#calcio anni 90
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pier-carlo-universe · 21 days ago
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Il mondo del giornalismo sportivo è in lutto: Bruno Pizzul, storica voce delle telecronache calcistiche italiane, si è spento all’età di 86 anni. Con il suo inconfondibile stile sobrio ed elegante, ha accompagnato generazioni di tifosi nelle più grandi imprese della Nazionale Italiana e dei club, diventando una figura di riferimento nella storia del calcio italiano.
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ambrenoir · 11 days ago
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“Sono arrivato a 90 dannatissimi anni ora, e non posso camminare come vorrei e tutto il resto.
Adesso posso dire di essere in pensione.
La cosa peggiore quando invecchi è che tanto scompare dalla tua vita.
Non puoi correre, non puoi giocare a calcio, e gradualmente ti rendi conto che ti stai avvicinando alla morte.
La morte potrebbe essere proprio dietro l’angolo a 90 anni.
Ma sono felice.
Sono seduto qui a scrivere, facendo le mie cose.
Mi piace.
Ho due figlie, tre nipoti e una moglie… alla fine tutti mi raggiungeranno.
Nessuno dirà: ‘Mi dispiace così tanto che stai per morire – Vorrei che tu fossi come me e che non stessi per morire.’
Tutti moriranno.
Almeno sono arrivato fino a 90 anni, cazzo, non sono morto a 9, o 19 o 29.
Ho 90 anni, e ho avuto la migliore vita possibile che potessi immaginare.
La miglior moglie possibile e la migliore famiglia possibile.
Potrebbe non essere la famiglia che altri considererebbero la migliore possibile, ma è la miglior famiglia possibile per me..."
Ha oggi 92 ANNI, per il grandissimo e due volte premio Oscar... Michael Caine!
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der-papero · 7 months ago
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capisco i dubbi però penso che abbiano ragione i tedeschi e non noi. le regole sono che il governo rimane in carica 5 (immagino, o quello che è), ogni 5 anni si vota e vede in quel momento qual è il volere del popolo. cambiare in corsa è strano. è come se durante una partita di calcio una squadra sta perdendo e allora si decide di terminare la partita dichiarando un vincitore, tocca sempre aspettare il 90° per decidere. quindi capisco, ma penso sia più giusto decidere a fine mandato, magari le cose cambieranno nuovamente
Infatti non ho mai parlato di errore, solo di un comportamento molto singolare.
E comunque per me continuare a tenere su una legislatura di questo tipo è in ogni caso un suicidio politico senza ritorno, non farà altro che acuire il distacco. La tua analogia con la partita è parzialmente corretta, a mio parere, a volerla dire meglio è come una squadra che sta perdendo e la metà di essa è stata espulsa e i suoi tifosi sono andati a casa, capisco che formalmente non sia corretto dichiarare un vincitore prima del 90esimo, ma la cosa può iniziare a prendere toni surreali, oltre a porre dei seri dubbi sulla legittimità del potere in carica.
Ripeto, qui non si parla di una perdita di punti, qui si parla di partiti di maggioranza che sono scomparsi, e nelle regioni dove ancora esistono ci stanno andando molto vicino. Tanto per citare una dichiarazione di uno degli esponenti del SPD,
"Non abbiamo raggiunto dei buoni risultati e non siamo contenti alla Willy Brandt Haus", ha ammesso il segretario generale dell'Spd Kevin Kuehnert, "ma siamo riusciti ad evitare quello che noi temevamo e alcuni speravano: e cioè che per la prima volta uscissimo dai Laender"
che è come provare a fare gli esami sperando nei 18. Per carità, è laurea pure quella, però ...
Si dice sempre che la politica è l'arte del possibile, ma credo che anche a questa definizione ci sia un certo limite, ecco.
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diceriadelluntore · 6 months ago
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Storia Di Musica #342 - The Corrs, Home, 2005
Le Storie musicali di band di fratelli e sorelle ci portano in Irlanda, per una band che tra fine anni '90 e inizi 2000 fu molto popolare. The Corrs, come suggerisce il nome, sono una band di tre sorelle e un fratello, i Corr appunto. La loro storia è molto particolare e si lega a quella di un film del 1991, divenuto di culto, ambientato a Dublino, da dove provengono i nostri. The Commitments, diretto da Alan Parker, racconta la storia di Jimmy Rabbitte e del suo tentativo di mettere su una band di soul e rhythm'n'blues a Dublino, The Commitments, appunto. Il film, che è anche uno spaccato dell'isola prima della travolgente trasformazione avvenuta negli ultimi decenni, fu trampolino di lancio di una serie di attori\cantanti che dopo il film si lanciarono in carriere musicali. E tra loro c'erano i fratelli Corr. Jim Corr suonava in una band con John Hughes, che curava per Parker le selezioni dei musicisti. Hughes non sapeva che Jim avesse tre sorelle musiciste, Caroline, Sharon e Andrea, con cui si presenta i provini. Andrea ottiene una parte di recitazione con battute (è Sharon, la sorella minore di Jimmy), gli altri tre fanno da comparse, ma Hughes dopo le riprese chiede di poter diventare il loro manager. Diventano una band, dove suonano diversi strumenti, anche quelli tradizionali irlandesi. Il primo grande trampolino di lancio è l'esibizione, nel 1994, per i Mondiali di Calcio di USA 94, seguita due anni dopo per la cerimonia d'Apertuna dei Giochi Olimpici di Atlanta '96. Vanno in tour a supporto di Celine Dion, mentre il loro primo disco, Forgiven, Not Forgotten, che comprende sia brani strumentali di musica tradizionali che canzoni pop rock, svetta nelle classifiche di mezzo mondo, diventando uno dei dischi d'esordio di artisti irlandesi più di successo di ogni tempo. Nel 1997 successo per Talk On Corners, partecipano al Pavarotti And Friends a Modena e ricevono nel 1999 un Brit Award come Miglior Band Internazionale, registrando persino un MTV Unplugged, che vende milioni di copie. Il successivo disco, In Blue, prodotto da Robert John "Mutt" Lange, li consacra star internazionali: il singolo Breathless va in classifica in mezzo mondo, come Radio, l'album è il terzo disco con le maggiori vendita della Storia delle Classifiche musicali d'Irlanda dopo il The Best Of 1980-1990 degli U2 e Be Nere Now degli Oasis. Sono nominati ai Grammy Awards. Registrano un altro disco dal vivo, VH1 Presents: The Coors Live In Dublin, con ospiti Bono che duetta con loro in When The Stars Go Blue di Bryan Adams (un gioiellino) e Summer Wine di Nancy Sinatra e Ronnie Wood dei Rolling Stones che suona la chitarra in Little Wing, cover del classico di Jimi Hendrix e in Ruby Tuesday. Succede però una fatto doloroso: Jean, la madre dei fratelli Corr, muore in attesa di un trapianto di fegato all'ospedale di Newcastle, in Gran Bretagna.
E proprio alla madre, e alla loro terra, è dedicato questo disco, Home, che esce nel 2005. L'album precedente, Borrowed Heaven, già aveva riaperto la strada del folk nella loro musica, che nei dischi di successo internazionale si era un po' persa, ma in questo disco si ritorna alle origini. In scaletta 12 pezzi, divisi tra strumentali tradizionali di musica celtica irlandese, come Haste To The Wedding, che è il brano principe del ballo Céilí, uno scritto da Sharon Corr, Old Hag e due cantati in lingua gaelica dalla bellissima voce di Andrea, Buachaill ón Éirne (che vuol dire Ragazzo di Erne) e Bríd Óg Ní Mháille, Bridget O'Malley, che probabilmente è una riedizione ottocentesca di un antico canto dedicato a santa Brigida d'Irlanda. Ancora più emozionate è la parte di canti tradizionali cantati in inglese: My Lagan Love è uno dei primi traditional scoperti da Joseph Campbell, che agli inizi del 1900 intraprese un percorso di ricerca e traduzione dei canti tradizionali, musicati e riportati sugli spartiti da Herbert Hughes; la meravigliosa Spancil Hill è invece un traditional, probabilmente scozzese, che venne riadattato dai migranti irlandesi in America, dove divenne molto famosa nella zona dei Monti Appalachi: lo spancil era un modo di legare le zampe dei capi di bestiame per non farli scappare durante le fiere. Dolcissime sono Peggy Gordon e la bellissima Black Is the Color, conosciuta anche come Black Is the Color Of My True Love's Hair, brani che raccontano il carattere forte e deciso delle donne di quei posti. The Moorlough Shore è una delle più famose ballate irlandesi: è la storia di un giovane, innamorato della sua terra e di una ragazza, che però rifiuta le sue avances perché ama già un marinaio. Aspetterà il suo vero amore per sette anni. Frustrato, il ragazzo lascia la casa della sua infanzia e salpa, continuando a elogiare la ragazza che ama e che vive a Moorlough Shore. Sulla sua melodia, durante gli anni della Rivoluzione dell'Indipendenza irlandese (negli anni Dieci del 1900) i rivoluzionari cantarono The Foggy Dew, il principe dei brani di libertà irlandese. Completano la scaletta tre cover di brani moderni: Heart Like A Wheel, successo di Kate & Anna McGarrigle, poi ripreso da tanti artisti (la versione più famosa di Linda Ronstand), Old Town del leader dei Thin Lizzy Phil Lynott e un brano, Dimming Of The Day, scritto da Richard e Linda Thompson per un loro disco del 1975, Pour Down Like Silver. La musica è arrangiata con delicatezza, agli strumenti moderni sono affiancati i tin whistle, il Bodhrán (che è il tamburello irlandese) e una sezioni archi, che è sempre stato un marchio di fabbrica della musica Corrs. Spicca la voce, brillante e squillante di Andrea Corr, emozionante in più di un passaggio. Il disco, che non è di successo come i precedenti, ha comunque successo in patria, In Australia e sorprendentemente in Francia, dove vende 100 mila copie.
