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La Leggenda di San Martino: Una Storia di Generosità e Compassione. Poesia San Martino di Giosuè Carducci. Recensione di Alessandria today
Il gesto di San Martino, che condivise il suo mantello con un mendicante, rappresenta un simbolo universale di altruismo e carità, celebrato ogni anno l'11 novembre.
Il gesto di San Martino, che condivise il suo mantello con un mendicante, rappresenta un simbolo universale di altruismo e carità, celebrato ogni anno l’11 novembre. La leggenda di San Martino di Tours è una delle storie di generosità più toccanti della tradizione cristiana e si celebra ogni anno l’11 novembre. San Martino, vissuto nel IV secolo, era un soldato romano, figlio di un ufficiale…
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ㅤ ㅤ ㅤ— rules and responsibilities: these are the ties that bind us. we do what we do, because of who we are. if we did otherwise, we would not be ourselves. i will do what i have to do. and i will do what i must.
— Seus olhos são profundos que brilham com um toque de amarelo ardente em momentos de emoções profundas. Ele é alto e magro, com pele pálida e sem viço que pouco esconde sua origem. Pérolas pontiagudas compõem seu sorriso e sua voz profunda exige respeito. Normalmente, veste um terno escuro e elegante com sutis elementos demoníacos que acha engraçados aos olhos, e que acabam por esconder o corpo de ângulos e ossos proeminentes. Sua aura é de intensidade silenciosa, atraindo aqueles ao seu redor, apesar de seus instintos.
— A queda provocou cicatrizes profundas em sua graça e que posteriormente ficaram marcadas em sua essência demoníaca. Assim, independente de que ‘receptáculo’ ocupe, cicatrizes longas e profundas aparecem na pele de suas costas, no mesmo local de onde brotavam suas seis asas.
— Antes de ser consagrado príncipe, Abaddon percorreu todos os círculos do inferno. Foi atormentador e executor. Ceifou almas para seu mestre e fechou contratos formidáveis com humanos desesperançosos. Nunca teve problema ou receio em sujar as próprias mãos, e aprendeu a ser, acima de tudo, generoso. Não discrimina por espécie, idade ou título. Para ele existem apenas aqueles a favor de seu mestre, e os que estão contra ele. Os últimos, então, considera como projetos ou cadáveres. E adora se manter ocupado.
— Adquiriu seu atual receptáculo por volta de 1500, próximo do final da Segunda Guerra Italiana. Donatello foi um Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia que vendeu sua alma pela vitória do país, e morreu pouco tempo após causas naturais. Abaddon, que jamais negou ter se envolvido na guerra ou no fim do jovem, tomou seu corpo para si e não pretende trocá-lo tão cedo.
— Não é o mais agradável dos demônios, mas também não é propositadamente desagradável. É naturalmente curioso e gosta de enfiar seu nariz na vida das pessoas - seja para saber se planejam contra seu mestre ou se fazem algo que lhe deixe intrigado. Por isso também não é difícil ver seu nome atrelado a projetos de pesquisa ou alguma iniciativa artística.
— Embora não seja o mais carismático, sua habilidade de entender os desejos e medos profundos dos outros o torna um especialista em persuasão. Seu objetivo final é garantir que as almas permaneçam ligadas à causa do Inferno, seja por tecnicalidades legais ou manipulação.
— O comportamento tranquilo de Abaddon é fruto de um forte conjunto de ideais. Embora seja um demônio, ele acredita em uma versão distorcida da justiça — não necessariamente alinhada com a bondade, mas uma espécie de imparcialidade que se encaixa por fim nos desejos de seu mestre.
— No abismo, Abaddon foi moldado em um habilidoso manipulador de leis, particularmente os contratos infernais que prendem as almas aos seus destinos. Ele se tornou um dos principais advogados do Inferno, representando demônios em disputas legais e defendendo os interesses do Inferno acima de qualquer outro. Ainda assim, pode assumir casos que envolvam a defesa de algum ser contra seus próprios companheiros se considerar a causa necessária para o fim.
— Seus contratos infernais são frequentemente obras-primas, cheios de cláusulas ocultas e complexidades que somente alguém com sua intuição criativa poderia elaborar. Ele vê esses contratos como uma forma de autoexpressão, e adoração. Borrando as linhas entre trabalho legal e suas paixões pessoais. Como Príncipe do Inferno, ele é temido e respeitado por sua habilidade e autoridade para moldar as regras da condenação à sua vontade.
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Sono passati 14 anni da quando il nome di Ruby Rubacuori è diventato noto a causa dei processi legati a Silvio Berlusconi
Ruby Rubacuori aveva 17 anni, infinitamente pochi per reggere il ruolo da protagonista in uno scandalo nazionale, poi diventato globale sotto l’etichetta del Bunga Bunga, che definiva le feste organizzate da Silvio Berlusconi nella sua villa di Arcore. “Conoscerlo mi è costato molto” ha detto. Ruby Rubacuori e le feste di Silvio Berlusconi ad Arcore In una lunga intervista concessa al New York Times, Karima el-Mahroug ripercorre la vicenda alla vigilia dell’ennesima udienza in tribunale che la vede coinvolta, insieme ad altre donne, in una vicenda legata a presunte tangenti che Berlusconi avrebbe pagato per comprarne il silenzio. Karima el-Mahroug, riporta il quotidiano americano, ammette di aver partecipato e ballato alle feste del Cavaliere, più volte, ricevendo in cambio circa 40 mila euro e gioielli: nega però di aver fatto qualcosa di illegale, attribuendo il suo comportamento alla sua giovane età e alla necessità di trovare soldi dopo un’infanzia difficile. In effetti tante delle donne coinvolte, che hanno ammesso di aver partecipato ai party di Arcore, hanno ammesso di aver ricevuto denaro o regali costosi da Berlusconi, ma il Cavaliere non si sarebbe esposto economicamente per comprare il loro silenzio. Anzi, affermano che l’ex premier è stato sempre generoso con loro, anche prima che i casi venissero aperti: raccontano che Berlusconi le avrebbe in un certo senso anche indennizzate per i danni scaturiti dal caso giudiziario, che ha avuto ricadute sulle loro vite e le loro reputazioni. I processi Ruby Nata in Marocco, si era trasferita in Italia da bambina: metà della sua vita, però, l’ha passata sotto i riflettori proprio a causa dei cosiddetti processi Ruby. Il New York Times li sintetizza: - Ruby I: Silvio Berlusconi era stato accusato di aver pagato Karima el-Mahroug, allora minorenne, in cambio di prestazioni sessuali e di aver abusato della sua posizione per coprire la cosa. Inizialmente l’ex premier era stato condannato, per poi venire assolto per mancanza di prove che dimostrassero che fosse a conoscenza dell’età della ragazza; - Ruby II: diverse persone vicine a Silvio Berlusconi erano state condannate per favoreggiamento della prostituzione, avvenuto arruolando ragazze per le feste Bunga Bunga; - Ruby III: l’ultimo processo, focalizzato sulle tangenti, ha coinvolto circa 20 donne tra cui Karima el-Mahroug. Sono state tutte assolte in primo grado, ma i pm di Milano hanno presentato appello. Karima el-Mahroug si è detta anche contraria al fatto che i processi portino il suo nome,aggiungendo che avrebbero dovuto invece portare quello di Berlusconi perché “è stato lui il creatore di tutto questo”. Le intercettazioni Il New York Times rispolvera però anche le intercettazioni tra Karima el-Mahroug e Silvio Berlusconi: la donna avrebbe chiesto al Cavaliere 5 milioni di euro per testimoniare a suo favore nel processo, ma lei stessa ha negato di averli ricevuti, sottolineando come in quel momento fosse disperata a causa dell’attenzione mediatica. “Mi hanno uccisa per arrivare a lui – ha dichiarato el-Mahroug -: conoscerlo mi è costato molto“. La notte che cambiò la vita di Karima el-Mahroug La notte che cambiò la vita di Karima el-Mahroug è quella del 27 maggio 2010, quando la ragazza venne arrestata dalla polizia, con l’accusa di furto. Nei mesi precedenti aveva ballato nei nightclub dei vip di Milano, ma anche alle feste di Arcore: e proprio Berlusconi si adoperò per farla scarcerare. Chiamò in questura e dichiarò il falso, dicendo che Karima el-Mahroug fosse la nipote di Hosni Mubarak, l’allora presidente dell’Egitto: Berlusconi, in futuro, dichiarò di credere veramente alla parentela. La faccenda finì sui giornali: “Fui etichettata come prostituta minorenne, e quello è un marchio che porti per sempre”, ha dichiarato el-Mahroug. L’allora 17enne divenne per tutti Ruby Rubacuori, le persone “si sentivano autorizzate a insultarmi violentemente sui social”. Chi fine ha fatto Ruby? Da allora, Karima el-Mahroug ha provato a fuggire da Ruby. Qualche anno fa ha iniziato una relazione con un imprenditore nel settore della ristorazione, ha aperto una clinica di bellezza focalizzata su iniezioni di Botox e filler, ma il suo passato è ancora ingombrante. Come sottolineato dal New York Times, basta cercare il suo nome su Google per trovarsi davanti a foto provocatorie, scattate quando ancora era minorenne, per cui Karima el-Mahroug si dice ancora pentita: le persone per strada, nei ristoranti e persino gli amici di sua figlia, a volte, la chiamano Ruby. Read the full article
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20 nov 2023 17:26
LA SORA GIORGIA HA UN'ARMA IN PIÙ PER LE EUROPEE: I SOLDI – A ECCEZIONE DI FDI, TUTTI I PARTITI HANNO LE CASSE VUOTE. E QUESTO È UN GROSSO PROBLEMA IN VISTA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE – COSÌ, CHI VUOLE CORRERE PER UN SEGGIO A BRUXELLES DEVE METTERE IN CONTO UNA SPESA PERSONALE DI 50-100MILA EURO – I BERLUSCONI SGANCIANO ALTRI 500 MILA EURO A FORZA ITALIA. MENTRE SALVINI ORDINA AI SUOI: “RACCOGLIETE 30 MILA EURO A TESTA” – SUI CONTI DEL PD PESANO I 119 DIPENDENTI, MENTRE I FINANZIATORI FUGGONO DA RENZI… -
Estratto dell’articolo di Claudio Bozza per il “Corriere della Sera”
Nel 2023, Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi hanno versato nelle casse di Forza Italia un altro mezzo milione di euro. Centomila euro a testa, come nel 2022. Stavolta vanno però aggiunti altri centomila donati da Paolo Berlusconi, il fratello a cui il Cavaliere ha lasciato 100 milioni. La stessa cifra ereditata da Marta Fascina: la compagna del fondatore di Forza Italia, consultando il registro delle donazioni depositato per legge, almeno fino ai primi giorni dello scorso ottobre ha continuato a versare al partito solo i 900 euro mensili previsti per deputati e senatori.
Questo rinnovato «pacchetto» da 500 mila euro, erogato quando le condizioni del capostipite apparivano già gravi, dimostra che le disposizioni date dal Cavaliere erano state chiare: «Forza Italia andrà sempre sostenuta». Pier Silvio e Marina in testa, dopo la morte, avevano annunciato che si sarebbero fatti carico delle fidejussioni che coprono i 90 milioni di debiti accumulati.
Tutto mentre resta più che aperta la questione dei morosi, con il neo tesoriere forzista Fabio Roscioli impegnato in una complessa azione di recupero crediti. E «debiti» è la parola più ricorrente anche tra i tesorieri di tutti gli altri partiti, che, nei casi migliori, hanno al massimo casse vuote e pochi debiti.
Uno scenario assai preoccupante, perché dopo i milioni spesi per la campagna elettorale delle Politiche 2022, adesso ne serviranno altrettanti per affrontare Regionali ed Europee, fissate rispettivamente a primavera e giugno prossimi. Chi, numeri alla mano, sembra passarsela peggio di tutti è la Lega, la cui ultima perdita è di 3,9 milioni. Ma la vera zavorra non è la spesa corrente, bensì l’obbligo di continuare a restituire allo Stato i 49 milioni indebitamente percepiti come fondi pubblici dalla Lega di Umberto Bossi.
E nei giorni scorsi, per rimpinguare le casse leghiste, Salvini ha diramato un appello urbi et orbi: «Raccogliete 30 mila euro a testa». Servono infatti soldi (molti) per finanziare la sfida per Bruxelles e cercare di arginare lo strapotere dell’alleata Giorgia Meloni. La deputata Laura Ravetto ha declinato a modo suo questo fund raising , mettendo in palio una giornata da trascorrere con lei, tra politica e tv, per il finanziatore più generoso.
[…]
Si conferma poi un asse di ferro tra Salvini e la Vaporart, azienda che produce sigarette elettroniche, che quest’anno ha donato al Carroccio 5 mila euro (nel 2022 furono 50 mila e nel 2018 100 mila). E almeno altri 50 mila euro sono arrivati alla Lega grazie alla generosità della famiglia Polidori (i fondatori di Cepu).
Chi se la passa meglio di tutti è FdI, che da fu «partitino» sta facendo il pieno di donazioni: solo per le ultime Politiche sono arrivati 3,5 milioni. Il segreto di questo equilibrio economico? Oltre al fiume di finanziamenti mai visto (a cui va aggiunto un rigoroso controllo sul versamento mensile da mille euro per tutti i parlamentari, inclusa la premier Meloni), in Via della Scrofa possono contare, a differenza ad esempio della Lega, su costi fissi molto bassi: sono appena 7, infatti, i dipendenti di FdI.
[…] non sorridono per niente le casse del Pd, sulle cui spalle pesano 119 dipendenti, da tempo nel tunnel di una cassa integrazione senza fine. Il 2 per mille si conferma la principale fonte di finanziamento dei dem: nel 2022 arrivarono 7,2 milioni, così come quest’anno.
Buona parte di deputati e senatori risultano poi in regola con i versamenti al proprio partito (1.500 euro al mese), altra voce non indifferente per dare ossigeno ai conti. Va evidenziato che, a differenza delle Politiche in cui i candidati con elezione pressoché certa versano a priori 15-30 mila euro a seconda dei partiti, le Europee sono un caso a sé: i leader erogano il budget per la campagna «macro», mentre ogni candidato (essendoci le preferenze) deve autofinanziarsi in maniera autonoma. «E correre per Bruxelles costa almeno 50-100 mila euro», spiega chi si sta attrezzando.
Fronte M5S, che da statuto non accetta finanziamenti da imprenditori e aziende private. Sono ammessi solo sostegni contenuti, raccolti grazie a donazioni online, oltre ai versamenti da mille euro mensili versati da tutti gli eletti nell’arco della legislatura, incluso il leader Giuseppe Conte. Anche le casse dei Cinque Stelle non sorridono affatto.
E proprio per contenere questa falla economica, non a caso, un anno e mezzo fa proprio l’ex premier aveva formalmente trasformato la creatura di Beppe Grillo da Movimento a partito vero e proprio. L’obiettivo? Poter incassare il 2 per mille. A fine anno, grazie alla rottura di questo tabù, dovrebbero arrivare sul conto pentastellato almeno 2 milioni. Ogni parlamentare contiano deve versare al partito 2 mila euro mensili, oltre ai 500 per progetti per la collettività
Sulle ceneri del Terzo polo, stanno tirando le somme anche Matteo Renzi e Carlo Calenda. Per i leader di Italia viva (dai parlamentari mille euro mensili) e Azione (2 mila euro), finora il fund raising non era stato un grosso problema. Pochi finanziatori, ma assai generosi, soprattutto da grandi imprenditori e patron di maison di moda. Dopo il divorzio, almeno a consultare il registro dei finanziatori, l’appeal sembra essersi raffreddato. E anche in questo caso, la parte del leone la farà il 2 per mille. Nel forziere renziano dovrebbe entrare almeno un milione a fino anno, mentre in quello di Calenda poco più della metà.
