviluppo di sinergie virtuose a beneficio delle aree forestali e della multifunzionalità che caratterizza il settore. Questo nuovo strumento nasce con l’articolo 35-bis “Misure di semplificazione e di promozione dell'economia circolare nella filiera foresta-legno”, del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, nella Legge 29 luglio 2021, n. 108. L’Accordo di Foresta rappresenta quindi, uno strumento giuridico innovativo per lo sviluppo di sinergie virtuose a beneficio delle aree forestali e della multifunzionalità che caratterizza il settore. Una scommessa lanciata dal Centro Oltreterra, nell’ambito dell’iniziativa di Slow Food Italia realizzata in collaborazione con Legambiente per la valorizzazione delle Foreste e della Montagna italiana. Nell’edizione del convengo annuale di Oltreterra, tenutosi a Santa Sofia il 6-7 novembre 2020, è stata dedicata una sessione speciale alla necessità di trovare soluzioni alla frammentazione fondiaria a cui è stato dato come titolo “L’Accordo di Foresta: Una necessità non prorogabile”. Alla sessione ha partecipato una importante platea di partner, tra i quali il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, PEFC Italia, il CREA, l’Università di Firenze, Romagna Acque-Società delle Fonti ed ERSAF Lombardia, e molti altri.
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Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2018 n. 34 la materia forestale ha acquistato un nuovo ruolo nelle politiche nazionali e regionali e il ruolo delle foreste e delle filiere forestali ha assunto un peso maggiore nella consapevolezza sociale. Il decreto ha introdotto importanti disposizioni per la gestione del patrimonio forestale nazionale, che copre attualmente più del 36% del territorio italiano, coinvolgono non solo lo storico settore produttivo del legno ma anche tutte le filiere che dalle foreste possono svilupparsi generando beni e servizi per la società di oggi e per le generazioni future. In particolare, il concetto internazionale di Gestione Forestale Sostenibile (GFS) viene ripreso (Articolo 3, comma 2, lettera b) nella sua definizione tecnica, riprendendo i valori di quella cultura forestale che per secoli ha caratterizzato e cadenzato le scelte e i tempi di sviluppo delle comunità montane del nostro paese. La gestione viene qui riproposta con una nuova valenza sociale, diventa infatti, un atto di responsabilità del proprietario, pubblico o privato che sia, nei confronti del bosco e della società. La scelta gestionale, produttiva o conservativa, si definisce nel rispetto delle norme vigenti assecondando i ritmi e le evoluzioni naturali del bosco, e si concretizza nello strumento pianificatore (costituito di norma dal Piano di Gestione Forestale), che esprime una assunzione di responsabilità nell’interesse pubblico da parte dei proprietari o titolari delle superfici forestali, pubblici o privati. Partendo da questo presupposto appare chiaro come la partecipazione e la condivisione nelle scelte di gestione per la realtà forestale italiana in ambito locale, debba rispondere alle esigenze e necessità presenti e future, integrandosi con le scelte di sviluppo socioeconomico del territorio. L’idea dell’Accordo di Foresta nasce proprio dall’esigenza di poter creare una nuova figura contrattuale, non agricola o agroalimentare ma forestale che rappresenti sempre di più i territori, 4Accordo di Foresta le comunità e le realtà socioeconomiche delle aree montane e interne del paese, coinvolgendo dal proprietario forestale (pubblico o privato), al produttore di beni e servizi, al trasformatore, ai segmenti di commercializzazione, fino alle popolazioni locali, ai consumatori e fruitori dei prodotti forestali e dei servizi ecosistemici. L’Accordo di Foresta costituisce uno strumento propedeutico allo sviluppo di azioni concrete di associazionismo volte a realizzare interventi condivisi per la conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale da parte di una comunità locale. Si caratterizza per essere uno strumento vincolante che individua e definisce obiettivi, impegni e ruoli di collaborazione per un concreto sviluppo locale. Unirsi nella gestione attraverso la stipula di un Accordo di Foresta per dare attuazione poi a un Piano di Gestione Forestale vuol dire porre le basi per: lo sviluppo di filiere sostenibili (produttive, ambientali, socioculturali), creare occupazione, sviluppare innovazione, dare presidio; realizzare scelte condivise su un’area vasta; ricercare un equilibrio tra esigenze ecologiche, ambientali, paesaggistiche e necessità umane; ed infine realizzare una strategia territoriale di conservazione e/o sviluppo socioeconomico. Con il presente documento redatto nell’ambito delle attività previste dal programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020/23 in collaborazione con il Centro Oltreterra, si vuole offrire una prima lettura all’articolato normativo che definisce l’Accordo di Foresta e proporre una prospettiva applicativa per una sua reale capacità operativa. Tutto il materiale è scaricabile qui: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/19507 Una scommessa lanciata dal Centro Oltreterra, nell’ambito dell’iniziativa di Slow Food Italia per la valorizzazione delle Foreste e della Montagna italiana. Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste - BANDO Contratti di filiera Settore Forestale Il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste - Decreto_DEF_MIPAAF_2023_0048567_DecretoFiliereForestali Report di Approfondimento - Gli Accordi di Foresta Una nuova opportunità per il settore forestale nazionale Read the full article
#AccordodiForesta#bandoconcorso#contrattiforestale#contributiforestali#GFS#patrimonioforestale#serviziecosistemici#settoreforestale
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Comunità montane, buco Trasimeno servono milioni, verso liquidazione from Umbria Journal TV on Vimeo.
