#calcio anni 90
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capisco i dubbi però penso che abbiano ragione i tedeschi e non noi. le regole sono che il governo rimane in carica 5 (immagino, o quello che è), ogni 5 anni si vota e vede in quel momento qual è il volere del popolo. cambiare in corsa è strano. è come se durante una partita di calcio una squadra sta perdendo e allora si decide di terminare la partita dichiarando un vincitore, tocca sempre aspettare il 90° per decidere. quindi capisco, ma penso sia più giusto decidere a fine mandato, magari le cose cambieranno nuovamente
Infatti non ho mai parlato di errore, solo di un comportamento molto singolare.
E comunque per me continuare a tenere su una legislatura di questo tipo è in ogni caso un suicidio politico senza ritorno, non farà altro che acuire il distacco. La tua analogia con la partita è parzialmente corretta, a mio parere, a volerla dire meglio è come una squadra che sta perdendo e la metà di essa è stata espulsa e i suoi tifosi sono andati a casa, capisco che formalmente non sia corretto dichiarare un vincitore prima del 90esimo, ma la cosa può iniziare a prendere toni surreali, oltre a porre dei seri dubbi sulla legittimità del potere in carica.
Ripeto, qui non si parla di una perdita di punti, qui si parla di partiti di maggioranza che sono scomparsi, e nelle regioni dove ancora esistono ci stanno andando molto vicino. Tanto per citare una dichiarazione di uno degli esponenti del SPD,
"Non abbiamo raggiunto dei buoni risultati e non siamo contenti alla Willy Brandt Haus", ha ammesso il segretario generale dell'Spd Kevin Kuehnert, "ma siamo riusciti ad evitare quello che noi temevamo e alcuni speravano: e cioè che per la prima volta uscissimo dai Laender"
che è come provare a fare gli esami sperando nei 18. Per carità, è laurea pure quella, però ...
Si dice sempre che la politica è l'arte del possibile, ma credo che anche a questa definizione ci sia un certo limite, ecco.
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Storia Di Musica #342 - The Corrs, Home, 2005
Le Storie musicali di band di fratelli e sorelle ci portano in Irlanda, per una band che tra fine anni '90 e inizi 2000 fu molto popolare. The Corrs, come suggerisce il nome, sono una band di tre sorelle e un fratello, i Corr appunto. La loro storia è molto particolare e si lega a quella di un film del 1991, divenuto di culto, ambientato a Dublino, da dove provengono i nostri. The Commitments, diretto da Alan Parker, racconta la storia di Jimmy Rabbitte e del suo tentativo di mettere su una band di soul e rhythm'n'blues a Dublino, The Commitments, appunto. Il film, che è anche uno spaccato dell'isola prima della travolgente trasformazione avvenuta negli ultimi decenni, fu trampolino di lancio di una serie di attori\cantanti che dopo il film si lanciarono in carriere musicali. E tra loro c'erano i fratelli Corr. Jim Corr suonava in una band con John Hughes, che curava per Parker le selezioni dei musicisti. Hughes non sapeva che Jim avesse tre sorelle musiciste, Caroline, Sharon e Andrea, con cui si presenta i provini. Andrea ottiene una parte di recitazione con battute (è Sharon, la sorella minore di Jimmy), gli altri tre fanno da comparse, ma Hughes dopo le riprese chiede di poter diventare il loro manager. Diventano una band, dove suonano diversi strumenti, anche quelli tradizionali irlandesi. Il primo grande trampolino di lancio è l'esibizione, nel 1994, per i Mondiali di Calcio di USA 94, seguita due anni dopo per la cerimonia d'Apertuna dei Giochi Olimpici di Atlanta '96. Vanno in tour a supporto di Celine Dion, mentre il loro primo disco, Forgiven, Not Forgotten, che comprende sia brani strumentali di musica tradizionali che canzoni pop rock, svetta nelle classifiche di mezzo mondo, diventando uno dei dischi d'esordio di artisti irlandesi più di successo di ogni tempo. Nel 1997 successo per Talk On Corners, partecipano al Pavarotti And Friends a Modena e ricevono nel 1999 un Brit Award come Miglior Band Internazionale, registrando persino un MTV Unplugged, che vende milioni di copie. Il successivo disco, In Blue, prodotto da Robert John "Mutt" Lange, li consacra star internazionali: il singolo Breathless va in classifica in mezzo mondo, come Radio, l'album è il terzo disco con le maggiori vendita della Storia delle Classifiche musicali d'Irlanda dopo il The Best Of 1980-1990 degli U2 e Be Nere Now degli Oasis. Sono nominati ai Grammy Awards. Registrano un altro disco dal vivo, VH1 Presents: The Coors Live In Dublin, con ospiti Bono che duetta con loro in When The Stars Go Blue di Bryan Adams (un gioiellino) e Summer Wine di Nancy Sinatra e Ronnie Wood dei Rolling Stones che suona la chitarra in Little Wing, cover del classico di Jimi Hendrix e in Ruby Tuesday. Succede però una fatto doloroso: Jean, la madre dei fratelli Corr, muore in attesa di un trapianto di fegato all'ospedale di Newcastle, in Gran Bretagna.
E proprio alla madre, e alla loro terra, è dedicato questo disco, Home, che esce nel 2005. L'album precedente, Borrowed Heaven, già aveva riaperto la strada del folk nella loro musica, che nei dischi di successo internazionale si era un po' persa, ma in questo disco si ritorna alle origini. In scaletta 12 pezzi, divisi tra strumentali tradizionali di musica celtica irlandese, come Haste To The Wedding, che è il brano principe del ballo Céilí, uno scritto da Sharon Corr, Old Hag e due cantati in lingua gaelica dalla bellissima voce di Andrea, Buachaill ón Éirne (che vuol dire Ragazzo di Erne) e Bríd Óg Ní Mháille, Bridget O'Malley, che probabilmente è una riedizione ottocentesca di un antico canto dedicato a santa Brigida d'Irlanda. Ancora più emozionate è la parte di canti tradizionali cantati in inglese: My Lagan Love è uno dei primi traditional scoperti da Joseph Campbell, che agli inizi del 1900 intraprese un percorso di ricerca e traduzione dei canti tradizionali, musicati e riportati sugli spartiti da Herbert Hughes; la meravigliosa Spancil Hill è invece un traditional, probabilmente scozzese, che venne riadattato dai migranti irlandesi in America, dove divenne molto famosa nella zona dei Monti Appalachi: lo spancil era un modo di legare le zampe dei capi di bestiame per non farli scappare durante le fiere. Dolcissime sono Peggy Gordon e la bellissima Black Is the Color, conosciuta anche come Black Is the Color Of My True Love's Hair, brani che raccontano il carattere forte e deciso delle donne di quei posti. The Moorlough Shore è una delle più famose ballate irlandesi: è la storia di un giovane, innamorato della sua terra e di una ragazza, che però rifiuta le sue avances perché ama già un marinaio. Aspetterà il suo vero amore per sette anni. Frustrato, il ragazzo lascia la casa della sua infanzia e salpa, continuando a elogiare la ragazza che ama e che vive a Moorlough Shore. Sulla sua melodia, durante gli anni della Rivoluzione dell'Indipendenza irlandese (negli anni Dieci del 1900) i rivoluzionari cantarono The Foggy Dew, il principe dei brani di libertà irlandese. Completano la scaletta tre cover di brani moderni: Heart Like A Wheel, successo di Kate & Anna McGarrigle, poi ripreso da tanti artisti (la versione più famosa di Linda Ronstand), Old Town del leader dei Thin Lizzy Phil Lynott e un brano, Dimming Of The Day, scritto da Richard e Linda Thompson per un loro disco del 1975, Pour Down Like Silver. La musica è arrangiata con delicatezza, agli strumenti moderni sono affiancati i tin whistle, il Bodhrán (che è il tamburello irlandese) e una sezioni archi, che è sempre stato un marchio di fabbrica della musica Corrs. Spicca la voce, brillante e squillante di Andrea Corr, emozionante in più di un passaggio. Il disco, che non è di successo come i precedenti, ha comunque successo in patria, In Australia e sorprendentemente in Francia, dove vende 100 mila copie.
