#campo de fiori
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casaannabel · 1 year ago
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hannahleah · 2 years ago
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Gail Albert Halaban, Red Flowers, Campo de' Fiori, Rome, Italy, 2018
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radiosciampli-blog · 1 year ago
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figlidiroma · 2 months ago
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Via dei Cappellari in un radioso mattino di domenica, il 15 settembre.
L'ultima foto è un frammento di materiale antico (una colonna, forse romana?) incluso nella costruzione di un portone interno.
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koufax73 · 3 months ago
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Antonello Venditti: questa notte è ancora nostra #sottotraccia
Come da tradizione (recente) dedichiamo agosto alla lettura: per il 2024 abbiamo deciso di ripubblicare una serie di pagine tratte dal volume “Italia d’autore” (Arcana, 2019), dedicato ai grandi cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana Figlio del viceprefetto di Roma e di un’insegnante di latino e greco, Antonello Venditti nasce a Roma, quartiere Trieste, l’8 marzo 1949. Studia…
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hotelbooking · 10 months ago
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The Spanish Suite Campo de' Fiori See the best of Rome with a stay at If you plan to arrive by car, you'll appreciate the hotel's available parking, right on-site. The hotel provides front desk services such as concierge service, express check-in or check-out, luggage storage and safety deposit boxes for guests' convenience. If you need, the ticket service and tours can even help you book tickets and reservations at all the best shows and programs nearby. For lazy days and nights, in-room conveniences like room service and daily housekeeping let you make the most of your room. Little things you forgot to pack aren't a big problem! Just stop by the convenience stores to get what you need. Please be advised that smoking is not allowed in the hotel to allow cleaner air for all guests. Equipped with handy amenities, guestrooms at If you don't feel like going out to eat, you can always opt for the delicious dining options at the hotel. Regardless of any dietary restrictions you may...
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marcogiovenale · 2 years ago
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17 maggio, "balla coi libri": marcello baraghini, goffredo fofi e daniela piretti @ fahrenheit 451, roma
Mercoledì 17 maggio, alle ore 18:30 presso la Libreria Fahrenheit 451 – Campo de’ fiori 44 Goffredo Fofi, Daniela Piretti e Marcello Baraghini presenteranno il libro Balla coi libri 50 anni di controcultura fra passato e presente, di Marcello Baraghini – Iacobelli editore – Occasione unica per incontrare il critico Goffredo Fofi e riflettere, con i protagonisti di questa presentazione, sulle…
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curiosity-matters · 1 month ago
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in Campo de' Fiori
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angelap3 · 25 days ago
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Via del Campo c'è una graziosa
Gli occhi grandi color di foglia
Tutta notte sta sulla soglia
Vende a tutti la stessa rosa
Via del Campo c'è una bambina
Con le labbra color rugiada
Gli occhi grigi come la strada
Nascon fiori dove cammina
Via del Campo c'è una puttana
Gli occhi grandi color di foglia
Se di amarla ti vien la voglia
Basta prenderla per la mano
E ti sembra di andar lontano
Lei ti guarda con un sorriso
Non credevi che il paradiso
Fosse solo lì al primo piano
Via del Campo, ci va un illuso
A pregarla di maritare
A vederla salir le scale
Fino a quando il balcone è chiuso
Ama e ridi se amor risponde
Piangi forte se non ti sente
Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior
Via del Campo è una canzone scritta da Fabrizio De André con l'arrangiamento musicale di Gian Piero Reverberi.
La musica di "Via del Campo" però è accreditata ad Enzo Jannacci , alla canzone del 1965 "La mia morosa la va alla fonte", che faceva parte di uno spettacolo teatrale e che Jannacci incluse successivamente nell'album
-Vengo anch'io. No, tu no.-
Sul vinile, nell'etichetta, è riportata la scritta: «Da una musica del '500 tratta da una ricerca di Dario Fo».
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blogitalianissimo · 9 months ago
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Comunque il premio della critica "Mia Martini" dà gli stessi vibes della statua di Giordano Bruno a Campo de' fiori, loro li hanno bruciati e loro li celebrano
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mucillo · 10 months ago
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Genova per me è come una madre.