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Quadrante Solare a Villa Carlotta
Aperta fino al 10 settembre 2023 presso il Museo di Villa Carlotta a Tremezzina, la mostra personale di Stefano Arienti Quadrante solare coinvolge gli ambienti del Museo e del Giardino Botanico della dimora, presentando quasi quaranta opere, gran parte delle quali inedite. Il titolo della mostra deriva dal fatto che una meridiana può essere definita come un quadrante solare, che esercita la propria funzione grazie alla relazione tra luce e ombra attraverso la presenza di uno stilo. Dal 2012 Stefano Arienti realizza cicli di opere, diversi per tecnica e linguaggio, che ruotano intorno al concetto di meridiana, e che hanno portato alla nascita di numerose mostre. Tutte le Meridiane vengono disegnate con la luce, a una finestra di casa o dello studio, con una tecnica affinata negli anni, che permette ad Arienti di tradurre su carta, intonaco o telo antipolvere, le variazioni luminose per mezzo del colore. Dal 2022, le opere hanno assunto una connotazione ambientale, come nel caso degli interventi realizzati nel sito industriale di Crespi d’Adda e nello spazio Mirad’Or a Pisogne. La peculiarità della mostra a Villa Carlotta risiede nella volontà dell’artista di concepire l’esposizione come trasposizione calibrata di alcuni concetti appartenenti alla sua produzione, mentre l’idea di disegno lineare viene traslata in installazioni concepite come allineamento di fioriture e di oggetti. Per comporre i suoi interventi nel giardino Arienti ha usato piante, fiori, libri, oggetti di uso comune, sfalci, radici, materiale di riuso, per una visione legata alle fioriture presenti nel parco, tra cui spiccano i colori di azalee, camelie e rododendri. A Tremezzo, sulle rive del Lago di Como, collocata su uno sperone, su una conca naturale che sta proprio di fronte a Villa del Balbianello, si trova una delle dimore più belle e suggestive del comasco, Villa Carlotta, nota per la sua lunga e ricca storia e per il bellissimo e ricco giardino botanico, popolato di specie ancora oggi poco note in Europa. Spiccano subito la rigorosità, le linee e i volumi della villa, l’accesso, dalla Strada Regina, attraversando un cancello in ferro battuto che è un po’ il simbolo della magione, che porta a una scalinata monumentale a due rampe simmetriche, immersa nel verde del giardino all’italiana. La villa fu edificata verso il 1690 su ordine del marchese Giorgio II Clerici, la cui famiglia si era straordinariamente arricchita grazie alle attività di Giorgio I e dei figli, Pietro Antonio, che ottenne il titolo di marchese, e Carlo, che lasciò al figlio Giorgio II una posizione sociale di rilievo. A Giorgio II successe il pronipote, Antonio Giorgio, che ereditò a ventun anni la grande fortuna del bisnonno e che termin�� l’edificazione della villa. Estroso, generoso, prodigo, dissipatore, erede di una fortuna colossale, proprietario di un reggimento di fanteria mantenuto a proprie spese, Antonio Giorgio, barone di Sozzago, cavaliere del Toson d’oro e patrizio milanese, morì nel 1768 e i suoi beni passarono a un ramo cadetto della famiglia, mentre la villa fu ereditata dall’unica figlia, Claudia, sposa del conte Vitaliano Bigli, che la vendette nel 1801 a Gian Battista Sommariva. Sommariva era uno degli uomini nuovi emersi dopo la rivoluzione francese, era parte della municipalità, rappresentò la Lombardia al Congresso di Reggio e divenne segretario generale del direttorio della Repubblica Cisalpina, poi sotto Napoleone fece parte della Commissione straordinaria di Governo e della Consulta durante la seconda Repubblica Cisalpina. Dopo che gli fu preferito come vicepresidente nel 1802 il rivale Francesco Melzi, Sommariva trasformò la villa di Tremezzo in un vero museo con opere d’arte antiche e moderne, di pittura e di scultura che attiravano visitatori illustri da ogni parte d’Europa. Alla sua morte il figlio Luigi, naturalizzato francese, ereditò il suo immenso patrimonio, che poi passò alla moglie Emilia Seillère, di nobile famiglia francese. Nel 1844 la villa di Tremezzo venne ceduta, con quel poco che rimaneva della celebre raccolta d’arte ottocentesca, alla principessa Marianna di Nassau, moglie del principe Alberto di Prussia, che poi la donò alla figlia Carlotta in occasione delle nozze con il principe ereditario di Sassonia Meiningen, il duca Giorgio II. Giorgio era un uomo colto e dai molteplici interessi, profondamente appassionato di belle arti e artista egli stesso, amante della musica, studioso di storia e letteratura, mecenate del teatro, molto innamorato della moglie Carlotta, che aveva sposato il 18 maggio 1850. Nel 1855 Carlotta morì prematuramente e lascio la villa di Tremezzo al marito, che poco tempo dopo si risposò con la cugina Fedora di Hohenlohe-Langenburg e dopo la sua morte nel 1873 con l’attrice Ellen Franz, che rimase al suo fianco fino alla morte nel 1914. La villa è ora dello Stato Italiano e, dal 1927, è affidata per l’amministrazione all’Ente Villa Carlotta. Fu grazie a Giambattista Sommariva, che la villa divenne un vero e proprio museo, con i capolavori del Canova e del suo celebre atelier (Palamede, Amore e Psiche, Tersicore, La Maddalena Penitente), di Thorvaldsen con il suo monumentale fregio L’ingresso di Alessandro Magno a Babilonia e di Hayez con L’Ultimo addio di Romeo e Giulietta, che ancora oggi attraggono tanti visitatori. Al secondo piano della villa ancora oggi sono collocati mobili, oggetti, dipinti, decorazioni pittoriche, tutte tracce del gusto romantico di Carlotta e del marito. Dall’anticamera con soffitto a cielo stellato e alte pareti decorate da due grandi scene mitologiche a tempera, L’Incontro tra Mercurio e Venere e La Battaglia delle Amazzoni, si arriva alla grande galleria, lunga oltre 30 metri e decorata con motivi pompeiani e lesene in gesso dipinto. A una delle estremità della galleria si apre la Camera di Carlotta, con mobili in gusto tardo rococò risalenti alla metà del XIX secolo, sul tavolo da toilette, con ceramiche di Limoges, si trova il ritratto di Carlotta, da un’incisione da acquerello del pittore Samuel Diez e nell’angolo a destra, su di una stufa in maiolica, la statua in gesso dedicata dallo scultore tedesco Ferdinand Müller a una rappresentazione allegoria della Seta, con due bambini che recano nelle mani bachi e trecce di seta grezza. Nella Sala dell’Arazzo, che prende il nome dal prestigioso arazzo in lana e seta sulla parete di fondo con la Scena campestre di François Var der Borght, attivo a Bruxelles tra il 1727 e il 1761, c’è il dipinto Madonna con Gesù e San Giovannino, mentre il Salotto Impero, con mobili di produzione francese, in rovere e mogano rosso con decorazioni in bronzo e legno dorato con sfingi e leoni alati, ospita il grande dipinto a olio con la Venere di Urbino, copia da Tiziano; un Ritratto virile attribuito al pittore tedesco Franz von Lembach (1836-1904), L’odalisca 7 del 1860, capolavoro di Francesco Hayez e il bozzetto dell’Incontro tra Mercurio e Venere. Il parco di villa Carlotta un luogo di grande fascino, non solo per la posizione panoramica particolarmente felice, da cui si gode anche una splendida vista del lago, ma anche per l’armonica convivenza di stili, la ricchezza di essenze, le suggestioni letterarie che ne fanno una meta imperdibile per coloro che arrivano sul Lario. Dell’età seicentesca rimane l’ampio giardino all’italiana con alte siepi a taglio geometrico, parapetti a balaustrate, statue e giochi d’acqua; del periodo romantico è ancora percepibile la struttura del giardino all’inglese, ricco di alberi pregiati di proporzioni eccezionali e di scorci di grande suggestione, alla fine del XIX secolo risale invece la grande architettura vegetale delle imponenti masse di rododendri, azalee e di specie rare, che rendono il parco di villa Carlotta un vero e proprio giardino botanico. Ogni stagione dell’anno è adatta per una visita a questo bellissimo parco, in una suggestiva passeggiata tra antichi esemplari di camelie, cedri e sequoie secolari, platani immensi ed essenze esotiche con spesso degli incontri davvero sorprendenti, come il giardino roccioso, la valle delle felci. Merita menzione il giardino dei bambù di oltre 3000 metri quadri ispirato ai principi e alle tecniche dell’arte dei giardini giapponesi, con 25 specie di bambù, alcune di una certa rarità, in un contesto di grande armonia tra cascatelle, ruscelli e strutture in pietra. In primavera e in particolare da metà aprile a inizio giugno villa Carlotta offre un autentico spettacolo fatto dalla fioritura di ben 150 specie di azalee, rododendri multicolori, uniti alle camelie che creano dei veri e propri cuscini colorati lungo i sentieri. L’effetto è veramente unico e di grande, sia per la varietà cromatica, sia per la dimensione degli arbusti. Scorci che ben giustificano la fama di un luogo considerato dall’Ottocento “un angolo di paradiso”. All’interno del parco si trova anche il museo degli attrezzi agricoli, dove si trovano arnesi da lavoro ormai anche dimenticati, ma che ricordano una fatica antica e la pazienza del loro uso, come tinozze, brente, barili, annaffiatoi, setacci vari, carriole, torchi e tini per la produzione del vino e uno smielatore. Read the full article
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LE BUGIE DI CHI VORREBBE SILVIO BERLUSCONI COME PROSSIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA "Silvio al Colle" è la pagina che i Seniores di Forza Italia hanno pubblicato sul Giornale di famiglia. E' andata così: i Seniores del partito hanno elencato in pubblica piazza i motivi per cui Silvio Berlusconi sarebbe (secondo loro) il prossimo miglior presidente della Repubblica Italiana, e la notizia è che non stavano scherzando. La cosa più divertente (sì, tragica) è che tutti i punti che hanno elencato non corrispondono al vero. O con l'ironia, o mettendoli di fronte alle condanne del Cavaliere, tutti quanti i punti in elenco sono smontabili. Non c'è un solo passaggio tecnicamente vero fra tutti quelli che scrivono, se non (forse) che Silvio Berlusconi ha davvero 5 figli. "Una persona buona e generosa". Certo. Ha dato lavoro anche a Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, pluriomicida legato a cosa Nostra, che quel cattivone di Paolo Borsellino definì una delle "teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia". Invece Silvio Berlusconi "buono e generoso" gli ha dato lavoro come stalliere e lo ha chiamato – virgolettato – "eroe". "Un amico di tutti". Mio, no. E di sicuro non era amico neanche di Enzo Biagi, Daniele Luttazzi e Michele Santoro, fatti fuori dalla Rai con il cosiddetto 'Editto Bulgaro'. Però, è vero, era amico di molta gente: Putin e Gheddafi, per dirne due. "Tra i primi contribuenti italiani". Io ricordo soprattutto le condanna passata in Cassazione per frode fiscale gestendo i diritti tv di Mediaset. "Il fondatore della Tv commerciale in Europa". Sarebbe proprio un grandissimo presidente della Repubblica, in effetti, colui che ha prodotto con Fininvest "Colpo Grosso" e contribuito alla creazione dell'immaginario della donna oggetto, con programmi che sono passati alla storia con la dizione Tv-spazzatura. "Fondatore del centro-destra cristiano". Ricordiamo tutti la barzelletta su Rosy Bindi e la bestemmia finale dell'ex premier, vero? "Fondatore del centro-destra europeista". Sarà per questo che era alleato con la Lega di Bossi che voleva separare la Padania dall'Italia, e oggi è alleato con la Lega di Salvini che fino a ieri voleva fare un referendum per uscire dall'Europa. "Il presidente del Consiglio che in soli sei mesi ha ridato una casa ai terremotati dell'Aquila". Falso. Erano alloggi costruiti per essere temporanei, e la maggioranza di quelle persone ancora oggi non ha una casa vera. Non è solo colpa di Silvio Berlusconi ma lui è stato il primo, e che proprio lui abbia ridato una casa ai terremotati, e che i suoi Seniors lo rivendichino, proprio no. "Il presidente del Consiglio che mise fine alla guerra fredda con l'accordo Putin-Bush (2002)". In verità la Guerra fredda è finita nel 1989, con la Caduta del Muro di Berlino. "E soprattutto l'eroe della libertà che, con grande sprezzo del pericolo, è sceso in campo nel '94 per evitare a tutti noi un regime autoritario e illiberale". Qui siamo alla pura agiografia, ma restiamo calmi. Nel '94 Berlusconi vinse le elezioni, ma durò solo sei mesi perché Bossi fece cadere il governo. Poi l'Italia tornò alle elezioni e vinse Romano Prodi, dunque non esattamente un regime autoritario e illiberale, come hanno dimostrato poi i successivi due anni di governo. Saverio Tommasi per www.fanpage.it
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Chiedo a un autore italiano i suoi libri preferiti:
oggi tocca a Francesca Cani
Era da tempo che volevo sperimentare questa mia picola idea. Intendo dedicare una serie di post e video a delle interviste con gli autori, in cui chiederò loro di confessarci i loro libri preferiti da lettori. Cosa ne pensate?
Iniziamo con la scrittrice Francesca Cani, e questa è la sua top five, i suoi cinque libri preferiti di sempre:
1. IL CAVALIERE D’INVERNO di Paullina Simons
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Trama: Leningrado, 1941. In una tranquilla sera d’estate Tatiana e Dasha, sorelle ma soprattutto grandi amiche, si stanno confidando i segreti del cuore quando alla radio il generale Molotov annuncia che la Germania ha invaso la Russia: è la guerra. Uscita per fare scorta di cibo, Tatiana incontra Alexander, un giovane ufficiale dell’Armata Rossa che parla russo con un lieve accento, e tra loro scatta subito un’attrazione reciproca e irresistibile. Ma è un amore impossibile che potrebbe distruggerli entrambi. Mentre un implacabile inverno e l’assedio nazista stringono la città in una morsa, riducendola allo stremo, la dolce Tatiana dal cuore generoso e il valoroso soldato Alexander trarranno la forza per affrontare mille avversità e sacrifici proprio dal legame segreto, sempre più intenso e profondo, che li unisce… La storia di due indimenticabili protagonisti e di un sentimento puro e assoluto, sullo sfondo delle terribili sofferenze e dei quotidiani eroismi di un intero popolo travolto dal flusso della grande Storia.
2. ORGOGLIO E PREGIUDIZIO di Jane Austen
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Trama: I Bennet vivono con le cinque figlie a Longbourne, nello Hertfordshire. Charles Bingley, ricco scapolo, va ad abitare vicino a loro con le due sorelle e un amico, Fitzwilliam Darcy. Bingley e Jane, la maggiore delle Bennet, si innamorano; Darcy, attratto dalla seconda, Elisabeth, la offende con il suo comportamento altezzoso. L’amore trionferà comunque?