Andrea Corr, che ha recitato anche in altri film, tra cui Evita con Madonna e da protagonista una semisconosciuta commedia canadese, The Boys From County Clare, tenterà, con scarso successo, anche la carriera solista, con Ten Feet High. I Corrs continuano a suonare e a pubblicare materiale (l'ultimo disco del 2017) ma non hanno più raggiunto il successo dei dischi pop, nè la delicatezza, e la bellezza, del disco di oggi, un bellissimo esempio di variazioni "moderne" ai classici tradizionali della cultura delle isole britanniche, un grande tesoro culturale.
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Mi domando cosa sarebbe successo se io, in un certo senso, non fossi stata "costretta" ad un certo punto a "diventare" femmina. Perché, in completa autonomia e senza alcun tipo di influenze, fino agli 11 anni quando, disgraziatamente ed inevitabilmente il mio corpo mi "tradì", iniziando a sanguinare ogni mese, avevo sempre vissuto come un maschio. Lego, trenini, macchinine e plastilina (insieme ad un paio di bambolotti, le famose cabbage patch kids) erano i miei giochi preferiti, mi sono sempre e solo vestita da maschio, ho sempre giocato a calcio con i compagnetti non con le femmine ai "giochi da femmina", la mia attività sportiva era il basket, non la danza classica ( sì, mia madre ci aveva provato ma si era dovuta arrendere dopo qualche mese accettando di ripiegare su danza moderna, mentre io volevo fare judo, ma... "No, ti rompi le ossa!!!"). Ma a quel punto dovetti arrendermi: i miei compagni, a basket, a dodici anni erano diventati tutti più grossi di me e nelle partitelle di allenamento iniziavo a farmi male (alla fine mi sono irrimediabilmente fracassata un ginocchio giocando). Dovetti chiedere a mia madre di comprarmi dei body elastici per comprimere il seno che si stava ingrossando ed era per me fonte di vergogna e umiliazione e alla fine fui costretta a passare al reggiseno. E comunque non c'è mai stato verso di farmi indossare la divisa femminile della scuola, finivo in punizione dal vicepreside, ma la gonna no. Ma all' epoca (erano i primi anni '90, in un collegio cattolico poi) se nascevi femmina, eri femmina, non c'erano dubbi. Ancora oggi a 44 anni non sono in grado di truccarmi, mi fa impressione avere quella roba sul viso. E non sono in grado di vestirmi da donna, nelle rare occasioni in cui sono obbligata a farlo mi sembra carnevale e sembro caduta per sbaglio nei vestiti di qualcun altro. Chissà cosa sarebbe successo se avessi avuto la possibilità di scegliere.
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Pensieri musicali.
La musica non è solo prendi lo strumento e suona, come molti di voi sanno, è anche pensiero, è un dialogo (spesso con se stessi) su come, quali suoni, quali note, quali pause, potrei continuare all'infinito perché la musica è infinita. Spesso sento dire che è stato fatto di tutto, come anche non c'è buona musica ecc ecc, tutte frasi buttate la da persone che non sanno neanche cosa sia la musica, diffidate da quelli che vi dicono "Ho fatto il conservatorio", oppure "Ho studiato una vita, tanto che ora insegno", sono persone tarate, sicuramente bravi e quindi molto ingannevoli, ma se vi capita chiedete loro di darvi una definizione di musica, vedrete che vacilla, perché ai suoi occhi la musica è quello che ha studiato, mentre ci sono persone che sono restate nella storia e non sapevano neanche tenere lo strumento in maniera corretta, tanto per dire.
LA MUSICA E' UNA FORMA D'ARTE.
Questa è la definizione più vicina alla realtà e quindi si può dire che la musica è soggettiva, per questo ci sono svariati punti di vista e miliardi di definizioni possibili, perché ognuno ha la sua. Tutte quelle discussioni su chi è più bravo, chi è più veloce, chi ha vinto più premi ecc ecc, tutte pippe mentali, ma vi pare che Robert Johnson desiderava diventare famoso? A lui interessava ingroppare e imparò a suonare per portarsi a letto più donne possibili, infatti una delle ipotesi della sua morte è che il proprietario del postaccio dove stava suonando l'ha avvelenato perché gli aveva già bombato la moglie, altri tempi. Esempi a parte, quando qualcuno vi dice "Eh ma è il mio gusto personale", caro mio il tuo gusto è dettato da quello che ascolti, se ascolti 100 band mainstream in croce di 5 stili diversi, ma sempre per esempio metal, non hai un cazzo di gusto, diteglielo, la varietà di ascolto determina un gusto che può avvicinarsi un pò a quello che potrebbe essere in qualche modo una mente allenata all'ascolto e quindi con una certa dose di criticismo, ma occhio alla parola ascolto che è importante, perché se metti su la musica tutto il giorno e nel frattempo fai altro non stai ascoltando la musica stai facendo altro e usi la musica come sottofondo perché oramai è così, purtroppo, si usa la musica perché abbiamo la paura del silenzio, che è comunque una parte portante della musica, le pause?!
Va bè tutto sto pippone per dirvi che oggi riflettevo su alcune cose musicali, la prima è che le mie colleghe ascoltano merda e me la devo sorbire anche io, robaccia tunz anni 90 estone con cover improbabili tipo Mike Oldfield Moonlight shadow in estone ma trunz che credetemi è un obbrobrio, secondo me lui stesso non l'ha mai sentito ha firmato il permesso e intascato i soldi, e robe simili tutto il giorno. L'altra è che Silvestrin non parlerà più di musica, almeno non metterà più degli estratti sul tubo, cosa che mi dispiace perché erano molto interessanti, nel suo canale adesso (ed ha iniziato subito) parla del Milan, ma come minchia può essere che uno che è nella musica da una vita, ha fatto anche cose orrende nella sua carriera ma per soldi figuriamoci, dicevo, come si fa a passare dalla divulgazione musicale al calcio. Per carità ognuno nel suo canale fa quello che vuole, considerando che comunque continua le sue live su Twitch dove mette musica nuova e parla della situazione musicale mondiale, non che italiana. Ma mi dispiace, anche perché non ho tempo per stare dietro alle dirette anche se mi piacerebbe.
Detto questo e visto l'argomento vi lascio ad una delle ultime scoperte, non proprio recente, ma mi han fatto troppo ridere.
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Come un suicidio, o della forza dietro a un'ispirazione inattesa.