È dove ho imparato a vivere.
Mi ha partorito e allevato fino al compimento del trentacinquesimo anno di età: è non è poco, anzi, forse è quasi tutto. Oggi a me pare che Genova abbia la faccia di tutti i poveri diavoli che ho conosciuto nei suoi carrugi, gli esclusi che avrei poi ritrovato in Sardegna, le " graziose" di via del Campo.
I fiori che sbocciano dal letame.
I senzadio che per i quali chissà che Dio non abbia un piccolo ghetto ben protetto, nel suo paradiso, sempre pronto ad accoglierli.
Fabrizio de André
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casaannabel · 1 year ago
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diceriadelluntore · 5 months ago
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Storia Di Musica #331 - Antonello Venditti, Sotto Il Segno Dei Pesci, 1978
L’ultimo disco di questo scatolone incredibile che ho ritrovato in soffitta è uno dei dischi più famosi di sempre fatti in Italia. È un disco che segna un momento storico per il nostro Paese a cui indirettamente anche lui contribuisce, e uno più personale, che proietta l’autore a diventare una delle voci più famose, e incisive, della canzone italiana. È anche l’opportunità per raccontare di un cantautore che troppo spesso è stato bistrattato per il suo essere “commerciale” (definizione che per me ha valore di assoluta stupidità). Il disco di oggi esce l’8 Marzo 1978. 29 anni prima, era nato nello stesso giorno l’autore, Antonello Venditti. Proprio per questo, il titolo, profondamente autobiografico, è Sotto Il Segno Dei Pesci. Dico subito che nello scatolone ho la fortuna di avere una prima edizione originale: la stupenda copertina di Mario Convertino, designer celeberrimo di fortunatissime copertine di album e uno dei primi ad usare la grafica in TV (Mister Fantasy del 1981, di cui cura sigla e grafica, alle videosigle de La Domenica Sportiva nel 1986, e persino la grafica delle partite dei Mondiali di Italia '90) insieme ai due pesci colorati vi sono in rilievo i dodici segni dello Zodiaco. Venditti arriva a questo disco dopo un percorso artistico particolare. L’inizio, famosissimo, è al Folkstudio, il locale romano dove stringe amicizia con Giorgio Lo Cascio, Ernesto Bassignano e soprattutto Francesco De Gregori: a quel momento dedica una delle strofe più famose della canzone italiana, quattro ragazzi con la chitarra e il pianoforte sulla spalla, di Notte Prima Degli Esami. La It di Vincenzo Micocci gli dà l’opportunità di fare un disco insieme a De Gregori, e nasce così nel 1972 Theoruis Campus. Il disco segna però un distacco tra i due, su cui la stampa musicale ha ricamato cose assurde e per la maggior parte inventate (su tutte che Pianobar di De Gregori fosse indirizzata a lui). Segue quindi il percorso di un cantautorato febbrile e intenso, estroverso e popolare, incentrato sulla passione per la sua città, Roma (a cui dedicherà veri e propri inni, come Roma Capoccia, E Li Ponti So’ Soli da L’Orso Bruno del 1973, Campo De’ Fiori da Quando Verrà Natale del 1974, e sul raccontare storie forti e niente affatto scontate. Tra queste ultime, Mio Padre Ha Un Buco In Gola (Le Cose Della Vita, 1973) sugli attriti generazionali, Canzone Per Seveso (da Ullalà, 1977) per l’ecologia, e soprattutto una carrellata di canzoni dedicate a figure femminili che faranno epoca, come Lilly (dall’omonimo album del 1975), struggente, una delle prime canzoni italiane scritte sulla droga, Maria Maddalena (1977), sulla prostituzione.