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Molto interessante, attenzione per chi va a raccogliere funghi attorno al Garda o in Val Venosta.
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Brescia, la “capitale” del bracconaggio: ha un sesto degli indagati per questi reati in Italia di Simona Buscaglia Il territorio bresciano è uno snodo fondamentale lungo le rotte migratorie percorse dall’avifauna per spostarsi dalle aree di nidificazione, concentrate nell’Europa settentrionale e nord-orientale, a quelle di svernamento, nel Mediterraneo e in tutta l’Africa. I flussi migratori infatti si incanalano in tutti quei passaggi che diminuiscono lo sforzo di superare le catene montuose: i valichi quindi sono una sorta di collo di bottiglia dove gli uccelli si concentrano per proseguire nel proprio viaggio. Ed è proprio qui, in quello che potrebbe essere un vero patrimonio della biodiversità del pianeta, che s'insinua una lobby molto potente, quella dei cacciatori. Secondo i dati riportati nel dossier "Analisi dati caccia illegale" redatto da Cabs, l’associazione di volontari specializzata in antibracconaggio, prendendo gli ultimi dati disponibili dalle Procure, che fanno riferimento al 2018, la Lombardia primeggia in Italia per numero di denunciati e procedimenti aperti per caccia illegale, rispettivamente 294 e 275. "Di questi – precisa Andrea Rutigliano, referente Cabs Italia, bresciano – la quasi totalità viene da Brescia, che da sola ne porta a casa 250, che riguardano praticamente nella quasi totalità caccia alla selvaggina minuta, uccelli o piccoli mammiferi". La normativa europea e quella nazionale e regionale prevedono uno speciale regime di protezione per i valichi interessati dai flussi migratori: nel raggio di mille metri da questi valichi dovrebbe quindi essere vietata la caccia. Ma proprio qui si inserisce la forte resistenza da parte dei cacciatori a non inserirsi proprio nei punti dove si possono realizzare i maggiori carnieri. Cacciatori: a Brescia una lobby molto potente Nella Provincia di Brescia ci sono 14 valichi rilevanti per il transito dei migratori, due dei quali rivestono una particolare importanza: Colle San Zeno e Passo del Maniva. "Il dato è dimostrato – si legge in un rapporto Cabs dell'anno scorso – dalla forte concentrazione in quelle aree di impianti di cattura e capanni di caccia, oltre che dall’elevato numero di cacciatori che li frequenta". Qui infatti è addirittura diffuso, come denunciato da Cabs il tiro a volo i piccoli uccelli migratori. In cosa consiste? I cacciatori si dispongono in fila sul passo a 20 metri gli uni dagli altri e attendono i piccoli contingenti di fringillidi in migrazione. Quando uno stormo si accinge a superare il colle passando in volo a 5-10 metri sopra la testa dei cacciatori, viene raggiunto dalle fucilate. "Pratica che purtroppo registriamo quotidianamente anche oggi – ha aggiunto Rutigliano – siamo davanti a una provincia che vuole ammazzare programmaticamente specie protette e sono un gruppo molto potente dal punto di vista politico e industriale, pensiamo solo alla fabbrica Beretta che si trova sul territorio. Ci sono personaggi influenti, sindaci, presidenti della Comunità montane che sono cacciatori e quello che viene richiesto da Federcaccia Brescia puntualmente poco dopo di solito viene anche proposto dalla politica, con i politici regionali che hanno proprio tra i cacciatori un importante bacino elettorale". Rutigliano nell'intervista a Fanpage.it riporta moltissimi esempi, tra questi anche la questione delle pettorine alle guardie incaricate di scandagliare il territorio per fermare chi non rispetta le regole: "Volevano fermare le guardie del Wwf perché riuscivano a fermare chi cacciava illegalmente gli uccelli beccandoli in flagrante e facendo sanzioni – ha spiegato – viene così introdotto l'obbligo ad indossare delle pettorine ad alta visibilità in modo che si vedano da lontano e non si possano