Come chi mi segue dovrebbe ormai aver capito, io sono "un ragazzo dei 90s", nel senso che in quella meravigliosa e folle decade che ha visto la fine del ventesimo secolo e l'inizio del ventunesimo io ho avuto la fortuna di avere esattamente tra i dieci e i vent'anni. Nemmeno ve lo spiego cosa sono stati, questi benedetti anni '90; chi c'era, ne porta i segni indelebili e ha visto tante, tantissime, troppe cose - tra cui grandi promesse di mescolanza tra generi, razze, libertà, culture finite tutte con i grandi traumi del 2001 (per me personalmente, 20 Luglio e 11 Settembre) che ci hanno dato un calcio in culo e riportato in un mondo fatto di repressione, razzismo, opportunismo politico e follie generalizzate. Ma sto divagando. Dicevo, sono cresciuto anche musicalmente con tutta la bella musica degli anni '90, marchiato a fuoco dalla sacra trinità Nirvana, Alice in Chains, Soundgarden e poi da tutto il resto a prescindere dalla scena di Seattle - Mudhoney, Korn, Green Day, Jon Spencer Blues Explosion, Pixies, Deftones, Sepultura, Pearl Jam, Sonic Youth, Placebo e così via che non basterebbero venti post a rimetterli tutti in fila. A quindici anni circa, su consiglio del maggiore dei miei fratelli (che viveva fuori e ne capiva - e ne capisce - parecchio di musica rock) sono andato a comprare al buio due CD presso il locale negozietto di dischi (capitemi, parliamo di Catanzaro, ce n'era a malapena uno). Che significa comprare al buio? Che io, di questi due dischi, non sapevo assolutamente nulla: uno era "Fight for your mind" di Ben Harper, che mi ha fatto fare un salto da gigante verso un genere musicale con il quale avevo poca confidenza (e rimane, ad oggi, il mio preferito di Harper) e l'altro era proprio "Superunknown" dei Soundgarden che io, da giovincello ignorante, all'epoca ignoravo. Un fulmine. Un terremoto, una catastrofe naturale. Non voglio parlare del disco in sé, quindi ne dirò solo una cosa che ho sentito dire una volta e che condivido al 100%: chiunque suoni uno strumento e voglia superare la gabbia delle ritmiche o dell'uso convenzionale di strumenti e voce dovrebbe impararlo a memoria (specie i batteristi, ma vale per tutti). Insomma, mi innamoro di Superunknown. E come potrebbe essere altrimenti? Parliamo del disco che contiene, TRA LE ALTRE, "Black Hole Sun" e "Spoonman". E infatti, io quei due pezzi li consumo - gli altri invece mi faranno compagnia negli anni a venire. Ma c'è uno di questi brani che, invece, nei primi ascolti di Superunknown, mi sfugge. Vai a capire perché: si tratta di "Like suicide". Forse perché il titolo mi inquieta un po'? In fondo, il suicidio di Cobain è davvero "l'altro ieri", vengo pur sempre da una educazione cattolica, la cosa mi inquieta, forse perché è il penultimo pezzo in scaletta, forse perché parte così lenta... la ignoro per molto tempo (che poi, di lì a poco si sarebbe presentato l'ancora più traumatico "Love is suicide" dei Pumpkins di Bodies). Che errore. Fast forward, anni dopo - sull'inizio degli anni zero - scopro il file sharing e inizio a derubare la rete di qualsiasi cosa per me sia una "rarità", vale a dire praticamente ogni bootleg, ogni b-side, ogni registrazione da radio locale si trovi delle band dei miei eroi. Ed è così che scopro questa versione di "Like suicide" acustica, meravigliosa, profondissima. E me ne innamoro perdutamente. E siccome ho internet (56k, poi ISDN, poi ADSL ma qui siamo proprio agli esordi) faccio come sempre un bel giro sui vari siti versione geocities o altavista, con la grafica ammazzaocchi, a scaricarmi il testo per stamparmelo e cantarla e suonarla. E ne scopro la storia. Ma - intermezzo - eccola qui:
Chiaramente non nella versione Napster, ma quella carina bella e rimasterizzata della deluxe edition di Superunknown. La storia mi colpisce tanto da rimanermi in testa a vita: Chris Cornell (che - ed è una ferita assolutamente aperta - morirà suicida pure lui, dopo il suo ultimo concerto, nel 2017, privandoci per sempre del suo meraviglioso timbro vocale) in sostanza sta dormendo a casa sua quando sente un colpo alla porta d'ingresso. Si alza, apre la porta e trova un uccellino - un pettirosso - agonizzante, che si è spezzato il collo volando contro la porta. La cosa lo segna, lo colpisce a tal punto che - ucciso pietosamente l'uccellino agonizzante con un mattone, per evitargli ulteriori sofferenze - rientra in casa e scrive questa canzone, riportando in maniera quasi didascalica l'accaduto:
Heard it from another room Eyes were waking up Just to fall asleep Love's like suicide
Dazed out in a garden bed With a broken neck Lays my broken gift Just like suicide
And my last ditch Was my last brick Lent to finish her Finish her
She lived like a murder How she'd fly so sweetly She lived like a murder But she died just like suicide
Risulta bellissimo, se mi perdonate l'interruzione, l'uso del femminile per indicare gli uccelli. Cosa ne sai se l'uccellino è maschio o femmina? Ma Madonna, ad esempio, fa lo stesso in Frozen: "Love is a bird / she needs to fly". Non è che ci sia una regola grammaticale per questo ma, sospetto, solo puramente poetica. E che dire di "she lived like a murder" per indicare che si tratta di un pettirosso, uccello che da sempre da' l'impressione di avere il petto sanguinante, come se avesse commesso un omicidio? Ma Chris, a questo punto, ci racconta cosa gli succede dopo aver posto fine alla sofferenza del pettirosso:
Bit down on the bullet now I had a taste so sour I had to think of something sweet Love's like suicide
Safe outside my gilded cage With an ounce of pain I wield a ton of rage Just like suicide
With eyes of blood And bitter blue How I feel for you I feel for you
To bite the bullet, mordere il proiettile, mandare giù il rospo in pratica: un gusto così amaro (so sour) che bisogna per forza mandarlo via pensando a qualcosa di dolce: l'amore è simile al suicidio. La corsa verso una porta chiusa, spezzandosi il collo per presentarsi all'altro come un broken gift. E a chi resta non rimane che rifugiarsi al sicuro, fuori dalla propria gabbia dorata, impugnare una tonnellata di rabbia da un grammo di dolore e scrivere una canzone, da dedicare a questo incidente così struggente nel suo essere, comunque, ordinario e non fuori dal comune, per scrivere how I feel for you e mandare via quel maltaciuto senso di colpa - di cosa, poi? - che già mostrava quanto potesse essere sensibile l'animo di Chris, con i suoi occhi iniettati di sangue e amareggiati d'azzurro. Mi è ricapitata stasera, nel mezzo di uno dei minestroni di Spotify (Acoustic rock best o qualcosa del genere?) e ho ripensato a quanto sia bella. Anche nella sua versione elettrica, è bellissima - una grunge ballad con pochissime rivali in assoluto - ma questa, così acustica, sembra quasi di sentirla mentre Chris, ancora mezzo assonnato e preso male per l'accaduto, la compone verso per verso e nota per nota.
Buon ascolto.
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Il 29 dicembre Pelè è morto, il calciatore dei record ci ha lasciato, uno sportivo popolare come Pelè non poteva ovviamente non entrare di diritto anche nella storia dei videogiochi, con le prime apparizioni virtuali che risalgono ai primissimi anni '80.
Nel 1981 Atari lancia Pelé's Soccer per Atari VCS 2006, inizialmente conosciuto come Championship Soccer, durante lo sviluppo la casa americana pensa bene di associare il gioco alla figura di Pelè, il quale compare non solo sulla copertina ma anche negli spot televisivi.
Nel 1993 (1994, in Europa) è invece Accolade a riportare Pelè sui campi di calcio digitali con Pelé! per SEGA Mega Drive, seguito l'anno successivo da Pelé II World Tournament Soccer, basato sui Mondiali di Calcio USA '94. Nel 2009 lo sportivo presta il suo volto per Academy of Champions Soccer di Ubisoft, uscito su Nintendo Wii mentre pochi anni dopo arriva Pelé Soccer Legend, videogioco per iPhone e Android.
Pelè è anche nella lista delle Icone di FIFA e dal 2014 non ha mancato una singola edizione del gioco di calcio EA Sports, inserito nel roster di FIFA FUT come Leggenda, ed è proprio Electronic Arta a rendere omaggio a Pelè con un post sui profili social di FIFA. Ma Pelè è comparso anche in videogiochi non strettamente legati al calcio come Rocket League, grazie ad una collaborazione datata 2020.