Sotto Il Segno Dei Pesci uscirà una settimana prima del sequestro Moro. Ne diventerà suo malgrado una sorta di colonna sonora, in un disco cruciale che assomma, in una maniera decisiva la contestazione e il riflusso, le storie dell’amore intimo e l’impegno per le lotte sociali, le speranze pubbliche e le frustrazioni quotidiani. Ne è esempio il ritornello, che conosciamo tutti, della title track, dedicata alla storia di Marina e di Giovanni (due veri suoi amici) delle loro paure sul futuro, del cambiare città perchè “Tutto quel che voglio, pensavo\È solamente amore\Ed unità per noi\Che meritiamo un'altra vita\Più giusta e libera se vuoi\Corri, amore, corri, non aver paura”. È il disco con cui “ricompone” con De Gregori: gli dedica la scarna e delicata Francesco, (Possiamo ancora suoniamo ancora l'ultima volta\Senza rimpianti, senza paura\Come due amici antichi\E nient'altro di più di più di più) e soprattutto Bomba O Non Bomba, che parla di due ragazzi, Antonello e Francesco (De Gregori, naturalmente), e ripercorre il cammino dei due protagonisti, e gli incontri fatti, a Sasso Marconi, Roncobilaccio, Firenze e Orvieto (in ordine cronologico le uscite dell’Autostrada Del Sole, direzione Roma), per raggiungere il successo, rappresentato da Roma come meta finale. È anche un disco per le donne: Sara (“svegliati è primavera”) è una toccante storia di una ragazza incinta, amica della prima moglie Simona Izzo al Liceo Mamiami di Roma, di un ragazzo “mammome e anaffettivo” (Ma Sara, mi devo laureare, e forse un giorno ti sposerò\Magari in chiesa (…) tu non sei più sola, il tuo amore gli basterà\Il tuo bambino, se ci credi nascerà); Giulia è invece la prima canzone che parla apertamente di un amore lesbico all’interno di una coppia eterosessuale, il punto di vista del testo è dell’uomo che si trova a ragionare sull’allontanamento della sua amata, la canzone è un gioiello del disco, potente e struggente, È Giulia che ti tocca\È Giulia che ti porta\Via da me (…) Lei è solo troppo anche per te\Lei è solo un po' confusa\E ti prego non portarla\Via da me. C’è pure la canzone sociale di Chen Il Cinese, la deliziosa Il Telegiornale, che sembra scritta adesso “TG1, TG2, che confusione\Ma almeno rimane il pregio dell'informazione\E tra una smentita e l'altra e un sorriso ministeriale\Ci fa capire che le cose non vanno poi\Troppo male.
Il disco fu registrato a Roma nei Trafalgar Recording Studios e a Londra ai Marquee Studios; il tecnico del suono è Gaetano Ria, che si occupa anche del missaggio insieme a Tim Painter. Tra i musicisti sono da ricordare i componenti del gruppo degli Stradaperta, già collaboratori di Venditti in Lilly; anche Carlo Siliotto e Pablo Romero avevano già suonato con il cantautore (entrambi nell'album Quando verrà Natale), ed inoltre suona nell'album il tastierista dei Goblin, Claudio Simonetti. Durante le session dell'album venne registrata anche un'altra canzone, Italia, che però non venne inserita nel disco (solo nel 1982 sarà pubblicata in Sotto La Pioggia). Il disco venderà tantissimo: 700.000 copie quell’anno, Sotto Il Segno Dei Pesci\Sara singolo Numero Uno, riuscendo, come pochissimi, a intuire l’umore della piazza. Perché è un fatto che forse per la sua produzione quantitativamente molto elevata rispetto ad altri grandi cantautori, e spesso per alcune sue scelte facili, abbia sempre avuto critica feroce. Il problema della “musica commerciale” è la scusa di chi deve per forza contestare le scelte artistiche non per quelle che sono (un lavoro artistico ha tutto il diritto di essere considerato brutto). Venditti fu accusato di disimpegno negli anni ’80, su cui per anni la critica ha ironizzato sul suo intimismo da supermercato, seppure nonostante dischi non così belli come questo scriverà inni generazionali, ne elenco un paio: Ci Vorrebbe Un Amico e Notte Prima Degli Esami nel 1984 da Cuore, In Questo Mondi Di Ladri del 1988 che venderà più di un Milione di Copie, Alta Marea, cover di Don’t Dream It’s Over dei Crowded House del 1991. Ditemi se è poco.
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donaruz · 9 months ago
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Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.