Andrea Corr, che ha recitato anche in altri film, tra cui Evita con Madonna e da protagonista una semisconosciuta commedia canadese, The Boys From County Clare, tenterà, con scarso successo, anche la carriera solista, con Ten Feet High. I Corrs continuano a suonare e a pubblicare materiale (l'ultimo disco del 2017) ma non hanno più raggiunto il successo dei dischi pop, nè la delicatezza, e la bellezza, del disco di oggi, un bellissimo esempio di variazioni "moderne" ai classici tradizionali della cultura delle isole britanniche, un grande tesoro culturale.
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sottileincanto · 11 months ago
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Mi domando cosa sarebbe successo se io, in un certo senso, non fossi stata "costretta" ad un certo punto a "diventare" femmina. Perché, in completa autonomia e senza alcun tipo di influenze, fino agli 11 anni quando, disgraziatamente ed inevitabilmente il mio corpo mi "tradì", iniziando a sanguinare ogni mese, avevo sempre vissuto come un maschio. Lego, trenini, macchinine e plastilina (insieme ad un paio di bambolotti, le famose cabbage patch kids) erano i miei giochi preferiti, mi sono sempre e solo vestita da maschio, ho sempre giocato a calcio con i compagnetti non con le femmine ai "giochi da femmina", la mia attività sportiva era il basket, non la danza classica ( sì, mia madre ci aveva provato ma si era dovuta arrendere dopo qualche mese accettando di ripiegare su danza moderna, mentre io volevo fare judo, ma... "No, ti rompi le ossa!!!"). Ma a quel punto dovetti arrendermi: i miei compagni, a basket, a dodici anni erano diventati tutti più grossi di me e nelle partitelle di allenamento iniziavo a farmi male (alla fine mi sono irrimediabilmente fracassata un ginocchio giocando). Dovetti chiedere a mia madre di comprarmi dei body elastici per comprimere il seno che si stava ingrossando ed era per me fonte di vergogna e umiliazione e alla fine fui costretta a passare al reggiseno. E comunque non c'è mai stato verso di farmi indossare la divisa femminile della scuola, finivo in punizione dal vicepreside, ma la gonna no. Ma all' epoca (erano i primi anni '90, in un collegio cattolico poi) se nascevi femmina, eri femmina, non c'erano dubbi. Ancora oggi a 44 anni non sono in grado di truccarmi, mi fa impressione avere quella roba sul viso. E non sono in grado di vestirmi da donna, nelle rare occasioni in cui sono obbligata a farlo mi sembra carnevale e sembro caduta per sbaglio nei vestiti di qualcun altro. Chissà cosa sarebbe successo se avessi avuto la possibilità di scegliere.
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gcorvetti · 10 months ago
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Pensieri musicali.
La musica non è solo prendi lo strumento e suona, come molti di voi sanno, è anche pensiero, è un dialogo (spesso con se stessi) su come, quali suoni, quali note, quali pause, potrei continuare all'infinito perché la musica è infinita. Spesso sento dire che è stato fatto di tutto, come anche non c'è buona musica ecc ecc, tutte frasi buttate la da persone che non sanno neanche cosa sia la musica, diffidate da quelli che vi dicono "Ho fatto il conservatorio", oppure "Ho studiato una vita, tanto che ora insegno", sono persone tarate, sicuramente bravi e quindi molto ingannevoli, ma se vi capita chiedete loro di darvi una definizione di musica, vedrete che vacilla, perché ai suoi occhi la musica è quello che ha studiato, mentre ci sono persone che sono restate nella storia e non sapevano neanche tenere lo strumento in maniera corretta, tanto per dire.
LA MUSICA E' UNA FORMA D'ARTE.
Questa è la definizione più vicina alla realtà e quindi si può dire che la musica è soggettiva, per questo ci sono svariati punti di vista e miliardi di definizioni possibili, perché ognuno ha la sua. Tutte quelle discussioni su chi è più bravo, chi è più veloce, chi ha vinto più premi ecc ecc, tutte pippe mentali, ma vi pare che Robert Johnson desiderava diventare famoso? A lui interessava ingroppare e imparò a suonare per portarsi a letto più donne possibili, infatti una delle ipotesi della sua morte è che il proprietario del postaccio dove stava suonando l'ha avvelenato perché gli aveva già bombato la moglie, altri tempi. Esempi a parte, quando qualcuno vi dice "Eh ma è il mio gusto personale", caro mio il tuo gusto è dettato da quello che ascolti, se ascolti 100 band mainstream in croce di 5 stili diversi, ma sempre per esempio metal, non hai un cazzo di gusto, diteglielo, la varietà di ascolto determina un gusto che può avvicinarsi un pò a quello che potrebbe essere in qualche modo una mente allenata all'ascolto e quindi con una certa dose di criticismo, ma occhio alla parola ascolto che è importante, perché se metti su la musica tutto il giorno e nel frattempo fai altro non stai ascoltando la musica stai facendo altro e usi la musica come sottofondo perché oramai è così, purtroppo, si usa la musica perché abbiamo la paura del silenzio, che è comunque una parte portante della musica, le pause?!
Va bè tutto sto pippone per dirvi che oggi riflettevo su alcune cose musicali, la prima è che le mie colleghe ascoltano merda e me la devo sorbire anche io, robaccia tunz anni 90 estone con cover improbabili tipo Mike Oldfield Moonlight shadow in estone ma trunz che credetemi è un obbrobrio, secondo me lui stesso non l'ha mai sentito ha firmato il permesso e intascato i soldi, e robe simili tutto il giorno. L'altra è che Silvestrin non parlerà più di musica, almeno non metterà più degli estratti sul tubo, cosa che mi dispiace perché erano molto interessanti, nel suo canale adesso (ed ha iniziato subito) parla del Milan, ma come minchia può essere che uno che è nella musica da una vita, ha fatto anche cose orrende nella sua carriera ma per soldi figuriamoci, dicevo, come si fa a passare dalla divulgazione musicale al calcio. Per carità ognuno nel suo canale fa quello che vuole, considerando che comunque continua le sue live su Twitch dove mette musica nuova e parla della situazione musicale mondiale, non che italiana. Ma mi dispiace, anche perché non ho tempo per stare dietro alle dirette anche se mi piacerebbe.
Detto questo e visto l'argomento vi lascio ad una delle ultime scoperte, non proprio recente, ma mi han fatto troppo ridere.
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alessandrovilla1982 · 3 days ago
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Alessandro Villa vs RuttoVibe - "Va che bel giocatore?!" (#meme #motivazionale
Tra le tante #passioni, una tra quelle che non ho mai potuto coltivare, è sicuramente quella dello sport e, nello specifico, quella che rappresenta la virilità per antonomasia, ovvero: il calcio. Nei miei vari post, mi sono raccontato più e più volte ponendomi a chi mi segue da più angolazioni. Per coloro che vedranno questo reel e si dimanderanno cosa sia, beh, tranquilli: sto benissimo; il suono di accompagnamento col quale mi auto doppio è tratto da una clip del mitico @ruttovibe (all'Anagrafe Christian Comisso),  grazie al quale, ancora una volta, con ironia, cerco di sensibilizzare sulla tematica della consapevolezza di sé stessi e, nel mio specifico caso, sulla disabilità ed i relativi disagi che ne comporta. Con lui (RuttoVibe) la simpatia è nata diverso tempo fa quando ho avuto modo di conoscerlo attraverso un video di @Rimoldigno (ovvero Simone Rimoldi) ed ho utilizzato il suono campionato dal #meme di #VaiALetto (poi spiegato sulle pagine di #casateonline in un articolo a firma di Michela Mauri che potete leggere a questo link: https://www.casateonline.it/notizie/144060/molteno-alessandro-villa-spiega-il-perch-e-di-un-suo-video-reel). Oggi torno a campionare #ruttovibe con un altro suono che mi ha destabilizzato emotivamente... ""Va che bel giocatore!" - dice, rivolgendosi ad un suo amico - mentre il sottoscritto, a seguito della vicenda "#DueVite" di @MarcoMengoni fino a "Balorda Nostalgia" di @olly_nclusive , rimane inchiodato ad un ricordo (che Dio solo sa quando smetterà di fare male) proprio legato al mondo del calcio. 
