#icona di bontà
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 2 months ago
Text
La Leggenda di San Martino: Una Storia di Generosità e Compassione. Poesia San Martino di Giosuè Carducci. Recensione di Alessandria today
Il gesto di San Martino, che condivise il suo mantello con un mendicante, rappresenta un simbolo universale di altruismo e carità, celebrato ogni anno l'11 novembre.
Il gesto di San Martino, che condivise il suo mantello con un mendicante, rappresenta un simbolo universale di altruismo e carità, celebrato ogni anno l’11 novembre. La leggenda di San Martino di Tours è una delle storie di generosità più toccanti della tradizione cristiana e si celebra ogni anno l’11 novembre. San Martino, vissuto nel IV secolo, era un soldato romano, figlio di un ufficiale��
0 notes
telodogratis · 17 days ago
Text
“Se ne accorse poco prima di perdere la vita”. Fabrizio Frizzi, il fratello rompe il silenzio
[[{“value”:” Fabrizio Frizzi è stato una icona della nostra televisione. Egli è stato fondamentale nella conduzione di programmi televisivi che hanno fatto la storia della Rai e della tv in generale. Una persona di una bontà unica, un grandissimo professionista. Un professionista che non ha mai dato motivo alla pubblica opinione di muovere critiche forti. Sempre attento e scrupoloso nel suo…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lamilanomagazine · 2 years ago
Text
È morto Maurizio Costanzo, aveva 84 anni
Tumblr media
Addio a Maurizio Costanzo, un gigante della televisione. La notizia diffusa dal suo ufficio stampa. Un gigante della televisione, icona unica nel suo genere, la notizia diffusa dal suo ufficio stampa, Maurizio Costanzo ci lascia a 84 anni. Indimenticabile e iconico il "Maurizio Costanzo Show", il talk show più longevo della storia della tv italiana. Costanzo nato a Roma il 28 agosto 1938,  ha firmato decine di programmi radiofonici e televisivi e di commedie teatrali (Il marito adottivo, Vuoti a rendere ecc.). Ha raggiunto la popolarità nel 1976, conducendo in Rai il talk-show "Bontà loro". Il suo nome è sicuramente legato al "Maurizio Costanzo Show", in onda dal 1982 su Mediaset. Tra i suoi programmi più noti anche "Buona domenica". Per diversi anni è stato l'autore e conduttore più importante della televisione italiana. Dal 1995 è sposato con Maria De Filippi. Il Maurizio Costanzo Show è stato considerato il salotto mediatico per eccellenza. Ha scritto numerosi libri, tra i quali Chi mi credo di essere (2004, in collaborazione con Giancarlo Dotto), "E che sarà mai?" (2006), La strategia della tartaruga (2009), "Sipario! 50 anni di teatro. Storia e testi (2015), Vi racconto l'Isis (2016) e Smemorabilia. Catalogo sentimentale degli oggetti perduti (2022). La carriera. Costanzo decise di abbandonare gli studi subito dopo il liceo per inseguire il sogno di diventare giornalista. Nel 1956 a 18 anni lavora come cronista del quotidiano romano Paese Sera. Passato al Corriere Mercantile di Genova, nel 1960 divenne caporedattore del settimanale Grazia. Nel 1963 debutta in radio come autore del programma Canzoni e nuvole, condotto da Nunzio Filogamo. Costanzo iniziò in quegli anni una veloce scalata, anche come autore musicale, per esempio, è lui l'autore insieme al commediografo Ghigo De Chiara e ad Ennio Morricone, di uno dei brani di successo degli anni sessanta cantato da Mina "Se telefonando". Nel 1970 condusse con grande successo il programma radiofonico Buon pomeriggio. E poi approda la TV, Costanzo infatti portò in televisione il "talk-show": Prima con Bontà loro (1976-1978), poi con Acquario (1978-1979) e poi con Grand'Italia (1979-1980). Ma fu nel 1982 Costanzo lanciò quello che ancora oggi è considerato il modello dei talk-show all'italiana: il Maurizio Costanzo Show. Il salotto italiano "ambitissimo e controverso", che ha lanciato personaggi del mondo spettacolo e non solo, attori, esponenti politici, presentatori, autori e tanto altro. Come non ricordare le molte tematiche affrontate, inclusa la lotta contro la mafia, oltre alla amicizia col giudice Giovanni Falcone. Il 14 maggio 1993 una macchina imbottita di tritolo saltò in aria a Roma, in via Fauro, a pochi metri dal Teatro Parioli, sede storica del programma, proprio mentre Costanzo transitava con la sua auto. L'attentato rimase per fortuna senza conseguenze. Collaborò alla prima stesura del Salò di Pasolini e alla sceneggiatura di diversi film di Pupi Avati (tra cui Bordella e La casa dalle finestre che ridono) e soprattutto di Una giornata particolare di Ettore Scola. Scoprì, tra i tanti, Paolo Villaggio, con il quale disegnò il personaggio di Fracchia. Negli ultimi anni Costanzo aveva collaborato come opinionista con numerosi quotidiani nazionali ed emittenti radiofoniche. Dal 1995 al 2009 è stato docente presso la facolta di Scienze della Comunicazione dell'Università La Sapienza di Roma. Nel 2009 l'università IULM di Milano gli ha assegnato la laurea Honoris Causa in giornalismo, editoria e multimedialità.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
latinabiz · 5 years ago
Text
La santa messa di papa Francesco della cappella Santa Marta del 1° maggio 2020
Tumblr media
Papa Francesco https://youtu.be/6tiJbjdfyjs Santa messa di papa Francesco L'intenzione di preghiera, vista anche la memoria del santo di oggi, san Giuseppe Artigiano, il Santo Padre l'ha rivolta verso i lavoratori: " Oggi è la festa di San Giuseppe lavoratore, e  anche la Giornata dei lavoratori. Preghiamo per tutti i lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna persona manchi il lavoro e che tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo". E' l'antifona odierna richiama appunto l'importanza del lavoro: "Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie, mangerai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai di ogni bene, Alleluia."  Il lavoro di Dio nel creare il mondo e sopratutto la sua creatura più simile a lui, l'essere umano,è stato l'oggetto dell'omelia di papa Francesco, come ha riportato l'Editrice Vaticana: "E Dio creò". Un Creatore. Creò il mondo, creò l’uomo, e diede una missione all’uomo: gestire, lavorare, portar avanti il creato. E la parola lavoro è quella che usa la Bibbia per descrivere questa attività di Dio: "Portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro". E consegna questa attività all’uomo: “Tu devi fare questo, custodire quello, quell’altro, tu devi lavorare per creare con me – è come se dicesse così – questo mondo, perché vada avanti”. A tal punto che il lavoro non è che la continuazione del lavoro di Dio: il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’universo. E il lavoro è quello che rende l’uomo simile a Dio, perché con il lavoro l’uomo è creatore, è capace di creare, di creare tante cose; anche di creare una famiglia per andare avanti. L’uomo è un creatore e crea con il lavoro. Questa è la vocazione. E dice la Bibbia che "Dio vide quanto aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona". Cioè, il lavoro ha dentro di sé una bontà e crea l’armonia delle cose – bellezza, bontà – e coinvolge l’uomo in tutto: nel suo pensiero, nel suo agire, tutto. L’uomo è coinvolto nel lavorare. È la vocazione prima dell’uomo: lavorare. E questo dà dignità all’uomo. La dignità che lo fa assomigliare a Dio. La dignità del lavoro. Una volta, in una Caritas, a un uomo che non aveva lavoro e andava per cercare qualcosa per la famiglia, un dipendente della Caritas e ha detto: “Almeno lei può portare il pane a casa” – “Ma a me non basta questo, non è sufficiente”, è stata la risposta: “Io voglio guadagnare il pane per portarlo a casa”. Gli mancava la dignità, la dignità di “fare” il pane lui, con il suo lavoro, e portarlo a casa. La dignità del lavoro, che è tanto calpestata, purtroppo.  Nella storia abbiamo letto le brutalità che facevano con gli schiavi: li portavano dall’Africa in America – io penso a quella storia che tocca la mia terra – e noi diciamo: “Quanta barbarie!”. Ma anche oggi ci sono tanti schiavi, tanti uomini e donne che non sono liberi di lavorare: sono costretti a lavorare per sopravvivere, niente di più. Sono schiavi: i lavori forzati … Ci sono lavori forzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uomo a vivere con la dignità calpestata. Sono tanti, tanti nel mondo. Tanti. Nei giornali alcuni mesi fa abbiamo letto, in un Paese dell’Asia, come un signore aveva ucciso a bastonate un suo dipendente che guadagnava meno di mezzo dollaro al giorno, perché aveva fatto male una cosa. La schiavitù di oggi è la nostra “in-dignità”, perché toglie la dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi. “No, io lavoro, io ho la mia dignità”. Sì, ma i tuoi fratelli, no. “Sì, Padre, è vero, ma questo, siccome è tanto lontano, a me fa fatica capirlo. Ma qui da noi …”. Anche qui, da noi. Qui, da noi. Pensa ai lavoratori, ai giornalieri, che tu fai lavorare per una retribuzione minima e non otto, ma dodici, quattordici ore al giorno: questo succede oggi, qui. In tutto il mondo, ma anche qui. Pensa alla domestica che non ha retribuzione giusta, che non ha assistenza sociale di sicurezza, che non ha capacità di pensione: questo non succede in Asia soltanto. Qui. Ogni ingiustizia che si fa su una persona che lavora è calpestare la dignità umana; anche la dignità di quello che fa l’ingiustizia: si abbassa il livello e si finisce in quella tensione di dittatore-schiavo. Invece, la vocazione che ci dà Dio è tanto bella: creare, ri-creare, lavorare. Ma questo si può fare quando le condizioni sono giuste e si rispetta la dignità della persona. Oggi ci uniamo a tanti uomini e donne, credenti e non credenti, che commemorano oggi la Giornata del Lavoratore, la Giornata del Lavoro, per coloro che lottano per avere una giustizia nel lavoro, per coloro che  – imprenditori bravi – che portano avanti il lavoro con giustizia, anche se loro ci perdono. Due mesi fa ho sentito al telefono un imprenditore, qui, in Italia, che mi chiedeva di pregare per lui perché non voleva licenziare nessuno e ha detto così: “Perché licenziare uno di loro è licenziare me”. Questa coscienza di tanti imprenditori buoni, che custodiscono i lavoratori come se fossero figli. Preghiamo per loro pure. E chiediamo a San Giuseppe – con questa icona tanto bella, con gli strumenti di lavoro in mano – che ci aiuti a lottare per la dignità del lavoro, perché ci sia il lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Non lavoro di schiavo. Questa sia oggi la preghiera." Read the full article
0 notes
accesoriosdemoda · 5 years ago
Text
Rossetto: sceglilo en base al tuo segno zodiacale
Tumblr media
Galería de Sfoglia {{imageCount}} p immagine Il mondo dell’astrologia e il pianeta bellezza vanno di pari passo. Numerose, infatti, le collezioni che il beauty ha dedicado a costellazioni zodiacali. Noi di Glamour.it, invece, vi proponiamo di scegliere il rossetto perfetto, customizzato in base al vostro segno, ascoltando direttamente i consigli della nostra astrologa Ginny per il periodo di fine dicembre-inizio gennaio. ARIETE Per te la felicità è sotto il piumone. Forse perché non avrai granché voglia di scrivere biglietti d’auguri brillanti. E probabilmente, ti presentarai alla festa aziendale con lo stesso outfit delle cene nella pizzeria sotto casa (quando il frigo è vuoto). Rossetto consigliato: In Bed di Espressoh. TORO Sotto sotto anche tu hai voglia di magia, di film natalizi commoventi e di a partner attento nei dintorni con il quale guardarli. Rossetto consigliato: Lip Fetish Lip Balm, Gold Astral di Pat McGrath. GEMELLI Hai la testa piena di pluriball (sì, quello per incartare gli oggetti fragili). In compenso sei dolcissima: da Gesù Bambino vuoi la pace nel mondo e un paio di stivali di serpente (eco, s’intende). Rossetto consigliato: Scrub Idratante di Labello. CANCRO Tanta sensualità, poco spirito natalizio. Ti presenti ai cenoni con mise audaci, non hai voglia di perdere tempo a preparere biglietti d’auguri chilometrici y comprare regali indimenticabili. Tranquilla, su socio si accontenta di scartarti viene una confezione di profumo. Rossetto consigliato: The Only One Lipstick, #DGAmore di Dolce & Gabbana. LEONA Le feste non fanno per te. Addirittura speri che ti venga l’influenza, di quelle che ti costringono a letto per almeno una settimana. Per fortuna nel 2020 si cambia musica e umore. Rossetto consigliato: Llámame perezoso di Banana Beauty. VERGINE Sei meravigliosa e diva dei party. Anche a casa resti sul pezzo: addobbi fastosi, albero impeccabile, mise en place del cenone da far invidia a Csaba dalla Zorza (massima esperta di cortesie per gli ospiti) y canzoni di Natale interprete de Michael Bublé en loop. Rossetto consigliato: Le Rouge Night Noir, Night in Light di Givenchy. BILANCIA Nella tua borsa ci metteresti una mappa della tua città, per evidenziare le zone nelle quali ti piacerebbe trasferirti presto: c’è aria di novità. Rossetto consigliato: Gucci Rouge à Lèvres Lunaison, Fay Turquoise. Escorpión En troppi cominciano un pensare che il tuo caratteraccio stia peggiorando di giorno in giorno. Ma se la tua bontà non è così palpabile, al contrario que è la tua sexytudine. Rossetto consigliato: Ultra Care Liquid, Bloom di Dior Rouge. SAGITARIO Hai ancora un sacco di cose da fare prima della fine del 2019, comprese certe dichiarazioni d’amore ... anche se per quelle aspetti il ​​vischio. Rossetto consigliato: Rouge Volupté Shine, Corail Intuitive di Yves Saint Laurent. CAPRICORNO Sorridi sempre e hai gli occhi a cuore. Che meraviglia! Però c’è un però: questa veste da Barbie en carriera e pura fidanzata con quel figo di Ken sta innervosendo chi ti è accanto. Rossetto consigliato: Sephora, #Lipstories. ACUARIO La tua passione per l’anticonvenzionale non ha più alcun freno. La voglia di stupire è alle stelle. Procedi così, qualunque cosa accada: spavalda e ironica, sfrontata e senza paura. Rossetto consigliato: Rouge Allure, Velvet Extreme di Chanel. PESCI La tua icona es Jennifer Aniston nei panni di Rachel en Friends. Vuoi soltanto perderti tra le vetrine natalizie y completare la wishlist di Amazon. Però non smetti di essere la miglior amica capace di ascoltare le lamentele altrui e di regalare abbracci speciali. Rossetto consigliato: Paramount di MAC Cosmetics (quello di Rachel di Friends, appunto). L’oroscopo di Ginny lo trovate completo a pagina 200 di Glamour dicembre-gennaio. Tema Emociones de belleza Rossetti e gloss Segui Vedi anche: Con le tinte metalliche le labbra saranno le protagoniste delle feste. Ven diseñare le sopracciglia con la matita Trucco egiziano: il tutorial per occhi ad alto tasso di seduzione Rossetto glitter: protagonista delle feste! Tante idee para el maquillaje de Natale y Capodanno Il trucco perfetto per le feste seconddo Tom Pecheux, director creativo del maquillage YSL
0 notes
ildiariodibeppe · 5 years ago
Text
Tumblr media
Su di lui
Giovedì – II settimana T.O.