Non mi vergogno d'aver sopportato la povertà, la malevolenza e l'odio dei miei, le esecrazioni, le ingratitudini di coloro ai quali volli giovare e giovai, gli effetti d'un'estrema barbarie e d'un'avarizia sordidissima. Per il che non mi duole d'esser incorso in fatiche, dolori, esilio: ché faticando profittai, soffrendo feci esperienza, vivendo esule imparai: ché trovai in breve fatica lunga quiete, in leggera sofferenza gaudio immenso, in un angusto esilio una patria.
Giordano Bruno, 17 febbraio 1600, Campo de' Fiori, Roma
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gowns · 2 years ago
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excerpt from article about sarah polley and her experience as a child actor
Almost twenty years ago, Polley considered making a documentary about former child actors, and interviewed several adults who, like her, had been stars in grade school. In 2011, Polley told me, “My memory—and it’s a genuine memory—is that I really wanted to do it as a little, little kid, and that my parents were jaded about the industry, and they knew better and resisted, but I had a will of steel and forced my way into it.” All her interview subjects had told the same story, she explained: “There’s not a single child actor you’re going to meet who’s going to say, ‘My parents pushed me into it’—even if they have terrible stories about their parents being stage parents. Shirley Temple, who started when she was a toddler, insisted that she forced her way into this. I frankly don’t believe it. And so, if I don’t believe their stories, why do I believe my own?”
Indeed, Polley’s family history belies the notion that she chose to act professionally. John Buchan, Polley’s brother, the second of two children from Diane Polley’s first marriage, told me, “We were all child actors. We can all find pictures of ourselves with our names and the color of our eyes and a phone number listed on the back.” Buchan did a little TV work, as did their sister Joanna and their brother Mark. “But, with Sarah, she hit the big one,” Buchan said.
Polley started acting at the age of five, appearing in a live-action Disney movie, “One Magic Christmas.” She was subsequently cast in many television roles, including a stint as Ramona Quimby in a series adapted from Beverly Cleary’s novels. In 1988, when Polley was nine, she played Sally Salt, the diminutive sidekick of the eponymous antihero of “The Adventures of Baron Munchausen,” a zany spectacular written and directed by Terry Gilliam, of “Monty Python” fame. Gilliam was an idol to Polley’s parents—particularly her father, Michael, who was born and raised in England.
The shoot took place largely at Cinecittà Studios, in Rome. Polley has happy memories of the city: she and her parents ate dinner every night on the Campo de’ Fiori, where she sometimes joined in with a band of roving musicians performing for tourists. The set, however, was often chaotic—and scary for a child. In one scene, she had to run through a mockup of a war-torn city as bombs exploded. The first take was terrifying enough to convince Polley that the detonations had gone awry; she ran straight into the camera, ruining the shot. For the second take, she was so frightened that she ran too fast, again rendering the scene unusable. In “Mad Genius,” an essay in her book, she writes, “I sobbed in my father’s arms in between takes and pleaded with him to intervene, to ensure I didn’t have to do it ever again. But when an assistant director came over to say they needed another take, my father said, with genuine remorse, ‘I’m afraid they have to do it again, love. I’m sorry. There’s nothing I can do.’ ” (Gilliam has said that, even if the set felt dangerous, it wasn’t.)
There were moments during her career as a child actor when adults, rather than just overlooking her vulnerability, appeared to cynically exploit it. Polley had only recently started work on “Avonlea” when her mother died—a tragedy for which, she says, she was entirely unprepared. (In her memoir, Polley writes with candid self-awareness of the gratification she took in being the pitiable child of a mother with cancer while at the same time being certain that her mother would recover.) During the show’s second season, Polley, who played a character named Sara Stanley, was presented with a scripted monologue in which her character cries over her mother’s death; unsurprisingly, she delivered an utterly persuasive performance. But the experience of this scene and others in which her character recalled her mother derailed Polley’s ability to mourn. “Because some of the first tears I shed about my mother’s death after the day she died were in aid of a performance, I was unable to produce genuine tears of grief for years to come,” she writes. In the aggressively wholesome world of “Avonlea,” which was made by Disney, Sara Stanley comes across as singularly sad, gaunt, and complicated.