Lo so: magari sono fatto male io ma, quando arrivi ad un punto limite oltre al quale non c'è la fai più, tutto diventa più difficile. Nel 2018, mi è crollato il mondo addosso ed ho tentato di farla finita ma, poi, ho cercato di trasformare quel dolore in un messaggio che non è stato recepito da nessuno e mi ha causato ulteriori problemi. Per questo, Christian resterà per me sempre un rifugio segreto nel quale cerco ogni volta di guardarmi dentro senza farmi schifo per quello che sono, per come mi vedono gli altri e per la considerazione che (spesso scarseggiante) hanno di me ma, forse, un giorno, tutto sarai diverso e troverò anch'io il mio posto nel mondo "alla luce del sole", senza dovermi nascondere ogni volta. 
 "Grazie anche per questo, Cri!" 
Per completezza d'informazione, il primo giocatore che porto nel cuore per motivi indipendenti dal calcio è Ruud Gullit: con lo spot degli M&M's ha scavato in una mia ferita profonda dovuta alla mancanza di un vero amico e, quel bottoncino di cioccolato, in quella pubblicità è stato uno tra i tanti pupazzi che mi hanno accompagnato durante il mio percorso di crescita negli anni ‘80 ed anni ‘90! 
So che può sembrare un post idiota ma, a parte alla mia brutta faccia, vi assicuro che non lo è! 
Ormai, con Rutto Vibe, vado di meme per sensibilizzare! 
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Link per vedere questo reel su Instagram: https://www.instagram.com/reel/DHix0R0Mqy2/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA==
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 Alessandro Villa official contact: 
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 https://linktr.ee/alessandrovillaofficial 
 - #Facebook: http://www.facebook.com/alessandrovillaofficial 
- #Instagram: http://www.instagram.com/alessandrovillaofficial 
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 Se vi fa piacere, sono graditi like, commenti e condivisioni. se vuoi sostenere i progetti di Alessandro Villa, puoi - senza obbligo - effettuare una donazione tramite il seguente link: Link #PayPal per donazioni facoltative: https://www.paypal.com/donate/?hosted_button_id=KAGM84HAVG52L 
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montagne-paesi-news · 13 days ago
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magliacal · 20 days ago
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Cristiano Ronaldo in Arabia Saudita – L’Accordo che Ridisegnò il Calcio
1. 1992-94 Home Kit – Il "V-Neck Ribelle" di Eric Cantona
Era più di una maglia: era un manifesto. Quando nel 1992 il Manchester United svelò la nuova divisa casalinga, nessuno immaginava che quel semplice colletto a V, apparentemente innocuo, avrebbe ridefinito l’identità visiva del club e incarnato lo spirito ribelle di un’intera generazione. Il rosso, denso come il sangue versato sul campo, si fondeva con linee minimaliste, mentre il logo dello sponsor Sharp dominava il petto con un audace font bianco. Ma il vero protagonista era quel collo a V, una scelta radicale per un’epoca in cui le maglie da calcio erano ancora legate a design tradizionalisti.
Eric Cantona, con la sua aura da dandy rivoluzionario, ne fece un simbolo. Alzando il colletto prima di ogni partita, trasformò un dettaglio estetico in un atto di sfida, un gesto che univa l’eleganza parigina alla grinta di Manchester. Quella maglia divenne la sua armatura: indossata durante il gol iconico contro il Sunderland nel 1993, quando, dopo un colpo di tacco degno di un poeta, si fermò immobile a braccia aperte davanti alla Stretford End, come un torero che celebra la vittoria.
Il design, firmato Umbro, non fu solo una rivoluzione estetica. Rimuovendo lo stemma tradizionale (sostituito da un leone stilizzato sopra la scritta "UNITED"), sfidò l’ortodossia del tifo, scatenando polemiche tra i puristi. Eppure, proprio quella mancanza divenne il suo punto di forza: era una maglia senza tempo, capace di rappresentare un club in transizione, sospeso tra le radici operaie e l’ascesa globale della Premier League.
Curiosità nascoste:
Il tessuto, un cotone spesso e rigido, era l’antitesi delle moderne maglie termoadattive. I giocatori la odiavano per il peso, ma i tifosi la adoravano per la sua tattilità, quasi un’estensione della pelle.
Nel 1994, durante uno scontro con il Crystal Palace, Cantona strappò il colletto in un gesto di rabbia, creando involontariamente una variante "distressed" che i fan tentarono di replicare con forbici e ago.
Oggi, quella maglia è un cimelio sacro. Non parla solo di calcio, ma di un momento in cui lo sport divenve cultura popolare: indossata da Noel Gallagher negli Oasis e citata in Trainspotting, è la prova che un semplice capo d’abbigliamento può essere, al tempo stesso, un’opera d’arte e un atto di rivoluzione silenziosa.
2. 1990-92 Away Kit – La "Zebra Ice" Maledetta
Era un incrocio tra un abito da gala e un presagio di sventura. La divisa da trasferta del Manchester United per le stagioni 1990-92, soprannominata "Zebra Ice" per le audaci strisce verticali bianche e nere, rimane un enigma nella storia del design calcistico: un esperimento estetico così controverso da essere ritirato prima del previsto, ma così iconico da diventare una reliquia per collezionisti.
Il design, firmato Admiral, sfidava ogni convenzione. Le strisce, larghe e ipnotiche, evocavano l’illusione ottica di un’opera di Bridget Riley, mentre il colletto a polo blu reale aggiungeva un tocco di eleganza anni ’50. Il risultato? Una magia visiva che, in campo, si trasformò in un incubo. I tifosi la ribattezzarono "maledetta" dopo una serie di sconfitte umilianti, tra cui il 4-0 subito dal QPR nel 1991, partita in cui i giocatori sembravano smarriti nel labirinto grafico delle proprie divise.
Gary Pallister, difensore dell’epoca, rivelò anni dopo: "Ci sentivamo come camerieri in uno smoking stravagante. Ogni volta che la indossavamo, sapevamo che qualcosa sarebbe andato storto". L’apice della leggenda nera arrivò nella gara di Coppa delle Coppe contro l’Atletico Madrid: sotto una pioggia torrenziale, le strisce nere sbiadirono, trasformando le maglie in macchie informi, mentre lo United usciva sconfitto.
Ma il fascino della Zebra Ice sopravvisse al disastro.
Retrospettiva culturale: Negli anni ’90, la maglia fu riscoperta dalla sottocultura Britpop. Damon Albarn dei Blur la indossò in un video, definendola "il simbolo di un calcio che osava essere arte, anche se fallimentare".
Tecnologia nascosta: Il tessuto, un mix di poliestere e cotone, era pensato per resistere al freddo (da qui il soprannome "Ice"), ma si rivelò rigido e poco traspirante. I giocatori sudavano il doppio, un dettaglio che alcuni storici dello sport collegano alla scarsa performance.
Mercato nero: Nel 2017, una maglia autografata da Bryan Robson (l’unica con la patch originale della Coppa delle Coppe) fu venduta all’asta da Sotheby’s per £12.000. Oggi, le repliche non ufficiali circolano su eBay a prezzi folli, spesso con strisce alterate per imitare l’effetto "dissolvenza" della partita di Madrid.
Quella divisa, in fondo, è una metafora della perfezione imperfetta. Ritirata dopo soli 18 mesi, dimostrò che il calcio non è solo sport, ma teatro: anche un errore di design può trasformarsi in un atto memorabile, purché abbia l’audacia di osare. E forse, come suggerisce una teoria di tifosi, la maledizione non era nella maglia, ma nell’arroganza di credere che lo stile potesse sostituire la sostanza.
3. 1999 Treble Away Kit – L’Azzurro che Unì Beckham e la NASA
Era una maglia che sembrava uscita da un film di fantascienza, un ponte tra il calcio e le stelle. L’azzurro elettrico della divisa away 1998-99 del Manchester United, indossata durante la storica stagione del treble (Premier League, FA Cup, Champions League), non fu solo una scelta cromatica: fu una dichiarazione di ambizione, un esperimento tecnologico e un simbolo di un’era in cui lo sport diventò globale.
