#caffè nella letteratura
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Un nuovo intrigante caso per Kay Scarpetta di Patricia Cornwell. Recensione di Alessandria today
In un'indagine in cui nulla è come sembra, Kay Scarpetta affronta il caos di una serie di omicidi intricati e inquietanti.
In un’indagine in cui nulla è come sembra, Kay Scarpetta affronta il caos di una serie di omicidi intricati e inquietanti. “Caos” di Patricia Cornwell è l’ennesimo avvincente capitolo della celebre serie di Kay Scarpetta, l’anatomopatologa forense più famosa della narrativa contemporanea. Con questo romanzo, la Cornwell dimostra ancora una volta la sua maestria nel mescolare suspense,…
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Se non ti lecchi le dita, godi solo a metà
Non esiste donna più discreta, fedele e pudìca di lei. Durante la sua giornata dirà quaranta parole in totale, includendo i buongiorno e buonasera alle persone che incontra passeggiando sul bordo del suo orologio. Non a caso è una bibliotecaria, laureata in filologia romanza e letteratura moderna. Non legge i libri: li divora.
Ha un'apertura mentale di rilievo. Ma l'apertura che più preferisco di lei è senz'altro quella del suo culo. Mi lascia senza parole: quando ho voglia di incularla, vado nella mansarda accogliente in cui a sera pulisce le sue piume. E mentre magari sta facendo cose che richiedono anche un certo suo impegno, senza fare neppure una smorfia, obbedisce al mio ordine perentorio di togliersi le mutandine e predisporsi, perché ho voglia di sborrarle dentro.
Deve sentire intimamente che è quella la sua unica funzione, il suo posto nel mondo degli uomini. Lei allora immediatamente lascia tutto e si prepara. Senza fiatare, si predispone a culo nudo per aria, pronta a farsi sfondare. È la mia schiava perfetta, perché non lo è solo fisicamente: mi ha confessato che si sente profondamente mia, come se fosse un mio braccio o una gamba. E le piace obbedirmi immediatamente. Lo considera un dovere.
Nella vita, mi ha confessato, siccome ormai è totalmente cotta di me, ha il solo obiettivo di farmi godere e mi offre il suo corpo per farne ciò che voglio. A volte l'accarezzo, la coccolo e la vizio. La copro di regali e attenzioni. Per lei faccio follie, letteralmente. Anche se non vedo l’ora di farle usare la bocca nel modo che più le si addice. Adoro vedere come ingurgita il mio uccello, senza fiatare.
Parliamo molto, insieme e la stimolo. Poi d’un tratto le dico cose buffe, la faccio ridere e allora un po’ si lascia andare. E mi racconta di sé. Scopro il suo meraviglioso mondo interiore, fatto di citazioni colte e umorismo fine, sottile come l'acqua per il caffè. Ha un cervello di prim'ordine e un QI di 186, che è un valore strepitoso.
Altre volte invece la maltratto e pretendo di avere il suo corpo immediatamente, senza alcun preliminare. Lei si spoglia e docilissima si lascia manovrare: posso legarla, metterle la gag-ball per soffocarne eventuali urla di dolore e torturarla dolcemente. Adoro maltrattarle i capezzoli: inizialmente capisce, mi sorride, poi magari stringe i denti per non strillare e sopporta. Glieli stringo fino a vedere qualche lacrima che le scende sulle gote, ma comunque non smette di sorridere. Lei è la mia schiava puttana.
M'è capitato tempo fa che non mi accorgessi che aveva qualche linea di febbre: l'ho capito solo baciandola e notando le sue guance caldissime. Che stupido! Prontamente mi sono staccato e mi sono offerto di prepararle un po’ di brodino, di andare a prenderle dei medicinali o farle degli impacchi, ma lei mi ha detto che l'unica medicina che desiderava prendere era il mio seme.
E quindi subito m’ha chiesto il permesso e dopo aver fatto letteralmente l’amore con le mie palle s’è attaccata al mio uccello per bere! Come fai a non amare una donna così. Non vuole sposarmi: mi ha detto che il matrimonio spezzerebbe l'equilibrio erotico sottilissimo che ci unisce. Piuttosto, mi ha detto, se proprio desidero farmi una famiglia, posso sposare un'altra donna e lei comunque sarà sempre a mia completa disposizione. Ma io sono semplicemente pazzo di lei, solo di lei.
Poi ha un suo vizietto assolutamente adorabile: quando ha finito di darmi piacere perché l'ho appena scopata e farcita di seme, lei dolcemente si infila un paio di dita nella fica per cavarne tutta la sborra che riesce a raccogliere e se le porta alle labbra: vederla leccarsele e gustare il sapore della sborra è un mio privatissimo e assoluto piacere.