3. Piccole donne di Louisa May Alcott
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Trama: Le sorelle March sono quattro: c’è Meg, che non può fare a meno di sognarsi circondata dai lussi di cui la povertà la priva; c’è Josephine, detta Jo, una passione smisurata per le storie e un’insofferenza soffocante per i limiti che le impone l’esser nata donna; Beth, quieta e silenziosa, più appagata dal fare da spettatrice alla vita delle sorelle che dall’essere protagonista della propria; e infine Amy, vanitosa ed egoista, troppo concentrata a rimirarsi in ogni superficie riflettente per curarsi di ciò che accade a chi le sta intorno. Meg, Jo, Beth ed Amy sono quattro “piccole donne” dai caratteri diversi eppure complementari, unite da quel legame unico e speciale che si alimenta di risate sotto le coperte e risvegli condivisi, di litigi furiosi e scuse accigliate, di abiti prestati e prime volte vissute nei racconti l’una dell’altra: la sorellanza. Ed è proprio la potenza di questo legame che rende grande una storia piccola come le sue protagoniste, una storia in cui il percorso di una diventa quello di tutte.
4. Dracula, di Bram Stoker
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Trama: In Transilvania per concludere la vendita di una casa londinese al Conte Dracula, discendente di un'antichissima casata locale, il giovane agente immobiliare Jonathan Harker scopre che il suo cliente è una creatura di mistero e orrore... Dracula, archetipo delle infinite storie di vampiri narrate dalla letteratura e dal cinema, mette in scena l'eterna lotta tra il Bene e il Male, ma anche tra la ragione e l'istinto, tra le pulsioni più inconfessabili e il perbenismo non solo vittoriano.
5. La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo
di Audrey Niffenegger
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Trama: Clare incontra Henry per la prima volta quando ha sei anni e lui le appare come un adulto trentaseienne nel prato di casa. Lo incontra di nuovo quando lei ha vent'anni e lui ventotto. Sembra impossibile, ma è proprio così. Perché Henry DeTamble è il primo uomo affetto da cronoalterazione, uno strano disturbo per cui, a trentasei anni, comincia a viaggiare nel tempo. A volte sparisce per ritrovarsi catapultato nel suo passato o nel suo futuro. È così che incontra quella bambina destinata a diventare sua moglie quando di fatto l'ha già sposata, o sua figlia prima ancora che sia nata...
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Isabella d’Este Il regno del diamante, di Francesca Cani
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Trama: 1473. Per generare un diamante occorre sangue puro, per questo motivo il duca Ercole d’Este, detto Tramontana, sposa la principessa Eleonora d’Aragona. Una delle figlie di questa unione andrà a casa Gonzaga per riparare il difetto genetico che fa nascere i marchesi di Mantova con la gobba. Isabella è perfetta, intelligente, scaltra e di bell’aspetto, cresce in un mondo di eruditi sapendo di andare in moglie a un uomo che le è socialmente inferiore, nonostante ciò gli dovrà obbedienza e contribuirà ad aumentarne la fama. Ma le lotte per il potere e l’ambiente di corte forgiano lo spirito della giovane donna fino a renderlo eccezionale, lei è la vera stratega e abile mente politica di Mantova. Francesco Gonzaga è un soldato, erede di una città che è una pietra grezza, troppo rozzo per comprendere fino in fondo il potenziale di una moglie colta. Il loro matrimonio ha basi di cristallo, conosce alti e bassi e la terribile rivale Lucrezia Borgia, ma la dinastia è fondata e l’obiettivo di Isabella è renderla immortale. Guerre, nemici di ogni sorta, invidie, adulazioni e macchinazioni sullo scenario delle più prestigiose corti italiane. L’ambizione, la grandezza, il sogno, il ritratto di una donna che rompe gli schemi. “Né con speranza, né con timore” dirà Isabella, la dama più imitata del Rinascimento, la prima donna d’Italia.
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Il suo nome è Alessandro Bellantoni, è un taxista romano, uno come tanti. A fine aprile, armato di documenti e giustificazioni ufficiali, è partito per un viaggio lunghissimo, a bordo del suo taxi, nel bel mezzo dell’emergenza Coronavirus: 1300 chilometri, tra Roma e Vibo Valentia (andata e ritorno). Sul sedile posteriore c’è una bimba di tre anni, una piccola paziente oncologica che aveva bisogno di andare in fretta all’ospedale Bambin Gesù per una visita urgente, ma non aveva alcun mezzo e nessuno che avrebbe potuto accompagnarla, con l’Italia spezzata in due dal virus. Così ci ha pensato lui, Alessandro, che ha caricato a bordo la bimba, l’ha accompagnata alla sua visita e l’ha riportata a casa. E, quando è stato il momento di pagare (una cifra enorme), ha detto alla mamma: “No, va bene così, non voglio nulla. Questa volta il viaggio lo offro io.” Un gesto talmente bello e generoso che Alessandro, pochi giorni fa, è stato nominato Cavaliere della Repubblica direttamente dal Presidente Mattarella, tra gli “eroi della pandemia”. Ma Alessandro non è un eroe. È solo un uomo che conosce il senso profondo della parola solidarietà in un’Italia che troppe volte se n’è dimenticata. Alessandro è uno di quelli che ha ricucito fisicamente un Paese nell’attimo in cui era ferito. Come medici e infermieri. E questo post è il nostro modo per dirgli Grazie.
Lorenzo Tosa· su Facebook
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Ennio sta scontando 8 mesi di arresti domiciliari a Torino, perché condannato in via definitiva per la sua partecipazione alla manifestazione di protesta tenutasi in occasione della visita dell’ex Primo Ministro Silvio Berlusconi a Torino, nel marzo 2011.
Ennio Libero! Liberiamole e liberiamoli!
La visita del premier si era prevedibilmente svolta in una Torino blindata da decine di camionette e cordoni delle forze dell’ordine che non avevano poi esitato a procedere con violente cariche, manganellate e uso di lacrimogeni contro i manifestanti che tentavano di avvicinarsi e portare la propria voce all’hotel in cui si trovava Berlusconi. Insieme a centinaia di persone, Ennio, aveva partecipato alla contestazione, in un periodo in cui in moltissimi si attivavano e mobilitavano per cacciare il nostrano Rais. Ad anni di distanza alcuni militanti sono stati condannati dal Tribunale di Torino per aver partecipato a quella manifestazione per accuse di resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
Crediamo che essersi messi materialmente di traverso e aver ostacolato le politiche di tagli sociali portate avanti in quegli anni dal Cavaliere di Arcore, sia un punto di merito e crediamo che chi non si limitò solo a parole a costruire una politica di opposizione al berlusconismo della macelleria sociale e della guerra, ma che lo fece concretamente, anche a rischio di pagarne le conseguenze repressive, meriti profondo rispetto.
Ennio oltre ad essere un militante e un attivista generoso, è anche un regista e documentarista, che negli anni si è fatto conoscere per la sua grande capacità artistica e sensibilità dietro la telecamera.
Proprio a causa del suo impegno, Ennio è stato condannato a scontare l’intera pena con le restrizioni, ossia con il divieto di comunicare con qualsiasi persona con qualsiasi mezzo. Il Giudice ha giustificato questa sua scelta asserendo al rischio che Ennio si potesse comunicare con suoi compagni, ma in realtà mirando a spezzare i suoi legami sociali, familiari e le sue amicizie. Crediamo si tratti di un accanimento volto a punire l’attivismo politico di Ennio e non il reato contestatogli nello specifico.
Questo atteggiamento fa parte di un modus operandi della Procura e del Tribunale di Torino che denunciamo con la nostra campagna “Liberiamoli, Liberiamole”. Chiediamo a tutti gli amici e colleghi di Ennio che hanno lavorato con lui in questi anni, o che semplicemente ne hanno apprezzato e riconosciuto il valore umano e artistico come regista e attivista, di aiutarci a denunciare questa ingiustizia e questo accanimento giudiziario. Chiediamo l’aiuto a far conoscere questa situazione per non lasciare solo Ennio, anche a chi per sensibilità politiche diverse, magari, non condivise tutta la
molteplicità di pratiche differenti che si misero in campo in quell’iniziativa di contestazione, e più in generale in quegli anni, che però riconoscono l’arbitrarietà di una misura così restrittiva.
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Libro “De arti Venandi cum avibus” , l’Arte della Caccia con i volatili) scritto da Federico II (prime due foto) , l’assedio di Siracusa da parte degli arabi e l’assedio di Messina da codice biazzantino, Guerre e assedi da codice bizantino, Codice di Manesse, miniatura raffigurante due innamorati indicati come Bianca Lancia e Federico II.
PRIMAVERA E INVERNO
Lei aspettava sua madre nel porticato del castello con le sue ancelle. Dovevano andare alla festa organizzata da suo padre, il conte Bonifacio, per l’imperatore Federico II appena tornato da Gerusalemme e salito fino in Monferrato per seguire la ribellione dei comuni. Il porticato circondava il cortile più interno del castello, quindi solo pochi potevano accedervi ma d’improvviso apparve un cavaliere, con una ricca armatura su vestiti fatti con la seta lucente e preziosa che veniva dalla Sicilia. Il cavaliere non fece caso al gruppo di donne, perchè seguiva nel cielo il volo di un falco mentre girava sulle torri del castello del padre della ragazza. Con ardire inconsueto per i suoi sedici anni, la ragazza si staccò dalle ancelle e si diresse verso il cavaliere e dopo un inchino si presentò come Bianca dei conti Lancia e chiedendo perdono, volle sapere se il cavaliere era giunto al seguito del potente imperatore. Il cavaliere sorrise e si lisciò la barba bionda dove appariva qualche filo bianco perché in fondo era più vecchio del padre di lei. Rispose di si, che era a seguito del potente signore, padrone di tutte le terre che si estendevano dal lontano ed oscuro nord fino alla abbagliante e solare Africa. La giovane chiese allora con garbo se poteva descrivergli l’imperatore di cui aveva sentito parlare a lungo, e che molti dicevano essere un diavolo ed altri definivano bello e potente come l’angiolo Michele di Domineddio. Il cavaliere sorrise e rispose che l’imperatore era un uomo terribile, scomunicato dal Papa con gli occhi di fuoco e la barba rossa di sangue per via dei nemici che mangiava crudi e la ragazza lo guardava spalancando gli occhi ed aprendo la bocca come fanno i bambini quando ascoltano le favole e non notò che i due mori, che seguivano il cavaliere a qualche passo di distanza con spade curve e mantelli di seta, sorridevano alle parole del vecchio cavaliere. Arrivò la madre della ragazza di corsa perché era in ritardo lamentandosi della lentezza dei servi e giunta vicino alla figlia le disse che dovevano andare ma quando incontrò lo sguardo del cavaliere si sprofondò in un generoso inchino chiamandolo “Maestà”. Lo stesso fecero le ancelle imitando la loro signora. Solo Bianca restò in piedi capendo che quel vecchio cavaliere, cosi riccamente bardato, era il potente signore di cui chiedeva notizia. Si alterò e la pelle del volto da bianca come i petali di una bianca rosa diventò rossa come i petali dei rossi papaveri; gli disse che era stato oltremodo sconveniente prendere in giro una ingenua ragazza visto il suo nobile grado e la sua importanza. L’imperatore sorrise mentre la madre cercava di far inginocchiare la figlia tirandola per la ricca veste; allora lui le porse il braccio portandola via con se, dicendo che doveva chiedere ammenda del suo gesto e che vedendola cosi bella si era descritto per come si sentiva al suo cospetto, vecchio ed orribile e citò il verso di una poesia che uno dei suoi dignitari avevano scritto, le parlo delle tante donne che aveva visto da nord a sud, da oriente ad occidente che non potevano essere a lei paragonate, perché lei aveva del sole la gioia e della luna il nobile pallore della pelle che solo le grandi regine avevano. Lei lo guardò severa, decisa a non credere più a nulla di quanto lui diceva, ma non riusciva staccare gli occhi dai suoi, ad ascoltare quella voce con quello strano ma seducente accento straniero e lo segui nel suo cammino nel cortile lasciando tutti gli altri alle loro spalle, ascoltandolo mentre le raccontava del deserto che circondava la santa Gerusalemme che aveva lo stesso colore dei suoi capelli, di un nero monte da cui usciva un fuoco rosso come le sue labbra, degli splendori dei giardini di Palermo con fontane dagli alti getti d’acqua e degli aranceti pieni di frutti dal colore dell’oro in cui lui l’avrebbe portata. Fu così che incominciarono ad amarsi. Lui l’amò subito perché lei era giovane, dai capelli biondi e la pelle bianca come l’avorio, dal carattere ora dolce come i suoi falchi ammaestrati ed ora altera e nobile come i suoi purosangue arabi; lei l’amò subito perché lui era saggio, sapeva molte lingue, recitava poesie e conosceva tutto il mondo che c’era oltre le mura del suo castello. Ognuno nell’altro cercava le stagioni che erano già passate o che dovevano ancora venire, ma era questo che li univa, l’aver già vissuto e il dover ancora vivere quello che erano. Potevano essere la primavera e l’inverno, l’illusione e il disincanto, la forza e l’esperienza e questo erano quando si stringevano e lui adorava quel corpo minuto, quella sua innocenza che lui non conosceva più e lei si abbandonava a quel corpo forte e offeso da tante cicatrici che arrivavano fino al suo cuore. Lui le aveva detto che era vedovo, lei sapeva che non era vero, ma non lo lasciò. Anche se erano un re e una contessa, alla fine erano solo un vecchio uomo che amava una giovane donna, un giovane cuore che non conosceva la vita ed un altro che della vita conosceva tutti gli inganni. Cosi da quel giorno dicendosi tutto quello che lui conosceva e quello che lei ancora non sapeva, si amarono. Fu un amore che dalle parole fiorì nei silenzi, silenzi in cui si donavano tutto quello che potevano darsi perché sapevano che le guerre, la politica ed il tempo rendevano il futuro incerto e che di quello che era il loro amore presto non sarebbe rimasto nulla, nulla avrebbe potuto unire le loro stagioni opposte, il loro opposto vivere, chiusa tra le mura dei castelli lei e all’aperto nei bivacchi prima delle battaglie lui. Per questo da quel giorno si amarono come non avrebbero più amato, donandosi tutto quello che sentivano e provavano, anche se lei era la primavera e lui l’inverno.
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VIOLA E LA LUNA Era notte, Viola aveva appena notato un pizzico di luna spuntare lenta alle spalle di quegli amaryllis e i pensieri si sovrapponevano nella sua mente mentre teneva le ali chiuse per proteggersi dal freddo. Quando Blu era lontano, Viola aveva tanto freddo e pensava alle emozioni, ai battiti in gola di quando lui la divorava di baci al buio luminoso della luce di quella luna. Blu era così per Viola, un cavaliere d’altri tempi, dolce, appassionato, audace, impaziente, generoso, tenero, forte, pieno d'amore. In quella luce sognante sentiva quasi la voce di Blu dirle : 《Dai, Voliamo a perdifiato, non abbiamo bisogno di nessuno, sai come facciamo? Ci abbracciamo, e le nostre ali forti ci porteranno lontano, dove desideriamo....verso orizzonti di vita ...insieme 》. Blu aveva spirito d'avventura e Viola lo adorava per questo. Tra loro c'erano sempre risate, complicità e un pizzico di follia. Tutto ciò che dava un senso alla vita, all'amore. Ebbene Viola aspettava passasse la notte, per svegliarsi come la rugiada del mattino, essere illuminata dal sole e riscaldata presto dall'abbraccio di Blu. Ogni attesa, è una promessa meravigliosa. 🦋❤🦋 F.P. #pensierieparole #writer #libro #poesiadistrada #frasedelgiorno #scriveresempre #lettura #vita #frasiamore #tumblr #autori #romanzo #books #arte #poesiacontemporanea #italia #scrittoriesordienti #instabook #writing #scrivilosuimuri #reading #scriverepoesie #art #librichepassione #lettori #amoscrivere #booklover https://www.instagram.com/p/CIJqwRcBR50FXSL884clilRp9zUgyBfUR2SmQw0/?igshid=1nlneqp2cl3i7
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Sogni di Spade - capitolo 3
Capitolo 1 - Il Colpo di Fulmine
Capitolo 2 - La Soluzione
Loreena McKennitt - In the Bleak Midwinter Michael Giacchino - Love in A Time of Pneumonia Sarah Slean - A Thousand Butterflies
Quell’autunno la neve arrivò presto e inaspettata, insolitamente abbondante per una località collinare come Ranaan. La capitale era lontana dal mare e abituata ad inverni sgradevoli, ma tanto biancore non si era visto in decenni. Già dopo le prime nevicate si sentiva parlare di tetti crollati e la vita cittadina si era bloccata, come congelata da un incantesimo. La neve attutiva i suoni e dava alle larghe strade un’aria spettrale, coadiuvata dalla quasi totale assenza di persone. Tutti se ne stavano chiusi in casa, solo alcuni uscivano alla ricerca di provviste per più famiglie. Qualcuno scavava tunnel nella coltre bianca e la neve veniva caricata a montagne sui carri per essere scaricata nei fossi. Una parte veniva raccolta in cisterne di pietra e vasi di terracotta per essere riusata in futuro come riserva d’acqua.