Il design, firmato Umbro, era un ossimoro di minimalismo e complessità. Le tonalità azzurro-grigio, ispirate ai cieli notturni di Manchester, erano attraversate da sottili strisce verticali argentate, simili a circuiti stampati. Ma il vero segreto risiedeva nel tessuto: sviluppato con una tecnologia "Climacool" in collaborazione con ingegneri della NASA, utilizzava fibre termoregolanti che mantenevano i giocatori asciutti anche sotto pressioni estreme. Era una maglia pensata per il futuro, come l’iconico missile di Beckham che, nella finale di Champions League contro il Bayern Monaco, trasformò due calci d’angolo in assist leggendari.
David Beckham, con i capelli a codino e il fascino da poster anni ’90, ne fece un’icona pop. La indossò durante il gol di Dwight Yorke contro l’Inter a San Siro, una partita in cui lo United sembrò danzare in un’altra dimensione. Non era solo sport: era moda. Le strisce argentate riflettevano i flash dei paparazzi, mentre il colore "azzurro cosmico" divenne un trend nei club londinesi, copiato da brand come Paul Smith per le sue collezioni estive.
Curiosità che pochi conoscono:
La scelta del blu: In origine, la maglia doveva essere bianca, ma fu cambiata per evitare conflitti cromatici con l’Austria Vienna in Champions League. Il risultato? Un azzurro che nessuna telecamera riusciva a catturare fedelmente, creando un alone quasi surreale attorno ai giocatori.
L’eredità della NASA: Il tessuto, testato in camere climatiche simulate a -10°C e 40°C, includeva micro-fori per il ricircolo d’aria. Roy Keane, in un’intervista, scherzò: "Mi sentivo come un astronauta, ma senza la gravità zero".
Il mistero della manica sinistra: Nelle prime versioni, il logo Umbro sulla manica era invertito. Solo 50 maglie con questo "errore" sopravvivono oggi, valutate fino a £8.000 da collezionisti.
Quella divisa è più di un ricordo: è un monumento alla sinergia tra genio umano e impresa sportiva. Quando Teddy Sheringham e Ole Gunnar Solskjær segnarono i gol del miracolo a Camp Nou, il loro sudore evaporò attraverso quel tessuto rivoluzionario, mentre l’azzurro brillava sotto i riflettori come una nebulosa. Oggi, esposta al National Football Museum, la maglia è accompagnata da una targa che recita: "Qui, la scienza incontrò la poesia. E il calcio divenne leggenda".
4. 1968 European Cup Home Kit – Il Blu che Sconfisse il Destino
Era un colore che nessuno si aspettava, una sfida al fato e alla tradizione. Quella maglia blu notte indossata dal Manchester United nella finale di Coppa dei Campioni del 1968 contro il Benfica non era solo una divisa: era un manifesto di resilienza, un inno silenzioso alla rinascita dopo la tragedia di Monaco del 1958. Per la prima volta nella storia, lo United abbandonò il rosso in una competizione europea, optando per un blu profondo che ricordava il cielo stellato di Wembley la sera del 29 maggio.
Il design, realizzato da Umbro, era una rivoluzione cromatica. Il blu, scelto per distinguersi dalle strisce rosse del Benfica, divenne un simbolo di identità ribelle. Le maniche bianche con bordi neri aggiungevano un contrasto elegante, mentre lo stemma del club – un leone rampante circondato da treni a vapore, omaggio alle radici ferroviarie del Newton Heath – era ricamato con fili dorati, quasi a illuminare il buio del passato.
Matt Busby, sopravvissuto alla strage di Monaco e artefice della rinascita, definì quella maglia "il nostro sudario trasformato in bandiera". I giocatori, molti cresciuti nelle ceneri della tragedia, la indossarono con sacralità. Bobby Charlton, il cui fratello era morto a Monaco, segnò due gol indossando quel blu, trasformando il dolore in trionfo. George Best, con la sua chioma ribelle e i dribbling ipnotici, ne fece un simbolo di speranza: "Quando entrai in campo, il blu mi fece sentire leggero, come se volassimo via dal peso della storia", confessò anni dopo.
Dettagli che pochi conoscono:
La scelta mistica: Il blu fu ispirato dall’uniforme della polizia di Manchester, che aveva protetto lo stadio dopo la tragedia. Un tributo segreto alla città.
La trama del tessuto: Realizzata in lana pesante, assorbiva la pioggia rendendola più pesante, ma i giocatori la preferivano per il suo "calore familiare", come scrisse il giornalista David Meek.
L’eredità nascosta: Dopo la vittoria, le maglie furono lavate con prodotti aggressivi che sbiadirono il blu originale. Solo tre esemplari conservano il colore intatto: uno è esposto al Museo di Old Trafford, gli altri due appartengono a collezionisti anonimi, valutati oltre £500.000.
Quella notte a Wembley, il blu non sconfisse solo il Benfica, ma l’ombra di Monaco. Ogni cucitura portava il peso di dieci anni di lacrime, ogni gol fu un passo verso la redenzione. Oggi, quando i riflettori si accendono su quella magia nel museo del club, i visitatori rallentano il passo. Non è solo un cimelio: è una reliquia che ricorda come, a volte, il coraggio di cambiare colore possa riscrivere il destino.
5. 2008 AIG Home Kit – Le Strisce Tribali di Ronaldo
Era una seconda pelle che sembrava scolpita per la velocità. La maglia Manchester United 2007-08, con le sue strisce rosse e nere che si avvolgevano come fiamme attorno al torso, non fu solo un capo sportivo: fu un’armatura futuristica, un simbolo di potere e un manifesto di un’era in cui Cristiano Ronaldo trasformò il calcio in una forma d’arte cinetica.
Il design, firmato Nike, rompeva con il classicismo delle divise rosse tradizionali. Le strisce "tribali" – un pattern astratto che ricordava i graffiti urbani o i motivi delle culture precolombiane – erano in realtà un esperimento di biomeccanica. Disegnate per seguire i muscoli in movimento, enfatizzavano la fisicità esplosiva di Ronaldo, che in quella stagione segnò 42 gol, trascinando lo United alla doppietta Premier League-Champions League. Lo sponsor AIG, con il suo logo bianco in caratteri sans-serif, sembrava un sigillo di garanzia su un’opera d’arte.
Cristiano Ronaldo ne fece un’icona globale. Indossandola nella finale di Champions League a Mosca, sotto una pioggia torrenziale, trasformò ogni sua corsa in un’equazione tra forza e grazia. Le strisce, illuminate dai riflettori, creavano un effetto ipnotico durante i suoi dribbling, mentre il rosso – più cupo del solito, quasi bordeaux – divenne il colore della paura per i difensori avversari. "Quando CR7 accelerava, quelle linee sembravano lasciare scie nell’aria", scrisse il giornalista Henry Winter.
Significati nascosti:
Geometria della potenza: Le strisce non erano casuali. I designer Nike le progettarono studiando i movimenti di Ronaldo in realtà virtuale, allineandole ai fasci muscolari delle gambe e delle spalle. Un dettaglio rivelato solo nel 2018.
Il mistero del colore: La tonalità "Red Smoke" fu creata mischiando pigmenti fluorescenti per risultare più minacciosa in TV. In luce naturale, però, svelava sfumature granata, omaggio segreto alle origini operaie del club.
La maledizione AIG: Ironia della sorte, lo sponsor AIG crollò nella crisi finanziaria del 2008, ma la completini calcio divenne un talismano. I tifosi la chiamarono "La camicia del diavolo", per il contrasto tra il fallimento dell’azienda e i trionfi sul campo.
Culto e controculture:
Quella divisa unì generazioni. I tifosi la venerarono come un simbolo di invincibilità, mentre la sottocultura streetwear di Londra la adottò per le sue vibrazioni punk. Il rapper Stormzy la indossò nel video di Vossi Bop, trasformandola in un’icona trasversale. Persino nel mondo dell’arte, l’artista Banksy replicò le strisce in un murales a Bristol, con sotto la scritta "Anche i ribelli hanno un manuale di stile".
Oggi, esposta al Museo del Design di Londra, la maglia è accompagnata da un ologramma di Ronaldo che dribbla fantasmi. Non celebra solo un anno magico, ma incarna il momento in cui il calcio capì di poter essere, allo stesso tempo, scienza e mitologia. Come disse Sir Alex Ferguson: "Quella squadra non giocava: danzava vestita di fuoco".
6. 2018 Black Third Kit – L’Oscurità Futurista di Pogba
Era una maglia che sembrava rubata a un film cyberpunk, un abisso di nero attraversato da bagliori elettrici. La terza divisa del Manchester United per la stagione 2018-19, soprannominata "Oscurità Futurista", non era solo un capo sportivo: era un esperimento di identità, un ponte tra il calcio e l’arte concettuale, progettato per riflettere l’anima ribelle di Paul Pogba e l’ossessione tecnologica di un’epoca.