Chiude gli occhi e assaggia rapita. Ingoia avida e golosa ma poi invariabilmente guardandomi fissa e sorridendo, con quelle sue bellissime fossette sulle guance, mi dice: “ne posso avere un altro po’?” e io non posso fare altro che prendere la sua testa e guidarla verso il mio inguine.
Se sai di soddisfare così un suo desiderio, una sua forte e profonda esigenza di intima comunione con te, come fai a dirle di no? Tieni amore mio, divertiti e fammi godere di nuovo: di me ora fai tu ciò che vuoi…
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"Eugénie Grandet" è uno dei romanzi più celebri di Honoré de Balzac, pubblicato per la prima volta nel 1833. Fa parte del vasto ciclo narrativo de "La Comédie Humaine", un'opera monumentale che Balzac ha dedicato a rappresentare la società francese del suo tempo.
Il romanzo è ambientato nella cittadina di Saumur, nella Valle della Loira, e racconta la storia di Eugénie, una giovane donna che vive sotto il giogo del padre, Félix Grandet, un uomo estremamente avaro e manipolatore. La trama si sviluppa attorno alla vita monotona e opprimente di Eugénie, che viene sconvolta dall'arrivo del cugino Charles, recentemente orfano e senza un soldo. Questo incontro risveglia in Eugénie sentimenti di amore e ribellione, portandola a scontrarsi con l'autorit�� paterna.
Balzac utilizza la figura di Grandet padre per criticare l'ossessione borghese per il denaro e il potere. La sua avarizia non solo rovina la vita della figlia, ma rappresenta anche una critica più ampia alla società del tempo, dove il valore delle persone è spesso misurato in termini di ricchezza materiale. La descrizione dettagliata della vita provinciale e delle dinamiche familiari rende il romanzo un ritratto vivido e realistico della Francia post-rivoluzionaria.
Honoré de Balzac nacque il 20 maggio 1799 a Tours, in Francia, da una famiglia borghese. Suo padre, Bernard-François Balzac, era un funzionario pubblico, mentre sua madre, Charlotte-Laure Sallambier, proveniva da una famiglia di commercianti parigini. Balzac trascorse un'infanzia solitaria e difficile, segnata dai frequenti disaccordi tra i genitori.
Dopo aver frequentato il Collège des Oratoriens a Vendôme, Balzac si trasferì a Parigi, dove studiò diritto. Tuttavia, la sua vera passione era la letteratura. Dopo alcuni tentativi falliti di affermarsi come drammaturgo, Balzac iniziò a scrivere romanzi sotto vari pseudonimi. La sua carriera letteraria decollò con la pubblicazione di "Les Chouans" nel 1829, il primo romanzo che firmò con il suo vero nome.
Balzac è noto per il suo stile di vita frenetico e per la sua incredibile produttività. Lavorava spesso per lunghe ore, alimentato da caffè nero, e scriveva in modo compulsivo. La sua opera più famosa, "La Comédie Humaine", è una serie di quasi cento romanzi e racconti che offrono un ritratto dettagliato della società francese del XIX secolo. Tra le sue opere più celebri si trovano "Le Père Goriot", "La Cousine Bette" e, naturalmente, "Eugénie Grandet".
Nonostante il successo letterario, Balzac ebbe una vita personale tumultuosa, segnata da numerosi debiti e relazioni amorose complicate. Nel 1850, sposò la contessa polacca Ewelina Hańska, con la quale aveva intrattenuto una lunga corrispondenza. Purtroppo, Balzac morì pochi mesi dopo il matrimonio, il 18 agosto 1850, a Parigi.
Balzac è considerato uno dei padri del realismo nella letteratura europea. La sua capacità di creare personaggi complessi e di descrivere con precisione la società del suo tempo ha influenzato molti scrittori successivi, tra cui Émile Zola, Charles Dickens e Marcel Proust.
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Quando venne il caffè, non mi aveva ancora chiesto che cosa facevo a Torino. Probabilmente lo sapeva e non c’era bisogno di dirglielo. Ma nemmeno mi chiese se mi fermavo poco o molto. Questo mi piace nella gente. Lasciar vivere.
Cesare Pavese - Tra donne sole
Ph Ralph Gibson
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Rododaktulos eos
Mary Oliver, Wordsworth's Mountain
"This is to say nothing against afternoons, evenings, or even midnight. Each has its portion of the spectacular. But dawn-dawn is a gift. Much is revealed about a person by his or her passion, or indifference, to this opening of the door of day. No one who loves dawn, and is abroad to see it, could be a stranger to me."