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Il Futuro della Maglia del Racing Club de Lens: Tra Innovazione e Tradizione
Il Racing Club de Lens è una delle squadre più storiche e amate del calcio francese, con un legame profondo con la sua città e la regione che rappresenta. La maglia del Racing Club de Lens non è solo un capo d’abbigliamento sportivo, ma un simbolo di orgoglio, passione e tradizione per i tifosi del nord della Francia. Ogni anno, quando i giocatori scendono in campo con la maglia gialla e rossa, è come se indossassero non solo un simbolo del club, ma anche l’identità di una comunità intera.
I.Le Origini della Maglia: Colori e Storia
La maglia del Racing Club de Lens è uno degli elementi più distintivi e riconoscibili del club, un simbolo che affonda le radici nella storia della città e della sua gente. La sua combinazione di colori giallo e rosso, iconica e facilmente riconoscibile, racconta una tradizione che risale ai primi anni del XX secolo, quando il club fu fondato nel 1906. Da allora, questi colori sono diventati un marchio di fabbrica del Racing, rappresentando non solo il club stesso, ma anche la passione e la determinazione della comunità locale.
L'origine dei colori
I colori giallo e rosso non sono solo una scelta estetica, ma un riflesso profondo della storia industriale e culturale di Lens. La città di Lens, situata nel cuore della regione mineraria del Nord della Francia, ha visto per decenni l’industria del carbone come fulcro della sua economia e della vita quotidiana. Il giallo e il rosso, in questo contesto, sono diventati simboli di energia e forza, caratteristiche che rispecchiano perfettamente la gente di Lens, conosciuta per la sua resilienza e il suo spirito combattivo.
La scelta di questi colori è stata determinante nel differenziare la squadra dalle altre, e, nel corso degli anni, sono diventati parte integrante dell’identità visiva del club. La maglia gialla e rossa è un segno di riconoscimento immediato, non solo per i tifosi, ma anche per i giocatori stessi, che ogni volta che la indossano si sentono investiti di un’importante responsabilità: quella di rappresentare non solo il Racing, ma tutta la città di Lens e la sua cultura.
Il design delle prime maglie
Le prime maglie del Racing Club de Lens erano decisamente più semplici rispetto agli standard moderni, ma avevano già in sé la spinta a diventare un emblema di comunità. Con il passare degli anni, il design delle maglie si è evoluto, ma i colori fondamentali sono rimasti invariati. Gli sviluppi nel design delle maglie hanno seguito le tendenze del calcio europeo, passando da tessuti di cotone pesante a materiali più leggeri e tecnologici, ma la combinazione di giallo e rosso ha sempre mantenuto un posto centrale.
Nel corso dei decenni, la maglia del Racing Club de Lens ha acquisito una forte connotazione simbolica. Durante i momenti più difficili, quando la squadra lottava per la salvezza o per il ritorno in Ligue 1, la maglia gialla e rossa rappresentava il legame indissolubile con la città, che non smetteva mai di sostenere la squadra. Così, anche nei periodi di crisi, la maglia è stata indossata con orgoglio dai tifosi, come un simbolo di speranza e di continuità.
La maglia nelle diverse ere
Durante la sua storia, la maglia del Racing Club de Lens ha subito diverse modifiche, alcune più radicali e altre più leggere, ma sempre nel rispetto della tradizione. Le modifiche ai materiali e ai tagli, così come l'introduzione di nuovi sponsor e loghi, hanno reso ogni versione della maglia un’interpretazione unica, ma senza mai tradire i colori che l’hanno resa celebre. Negli anni '90, ad esempio, la maglia presentava un design più aggressivo, con strisce diagonali che riflettevano la determinazione della squadra, mentre negli anni più recenti il design è tornato a uno stile più sobrio, ma comunque caratterizzato dai colori forti e vivaci.
Nel 1998, il Racing Club de Lens ha raggiunto uno dei momenti più alti della sua storia, vincendo il campionato di Ligue 1. In quell’anno, la maglia gialla e rossa è diventata il simbolo di una vittoria storica, che ha cementato ulteriormente il legame tra la squadra e i suoi tifosi. In quell'occasione, la maglia non era solo un indumento sportivo, ma un vero e proprio vessillo di vittoria e orgoglio.
Oggi, la maglia Racing Club de Lens continua a evolversi, ma resta saldamente legata alla tradizione. Gli sponsor, il logo del club e il design generale sono cambiati nel tempo, ma i colori sono sempre gli stessi, e ogni nuova versione della maglia racconta la storia di un club che non ha mai smesso di crescere e di affermarsi, pur restando fedele alle sue radici.
Conclusioni
Le origini della completini calico non sono solo un racconto di stoffa e design, ma una narrazione che si intreccia con la storia sociale, economica e culturale di una città e di una regione. Gialla e rossa, la maglia è il simbolo di una passione che non si spegne mai, una passione che ha attraversato gli anni e che continua a battere forte nel cuore dei tifosi. Indossarla oggi è come indossare una parte della storia del calcio francese, una storia che non smette mai di essere scritta.
II.Il Legame con la Città e i Tifosi
Il Racing Club de Lens non è solo una squadra di calcio: è un'istituzione che rappresenta il cuore pulsante della città di Lens e dell’intera regione delle Hauts-de-France. Il legame tra il club e la sua comunità è unico, un legame che si esprime nella passione viscerale dei tifosi e nel modo in cui la squadra è percepita come un’estensione dell’identità cittadina. La maglia del Racing Club de Lens, con il suo giallo e rosso, è il simbolo di questa unione indissolubile, una bandiera che non sventola solo sugli spalti, ma in ogni angolo della città e oltre.
La città di Lens e il suo amore per il club
Lens è una città che ha vissuto le sfide della rivoluzione industriale, con la sua economia legata al carbone e un passato segnato da sacrifici e dure lotte. In questo contesto, il Racing Club de Lens è diventato più di una semplice squadra di calcio. La squadra è un simbolo di resilienza, di speranza e di spirito combattivo. La città, così come il club, ha attraversato alti e bassi, ma entrambi hanno sempre saputo rialzarsi con determinazione.
Quando i tifosi di Lens si radunano allo stadio Bollaert-Delelis, non sono solo spettatori di una partita di calcio. Per loro, quella è una manifestazione di orgoglio e di identità. Ogni partita casalinga è un’occasione per rinnovare il legame con la squadra e con la propria città, un legame che trascende il calcio stesso e abbraccia una sfera più profonda, quella della comunità e della cultura.
La maglia del Racing Club de Lens è il punto di riferimento visivo di questa unione. I tifosi che indossano con orgoglio la maglia gialla e rossa non lo fanno solo per sostenere la squadra, ma per dire al mondo intero che sono parte di una comunità che non smette mai di lottare, una comunità che si riconosce nei colori e nella storia del proprio club.
Il ruolo dei tifosi: passione e fedeltà
I tifosi del Racing Club de Lens sono tra i più appassionati e fedeli di tutta la Francia. Non c'è una squadra in Ligue 1 che possa vantare una tifoseria così calorosa e presente. I "Sang et Or" (Sangue e Oro), come sono chiamati i tifosi, sono noti per la loro dedizione e per l’atmosfera incredibile che riescono a creare durante ogni partita. Non importa che la squadra stia vivendo un periodo di successi o di difficoltà, il supporto dei tifosi non viene mai meno.
Il legame con la squadra è talmente profondo che i tifosi del Racing Club de Lens considerano ogni partita una questione personale. Il loro amore per il club va oltre il calcio: è una vera e propria fede, una passione che si tramanda di generazione in generazione. Le strade di Lens, i caffè, le piazze, tutti diventano luoghi di incontro per i tifosi che parlano della loro squadra, dei suoi successi e delle sue speranze per il futuro. La maglia gialla e rossa è una vera e propria bandiera che non sventola solo nello stadio, ma anche tra le vie della città, nelle case, nei bar. È un simbolo di appartenenza, di identità e di comunità.