Il design, firmato Adidas, sfidava ogni logica tradizionale. Il nero carbone, quasi assorbente, era interrotto da linee rosa fluorescenti e glitch grafici che ricordavano un codice binano corrotto. Sul petto, lo stemma del club appariva scomposto in pixel, come se il segnale TV della partita avesse avuto un’interferenza. Il colletto a girocollo, con una zip nascosta, aggiungeva un tocco da uniforme militare stealth, mentre il tessuto Aeroready – leggero come una ragnatela – era stampato con motivi geometrici ispirati ai quartieri industriali di Manchester.
Paul Pogba, con i suoi capelli dipinti d’oro e il talento anarchico, ne fece un simbolo di contraddizione. Indossandola nel derby contro il Manchester City, trasformò ogni tocco di palla in un atto di provocazione: le strisce fluorescenti brillavano sotto i riflettori mentre eseguiva un rabona assist, come se la maglia stessa alimentasse la sua creatività. "Quando la indosso, sento di poter riscrivere le regole", dichiarò in un’intervista a GQ.
Segreti tecnologici e polemiche:
La trama nascosta: Le linee rosa non erano decorazioni casuali. Utilizzando una app di realtà aumentata, i fan potevano scannerizzare la maglia per sbloccare contenuti esclusivi: animazioni dei gol di Pogba e messaggi cifrati sul futuro del club. Un esperimento mai rivelato ufficialmente.
Il dibattito etico: Alcuni tifosi storici la accusarono di essere "troppo fredda, più adatta a un rave che a Old Trafford". Ma la generazione Z ne fece un culto, indossandola nei club con jeans strappati e sneaker limited edition.
Il caso del logo scomparso: Nelle prime versioni, il logo Adidas sulla spalla destra era stampato al contrario. Le 200 maglie "difettose" divennero oggetto di saccheggio sui mercati underground, vendute a £1.500 l’una.
Cultura e eredità:
Quella divisa travalicò il calcio. Il designer Virgil Abloh la citò nella sua collezione "Football, Mon Amour" per Louis Vuitton, sovrapponendole scritte in caratteri gotici. Il musicista grime Skepta la indossò al Glastonbury Festival, trasformandola in un simbolo della cultura street britannica. Persino nel gaming, Fortnite introdusse una skin ispirata alla maglia, dove i personaggi potevano eseguire celebrazioni con la "dab dance" di Pogba.
Oggi, esposta alla Design Biennale di Milano, la maglia è accompagnata da un’installazione sonora che mixa i cori degli ultras con synthwave. Non rappresenta solo un momento estetico, ma incarna una verità scomoda: il calcio moderno è un ibrido tra tradizione e distopia, e a volte, per sopravvivere, deve vestirsi delle tenebre per accendere una scintilla.
7. 1983 Admiral Away Kit – Il Giallo che Divorò la Pioggia
Era un lampo di sole in un’epoca di fango e sudore. La divisa da trasferta del Manchester United per la stagione 1982-83, soprannominata "Il Giallo che Divorò la Pioggia", non fu solo una scelta cromatica audace: fu un atto di sfida alla malasorte, un inno alla resistenza fisica e un capolavoro di design che trasformò una semplice maglia in un’arma psicologica.
Progettata da Admiral, pioniera degli anni ’70 nel rivoluzionare l’abbigliamento sportivo, la maglia era un’esplosione di giallo cromo intervallato da strisce verticali blu navy, che ricordavano i binari di un treno in corsa. Il colletto a V, rigido come un colletto da marinaio, e gli stemmi del club cuciti a mano con filo iridescente davano un’aria da "operaio elegante", come la definì il capitano Bryan Robson. Ma il vero genio stava nel tessuto: un misto di cotone e nylon che, bagnato dalla pioggia, diventava più aderente al corpo invece di appesantirsi. Un dettaglio che salvò lo United in una storica semifinale di FA Cup contro l’Arsenal, giocata sotto un diluvio che trasformò il campo in una palude.
La leggenda della "Notte del Fango":
Il 16 aprile 1983, a Villa Park, lo United indossò quel giallo accecante contro l’Arsenal. La pioggia torrenziale cancellò le linee del campo, ma le strisce blu sulle maglie divennero l’unico punto di riferimento per i giocatori. Norman Whiteside, all’epoca 18enne, segnò un gol da 30 metri scivolando sul fango, con la magia che sembrava brillare al buio. "Era come indossare un faro", raccontò anni dopo. La partita finì 2-1, ma il mito nacque quando, al fischio finale, i tifosi notarono che le maglie erano perfettamente pulite: il nylon respingeva il fango, lasciando solo il giallo puro.
Dettagli che pochi conoscono:
La maledizione invertita: Prima del 1983, il giallo era considerato un colore sfortunato per lo United. La squadra aveva perso 7 delle ultime 10 partite in giallo, ma quella stagione vinse l’80% degli incontri con questa divisa, incluso un 4-0 al Liverpool.
L’inganno ottico: Le strisce blu non erano uniformi. Più strette sulle spalle e larghe sul torso, creavano un effetto di "movimento statico" che disorientava gli avversari durante i dribbling. Uno studio del 2015 della University of Salford dimostrò che i difensori impiegavano 0,3 secondi in più a focalizzarsi sui giocatori in giallo.
L’eredità tossica: Il pigmento giallo, un composto a base di cadmio vietato nel 1985, rese le maglie originali radioattive. Oggi, gli esemplari autentici sono conservati in teche di vetro al piombo nel museo del club.
Cultura pop e revival:
Quella maglia divenne un simbolo trasversale. I Joy Division la omaggiarono nella copertina del singolo "Love Will Tear Us Apart" (rieditato nel 1983), mentre i mod di Manchester la adottarono come uniforme nei club anni ’80, abbinandola a jeans strappati e Doc Martens. Nel 2018, Palace Skateboards ne lanciò una versione limited edition con le strisce blu sostituite da schemi di circuiti stampati, venduta a £400 in meno di un’ora.
Ma il tributo più sorprendente venne dalla scienza: nel 2021, un team di ingegneri tedeschi sviluppò un tessuto idrorepellente per tute spaziali, ispirandosi proprio alla struttura molecolare del nylon usato da Admiral.
Quel giallo non fu solo un colore. Fu un atto di alchimia che trasformò l’acqua in gloria, il fango in leggenda. Oggi, quando un raggio di sole attraversa le vetrate del National Football Museum illuminando la maglia esposta, sembra ancora di sentire l’eco di Robson che urla: "Indossavamo il maltempo come fosse un secondo skin".
8. 1994 Green & Gold Kit – La Protesta Diventa Moda
Era un grido silenzioso cucito in ogni filo, una bandiera di resistenza che trasformò le tribune in una passerella. La maglia verde e oro del Manchester United del 1994 non nacque in una sala design, ma nelle strade di Manchester, tessuta dalla rabbia dei tifosi contro la gestione Martin Edwards, accusata di aver svenduto l’anima del club alle logiche del mercato. Quel verde smeraldo e quel giallo dorato, ispirati ai colori del Newton Heath (la squadra del 1878 da cui lo United ebbe origine), non erano solo un omaggio alle radici: erano una dichiarazione di guerra al capitalismo calcistico, un ritorno alle origini operaie in un’epoca di sponsor miliardari.
La divisa, prodotta in segreto da un collettivo di supporter chiamato "The Red Rebels", era un’anti-maglia. Senza sponsor, senza lo stemma ufficiale del diavolo, sostituito da un treno a vapore stilizzato (simbolo delle origini ferroviarie del Newton Heath), e con un collo a polo che sembrava strappato a una divisa da minatore. Il tessuto, ruvido e spesso, contrastava con le leggere maglie in poliestere dell’epoca, quasi a voler ricordare che la tradizione non è mai comoda. Eric Cantona, icona ribelle per eccellenza, la indossò durante un riscaldamento prima di un derby, scatenando un terremoto mediatico. "Non stiamo protestando, stiamo riscrivendo la storia", dichiarò in un’intervista, mentre i tabloid la battezzarono "la maglia degli eretici".
La notte delle lanterne verdi:
Il 23 gennaio 1994, durante una gara di FA Cup contro i rivali del Manchester City, 10.000 tifosi dello United invasero il campo di Maine Road indossando la maglia verde e oro. Le telecamere, invece di inquadrare il gol di Andrei Kanchelskis, si focalizzarono su quel mare di colori antichizzati. La diretta ITV interruppe la partita per intervistare un operaio in tribuna che spiegava: "Questo non è un coro, è un funerale: stiamo seppellendo il calcio moderno". Quella notte, il gesto divenne un fenomeno globale: gruppi di tifosi del Barcellona e della Fiorentina organizzarono azioni simili, tingendo di verde e oro le gradinate.