L'alba dalle dita di rosa. Qualche volta la abbiamo guardata insieme dalla finestra della cucina. Sapeva di caffè, del tuo primo caffè al vetro, quello che ti portavi la mattina in bagno con la radio a tutto volume. Mi hai detto che anche tu hai inseguito per tutta la vita il sogno di svegliarti ogni giorno alle cinque di mattina e di trovare così finalmente il tempo: il tempo di fare quello che dovevi fare. Me lo hai detto persino ieri, il giorno in cui ti hanno rimesso il catetere, e tu sai bene cosa vuol dire quel catetere: devo fa tante cose, hai detto. Vedi, io e te siamo uguali anche in questo: il tempo non ci basta per fare tutto quello che dobbiamo fare. Che poi a guardarle bene sono tutte cose inutili agli occhi dei più, le nostre cose, scrivere, leggere, studiare: velleitari, siamo noi. Ora è l'alba e io la sto guardando da un angolo della camera da letto delle bambine, che un giorno è stata la tua camera da letto di bambino. La sto guardando indirettamente, nella luce rosa che di lei si riflette sull'albero di cachi e sul montante della finestra: le dita di rosa, eccole. E infatti non ho il coraggio di alzarmi per guardarla negli occhi. Perché non so se questa sarà quell'alba, quella che mi fa così tanta paura che mi sento come se fossi tornata bambina anch'io, in questa stanza. Ma no, non è la morte che mi ha fatto di nuovo piccola, voglio pensare così: è piuttosto il ricordo di quel caffè al vetro e di te che appiccicato al vetro della finestra insieme a me mi insegni l'epiteto omerico per l'aurora, me lo dai, con un gesto così semplice, come se fosse il buongiorno, e invece è un regalo per la vita: le tue parole sempre spoglie di ostentazione e sempre ricche, più ricche persino di Omero, il primo padre, il padre di tutti i poeti, l'alba della letteratura: lui non sapeva quale incredibile viaggio avrebbe fatto la sua aurora, che sarebbe arrivata alla nostra finestra, un giorno. Le parole sono tenere cose, diceva un altro Cesare. Forse anche magiche, lo sento stamattina: l'alba dalle dita di rosa. E l'alba - l'alba è un regalo. Ora vado a farmi un caffè.
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Diabete, caffè alleato per combatterlo: bere 3-4 tazzine al giorno aiuta a contrastarlo Il caffè è un alleato naturale che può aiutare a contrastare il diabete del tipo 2. Grazie alla sua ricca miscela di composti bioattivi, tra cui i polifenoli, sarebbe in grado di influenzare positivamente il metabolismo del glucosio e i processi antiossidanti. Un'evidenza confermata anche di recente da uno studio pubblicato sulla rivista Clinical Nutrition, in occasione della Giornata mondiale del diabete del 14 novembre, secondo il quale bere 3-4 tazzine di caffè al giorno sarebbe associato a un rischio inferiore di circa il 25% di sviluppare la patologia, rispetto ad un consumo inferiore o nullo. Una quantità in linea con il parere scientifico dell'autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che afferma che 400 mg di caffeina al giorno sia la dose corretta per la maggior parte delle persone. Basti pensare che in Italia sono circa 3,9 milioni le persone che nel 2022 hanno dichiarato di avere il diabete, pari al 6,6% della popolazione. Lo scorso anno è stato registrato un forte aumento dell'incidenza della patologia, con oltre 400mila casi in più rispetto a solo tre anni prima. Un incremento attribuibile all'invecchiamento della popolazione, alla tendenza di diagnosi di diabete più precoci e al peggioramento di alcuni fattori di rischio nel periodo della pandemia (aumento di eccesso di peso e riduzione dell'attività fisica). La letteratura che sostiene il ruolo di questa bevanda nella riduzione del rischio di sviluppare il diabete è molto vasta e dettagliata. L'Isic, l'Institute for scientific information on Coffee, segnala numerose evidenze scientifiche sul tema, come il fatto che il caffè con caffeina possa proteggere maggiormente le donne rispetto agli uomini dalla possibilità di sviluppare il diabete e che anche il decaffeinato abbia effetti protettivi. È stato evidenziato inoltre come l'assunzione a lungo termine di caffè possa anche contribuire al carico antiossidante totale della dieta, aiutando a limitare lo stress ossidativo e, di conseguenza, l'insorgenza della patologia.
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Dove la luce di Carmen Pellegrino: sulle tracce di Federico Caffè
Ci sono letture così complesse che, alla fine, mentre reagisci per iscritto a una di esse, capita sovente che ti viene da dire: in fondo, è stato più semplice di quel che credevo. Dove la luce di Carmen Pellegrino Spesso succede, nella letteratura moderna, che la scrittura viaggi su diversi piani che finiscono per intersecarsi in più punti, come capita alle scale impossibili di Escher. Nel…
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Pillole di letteratura - Antonio Fogazzaro
Antonio Fogazzaro (Vicenza, 25 marzo 1842 – Vicenza, 7 marzo 1911) è stato uno scrittore e poeta italiano.
Fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1896. Dal 1901 al 1911 fu più volte tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura, che tuttavia non vinse. Aderì al Modernismo teologico.