avvicinare al capanno". "Nei giorni di massimo passo gli stormi si avvicendano uno al minuto e di conseguenza sono stati osservati cacciatori abbattere e incarnierare 6 fra fringuelli e peppole in circa 10 minuti (in genere la caccia al volo prosegue per 3-4 ore) – denuncia sempre Cabs nel rapporto – Senza contare che sui versanti alle spalle di questi passi è estremamente comune rinvenire al suolo individui di fringuelli e peppole con ferite di arma da fuoco e incapaci di volare". Rutigliano negli anni ha ricevuto minacce, anche sotto forma di lettera minatoria per il suo lavoro di salvaguardia delle specie protette. Piccoli abbattimenti di uccelli sono quindi all'ordine del giorno. Secondo i dati raccolti dall'associazione Cabs, da agosto in poi le specie predilette protette abbattute in maggior quantità risultano: prispolone, balia, pettirosso, fringuello, peppola, pispola, migliarino, lucherino. "Inoltre Regione Lombardia ha permesso a questi cacciatori di spostarsi in tutto il territorio regionale – ha aggiunto Rutigliano – la polizia provinciale di Pavia, solo pochi giorni fa ha fermato per la caccia di piccoli uccelli dei bresciani. Quando il flusso migratorio si sposta verso sud e quindi si è indebolito nel Bresciano, loro si spostano. Ieri eravamo a Vercelli, dove non ci sono flussi migratori, ma altre specie protette, e abbiamo denunciato dei bresciani; ad agosto mi ero spostato al Sud, perché era stata segnalata una caccia illegale al beccafico, una specie che sta registrando un calo sostanzioso, e tra le persone che sparavano a questa specie protetta c'era di nuovo un bresciano. I bresciani quindi purtroppo brillano nel voler infrangere le leggi e perseguitare queste specie, anche per ragioni economiche perché c'è un grosso mercato per gli spiedi e altre pietanze". Sempre in merito alla caccia illegale ai piccoli uccelli protetti nelle valli bresciane, a inizio novembre Cabs ha registrato che l'uso di trappole e reti è in netto calo, ma che stanno registrando un preoccupante aumento della caccia illegale alle specie protette: "molti cacciatori sparano senza remore a qualsiasi uccello passi sopra la loro testa – dichiaravano – Nelle ultime tre settimane grazie alle nostre investigazioni sono stati denunciati 17 cacciatori e sono stati sequestrati oltre 160 uccelli protetti abbattuti e 17 fucili da caccia".
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Mettetevi nei panni del generalissimo, medaglie comprese: da anni è abituato a vedere i sottoposti scattare sull’attenti, ma adesso si ritrova circondato da venti autocrati regionali, autodefinitisi governatori, che considerano capotavola il posto dove sono seduti loro. E oltre a non eseguire i suoi ordini, li vanificano con il disordine. Figliuolo ricorda il quadratissimo Arrigo Sacchi alle prese con le bizze anarchiche di Van Basten, con la differenza che i governatori non fanno neanche gol. Anzi, si sgambettano a vicenda.
Ma proprio per niente, sig. Gramellini.
Prima di tutto nelle regioni non ci sono autocrati. Il Presidente di Regione ha più potere di quello di altri enti territoriali ma non è che questo potere sia illimitato. Tra l’altro gli “autocrati regionali” sono tra le ultime figure sottoposte almeno a un minimo controllo degli elettori.
Secondariamente sarebbe meglio che ognuno stesse nel suo. Le Regioni non devono “obbedire agli ordini”, c’è un indirizzo programmatico che loro devono rispettare... e basta. Sarebbe il caso di andare a vedere come se la sta cavando lo stato centrale con quella parte del programma vaccinale che, anche giustamente, ha avocato a se; tipo l’immunizzazione di piccole isole e comunità montane non adeguatamente coperte dal servizio sanitario. Per me se la sta cavando malino ma lì nessuno va a vedere. Anzi, i servizi che vediamo hanno tutti il tono della fellatio, sul tipo di “Bepi il valligero, colmo di gratitudine, offre la torta sbrisolona ai militari venuti a vaccinarlo”.