Polley’s account of her life as a child performer—of being locked into extended contracts, and working “crushingly long” hours, and being beholden to adults whom she didn’t want to disappoint—raises disquieting questions about the ethics of having children act for commercial gain. Polley’s experience also underscores the fact that a child’s sense of volition—both in the moment and retrospectively—can be an expression of the sublimated desires of parents or other authority figures whom the child is eager to please. (The family, no less than the patriarchy, involves a structural imbalance of autonomy.) When Polley meets stage parents who insist that their child wants to perform, she replies, “Yes—and lots of kids want to be firefighters and doctors, too. But they must wait until they are no longer children to assume the pressures and obligations of adult work.”
sarah polley profiled by rebecca mead in the new yorker, nov 14 2022
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figlidiroma · 2 months ago
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Conte Giuseppe Primoli 1890, neve sullo sterrato della zona dove sarebbe sorto il Tempio Maggiore di Roma (1904) e la zona dei cosiddetti "quattro villini" tra piazza delle Cinque Scole, via del Portico d'Ottavia, Lungotevere Cenci.
Sotto questa terra smossa su cui bruca il cavallo dovevano stendersi resti di magazzini romani, della zona indicata nella Forma Urbis Severiana come Navalia e, forse, del Tempio di Castore e Polluce, collocato sotto l'area di Monte Cenci dove furono rinvenute, tra Quattro e Cinquecento, le statue dei Dioscuri, già allora traslate al Campidoglio.
In lontananza nella foto, il campanile di San Giovanni Calibita sull'isola Tiberina e, di fronte, la Torre della Pulzella.
Risalente al 1200, essa era parte delle torri medievali di Roma, legate a famiglie della nobilità e del ceto mercantile cittadino di cui erano insieme strumento e concreta traccia sul territorio.
Questa torre, collocata sull'isola, guado fluviale tanto essenziale alla vita cittadina da aver facilitato e forse cagionato la nascita dei primi insiediamenti destinati ad evolversi nella Roma romulea, apparteneva alla famiglia dei Pierleoni.
Probabilmente ebrei e opportunamente convertiti per poter sfruttare al meglio le proprie ricchezze in una Roma medievale pur non ancora dotata di Ghetto, e forse meno ostile alla Comunità di quanto non si sarebbe più tardi dimostrata, i Pierleoni controllavano anche il tratto alla base del Campidoglio.
L'edificio medievale presso il vico Jugario è a loro intitolato, e anche loro era la torre che si nota a destra, addossata al corpo della Basilica di San Nicola in Carcere, riusata come torre campanariae contenente un'antica campana di fine Duecento, commissionata dai Savelli.
Ma, soprattutto, oltre a case medievali al vicino Velabro, ai Pierleoni apparteneva il forte costruito sulle rovine del Teatro di Marcello, e di cui ancora si vede l'affollarsi di strutture alte e strette su via del Foro Olitorio.
Passato ai Savelli e, tramite loro, agli Orsini, quel forte oggi lo conosciamo come palazzo Savelli Orsini, opera di Baldassarre Peruzzi, la malinconica e splendida residenza costruita nella cavea del Teatro.
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La torre della Pulzella, dall'enigmatica testolina che vi appare inquadrata da una finestrella cieca e che guarda intenta dalla parte del Portico d'Ottavia, passò come tutto il resto dei Pierleoni nelle mani dei Savelli, incastellati così tra l'isola e l'omonimo Monte, e i cui domini si estendevano già verso Campo de' Fiori e all'Aventino, come attestato dagli odonimi vicolo de' Savelli e Clivo di Rocca Sabella.
La pulzella, comunque, è una testa romana, ma la leggenda popolare la vuole l'impietrirsi di una bella giovane aristocratica che, murata per vincere la sua resistenza a un matrimonio di convenienza, morì lassù spiando all'orizzonte il ritorno del suo vero amore dalla guerra.
Fonti: studi di F. Coarelli e P. L. Tucci sulla topografia del Circo Flaminio e dell'area dei Calderari.
A. Carandini, Roma. Il primo giorno, Laterza 2007.
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