Nasce a Vicenza, nella casa al numero civico 111 dell'attuale corso Fogazzaro, da Mariano, industriale tessile, e da Teresa Barrera, in un'agiata famiglia di tradizioni cattoliche: lo zio paterno Giuseppe era prete e una sorella del padre, Maria Innocente, era suora nel convento di Alzano, presso Bergamo. Antonio scriverà di sé stesso: «Dicono che sapessi leggere prima dei tre anni, che fossi un enfant prodige, antipatico genere. Infatti ero poco vivace, molto riflessivo, avido di libri. Mio padre e mia madre mi istruivano con grande amore. Avevo un carattere sensibile, ma chiuso».
Concluse gli studi elementari nel 1850: scriverà poi di non avere «mai studiato con gran zelo quello che dovevo studiare, anche da ragazzetto leggevo con avidità ogni sorta di libri dilettevoli; per il vero studio non avevo nessun entusiasmo. Leggevo poi malissimo, in fretta e furia, disordinatamente [...] Il mio libro prediletto erano le Mémoires d'Outre-tombe del Chateaubriand. Nel gennaio 2014 lo Stato francese ha acquisito l'unica copia originale integrale della prima edizione delle Mémoires. Datato 1847, l'esemplare reca le correzioni autografe, le cancellature e le sottolineature di Chateaubriand. Il volume, di 3000 pagine, apparteneva allo studio Beaussant-Lefevre di Parigi; ora è custodito alla Bibliothéque nationale de France. Chateaubriand usava dettare sistematicamente ad una segretaria i suoi libri prima di bruciare il brogliaccio dopo la stampa. Infatti, non esiste alcun manoscritto di questo capolavoro letterario.
En janvier 2014, l'État français a acquis le seul exemplaire original complet de la première édition des Mémoires. Daté de 1847, l'exemplaire porte les corrections autographes, ratures et traits de soulignement de Chateaubriand. Le volume, de 3000 pages, appartenait à l'atelier Beaussant-Lefèvre à Paris; il est aujourd'hui conservé à la Bibliothèque nationale de France. Chateaubriand dictait systématiquement à une secrétaire ses livres avant de brûler la fraude après l'impression. En fait, il n'existe aucun manuscrit de ce chef-d'œuvre littéraire.
carriera politica 1814-1830
Passavo per aristocratico, reputazione che ho poi avuto più o meno dappertutto per il mio esteriore freddo, riservato e soprattutto per il mio odio della trivialità» ed è un adolescente timido e romantico: «Le mie fantasie amorose erano sempre tanto fervide quanto aeree: mi figuravo di avere un'amante ideale, un essere sovrumano come Chateaubriand descrive la sua Silfide. Con le signore ero di un imbarazzo, d'una timidezza, di una goffaggine straordinarie».
Studia poco e malvolentieri, frequenta più spesso i caffè, giocando al biliardo, che le aule dell'Università e perde anche la fede cattolica; scrisse poi di aver provato allora «una certa soddisfazione come per aver rotto una catena pesante; sentivo però anche un lontano dubbio di errare. Lo provai specialmente la prima Pasqua che passai senza Sacramenti. So di avere passato delle ore di grande agitazione interna, passeggiando per il giardino deserto del Valentino»
A Milano conosce Abbondio Chialiva, un vecchio carbonaro che lo introduce nell'ambiente letterario degli scapigliati, scrittori che, come Emilio Praga, i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, cercavano, consapevoli del provincialismo letterario italiano, nuove strade nell'arte, rifacendosi alle tradizioni romantiche tedesche e francesi. Si lega in particolare con Arrigo Boito ma non farà mai parte di quella corrente che, per quanto confusa e velleitaria, appariva troppo ribelle ai suoi occhi di borghese conservatore e intimamente conformista.
Nel 1868 supera gli esami di abilitazione alla professione di avvocato; scrive allo zio Giuseppe il 21 maggio: «Eccomi avvocato; bell'affare per i miei futuri clienti! Intanto metto il Codice Civile in disponibilità, mando la Procedura in licenza e condanno il Codice Penale alla reclusione». Pensa infatti di dedicarsi ancora alla poesia; nel 1869 nasce Gina, la prima figlia, e intanto comincia a lavorare a un romanzo e a un poemetto in versi.
Fogazzaro inviò al padre il manoscritto del poemetto Miranda il 3 dicembre 1873: «A me pare buono e in certe parti, devo dirtelo? molto buono, ma sono il primo a convenire che tutti gli autori, sino a' più ladri, hanno la stessa opinione delle cose proprie». Anche al padre, che è deputato del collegio di Marostica al Parlamento italiano, l'opera pare «bella, bellissima [...] ho divorato i tuoi versi tutti d'un fiato [...]» e ricerca un editore che la pubblichi, ricevendo tuttavia solo rifiuti, tanto da far pubblicare il libro a proprie spese nel 1874.