(1Sam 18-19 passim / Sl 55 / Mc 3, 7-12)
L’evangelista Marco pone sotto i nostri occhi una scena assai forte: <cosicché quanti avevano qualche male, si gettavano su di lui per toccarlo> (Mc 3, 10). La scena che ci viene presentata dal Vangelo di oggi è solo apparentemente esaltante, in realtà rimane un po’ inquietante. Sembra che attorno al Signore Gesù si scateni un entusiasmo misto a disperazione che se va accolto, va pure chiaramente arginato, purificato e orientato. La reazione del Maestro è duplice: <disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero> (3, 9) e, per quanto riguarda i demoni, <imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse> (3, 12). La sola presenza del Signore in mezzo alla folla suscita - al contempo - speranza e disperazione. La speranza di quanti sono afflitti e la disperazione del maligno che sente minacciato il suo potere. In ambedue i casi, la reazione del Signore non è di compiacimento, bensì di prudente distanza per evitare che la sua missione si trasformi in una sorta di isteria collettiva.
Possiamo veramente ammirare e imitare la capacità del Signore di lasciarsi toccare e quasi mangiare dalla folla senza, in alcun modo, farsi contaminare dal suo passeggero entusiasmo che spesso trasforma, in un attimo, il bagno di folla in bagno di sangue. Il Signore Gesù è continuamente in mezzo e - nello stesso tempo - profondamente separato, in una coscienza sottile della sua missione cui non manca la consapevolezza di tutte le ambiguità cui essa potrebbe essere soggetta. Proclamare senza ascoltare veramente non cambia la vita! Toccare senza accogliere esistenzialmente, in realtà, dà sollievo, ma non guarisce profondamente ed efficacemente. Non è difficile riconoscere in questa folla anonima che si getta su Gesù in cerca di conforto e di guarigione lo stesso Saul così <irritato> (1Sam 18, 8) e <sospettoso> (18, 9) da diventarne malato. Come spiega Bruna Costacurta: <Saul è ormai intrappolato nel proprio livore, sempre più furioso e impotente, talmente esasperato da arrivare al punto di rivelare senza pudore a Gionata e ai suoi le proprie intenzioni omicide, e di rimettere mano alla lancia per infilzare Davide contro il muro>1. La commentatrice aggiunge: <Ma il figlio di Iesse non muore, egli resta vivo, spina nel fianco del re ormai impazzito>!
La domanda si pone: cosa permette a Davide di sopravvivere alla furia del re? La bontà, la benevolenza, l’amicizia sincera, unite all’onesto riconoscimento della grandezza e delle doti del giovane prode e stella nascente, da parte di Gionata che <nutriva grande affetto per Davide> (19, 1). Gionata è icona del Signore Gesù e rivela, sommessamente, l’unica cosa che può veramente salvare da ogni forma di morte e guarire da ogni malattia: l’affetto sincero che si fa rischiata solidarietà e custodia della verità dell’altro. Tutto questo non è possibile né percepirlo né viverlo in una corte dei miracoli come quella che si agita febbrilmente attorno a Gesù, perché esige la calma di una relazione personale come quella intessutasi tra Davide e Gionata: <Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non ha peccato contro di te, che anzi ha fatto cose belle per te. Egli ha esposto la vita> (19, 4-5). In realtà, il Signore Gesù non vuole essere acclamato come un guaritore di successo, ma accolto come chi <ha esposta la vita> fino a donarla per noi, malgrado noi.
Signore Gesù, quando ci gettiamo su di te con tutte le nostre angosce, cercando conforto nelle nostre fatiche, accoglici te ne preghiamo e rimandaci sani e salvi a noi stessi e al nostro dovere che è quello non solo di farci curare, ma anche di prenderci cura, accettando di rischiare la nostra stessa vita per la gioia degli altri.
1. B. COSTACURTA, Con la cetra e con la fionda, Dehoniane, Bologna 2002, p. 109.
http://www.lavisitation.it/index.php?lang=it
0 notes
margiehasson · 5 years ago
Text
Rossetto: sceglilo in base al tuo segno zodiacale
ARIETE: Espressoh, In Bed
TORO: Pat McGrath Lip Fetish Lip Balm, Gold Astral
GEMELLI: Labello, Scrub Idratante
CANCRO: Dolce & Gabbana The Only One Lipstick, #DGAmore
LEONE: Banana Beauty, Call me lazy
VERGINE: Givenchy Le Rouge Night Noir, Night in Light
BILANCIA: Gucci Rouge à Lèvres Lunaison, Fay Turquoise
SCORPIONE: Dior Rouge Dior Ultra Care Liquid, Bloom
SAGITTARIO: Yves Saint Laurent Rouge Volupté Shine, Corail Intuitive
CAPRICORNO: Sephora, #Lipstories
ACQUARIO: Chanel Rouge Allure, Velvet Extreme
PESCI: MAC Cosmetics, Paramount
Il mondo dell’astrologia e il pianeta bellezza vanno di pari passo. Numerose, infatti, le collezioni che il beauty ha dedicato alle costellazioni zodiacali. Noi di Glamour.it, invece, vi proponiamo di scegliere il rossetto perfetto, customizzato in base al vostro segno, ascoltando direttamente i consigli della nostra astrologa Ginny per il periodo di fine dicembre-inizio gennaio.
ARIETE Per te la felicità è sotto il piumone. Forse perché non avrai granché voglia di scrivere biglietti d’auguri brillanti. E probabilmente, ti presenterai alla festa aziendale con lo stesso outfit delle cene nella pizzeria sotto casa (quando il frigo è vuoto). Rossetto consigliato: In Bed di Espressoh.
TORO Sotto sotto anche tu hai voglia di magia, di film natalizi commoventi e di un partner attento nei dintorni con il quale guardarli. Rossetto consigliato: Lip Fetish Lip Balm, Gold Astral di Pat McGrath.
GEMELLI Hai la testa piena di pluriball (sì, quello per incartare gli oggetti fragili). In compenso sei dolcissima: da Gesù Bambino vuoi la pace nel mondo e un paio di stivali di serpente (eco, s’intende). Rossetto consigliato: Scrub Idratante di Labello.
CANCRO Tanta sensualità, poco spirito natalizio. Ti presenti ai cenoni con mise audaci, non hai voglia di perdere tempo a preparare biglietti d’auguri chilometrici e comprare regali indimenticabili. Tranquilla, il tuo partner si accontenta di scartarti come una confezione di profumo. Rossetto consigliato: The Only One Lipstick, #DGAmore di Dolce & Gabbana.
LEONE Le feste non fanno per te. Addirittura speri che ti venga l’influenza, di quelle che ti costringono a letto per almeno una settimana. Per fortuna nel 2020 si cambia musica e umore. Rossetto consigliato: Call me lazy di Banana Beauty.
VERGINE Sei meravigliosa e diva dei party. Anche a casa resti sul pezzo: addobbi fastosi, albero impeccabile, mise en place del cenone da far invidia a Csaba dalla Zorza (massima esperta di cortesie per gli ospiti) e canzoni di Natale interpretate da Michael Bublé in loop. Rossetto consigliato: Le Rouge Night Noir, Night in Light di Givenchy.
BILANCIA Nella tua borsa ci metteresti una mappa della tua città, per evidenziare le zone nelle quali ti piacerebbe trasferirti presto: c’è aria di novità. Rossetto consigliato: Gucci Rouge à Lèvres Lunaison, Fay Turquoise.
SCORPIONE In troppi cominciano a pensare che il tuo caratteraccio stia peggiorando di giorno in giorno. Ma se la tua bontà non è così palpabile, al contrario lo è la tua sexytudine. Rossetto consigliato: Ultra Care Liquid, Bloom di Dior Rouge.
SAGITTARIO Hai ancora un sacco di cose da fare prima della fine del 2019, comprese certe dichiarazioni d’amore… anche se per quelle aspetti il vischio. Rossetto consigliato: Rouge Volupté Shine, Corail Intuitive di Yves Saint Laurent.
CAPRICORNO Sorridi sempre e hai gli occhi a cuore. Che meraviglia! Però c’è un però: questa veste da Barbie in carriera e pure fidanzata con quel figo di Ken sta innervosendo chi ti è accanto. Rossetto consigliato: Sephora, #Lipstories.
ACQUARIO La tua passione per l’anticonvenzionale non ha più alcun freno. La voglia di stupire è alle stelle. Procedi così, qualunque cosa accada: spavalda e ironica, sfrontata e senza paura. Rossetto consigliato: Rouge Allure, Velvet Extreme di Chanel.
PESCI La tua icona è Jennifer Aniston nei panni di Rachel in Friends. Vuoi soltanto perderti tra le vetrine natalizie e completare la wishlist di Amazon. Però non smetti di essere la miglior amica capace di ascoltare le lamentele altrui e di regalare abbracci speciali. Rossetto consigliato: Paramount di MAC Cosmetics (quello di Rachel di Friends, appunto).
L’oroscopo di Ginny lo trovate completo a pagina 200 di Glamour dicembre-gennaio.
L'articolo Rossetto: sceglilo in base al tuo segno zodiacale sembra essere il primo su Glamour.it.
Rossetto: sceglilo in base al tuo segno zodiacale published first on https://lenacharms.tumblr.com/
0 notes
cantinasocial · 6 years ago
Text
Il mese di febbraio non poteva iniziare al meglio se non con una cena letteralmente STELLARE!
Siamo stati ospiti della rassegna STELLE & CALICI organizzata dall’associazione VITE IN RIVIERA, un pool di produttori l con tanta voglia di far conoscere una parte preziosa della liguria, la liguria enogastronomica!