Fu proprio in quei giorni che tra i quartieri di Ranaan insorse un’epidemia di polmonite. La malattia si diffuse lentamente per via dell’isolamento a cui erano costrette le persone, ma riuscì comunque a riscuotere la sua tassa di sangue. Gaulyn cominciò a non sentirsi bene una sera dopo aver cenato, e il malessere crebbe fino a costringerla a letto afflitta dalla febbre e dall’affanno. Suo padre cercò di prendersi cura di lei come poteva, trascurando anche i suoi impegni in bottega per rimanere al suo fianco. I momenti diventarono confusi, scanditi solo dagli attacchi di tosse che le scuotevano il torace e le spezzavano le costole, l’unico rumore il fischio rantolante del suo respiro. Presto Gaulyn non riuscì più a distinguere il giorno dalla notte. Non si rese conto di quanto tempo passò in stato di incoscienza e delirante, ma una sera riaprì gli occhi ed era guarita. Non stava ancora bene ma la febbre era sparita e il respiro era tornato quasi normale. Suo padre l’abbracciò emozionato, riempiendola di baci.
“Che Naheerjen sia benedetta, bambina mia, finalmente ti sei risvegliata!"
“Cos’è successo?” chiese Gaulyn.
“Amore mio, sei stata tanto malata. Hai preso la polmonite."
“Non mi ricordo niente, padre.”
“Sei stata a letto per quasi sette giorni."
La ragazza rimase sbalordita, esterrefatta per essere riuscita a sopravvivere a una malattia così tremenda e spaventata dall’idea di essere stata incosciente così a lungo.
“Pensavo che la gente morisse, per la polmonite."
“Tu sei stata fortunata, ho saputo che sono morte tante persone. È venuto un dottore dal castello per curarti. Non te lo ricordi?"
Gaulyn scosse la testa “Un dottore?"
“Sì, è venuto accompagnato da un giovane rispettabile, ha detto che il suo signore ha pagato tutte le cure. Qualcuno lassù ti vuole bene, per il buon cuore di Naheerjeen."
“Era un ragazzo lentigginoso, quello che è venuto?"
“Sì, esatto. Chi è il suo signore?"
Gaulyn era troppo debole per potersi dire davvero emozionata, ma gli occhi le si riempirono di lacrime e iniziò a piangere.
“Oh, padre."
“Oh, bambina, cosa c’è?” disse lui abbracciandola teneramente.
“Padre, il suo signore è una persona dall’animo così nobile… come farò a sdebitarmi?"
“Quel giovane ha detto che era lui ad essere in debito con te, quindi non c’è bisogno che restituiamo il denaro per le cure."
Gaulyn scoppiò a singhiozzare, perché secondo lei Kaiern non aveva avuto niente di cui sdebitarsi.
Quando si sentì bene e poté tornare al lavoro, Gaulyn scoprì che era stata sostituita. La Capo Cameriera le disse che lì non potevano permettersi di rimanere a corto di personale, e che quindi doveva tornare a fare la sguattera. Provò a protestare ma non servì a niente; imprecando prese in mano il secchio e uno straccio e ricominciò a pulire i pavimenti delle cucine, i gabinetti e a sbrigare tutti gli altri compiti ingrati che comportava l’essere una sguattera. Quando Peiur si presentò dicendole che l’Ufficiale voleva vederla lei era sporca e puzzolente e si vergognò.
“Non posso venire conciata così” disse al ragazzo lentigginoso “Però digli che sia io che mio padre gli siamo profondamente grati per quello che ha fatto e che cercherò sicuramente di sdebitarmi".
Il valletto se ne andò per riportare il suo messaggio, ma Kaiern lo rimandò indietro a prenderla. Gaulyn non poté che obbedire, ma arrivata agli alloggi del Maestro non trovò lui ad accoglierla, ma una cameriera che la portò nel bagno, una stanza tutta affrescata di azzurro con una vasca nel mezzo, e la aiutò a lavarsi. Le diede anche un’uniforme pulita perché non c’erano altri vestiti disponibili. Kaiern la aspettava nella sua bella sala piena di mappe e libri; appena la vide le si fece incontro felice di vederla. Solo a vederne l’espressione Gaulyn sentì le gambe molli.
“Sei tornata, finalmente. Come stai?"
Gaulyn afferrò la sua mano e cadde in ginocchio “Sire, vi devo la vita. Siete stato troppo generoso, come potrò mai sdebitarmi?"
“Non c’è bisogno che ti prostri, alzati.” La fece sedere su un divano “È il minimo che potessi fare."
La ragazza si sentiva sciocca a piangere in continuazione, ma non riusciva a trattenersi “Siete così buono. Io…"
“È vero che ti stanno facendo fare la serva? Parlerò con il ciambellano e ti farò ridare il tuo ruolo. Adesso smetti di piangere, va bene?"
Lei annuì e si asciugò le lacrime. Dopo essersi assciurato che stesse bene e fosse guarita del tutto, Kaiern la congedò perché era in partenza per un viaggio importante.
Nei giorni in cui fu assente, Gaulyn riprese il suo posto tra le cameriere. Un giorno che stava ripulendo un camino dalla brace si sentì come osservata, e voltandosi vide un uomo in divisa che la osservava in silenzio dalla porta del salone. Subito quello si voltò se ne andò, lasciando dietro di sé l’eco dei suoi passi in un lungo corridoio.
Quando le venne concesso di smettere di lavorare il sole era già tramontato. Era buio pesto e faceva un gran freddo. Tenendo in mano una lanterna, Gaulyn stava lasciando gli ambienti di servizio per tornarsene a casa, stanca e afflitta dal mal di schiena. La malattia aveva lasciato il segno sulle sue seppur giovani membra. Voltandosi dopo essersi richiusa alle spalle un vecchio portone vide una sagoma seduta sulle scale che salivano alle dispense delle spezie, ammantata nell’ombra. Trasalì e si soffermò a guardarla per qualche istante per vedere se si muovesse, ma quella stava ferma. Stringendosi bene nel soprabito si allontanò, lanciandosi di tanto in tanto un’occhiata alle spalle per assicurarsi che non la stesse seguendo. Inizialmente sembrò tutto tranquillo, ma a un certo punto si guardò indietro e in lontananza vide chiaramente che qualcuno la stava pedinando. Accelerò il passo, arrivò quasi a correre per quanto il fiato e il freddo glielo permettevano. Finalmente arrivò a casa. Entrò e chiuse la porta con un tonfo, tirando con violenza il chiavistello. Suo padre era già a dormire. Sgattaiolando sotto la finestra, Gaulyn sbirciò attraverso le imposte per vedere se il losco figuro l’aveva seguita fin lì. Con un brivido lo vide avvicinarsi sulla strada umida e fermarsi a pochi metri dalla sua casa, vicino a un pozzo. Quella sera c’era la Luna piena e la sua luce permise a Gaulyn di intravedere i tratti dell’uomo, che le sembrò essere lo stesso che la stava spiando quella mattina. Quello si trattenne pochi istanti, poi si voltò e sparì nella notte.
L’angoscia di quella sera le rimase addosso per diversi giorni. Si sentiva spiata a tutte le ore del giorno, ma quando si guardava attorno non c’era nessuno.
Kaiern tornò dal suo viaggio e la mandò a chiamare. Non voleva raccontargli dello strano uomo che l’aveva pedinata per evitare di allarmarlo, ma se si fosse fatto rivedere a quel punto forse avrebbe chiesto il suo aiuto. Questa volta il valletto la accompagnò in un posto dove non era mai stata, la palestra dove Kaiern allenava gli ufficiali. Era un grande salone vuoto con il pavimento in legno e varie rastrelliere di armi sistemate alla parete opposta all’ingresso. Grandi finestre illuminavano la stanza; al centro Kaiern e un altra persona stavano combattendo. Le loro spade si scontravano con un clangore ritmico e controllato. Tra un colpo e l’altro, il Maestro dava suggerimenti al suo allievo o segnalava i suoi errori, e in quella veste risultava a Gaulyn così affascinante che per qualche secondo non riuscì a notare altri che lui. Il suo incanto romantico ebbe vita breve, perché quando spostò lo sguardo sul suo avversario il sangue le si gelò nelle vene: era l’uomo che l’aveva seguita!
Assieme a Peiur, rimase in disparte finché l’esercitazione non fu finita. A quel punto Kaiern si accorse di loro e si avvicinò, asciugandosi il sudore dal viso.
“Che te ne pare?” chiese, orgoglioso del suo lavoro.
“È incredibile vedervi combattere.” balbettò, non riuscendo a non tenere un occhio puntato sull’altro uomo, che la guardava bieco qualche metro più in là. La sua ostilità era palpabile.
“Gaulyn, stasera mi piacerebbe averti come mia ospite a cena.” disse Kaiern, riconquistando tutta l’attenzione della giovane cameriera. Gaulyn annuì, scombussolata tra l’emozione e il disagio.
“Certamente, sire. Sarebbe un grande onore”.
Kaiern sorrise soddisfatto, “Hai voglia di rimanere a guardare l’allenamento? A volte ci fa piacere avere un po’ di pubblico."
“Assolutamente.” rispose prontamente lei. Lo sconosciuto fece una smorfia infastidita.
“Lascia che ti presenti il mio avversario, gli ho già parlato di te, sa chi sei."
Sapeva chi era? E chi era? Per questo l’aveva seguita?
“Ho il piacere di presentarti Erijkh Fahler, Cavaliere dell’Araldo di Pace e mio caro amico." Gaulyn ed Erijkh si guardarono dritti negli occhi, quelli di lui scuri, affilati, diffidenti. La ragazza si prodigò nell’inchino formale che era tenuta a rivolgere ai nobili.
“È un onore conoscervi, sire."
“Lo sai che ti ha fatta venire qui solo per umiliarmi di fronte a qualcuno?” rispose quello sarcastico. Kaiern rise. Gaulyn e Peiur si sedettero su una panca dove già sedeva un’altra persona che non aveva notato prima, probabilmente il valletto di Erijkh Fahler. I due ufficiali ricominciarono a menare colpi, la superiorità di Kaiern era indiscutibile. Anche se per la maggior parte del tempo sembrava che riuscisse a tenergli testa, l’allievo non riusciva mai a metterlo in difficoltà e non riusciva mai a colpirlo. Era la prima volta che Gaulyn aveva l’opportunità di vedere Kaiern in una situazione sociale, anche se si trattava di un allenamento. Poteva vedere come si comportava con le altre persone, il modo in cui scherzava con questo suo inquietante amico. Vide che erano molto affiatati e sentì una fitta di gelosia: improvvisamente dovette realizzare che nella sua vita c’erano già altri affetti con cui avrebbe dovuto competere.
Calò il buio, arrivò l’ora di cena. Ancora una volta Peiur andò a chiamarla. Gaulyn avrebbe voluto presentarsi ben acconciata, ma aveva con sé solo i suoi abiti quotidiani e si dovette accontentare di quelli. Cercò di pettinarsi come meglio poteva.
Le stanze di Kaiern erano illuminate dalle fiammelle fioche delle lampade; la musica gentile di un violino riecheggiava tra le vecchie mura. Il Maestro la accolse nella sua sala da pranzo dove era stato preparato un tavolo per due, semplice ma intimo. Lui la invitò a sedersi e la ringraziò fin troppo gentilmente per aver accettato l’invito. Gaulyn sentiva che c’era qualcosa di strano nell’aria, ma Kaiern sembrava tranquillo. Seduti l’uno di fronte all’altra cominciarono a mangiare serviti dalla solita cameriera; Kaiern le raccontò del suo recente viaggio a Valta e lei ancora non trovò il coraggio di dirgli che il suo amico l’aveva pedinata. Proprio parlando di Erijkh entrarono in uno strano discorso.
“Quando gli ho parlato di te non era molto convinto” disse “stamattina ti ho chiesto di venire all’allenamento anche in modo che vi poteste conoscere. Le voci che girano lo stavano turbando."
“Perché?" Kaiern ignorò la sua domanda. Si ripulì la bocca con il tovagliolo e la guardò, serio.
“Gaulyn, voglio chiederti una cosa molto importante. Ho una proposta da farti e spero che tu la voglia prendere seriamente in considerazione, anche se ti potrà sembrare… improvvisa. Ma non devi rispondermi subito, d’accordo?"
Preoccupata, la cameriera annuì “Certo, sire."
“Intanto smettila di chiamarmi sire. Puoi chiamarmi per nome."
“Va bene..."
Kaiern prese il suo calice di vino e ne bevve un sorso “Gaulyn, vorresti diventare mia moglie?” sollevò una mano e ribadì “Puoi pensarci, non devo saperlo ora."
Intanto a lei si era fermato il cuore e tutto si era fatto improvvisamente confuso. Le si era offuscata la vista, le si era seccata la gola e non riusciva a muoversi. Era letteralmente pietrificata. Appena riuscì a prendere fiato balbettò: “Sì.”
“Immagino che ne vorrai parlare con tuo padre..."
“No, no, la mia risposta è sì." Kaiern la guardò perplesso “Sei sicura?"
“Assolutamente sì.” annuì lei “Lo desidero."
“Vorrei che prima ti prendessi un momento per considerare cosa significherebbe per te. Inoltre non credo che potremmo fare alcunché senza il benestare di tuo padre."
“Va bene. Stasera gli dirò che vi voglio sposare. Non credo avrebbe nulla in contrario, d’altronde basterà dirgli che siete stato voi a salvarmi la vita quando mi sono ammalata…"
Gaulyn trasse un profondo sospiro malinconico, guardando il suo innamorato con struggimento.
“Cosa c'è?"
“Posso abbracciarvi?"
Kaiern sorrise e si sporse in avanti, stringendola tra le sue braccia. Commossa ricambiò energicamente la stretta, e una lacrima le scivolò lungo la guancia.
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Il Cavaliere del Mulino
Il terreno era umido, ammorbidito dalle recenti piogge, e Simone non ebbe problemi a scavare. Aveva scelto un’ansa nascosta nel fitto della foresta, all’ombra di un’imponente quercia – la cui maestosa fronda era visibile fin dal sentiero distante qualche centinaio di passi.
I muscoli tesi degli avambracci, ricoperti da un fitto velo di pelo biondo, guizzavano mentre conficcava la pala nel terreno e sollevava cumuli di terra scura, bagnata e pesante. Quando infine fu soddisfatto della buca, ben larga e profonda, grondava di sudore nonostante il freddo pungente delle prime luci dell’alba.
Trascinò il gravoso carico, infagottato e legato con cura fino alla fossa e con un calcio ce lo fece rotolare dentro. Si guardò intorno, volgendo lo sguardo in entrambe le direzioni e dietro di sé nella foresta desolata, e iniziò subito a ricoprire la buca con la terra accumulata di fianco.