Le Regioni stanno tutte nei parametri. Per sintesi estrema: fanno i vaccini che ricevono.
In ultimo, saremmo curiosi di sapere in che modo le Regioni si ostacolerebbero a vicenda. Mandano i predoni a fregare i vaccini Covid? Fontana si traveste con un camice e va a Bologna a intascare i vaccini emiliani? I toscani, coi loro avvocati vaccinati, chiedono al TAR il blocco dei sieri liguri?
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Festival Culturale dei Borghi Rurali della Laga 2025: al via la cerimonia di apertura ad Ascoli Piceno
Un evento dedicato alla valorizzazione delle comunità rurali e al riequilibrio culturale tra aree urbane e montane
Un evento dedicato alla valorizzazione delle comunità rurali e al riequilibrio culturale tra aree urbane e montane Ascoli Piceno è pronta ad ospitare la cerimonia di apertura del Festival Culturale dei Borghi Rurali della Laga – Edizione 2025, un appuntamento imperdibile per la promozione del patrimonio culturale e sociale delle comunità montane. L’evento si svolgerà sabato 22 febbraio 2025,…
#Alessandria today#aree interne#aree montane#Ascoli Piceno#Borghi italiani#borghi rurali#Comunità montane#Conferenza#Conservazione Culturale#crescita territoriale#Cultura#equilibrio culturale#eventi Ascoli Piceno#Eventi culturali#eventi in Marche.#festival 2025#Festival Culturale dei Borghi Rurali della Laga#Google News#identità locali#italianewsmedia.com#Lisa Di Giovanni#manifestazione culturale#Marco Fioravanti#Palazzo dei Capitani#patrimonio storico#Piazza del Popolo#Pier Carlo Lava#proiezione video#promozione cultura#promozione territoriale
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Un popolo silenzioso e laborioso che fonda le proprie radici nei secoli di storia del vecchio continente, testimoniati da documenti ritrovati nell'attuale Tirolo. Vivono in case di legno, costruite con la tecnica blockbau, al di sopra ai mille metri di altitudine. Nel terzo millennio, seppur ormai decimati dalle difficili condizioni climatiche in cui hanno vissuto, conservano fieri il loro bagaglio storico culturale
Un popolo silenzioso e laborioso, che portò la pace laddove si insediò. Una rarità e un mistero del periodo medievale, quando la diplomazia della spada e del cannone era frequentemente preferita a quella della parola. Un popolo che per primo, fece i conti con il climate change naturale che caratterizzò il clima nei settecento anni della loro esistenza sulle Alpi.
Il popolo Walser fonda le sue radici nei secoli di storia del vecchio continente, presero il nome dagli antichi documenti ritrovati negli archivi del villaggio di Galtür, nell’attuale Tirolo, che descriveva queste genti di montagna di centinaia di anni fa. Quegli Homines dicti walser citati dalle carte del 1317, che colonizzarono le Alpi partendo dal nord e discendendo, collegando Germania, Svizzera, Italia, Austria, Lussemburgo e Francia in una unica grande cultura di montagna.
Sono arrivati fino a noi, favoriti dal loro “isolamento alpino” che mantennero durante i secoli d’oro del loro insediamento, fino al sedicesimo secolo. Nel terzo millennio, seppur in comunità ormai decimate e integrate nel tessuto sociale contemporaneo, conservano fieri il loro ampissimo bagaglio storico culturale ricco di leggende ispirate alle grandiose forze della natura a cui assistevano secolo dopo secolo, e sono forse gli ultimi a parlare la loro originale lingua titsch.
Si difesero dal loro nemico peggiore, il freddo, grazie all’ingegno, e sopravvissero ai rigidi inverni delle terre alte montane, sfruttando un’economia primitiva ma sostenibile, che ha lasciato un segno culturale e antropologico profondo nella storia del vecchio continente.
La storia dei walser Un popolo libero, senza schiavi. Ogni walser poteva decidere se rimanere nella propria comunità, oppure spostarsi e fondare nuove colonie, in terre inesplorate. Uno status giuridico concordato con i signori proprietari terrieri, glielo permetteva, lassù in alto. Una rarità. Ma questi popoli avevano ben altri problemi da risolvere, per sopravvivere alla natura. Dover vivere in case di legno, costruite con la tecnica blockbau, al di sopra di mille metri di altitudine, li esponeva, per primi in assoluto, al cambiamento climatico medievale.