Questa connessione tra la squadra e i tifosi si estende anche al campo di gioco. Ogni volta che i giocatori scendono in campo con la maglia, sanno di portare con sé l'intero spirito della città e dei suoi abitanti. La maglia diventa un veicolo attraverso cui si esprimono le speranze e le ambizioni di una comunità che non ha mai smesso di sognare, anche nei periodi più difficili.
L’importanza della maglia per l’identità tifosa
La maglia del Racing Club de Lens, con il suo giallo brillante e il rosso acceso, non è solo un capo d’abbigliamento sportivo, ma un vero e proprio vessillo di identità. Per i tifosi, è un simbolo di appartenenza a qualcosa di più grande di una semplice squadra di calcio: è il segno tangibile di un amore viscerale per la propria città e per il proprio club. La maglia gialla e rossa diventa così un simbolo che trascende lo sport, rappresentando l'orgoglio e la passione di una città che ha visto nelle difficoltà la propria forza.
Ogni volta che la squadra indossa la maglia, i tifosi sentono di partecipare a un qualcosa di speciale. L'emozione di vedere il proprio club scendere in campo con i colori che da sempre li rappresentano è qualcosa che non può essere descritto a parole. La maglia, dunque, diventa un segno di unione, di speranza e di passione che va ben oltre la partita stessa.
La tifoseria e il legame intergenerazionale
Un altro aspetto affascinante del legame tra la maglia e la città di Lens è la trasmissione intergenerazionale della passione per il Racing Club. I genitori insegnano ai propri figli non solo la storia del club, ma anche il valore dei suoi colori e l’importanza di portare con orgoglio la maglia. In questo modo, il legame tra il club e la sua tifoseria si rinnova continuamente, creando una tradizione che viene tramandata di generazione in generazione.
Le vecchie storie di vittorie storiche, di sfide indimenticabili e di momenti di gloria sono raccontate dai nonni ai nipoti, dai padri ai figli, mentre la maglia continua a rappresentare un simbolo di contin uità e di orgoglio per tutti. La passione per il Racing Club de Lens non è solo una questione di risultati sportivi, ma una questione di identità culturale e di legame affettivo che unisce tutte le generazioni di tifosi.
Conclusioni
Il legame tra la città di Lens, i suoi tifosi e la maglia del Racing Club de Lens è un esempio perfetto di come il calcio possa essere un catalizzatore di identità e comunità. La maglia gialla e rossa, che ogni anno viene indossata da giocatori e tifosi, non è solo il simbolo di una squadra, ma il simbolo di una città che si riconosce nei suoi colori, nella sua storia e nel suo spirito indomito. Per i tifosi del Racing Club de Lens, la maglia è molto più di un semplice indumento: è un legame che unisce passato, presente e futuro, un legame che non si spezza mai, nemmeno nei momenti più difficili.
III.Innovazione e Tradizione nella Maglia
La maglia del Racing Club de Lens è da sempre il simbolo di un perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione. Sebbene il club abbia radici profonde nella sua storia, il design della maglia non è rimasto immutato, ma ha saputo evolversi e adattarsi alle nuove tecnologie e tendenze del calcio moderno. La sfida tra il rispetto delle tradizioni e la ricerca di innovazione è sempre stata una costante nella progettazione della maglia, e il Racing Club de Lens ha saputo gestirla con eleganza, mantenendo l’identità che l’ha reso famoso e allo stesso tempo migliorando costantemente le prestazioni per i suoi giocatori.
Un'evoluzione nel design
Fin dagli inizi del XX secolo, il design delle maglie del Racing Club de Lens ha subito numerosi cambiamenti. La tradizionale combinazione di colori giallo e rosso è rimasta invariata, ma nel corso degli anni, il taglio e i dettagli delle maglie sono stati continuamente adattati alle esigenze del calcio moderno.
Negli anni '80 e '90, ad esempio, il club ha sperimentato con strisce orizzontali e pattern geometrici più audaci, influenzati dalle tendenze della moda calcistica di quegli anni. Durante questo periodo, il Racing Club de Lens è riuscito a combinare l’innovazione stilistica con l’essenza dei propri colori, creando maglie che erano non solo pratiche per i giocatori, ma anche vere e proprie dichiarazioni di stile.
Nel XXI secolo, con l'introduzione di nuovi materiali tecnologici, la maglia ha cominciato a incorporare tessuti più leggeri, traspiranti e performanti, garantendo una maggiore comodità e performance sul campo. L'evoluzione del design ha continuato ad essere influenzata dalle necessità funzionali, come la resistenza e la mobilità, ma senza mai sacrificare l’impatto visivo che la maglia rappresenta.
Innovazioni tecnologiche e funzionali
Oggi, le maglie del Racing Club de Lens sono realizzate con materiali all'avanguardia che migliorano il comfort e le prestazioni. Il tessuto ad alte prestazioni, che riduce il sudore e regola la temperatura corporea, è diventato uno standard nelle maglie professionali. La maglia è progettata per adattarsi perfettamente al corpo, consentendo ai giocatori di muoversi con agilità, senza compromettere la libertà di movimento, un aspetto fondamentale per un calcio sempre più dinamico e fisico.
L’introduzione di tecnologie come il "mesh" (una rete traspirante) e il "Dri-FIT" ha permesso alla maglia di rimanere asciutta anche durante le partite più intense. Inoltre, i nuovi materiali sono progettati per ridurre al minimo l'attrito, permettendo ai giocatori di concentrarsi interamente sul gioco senza distrazioni causate dal sudore o dall’irritazione. La tecnologia ha anche migliorato l’aspetto estetico della maglia, rendendola più leggera, aderente e aerodinamica, mantenendo al contempo l’efficacia in termini di prestazioni.
Il ritorno alle tradizioni: un mix di passato e futuro
Nonostante l’innovazione tecnologica, la maglia del Racing Club de Lens ha sempre rispettato il suo passato. L’introduzione di elementi storici, come il ritorno a un design più classico nelle ultime stagioni, ha testimoniato il rispetto per la tradizione del club. Maglie più semplici, con strisce orizzontali sottili o dettagli in stile retrò, sono state scelte per celebrare momenti emblematici della storia del Racing. Queste versioni storiche evocano la passione e l’orgoglio di una squadra che ha fatto la storia del calcio francese.
Inoltre, il logo del club, che è rimasto invariato nel corso degli anni, è stato integrato in modo discreto e stilisticamente armonioso con i nuovi design. La scelta di mantenere un logo tradizionale in un contesto di innovazione tecnologica è una dimostrazione di come il Racing Club de Lens abbia saputo navigare il passaggio tra il vecchio e il nuovo, senza mai dimenticare le proprie radici.
La maglia e la cultura del club
L’innovazione nella maglia non riguarda solo gli aspetti tecnici, ma anche il modo in cui la maglia è percepita dai tifosi. Ogni nuova versione della maglia del Racing Club de Lens viene accolta con grande entusiasmo dalla tifoseria, che spesso è coinvolta nelle scelte di design, attraverso sondaggi o dibattiti pubblici. I tifosi hanno un legame molto forte con la maglia e ogni novità viene vista come una forma di evoluzione che deve rispecchiare l’identità e i valori del club. La maglia è vista non solo come un indumento sportivo, ma come un simbolo di appartenenza e di tradizione che viene costantemente aggiornato per stare al passo con i tempi.
In questo contesto, l'innovazione nella maglia non è solo una questione di estetica, ma anche di coinvolgimento della comunità. Il Racing Club de Lens ha saputo far sentire i tifosi parte di un progetto che guarda al futuro senza dimenticare il passato. Ogni nuova maglia rappresenta una nuova sfida, ma anche un tributo alla lunga e fiera storia del club.