Il critico Francesco de Sanctis Sollecitò giudizi da un letterato di fama come Gino Capponi che, non si sa con quanto spirito di circostanza, ne dà una valutazione lusinghiera ma riceve, il 15 giugno 1874, un giudizio netto e severo dal grande critico, e collega al Parlamento, Francesco de Sanctis:
Miranda si compone di tre parti: La lettera, Il libro di Miranda e Il libro di Enrico svolgendo la vicenda di un amore irrealizzato: in Enrico, Fogazzaro avrebbe voluto rappresentare la figura di un giovane poeta estetizzante e troppo egoista per amare altri fuori di sé stesso, un figlio del suo tempo visto nel lato più negativo, mentre in Miranda è raffigurata una ragazza – come scrive il Gallarati Scotti (Vita di A. F.) - «nata tutta dal sogno, anima e corpo, e dei sogni ha perciò il pallore e l'inconsistenza. I suoi piedi non toccano terra e il suo cuore, in fondo, non batte con violenza, come chi ami in questo mondo reale un uomo reale [...] essa ci commuove per quel tanto del mondo interiore che del suo poeta che si accende in lei. Ma non appena essa si muove come un personaggio che è centro di un piccolo intreccio di avvenimenti [...] noi sentiamo che essa non ha mai avuto vita vera».
Se non ai critici e ai letterati, quella poesia piacque però al pubblico dei lettori dei quali solleticava l'allora dominante spirito sentimentale e Fogazzaro ne trasse incoraggiamento per proseguire nella via intrapresa della scrittura letteraria.
Malombra Per approfondire, leggi il testo Malombra.
Lo stesso argomento in dettaglio: Malombra (romanzo). Fu forse la consapevolezza di non avere nelle sue corde l'espressione poetica a spingerlo verso la prosa. Iniziato nella seconda metà degli anni settanta, nel 1881 esce il suo primo romanzo, Malombra. Protagonista è Marina di Malombra, bella e psicotica nipote del conte Cesare d'Ormengo, nel cui palazzo vive dopo la morte dei genitori. Qui trova casualmente un biglietto scritto nei primi anni dell'Ottocento da un'antenata – moglie infelice del padre del conte d'Ormengo e amante di un certo Renato – Cecilia Varrega, che invitava chi avesse trovato il suo messaggio a vendicarla contro i discendenti del marito.
Il lago del Segrino, dove s'immagina ambientata la vicenda del romanzo Malombra Puntualmente Marina, che si considera una reincarnazione della disgraziata Cecilia, consumerà la vendetta, facendo morire lo zio Cesare e uccidendo lo scrittore Corrado Silla, a sua volta considerato come la reincarnazione dell'amante di Cecilia. In una notte tempestosa, Marina scomparirà nelle oscure acque del lago.
I protagonisti del romanzo, Marina e Corrado, sono figure che Fogazzaro riprenderà pressoché in tutti i suoi romanzi successivi: Marina è la donna bella, aristocratica, sensuale ma inafferrabile, inquieta e nevrotica; Corrado Silla è l'intellettuale ispirato da importanti ideali che vorrebbe realizzare, ma ne è impedito dalle lusinghe del mondo e dall'inettitudine che lui stesso sente come fondamento del proprio essere.
Nel romanzo, percorso da un'atmosfera morbosa di occultismo, sensualità e morte, Fogazzaro introduce personaggi umoristici e generosi (il segretario del conte e sua figlia Edith, di casta purezza) o macchiettistici, come la contessa Fosca e il figlio Nepo. L'utilizzo del dialetto nei dialoghi di alcuni personaggi e il cogliere l'umana cordialità della provincia lombarda attenua la tensione di mistero e d'imminente tragedia che agita la vicenda.
Il libro, che mostra anche gli interessi spiritisti dello scrittore, suscitò reazioni contrastanti. Criticato da Salvatore Farina e da Enrico Panzacchi, fu parzialmente lodato da Giovanni Verga, che lo definì «una delle più alte e delle più artistiche concezioni romantiche che siano comparse ai nostri giorni in Italia». Anche Giuseppe Giacosa lo descrisse come «il più bel libro che siasi pubblicato in Italia dopo I promessi sposi», ma le maggiori riviste letterarie non lo citarono nemmeno.[1]
La vicenda è ambientata sulle rive del lago del Segrino, un piccolo lago della Brianza comasca. Il palazzo, invece, è l'antica villa Pliniana sul Lago di Como, che Fogazzaro visitò e che con la sua lugubre atmosfera costituì una delle principali fonti di ispirazione del romanzo. La versione cinematografica di Mario Soldati (1942), uno dei capolavori del cinema italiano, venne girata nella stessa villa Pliniana.