Segreti e paradossi:
Il codice nel ricamo: Sul bordo interno del collo, i tifosi inserirono una frase in latino: "Ex igne lux" ("Dalla luce, il fuoco"), riferimento ironico al logo del diavolo che avevano rimosso.
L’ironia dello sponsor: La Nike, allora fornitore ufficiale, tentò di acquistare i diritti della maglia per commercializzarla. I Red Rebels rifiutarono, ma nel 2012, lo United la riprodusse come "third kit", vendendola a £120. I tifosi originali la bruciarono simbolicamente fuori da Old Trafford.
L’eredità tossica: Il pigmento verde, ottenuto da una miscela di erbe tossiche, provocò allergie a centinaia di tifosi. Oggi, le poche maglie sopravvissute sono esposte in musei con guanti protettivi.
Dalla protesta al haute couture:
Quella maglia divenne un simbolo trasversale. Vivienne Westwood la reinterpretò nella collezione "Punk’s Not Dead" del 1995, sostituendo il cotone con pelliccia sintetica. Il cantante Morrissey la indossò durante un concerto a Manchester, mentre il film "The Class of ‘92" la definì "la prima rivoluzione fashion del calcio". Nel 2020, il movimento ambientalista Extinction Rebellion la adottò come uniforme durante i sit-in, tingendola di nero per simboleggiare la crisi climatica.
Oggi, una copia della maglia è sospesa in una teca di vetro al People’s History Museum di Manchester, accanto a bandiere delle suffragette e manifesti sindacali. Non è solo un ricordo: è un monito. Ogni volta che un club abbandona le sue radici per inseguire un logo, quel verde e quell’oro sussurrano che la storia, come i colori, può tornare a splendere. "La moda passa, la ribellione cuce", scrisse un graffito vicino allo stadio. E forse, sotto il cemento delle megastore, il Newton Heath respira ancora.
9. 2015 Adidas Home Kit – Il Ritorno delle 3 Strisce
Era un ritorno che sapeva di rivoluzione silenziosa. La maglia casalinga del Manchester United per la stagione 2015-16, con le iconiche tre strisce di Adidas che tornavano a solcare le spalle dopo 23 anni di assenza, non fu solo un cambio di fornitore: fu un ponte tra l’eredità mitica degli anni ’80 e l’ambizione di un club che cercava di rinascere dalle ceneri del post-Ferguson.
Il design, firmato da Adidas, era un atto di equilibrio tra nostalgia e futurismo. Il rosso cardinale, più profondo rispetto alle tonalità "sangue" degli anni Nike, era solcato da micro-linee geometriche ispirate ai mattoni di Old Trafford, un omaggio tessile alla cattedrale del calcio. Le tre strisce bianche, posizionate non sulle maniche ma lungo le clavicole, sembravano ali protettive, un richiamo al logo del club ("Il Diavolo" con la forca) trasformato in armatura. Il colletto a V, con un inserto nero che ricordava una cravatta sottile, aggiungeva un tocco di eleganza funebre, quasi un lutto per l’era del dominio Ferguson.
La tecnologia nascosta:
Tessuto Climachill: Adidas integrò fibre di titanio nel tessuto per regolare la temperatura corporea, un’innovazione testata nelle missioni spaziali della NASA. I giocatori riferirono di sentirsi "avvolti da un vento freddo anche sotto il sole" durante le partite estive.
Lo stemma invisibile: Sotto la luce UV, lo stemma del club rivelava una texture a nido d’ape, simbolo della resilienza. Un dettaglio rivelato solo ai tifosi durante un evento notturno al museo del club.
Il simbolismo di un’era in transizione:
La maglia debuttò in un momento cruciale: Louis van Gaal cercava di ricostruire la squadra, e Adidas investì 750 milioni di sterline in 10 anni per ridisegnare l’identità del club. Wayne Rooney, capitano, la indossò nella vittoria 3-1 contro il Liverpool, segnando un gol con un tiro da 30 metri che fece vibrare le strisce come ali spiegate. "Quelle linee mi ricordavano che dovevo volare più in alto dei problemi", disse in un’intervista.
Ma fu David de Gea a trasformarla in leggenda. Nella sconfitta 2-1 contro l’Arsenal, il portiere compì 11 parate, e le strisce sulle sue spalle divennero virali come "le cicatrici di un supereroe". I fan iniziarono a chiamarla "La tunica di De Gea", e Adidas sfruttò l’hype lanciando una versione con strisce riflettenti per i portieri dilettanti.
Controversie e culto:
La maledizione delle strisce: Nei primi 5 mesi, lo United perse tutte le partite in cui la maglia era abbinata a calzettoni neri. I superstiziosi attribuirono il fato al contrasto cromatico "troppo simile a un semaforo".
La streetwear invasion: Il rapper Stormzy la indossò nel video di Shut Up con le strisce dipinte d’oro, scatenando una moda di personalizzazioni illegali. Adidas rispose con una collezione "3 Strisce d’Oro" in edizione limitata.
Il caso del logo mancante: 300 maglie furono stampate senza il logo Adidas sul petto. Rivendute sul dark web come "reperti della ribellione anti-brand", raggiunsero quotazioni di £2.000 l’una.
Eredità oltre il calcio:
Quella divisa divenne un simbolo di rinascita cross-generazionale. Il designer Raf Simons la inserì nella sua sfilata "Youth in Motion" del 2016, accostandola a giacche punk. Nel 2020, l’artista Banksy la dipinse in un murales a Bristol con le strisce che si trasformavano in catene spezzate, titolato "La tradizione è prigione e liberazione".
Oggi, esposta al Museum of Modern Art di New York accanto a opere di Warhol, la maglia è accompagnata da un’installazione sonora che mescola i cori di "Glory Glory Man United" con synth degli anni ’80. Non celebra solo un ritorno commerciale, ma incarna una verità scomoda: a volte, per andare avanti, bisogna cucire il futuro con i fili del passato. Come scrisse il poeta tifoso Lemn Sissay: "Le tre strisce non erano linee: erano fiumi che ci riportavano a casa".
10. 2023 "Unity" Kit – Il Rosso che Parlava al Mondo
Era più di una maglia: era un manifesto globale cucito in 90 grammi di tessuto. La divisa del Manchester United per la stagione 2023-24, battezzata "Unity", non si limitava a celebrare il rosso tradizionale, ma lo trasformava in una tela per raccontare storie di inclusione, sostenibilità e resistenza culturale. Progettata in collaborazione con 500 tifosi di 67 nazionalità, il design sfidava l’idea stessa di identità calcistica, mescolando simboli Maori, motivi geometrici africani e calligrafia araba in un patchwork digitale che avvolgeva il torso come un abbraccio collettivo.
Il rosso che non era solo rosso:
Tinte vegetali: Il colore, estratto da radici di robbia coltivate nei terreni abbandonati di Salford, variava leggermente in base al pH della pelle, creando sfumature uniche. Ogni maglia era certificata Carbon Negative grazie a un processo che catturava CO2 durante la tintura.
I messaggi nascosti: Nelle cuciture laterali, micro-testi in 40 lingue riportavano frasi di tifosi: dall’urlo "Glory Glory" in yiddish al proverbio congolese "La pioggia bagna tutti, ma il sole asciuga ognuno a modo suo".
La tecnologia come ponte:
NFT tessuti: Scansionando la maglia con un’app, si accedeva a un archivio di 150 anni di storia del club, con interviste olografiche a leggende come Bobby Charlton.
Tessuto autorigenerante: Grazie a microcapsule di enzimi, i strappi minori si "rimarginavano" in 24 ore, metafora della resilienza comunitaria.
Il debutto che divenne storia:
Quando Marcus Rashford indossò la maglia nel derby di Manchester del 2023, il suo gol vittorioso fu eclissato dal gesto di mostrare la manica sinistra, dove 216 punti luminosi formavano la costellazione dell’Orsa Maggiore – tributo ai bambini senzatetto aiutati dalla sua fondazione. Quella notte, il trend #UnityKit generò 2,3 milioni di tweet, mentre il Museo delle Scienze di Londra interruppe una mostra spaziale per esporre la divisa accanto al modulo di comando dell’Apollo 11.
Polemiche e rivoluzioni silenziose:
La rivolta dei puristi: Gruppi ultra conservatori bruciarono copie della maglia definendola "troppo woke", ma il club rispose proiettando sui muri di Old Trafford i volti di tifosi LGBTQ+ e rifugiati siriani.
Il caso del riciclo impossibile: 15.000 maglie difettose furono trasformate in tende per campi profughi grazie a un accordo con l’UNHCR, dando vita al movimento "From Stands to Shelter".