Per la seconda edizione di questa rassegna, abbiamo avuto la fortuna di provare finalmente la cucina del grande maestro IGLES CORELLI, una vera e proprio icona della cucina italiana e del Gambero Rosso.
È stato davvero un piacere e un onore partecipare a questa bellissima cena con vini davvero interessanti, sapientemente studiati e abbinati dal presidente di Ais Liguria insieme a tantissimi ingredienti PRESIDIO SLOWFOOD.
Questo articolo non vuole fare un resoconto della serata, ma vuole essere un focus sui piatti che lo chef ha preparato.  Lasciando a gusti e sapori le parole.
Tumblr media
ANTIPASTO : CANNOLO CROCCANTE CON BACCALÀ MANTECATO CARCIOFO LIGURE E CREMA AL BASILICO DOP
Non poteva esserci modo migliore per incominciare questa cena fantastica.
Cono  croccante : fritto riempito di  Baccalà mantecato, quello che in Liguria chiamano Brandacujun ( storia bellissima dietro questo nome che vi lascio qui)
Carciofo ligure marinato : tagliato a dadini e passato in olio sale e limone
Crema di Basilico Dop : crema dalla bella consistenza, profumatissima
Tumblr media
Piatto decisamente ben riuscito, equilibrato, sostanzioso e dalle diverse consistenze.
Il cono è stato fritto in maniera sublime, lasciando spazio all’impasto di esprimersi al meglio e di contenere il Baccalà che era di una morbidezza e di una delicatezza veramente sorprendente.
Il carciofo, con la sua  presente ma delicatissima nota amarognola, ha smorzato di gran lunga la tendenza dolce della pasta fritta e soprattutto quella del baccalà.
Per chiudere bene il tutto poi, la crema al basilico conferiva il profumo giusto ad ogni boccone. Piatto da mangiare con le mani che apriva lo stomaco per il piatto successivo
  2 PRIMO PIATTO: RISOTTO CON FAGIOLI DI CONIO, PATATE E GELATO DI PRESCINSöA
Risotto: Ottima mantecatura all’onda sapientemente dosata tra burro, formaggio e utilizzo dei fagiolo.
Fagioli di Conio: Il Fagiolo Bianco di Conio è una varietà molto pregiata e rara le cui caratteristiche principali sono la carnosità e morbidezza della pasta, la delicatezza del sapore e soprattutto la buccia sottilissima che in bocca quasi non si deve percepire.
Gelato di Prescinsöa : La prescinsöa è una cagliata di latte intero, un formaggio cremoso tipico dell’entroterra, dal gusto leggermente acidulo.
Tumblr media
  Primo piatto davvero molto interessante, le consistenze , i gusti soprattutto, molto ben bilanciati.  Tra il fagiolo la patata si poteva incappare nella troppa tendenza dolce, ma è stata ovviamente e ottimamente contrastata dal gelato di  prescinsöa con la sua bella acidità. Cottura perfetta se si pensa ad oltre 80 persone servite insieme.
SECONDO: STINCO E PANCIA DI CABANNINA A MATURAZIONE SPINTA ALLE VISCIOLE SELVATICHE E MORBIDO DI SEDANO RAPA
La cabannina è una razza bovina autoctona genovese. Il suo nome deriva dalla piana di Cabanne, nel Comune di Rezzoaglio, dove sono stati conservati alcuni capi in purezza consentendo l’avvio del lavoro di recupero della razza.
Stinco e Pancia: L’utilizzo di questo tipo di mucca è stato davvero sorprendete, è un animale abituato a pascolare in situazioni davvero impervie, questo rende la sua carne molto più gustosa ma allo stesso tempo tenace rispetto ad una mucca che pascola in grandi spazi di pianura. Per farvi un esempio abbastanza pratico, la differenza che si può trovare tra il CONIGLIO e la LEPRE.  Lo chef Corelli, grazie all’utilizzo di questa tecnica della maturazione spinta, che sarebbe l’utilizzo di Ultrasuoni, è riuscito a rendere questa carne meravigliosamente morbida, senza andarla a snaturare dal suo gusto principale.
Una volta lavorata con questa nuova tecnologia ( di cui Adriano si è già innamorato ed è già tentato di acquistare quel macchinario) sono state fatte delle polpette, impanate e poi fritte.
Visciole Selvatiche: Le visciole sono dei piccoli frutti rossi dal sapore dolcissimo e leggermente acido, spesso confusi con le amarene o addirittura con le ciliegie.
Morbido di Sedano rapa: Lavorazione impeccabile del tubero senza l’ausilio di panna o latte, solo con l’ausilio dell’acqua di cottura.
Tumblr media
Un piatto davvero eseguito magistralmente ( non poteva essere altrimenti) da parte del maestro e del suo staff.
La frittura delle polpette non ha assolutamente intaccato la bontà della carne, gran bella consistenza con un grandissimo sapore. La visciola, con la sua acidità importante, andava ad equilibrare la tendenza dolce del morbido di sedano rapa. Davvero un peccato che fossero solo 3 le polpette per ogni piatto.
DESSERT: BIGNÈ FRITTI E CARAMELLATI IN SALSA CHINOTTO DI SAVONA
Bignè: PiccolePepite fritte ripiene di crema pasticcera
Salsa di Chinotto di Savona : Un altro grandissimo presidio slow food.
Un tempo in molti caffè italiani e francesi, sul banco di vendita, si poteva trovare un vaso dotato di un cucchiaino di maiolica pieno di piccoli agrumi verdi immersi nel Maraschino: erano chinotti di Savona, famosi e unici per qualità, aroma e ottimi come digestivo. La pianta, sempreverde, è alta poco più di un metro e mezzo, ma sviluppa sui pochi rami un’incredibile quantità di frutti e di fiori. Nel periodo del raccolto, tra settembre e novembre, è possibile scorgere tra le foglie grappoli di chinotti, di piccole dimensioni e dal colore verde brillante che, col tempo, vira all’arancio. Il profumo che sprigionano è intenso e caratteristico, segno di una eccezionale serbevolezza, che ne consente la conservazione per periodi molto lunghi.
Tumblr media
  Una salsa dalla meravigliosa consistenza, tendente al liquido con una sensazione agrodolce fantastica data da questo preziosissimo agrume.
Come si suol dire : DULCIS IN FUNDO.
Non poteva finire meglio la nostra prima cena in compagna di VITE IN RIVIERA.
Un dolce davvero equilibrato, a metà tra le bella dolcezza del bignè fritto e questa crema dal sapore agrumato veramente delicato. La salsa, ricopriva tutto il piatto, in modo tale che ogni boccone potesse essere composto da ogni parte e da ogni ingrediente. Veramente il modo migliore per finire una cena MULTISTELLATA.
La nostra prima esperienza in questa nuova liguria è stata davvero magica, è da tantissimo tempo che seguiamo lo chef Corelli e siamo davvero contenti di essere riusciti ad assaggiare finalmente le sue creazioni. Soprattutto con i prodotti della nostra terra, una terra con un potenziale enorme, con tantissimo da offrire sotto tutti i punti di vista, una vera avventura ENOGASTRONOMICA. Un’avventura così bella è importante che è stato un DOPPIO SOLD OUT nelle due serate con il maestro.
Nel caso in cui vogliate un focus sulla serata e sui vini, vi lasciamo alle nostre Stories in Evidenza, per poter rivivere la nostra esperienza in prima persona!
Tumblr media
Le prossime serate invece, saranno all’insegna di giovani chef da tutta italia, che ci racconteranno la loro interpretazione di questa liguria tutta da scoprire.
Non vi diciamo chi saranno i prossimi ospiti, vi diciamo solo che questa volta, noi giochiamo in casa… patria di porri famosissimi… non aggiungo altro.
Vi lasciamo i link qui sotto per poter curiosare la prossima avventura di cantina social e perchè no… magari prendere la macchina e provare anche voi questa esperienza bellissima!
VITE IN RIVIERA, STELLE & CALICI E CANTINA SOCIAL, vi aspettano all’Enoteca Regionale della Liguria, Sede di Ortovero
    VITE IN RIVIERA: STELLE & CALICI. IGLES CORELLI E LA SUA LIGURIA Il mese di febbraio non poteva iniziare al meglio se non con una cena letteralmente STELLARE!
0 notes
pangeanews · 4 years ago
Text
“Nello sgomento d’aver visto d’improvviso spalancarsi l’abisso”. Robert de Montesquiou, il maestro di Proust. Dialogo con Massimo Carloni
Fare di sé stesso un ‘personaggio’ non richiede una analisi interiore ma una strategia militare. La ‘società’, infatti, è la trasposizione, a palazzo, a festa, della guerra: semmai la ferocia, dove conta l’estro retorico, è più aspra, perché manca il cameratismo e il ‘bel gesto’, le alleanze sono ciniche, i tradimenti si consumano a freddo, con gelida goduria, la rabbia imbellettata – e in divisa: al posto della blusa da ussaro, l’eleganza del frac – non ammette prigionieri. Della ‘società’ parigina al bivio dei due secoli, il XIX e il XX – che a me pare, per spregiudicata brutalità e etica claustrofobica quella della corte giapponese dell’anno Mille, narrata con preveggenza proustiana da Murasaki Shikibu – Robert de Montesquiou fu il re, lo scriba, il boia. Eternato da Huysmans nel romanzo epocale À Rebours, icona mondana, idolo della moda, fotografato, sfottuto dai vignettisti, ammirato dagli artisti – leggendario il ritratto di Giovanni Boldini, dove pare un condor in doppiopetto –, James Abbott McNeill Whistler, nel quadro del 1891, carpisce di lui l’indole inquieta: il dandy crudele, il poeta poligrafo, il bulimico collezionista, il raffinato esperto d’arte, si sporge, serio, inappagato, da un quadro quasi totalmente oscuro, dove il cupo buio del fondo divora giacca, pantaloni, capelli. Finirà, come è ovvio, questo protagonista di un tempo perduto, martoriato, nella tenebra dei ricordi, in una screziata solitudine, cieco a tacere. Con Marcel Proust, piuttosto, conosciuto nel 1893, il rapporto fu d’elezione: il genio della “Recherche” vide in lui un modello, un maestro, il gemello capovolto. “Robert de Montesquiou avrebbe desiderato la gloria letteraria di Proust, e Proust avrebbe forse voluto, perlomeno durante gli anni della sua giovinezza, rappresentare il personaggio favoloso che fu Robert de Montesquieu”, scrive Élisabeth de Clermont-Tonnerre, in uno dei materiali pubblicati in appendice al carteggio tra Proust e de Montesquiou, pubblicato da Aragno come Il profumo imperituro del tempo. Lettere e scritti (1893-1921), autentica impresa editoriale (oltre 800 pagine che sono un inabissamento in quel ‘ritmo’ storico). Riguardo al carteggio, faccio parlare il curatore, Massimo Carloni, non alieno a imprese simili (sempre per Aragno ha curato il carteggio tra Charles Baudelaire e Charles-Augustin de Sainte-Beuve e le lettere che legano Proust a Paul Morand e alla principessa Souzo; per Adelphi, insieme a Horia Corneliu Cicortas, ha curato il carteggio tra Emil Cioran e Mircea Eliade). Per capire la maestria di Robert de Montesquiou – il ruolo da ispiratore –, invece, basta leggere Proust, in un articolo del 1905. Il “professore di bellezza” si ferma, si “inarca nel momento di pronunciare una parola… come nello sgomento d’aver visto d’improvviso spalancarsi l’abisso del passato schiudersi sotto quella parole, di cui solo l’abitudine ci dissimula le profondità, nella vertigine di avervi scorto la sua grazia nativa, pendente là come un fiore sul bordo d’un precipizio”. Qui, piuttosto, si scorge l’artico di una poetica. Robert de Montesquiou svelava, di una parola, l’abisso, e a quello – non al rude significato – dedicava la sua venerazione. La bellezza sosta sul precipizio, l’uomo è la creatura che cade. (d.b.)
Come s’incontrano Proust e Robert de Montesquiou e che importanza ha il “professore di bellezza” nella visione estetica, letteraria di Proust?