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Siracusa presenta la terza edizione di Cine Oktober Fest , dal 6 al 31 ottobre all'Urban Center e al Biblios Cafè.
Siracusa presenta la terza edizione di Cine Oktober Fest , dal 6 al 31 ottobre all'Urban Center e al Biblios Cafè. È stato presentato ieri alla Stampa Cine Oktober Fest, edizione 2023. La manifestazione – giunta alla sua terza edizione, ed unica nel suo genere – si svolgerà a Siracusa dal 6 al 31 ottobre all’Urban Center, in via Nino Bixio 1 e al Biblios Cafè, in via del Consiglio Reginale 11. Alla presentazione ha partecipato l’assessore alla Cultura Fabio Granata. “Così come nella migliore tradizione del ‘900, i fermenti culturali nascono dai caffè letterari – ha dichiarato Granata - Mi sembra questa la cifra più significativa del Cine Oktober Fest, che è un evento colto rivolto agli amanti del cinema ma anche costruito in maniera aggregativa per l’intera comunità non soltanto giovanile della città. L’Urban Center, che l'amministrazione comunale mette a disposizione, è lo spazio perfetto per garantire il connubio tra una manifestazione che nasce in un locale privato di intrattenimento ma che di proietta come evento pubblico. Quindi, complimenti agli autori di questa sapiente miscela che vede il cinema protagonista ma attorno a esso mette assieme anche altre linguaggi artistici come la letteratura, la recitazione e la grafica.” L’evento cinematografico siracusano, ideato e diretto da Giuseppe Briffa – presidente Post Cinema APS ( Associazione promozione sociale) e da Ludovico Leone – vice presidente e project manager generale – è patrocinato dal Comune di Siracusa in partnership con Siracusa Città Educativa, Urban Center Siracusa e Biblios Cafè Ortigia. L’evento - lo sottolinea il presidente Post-Cinema, Giuseppe Briffa - “ è orgogliosamente un unicum senza precedenti a Siracusa, volto a creare una rinascita nel panorama socio-culturale e artistico, oltre a diventare elemento propulsivo per la creazione di nuove modalità espressive e fare dialogare tra loro le varie realtà culturali siracusane nell’attesa della quarta stagione. In cantiere, infatti – ha annunciato Briffa – mostre d’arte cine-pittoriche, video-filmiche ed esposizioni vintage”. “L’associazione Post-Cinema – ha dichiarato Ludovico Leone - nasce nel luglio 2023, ma esisteva già come movimento culturale dal 2021. L’obiettivo primario è diffondere la cultura cinematografica e le arti a essa connesse a 360°, proponendo un nuovo modello di fruizione che fondi conferenza, proiezione, musicazione dal vivo e teatro con una facile replicabilità a tutte le fasce d’età in ogni luogo e contesto con l’ausilio di pochi mezzi, attraverso la collaborazione con sempre nuovi enti e associazioni.” L’edizione 2023 del festival si articola lungo quattro linee direttrici: Scandinavian, Anniversary, Silent ImAge e Post Horror Wave. Nel dettaglio: Scandinavian, dedicata a opere cinematografiche scandinave inedite, dimenticate o da riscoprire, uscite nell’ultimo decennio. Anniversary è la sezione dedicata alla proiezione di grandi classici della storia del cinema che nel 2023 compiono l’anniversario di uscita; dall’animazione all’autorato scandinavo, fino al cyberpunk e al body horror degli anni ottanta. Silent ImAge, per celebrare i grandi capolavori del cinema muto di matrice espressionista, con cine-concerti creati su misura. Fra gli altri, il Faust di Murnau del 1926. La sezione dedicata alla Post-Horror Wave parlerà di film indipendenti premiati in tutto il mondo negli ultimi vent’anni, di stampo autoriale e dalle venature orrorifiche, destinati a un pubblico adulto e dalla indiscussa valenza estetica. Nel corso della manifestazione verranno proposte conferenze introduttive alle proiezioni, letture teatrali di brani dei romanzi da cui sono stati tratti alcuni dei film in programma, con musicazione dal vivo a cura di Ludovico Leone. Il direttivo è composto dal presidente Giuseppe Briffa, dal vicepresidente Ludovico Leone e dal segretario Valerio Zanghi. Al direttivo si affiancano i soci collaboratori Claudio Pavia (grafico), Gianandrea Cama (fundraiser) e Davide Carnemolla (recensore). G. Briffa, esperto in filmologia, videoeditor, videomaker, art-director