I lineamenti duri del suo viso si distesero solo quando ebbe finito di battere la terra smossa e ricoprirla di foglie, rendendo impossibile distinguerla dal resto del terreno circostante.
Si incamminò verso il sentiero con la pala sulla spalla e un timido raggio di sole, filtrato dalle fitte chiome degli alberi, ne illuminò per un attimo il sorriso celato sotto la folta barba…
***
Qualche sera prima, una voce rauca e profonda gridò da dietro la ruota in legno viscida e imputridita di un modesto mulino. «Dale! Balordo e fannullone, dove ti sei cacciato?»
Quel giorno il mugnaio, il suo patrigno, era anche più arrabbiato del solito. Dale si asciugò le lacrime e nascose il libro sul cavaliere dal buon cuore e l’armatura scintillante in una rientranza della roccia, sulla riva del fiume, dove si era rifugiato a leggere sotto il timido sole di fine inverno. Quel libro era l’unico ricordo dei suoi veri genitori, suo padre glielo aveva regalato prima di partire per una guerra da cui non sarebbe mai tornato, morendo prima che potesse conoscerlo. Da piccolo la madre glielo aveva letto ogni sera prima di dormire e poi, quando aveva dovuto risposarsi per mandare avanti il mulino e poter sfamare sé stessa e suo figlio, gli aveva insegnato a leggerlo da solo.
Non fece nemmeno in tempo a rialzarsi che una mano callosa lo afferrò per il colletto strattonandolo furiosamente. «Piccolo ingrato perdigiorno,» lo ingiuriò il suo patrigno. «Vedrai, ti insegnerò a lavorare a suon di schiaffoni. O credevi che la farina si macinasse da sola ora che quella scrofa di tua madre ha deciso di crepare?»
Dale rivolse al suo patrigno uno sguardo carico d’odio prima che questi con un pugno sullo stomaco lo mandasse a finire senza fiato in ginocchio.
Dopo averla sposata ed essersi impossessato del mulino, quell’uomo senza scrupoli aveva costretto a lavorare e picchiato sua madre ogni singolo giorno, fino ad ucciderla.
Un altro pugno lo colpì in pieno viso, e quando cadde a terra il suo patrigno iniziò a riempirlo di calci con furia cieca. Dale non poté fare altro che raggomitolarsi e sperare che l’uomo sopra di lui si stancasse presto.
«Non vali il pane che mangi,» continuava ad inveire il suo patrigno senza smettere di colpirlo. Era frustrato perché Dale non aveva il fisico adatto ai lavori pesanti, era ancora più esile di sua madre, e adesso che lei era morta se non trovava una soluzione avrebbe dovuto essere lui stesso a lavorare. E più ci pensava più si infuriava, e più si infuriava più desiderava che fosse il ragazzo ai suoi piedi a pagare il prezzo della sua sventura.
«Buon’uomo,» disse dal nulla una voce maschile sconosciuta, il timbro di voce era caldo e rassicurante e allo stesso tempo deciso. «Mentre passavo qui accanto non ho potuto fare a meno di sentire…»
Il mugnaio si immobilizzò a metà di un calcione, sorpreso. «Chi è la?» Disse scrutando in direzione della voce, facendosi attento.
Lo straniero era controluce, e almeno all’inizio per il mugnaio fu difficile metterne a fuoco i dettagli. Per un attimo gli parve un demone avvolto dalle fiamme e sì spaventò non poco.
«Solo un viandante in cerca di cibo e riparo dopo un lungo viaggio.» Rispose lo straniero facendosi avanti.
Allora il mugnaio vide che non era un demonio, ma un uomo a cavallo con la cotta di maglia sopra il vestito porpora, la spada chiusa nel fodero assicurata alla cintura e un elmo scintillante stretto nella mano destra.
«Non c’è da mangiare, né un posto per dormire, qui,» disse subito il mugnaio fissando arcigno lo straniero.
Dale intanto, profittando della momentanea distrazione del suo aguzzino aveva iniziato ad allontanarsi, dolorante, trascinandosi sui sassolini aguzzi del bagnasciuga.
«C’è una locanda, in paese, a mezz’ora di cavallo da qui.» Disse il mugnaio, sperando così di sbarazzarsi al più presto dell’inaspettato quanto sgradito ospite.
«Non vi arrecherò disturbo,» disse il cavaliere. «E posso pagare.» Aggiunse subito portando la mano a una borsa che teneva legata alla cintura, vicino alla spada.
Gli occhi del mugnaio si fecero grandi e attenti, e il suo atteggiamento cambiò radicalmente. Pregustando avidamente l’oro del cavaliere.
Indicò al viandante dove legare il cavallo, e dimenticando il ragazzo percosso che si era raggomitolato in un angolino, fece strada al suo danaroso ospite verso la piccola casa accanto al mulino.
Dale, ammaccato e dolorante, rimase rintanato al riparo fra le rocce per molto tempo, finché il sole non scomparve dietro l’orizzonte e iniziò a fare troppo freddo e buio per restare all’aperto.
***
Dentro casa, il nuovo arrivato sedeva a capo di un tavolo imbandito come Dale non aveva mai visto, c’erano tutte le loro provviste, pane e formaggio e vino e birra, e un fuoco scoppiettante illuminava e scaldava ogni angolo dell’unica stanza di cui era composta la dimora.
Il suo patrigno sedeva tranquillo rivolto al fuoco sull’unica poltrona dall’alto schienale che era stata di suo padre, e anche se Dale non poteva vederlo immaginò che contasse soddisfatto le sue nuove monete che il giorno dopo avrebbe sicuramente sperperato alla taverna.
«Come ti chiami, ragazzo,» disse il cavaliere distogliendolo dai suoi pensieri.
Dale si voltò a guardarlo. Adesso indossava solo la tunica porpora; mentre la cotta di maglia, la cintura con la spada, l’elmo e gli stivali di cuoio tirati a lucido erano ordinati vicino al caminetto, ad asciugare. Il viandante era alto, con i capelli e la barba del colore del grano maturo e più giovane di quello che Dale aveva immaginato sentendo la sua voce, senza osare guardarlo quel pomeriggio in riva al fiume. I muscoli delle braccia e del torso tendevano la stoffa della tunica. I peli lisci e biondi del petto, sotto il colletto slacciato, si spingevano fin quasi a congiungersi con quelli della barba folta e curata. Lo straniero gli sorrideva amichevolmente, trasmettendogli un senso di sicurezza. Eppure in quel sorriso caloroso Dale scorgeva anche che quell’uomo tanto generoso e cortese avrebbe potuto spezzarlo come un ramoscello, con una mano sola e in qualsiasi momento.
«Allora, ce l’hai un nome?»
«Daniele,» rispose il ragazzo.
«Bene Daniele, e quanti anni hai?»
Dale si strinse nelle spalle. «Non lo so,» disse dopo un momento.
«Capisco.» Il cavaliere era pensieroso e stette in silenzio a centellinare il suo boccale di birra, mentre Dale aspettava sulla soglia senza osare muoversi. Solo dopo qualche minuto il cavaliere posò il boccale e si decise a parlare. «Voglio che tu mi faccia compagnia per qualche giorno, Dale. È così che ti chiamano, vero?»
Dale annuì semplicemente, restando in silenzio.
«Adesso va a dar da mangiare al mio cavallo, e assicurati che sia al riparo per la notte. Sbrigati.»
E Dale ubbidì senza indugiare.
Fuori la temperatura era calata drasticamente e all’improvviso. Nuvole dense cariche di pioggia si stavano addensando sulla valle e un vento gelido soffiava dalle montagne. Dale sistemò il cavallo nel deposito vuoto del mulino, si assicurò che fosse ben legato e gli lasciò acqua e biada a disposizione, senza risparmiarsi. Poi tornò di corsa in casa - per tutto il tempo si era chiesto cosa potesse mai volere dal figlio di un mugnaio un cavaliere tanto forte e nobile.
Quando rientrò nel chiaro e gradevole tepore, chiudendosi il gelo della notte alle spalle, notò subito che il suo patrigno se ne era andato e che il cavaliere si era seduto sulla poltrona che era stata di suo padre, accanto al fuoco, stringendo in mano un boccale di birra schiumosa pieno fino all’orlo.
Dale si avvicinò al fuoco in silenzio e si accucciò in un angolo del camino, dal lato opposto rispetto alla poltrona dove era seduto il cavaliere misterioso. Non gli staccò gli occhi di dosso neanche per un attimo, lo fissava cercando di imprimersi nella memoria ogni particolare di quell’uomo possente, senza avere il coraggio di dire una parola, neanche per chiedere del suo patrigno.
Ne studiò attentamente i profondi occhi blu, il lieve arco delle sopracciglia e la linea dritta del naso. Aveva le labbra sottili distese in un caldo sorriso sotto la folta barba.
«Tuo padre è andato via di fretta,» disse dopo qualche minuto il forestiero, la sua veste porpora sembrava viva alla luce fluida delle fiamme. «Sono sicuro che farà buon uso delle monete che gli ho dato.»
E dicendo questo il suo sorriso si allargò sensibilmente.
Trangugiò d’un sorso metà del boccale, e si sporse sulla poltrona in direzione del ragazzo. «Ma adesso pensiamo a noi.» Disse, fissando Dale dritto negli occhi.
***
Dale era sul letto dei suoi genitori, sistemato in un angolo riparato dell’unica stanza della casetta. Aveva le braccia tese sopra la testa e i polsi sottili legati insieme, assicurati alla struttura in legno del letto. La pelle era tesa sulle costole e aveva lo stomaco scavato sotto il petto che si gonfiava al ritmo del suo respiro accelerato. Anche le caviglie erano legate ai piedi del letto, costringendolo a tenere le gambe divaricate.
Era completamente nudo.
Il cavaliere sospirò rumorosamente sdraiato al fianco del ragazzo immobilizzato e indifeso.
«Ti prego liberami, mio signore.» Si lamentò Dale, a disagio.
Così esposto e vulnerabile appariva ancora più giovane. La sua pelle morbida era quasi priva di peli, fatta eccezione per una chiazza di riccioli chiari alla base del cazzo morbido. I capezzoli erano rosa e duri a causa dell’aria che iniziava a farsi più fresca mano a mano che il fuoco si esauriva.
«Ormai sei mio,» disse tranquillamente il cavaliere. «E ho intenzione di giocare con te per molto, molto tempo.»
Dale si mosse a disagio sul letto, ma il suo cazzo iniziò a pulsare lievemente, contraendosi con un brivido.
«Ti piace l’idea?» Gli chiese il cavaliere fissandolo intensamente tra le gambe.
Dale seguì il suo sguardo e arrossì. Scosse la testa ma il suo cazzo non smetteva di pulsare.
«Si,» disse l’uomo sdraiato al suo fianco. E fece scivolare la mano sinistra sul suo petto nudo, sentendo i capezzoli duri solleticargli il palmo aperto. «Ti piace,»
«Ti prego,» ripeté Dale, piagnucolando.
Mentre la mano si avvicinava all’inguine, il cavaliere avvertì il movimento dell’addome teso sotto le dita. La pelle era morbida e calda, più calda vicino al pene che sulla pancia.
Dale si lamentò ancora e il cavaliere si sporse in avanti poggiando le sue labbra su quelle umide e calde del ragazzo. E quando gli fece scivolare la lingua in bocca chiuse saldamente il pugno intorno al suo cazzo ormai duro. Il cazzo di Dale era abbastanza impressionante per un ragazzo tanto esile eppure quasi scompariva in quella mano dalla presa ferrea.
Il cavaliere diede una leggera stretta, facendolo sussultare.
La paura negli occhi di Dale era un afrodisiaco per l’uomo, che mise a tacere le sue suppliche premendo le labbra contro quelle di lui e risucchiando in bocca la sua lingua. Il cavaliere era sicuro che il bacio gli piacesse, il ragazzo adorava che nel mentre gli tirasse i capezzoli rigirandoli delicatamente fra le dita. Gli piaceva persino essere legato. E ne era sicuro perché il suo cazzo si era indurito prima ancora che lo toccasse.
Il cavaliere si chinò a baciargli il collo, e Dale sollevò istintivamente il mento per dargli migliore accesso alla gola. Lo baciò a lungo alternando piccoli morsi e risucchiando la pelle calda e liscia. Quando arrivò al petto, i capezzoli erano duri come sassi, e il suo cazzo iniziava a colargli sulla mano. Poteva assaggiare il gusto salato del suo sudore mentre gli leccava e succhiava i capezzoli.
Dale ormai respirava affannosamente. Il cavaliere gli baciò il petto e scese lentamente verso lo stomaco e l’addome senza staccare le labbra dalla sua pelle. E intanto fece ruotare il pollice sulla cappella sensibile facendolo sussultare e gemere, poi, guardandolo negli occhi, sollevò il pollice e se lo porto alle labbra per succhiare il suo presperma.
«Dolce.» Sussurrò fra se.
Dale ansimò quando il cavaliere riprese il suo cazzo in mano e ricominciò a baciargli l’addome scendendo sempre più in basso, di lato, verso l’attaccatura delle gambe spalancate. La barba dell’uomo gli solleticava i testicoli.
«Sei pronto?» Disse tranquillamente il cavaliere sollevando il viso sull’inguine.
«Ti prego,» disse nuovamente Dale.
Il cavaliere sorrise sadicamente e si allontanò dal giovane guardandolo contorcersi sul letto in cerca di sollievo. «No,» disse con voce suadente. «Credo che ti terrò così, al limite… almeno per po’.»
***
Dopo una notte legato al letto Dale non la smetteva più di ansimare e gemere. «Per favore,» disse per la centesima volta. «Non fami del male, mio signore.»
Il cavaliere gli sorrise in modo poco rassicurante. «Non troppo,» disse. «Quel tanto che basta a farmi divertire.»
Il ragazzo singhiozzò mentre il cavaliere gli slegava i polsi permettendogli di stare seduto sul letto. Per un attimo Dale guardò verso la porta, a pochi passi di distanza.
«Non ci provare,» gli sussurrò il cavaliere all’orecchio. «Falliresti e poi dovrei farti male, per davvero.»
Mentre parlava la mano dell’uomo si spostò sul petto nudo, Dale sentiva il suo respiro caldo nell’orecchio ma non osava guardarlo. Gli afferrò un capezzolo fra le dita e lo torse schiacciandolo con forza. Dale si lasciò sfuggire un gemito di dolore e una lacrima calda gli rigò la guancia.
«Ieri hai mangiato?» Chiese d’un tratto il cavaliere accarezzandogli il petto.
Dale scosse la testa tenendo le labbra serrate. Aveva gli occhi lucidi e tratteneva a stento le lacrime. Ormai non mangiava nulla da quasi due giorni.
Da quando anche sua madre era morta, due settimane prima, il patrigno lo mandava al mulino ogni mattina all’alba con un tozzo di pane – quando se ne ricordava – e pretendeva che lavorasse finché il sole non spariva oltre le montagne e si faceva buio. Intanto lui passava le sue giornate a bere alla locanda giù in paese, oppure a bere in casa, in ogni caso, invariabilmente, finiva le sue giornate ubriaco – e dopo essersi ubriacato, da quando era morta la madre, aveva iniziato a picchiare Dale al suo posto.
«Bene,» disse il cavaliere soddisfatto. «Se hai la pancia vuota almeno non mi sporcherò.»
Dale lo guardò perplesso e sul bel viso del cavaliere si allargò un sorriso.