Conclusioni
La maglia del Racing Club de Lens è un esempio perfetto di come tradizione e innovazione possan o coesistere in armonia. Mentre il club continua a innovare in termini di design, tecnologia e materiali, non dimentica mai le proprie radici e l'importanza di mantenere il legame con la storia e la cultura del club. Per i tifosi, ogni nuova maglia è una testimonianza di questo equilibrio tra il rispetto per la tradizione e l'entusiasmo per il futuro. La maglia non è solo un capo da indossare, ma un simbolo di un’identità forte e di una passione che continua a vivere nei cuori di chi sostiene il Racing Club de Lens.
IV.La Maglia come Simbolo di Orgoglio Regionale
La maglia del Racing Club de Lens è molto più di un semplice indumento sportivo; rappresenta un legame profondo tra il club, la città di Lens e l’intera regione del Nord-Passo di Calais. Questo territorio, storicamente segnato dal duro lavoro nelle miniere di carbone, ha trovato nella squadra di calcio e nella sua maglia giallo-rossa un simbolo di resilienza, determinazione e comunità. Ogni volta che i giocatori del Lens scendono in campo indossando questi colori, incarnano l’orgoglio di una regione che ha superato difficoltà economiche e sociali, mantenendo intatti i propri valori e la propria identità.
Colori che Richiamano la Storia Locale
Il giallo e il rosso della maglia del Racing Club de Lens non sono stati scelti casualmente. Questi colori richiamano le fiamme e il calore delle miniere di carbone che hanno plasmato la storia della regione. Il giallo rappresenta la luce e l’energia, mentre il rosso richiama la terra e il fuoco, elementi che hanno accompagnato i minatori e i loro sacrifici quotidiani. In questo senso, ogni volta che i tifosi vedono la maglia, rivivono una parte della storia della loro comunità, sentendosi connessi al passato e allo stesso tempo fieri di far parte del presente.
Un Simbolo di Solidarietà e Unione
Per i tifosi del Racing Club de Lens, la maglia rappresenta l’unione della comunità. A Lens e dintorni, il calcio non è solo uno sport: è un rituale collettivo, un’occasione di ritrovo e di celebrazione. La maglia diventa quindi un simbolo di solidarietà e appartenenza, indossata con orgoglio non solo allo stadio ma anche nella vita quotidiana. Molti abitanti di Lens e della regione vedono nella squadra e nei suoi colori una rappresentazione della loro identità e dei valori che caratterizzano la loro comunità: umiltà, tenacia e spirito di sacrificio.
La Maglia nei Momenti di Vittoria e Sconfitta
Indossare la maglia del Racing Club de Lens significa sostenere la squadra nei momenti di gloria e di difficoltà. I tifosi hanno sempre mostrato un attaccamento incondizionato alla squadra, anche nei periodi più difficili. Questa lealtà ha conferito alla maglia un significato speciale: è diventata un simbolo di resistenza e di speranza per la regione. Le vittorie portano gioia e orgoglio, mentre le sconfitte non fanno altro che rafforzare l'attaccamento dei tifosi, che vedono nella maglia un’ancora di stabilità e un elemento di coesione nei momenti di crisi.
La Maglia come Icona Culturale
Nel Nord della Francia, il Racing Club de Lens e la sua maglia sono parte integrante della cultura popolare. La squadra è presente non solo nello sport, ma anche nella musica, nella letteratura e nell’arte, riflettendo l’influenza culturale che il club esercita su questa regione. Indossare la maglia è un modo per esprimere l’orgoglio locale e l’identità regionale, un modo per dire al mondo che il nord della Francia ha una storia unica, un carattere forte e una comunità unita.
Conclusione
La maglia del Racing Club de Lens non è solo un simbolo sportivo, ma un'icona culturale che racconta l'orgoglio e la passione della Francia del Nord. I colori giallo e rosso, carichi di significato storico e culturale, rappresentano la forza e la solidarietà di una comunità che ha sempre trovato nella sua squadra una fonte di ispirazione. Ogni nuova stagione e ogni nuovo design della maglia confermano questo legame profondo tra il club e la sua regione, trasformando la maglia in una rappresentazione vivente dell'orgoglio regionale e del valore che il Racing Club de Lens ha per la sua gente.
V.Un Futuro Brillante per la Maglia del Racing Club de Lens
Il Racing Club de Lens ha dimostrato nel corso degli anni che la sua maglia è molto più di un semplice capo di abbigliamento sportivo: è un simbolo vivo che racconta la storia, la passione e l’orgoglio di una regione intera. Con un forte legame con la sua identità storica e culturale, il futuro della maglia del Racing Club de Lens appare altrettanto luminoso, pronto ad affrontare le sfide e le opportunità che il calcio moderno porta con sé.
Sostenibilità e Innovazione Tecnologica
Uno degli aspetti chiave del futuro della maglia del Racing Club de Lens riguarda la crescente attenzione verso la sostenibilità. Con la crescente consapevolezza ambientale nel mondo del calcio, il club e il suo sponsor tecnico hanno cominciato a sperimentare l'uso di materiali riciclabili e sostenibili per la produzione delle maglie. La sostenibilità non è più solo una moda passeggera, ma una necessità che influisce su ogni fase del design e della produzione. L’uso di tessuti ecologici, come quelli realizzati con plastica riciclata o con materiali naturali che riducono l’impatto ambientale, è destinato a diventare sempre più diffuso nelle collezioni future.
Oltre all’aspetto ecologico, l’innovazione tecnologica continuerà a giocare un ruolo cruciale nel design delle maglie. Le tecnologie avanzate che migliorano la traspirabilità, la resistenza e la leggerezza delle maglie sono già una realtà, ma è probabile che in futuro emergeranno nuovi materiali ancora più performanti. Il futuro delle maglie del Racing Club de Lens si preannuncia ricco di innovazioni che renderanno il gioco ancora più dinamico e confortevole per i giocatori, mantenendo al contempo il carattere e l’identità del club.
Un Design Sempre Più Personalizzato
Con l’evoluzione del calcio come spettacolo globale e la crescente domanda di personalizzazione, le maglie del Racing Club de Lens potrebbero diventare ancora più individualizzate in futuro. Non solo i tifosi, ma anche i giocatori stessi potrebbero avere più opzioni per adattare la maglia al proprio stile personale, con modifiche alle grafiche, al taglio o ai dettagli tecnici. L’evoluzione della tecnologia dei tessuti e delle stampe permetterà di offrire maglie che si adattano meglio al corpo e migliorano la performance atletica, ma senza perdere di vista l’aspetto visivo che ha reso la maglia del Racing un simbolo riconoscibile.
Inoltre, la creazione di edizioni limitate o versioni speciali della maglia, per celebrare determinati traguardi o anniversari del club, è un trend che continuerà a crescere. Queste maglie da collezione diventeranno non solo oggetti di passione per i tifosi, ma anche pezzi unici da custodire, con design sempre più sofisticati che celebrano la storia e i successi del Racing Club de Lens.
Rinnovata Connessione con i Tifosi
Il futuro della maglia del Racing Club de Lens non sarà solo una questione di design e tecnologia, ma anche di connessione con i tifosi. Oggi, i club calcistici stanno cercando di coinvolgere ancora di più la propria base di sostenitori nelle decisioni relative al merchandising, inclusa la progettazione delle maglie. È probabile che il Racing Club de Lens, da sempre attento al legame con i propri tifosi, continui a coinvolgere la sua comunità locale nel processo creativo, permettendo ai fan di essere parte attiva nella scelta dei design delle maglie, attraverso sondaggi e feedback sui social media.