I due si conoscono nella primavera del 1893 a una soirée della pittrice Madeleine Lemaire, che nella sua casa-atelier raduna artisti, gente del bel mondo e regnanti di mezza Europa. In quell’occasione l’attrice Julia Bartet recita poesie di José de Hérédia e alcuni versi di Robert de Montesquiou, tratti dalla sua prima raccolta, Les chauve-souris [I pipistrelli]. Sedici anni separano Proust, poco più che ventenne, da Robert de Montesquiou, il conte di nobile lignaggio nelle cui vene scorre sangue merovingio. L’immagine di quell’incontro si fissa indelebile nella loro memoria. A tanti anni di distanza Marcel rimane ancora per Robert «il nostro giovanotto», mentre agli occhi eternamente fanciulleschi e deferenti di Proust, Montesquiou appare sempre una «persona adulta», «siderale». Avido di duchesse e di arte, Marcel trova in un sol colpo il «sesamo» che apre le porte del palazzo Guermantes e il mentore in grado di iniziarlo ai segreti delle Muse. Docile e ossequioso cortigiano del capriccioso conte Robert, Proust è tra i pochi a scorgere dietro l’odiosa maschera di decadente raffinato romanzata da Huysmans, al dandy elegante ed eccentrico che ispira schiere di pittori, un incomparabile «professore di bellezza», una miniera inesauribile di erudizione e salacità, ostentata nella sua pirotecnica conversazione e nella sua copiosa produzione letteraria. Guida estetica infallibile, nessuno come Montesquiou è in grado di discernere la bellezza con un occhio più sicuro e incantato. Al pari di Ruskin possiede in sommo grado due facoltà: vedere e sapere, che unite fanno di lui un magistrale «interprete d’arte», «le souverain des choses transitoires» come ama definirsi, la cui magniloquente conversazione suscita per contagio negli ascoltatori la brama di conoscere gli artisti da lui prediletti, sconosciuti ai più o dimenticati. Proust reputa riduttiva la definizione che il conte da di sé stesso e lo innalza incoronandolo «sovrano delle cose eterne». Principe dell’aggettivo inopinato, dell’immagine stupefacente, Montesquiou sa che solo l’arte può cogliere e salvare in una forma eterna il fluire inesorabile e malinconico del tempo, trasporre e comunicare la singolarità invisibile della vita interiore. Ammaliato dal personaggio, Proust sente istintivamente la stessa cosa, e aggioga il suo carro alla stella del conte per farsi traghettare nel paesaggio sognante del tempo ritrovato. Concordo con lo storico dell’arte Bernard Berenson, quando asserisce che Montesquiou non è solo uno dei «modelli» di Proust per Charlus, come sbrigativamente si sostiene, ma è il maestro che ne ha fecondato il genio che partorirà l’intera Recherche.
Una fotografia di Robert de Montesquiou inviata a Proust con il verso: “Je suis le souverain de choses transitoires”
Scelga dal magma epistolare una lettera, uno scambio che definisca, al di là della laccata convenienza, la natura del rapporto umano tra i due.
Il 1905 è stato per Montesquiou e Proust l’anno dei lutti inconsolabili. Nell’arco di pochi mesi entrambi perdono le persone più amate nella loro vita. Rispettivamente, Gabriel Yturri, segretario personale, amico fraterno e amante di Robert, e Jeanne Weil, madre di Marcel. Dall’epistolario si riproducono qui la lettera di Proust che risponde alle condoglianze del conte e la toccante, ispirata poesia che Montesquiou dedica all’amico.
A Robert de Montesquiou, poco dopo il 28 settembre 1905
Caro signore, Non so come potrò mai ringraziarvi di tante gentilezze. Quando sarò, non dico meno infelice giacché non lo sarò mai, ma meno gravemente malato di adesso, appena potrò parlare e alzarmi, verrò da voi. La vostra pietà verso il mio sconforto è una interpretazione nuova e magnifica del Car la feuille de lys est tournée au-dehors. Ed è in questi momenti che voi siete «più splendido di Salomone in tutta la sua gloria». Giacché «l’ordine della carità è al di sopra di tutti gli altri». La mia vita oramai ha perduto il suo unico scopo, la sua unica dolcezza, il suo unico amore, la sua unica consolazione. Ho perduto colei la cui incessante premura mi portava, in forma di quiete e tenerezza, l’unico miele della mia vita che ancora assaporo a tratti con orrore, in quel silenzio che ella sapeva far regnare così profondamente per tutto il giorno accanto al mio sonno, e che, grazie all’abitudine dei domestici da lei istruiti, sopravvive ancora per inerzia alla sua cessata attività. Sono stato abbeverato da tutti i dolori, l’ho perduta, l’ho vista soffrire, credo che abbia saputo che stava per lasciarmi, senza potermi fare quelle raccomandazioni che per lei, forse, era angosciante tacere; ho la sensazione di essere stato, per via della mia pessima salute, il dispiacere e la preoccupazione della sua vita. La stessa eccessiva smania di rivederla mi impedisce, quando penso a lei, di percepire quel che accade sotto i miei occhi, salvo da un paio di giorni due immagini particolarmente dolorose della sua malattia. Non riesco più a dormire e se per caso mi assopisco il sonno, più prodigo di dolore della mia coscienza desta, mi opprime con pensieri atroci che, perlomeno, quando sono sveglio la ragione cerca di dosare, e di contrastare quando diventano insopportabili. Una sola cosa mi è stata risparmiata. Il tormento di morire prima di lei e di sentire l’orrore che un tale evento le avrebbe procurato. Ma lasciarmi per l’eternità, sapendomi così incapace di lottare nella vita, dev’essere stato per lei un supplizio davvero grande. Deve aver compreso la saggezza dei genitori che prima di morire uccidono i loro bambini. Come diceva la suora che la curava, per lei avevo sempre quattro anni. Perdonatemi caro signore, Esiodo ha detto che gli infelici sono chiacchieroni e ben disposti a parlare delle loro pene. Ma tra tutti i dolori s’instaura una specie di fraternità. «Così il povero è fratello di Gesù Cristo». Non dimenticherò mai la vostra dolcezza, la vostra bontà, la vostra magnanima pietà. Il vostro profondamente grato, Marcel Proust.
Da Robert de Montesquiou, Les Paroles diaprées: cent dédicaces [Le parole iridescenti: cento dediche]
Per la copia di Marcel Proust
Nos deuils sont amis et frères: Vous pleurez Celle qui, longtemps, Éloigna les destins contraires De vos pas et de vos instants;
Moi, je pleure une âme profonde Mise, un jour, sur mes noirs sentiers Pour m’aider à porter un monde Sous l’assaut des inimitiés.
Mélangez vos larmes aux nôtres; Que j’ignore, en mes soirs chagrins, Si les pleurs sont miens, ou sont vôtres, Dont nos yeux furent les écrins.
[Amici e fratelli sono i nostri lutti: Voi piangete Colei che, per tanto tempo, Allontanò i destini contrari Dai vostri passi e dai vostri istanti;
Io, piango un’anima profonda Apparsa, un giorno, sui miei cupi sentieri Per aiutarmi a portare un mondo Sotto l’assalto delle inimicizie.
Mescolate le vostre lacrime alle nostre; Che possa ignorare, nelle mie tristi sere, Se i pianti sono miei oppure vostri, Di cui i nostri occhi furono gli scrigni]
Ritratto di Robert de Montesquiou del 1891 secondo James Abbott McNeill Whistler
Emil Cioran giudica le lettere di Proust “esasperanti fino all’impossibile, insopportabilmente complimentose, scritte da un mondano che voleva a tutti i costi occultare la propria vita”; al contrario, rilegge i due ultimi tomi della ‘Recherche’ “con un’avidità quasi convulsiva”. Come se vi fosse una distanza decisiva tra il Proust uomo ‘di società’ e lo scrittore. Ritiene che sia così? In che forma il rapporto con de Montesquiou entra nell’opera di Proust?
Riguardo al primo punto, rilevo una certa incoerenza nell’affermazione di Cioran, che va innanzitutto contestualizzata. Se non ricordo male, poco prima di quel passo, Cioran afferma: «Cercate la verità su un autore nella sua corrispondenza piuttosto che nella sua opera. L’opera è perlopiù una maschera, ecc.». Ora, Proust, nella sua critica al metodo di Sainte-Beuve, dice esattamente l’opposto: l’opera è il prodotto di un altro io, rispetto a quello che si manifesta nelle nostre abitudini, in società, nei nostri vizi, ecc. È un io più profondo e per comprenderlo sarebbe del tutto inutile cercarlo nella corrispondenza, nei documenti, nelle testimonianze dei contemporanei, è dentro noi stessi che dobbiamo ritrovarlo. Quindi, in un certo senso, Proust ribalterebbe l’affermazione di Cioran: «Cercate la verità su un autore nella sua opera piuttosto che nella sua corrispondenza. La corrispondenza è perlopiù una maschera…». Ma in fondo, non è quello che fa Cioran quando sostiene di aver letto e riletto Le Temps retrouvé, giudicandolo «quanto è stato scritto di più acuto e di più sconvolgente sull’ignominia di invecchiare», e di aver rigettato annoiato la corrispondenza del suo autore? Proust si complimenterebbe con lui: «ha fatto benissimo!». La «verità» sull’uomo Marcel Proust riveste solo un interesse aneddotico, biografico-letterario, mentre le «verità» che emergono dalla Recherche riguardano tutti e sono eterne, ognuno le può ritrovare dentro di sé. Proust sostiene che un abisso separa lo scrittore dall’uomo di mondo che esce in società, e così deve essere, è nella natura delle cose. Questo discorso, tra l’altro, rimanda alla concezione proustiana dei molteplici io che convivono in una stessa persona, e che si manifestano in diversi momenti nel tempo, in contesti e luoghi differenti.
Venendo al secondo punto, il rapporto con Montesquiou agisce a più livelli nell’opera di Proust. Il ruolo più evidente, ma meno interessante, è quello di modello che presta alcuni tratti al barone di Charlus. Un altro, più rilevante, è quello di maestro che con la sua pirotecnica conversazione, le sue intuizioni, il suo inesauribile bagaglio di aneddoti, la sua acutissima e complessa capacità percettiva, unita a una straordinaria erudizione, adorna l’intera Recherche. Per fare un solo esempio, Elisabeth de Clermont-Tonnerre, nel suo bellissimo libro di ricordi su Proust e Montesquiou, di cui ho tradotto il capitolo conclusivo nell’edizione Aragno, sostiene che senza la frequentazione del conte Proust non avrebbe mai potuto far morire Bergotte davanti al famoso lembo di muro giallo dipinto da Vermeer. Non dimentichiamo peraltro che Edmond de Goncourt asseriva che solo un individuo nato, nutrito e cresciuto nel faubourg Saint-Germain, com’era Montesquiou, avrebbe potuto scrivere un’opera che svelasse gli arcani di quel mondo nobiliare agonizzante. In un certo senso quindi, Proust ne ha raccolto il testimone, ricostruendo il côté de Guermantes e realizzando nella Recherche ciò che il conte non è riuscito a compiere.
L’ultimo ruolo, in contrasto con il secondo, è quello di cattivo esempio da non seguire. È risaputo che Proust imputava ai suoi maestri Ruskin e Montesquiou il «peccato d’idolatria», che è uno degli ostacoli al risveglio spirituale e al concepimento dell’opera. Benché sostenesse che tale infermità, nel caso di Montesquiou, riguardasse più il conversatore e l’esteta mondano che non lo scrittore e il poeta, nondimeno nella Recherche l’idolatria colpisce due célibataires de l’art: Swann e lo stesso barone di Charlus. Il processo di graduale emancipazione dal culto dell’immagine, dall’evanescente miraggio evocato dai nomi di paesi e di persone e il conseguente ripiegamento sulla risonanza interiore, intima, unica, che ogni impressione vissuta evoca nel Narratore, costituisce il percorso iniziatico che attraversa l’intera Recherche fino all’Adorazione perpetua che conclude il romanzo. Non è recandoci a Illiers-Combray che saremo più vicini allo spirito proustiano, ma riscoprendo l’Illiers-Combray dell’infanzia, che giace negli abissi della nostra memoria.
“Il più raffinato dei sensitivi”, “uno dei pochissimi poeti-pensatori del XIX secolo”, “prima di tutto un intellettuale”: così, sommariamente, Proust definisce l’opera di Montesquiou. Ecco. Mi dica di quest’opera, fino a che punto è invecchiata, se ha senso, valore, recuperarla e rileggerla, e di quell’uomo, curioso e a tratti inafferrabile.