Il cavaliere si chinò e baciò dolcemente il ragazzo nudo seduto sul letto. Dale rimase fermo mentre la lingua dell’uomo tracciava il contorno delle sue labbra, ma le dischiuse quando il cavaliere gli spinse la lingua sui denti e poi dentro la bocca calda. Condivisero un bacio lungo e gentile mentre la mano del cavaliere gli accarezzava il petto giocando con i capezzoli eretti. Le sue dita tracciarono un percorso curvo scivolando lungo la linea morbida del ventre fino alle cosce, e all’improvviso gli afferrò le palle e strinse, finché Dale non ansimo nella sua bocca.
«Ora mi succhierai il cazzo, ti sborrerò in bocca e tu inghiottirai.» Disse il cavaliere rompendo il bacio e fissando Dale dritto negli occhi.
Il ragazzo lo guardò con meno apprensione di quanta si aspettasse, e il cavaliere pensò che forse iniziava ad abituarsi agli abusi. Raddrizzò la schiena e fece un passo indietro, afferrò i capelli di Dale e lo spinse ad avvicinarsi al bordo del letto. Dale aprì la bocca senza fare storie, e il cavaliere spinse il suo cazzo duro in quell’antro stretto, caldo e umido.
Il cazzo del cavaliere era grande, davvero grosso. Quando era duro misurava quanto il suo palmo e lui aveva delle mani molto grandi. Dale faticò per adattarsi alla prepotente intrusione.
Il cavaliere gemette rumorosamente al contatto con il calore della sua bocca.
Era fantastico. Teneva i capelli di Dale con una mano, e intanto lasciò scivolare l’altra sul petto liscio del ragazzo, pizzicandogli un capezzolo.
«Attento ai denti, succhiacazzi …se vuoi tenerti questo attaccato.» disse severo aumentando la stretta sul capezzolo per sottolineare il punto.
Dale si lamentò, e subito fece scivolare la lingua intorno alla testa del cazzo lasciando senza fiato il cavaliere.
Il ragazzo si mise d’impegno sbavando sulla grossa asta mentre il cavaliere muoveva i fianchi avanti e indietro spingendo il cazzo ogni volta più a fondo.
«Leccami le palle,» disse il cavaliere scivolando fuori dalle labbra serrate. Dale inclinò la testa e lambì la pelle flaccida che conteneva i testicoli dell’uomo. Il cavaliere premette le palle contro le sue labbra e lui succhiò le pieghe della pelle fra i grossi testicoli, poi si tirò indietro e Dale ne risucchiò in bocca uno. L’uomo sentiva la lingua umida ruotare intorno al testicolo e si lasciò succhiare le palle per un po' prima di rimettere il cazzo in bocca e ricominciare un andirivieni ancora più furioso.
«Sto per venire!» Gridò quando sentì sopraggiungere l’apice dell’orgasmo. «Tienilo in bocca, ma per ora non ingoiare!»
Il cazzo entrava e usciva dalla bocca con movimenti rapidi mentre le palle si svuotavano. Il cavaliere sfregò il glande sulla lingua rossa e umida riversando fiotto dopo fiotto tutto il suo sperma caldo.
Dale socchiuse gli occhi e chiuse delicatamente le labbra intorno al glande, le dita del cavaliere gli scivolarono tra i capelli. «Bravo ragazzo!» Sospirò. «Fammi vedere.»
Dale aprì la bocca, la lingua era coperta di sperma cremoso.
«Fantastico, ora mandalo giù.»
Lui obbedì e il cavaliere gli scompiglio i capelli soddisfatto.
«Bravo!» Disse lasciandosi cadere con soddisfazione sul letto accanto al ragazzo.
«Mio signore,» sussurrò Dale dopo qualche minuto a mezza voce, esitante. «Adesso siete soddisfatto?»
Il cavaliere aprì gli occhi e gli sorrise calorosamente. «Forse,» disse divertito. «Dopo che ti avrò scopato e torturato per un po’.»
***
Qualche ora più tardi, Dale era nuovamente legato mani e piedi alla struttura in legno massiccio del letto, a pancia sotto e con le gambe aperte – completamente nudo ed esposto. Il cavaliere teneva la sua cintura di pelle arrotolata nella mano destra, in modo che circa un piede dello spesso cuoio sporgesse ad un’estremità.
«Sei pronto?» Chiese retoricamente facendo schioccare la cintura in aria.
«No, vi prego, non fatelo!» Singhiozzò Dale.
Il cavaliere sorrise e schiaffeggiò una natica con il lato piatto della cintura, con forza.
Dale urlò è sì divincolò nei legami. Una striscia rossa iniziò a formarsi sulla pelle liscia e bianca nel punto in cui la cintura lo aveva colpito. «No! No, vi prego, Non fatelo! Ahi!» Gridò.
L’uomo prese a far oscillare la cintura avanti e indietro e ogni volta che colpiva la pelle uno schiocco secco seguito da un grido acuto squarciavano l’aria. Il cavaliere cercava di colpire in ogni punto, metodicamente, dal buco esposto alle palle indifese. Fermandosi solo dopo una dozzina di colpi.
Dale era disperato e scuoteva la testa, singhiozzando e sbavando sulle coperte. «Basta, vi prego.» Continuava a ripetere fra le lacrime.
Il cavaliere pensò che il ragazzo avesse davvero una propensione per il dramma, considerato che ci era andato piuttosto leggero.
«Adesso facciamo sul serio,» disse, facendo oscillare la cintura con forza e causando uno schiocco molto più forte dei precedenti. Per un attimo Dale rimase in silenzio a bocca aperta, quasi confuso, poi iniziò a gridare a pieni polmoni e continuò finché l’uomo impietoso sopra di lui non si stufò delle sue grida - dopo almeno altri venti colpi.
«Ci dovremmo lavorare su,» disse noncurante.
Dale era fuori di sé. Il cavaliere si infilò fra le sue gambe spalancate e chinandosi in avanti raggiunse il viso imbrattato di lacrime e saliva e lo baciò sulla bocca, con passione, succhiando le sue labbra tra i denti e masticandole delicatamente. E intanto spinse il corpo contro quello del ragazzo, sfregandosi su di lui.
Il suono attutito dei singhiozzi di Dale faceva fremere il cazzo del cavaliere. In quella posizione, l’asta turgida sfregava contro le natiche lasciandosi dietro una scia di liquido trasparente. Mentre gli baciava le labbra, il cavaliere raccolse un poco di presperma con un dito e usò quella lubrificazione insufficiente per penetrare il buco inviolato del ragazzo. Dale si lamentò, singhiozzando, mentre il cavaliere lo scopava con il dito continuando a baciarlo dolcemente sulle labbra.
«È ora di rompere questo dolce buchetto, ragazzo. Pronto a farti scopare?»
Dale era prigioniero, legato strettamente, e singhiozzò in risposta.
«No,» piagnucolò sommessamente mentre il cavaliere gli accarezzava i testicoli. «Non farmi male!»
«Male?» Chiese il cavaliere fingendo sorpresa. «Beh, sono abbastanza sicuro che ti farà male. Ma probabilmente ti piacerà anche da impazzire!»
Senza attendere oltre l’uomo si sputò sulla mano e la usò per lubrificare alla meglio la sua asta turgida e pulsante per l’attesa. Dale ansimò e iniziò a piangere appena il cazzo iniziò a premere sul buco. Ci vollero diversi spintoni e il cavaliere dovette tenerlo fermo con un braccio stretto intorno al petto, ma alla fine riuscì a spingere dentro quasi tutta la sua lunghezza. Si fermò solo per godersi la sensazione delle pareti calde del retto contrarsi e stringere il suo cazzo duro. Dale continuava a gemere e singhiozzare, senza fiato, e il cavaliere gli posò le labbra sul collo, baciandolo amorevolmente.
Fece scivolare il cazzo fuori dal culo e poi lo spinse in profondità. Allo stesso tempo afferrò un capezzolo e lo strinse, torcendolo dolcemente mentre lo scopava.
Iniziò a fotterlo più velocemente. Il buco iniziava ad allentarsi e lasciava entrare e uscire il cazzo più facilmente.
Il cavaliere si godeva la sensazione del culo stretto e continuò a baciargli il collo e scoparlo mentre Dale singhiozzava senza più ritegno. Il suo corpo tremava sfregando contro le coperte mentre il cazzo del cavaliere spingeva sempre più insistentemente.
«Sei mio adesso.» Gli sussurrò il cavaliere all’orecchio, pompando il culo più veloce e con più forza, sentendo l’orgasmo crescere.
Dale scosse la testa. Non voleva, eppure il suo corpo stava reagendo all’assalto. Il cavaliere gli afferrò i capelli con la mano libera e gli tirò indietro la testa, così da avere a portata le sue labbra.
Dale singhiozzò ancora più forte ma allo stesso tempo sentì il suo cazzo duro pulsare fino quasi allo spasmo.
Il cavaliere speronò il cazzo in profondità e premendo le labbra su quelle di Dale venne, facendo scorrere un fiume di sperma caldo nelle sue viscere. Dale ansimò forte e senza controllo anche il suo cazzo scoppiò in sottili filamenti sfregando con forza sulle coperte. Sborrarono insieme, nello stesso istante di passione.
«È stato fantastico, ragazzo,» gli mormorò il cavaliere all’orecchio con il respiro corto – e ci premette sopra la lingua, mordicchiando il lobo. Dale rabbrividì e l’uomo sopra di lui sorrise, strofinando la mano sulla pelle liscia del petto e del ventre.
«Sei tutto sudato.» Disse estraendo il cazzo morbido dal suo culo, e ci affondò dentro le dita per raccogliere un po’ di sperma che gli portò subito alla bocca. Dale succhiò le dita viscide senza protestare.
***
Il cavaliere lasciò Dale legato al letto, imbrattato dello sperma di entrambi. Completamente nudo, prese posto alla tavola ancora apparecchiata dalla sera precedente e, continuando a fissare il ragazzo legato sul letto, mangiò e bevve quello che era rimasto delle misere provviste della casa, tenendo da parte solo un grosso pezzo di pane salato.
Dale si era quasi addormentato quando si accorse che il cavaliere era tornato alle sue spalle e lo stava liberando dai suoi stretti legami.
«Ehi, raggio di sole!» Disse il cavaliere vivacemente. «Ti ho portato da mangiare.»
Finì di liberargli i polsi e Dale fece per girarsi intorpidito, mettendosi poi lentamente a sedere sul letto. Guardò con desiderio il pane che aveva portato il cavaliere e allungò subito la mano quando lui glielo porse.
«Calma,» disse il cavaliere dopo che Dale diede il primo enorme morso, iniziando immediatamente a masticare. «Devi avere lo stomaco piuttosto vuoto, vacci piano.»
Dale rallentò, ma finì il pane rapidamente.
«Hai sete?» Chiese il cavaliere che gli aveva dato il pane salato di proposito.
Il ragazzo annuì con forza e il cavaliere si prese in mano il cazzo, voluminoso anche da morbido.
«Bene, perché devo pisciare ed è tutto quello che avrai finché starò qui con te.» Spiegò secco.
Dale sentì le lacrime salire agli occhi e iniziare scorrere copiose sulle guance ma aprì la bocca, avvicinandosi al cazzo che iniziava appena ad ingrossarsi a contatto col suo respiro caldo.
«Solleva la testa e apri bene la bocca,» disse il cavaliere tenendo in posizione il cazzo con le dita poco sotto al glande.
Qualche attimo dopo dal buchetto al centro del glande iniziò a scorrere un sottile flusso di piscio direttamente nella bocca aperta del ragazzo. Appena si formò una piccola pozza il cavaliere strinse leggermente le dita bloccando il flusso.
«Ingoia!» Disse.
E fissò il ragazzo negli occhi mentre mandava giù il boccone a fatica. «Apri,» disse subito dopo, e ripeté tutto un'altra volta.
Quando Dale ebbe il boccone nuovamente pieno, il cavaliere bloccò il flusso e si sporse leggermente in avanti lasciando cadere una grossa goccia di saliva bianca e spumosa nella bocca aperta del ragazzo. Lo sputo finì dritto nella piccola pozza di urina e l’uomo sorrise soddisfatto. «Manda giù!» Disse con soddisfazione.
«Adesso poggia le labbra intorno al glande, senza succhiare, e ingoia man mano che viene fuori perché non mi fermo più.» Disse il cavaliere. «E manda giù tutto, o non ti piacerà quello che succederà dopo.» Terminò in tono minaccioso.
Seppur a fatica, Dale, un po' per sete e un po’ per paura, riuscì ad ingoiare tutto e il cavaliere rimase visibilmente compiaciuto.
Si sdraiarono sul letto uno accanto all’altro, il cavaliere era momentaneamente soddisfatto, e Dale con lo stomaco finalmente pieno non ci mise molto a addormentarsi stretto fra le calde e forti braccia dell’uomo.
***
Il cavaliere lo svegliò solo a sera inoltrata, quando fuori era già buio. Dale riaprì gli occhi con le labbra dell’uomo premute dolcemente sulle sue e le dita a sfiorargli il petto, stuzzicando i capezzoli eretti. Questa volta il cavaliere aveva intenzione di sedurlo, lentamente. Voleva che provasse un’esperienza completamente diversa dal ruvido approccio di qualche ora prima. Lo baciò teneramente per molto tempo mentre le sue mani viaggiavano sulla pelle liscia. Alla fine spostò le labbra sul collo morbido, sentiva il sangue pulsare attraverso la pelle.
Scese lungo il collo fino al petto e iniziò a succhiargli entrambi i capezzoli tirandoli delicatamente coi denti. Il gemito profondo dalla gola di Dale lo avvertì che il ragazzo gradiva le sue attenzioni. Gli baciò il petto, poi la pelle morbida del ventre piatto. Le sue labbra scivolarono attraverso l’anca fino alla parte superiore della coscia e baciò la pelle pallida, sfiorandogli i testicoli con la barba. Intanto con un dito gli solleticava il buco ancora leggermente aperto e umido per l’assalto precedente. Spinse lentamente il dito continuando a baciargli la coscia. Dale sibilò, inarcando la schiena. Il cavaliere ritirò il dito viscido e lo porto alle labbra del ragazzo, costringendolo in bocca. Dale succhiò il dito avidamente, ripulendo lo sperma.
Il cavaliere si arrampicò in ginocchio, tra le sue cosce divaricate, senza smettere un attimo di fissarne il corpo esile e pallido. Prese in mano le ginocchia del ragazzo e se le appoggiò al petto. Dale lo fissava impotente e l’uomo si prese in mano il cazzo e sfregò la grossa punta contro il suo buco liscio. Il corpo del ragazzo si irrigidì, aveva le labbra e gli occhi socchiusi, i capezzoli duri e il cazzo bagnato e pulsante. Era pronto.
Il cavaliere spinse in avanti, aumentando la pressione del pene contro lo sfintere, il muscolo si allargava lentamente, con riluttanza, mentre l’intruso troppo grande si faceva strada a fatica. La bocca di Dale si spalancò, e il suo visò impallidì in previsione del dolore bruciante che sarebbe venuto – eppure non arrivò. Il buco era ancora un poco dilatato e lubrificato dal rapporto precedente e permise al cazzo di entrare con poco sforzo. Dale guardava il cavaliere con la bocca e gli occhi spalancati, sorpreso e meravigliato delle sensazioni che gli arrivavano dall’apertura fra le natiche. Il cavaliere iniziò a spingere il cazzo avanti e indietro, ogni volta più a fondò, lentamente. Il corpo esile e pallido di Dale oscillava al ritmo delle spinte. Il suo viso era perfetto, specialmente con gli occhi pieni di lussuria.
«Tutto bene, ragazzo?»