Prima e dopo l’anno mille, l’Europa entrò in altalenanti periodi di innalzamento e abbassamento della temperatura media annuale, (la controversia dell’hockey stick) che creò fortune e disastri per questa popolazione. Se dapprima il riscaldamento favorì la colonizzazioni delle terre più estreme, a ridosso delle vette più alte, alle pendici del massiccio del Monte Rosa, come le terre alte di Macugnaga, Zermatt, Baceno, Formazza, ma anche di Alagna e Gressoney, che vennero dissodate e coltivate, e sfruttate per centinaia di anni, non sempre di clima favorevole, ma superiore alla media, fino al XIV secolo.
Una ondulazione climatica che i walser seppero comunque gestire, fino a un certo punto. Il duro colpo finale allo “splendido isolamento alpino” di questi popoli, avvenne nel loro periodo di maggiore espansione: nella seconda metà del 1500 la nota piccola era glaciale agì come una scure sui fragili equilibri alpini. La maggior parte delle alte vie, che rendevano possibili le comunicazioni e commerci fra colonie, divennero impraticabili per molti mesi all’anno.
Le comunità si frantumarono in centinaia di piccoli satelliti e si trovarono isolate verso l’alto, verso i loro sbocchi naturali, al di là dei monti. Il freddo e il ghiaccio spinsero i walser a quote più basse, che cercarono approcci con le popolazioni diversissime del fondovalle, delle pianure. Una delle più rilevanti storie di adattamento “climatico” della storia, che proseguì fino ai tempi moderni.
Le nuove teorie dell’origine walser
L’origine oscura mitizza ancor di più la storia di questo popolo venuto dai ghiacci. Li si associa alla presenza alemanna, arrivati dalle lande germaniche, stanziato in Svizzera insieme ai celti, ben prima dell’anno mille. Ma nuove teorie sulla genesi di questo popolo vengono ancora alla luce, in questo 2021. C’è chi si spinge fino in Scandinavia, per definire i walser di origine sassone.
Colui che ripropone la teoria è Enrico Rizzi, storico di Formazza, nella provincia di Verbania, comune di fondazione walser dalla notte dei tempi. Nel suo nuovo libro, “I walser e le Alpi” edito da Grossi Editore, son ben 50 le pagine dedicate alla trattazione della nuova tesi: «Ma c’è ancora molto da scoprire – ammette Enrico – quello che ipotizzo, in attesa del parere dei linguisti in merito, si può definire come un viaggio della speranza; dalle terre di riferimento dei sassoni, dal nord Europa, fino alla colonizzazione delle Alpi. Alcune settimane di viaggio, verso una terra promessa, che confaceva alle coriacee costituzioni di questi nerboruti popoli pagani».
L’utilizzo dei segni runici, tramandati sui documenti, sosterrebbero questa tesi, insieme a molti altri fattori, anche genetici: «Il popolo walser può essere considerato tutt’oggi un unicum sul panorama mondiale, un popolo unito dalla lingua, dalle tradizioni, nonostante la divisione geografica e politica. Per tutto questo la candidatura come patrimonio Unesco speriamo vada a buon fine, in breve tempo».
Una storia che dura trent’anni, che ancora non trova epilogo. Dopo la candidatura andata a buon fine delle Dolomiti, l’altro candidato è il monte Bianco. E fra Dolomiti e monte Bianco, la trait d’union potrebbe essere proprio la tutela del popolo che unì rispettosamente queste regioni montuose in un’unica cultura, quella dei Walser.