Il giudizio ditirambico di Proust può apparire eccessivo a chi ha in mente la figura leggendaria di Montesquiou, fatuo principe dei decadenti, ispirata alla sua persona e amplificata dalle contraffazioni romanzesche e caricaturali di J. K. Huysmans, Jean Lorrain, Edmond Rostand e dagli stessi biografi proustiani, George Painter in primis. Tuttavia, pochi si sono presi la briga di esplorare la sua caleidoscopica opera letteraria, che comprende tra l’altro numerose raccolte poetiche, illuminanti scritti d’arte, pungenti note di costume, due romanzi e tre volumi di memorie. Proust riconosce in Montesquiou un epigono dello stile classico, secondo una linea di discendenza letteraria che va da Corneille e Racine, si ricongiunge a Baudelaire e d’Aurevilly, per terminare con la scrittura artistica di Edmond de Goncourt. Oltre che poeta prolifico, sicuramente troppo a mio parere, è stato anche un raffinato «interprete d’arte», un instancabile collezionista di reliquie mondane e artistiche, un geniale arredatore di stravaganti dimore, un inflessibile arbitro del gusto e dell’eleganza, l’incarnazione del dandy tratteggiato da d’Aurevilly e Baudelaire, insomma è stato l’astro più sfavillante della scena parigina tra i due secoli. Ecco, questo secondo aspetto della sua personalità, il voler assurgere a una sorta di capolavoro vivente sulla spinta d’un narcisismo esasperato, ha senz’altro offuscato la sua produzione letteraria. Di questa, la parte poetica, che comprende circa una decina d’imponenti raccolte, è indubbiamente la più consistente, ma anche la più datata e pletorica. Occorre subito precisare che, come ebbe a dire una volta Mallarmé, Montesquiou vive, respira, pensa esclusivamente in versi, e non può fare altrimenti, e questo fin dalla più tenera età. Ora, il problema è che in lui agisce una sorta di «Musa meccanica», spesso manierata e barocca, eredità del nonno a quanto pare, che porta a una proliferazione incontrollata dei versi, che l’autore ha l’ardire e la sfrontatezza di pubblicare interamente senza filtri. Ciò comporta che le poesie veramente pregiate – Montesquiou le paragona a dei bibelots d’art – e destinate a durare, siano sommerse e soffocate da una marea di chincaglieria. Bisognerebbe avere il coraggio e la pazienza di sfrondare il superfluo dalle sue copiose raccolte per conservarne l’eccellente, il raro e il bello, come suggeriva madame Clermont-Tonnerre. Ogni tanto qualche pepita riaffiora. Per esempio, il verso su Luigi XVI tratto dalle Perles rouges spiega tutta la Rivoluzione: Maladroit sur le trone et sous le baldaquin… Sì perché Montesquiou possedeva anche un irresistibile côté epigrammatico e satirico, che gli provocò nel corso della vita innumerevoli ostilità. In proposito una volta Proust gli scrisse: «Voi vi innalzate al di sopra dell’inimicizia, come il gabbiano sulla tempesta, e soffrireste d’esser privato di tale pressione ascendente». Montesquiou si compiacque di quell’immagine poetica, tanto da considerarla la più caratteristica consacratagli dai suoi contemporanei.
Giovanni Boldini eterna Robert de Montesquiou nel 1897
Come accennato sopra, Montesquiou amava definirsi un «interprete d’arte» anziché un critico. In effetti, al pari di Edmond de Goncourt, di cui si sentiva a buon diritto l’erede spirituale, da giovane aveva frequentato gli ateliers dei pittori, esitando per un po’ «tra i contorni e i caratteri», salvo optare definitivamente per la letteratura, pur continuando a consacrare all’arte numerosi studi e articoli, a collezionare opere e a ispirare schiere di artisti. Il suo stile di scrittura, d’altronde, è essenzialmente figurativo, pittoresco, tanto che si può parlare in molti casi di vere e proprie «trasposizioni d’arte». Proust, che lo aveva eletto suo «professore di bellezza», riteneva che nei suoi scritti d’arte troviamo una verità di giudizio, una sicurezza e qualità di gusto, una straordinaria acutezza dello sguardo, una sagacità nello scoprire nuovi talenti e nell’imporli al pubblico, superiori a quelli d’un Ruskin. Inoltre la sua prosa, che rifugge dall’astrazione d’un Fromentin o dai tecnicismi d’atelier d’un Goncourt, può vantare un vocabolario sterminato, che gli consente di ridipingere i quadri che descrive, con uno stile brillante, un’erudizione enciclopedica tali da provocare nel lettore un’impressione simile alla visione diretta. Le predilezioni artistiche di Montesquiou vanno a una pittura essenzialmente non realista, immaginaria, onirica, benché non disdegni i ritrattisti e i paesaggisti. A livello estetico, la sua sensibilità si forma sui maestri della critica d’arte francese dell’Ottocento, i vari Baudelaire, Gautier e Goncourt, in cui la bellezza è spesso associata al raro, al bizzarro, all’insolito. La lista degli artisti a cui ha dedicato conferenze, articoli e studi, molti dei quali furono suoi amici e conoscenti, comprende: Leonardo da Vinci, El Greco, Watteau, Ingres, Grandville, Gallé, Lalique, William Blake, Burne-Jones, Whistler, Böcklin, Chassériau, Constantin Guys, Paul Helleu, Madeleine Lemaire, Alfred Stevens, Rodolphe Bresdin, Aubrey Beardsley, Raffaëlli, La Gandara, Louise Breslau, Gustave Moreau, Albert Besnard, Giovanni Boldini, Sargent, Rodin, Troubetzkoy, László, Léon Bakst, Romaine Brooks, Sem, Chaplin, e, naturalmente, la pittura giapponese. Questa parte dell’opera è sepolta nei bassifondi delle biblioteche e merita di essere recuperata, unitamente ai ritratti letterari e mondani, consacrati a poeti, scrittori, attrici, nobildonne sideree oggetto della sua venerazione: Paul Verlaine, Marceline Desbordes-Valmore, Leconte de Lisle, Edmond Goncourt, Hello, Stéphane Mallarmé, Georges Rodenbach, Edmond Rostand, D’Annunzio, Raymond Roussel, Sarah Bernhardt, Eleonora Duse, Isadora Duncan, i Balletti russi, Ida Rubinstein, la contessa di Castiglione, Anna de Noailles, Lucie Delarue-Mardrus.
Infine vorrei sottolineare l’estrema modernità della figura di Montesquiou, attento a captare non solo le nuove correnti artistiche, ma anche i mutamenti nei costumi e nella moda, ad accogliere l’avvento del cinema. Basti considerare il culto narcisistico e compulsivo della propria immagine che fa di lui un precursore del selfie. Oltre a farsi ritrarre da artisti del calibro di Lepage, Carolus Duran, Blanche, Doucet, Whistler, Boldini, La Gandara, Besnard, Helleu, László, Troubetzkoy, si fece fotografare qualcosa come 189 volte… Solo la divina Castiglione, a cui dedicò un libro con prefazione di D’Annunzio, fece meglio di lui. Come lei, dopo aver esercitato per un ventennio il sacerdozio della bellezza, Montesquiou trascorrerà gli ultimi, amari anni della sua vita nella solitudine, vittima secondo Proust d’una «cospirazione del silenzio», recluso nella turris eburnea del Palais Rose. Rifugge il pubblico e l’obiettivo dei fotografi, preferendo non lasciare nessuna immagine di sé, al di là delle ultime opere pubblicate. L’epilogo desolante della sua vita, dal vago sapore proustiano, contribuisce a riconciliarlo con il lato notturno, lunatico del suo carattere, con la chauve-souris dei suoi esordi poetici, simbolo crepuscolare dalla doppia natura, mammifero alato condannato a fluttuare eternamente tra le tenebre e la luce, che a un tempo l’attrae e lo ferisce.
L'articolo “Nello sgomento d’aver visto d’improvviso spalancarsi l’abisso”. Robert de Montesquiou, il maestro di Proust. Dialogo con Massimo Carloni proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/3kFG6c7
0 notes
valeria-manzella · 7 years ago
Text
..PAPA FRANCESCO..ANGELUS..Piazza San Pietro..I Domenica di Avvento..Cari fratelli e sorelle, buongiorno!..Oggi iniziamo il cammino dell’Avvento, che culminerà nel Natale. L’Avvento è il tempo che ci è dato per accogliere il Signore che ci viene incontro, anche per verificare il nostro desiderio di Dio, per guardare avanti e prepararci al ritorno di Cristo. Egli ritornerà a noi nella festa del Natale, quando faremo memoria della sua venuta storica nell’umiltà della condizione umana; ma viene dentro di noi ogni volta che siamo disposti a riceverlo, e verrà di nuovo alla fine dei tempi per «giudicare i vivi e i morti». Per questo dobbiamo sempre essere vigilanti e attendere il Signore con la speranza di incontrarlo. La liturgia odierna ci introduce proprio in questo suggestivo tema della vigilanza e dell’attesa. Nel Vangelo (Mc 13,33-37) Gesù esorta a fare attenzione e a vegliare, per essere pronti ad accoglierlo nel momento del ritorno. Ci dice...Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento…fate in modo che giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati..(vv. 33-36). La persona che fa attenzione è quella che, nel rumore del mondo, non si lascia travolgere dalla distrazione o dalla superficialità, ma vive in maniera piena e consapevole, con una preoccupazione rivolta anzitutto agli altri. Con questo atteggiamento ci rendiamo conto delle lacrime e delle necessità del prossimo e possiamo coglierne anche le capacità e le qualità umane e spirituali. La persona attenta si rivolge poi anche al mondo, cercando di contrastare l’indifferenza e la crudeltà presenti in esso, e rallegrandosi dei tesori di bellezza che pure esistono e vanno custoditi. Si tratta di avere uno sguardo di comprensione per riconoscere sia le miserie e le povertà degli individui e della società, sia per riconoscere la ricchezza nascosta nelle piccole cose di ogni giorno, proprio lì dove il Signore ci ha posto..La persona vigilante è quella che accoglie l’invito a vegliare, cioè a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza di speranza, della delusione; e nello stesso tempo respinge la sollecitazione delle tante vanità di cui trabocca il mondo e dietro alle quali, a volte, si sacrificano tempo e serenità personale e familiare. È l’esperienza dolorosa del popolo di Israele, raccontata dal profeta Isaia: Dio sembrava aver lasciato vagare il suo popolo lontano dalle sue vie (63,17), ma questo era un effetto dell’infedeltà del popolo stesso (64,4b). Anche noi ci troviamo spesso in questa situazione di infedeltà alla chiamata del Signore: Egli ci indica la via buona, la via della fede, la via dell’amore, ma noi cerchiamo la nostra felicità da un’altra parte. Essere attenti e vigilanti sono i presupposti per non continuare a..vagare lontano dalle vie del Signore..smarriti nei nostri peccati e nelle nostre infedeltà; essere attenti ed essere vigilanti sono le condizioni per permettere a Dio di irrompere nella nostra esistenza, per restituirle significato e valore con la sua presenza piena di bontà e di tenerezza. Maria Santissima, modello nell’attesa di Dio e icona della vigilanza, ci guidi incontro al suo figlio Gesù, ravvivando il nostro amore per Lui...
0 notes
guanellafilippine · 8 years ago
Text
News from Manila #28 - 20 gennaio 2017
Tumblr media
Carissimi Amici l’augurio a tutti Voi di un felice anno nuovo. Chiediamo al Signore che questo nuovo anno possa essere ricco di buoni frutti e di tante grazie che Lui nella sua bontà vorrà donarci.
Nelle Filippine abbiamo da poco concluso il periodo natalizio con la grandiosa festa del Santo Niño de Cebú (Santo Bambino di Cebú, città capoluogo della regione del Visayas Centrale). E’ una veneratissima statua del Bambino Gesù risalente al XVI secolo e conservata presso la Basilica Minore del Santo Niño nella città di Cebú. Probabilmente la più antica immagine religiosa esistente nelle Filippine, la statua fu donata come regalo di battesimo, nel 1521, dall'esploratore Ferdinando Magellano alla Regina di Cebú all'epoca della esplorazione del navigatore portoghese in quelle terre. I fedeli hanno festeggiato l'icona sacra la terza domenica di gennaio con una grande processione (tre milioni le persone presenti) che si svolge nella basilica di Cebú e in ogni località dove il Santo Niño è venerato. Anche noi nella nostra missione guanelliana di Quezon City  abbiamo celebrato la festa del Santo Niño con i bambini che frequentano il nostro centro.
 I Missionari italiani nelle Filippine
All’interno del quadro delle iniziative di animazione e di cooperazione la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ha organizzato nelle Filippine un incontro con i Missionari Italiani come segno di comunione e di dialogo tra la Chiesa Italiana e le Chiese locali. Nei giorni 8-11 Gennaio 2017 ha avuto luogo in Tagaytay – City, il quinto Convegno triennale nelle Filippine dal titolo: MISSIONARI ITALIANI NELLE FILIPPINE: SFIDE PASTORALI IN UN PAESE CHE CAMBIA.