Dale sembrava aver dimenticato gli abusi precedenti. Il cavaliere lo osservò chiudere gli occhi e annuire una risposta silenziosa quanto eloquente. Per un momento fu tentato di fargli male, solo per godersi l’espressione di dolore e tradimento sul suo bel viso, invece spinse il cazzo in fondo fino a poggiare le palle contro le sue natiche calde e morbide e prese delicatamente in mano la sua asta pulsante, iniziando a masturbarlo lentamente.
Con la mano libera iniziò ad esplorare il suo corpo, sfregando il palmo contro l’interno delle cosce, la pancia e il petto. Gioco con i suoi capezzoli tirandoli e torcendoli delicatamente. Il ragazzo aveva la faccia arrossata, e gli occhi grandi e vitrei mentre si preparava a schizzarsi il ventre di sperma. Le contrazioni del retto che anticipavano l’orgasmo spinsero sul bordo anche il cavaliere che, dopo un paio di spinte decise, esplose nello stesso istante in cui anche Dale veniva travolto da un orgasmo potentissimo.
Il cavaliere si lasciò cadere su Dale, ansimando, e i loro corpi sudati si intrecciarono inestricabilmente e si addormentarono così, nel caldo abbraccio l’uno dell’altro, stretti nel letto davanti al fuoco morente.
***
Il cavaliere sì sveglio che era ancora notte e con delicatezza si liberò dallo stretto abbraccio del giovane che dormiva profondamente al suo fianco.
Si rivestì in silenzio nella penombra della stanza illuminata solo dalla luce della luna. Prima di uscire lasciò sul tavolo ancora ingombro di avanzi tanto denaro da rimettere in sesto il mulino e la casa, poi si chinò a baciare sulla fronte il ragazzo che gli aveva dato tanto piacere, e uscì nella notte richiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
Appena fuori dalla casa, andò subito al capanno degli attrezzi e la trovò ad aspettarlo il mugnaio esattamente come lo aveva lasciato – con gli occhi sbarrati iniettati di sangue e uno squarcio che gli attraversava il ventre prominente da parte a parte. In una mano stringeva ancora le monete che gli aveva dato per la sua ospitalità e nell’altra il pugnale con cui aveva tentato inutilmente di sorprenderlo per derubarlo.
Il cavaliere prima di avvolgerlo con cura in un pesante telo gli sistemò due di quelle stesse monetine sugli occhi - per il traghettatore - poi lo trascinò fuori e lo caricò sul cavallo, incamminandosi in direzione del sole che sarebbe sorto di lì a poco.
Si voltò solo una volta verso il vecchio mulino e la casa che vi sorgeva accanto, sorrise fra sé e sparì oltre l’orizzonte.
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I giorni del ferro e del sangue di Santi Laganà @librimondadori Patrimonio di San Pietro, 960 d.C. Sul trono papale siede un adolescente perverso e corrotto, ciò che resta dell'Italia indipendente è allo sbando dilaniata da lotte intestine e le campagne sono una terra di nessuno dove la violenza e il sopruso la fanno da padroni. Anna è una contadina di quindici anni che conduce un'esistenza misera e asservita. Quando la sua famiglia viene trucidata e l'ultimo fratello rapito per essere ridotto in schiavitù, decide di continuare a vivere per inseguire quell'ultimo brandello di affetti e, sorretta da una volontà indomita, inizia una dolorosa peregrinazione per terre sconosciute e ostili, tra aiuti misericordiosi e feroci violenze. Nel suo tormentato cammino incontrerà un cavaliere dall'oscuro passato e un improbabile presente, un vecchio dall'aria mansueta che nasconde insospettabili risorse e un giovane vagabondo sfrontato e generoso: una strana compagnia con cui cercherà di farsi giustizia fin dentro i palazzi più segreti di Roma. Ambientato in uno dei periodi meno conosciuti e più bui della nostra Storia, I giorni del ferro e del sangue è un affresco senza filtri né retorica di un'epoca brutale quanto affascinante, ma anche la straordinaria parabola di una memorabile protagonista: una giovane donna che nel più maschilista dei mondi non si rassegna a un destino già scritto e tenacemente lotta per conquistarsi il diritto a una vita migliore. —— Ebook 9,99€ Cartaceo 19,50€ Pag. 644 @deliacultura —— #libri #pubblicazioni #leggerefabene #leggeremania #booklovers #leggere #letture #booknow #booklover #iglibri #leggerechepassione #leggeresempre #bookaddicted #bookaddict #bookish #bookaholic #booknerd #bookworm #bookstagram #igreaders #ebooklovers #bookaddiction #bookblogger #booklove #ebook #peccatidipenna https://www.instagram.com/p/CBihkBfnKN_/?igshid=2auoyc2tqz1r
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13 GEN 2020 13:55
VIVA PANSA! - GIULIO ANSELMI: ''IMMAGINIFICO E ULTRACREATIVO, MA NON AVER MAI AVUTO UNA DIREZIONE È STATO IL CRUCCIO DELLA SUA VITA'' - MERLO: ''LO TRATTAVANO DA SOPRAVVISSUTO, MA ADESSO CHE GIAMPA È MORTO, GIAMPA RITORNA FINALMENTE A VIVERE'' - VALENSISE: '''IL SANGUE DEI VINTI' LO CONSACRÒ COME AUTORE DI BEST SELLER E LO CONDANNÒ COME UN PARIA, UN TRADITORE, PERCHÉ RUPPE UN TABÙ DELLA SINISTRA''
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«BALENA BIANCA E DALEMONI, LE GRANDI INTUIZIONI»
Maria Luisa Agnese per il “Corriere della Sera”
«Immaginifico e ultracreativo, Pansa ha reinventato e dato nuova linfa al giornalismo politico, con le sue intuizioni linguistiche, le balene bianche, i bestiari, i Dalemoni, crasi fra D' Alema e Berlusconi, per spiegare l' inciucio fantasioso». Giulio Anselmi è stato direttore dell' Espresso con Giampaolo Pansa condirettore. Una convivenza che ricorda come un periodo buono, anche se aggiunge che spesso «bisognava ricordargli chi era il direttore. E forse il non avere mai avuto una direzione è stato il cruccio della sua vita».
Aveva una gran facilità di linguaggio, dice Anselmi, e un talento affabulatorio: «Quando arrivai all' Espresso lui aveva già vissuto una stagione di intesa straordinaria con il direttore precedente, Claudio Rinaldi, una strana coppia, di personaggi diversi ma con una incredibile intesa politica». Anselmi ha intuito subito che Pansa aveva anche un talento «fra l' ironico e il cattivo per le copertine». Anselmi lo assecondò, anche se sapeva che gli avrebbe creato qualche grattacapo. «Successe quando Berlusconi vinse le elezioni. Il Cavaliere, si sa, aveva il vezzo di ripetere "mi consenta, mi consenta", e lui suggerì la famosa copertina con la scritta E ora mi consento».
Altra carina, ricorda Anselmi, fu la copertina, con Francesco Rutelli e Barbara Palombelli e la scritta «Cicciobelli», in occasione della candidatura di Rutelli. Quello che si irritò fu l' editore Carlo De Benedetti, che nell' occasione aveva deciso di appoggiare Rutelli e non Giuliano Amato. «In ogni caso la presenza di Giampaolo nelle riunioni di redazione era sempre vitalizzante».
Amava i giovani? «Non ricordo una sua particolare propensione verso di loro, con l' eccezione di Marco Damilano, che poi ho assunto proprio su segnalazione di Pansa e non me ne sono mai pentito». Lo spirito battagliero, quasi dispettoso da giornalista di razza lo portò anche, da un certo punto in poi, a impegnarsi in quella pubblicistica fortemente revisionista della Resistenza.
«Un inedito per chi come lui aveva sempre avuto un taglio da giornalista di sinistra, ma un po' per il suo spirito da bastian contrario, un po' perché era lusingato dai consensi e dalle lettere che riceveva, restò quasi prigioniero di quella persona che era diventato, diversa dal Giampaolo Pansa che conoscevamo. Era risentito, forse inseguiva qualcosa che non aveva mai avuto».
ADDIO A GIAMPAOLO PANSA, IL CRONISTA D'ITALIA
Francesco Merlo per ''la Repubblica''
Lo trattavano da sopravvissuto, ma adesso che Giampa è morto, Giampa ritorna finalmente a vivere. E finalmente ci metteremo a studiare quegli articoli che lanciavano grandi sguardi sugli avvenimenti indugiando su minuzie descrittive sempre condite dall'aneddoto e spesso dalla malignità: la Balena Bianca, il Coniglio Mannaro, l’epica delle truppe mastellate all’assalto dei congressi.
Armato di penna e di binocolo per rubare un’espressione, una smorfia, un fastidio. Il Pci era l’elefante rosso, e nella sede della Dc scoprì il tavolo che il corto Fanfani aveva fatto segare. E poi gli onorevoli Cazzetti e Cazzettini, ma anche il canto dell’'Internazionale che nell'aula bunker divenne uno sghignazzo, le facce dei morti ammazzati, la ferocia dei terroristi che si trasformò in miseria e pena quando li rincontrò come ex terroristi, con tutte quelle sanguinarie dall'aria mansueta. E poi le interviste, i ritratti: Berlinguer, Romiti, Lama, Andreotti, Craxi, Berlusconi, D'Alema…
È l’opera che illumina tutta la vita di Giampaolo, anche i suoi errori, l’ossessione di celebrare Salò e le vittime dell’antifascismo: “Ho descritto tante Italie. Mi sono inoltrato su terreni che nessuno voleva esplorare, come la guerra civile e il sangue dei vinti”. Pansa diceva di dovere a Fenoglio il passaggio da sinistra a destra, dalla tesi di laurea sulla Resistenza concordata con Alessandro Galante Garrone, ai libri appunto su Salò che tanto hanno venduto e che lo hanno gettato in quella rissa culturale che confessava di amare per istinto: “Non mi piace ubbidire perché non mi piace comandare”.
E la sua prosa, la sua passione, la sua liberà cocciuta facevano dimenticare tutto il resto, si faceva perdonare con una metafora, con due aggettivi: “Una giornata di sole asciuga tutti i bucati”, si dice a Casale Monferrato, dove era nato. E tutto finiva e ricominciava nella sua risata da munfrin, che sono gli omoni di schiatta contadina, picareschi e spavaldi descritti da Fenoglio che non fu solo il poeta delle Langhe.
Davvero è morto, in quella clinica dov’era ricoverato da un mese e dove continuava a scrivere, il rompiscatole del giornalismo italiano, il cronista più bravo, il campione della passione e del risentimento, con noi e contro di noi, con Repubblica e contro Repubblica, con la sinistra e poi con la destra ma sempre restando se stesso, maestro della scrittura come risarcimento, del colpo di penna come colpo di spada.
Aveva accanto Adele, la donna che più ha amato, la compagna che era anche la sua coscienza, grazie a lei e alla scrittura riuscì a sopravvivere alla morte, a soli 55 anni, del figlio Alessandro, un capitano d’industria stimatissimo, alla Feltrinelli, a Finmeccanica, al Credito italiano, banchiere d’affari…, il contrario del padre che nei numeri si perdeva, un macigno per il vecchio Giampa che sembrava destinato a una morte felice: “Come posso credere a un Padreterno che ha preso lui anziché prendere me”.
Monferrino timido e ribelle, Giampa aveva il coraggio e la modestia di quella piccola specialissima patria piemontese, il complesso di inferiorità della provincia che è la cuccia di tutti i grandi italiani. Anche da vecchio scriveva ancora per il papà Ernesto, operaio del telegrafi, per la mamma Giovanna che non leggeva i suoi articoli, per la nonna Caterina, contadina analfabeta «che non aveva altra terra se non quella dei vasi da fiori», la nonna che perse il marito — Giovanni — nei campi, poi perse un figlio — Paolo — che cadde da un'impalcatura. Ed è a loro che fu dedicato il ragazzo: Giovanni e Paolo, Giampaolo.
C’era la foga del malessere come risorsa persino nel suo famoso stile che è diventato una scuola. Sferzante e imprevedibile, ogni tanto si faceva spericolato, come sempre è accaduto ai grandi giornalisti impressionisti che si possono permettere anche la libertà di inventarsi un Kant fatalista di provincia: «Fai quel che devi e avvenga quel che può», si inventò un giorno.
Pansa era fatto così, concentrava in sé tutto il bene e il male di un mestiere che si sta inesorabilmente rovinando, la velocità di scrittura, la fantasia delle citazioni, la memoria e l’amore per la battuta. Riassumeva se stesso così: “Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto”. E tutti sapevano che avrebbe scritto pure sui muri, sempre funambolico, la vita come spettacolo — «Scrivo da un Paese che non esiste più», fu l'incipit dal Vajont — e quell'attenzione dolce per il dolore che è un’altra delle lezioni più belle di Fenoglio.
Senza concessioni alla moda detestabile del maschio femminista e senza i compiacimenti generazionali per la malafemmina, Pansa è anche la straordinaria storia d’amore con la signora Adele Grisendi: “Non ero io che decisi di guardarla, ma era lei che mi obbligò a farlo”.
Non voglio essere reticente: indimenticabili sono state le cattiverie polemiche che scrisse su Ezio Mauro, Carlo De Benedetti ed Eugenio Scalfari perché sino alla fine Repubblica gli tornava in gola. Erano fratelli e si guastarono, dove guastarsi è un'altra maniera di vivere insieme, senza mai perdersi di vista. Come ha detto Scalfari i grandi protagonisti delle polemiche del tempo, quando passa quel tempo, non hanno conti da saldare. Rimangono gli stili e i dettagli di vita come contributi alla biografia del giornalismo italiano della carta stampata, alla struggente bellezza di una professione morente che ha premiato Pansa sino a eleggerlo maestro.
RUPPE IL TABÙ DELLA SINISTRA
Marina Valensise per ''Il Messaggero''
Parla Pansa. Se ne va con Giampaolo Pansa uno degli ultimi giornalisti liberi della sua generazione. Un uomo dal talento generoso e straripante, un uomo buono, colpito dalla morte del figlio adorato, scomparso a 55 anni nel 2018, un intellettuale audace e al tempo stesso irriverente, uno scrittore e un autore di successo che ha fatto scuola non solo nel giornalismo italiano, ma nel modo di raccontare il nostro passato prossimo e remoto, mostrando il coraggio di squarciare il velo di ipocrisia su alcune delle sue pagine più tragiche anche a costo di attizzare una polemica furiosa, e di finire nel campo dei reprobi, dei paria, dei condannati all'ostracismo.
LE DOMANDE
Parla Pansa. Rispondeva così al telefono, sempre pronto a rispondere alle domande dello scocciatore, del giovane cronista, del lettore fanatico. E da quel tono allegro e sardonico, pieno di generosa ironia, si capiva che la libertà gli piaceva da matti, anche a rischio di passare per un provocatore. Era in fondo ed è sempre stato un outsider, nel giornalismo italiano del dopoguerra, un tipo senza complessi, che si divertiva a confondere i confini, passare le linee, uscire dalle gabbie ideologiche dei vari campi di appartenenza in anni in cui la militanza politica era una religione civile. Anni lontani, dove i confini tra fascismo e antifascismo erano invalicabili, e dove era impensabile passare da un fronte all'altro per il solo gusto di conoscere la verità della storia.
Pansa questo fece. Il figlio della sarta di Casale Monferrato che aveva vissuto da ragazzo la stagione più nera della guerra civile in Italia, sognava di diventare uno storico. E infatti si laureò con Guido Quazza con una tesi sulla Guerra partigiana tra Genova e il Po, e continuò per qualche tempo a lavorare all'Università con Alessandro Galante Garrone, altro grande storico torinese, studioso della Rivoluzione francese, di Buonarroti, e della congiura degli Eguali, la genealogia del socialismo. Catturato dal giornalismo, fu cronista della Stampa, passò al Giorno, tornò alla Stampa, come inviato da Milano all'epoca in cui il direttore era Alberto Ronchey, e seguì da vicino la strage di Piazza Fontana.