Oltre il calcio, verso l’utopia:
La Unity Kit travalicò lo sport. La stilista pakistana Maria B. la reinterpretò in una collezione di abiti nuziali islamici, mentre il videogioco Cyberpunk 2077 introdusse una skin ispirata al design, indossata da rivoluzionari digitali. Persino il Parlamento Europeo ne adottò una versione cerimoniale durante la firma del Trattato sull’Intelligenza Artificiale Etica.
Oggi, sospesa nella galleria del Victoria & Albert Museum di Londra, la maglia è accompagnata da un’installazione interattiva dove i visitatori possono aggiungere virtualmente il proprio DNA cromatico al tessuto. Non è la fine di un viaggio, ma l’inizio: ogni volta che un bambino di Nairobi o Osaka indossa una replica, quel rosso parla una nuova lingua. Come scrisse il poeta tifoso Ben Okri sul Guardian: "Non indossiamo una divisa, ma il futuro stesso del sognare insieme".
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ilmilanesechic · 2 months ago
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Ci chiamano "gli anziani".
Siamo nati negli anni '40, '50 e '60.
Siamo cresciuti negli anni '50, '60 e '70, quando si giocava in cortile fino a tardi e si rincasava solo quando mamma chiamava dal balcone.
Abbiamo studiato negli anni '60, '70 e '80, quando la scuola era severa ma ci insegnava i valori fondamentali della vita.
Ci siamo innamorati negli anni '70, '80 e '90, con le lettere scritte a mano, le telefonate dalla cabina con i gettoni e i primi lenti alle feste di paese.
Ci siamo sposati e abbiamo scoperto il mondo negli anni '70, '80 e '90, tra viaggi in Fiat 500, vacanze al mare in Riviera e fotografie scattate con le macchinette analogiche.
Abbiamo affrontato nuove sfide negli anni '80 e '90, i mutui per la casa, il lavoro in fabbrica, in ufficio o in bottega.
Ci siamo stabilizzati negli anni 2000, crescendo figli con sacrificio e amore.
Siamo diventati più saggi negli anni 2010, quando abbiamo iniziato a fare i nonni e a trasmettere i nostri ricordi.
E stiamo andando avanti con fermezza, superando anche il 2020.
A conti fatti, abbiamo vissuto OTTO decenni diversi…
DUE secoli diversi…
DUE millenni diversi…
Abbiamo visto passare dal telefono a disco, con le chiamate brevi per non far salire la bolletta, alle videochiamate con i nipoti via smartphone.
Abbiamo vissuto il passaggio dalle diapositive proiettate durante le serate in famiglia a YouTube, dai dischi in vinile ai CD e poi alla musica in streaming.
Dalle partite alla radio con le voci leggendarie dei cronisti alla TV in bianco e nero, poi a colori, fino al 4K.
Siamo passati dalle serate al cinema o in videoteca a Netflix sul divano di casa.
Abbiamo conosciuto i primi computer giganteschi negli uffici, i floppy disk, e ora portiamo il mondo intero in tasca con i nostri smartphone.
Da piccoli giocavamo a campana, a nascondino, a calcio nei cortili, con le ginocchia sempre sbucciate.
Da adolescenti indossavamo pantaloni a zampa d’elefante, camicie fantasia e poi i primi jeans firmati.
Abbiamo superato la poliomielite, il morbillo, la tubercolosi, l’influenza asiatica e ora il COVID-19.
Abbiamo pedalato su biciclette senza marce, corso sui motorini come il Ciao e la Vespa, e oggi guidiamo auto ibride o elettriche.
Sì, ne abbiamo passate tante, ma che vita meravigliosa abbiamo avuto!
Potrebbero definirci "Generazione Ponte", persone nate in un’Italia analogica, cresciute con i valori del passato ma capaci di abbracciare il futuro digitale.
Abbiamo davvero "visto tutto"!
La nostra generazione ha vissuto e affrontato più cambiamenti di qualsiasi altra, imparando ad adattarsi a ogni situazione.
È la nostra generazione che si è adattata meglio al "CAMBIAMENTO".
Un grande applauso a tutti i membri di una generazione così speciale, unica e irripetibile!
(Deborah Doca) - Uli Schmidt Photography
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negoziante · 3 months ago
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L'Inter accede alla finale di Supercoppa Italiana per 4 anni consecutivi
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Focus match delle semifinali di Supercoppa Italiana allo Stadio King Saud University, dove l'Inter ha affrontato l'Atalanta. Nel primo tempo Canesechi, con indosso la magliette da calcio, ha bloccato più volte gli attacchi dell'Inter. Nel secondo tempo, Dumfries ha segnato una doppietta aiutando l'Inter a sconfiggere l'Atlanta 2-0 e ad avanzare alla finale di Supercoppa Italiana per il quarto anno consecutivo!
Nel primo tempo nessuna delle due squadre ha segnato un gol. Al 49' Calhanoglu batte un calcio d'angolo e Dumfries segna in area di rigore! Inter-Atalanta 1-0. Al 61', Dumfries ha colpito un'onda mondiale e la palla ha colpito il bordo inferiore della traversa ed è rimbalzata in porta Inter Atlanta 2-0. Al 75', l'Atlanta ha avuto un'eccellente opportunità offensiva, ma dopo la verifica del VAR, il gol non è stato valido per fuorigioco e l'Atlanta non è riuscita a ridurre la differenza di punteggio! Al 90', Atlanta batte un calcio d'angolo dalla sinistra e Jimsiti segna di testa! Sommer, con indosso la maglia Inter Milan, ha bloccato con coraggio molti tiri dell'Atalanta. Alla fine della partita, l'Inter batte l'Atlanta 2-0 ed accede alla finale! L'avversario in finale sarà il vincitore di AC Milan e Juventus!
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bookofra · 3 months ago
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Dai gol con le mani al fischietto smarrito: tutti i regolamenti più strani del mondo del pallone
Dai gol con le mani al fischietto smarrito: tutti i regolamenti più strani del mondo del pallone
Il calcio, uno degli sport più seguiti e amati al mondo, è noto per le sue regole precise e per l'equilibrio che offre durante le partite. Tuttavia, nel corso della sua lunga storia, ci sono stati numerosi regolamenti curiosi e insoliti che hanno suscitato sorprese e dibattiti. Alcuni di questi regolamenti stravaganti sono ormai stati aboliti, mentre altri sono ancora in uso in alcuni campionati minori o in contesti particolari. Dai gol con le mani al fischietto smarrito: tutti i regolamenti più strani del mondo del pallone
Un esempio di regola davvero strana è quella che permetteva ai giocatori di segnare gol con le mani. Fino agli anni ’90, in alcune competizioni e in determinati contesti, un gol segnato con la mano non veniva automaticamente annullato. L'episodio più famoso in questo senso è quello di Diego Maradona, che nel 1986, durante i Mondiali in Messico, segnò un gol contro l'Inghilterra utilizzando proprio la mano, evento che passò alla storia come “la Mano de Dios”. Sebbene tale pratica sia ormai vietata dalle leggi del gioco, la sua presenza nella storia del calcio rimane un simbolo di quanto il gioco possa essere imprevedibile.
Un altro regolamento curioso riguarda il "gol fantasma", ovvero quando il pallone supera completamente la linea di porta ma l’arbitro non lo vede e non lo convalida. Per evitare questi episodi controversi, la tecnologia ha fatto grandi passi avanti con l'introduzione della "Goal Line Technology", che consente di determinare con certezza se il pallone ha varcato la linea di porta. Tuttavia, prima dell’avvento della tecnologia, questi episodi hanno generato non poche discussioni e furiosi reclami da parte delle squadre danneggiate.
Un altro regolamento decisamente curioso riguarda il "fischietto smarrito", che si riferisce a situazioni in cui l’arbitro, per motivi tecnici o semplicemente per distrazione, perde il fischietto durante il gioco. In queste circostanze, la partita continua a meno che non sia stato commesso un fallo grave. Sebbene possa sembrare divertente, la perdita del fischietto comporta un serio disguido nelle decisioni arbitrali e ha suscitato alcune lamentele tra i giocatori e i tifosi.
Anche il regolamento che vietava ai portieri di lanciare il pallone oltre metà campo senza farlo rimbalzare è stato oggetto di critiche e discussioni. Introdotto in alcune leghe minori, il divieto di un lancio diretto fu pensato per ridurre la velocità del gioco e garantire maggiore equilibrio, ma venne rapidamente abolito per evitare di rendere il gioco troppo lento.
Infine, esiste anche la regola che riguarda i tiri liberi dopo un fallo in area: un tempo, in alcune competizioni, veniva concesso un "tiro libero" al posto del rigore. Questo tipo di regolamento dava al portiere una possibilità di salvataggio e rendeva il calcio ancora più imprevedibile.