L’aspetto digitale della maglia è un altro campo che potrebbe essere esplorato in futuro. L'integrazione della tecnologia nelle maglie potrebbe rendere l’esperienza del tifoso ancora più coinvolgente, attraverso applicazioni che permettano di interagire con il club in tempo reale o tramite realtà aumentata, trasformando la maglia in una piattaforma per raccontare storie, eventi speciali e momenti iconici della squadra.
Un Marchio di Successo Globale
Guardando al futuro, è innegabile che il Racing Club de Lens ambisca a un’espansione del proprio marchio al di fuori dei confini francesi. Con l’incremento della globalizzazione nel mondo del calcio, il club potrebbe trovare nuove opportunità di mercato per le sue maglie, con un ampliamento del proprio merchandising a livello internazionale. Questo non significherebbe solo vendere le maglie al di fuori della Francia, ma anche far crescere la visibilità del club a livello mondiale, rendendo la maglia un simbolo riconoscibile anche nelle arene calcistiche internazionali.
Continuare a Celebrare la Storia
Nonostante tutte le innovazioni che il futuro porterà, la maglia del Racing Club de Lens continuerà a raccontare la storia e la tradizione di una squadra che ha saputo mantenere intatti i suoi valori. La passione e l’orgoglio della sua regione, l’identità dei suoi tifosi e la forza di una comunità che ha sempre vissuto il calcio come un momento di coesione, non cambieranno mai. Anche in futuro, quando le tecnologie cambieranno e i design evolveranno, la maglia del Racing sarà sempre la rappresentazione di tutto ciò che il club rappresenta: passione, resistenza e orgoglio.
Conclusione
Il futuro della maglia del Racing Club de Lens è destinato a essere un mix affascinante di innovazione e tradizione, un equilibrio che il club ha sempre saputo mantenere con orgoglio. Con l’adozione di tecnologie più sostenibili, design personalizzati e una connessione ancora più forte con i tifosi, la maglia continuerà a essere un simbolo di appartenenza e identità. Il Racing Club de Lens ha un futuro brillante davanti a sé, e la sua maglia, in continua evoluzione, continuerà a raccontare la passione, la storia e l’orgoglio della Francia del Nord per gli anni a venire.
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Totò Schillaci, la vita privata: l’amore infinito per la moglie Barbara e i 3 figli
[[{“value”:” Totò Schillaci, icona del calcio italiano e eroe di Italia ’90, ci ha lasciato a 59 anni,… L’articolo Totò Schillaci, la vita privata: l’amore infinito per la moglie Barbara e i 3 figli proviene da Notizie 24 ore. “}]] Read More [[{“value”:”Totò Schillaci, icona del calcio italiano e eroe di Italia ’90, ci ha lasciato a 59 anni,… L’articolo Totò Schillaci, la vita privata: l’amore…
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Addio a Totò Schillaci, l'eroe delle "Notti Magiche" di Italia '90
Addio a Totò Schillaci, l'eroe delle "Notti Magiche" di Italia '90. Salvatore "Totò" Schillaci, indimenticato protagonista dei Mondiali di calcio di Italia '90, è morto a 59 anni dopo aver combattuto contro il cancro.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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Totò Schillaci, idolo di Italia 90, è morto a 59 anni.
Il calcio italiano dice addio a Totò Schillaci, si è spento a 59 anni dopo aver combattuto il cancro, che nelle ultime settimane aveva fatto aggravare le sue condizioni. Veniva dalla serie B ma, toccato dalla grazia del pallone, giocò e segnò da fuoriclasse: sei le sue reti in quel torneo. All'Italia non bastarono a vincere il titolo, ma furono sufficienti per quell'attaccante con movenze da videogioco, diventò un idolo: con i suoi occhi spiritati e le braccia alzate al cielo ha rappresentato il sogno di quelle notti di mezza estate. La nazionale guidata da Vicini arrivò terza tra tanti dubbi e polemiche, eliminata a Napoli in semifinale dall'Argentina di Maradona: Schillaci però si aggiudicò i titoli di capocannoniere e di miglior giocatore della competizione. Se i rimpianti segnano il calcio italiano per quell'avventura mal condotta su molti fronti, lui invece ne era esente a tutto tondo: "Da piccolo sognavo di fare il calciatore e, insieme a questo, ho realizzato tutti i miei desideri: per esempio, giocare nella Juve. Mi sarei accontentato di poco, invece il calcio mi ha dato tutto: fama, vittorie, denaro" aveva raccontato qualche tempo fa in una intervista. Nato a Palermo il'1 dicembre 1964, dopo aver mancato il passaggio alla squadra della sua città per pochi milioni di lire, Schillaci, che giocava nell'AMAT, fu acquistato dal Messina nel 1982, quando doveva ancora compiere 18 anni. Dopo aver segnato 11 gol complessivi nelle sue prime 3 stagioni, ne fece altrettanti nella quarta, contribuendo in maniera decisiva alla promozione dei siciliani in Serie B. Nella categoria cadetta, guidato da Franco Scoglio, giocò per altre tre stagioni, segnando 13 gol nel 1987-1988 e addirittura 23 nel 1988-89, quando fu capocannoniere con Zdenek Zeman in panchina. Fu quella stagione a lanciarlo nel calcio che conta, verso la Juventus che lo acquistò per 6 miliardi di lire. Già dalla prima stagione diventò titolare realizzando 15 gol in 30 partite di campionato. Contribuì in maniera decisiva alle vittoria del club bianconero in Coppa Italia e in Coppa Uefa. Queste ottime performance convinsero il ct Azeglio Vicini a convocarlo per il Mondiale del '90. Schillaci cominciò dalla panchina come riserva di Carnevale. Nella seconda metà del secondo tempo dell'incontro di apertura contro l'Austria il match è ancora 0-0. Totò entra in campo e dopo quattro minuti segna di testa il gol che permette agli azzurri di vincere la partita. Inevitabilmente, Schillaci diventa titolare dell'attacco italiano con Roberto Baggio e segna in tutte le successive gare giocate dagli azzurri. Insomma, diventa il simbolo di Italia '90. Ma nelle stagioni successive la sua stella si eclissa. Comincia a segnare sempre meno, tormentato anche da una separazione da giornali scandalistici con la prima moglie Rita Bonaccorso: in una partita contro il Bologna, minaccia il giocatore avversario Fabio Poli dicendogli "ti faccio sparare". Alla fine della stagione 1991-1992, con l'arrivo di Gianluca Vialli in bianconero, Schillaci trovando sempre meno spazio aveva lasciato il club torinese. Era passato quindi all'Inter per 8,5 miliardi di lire, segnando in due stagioni 11 gol in 30 partite e partecipando al vittorioso cammino nella coppa Uefa dei nerazzurri, pur se aveva lasciato il club nell'aprile del 1994. Trasferimento in Giappone allo Júbilo Iwata dove diventa il primo calciatore italiano a militare nel campionato nipponico. Nel 1997 vince con la sua squadra la J. League, ma subisce anche un serio infortunio che lo relega definitivamente lontano dai campi di gioco, fino al ritiro ufficializzato nel 1999. Appesi gli scarpini al chiodo Schillaci torna a Palermo dove, nel 2001 si candida come consigliere comunale con Forza Italia. Eletto, si è dimette dopo un paio d'anni. Nel 2004 partecipa al reality "L'isola dei famosi" e nel 2008 prende parte al film "Amori bugie e calcetto" insieme ad altri ex calciatori. Nel 2011 interpreta il ruolo di un boss mafioso in una puntata di "Squadra antimafia - Palermo oggi". L'anno dopo fa un cameo in un episodio della serie "Benvenuti a tavola - Nord vs Sud". Con Andrea Mercurio, nel 2016, pubblica l'autobiografia "Il gol è tutto". Nel 2019 s'improvvisa rapper e partecipa al singolo "Gli anni degli anni" dei 78 Bit. Nel 2021 prende parte come concorrente al programma televisivo "Back to School", nel 2023 in coppia con la moglie Barbara, arriva in semifinale nel reality "Pechino Express": scampoli di popolarità per uno che in un'altra semifinale, nel 1990, era stato capace di far sognare più di 27 milioni di telespettatori. Read the full article
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La Ragione di Stato - " Delitto e castigo"
“Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è sicuramente il libro sul calcio più atteso del momento. Dopo averci raccontato i mondiali nostrani ed essersi ingrandito a dismisura su svariate pagine online, ritorna il collettivo calcistico più sardonico ed aggiornato del panorama sportivo italiano. Su carta stampata, però, non è come sui social. Avverti il passare del tempo, ritorni sui tuoi passi, non hai paura dei giudizi degli altri, tieni il tuo ritmo, respiri a seconda dello sforzo e soprattutto non sei spinto da un’innaturale foga a voler dire la tua. I libri ti aiutano a soffermarti sui tuoi ricordi: possiamo risalire tutti a cosa stessimo facendo durante l’estate del 2000, è inutile negarlo. Io, per esempio lavoravo in una sala corse, e guardai tutte le partite dell’Italia dalla mia postazione, dietro ad una lastra di plexiglass, sugli schermi di quell’ambiente poco salubre ma così, drammaticamente, connesso con la realtà in cui mi trovavo.