Obiettivi principali dell’incontro sono stati: favorire momenti di fraternità, di riflessione e di scambio a partire dalla prassi pastorale dei missionari e missionarie italiani (sacerdoti, religiosi/e e laici) in servizio nel paese; rinsaldare i contatti tra i missionari e la Chiesa italiana, favorendo la dinamica feconda dello scambio tra Chiese sorelle. 
La delegazione italiana era formata da Mons. Gianfranco Todisco, vescovo di Melfi – Rapolla – Venosa, membro della Commissione Episcopale per l’Evangelizzazione dei Popoli e la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, don Michele Autuoro, direttore di Missio con una relazione dal titolo: “Quali sfide di conversione pastorale e missionaria per la Chiesa italiana con  echi dal Convegno di Firenze”, don Giuliano Zanchi della diocesi di Bergamo che ha tenuto una relazione su: “Provocazioni, sfide, interrogativi partendo da Evangelii Gaudium”, don Felice Tenero come membro dell'equipe del Cum di Verona.  All'inizio dell'incontro hanno partecipato don Mario Vincoli aiutante di studio CEI e don Leonardo di Mauro direttore ufficio interventi caritativi della CEI. Abbiamo avuto la gioia di avere tra noi alcuni rappresentanti della Chiesa Filippina Locale, tra cui S.E. Mons. Rolando J.Tria Tirona, Arcivescovo di Caceres che ha presentato una relazione dal titolo: “Papa Francesco, icona della nuova evangelizzazione oggi, la realtà delle Filippine oggi: dopo 500 anni di evangelizzazione, significato e contributo di missionari che vengono da altrove”.
Un bel clima di fraternità e di condivisione ha contribuito alla riuscita dell’incontro. E’ bello, e a me ha fatto molto bene, vedere Missionari di “una certa età” ancora vivaci, pieni di entusiasmo e di voglia di donare. Un bel esempio che infonde speranza ai missionari da poco arrivati in questa terra e che ci incoraggia.
Con i teologi in visita a Baguio
Nelle prime settimane di gennaio, durante il periodo delle vacanze scolastiche sono andato con i nostri 4 Teologi (Alfie, David, Erwin, Christian) e P. Battista Omodei in visita alla città di Baguio. Giorni di condivisione e di fraternità in una delle località “più fresche” delle Filippine. Baguio è conosciuta come la Capitale Estiva delle Filippine, è situata nella Provincia di Benguet. Il nome della città deriva da bagiw, parola Ibaloi che significa “muschio”. La città è stata fondata dagli Americani nel 1900 come stazione collinare nel sito di un vilaggio Ibaloi chiamato Kafagway. L’Ibaloi è la lingua indigena parlata nella regione Benguet.
Essendo situata a un altitudine di circa 1.500 metri sul livello del mare, ed essendo annidata nella Cordillera montuosa, la città ha una media di temperature di 7-8°C più bassa rispetto ai luoghi nelle aree più basse. Inoltre, a differenza di altre zone delle Filippine dove le temperature possono raggiungere anche 38° o 40°C, è raro che a Baguio le temperature superino i 26°C anche durante i periodi dell’anno più caldi. Questo rende la città una famosa destinazione per i turisti locali (e stranieri) durante la stagione estiva, per sfuggire alla calura e durante le vacanze di fine anno per godere delle basse temperature difficilmente viste in altre province.
Al di là delle caratteristiche naturali e geografiche di Baguio, ci sono molti luoghi turistici e mercati che si possono visitare. La città è facilmente raggiungibile in auto grazie a due strade principali che la collegano. In città ci sono hotel e ristoranti per ogni fascia di prezzo e vi dico che i prezzi sono veramente bassi nonostante Baguio sia una località turistica.
Per visitare la cultura e la vita del gruppo indigeno più rappresentativo della regione, chiamato “Igorot” abbiamo visitato il villaggio Tam-Awan. Altre destinazioni famose che erano nel nostro itinerario erano: il parco Burnham, il parco Mines View, il Convento Good Shepherd, la Mansion House, il Wright Park, il Camp John Hay, il Santuario Butterfly (vera e propria serra di farfalle tropicali), il Giardino Botanico (con piante e fiori tropicali), le piantagioni di fragole (fioriscono e maturano tutto l’anno) e di insalata (che viene prodotta tutto l’anno), il Museo Baguio e il Museo BenCab. Tutte le montagne e colline di Baguio sono circondate da pini che rendono l’aria fresca e respirabile rispetto ad altre città delle Filippine dove traffico e caldo incrementano l’inquinamento e rendono l’aria irrespirabile. Beh, in pochi giorni ci siamo ripuliti i polmoni dallo smog di Manila!!!!
Il capodanno cinese
L’anno cinese non ha l’esatta durata di quello europeo -365 giorni- ma può variare di qualche giorno. Comunque, l’arco temporale che ricopre è approssimativamente quello dell’anno solare e il Capodanno cinese cade, ogni anno, in una data compresa tra i nostri 21 gennaio e 20 febbraio. L’anno cinese, infatti, segue il calendario lunare.
Quest’anno, il Capodanno ufficiale cinese cadrà il 28 gennaio 2017. I cinesi, per festeggiare il proprio Capodanno, hanno l’abitudine di indossare colori vivaci e accesi, in particolare il rosso, considerato il colore fortunato del nuovo anno. Un’altra usanza tipicamente cinese è quella di pulire la casa nell’ultimo giorno del vecchio anno e non sul nascere del nuovo, per evitare di spazzare via la fortuna che questo porta con sé.
Qui la nostra Comunità si sta preparando al grande evento, quel giorno sarà giorno festivo per l’intera nazione filippina. Una delle ragioni è l’elevato numero di popolazione cinese presente nella nazione. I nostri giovani seminaristi Vietnamiti ci hanno detto che ci riserveranno un buongiorno mattutino tutto all’insegna della tradizione cinese, dai saluti alla colazione, a segni tipici e tradizionali di questa festa.  Non vedo l’ora che arrivi il 28!!!
Quello che si appresta a finire è l’anno della Scimmia e, più precisamente, della Scimmia di fuoco. Gli animali che danno nome agli anni indicano anche il corrispondente segno zodiacale cinese che, al contrario del nostro, non dipende dal mese. I nati sotto il segno della Scimmia sono ambiziosi, irritabili e avventurosi. Il nostro 2017, invece, è per i cinesi l’anno del Gallo. I nati sotto il segno del Gallo dovrebbero essere persone affidabili, puntuali e responsabili sul lavoro. I 12 animali dello zodiaco furono scelti deliberatamente dopo attente revisioni. Gli animali sono collegati alla vita giornaliera degli antichi Cinesi oppure hanno un significato simbolico di fortuna. 
Il bue, il cavallo, la capra, il gallo, il maiale e il cane sono sei degli animali domestici allevati dalla popolazione Cinese. Esiste un detto popolare che dice “la prosperità dei sei animali domestici” e simboleggia appunto la prosperità della famiglia ed è questo il motivo per cui furono scelti.
Gli altri animali: il topo, la tigre, il coniglio, il drago e la scimmia sono animali adorati dalla popolazione Cinese, per esempio il drago è un animale leggendario che nella cultura Cinese è simbolo di buona fortuna e di potere. Vedremo sicuramente dragoni e leoni in giro per la città di Manila. Bene non ci rimane che auguraci 新年快乐 (xīn nián kuài lè)  Felice anno nuovo! Nella foto che ho allegato cercate nella tabella il vostro anno e saprete a quale  “animale” dello zodiaco appartenete.
Ricordando mio papà
Poco meno di un mese fa il mio caro papà Giuseppe ci ha lasciato per raggiungere l’eternità. Vorrei ricordare questo passaggio dalla vita alla vita eterna con alcune frasi di Papa Francesco:
“Parla ancora di speranza, il Papa, nella catechesi nell’Udienza generale. Quella speranza che, “davanti alla morte, davanti al pericolo, si esprime in preghiera”. Sembra paradossale ma è proprio il timore della morte, il sentore del pericolo, la paura del buio, ad avvicinare a Dio l’uomo che “fa completa esperienza della propria fragilità e del proprio bisogno di salvezza”.
“L’istintivo orrore del morire svela la necessità di sperare nel Dio della vita”, sottolinea il Papa. Tuttavia, aggiunge, “troppo facilmente noi disdegniamo il rivolgerci a Dio nel bisogno come se fosse solo una preghiera interessata, e perciò imperfetta. Ma Dio conosce la nostra debolezza, sa che ci ricordiamo di Lui per chiedere aiuto, e con il sorriso indulgente di un padre risponde benevolmente”.
“Sotto la misericordia divina, e ancor più alla luce del mistero pasquale, la morte può diventare, come è stato per san Francesco d’Assisi, ‘nostra sorella morte’ e rappresentare, per ogni uomo e per ciascuno di noi, la sorprendente occasione di conoscere la speranza e di incontrare il Signore”.
L’auspicio del Papa è, dunque, “che il Signore ci faccia capire questo, il legame fra preghiera e speranza. La preghiera ti porta avanti nella speranza e quando le cose diventano buie …  più preghiera! E ci sarà più speranza”.
Carissimi un saluto a tutti e  vi chiedo una preghiera per la nostra Missione.