per associazioni culturali siciliane, curatore di rassegne cinematografiche fra cui “In the mood for Biblios”, per il Biblios Cafè di Siracusa. È stato direttore artistico del Nuovo Museo del Cinema di Siracusa “Remo Romeo”. L. Leone, vicepresidente, responsabile del progetto grafico e musicista, si occupa degli inserti musicali dal vivo nel corso degli eventi. Graphic designer e regista indipendente, ha al suo attivo quattro cortometraggi, diverse opere letterarie, poetiche e saggistiche; è inoltre curatore della rassegna “Post-Cinema: Imagination, Exploration, Experimentation”. V. Zanghi, segretario, ingegnere elettronico specializzato in ecologia, è coordinatore di eventi a tematiche ambientali legate alla transizione ecologica. Collabora al progetto con Post Cinema e partecipa alla manifestazione anche l’associazione V.A.N. (Verso Altre Narrazioni), per promuovere la divulgazione teatrale mediante gli strumenti cinematografici, creando un’ingegnosa collaborazione tra cinema e teatro. Il CineOktoberFest 2023 si terrà in due sedi, il Biblios Cafè in Ortigia, Via del Consiglio Reginale 11 e presso l’Urban Center in Via Nino Bixio 1. Programma Sezioni dei contenuti: Intro Cartoons • Betty Boop Dark Show • Disney Horror Silly Symphonies • Looney Tunes USA War Propaganda • Felix The Black Cat Prima Serata (Urban Center) Anniversary Scandinavian Silent ImAGE Special Prima Serata (Biblios Cafè) / Seconda Serata (Urban Center) Post-Horror Wave URBAN CENTER SIRACUSA 6 Ottobre: Disney Horror Silly Simphonies BABES IN THE WOODS by Burt Gillet (1932) Betty Boop Dark Show SNOW-WHITE by Dave Fleischer (1933) Anniversary (85 anni) BIANCANEVE by David Hand (1938) Post-Horror Wave GRETEL E HANSEL by Oz Perkins (2020) 7 Ottobre: Betty Boop Dark Show THE MAN AND THE OLD MOUNTAIN by Dave Fleischer (1933) Scandinavian IL SOSPETTO by Thomas Vinterberg (2012) Post-Horror Wave IT FOLLOWS by David Robert Mitchell (2014) 8 Ottobre: • Disney Horror and Silly Simphonies DER FUEHRER'S FACE by Jack Kinney (1943) Silent I• mAGE FAUST by W. F. Murnau (1929) • Post-Horror wave BABADOOK by Jennifer Kent (2014) 20 Ottobre: • Disney Horror and Silly Simphonies HELL'S BELLS by Ub Iwerks(1929) • Anniversary (50 anni) THE EXORCIST by William Friedkin (1973) • Post-Horror wave A GHOST STORY by David Lowery (2017) 21 Ottobre: • Betty Boop Dark Show MINNIE THE MOOCHER by Dave Fleischer (1932) film – Anniversary (40 anni) VIDEODROME by David Cronemberg (1983) • Post-Horror wave COME TRUE by Anthony Scott Burns (2021) 22 Ottobre: • Felix The Black Cat SWITCHES WITCHES by Otto Messmer (1927) • Silent ImAGE HÀXAN by Benjamin Christensen (1922) • Post-Horror wave THE WITCH by Robert Eggers (2014) • Selezione ragionata di letture tratte da Malleus Maleficarum (Il martello delle streghe) trattato pubblicato nel 1487 dai frati Heinrich Kramer e Jacob Sprenger a cura di V.A.N. Verso Altre Narrazioni 27 Ottobre: • Betty Boop Dark Show POOR CINDERELLA by Dave Fleischer (1934) • Scandinavian UN PICCIONE SEDUTO SU UN RAMO RIFLETTE SULL'ESISTENZA by Roy Anderson (2015) • Post-Horror wave THELMA by Joachim Trier (2017) 28 Ottobre: Disney Horror and Silly Simphonies THE SKELETON DANCE by Walt Disney (1929) Anniversary (55 anni) L' ORA DEL LUPO by Ingmar Bergman (1968) • Selezione ragionata di letture tratte da La Lanterna Magica di Ingmar Bergman a cura di V.A.N. Verso Altre Direzioni 29 Ottobre: • Betty Boop Dark Show HA HA HA ! by Dave Fleischer (1934) • Silent ImAGE LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO by Carl Theodor Dreyer(1922) • Post-Horror wave MIDSOMMAR by Ari Aster (2019) 31 Ottobre • SPECIAL THE CINEMA OF JOHN CARPENTER Un excursus video-musicale in occasione dell'anniversario (45 anni dall'uscita statunitense ) del film di culto, celebrato in tutto il mondo, Halloween - La notte delle streghe (1978). Il programma prevede nell'ordine: una digressione ragionata dell'intera filmografia di Carpenter, con contributi videografici realizzati ad hoc per l'occasione con accompagnamento musicale dal vivo (synth, basso, chitarra) delle colonne sonore che hanno caratterizzato le opere dell'autore in questione, poiché egli stesso è stato ed è compositore. In seconda