Chi lavorava, chi studiava, chi aveva la fortuna di essere già in vacanza. Chi era pendolare e chi aveva un bar o una panetteria. Delitto: i rigori contro l’Olanda in semifinale, le parate di Francesco Toldo, i falli di Iuliano e la tracotante giovinezza di Totti, che raggiunse l’apice con la leggendaria “Panenka” all’altissimo portiere olandese Van der Sar. Castigo: il disastro di Del Piero in fase di ripiego e le reti di Wiltord in pieno recupero e Trezeguet al golden goal, per quella finale che sembrava vinta. Fato, destino, karma e meriti. C’è poco Dostoevskij e tanto folklore, in questo libro che si legge tutto d’un fiato, complice una narrazione ficcante e sarcastica che, nonostante il finale noto, lascia, con il trascorrere del tempo di gioco, sempre un barlume di speranza nel lettore. Amato e Chirac in tribuna, noi e i francesi nelle piazze. Pizzul che non ce la fa più, Umberto Bossi che, abbandonata ormai del tutto l’idea federalista, si lascia scappare un “non tiferò per la Francia” a un giornalista che gli chiede di esprimersi sul risultato della finale. Nonostante il troppo scontato il capitolo finale, dedicato presente dei protagonisti di questa storia che sa tanto di “dove sono adesso”, “Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è uno dei volumi più commoventi e intimisti mai scritti sul nostro calcio. Dall’inizio alla fine. Non siamo usciti vivi dagli anni ’90, come non siamo riusciti a spazzare un pallone al novantatreesimo minuto di una finale europea. “Ma stavolta c’è qualcosa di diverso. A Napoli dieci anni fa, nel 1990, sono stati gli argentini a portarci contro la nostra volontà all’epilogo dal dischetto. A Pasadena nel 1994 e in Francia nel 1998 le partite si sono stancamente trascinate ai rigori per forza d’inerzia, senza che nessuno abbia fatto nulla o quasi per evitare questo finale. Stavolta è diverso. Stavolta siamo noi che abbiamo deciso, in scienza e coscienza, di portare l’incontro alla lotteria, di buttarla in caciara, di evitare che potesse vincere il più forte. Non dobbiamo avere paura di quanto abbiamo voluto.”
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Stadio Diego Armando Maradona: tempio del calcio azzurro
Lo Stadio Diego Armando Maradona, situato nel quartiere Fuorigrotta di Napoli, è molto più di un semplice impianto sportivo. È un vero e proprio simbolo della città, un luogo intriso di storia, passione e tifo. Intitolato nel 2020 alla leggenda del calcio Diego Armando Maradona, che ha vestito la maglia azzurra dal 1984 al 1991, lo stadio rappresenta il cuore pulsante del Napoli Calcio e un punto di riferimento per i tifosi di tutto il mondo. Dalle origini al Maradona: la storia dello stadio Inaugurato nel 1959 come Stadio del Sole, l'impianto ha subito una profonda ristrutturazione in vista dei Mondiali di Italia '90, assumendo l'attuale fisionomia. Nel 2020, a seguito della scomparsa di Maradona, il Comune di Napoli ha deciso di dedicargli lo stadio, rendendolo un monumento permanente alla sua memoria e al suo immenso contributo al calcio partenopeo. Un'architettura imponente e un'atmosfera unica Con una capienza di circa 60.000 posti, lo Stadio Diego Armando Maradona si distingue per la sua architettura imponente e l'atmosfera elettrizzante che si respira al suo interno. La struttura ellittica, caratterizzata da tre anelli sovrapposti, offre una visuale eccellente del campo da gioco da ogni settore. L'inconfondibile cornice azzurra delle gradinate, gremita di tifosi appassionati, crea un'atmosfera unica che rende ogni partita un'esperienza indimenticabile. Un palcoscenico per grandi eventi Oltre ad essere la casa del Napoli Calcio, lo Stadio Diego Armando Maradona ha ospitato negli anni numerosi eventi di grande rilevanza, tra cui partite della Nazionale italiana e concerti di artisti di fama internazionale. La sua capienza e la sua struttura moderna lo rendono un palcoscenico ideale per eventi di grande portata, capaci di attrarre un pubblico numeroso e appassionato. Un simbolo di identità e di riscatto Lo Stadio Diego Armando Maradona rappresenta per Napoli molto più di un semplice luogo di sport. È un simbolo di identità, di appartenenza e di riscatto. Le sue mura hanno visto trionfi e sconfitte, gioie e dolori, ma hanno sempre rappresentato un punto di riferimento per la città e la sua gente. Il legame tra lo stadio e i tifosi è profondo ed anche indissolubile, alimentato da una passione viscerale che va oltre il calcio stesso. Un futuro da protagonista Guardando al futuro, lo Stadio Diego Armando Maradona si prepara ad assumere un ruolo ancora più centrale nel panorama calcistico italiano ed europeo. L'ambizione della società SSC Napoli è quella di rendere lo stadio un vero e proprio centro nevralgico del calcio, capace di attrarre investimenti e di offrire ai tifosi un'esperienza sempre più coinvolgente e all'avanguardia. Con la sua storia gloriosa, la sua atmosfera unica e il suo legame profondo con la città, lo Stadio Diego Armando Maradona è destinato a rimanere per sempre un simbolo di Napoli e del calcio italiano. Un luogo dove passione, tifo e tradizione si incontrano per dare vita soprattutto a momenti indimenticabili. Foto di Andrea Cipriano su Unsplash Read the full article
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E niente, credo che non supererò questa pagina. Non voglio più pubblicità e non voglio sicuramente spendere 10 euro al mese per fb.
Passavo veramente troppo tempo su fb, ultimamente mi veniva sparata una quantità imbarazzante di pagine sul calcio anni 90, mentre le pagine più divertenti (phazyo, ritardoantichità, slotposting, diario dei bar di provincia) non mi apparivano nemmeno più.
Troppe cose sono cambiate da quindici anni, ho pure smesso di fumare, perché non dovrei smettere con fb?
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Un’altra Juve per un altro Allegri: sono finiti gli anni d’oro
Juve, Allegri e la valorizzazione dei giovani Da sempre convinto del fatto che il calcio sia un gioco semplice “molto semplice”, in cui alla fine è l’abilità nell’effettuare il singolo gesto tecnico a determinare la superiorità finale al termine dei 90 minuti, Allegri ha dovuto cominciare a sperimentare una declinazione differente di ciò che rappresenta l’essenza del suo lavoro, tornando di fatto…
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