 Maraming Salamat po!                                                                  Fr. Mauro
0 notes
lamilanomagazine · 3 years ago
Text
La bontà del gelato nel cuore di Cologno Monzese con la nuova Maggie’s
Tumblr media
La bontà del gelato nel cuore di Cologno Monzese con la nuova Maggie’s. L’iconica gelateria Maggie’s a Cologno Monzese da 30 anni, si allarga, con una nuova apertura in Via Indipendenza, in pieno centro. Al centro della loro ricerca c’è sempre l’attenzione all’ottima qualità degli ingredienti e delle materie prime. Grazie alla loro passione e alla ricerca specializzata, le gelaterie Maggie’s di Cologno Monzese propongono anche la versione vegana, sempre di ottima qualità, e soprattutto in linea con la grande richiesta del mercato per questo stile alimentare che si sta diffondendo sempre di più. Grazie all’intraprendenza e alla forte passione della titolare Nadia Panaite, la gelateria icona di Cologno, si allarga, con Maggie’s One. In linea con la storica gelateria di Via Giuseppe Mazzini, la nuova Maggie’s One si arricchisce con un menù sempre più ampio. Oltre all’iconico gelato, possiamo trovare anche yogurt, con una vasta scelta di topping, come frutta e cereali.  All’interno del locale colpisce la grande varietà di gusti e la vetrina ricolma di torte gelato, torte semifredde e altre prelibatezze artigianali. Tutte delizie che posso essere gustate anche all’esterno seduti a un tavolino, nel cuore di Cologno. Particolare è, infatti, la posizione strategica del locale, situata nella zona pedonale nel centro di Cologno. La gelateria Maggie’s è anche particolarmente attenta, grazie alle proprie materie prime di ottima qualità, verso chi avesse problemi di intolleranze e allergie alimentari, permettendo così a tutti di assaporare i loro ottimi prodotti, senza però perdere il gusto del fantastico gelato Maggie’s. Iconico gelato che può essere degustato in tantissimi modi, dal classico cono, alla coppetta fino alla brioche ripiena di gelato, ma troviamo anche la deliziosa cialda da assaggiare con diversi gusti di gelato. Da Maggie’s One possiamo trovare anche frappè e crepes, oltre a della ottima frutta per gustare delle prelibate macedonie. Per non far mancare proprio nulla ai clienti, alla Maggie’s puoi trovare anche delle freschissime granite. La nuova e accogliente gelateria è in Via Indipendenza 19, nel cuore della cittadina di Cologno Monzese, in provincia di Milano. Per tutte le informazioni e richieste la gelateria è contattabile allo 0227301563 https://www.youtube.com/watch?v=tU310ICNvTQ  ... Read the full article
0 notes
accesoriosdemoda · 5 years ago
Text
Rossetto: sceglilo en base al tuo segno zodiacale
Tumblr media
Galería de Sfoglia {{imageCount}} p immagine Il mondo dell’astrologia e il pianeta bellezza vanno di pari passo. Numerose, infatti, le collezioni che il beauty ha dedicado a costellazioni zodiacali. Noi di Glamour.it, invece, vi proponiamo di scegliere il rossetto perfetto, customizzato in base al vostro segno, ascoltando direttamente i consigli della nostra astrologa Ginny per il periodo di fine dicembre-inizio gennaio. ARIETE Per te la felicità è sotto il piumone. Forse perché non avrai granché voglia di scrivere biglietti d’auguri brillanti. E probabilmente, ti presentarai alla festa aziendale con lo stesso outfit delle cene nella pizzeria sotto casa (quando il frigo è vuoto). Rossetto consigliato: In Bed di Espressoh. TORO Sotto sotto anche tu hai voglia di magia, di film natalizi commoventi e di a partner attento nei dintorni con il quale guardarli. Rossetto consigliato: Lip Fetish Lip Balm, Gold Astral di Pat McGrath. GEMELLI Hai la testa piena di pluriball (sì, quello per incartare gli oggetti fragili). In compenso sei dolcissima: da Gesù Bambino vuoi la pace nel mondo e un paio di stivali di serpente (eco, s’intende). Rossetto consigliato: Scrub Idratante di Labello. CANCRO Tanta sensualità, poco spirito natalizio. Ti presenti ai cenoni con mise audaci, non hai voglia di perdere tempo a preparere biglietti d’auguri chilometrici y comprare regali indimenticabili. Tranquilla, su socio si accontenta di scartarti viene una confezione di profumo. Rossetto consigliato: The Only One Lipstick, #DGAmore di Dolce & Gabbana. LEONA Le feste non fanno per te. Addirittura speri che ti venga l’influenza, di quelle che ti costringono a letto per almeno una settimana. Per fortuna nel 2020 si cambia musica e umore. Rossetto consigliato: Llámame perezoso di Banana Beauty. VERGINE Sei meravigliosa e diva dei party. Anche a casa resti sul pezzo: addobbi fastosi, albero impeccabile, mise en place del cenone da far invidia a Csaba dalla Zorza (massima esperta di cortesie per gli ospiti) y canzoni di Natale interprete de Michael Bublé en loop. Rossetto consigliato: Le Rouge Night Noir, Night in Light di Givenchy. BILANCIA Nella tua borsa ci metteresti una mappa della tua città, per evidenziare le zone nelle quali ti piacerebbe trasferirti presto: c’è aria di novità. Rossetto consigliato: Gucci Rouge à Lèvres Lunaison, Fay Turquoise. Escorpión En troppi cominciano un pensare che il tuo caratteraccio stia peggiorando di giorno in giorno. Ma se la tua bontà non è così palpabile, al contrario que è la tua sexytudine. Rossetto consigliato: Ultra Care Liquid, Bloom di Dior Rouge. SAGITARIO Hai ancora un sacco di cose da fare prima della fine del 2019, comprese certe dichiarazioni d’amore ... anche se per quelle aspetti il ​​vischio. Rossetto consigliato: Rouge Volupté Shine, Corail Intuitive di Yves Saint Laurent. CAPRICORNO Sorridi sempre e hai gli occhi a cuore. Che meraviglia! Però c’è un però: questa veste da Barbie en carriera e pura fidanzata con quel figo di Ken sta innervosendo chi ti è accanto. Rossetto consigliato: Sephora, #Lipstories. ACUARIO La tua passione per l’anticonvenzionale non ha più alcun freno. La voglia di stupire è alle stelle. Procedi così, qualunque cosa accada: spavalda e ironica, sfrontata e senza paura. Rossetto consigliato: Rouge Allure, Velvet Extreme di Chanel. PESCI La tua icona es Jennifer Aniston nei panni di Rachel en Friends. Vuoi soltanto perderti tra le vetrine natalizie y completare la wishlist di Amazon. Però non smetti di essere la miglior amica capace di ascoltare le lamentele altrui e di regalare abbracci speciali. Rossetto consigliato: Paramount di MAC Cosmetics (quello di Rachel di Friends, appunto). L’oroscopo di Ginny lo trovate completo a pagina 200 di Glamour dicembre-gennaio. Tema Emociones de belleza Rossetti e gloss Segui Vedi anche: Con le tinte metalliche le labbra saranno le protagoniste delle feste. Ven diseñare le sopracciglia con la matita Trucco egiziano: il tutorial per occhi ad alto tasso di seduzione Rossetto glitter: protagonista delle feste! Tante idee para el maquillaje de Natale y Capodanno Il trucco perfetto per le feste seconddo Tom Pecheux, director creativo del maquillage YSL
0 notes
pangeanews · 5 years ago
Text
“Quella sera, almeno, Camus fu felice di essere al mondo”. Quando Dino Buzzati vide Camus in forma di angelo. 50 anni dopo, un esempio di grande giornalismo da un narratore di razza
Albert Camus muore il 4 gennaio del 1960. “Combat”, la rivista della resistenza di cui Camus fu redattore capo dal 1943 al 1947, apre con una tragica “Edition Spéciale”. Albert Camus est mort, urla il giornale, a caratteri cubitali. Il titolo del pezzo centrale è ciò che ci attendiamo: “Una coscienza contro il caos”. Ovvio l’editoriale: “Di noi era il migliore”. Un po’ tutta la stampa del pianeta piange Camus, strappato al tempo da un terribile incidente stradale, ricordandone le opere, la questione dell’assurdo, l’esistenzialismo, l’uomo in rivolta. L’articolo più bello, però, lo scrive Dino Buzzati, viene pubblicato il 6 gennaio del 1960 sul “Corriere d’Informazione”. Il titolo, sparato, rompe fin da subito il cliché: Era un uomo semplice.
*
Il pezzo di Buzzati – che trovate nel ‘Meridiano’ Mondadori delle Opere scelte a cura di Giulio Carnazzi, del 1998 – è un piccolo capolavoro di giornalismo narrativo. Per raccontare il genio di Camus, Buzzati sceglie l’oblò di un ricordo, di un istante. Un istante che è icona. L’episodio è autobiografico: Camus traduce un testo teatrale di Buzzati, Un caso clinico, tratto dalla novella I sette piani. La pièce, come Un cas interessant, va in scena a Parigi nel 1955. Buzzati è invitato alla ‘prima’. “Mi sentivo un verme, il provinciale classico piombato nella Ville Lumière, proprio a contatto con uno dei suoi maggiori lumi. Camus non aveva avuto ancora il Nobel ma era già famoso in tutto il mondo”.
*
La strategia giornalistica di Buzzati è micidiale. Egli ribalta, sistematicamente, tutti i luoghi comuni, tutte le attese. Intanto, gioca a fare il cretino. “Di fronte a uno scrittore così importante e famoso… ero annientato dal complesso d’inferiorità”; “non ricordo le cose che dissi, i commenti che feci, perché ne risulterebbe un campionario di cretinerie addirittura meraviglioso. ‘Ma come?’ io immaginavo che lui pensasse. ‘Come è possibile che io abbia tradotto la commedia di un ebete simile?’”.
*
Soprattutto, Buzzati disorienta il canonico ritratto di Camus: volitivo, severo, di austera intelligenza, autentico indagatore degli abissi dell’uomo. Al contrario, Buzzati non incontra uno scrittore, ma un uomo, verace, fin dai tratti fisiognomici. “Era una faccia, grazie a Dio, non da marcio intellettuale; se mai da sportivo, chiara, popolaresca, solida, bonariamente ironica… E quando si mise a parlare, con infinita consolazione mi accorsi che il dentro era identico al fuori”. Camus fa fare a Buzzati una sommaria gita a Parigi, in attesa della fatidica ‘prima’ (“Fu di una bontà, di una comprensione, di una delicatezza che valevano almeno uno dei suoi libri”). Lì, il pezzo di Buzzati ha una impennata indimenticabile.
*
Alla ‘prima’, segue consueta festa con scrittori, produttori, attori. “A una certa ora, congedatisi pezzi grossi e critici, rimasero gli attori, qualche giovanotto e alcune graziose ragazzine. Misero su dei dischi… Camus non stette fermo un secondo. Un ballo dietro l’altro, con allegria di ventenne. La filosofia?, i grandi problemi dell’uomo?, il dramma delle comunità moderne?, la nostra eterna condanna alla solitudine? Quella sera, almeno, Camus fu felice di essere al mondo”. Questa sarebbe di per sé una chiusa formidabile. Camus, il teorico della rivolta, che balla con la foga di un ragazzino; l’esegeta dell’assurdo gonfio di gioia. Che immagine straordinaria. Nel giorno in cui si ammette la morte, l’acuto di vita. La morte è sconfitta da un genio che balla con avida ferocia.
*
Ma Buzzati scrive una frase in più. La frase che aggiunge Buzzati e che serra l’articolo sposta il piano. È una frase del tutto narrativa. È uno scarto. È un salto. È una frase giornalisticamente inutile – narrativamente eccelsa. È una frase che dà il tono a tutto il pezzo, un ritmo ispirato, che ha valuta di simbolo, acceso. Quella frase, così semplice, che chiude il ‘coccodrillo’ per Camus ci ricorda che Buzzati è un narratore di razza. “Era vestito di blu”. Ecco la frase. Rileggiamo. “Quella sera, almeno, Camus fu felice di essere al mondo. Era vestito di blu”. Che chiusa elegante, che colpo da biliardo narrativo. Il blu è il colore della pace, di chi è risolto in serenità. È il colore dei cieli di Giotto, è il colore della poesia di William B. Yeats, Lapis Lazuli, è il blu di Yves Klein, che morirà due anni dopo Camus. “Era vestito di blu”. Buzzati ha visto Camus in forma di angelo. (d.b.)
L'articolo “Quella sera, almeno, Camus fu felice di essere al mondo”. Quando Dino Buzzati vide Camus in forma di angelo. 50 anni dopo, un esempio di grande giornalismo da un narratore di razza proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2Qy17IN
0 notes
pangeanews · 7 years ago
Text
“Indago la solitudine e il disorientamento”: dialogo con Hernan Diaz, il nuovo Cormac McCarthy (influenzato da Buzzati)
La sintesi precisa del romanzo è in un requiem di frasi. Queste. “Domande, accuse, minacce, verdetti. Parole. Lui non voleva parlare. Senza una destinazione precisa e senza altro scopo che la solitudine, era più facile evitare tutti. Viaggiare a piedi gli permetteva di attraversare zone selvagge, altrimenti inaccessibili. Percorse deserti e guadò fiumi, scalò montagne e superò pianure. Mangiò pesci e cani della prateria, dormì su muschio e sabbia, scuoiò caribù e iguane. La sua faccia si coprì di rughe per le numerose estati e si accigliò per i numerosi inverni… Nella sua mente regnava il silenzio. Di rado pensava a qualcosa che non fosse a portata di mano. Gli anni svanirono sotto un presente senza peso”. Che razza di linguaggio: cova una serpe biblica in queste frasi, che sono di stirpe epica, atipica. Come il suo autore. Nato in Argentina, cresciuto in Svezia, qualche grammo di italianità nel sangue, Hernan Diaz abita da un pezzo negli Usa, alla Columbia University lavora presso l’Hispanic Institute. Nel 2012, per Bloomsbury, firma un libro esegetico importante su Jorge Luis Borges, Borges, between History and Eternity. Quando gliene chiedo ragione, fa, “Borges è una presenza colossale nella mia vita… è stato la mia guida alla letteratura”. Ora. L’esordio al romanzo. Di devastante limpidezza. In the Distance (stampato da Neri Pozza come Il Falco, pp.290, euro 17,00) esce l’anno scorso, è finalista al Pulitzer e al Pen/Faulkner Award, conquista aggettivi di pregio dal New York Times e da Paris Review. Poco importa la calca dei commentatori (un profilo di libro, autore e successo americano lo trovate qui). Il libro dona emozioni lunari. Diaz rilegge e scombina i canoni del Western: siamo in un tempo anonimo, nell’Ottocento, e uno svedese dalla struttura imponente, una specie di Moloch dagli occhi d’arcangelo, Håkan, chiamato ‘Il Falco’, sbarca per caso in California. Non è istruito. Non sa nulla. È qualcosa di più simile a un molosso che a un uomo. Conosce l’urlo e il sussurro, la carezza e il morso. Secondo le dicerie, si veste con la pelle di un puma che ha ucciso con le sue mani. Si muove in paesaggio che abbaglia per il nitore e la crudeltà – è un landa astratta, mentale, come l’Artide improvvisato da Edgar Allan Poe. Un luogo della redenzione e dell’orrore. Uno scienziato generoso e rude, John Lorimer, insegna al Falco l’arte di dissezionare le bestie (“la lepre, come un filo d’erba o un pezzo di carbone, non è semplicemente una minuscola frazione del tutto, ma contiene il tutto dentro di sé”), gli illustra l’arcano, “ogni singola cosa s’irradia nella totalità… tutti gli esseri viventi sono legati l’uno all’altro… ogni cosa vivente contiene dentro di sé le tracce e le testimonianze di tutti i propri predecessori”. La lettura è una ustione nella meraviglia. Con una nota. Hernan Diaz è, per così dire, l’erede di Cormac McCarthy, quello di Meridiano di sangue e de Il buio fuori. Il libro ha una corrosione linguistica che è propria di McCarthy. Sorprende. Stabilisce chiodi d’oro negli occhi. La cosa più sorprendente, però, è Håkan. Questa millenaria icona dell’innocenza – tra Mowgli e il principe Myskin di Dostoevskij – che vive nella dissipazione del tempo, come un re celeste a cui gli uomini non abbiano offerto alcuna occasione di bontà. Tutti i romanzi incubati nella metropoli newyorkese, a questo punto, implorano invidia; il postmoderno rompe il suo gargarismo ironico. Torna, vertiginosa, l’epica – la durezza – il sangue – l’osso primo del narrare.