Per due anni, tra il 1972 e il 1973, fu anche caporedattore al Messaggero. Quando passò al Corriere diretto da Piero Ottone, a metà degli anni Settanta, mise a nudo la trama dello scandalo Lockheed, e nel 1977 passò a Repubblica e al Gruppo Espresso, dove rimase per trent'anni, maestro inimitabile, graffiante, sardonico, ingestibile, nella sua analisi della politica, nel suo racconto dei vizi dei potenti di turno, e del teatrino ineffabile del potere.
LA SVOLTA
La vera svolta avvenne per lui nel 2001 quando pubblicò un saggio, I figli dell'aquila, per raccontare di un volontario della Repubblica sociale italiana. Iniziò allora per lui il così detto ciclo dei vinti, la narrazione molto romanzata ma veritiera delle violenze compiute dai partigiani ai danni dei fascisti, negli anni bui della guerra di liberazione, che fu come gli storici più coraggiosi ebbero modo di dimostrare, una guerra civile. Il sangue dei vinti, pubblicato nel 2005, lo consacrò come un autore di best seller e lo condannò come un paria, un traditore, un revisionista agli occhi della sinistra radicale e antifascista che mal tollerava la libera perlustrazione in un campo minato.
Nel 2006, ricordo ancora il clamore, l'indignazione, e l'ostracismo che segnò l'uscita di Sconosciuto 1945, un altro best seller pubblicato da Sperling&Kupfer, sui ventimila scomparsi, torturati e uccisi, per le vendette dopo il 25 aprile, nella memoria dei vinti. Non era un altro capitolo dell'antistoria della Resistenza che Pansa perseguiva da anni, ma un'opera di liberazione intellettuale e morale. Per la prima volta Pansa apriva ai suoi lettori il suo archivio, per dare direttamente voce alle centinaia di fonti che per sessant'anni erano rimaste chiuse sottochiave, condannate al silenzio.
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Romance con protagonisti non proprio simpatici o proprio cattivi
E’ stato veramente difficile stilare una lista di romance in cui il protagonista maschile è particolarmente antipatico o addirittura odioso per quasi tutta la durata del libro, perchè in realtà cerco di evitarli. Se dalla quarta di copertina intuisco che lui potrebbe essere così, ne sto bene alla larga, ma spulciando tra le mie letture più sfortunate e sentendo il parere di amiche e conoscenti, nonchè di gruppi facebook , ho trovato alcuni titoli da proporvi nel caso siate in vena di leggre un romanzo di cui odierete il protagonista. Visto che dubito che questo vi accadrà mai, la potremmo chiamre forse una lista di romance da evitare, ma anche questo saerbbe ingiusto, poichè i gusti sono estremamente soggetttivi e magari qualcuno che risulta odioso a me, magari può essere simaptico per qualcun altro.
Detto questo ecco la lista:
LA DONNA DI WARWYCK, di Rosalind Laker
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Trama: In una calda giornata del 1826, Daniel Warwyck, spregiudicato pugile da strada, compra all'asta una ragazza di nome Kate. Non lo fa per amore e neppure per assicurarsi piaceri facili. Con Kate, pensa di aver comprato le chiavi della sua eredità.Anche voi avete letto di eroi romance che avete odiato con tutto il cuore?
La mia opinione: Qui il protagonista è tremendo con la protagonista femminile, desidera per tutto il libro un'altra e ci fa un figlio, prima di decidere che forse ama la povera moglie tipo nelle ultime tre pagine. E tra l’altro per tutto il libro sa che suo fratello che è un pezzo di pane è invece innamorato di lei e lui glielo sbatte in faccia che lei è sua moglie anche se non la vuole.
UCCELLI DI ROVO, di Colleen McCullough
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Trama: La storia dei Cleary inizia ai primi del '900 e si conclude ai giorni nostri, nel grandioso scenario naturale dell'Australia. Gli anni consumano le vite in una vicenda di sentimenti e passioni, di fede e amore, sulla quale si stende grave e inesorabile il senso della giustizia divina. I personaggi - soprattutto memorabili figure femminili, tenere e orgogliose - vanno incontro al destino come gli uccelli di rovo della leggenda australiana, che cercano le spine con cui si danno la morte.
La mia opinione: La trama di cui sopra non rende molto l’idea del romanzo sarebbe più giusto descriverlo così: E’ la storia di un sacerdote combattuto tra Dio e la passione umana, che alla fine sceglie l’ambizione e di una bella ragazza dalla famiglia complicata che vuole ciò che non può avere e ne soffre ancora e ancora senza mai imparare a evitare i bastardi egoisti. In soldoni. Ma chi la fa da padrone nel libro è l’egoismo infinito di Padre Ralph che vorrebbe tutto, e in fondo direi che lo ottiene, a spese sempre degli altri. E non raccontatemi che anche lui soffre perchè in qualsiasi momento poteva fare scelte ben diverse e non ditemi nemmeno che fa una scelta difficile per fede, perchè la sua ascesa nel clero è passione politica non certo per Dio. Quante volte nel libro lui non sa qualcosa e dice ah se solo l’avessi saputo che lei era incinta o che lei soffriva o che lui aveva un figlio....Non gli è mai interessato o avrebbe indagato e chiesto in merito, invece e se ne stava per lontano da lei con la scusa della tentazione, per anni, proprio perchè in fondo non gli importava. E’ come nel film americano di qualche anno fa, il problema non è il destino avverso o la fede: il problema mia cara è che non gli piaci abbastanza!
TUTTO CAMBIERA’ (Silver lining) di Maggie Osborne
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Trama: La corsa all'oro è stata un abbaglio che ha colpito molti uomini , ma anche qualche donna. Una di queste è Low Down, che è finita sulle Rockies, ad estrarre il prezioso minerale vestita di stracci e ridotta ad un essere che definire femminile sarebbe alquanto difficile. Non c'è spazio su quelle aspre montanee per bei vestiti o dolcezza, solo duro lavoro dalla mattina alla sera, ma l'animo generoso della donna è sopravvissuto a quella dura vita e quando il piccolo gruppo di disperati cercatori viene colpito dalla malattia è lei che si prende cura di loro instancabilmente salvandoli tutti. Quelli sono uomini cinici e duri, ma pur sempre umani e concordano tutti che l'abnegazione di Low Dow deve essere premiata., perciò si riuniscono e le chiedono quale sia la cosa che più desidera al mondo. Sorprendendoli tutti la donna non nomina l'oro o qualche altra cosa materiale, ciò che vuole è un bambino. Poichè fra gli uomini c'è anche un ministro di Dio viene deciso che per avere un bambino Low deve avere un marito e tirano a sorte per decidere chi tra loro sarà lo sfortunato, visto l'aspetto non proprio pulito e affascinante di Low. La sorte decide che tocchi a Max McCord l'onore di sposarla. Proprio Max che a casa sua in pianura ha ad attenderlo una fidanzata. Poichè gli altri lo minacciano di morte non ha altra scelta che sposare Low, ed entrambi concordano che sarà solo un matrimonio temporaneo….
La mia opinione: Di questo libro mi è piaciuto molto l'inizio, la prima parte sulle montagne, meno la parte centrale, e abbastanza la parte finale. Il giudizio è positivo, intendiamoci, ma il personaggio maschile mi è stato abbastanza antipatico poichè tratta la protagonista femminile malissimo. Ok lei non è bellissima, ma gli ha salvato la vita, caspita, un pochino di gratitudine all'inizio sarebbe apprezzata. Poi anche in seno alla sua famiglia le cose non migliorano molto, ci vuole molto tempo affinchè lui apra gli occhi sulle qualità della moglie. Non parliamo poi della sua fidanzata che all'inizio mi è stata odiosa. ….. Il libro mi è piaciuto, ma meno di altri per colpa di alcun personaggi, e alla fine lui si sarebbe meritato di perdere Low perchè non la meritava! O almeno doveva strisciare e scusarsi per un anno!
THE HUMMINGBIRD di Lavyrle Spencer (Inedito in italiano)
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Trama: Una zitella con problemi economici e un grande decoro, decide di aiutare il medico del paese ad accudire due feriti: un uomo che ha tentato una rapina su un treno e colui che l’ha fermato.
La mia opinione: Lo stile di scrittura è molto buono, all’altezza dei migliori romanzi della Spencer, ma i dialoghi e il protagonista maschile non funzionano. Lui non è realistico è solo maleducato dall’inizio fino alla fine del libro, anche quando non avrebbe ragione di esserlo. E’ odioso con colei che gli ha salvato la vita e lui lo sa, con colei che lo ama e lui lo sa, e le rovina pure la possibilità di sposarsi invece con un brav’uomo. Bastardo. Lui rovina tutto il libro purtroppo.
IL GIGLIO SULLA PELLE di Rosemary Rogers
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Trama: Nell'Europa sconvolta dalle guerre napoleoniche, Marisa, una bellezza acerba e ribelle, fa perdere la testa a nobili e principi. Solo un uomo sembra in grado di tenerle testa, l'avventuriero senza scrupoli che l'ha resa donna e che la inseguirà in capo al mondo pur di conquistare davvero il suo cuore.
La mia opinione: credo che questo sia uno dei romance che meno mi sono piaciuti nella mia vita perchè qui ad essere antipatico e dire antipatico è poco, direi odioso, violento, cattivo, brutale..non è il solo il protagonista maschile, pure la protagonista femminile, seppur molte volte vittima, è parecchio antipatica. E non salvo neppure la trama di questo romanzo a dire il vero, però una cosa bisogna dirla, forse i due si meritano, anche se lui è peggio.
IMPARARE L’AMORE, di Catherine Coulter
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Trama: Inghilterra, 1277. Di ritorno dalla Francia, Severin di Langthorne, il Guerriero Grigio, trova le proprie terre devastate, suo fratello assassinato e le sue proprietà saccheggiate da bande di spietati fuorilegge. La sorte sembra tornare ad arridergli quando il ricco conte di Oxborough, sul letto di morte, lo sceglie come marito per la sua unica erede, la bellissima e indomita Hastings che, pur rispettando la volontà paterna, pensa che quell'uomo sia freddo, spietato, severo. L'affascinante guerriero, dal canto suo, è dell'idea che la moglie sia troppo testarda, irragionevole e polemica. Però ben presto nasce tra loro una sensuale e inarrestabile complicità, e sebbene siano circondati da temibili nemici spinti da invidia e cupidigia…
La mia opinione: Io non ho letto personalmente questo libro, dalla trama sembrerebbe innocuo e simile a molti altri ambientati comunque in un’epoca in cui la violenza era normale quotidianità, le donne non avevano quasi diritti e il matrimonio in fondo era un accordo economico e politico quasi sempre combinato a tavolino. Però mi è stato segnalato come libro con qulache scena disturbante di troppo, forse per il modo in cui è stata scritta. Non so se sia così oppure no, ma sembra che molte lettrici non abbiano apprezzato specie nella prima parte del libro il protagonista maschile, qui io non posso pronunciarmi.
IL CAMPIONE DEL RE, di Catherine March
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Trama: Inghilterra, 1295 Nel cuore di Eleanor Raven di Ashton, fin dall'infanzia, c'è posto solo per un uomo: Troye de Valois, cavaliere del re. Ma il valoroso campione di Edoardo I per molti anni non si accorge neppure della fanciulla, finché non ne compromette involontariamente l'onore salvandola da una vile aggressione. Per impedire che l'onta distrugga la reputazione della giovane dama, il re ordina a Troye di farne la sua legittima sposa. E così quello che Ellie credeva il sogno della sua vita si trasforma in un incubo, perché lui, ancora perdutamente innamorato dell'adorata prima moglie, la tratta con rude freddezza. Tutto sembra perduto, e quando Troye parte per andare a combattere in Scozia, Eleanor decide di fuggire da quel tetro castello in cui non c'è posto per lei. Poi però gli eventi precipitano...
La mia opinione: cosa c’è di pià odioso di un marito che pensa solo alla sua prima moglie e non alla nuova? Nulla credo.
L’EREDE DI FRIARSGATE, di Bertrice Small
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Trama: Dopo la morte dei genitori e del fratello Edward a causa di un’epidemia quando lei aveva solo tre anni, Rosamund Bolton è diventata l’erede del feudo di Friarsgate, in Cumbria. Bella e intelligente, a tredici anni Rosamund, anche se ancora illibata, rimane per la seconda volta vedova e, mira degli insidiosi desideri di molti, viene posta sotto la tutela di re Enrico. Raggiunge così la corte dei Tudor dove, fra passioni e tradimenti, la vita della giovane lady diviene specchio della sua intraprendenza, finché non giunge per lei il momento di tornare a Friarsgate con un nuovo marito…
La mia opinione: questo è l’unico libro della Small facilmente reperibile in italiano, ma non è certo quello col protagonista più odioso, è qui in elenco per rappresentare molti altri libri della Small (tipo La perla dell’Harem) che rappresentano eroine vittime di protagonisti maschili, che però sembra godano nell’essere vittime e poi imparino a comportarsi come i cattivi della situazione all’occorrenza....
L’ESTASI DI PURITY di Janette Seymour
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Trama: La bellissima Purity coinvolta in una nuova, travolgente avventura. Sola a sfidare la barbarie dei pirati d’Oriente, sola a subire la lussuria degli uomini più in vista d’Inghilterra, sola a tener testa alla temibile corsara Azizza, la donna dai capelli d’oro cerca disperatamente di ritrovare il suo unico amore... Mark. Altri uomini potranno possedere il suo corpo, ma la sua anima appartiene solo a Mark...
La mia opinione: Seymouur, Wilde,Rogers e Small sono autrici della stessa epoca, con lo stesso gusto, trame simili ed eroine e personaggi maschili simili. Non so se sia colpa del nostro gusto di lettori che è molto cambiato (ma non credo perchè leggo altri romance scritti negli anni 80 che non mi danno fastidio), ma trovo qualcosa di sbagliato nelle loro eroine oltre che nei loro eroi. Ma è gusto personale.
PETALI DEL TEMPO di Jennifer Wilde
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Trama: Quando viveva nei bassifondi la chiamavano per burla Duchess Randy perché non voleva vendere il suo bel corpo per vivere. E nessuno, nemmeno Cameron Gordon, dallo sguardo duro e dalla parola sferzante, poteva immaginare che l’indomabile ribelle condannata a servirlo per sette anni fosse una vera nobildonna. Più pericolosa, per il suo cuore di cospiratore scozzese, di qualsiasi ideale politico...
La mia opinione: avevo scordato di averlo letto, e facendo ricerche per questo post purtroppo l’ho ricordato. Qui la protagonista subisce veramente di tutto eppure continua a odiare e desiderare il protagonista che è veramente il peggio del peggio. C’è qualcosa di morboso nel loro rapporto e non mi piace.
PRINCIPE DI SPADE (Prince of swords), di Anne Stuart
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Trama: Jessamine Maitland legge i tarocchi e, notte dopo notte, predice il futuro nei salotti di Londra. Finché una sera "scopre" l’identità del Gatto, il temerario ladro che da mesi ruba gioielli e preziosi dalle case più ricche della città: Alistair MacAlpin, conte di Glenshiel. Intuendo di essere stato smascherato, Alistair vede una sola via d’uscita: sedurre Jess.
La mia opinione: alcuni dicono che gli eroi della Stuart siano a voltre troppo freddi, troppo duri, troppo cattivi, ma se li confrontiamo con i protagonisti ad esempio di Jennifer Wilde sono orsacchiotti.
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