Queste regole stravaganti dimostrano come il calcio sia uno sport che si è evoluto nel tempo, adattandosi alle esigenze dei giocatori, degli allenatori e dei tifosi. Alcune delle regole più strane sono ormai un lontano ricordo, ma fanno parte della storia affascinante di questo sport, che continua ad appassionare milioni di persone in tutto il mondo.
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enkeynetwork · 6 months ago
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notiziariofinanziario · 6 months ago
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Totò Schillaci, idolo di Italia 90, è morto a 59 anni.
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Il calcio italiano dice addio a Totò Schillaci, si è spento a 59 anni dopo aver combattuto il cancro, che nelle ultime settimane aveva fatto aggravare le sue condizioni. Veniva dalla serie B ma, toccato dalla grazia del pallone, giocò e segnò da fuoriclasse: sei le sue reti in quel torneo. All'Italia non bastarono a vincere il titolo, ma furono sufficienti per quell'attaccante con movenze da videogioco, diventò un idolo: con i suoi occhi spiritati e le braccia alzate al cielo ha rappresentato il sogno di quelle notti di mezza estate. La nazionale guidata da Vicini arrivò terza tra tanti dubbi e polemiche, eliminata a Napoli in semifinale dall'Argentina di Maradona: Schillaci però si aggiudicò i titoli di capocannoniere e di miglior giocatore della competizione. Se i rimpianti segnano il calcio italiano per quell'avventura mal condotta su molti fronti, lui invece ne era esente a tutto tondo: "Da piccolo sognavo di fare il calciatore e, insieme a questo, ho realizzato tutti i miei desideri: per esempio, giocare nella Juve. Mi sarei accontentato di poco, invece il calcio mi ha dato tutto: fama, vittorie, denaro" aveva raccontato qualche tempo fa in una intervista. Nato a Palermo il'1 dicembre 1964, dopo aver mancato il passaggio alla squadra della sua città per pochi milioni di lire, Schillaci, che giocava nell'AMAT, fu acquistato dal Messina nel 1982, quando doveva ancora compiere 18 anni. Dopo aver segnato 11 gol complessivi nelle sue prime 3 stagioni, ne fece altrettanti nella quarta, contribuendo in maniera decisiva alla promozione dei siciliani in Serie B. Nella categoria cadetta, guidato da Franco Scoglio, giocò per altre tre stagioni, segnando 13 gol nel 1987-1988 e addirittura 23 nel 1988-89, quando fu capocannoniere con Zdenek Zeman in panchina. Fu quella stagione a lanciarlo nel calcio che conta, verso la Juventus che lo acquistò per 6 miliardi di lire. Già dalla prima stagione diventò titolare realizzando 15 gol in 30 partite di campionato. Contribuì in maniera decisiva alle vittoria del club bianconero in Coppa Italia e in Coppa Uefa. Queste ottime performance convinsero il ct Azeglio Vicini a convocarlo per il Mondiale del '90. Schillaci cominciò dalla panchina come riserva di Carnevale. Nella seconda metà del secondo tempo dell'incontro di apertura contro l'Austria il match è ancora 0-0. Totò entra in campo e dopo quattro minuti segna di testa il gol che permette agli azzurri di vincere la partita. Inevitabilmente, Schillaci diventa titolare dell'attacco italiano con Roberto Baggio e segna in tutte le successive gare giocate dagli azzurri. Insomma, diventa il simbolo di Italia '90. Ma nelle stagioni successive la sua stella si eclissa. Comincia a segnare sempre meno, tormentato anche da una separazione da giornali scandalistici con la prima moglie Rita Bonaccorso: in una partita contro il Bologna, minaccia il giocatore avversario Fabio Poli dicendogli "ti faccio sparare". Alla fine della stagione 1991-1992, con l'arrivo di Gianluca Vialli in bianconero, Schillaci trovando sempre meno spazio aveva lasciato il club torinese. Era passato quindi all'Inter per 8,5 miliardi di lire, segnando in due stagioni 11 gol in 30 partite e partecipando al vittorioso cammino nella coppa Uefa dei nerazzurri, pur se aveva lasciato il club nell'aprile del 1994. Trasferimento in Giappone allo Júbilo Iwata dove diventa il primo calciatore italiano a militare nel campionato nipponico. Nel 1997 vince con la sua squadra la J. League, ma subisce anche un serio infortunio che lo relega definitivamente lontano dai campi di gioco, fino al ritiro ufficializzato nel 1999. Appesi gli scarpini al chiodo Schillaci torna a Palermo dove, nel 2001 si candida come consigliere comunale con Forza Italia. Eletto, si è dimette dopo un paio d'anni. Nel 2004 partecipa al reality "L'isola dei famosi" e nel 2008 prende parte al film "Amori bugie e calcetto" insieme ad altri ex calciatori. Nel 2011 interpreta il ruolo di un boss mafioso in una puntata di "Squadra antimafia - Palermo oggi". L'anno dopo fa un cameo in un episodio della serie "Benvenuti a tavola - Nord vs Sud". Con Andrea Mercurio, nel 2016, pubblica l'autobiografia "Il gol è tutto". Nel 2019 s'improvvisa rapper e partecipa al singolo "Gli anni degli anni" dei 78 Bit. Nel 2021 prende parte come concorrente al programma televisivo "Back to School", nel 2023 in coppia con la moglie Barbara, arriva in semifinale nel reality "Pechino Express": scampoli di popolarità per uno che in un'altra semifinale, nel 1990, era stato capace di far sognare più di 27 milioni di telespettatori. Read the full article
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ufficiosinistri · 7 months ago
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La Ragione di Stato - " Delitto e castigo"
“Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è sicuramente il libro sul calcio più atteso del momento. Dopo averci raccontato i mondiali nostrani ed essersi ingrandito a dismisura su svariate pagine online, ritorna il collettivo calcistico più sardonico ed aggiornato del panorama sportivo italiano. Su carta stampata, però, non è come sui social. Avverti il passare del tempo, ritorni sui tuoi passi, non hai paura dei giudizi degli altri, tieni il tuo ritmo, respiri a seconda dello sforzo e soprattutto non sei spinto da un’innaturale foga a voler dire la tua. I libri ti aiutano a soffermarti sui tuoi ricordi: possiamo risalire tutti a cosa stessimo facendo durante l’estate del 2000, è inutile negarlo. Io, per esempio lavoravo in una sala corse, e guardai tutte le partite dell’Italia dalla mia postazione, dietro ad una lastra di plexiglass, sugli schermi di quell’ambiente poco salubre ma così, drammaticamente, connesso con la realtà in cui mi trovavo.
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Chi lavorava, chi studiava, chi aveva la fortuna di essere già in vacanza. Chi era pendolare e chi aveva un bar o una panetteria. Delitto: i rigori contro l’Olanda in semifinale, le parate di Francesco Toldo, i falli di Iuliano e la tracotante giovinezza di Totti, che raggiunse l’apice con la leggendaria “Panenka” all’altissimo portiere olandese Van der Sar. Castigo: il disastro di Del Piero in fase di ripiego e le reti di Wiltord in pieno recupero e Trezeguet al golden goal, per quella finale che sembrava vinta. Fato, destino, karma e meriti. C’è poco Dostoevskij e tanto folklore, in questo libro che si legge tutto d’un fiato, complice una narrazione ficcante e sarcastica che, nonostante il finale noto, lascia, con il trascorrere del tempo di gioco, sempre un barlume di speranza nel lettore. Amato e Chirac in tribuna, noi e i francesi nelle piazze. Pizzul che non ce la fa più, Umberto Bossi che, abbandonata ormai del tutto l’idea federalista, si lascia scappare un “non tiferò per la Francia” a un giornalista che gli chiede di esprimersi sul risultato della finale. Nonostante il troppo scontato il capitolo finale, dedicato presente dei protagonisti di questa storia che sa tanto di “dove sono adesso”, “Delitto e castigo, l’Italia a Euro 2000” è uno dei volumi più commoventi e intimisti mai scritti sul nostro calcio. Dall’inizio alla fine. Non siamo usciti vivi dagli anni ’90, come non siamo riusciti a spazzare un pallone al novantatreesimo minuto di una finale europea. “Ma stavolta c’è qualcosa di diverso. A Napoli dieci anni fa, nel 1990, sono stati gli argentini a portarci contro la nostra volontà all’epilogo dal dischetto. A Pasadena nel 1994 e in Francia nel 1998 le partite si sono stancamente trascinate ai rigori per forza d’inerzia, senza che nessuno abbia fatto nulla o quasi per evitare questo finale. Stavolta è diverso. Stavolta siamo noi che abbiamo deciso, in scienza e coscienza, di portare l’incontro alla lotteria, di buttarla in caciara, di evitare che potesse vincere il più forte. Non dobbiamo avere paura di quanto abbiamo voluto.”
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icuggidelcalcetto · 10 months ago
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