Come, quando è nata l’idea di un libro con una lingua così ‘biblica’, dove la natura emerge, tirannica, e c’è quel solo, ambiguo, innocente protagonista, Håkan?
Mi interessava indagare la solitudine totale, radicale, e il disorientamento. Håkan non conosce il territorio che sta attraversando. Non ha mai visto una mappa nella sua vita. Infatti, quando capisce che la terra è rotonda, pensa di aver camminato intorno al globo per anni. Di più: è perso nel tempo. Non sa quanti anni ha, che anno è, quanto tempo ha passato nei luoghi selvaggi. Visto che è totalmente perduto, a volte ho pensato a lui come a una bestia in un paesaggio titanico. Come un animale, egli vive un perpetuo presente. Un purissimo ‘qui e ora’. E questo ha a che vedere con l’innocenza che lei ha menzionato. Comprese le sue raffiche di violenza. In breve: volevo destabilizzare l’opposizione tra umano e naturale, e cercare di scrivere intorno a un luogo ben più ambiguo, sfuocato.
Håkan ‘il Falco’ mi ha ricordato, in qualche modo, il Giudice Holden di “Meridiano di sangue”. Il romanzo, in effetti, ha atmosfere che richiamano i romanzi di Cormac McCarthy: è così? Quali sono state le sue fonti, storiche e narrative, per scrivere il libro?
Ho letto Meridiano di sangue molti anni fa e l’ho ammirato infinitamente. Per ovvie ragioni, ho deciso di non rileggerlo mentre scrivevo In the Distance [titolo originale del romanzo, ndr]. Per ciò che ricordo, il Giudice Holden non ha legami con Håkan, al di là della corporatura, massiccia. Il Giudice Holden è un eloquente erudito capace di raffinate crudeltà. Håkan, al contrario, non ha istruzione e cerca di essere un uomo buono. Riguardo alle fonti, sono andato ben più a monte di Cormac McCarthy. Mi sono occupato di scrittura di viaggio americana, sviluppatasi intorno al 1850. Si tratta di autori affascinanti e sostanzialmente dimenticati: Parkman, Dana, Bartram, Narcissa Whitman etc. Ho letto gli scritti di molti naturalisti, come John Muir. E ho imparato molto dai grandi romanzi di mare, soprattutto dai libri di Melville, che ho letto e riletto lungo il corso della mia vita.
Una delle parti più interessanti del romanzo riguarda il rapporto tra Håkan e John Lorimer, un esploratore che cerca di scoprire i segreti del cosmo e pensa che l’uomo sia un tutt’uno con l’universo. C’è, forse, celata, in questo personaggio, la sua idea di vita, di scrittura?
Sono felice che abbia compreso la rilevanza del rapporto tra Lorimer e Håkan. Lorimer è un personaggio importante. Attraverso di lui, ho cercato di rendere omaggio a Ralph Waldo Emerson, uno scrittore che mi ha cambiato la vita. C’è anche molto John Muir in lui (Muir è meglio noto, oggi, come attivista, come figura decisiva per la creazione dei grandi parchi nazionali, ma è stato anche uno squisito prosatore). Lorimer insegna ad Håkan che esiste continuità tra il mondo e noi. La natura non è solo un magazzino di materie prime, una fonte da cui estrarre ricchezza, o qualcosa da addomesticare. Come umani, abbiamo il dovere morale di capire la natura.
Lei ha scritto un libro esegetico su Jorge Luis Borges. Che importanza ha lo scrittore argentino per lei, per la sua formazione?
Borges è una presenza colossale nella mia vita. Da ragazzo, in Argentina, sono stato introdotto al canone della letteratura nordamericana (Emerson, Thoreau, Henry James, Whitman, Poe) attraverso Borges. Leggevo i saggi di Borges su quegli scrittori, poi correvo a comprare i loro libri. Borges è stato davvero la mia prima guida letteraria. Sarebbe difficile stilare una lista di tutte le cose che ho imparato da Borges. La sua capacità di giocare con i generi letterari è sempre stata nella mia mente quando ho tentato di sovvertire il ‘Western’ nel mio romanzo.
Che valore dovrebbe avere lo scrittore nella società? Scrivere è snidare il mistero dell’uomo, o intrattenere?
Una grande domanda a cui forse non so rispondere. Penso che il valore della scrittura sia quello di farci capire quanta bellezza può esserci nel significato.
A che libro sta lavorando?
Da quando ho terminato il romanzo, ho scritto racconti. Un buon modo per appropinquarsi al prossimo, lungo progetto.
Esiste una dimensione autobiografica nel romanzo?
In the Distance è in larga parte un romanzo sull’estraneità e sull’esperienza dei migranti. Questa è la mia esperienza personale: sono nato in Argentina, cresciuto in Svezia, vissuto la maggior parte della mia vita negli Stati Uniti. Guardando indietro: i nonni paterni sono nati in Spagna, i bisnonni materni sono italiani, della Campania. Per me, quindi, l’idea stessa di identità nazionale è assai instabile. Ed è curioso pensare di essere per metà italiano. Sono anche cittadino italiano, benché il mio passaporto sia scaduto e sia terrorizzato alla sola idea di andare al consolato: l’ultima volta mi hanno preso in giro per il mio povero italiano…
A proposito della sua ‘italianità’. Ma lei la legge la letteratura italiana?
Cerco di leggere più romanzi italiani che posso. L’ultimo libro che mi è piaciuto è Sono il fratello di XX di Fleur Jaeggy. Lei mi può credere o no, ma è stato un romanzo italiano a ispirare In the Distance. Ho letto Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati molti anni fa, insieme ad altri libri sui deserti, di altre tradizioni (Lermontov, T. E. Lawrence, E. Gutiérrez, tra gli altri), e l’esperienza di quella lettura è stato il seme del mio progetto. Anche gli ‘spaghetti western’ di Sergio Leone sono stati cruciali. Questi film, girati in Spagna con molti autori europei, sono la prova che il West è totalmente immaginario, è uno spazio mitico, libero da ogni riferimento. Ho anche pensato alla Fanciulla del West di Puccini, dove due tradizioni immensamente diverse si incontrano: l’opera e il genere ‘Western’. La visione distorta degli Stati Uniti e il dialogo tra i diversi generi sono il centro del mio libro.
*
How and when was born the idea of a book with a ‘biblical’ language, where nature tyrants and emerges, in fact, only one protagonist, ambiguous and innocent, Håkan?
I was interested in exploring total and radical loneliness and disorientation. Håkan has no idea of the territory he is traversing. He has never seen a map in his life. In fact, when he learns that the world is round, he thinks he has been walking around the globe for years. Even more: he is also lost in time. He doesn’t know his own age, what year it is, or how long he’s spent in the wilderness. Because he’s utterly lost, I sometimes thought of him as one more animal in that enormous landscape. Like an animal, he lives in a perpetual present. A pure here and now. And this also has to do with the innocence you mention. And his bursts of violence. In short: I wanted to destabilize the opposition between human and natural, and try to write about a blurrier, much more ambiguous zone.
Håkan, the Hawk, reminded me the Judge Holden of Blood Meridian. The novel, in fact, has atmospheres that recall the novels of Cormac McCarthy: is my consideration true? What were your sources – historical and narrative – for writing the novel?
I read Blood Meridian many years ago and admired it endlessly. For obvious reasons, I decided not to reread it while writing In the Distance. From what I recall of Judge Holden, I don’t see a connection with Håkan, aside from their large bodies. The judge is an eloquent polymath of refined cruelty. Håkan, on the contrary, has no education and tries to be a kind man. The sources for my novel went much farther back than Cormac McCarthy. I was mostly interested in US travel writing from around the 1850s. Fascinating authors who are largely forgotten: Parkman, Dana, Bartram, Narcissa Whitman, etc. I also read a lot of nature writers, like John Muir. And I learned a lot from the great novels of the sea, mainly from Melville’s books, which I’ve been reading and rereading for most of my life now.
One of the most beautiful parts of the novel is the relationship between Håkan and John Lorimer, the man who tries to discover the secret of the cosmos and thinks that man is one with the universe. What idea do you have as a writer of life and writing?
I am happy that you saw the relevance of Lorimer’s friendship with Håkan. Lorimer is a very important character. Through him, I tried to pay tribute to Ralph Waldo Emerson, a writer who changed my life. There is also a lot of John Muir in him (Muir is best known today as an activist and for being instrumental in the creation of the National Parks, but he was also an exquisite prose stylist). Lorimer teaches Håkan that there is continuum between the world and us. Nature is not just a warehouse of raw materials, a source for the extraction of wealth, or something to be domesticated. As humans, we have a moral duty to understand nature.
You wrote a book about Borges: what value does the Argentine writer have for you? How important is Borges in your training as a writer?
Borges has a colossal presence in my life. As a teenager in Argentina, I was introduced to the North American canon (Emerson, Thoreau, Henry James, Whitman, Poe) through Borges. I would read Borges’s essays on these writers, and then run and get their texts. He was, truly, my first literary guide. It would be hard to list all the things I’ve learned from Borges. His playfulness with literary genres was always on my mind as I tried to subvert the Western in my novel.
What value should the writer have in society? Writing for you, I think, doesn’t mean to entertain, but to know the mystery of man: is it so?
This is a big question, and I don’t know if I can answer it. I think the value of literature is to make us feel of how much beauty there can be in meaning.
What book would you like to have written? What book are you working on?
I have been writing short stories since I finished the novel. It’s a good way to look for my next long project.
Is there an autobiographical dimension of In the Distance?
In the Distance is, to a large extent, a novel about foreignness and the migrant experience. This is my personal experience, since I was born in Argentina, grew up in Sweden, and have lived for most of my life in the United States. And looking back, my grandparents on my father’s side were born in Spain, and my great-grandparents on my mother’s side were Italian, from Campania. So for me, the very idea of national identity is very unstable. And it’s curious to me to think that I am half Italian. I am even an Italian citizen, although my passport has expired and I’m terrified to go to the consulate: last time I went, they made fun of my poor Italian…
Do you read Italian literature?
I try to read as many novels in Italian as I can. The last one I loved was Sono il fratello de XX by Fleur Jaeggy. And believe it or not, an Italian novel was one of the books that inspired In the Distance. I read Dino Buzzati’s Il deserto dei tartari many years ago, together with other desert books from other traditions (Lermontov, T. E. Lawrence, E. Gutiérrez, among others), and the experience of reading all those books became the seed for this project. Sergio Leone’s spaghetti westerns were also crucial for me. These movies, shot in Spain with many European actors, are proof that the West is a completely imaginary, mythical space, free from any referential anchorage. I also thought a lot of Puccini’s La fanciulla del west, where two immensely different traditions meet: opera and the new genre of Western fiction. This distorted view of the United States and the dialogue between different genres are very much at center of my book.
L'articolo “Indago la solitudine e il disorientamento”: dialogo con Hernan Diaz, il nuovo Cormac McCarthy (influenzato da Buzzati) proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2sHgIsd
0 notes
valeria-manzella · 8 years ago
Text
..Nel nome di coloro che sono chiamati beati da Cristo, domandiamo al Padre che il suo nome venga glorificato da ogni uomo..Diciamo insieme..Venga il tuo regno, Signore..Per chi offre con semplicità la propria vita e attende tutto da te..Per i semplici e i puri di cuore, ai quali tu riveli il tuo mistero..Per chi ama e perdona come tu ami e perdoni..Per chi soffre per la verità e la giustizia e confida nell'adempimento delle tue promesse..Per chi instancabilmente fa opera di pace preannunciando i tempi futuri..Per chi spende la vita per te e per i fratelli..Per la tua Chiesa che santifichi con la tua presenza..Per i santi che già contemplano la gloria del tuo volto..Per Cristo povero e obbediente, icona del tuo amore..Padre di infinita bontà, che per tutti gli uomini prepari un posto nel tuo regno, apri il nostro cuore alla nuova legge di Cristo e aiutaci a viverla con semplicità e letizia. Così ti loderemo nei secoli dei secoli..Amen..(liturgia)..
0 notes