#walser#Tirolo#climate change#alpi#Galtür#Homines dicti walser#1317#Germania#Svizzera#Italia#Austria#Lussemburgo#francia#titsch#blockbau#hockey stick#Monte Rosa#Macugnaga#Zermatt#Baceno#Formazza#alagna#gressoney#Enrico Rizzi
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Servizio Civile: al via i progetti della Fondazione Amesci
Hanno preso il via i progetti di Servizio Civile Universale ideati e attuati dalla Fondazione Amesci, nell’ambito del bando ordinario 2022, finanziato dal Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale. Servizio Civile: i numeri di Fondazione Amesci Questa iniziativa vede il coinvolgimento di 3.254 giovani tra i 18 e 28 anni in 19 regioni italiane e 12 paesi esteri, attivando così fondi per oltre 17 milioni di euro. 179 i progetti realizzati in collaborazione con 356 partner: 167 sono organizzazioni di terzo settore, 182 enti pubblici (169 comuni, 2 Comunità Montane, 4 RSA, 3 IPAB, l’Azienda Ospedaliera “Gaetano Martino” di Messina e l’IRCCS “Centro Neurolesi Bonino Pulejo”) e 7 Università (‘Campus Bio-Medico di Roma’, ‘Federico II di Napoli’, ‘Luigi Vanvitelli di Caserta’, ‘l’Università Parthenope di Napoli’ e l’Orientale di Napoli, l’Università di Brescia e l’Università del Sannio di Benevento). In particolare, il Servizio Civile all’estero di Amesci si sviluppa attraverso 16 progetti che verranno realizzati da 76 volontari. Diversi i settori in cui si sviluppa l’intervento della Fondazione Amesci a favore delle comunità locali. Primo fra tutti il settore dell’educazione e promozione culturale con il coinvolgimento di 1624 giovani in 83 progetti. La protezione civile coinvolge 277 volontari in 10 progetti, mentre l’assistenza alle fasce più deboli della popolazione, attiverà 883 giovani in 42 progetti. Il patrimonio artistico e culturale vedrà in campo 277 giovani impegnati in 20 progetti, mentre la tutela del patrimonio ambientale verrà rafforzata sul territorio nazionale attraverso 6 progetti con la partecipazione di 107 volontari. Altri progetti green scelti da 10 giovani sono quelli nell’ambito sperimentale dell’agricoltura sociale (2). Le parole del presidente di Fondazione Amesci "Il Servizio Civile Universale è uno strumento fondamentale per la partecipazione giovanile, essenziale per colmare il divario tra giovani e istituzioni, ed utile a raggiungere gran parte degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Questi progetti offriranno ai giovani la possibilità non solo di vivere un'esperienza di grande valore civico e sociale, ma anche di acquisire esperienza e competenze spendibili nel mondo del lavoro, contribuendo così ad arricchire la loro formazione. In questa sfida di portata nazionale e internazionale, i giovani volontari rappresentano una risorsa inestimabile” dichiara Enrico Maria Borrelli, fondatore e presidente della Fondazione Amesci. L'impegno di Fondazione Amesci L'impegno di Amesci nella promozione e sviluppo del Servizio Civile Universale testimonia un investimento significativo nei giovani e nelle loro competenze. "Crediamo fermamente nell'importanza della formazione che i giovani acquisiscono facendo Servizio Civile, sia dal punto di vista della crescita personale che delle conoscenze e competenze che acquisiscono” spiega Borrelli. “Il Servizio Civile – conclude il Presidente – educa i giovani ad una maggiore partecipazione nella società e potenzia, nel contempo, la loro occupabilità futura. La nostra aspirazione è che attraverso il Servizio Civile Universale i giovani possano sentirsi parte attiva della società in cui vivono e offrire il proprio contributo, di impegno e di visione, per conseguire quei cambiamenti che desiderano. In questo modo il Servizio Civile contribuisce a formare la futura classe dirigente del Paese, allenando i giovani all’innovazione sociale ed educandoli ai valori della solidarietà e della sostenibilità". Read the full article
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sai che non saprei come risponderti? le uti sembrano affini alle ex-comunità montane solo che sono state estese a tutto il territorio, quindi in fin dei conti è un'istituzione in meno, però non ho idea di come le funzioni della provincia siano state distribuite poi (come ad es. le strade; però vabbè, quelle sono sempre in buono stato a prescindere che siano regionali, statali, etc. a meno che non sia la frazione in culo al mondo raggiungibile con stradina comunale che se viene la neve o una gelata notturna, come diciamo noi, ciao mandi 👋🏻)
Non ho la più pallida idea sul serio, anche perché la vostra regione già funzionava in modo diverso visto che siete a Statuto speciale, con le uti poi non saprei.
“come ad es. le strade; però vabbè, quelle sono sempre in buono stato a prescindere che siano regionali, statali, etc.���
Wow, cioè dev’essere bello. Anche se le strade Emmental hanno il loro fascino eh, dovreste provare!
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Al via il Progetto passaporto per le comunità montane bergamasche
Firmato un protocollo d’intesa tra la questura di Bergamo, la provincia di Bergamo e le Comunità montane della Valle Brembana, dei Laghi Bergamaschi e della Valle Seriana per l’istituzione di sportelli per il rilascio dei passaporti presso le sedi delle tre comunità firmatarie: Zogno, Clusone e Lovere.
Il progetto, ispirato dai principi di prossimità e vicinanza al cittadino, partirà il 15 maggio…
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