serata la proiezione del film • Anniversary (45 anni) HALLOWEEN by John Carpenter (1978) BIBLIOS CAFÉ ORTIGIA ciclo conferenze CineOktoberFest POST-HORROR WAVE "L'ultima avanguardia della storia del cinema" 10 Ottobre SWALLOW by Carlo Mirabella-Davis (2020) 11 Ottobre THE NEON DEMON by Nicholas Refn (2017) 12 Ottobre HEREDITARY by Ari Aster (2015) 13 Ottobre A GIRLS WALKS HOME ALONE AT NIGHT by Ana Lily Amipour (2014) 14 Ottobre MOTHER! by Darren Aronofsky (2017) 17 Ottobre A CLASSIC HORROR STORY by Roberto De Feo, Paolo Strippoli (2021) 18 Ottobre FAVOLACCE by Fratelli D'Innocenzo (2020) 19 Ottobre SICILIAN GHOST STORY by Fabio Grassadonia, Antonio Piazza (2017) Nelle giornate del 17, 18 e 19 ottobre avremo l'onore di ospitare Carmelo Maiorca per un breve excursus storico sulla criminalità organizzata ('ndragheta calabrese, criminalità romana suburbana, mafia siciliana). 24 Ottobre THE LIGHTHOUSE by Robert Eggers (2019) 25 Ottobre IL SACRIFICIO DEL CERVO SACRO by Yorgos Lanthimos (2017) 26 Ottobre UNDER THE SKIN by Jonathan Glazer (2013)... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Basta un caffè per essere felici - Il viaggio emozionale di Toshikazu Kawaguchi. Recensione di Alessandria today
In un caffè dove il tempo si ferma, le vite cambiano: la magia delle piccole cose nella terza opera di Kawaguchi.
In un caffè dove il tempo si ferma, le vite cambiano: la magia delle piccole cose nella terza opera di Kawaguchi. “Basta un caffè per essere felici” di Toshikazu Kawaguchi è un romanzo che incanta il lettore con la semplicità e profondità delle sue tematiche. Dopo il successo di “Finché il caffè è caldo”, l’autore giapponese ci riporta nello stesso caffè magico, dove il tempo può fermarsi e dare…
#Basta un caffè per essere felici#caffè e felicità#caffè magico#caffè nella letteratura#felicità#garzanti#introspezione#lettura per riflettere#libri rilassanti#libri sulla felicità#libro emozionante#minimalismo letterario#narrativa contemporanea#narrativa giapponese#narrativa introspettiva#narrativa moderna#narrativa poetica#perdono#piccoli gesti#Relazioni umane#Riflessioni sulla vita#rimpianti#romanzi bestseller#romanzi bestseller Garzanti.#romanzi leggeri#romanzo giapponese#Seconda Possibilità#Significato della Vita#storie di vita#storie toccanti
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Elio Vittorini, tra letteratura ed editoria
Una vita che attraversò parte del Novecento… Elio Vittorini nacque il 23 luglio 1908 a Siracusa, in Sicilia e il padre, ferroviere, si spostava speso per lavoro lungo la regione, portando con sé la famiglia. Elio, adolescente irrequieto, divenne desideroso di scoprire un mondo più ampio degli orizzonti provinciali, così scappava frequentemente da casa per esplorare luoghi nuovi e sconosciuti. A sedici anni, stanco della scuola di ragioneria cui era stato iscritto dalla famiglia, abbandonò per sempre la Sicilia nel 1924 e, dopo aver trovato un impiego a Gorizia, cominciò la sua formazione culturale, modellata sui grandi scrittori europei del tempo in reazione al provincialismo della cultura del regime. Sempre di questo periodo fu l'avvicinamento alle posizioni di Curzio Malaparte e della rivista Strapaese, che Vittorini espresse in un articolo apparso nel 1926 su La conquista dello stato. L’anno successivo, grazie all’intervento di Malaparte, Elio divenne collaboratore della Stampa, e, dopo aver spedito a La fiera letteraria il suo primo racconto, Ritratto di re Gianpiero, lo vide pubblicato sulle pagine della rivista. Nel 1927 Vittorini sposò la sorella del poeta Salvatore Quasimodo, Rosa, che gli diede l’anno successivo il primo figlio, Curzio, nome scelto per il legame con Malaparte. Poco dopo, nel 1929, lo scrittore ritornò sul carattere provinciale della letteratura italiana pubblicando alcuni interventi sulle pagine della rivista fiorentina Solaria, che era la principale voce per dare un respiro europeo alla cultura italiana soffocata dal regime e dalle sua pretese autarchiche. Nel 1931 fu pubblicato, sempre dalla rivista fiorentina, Piccola borghesia, prima raccolta di racconti di Vittorini che, trasferitosi a Firenze, divenne segretario di redazione di Solaria e correttore di bozze per il quotidiano La Nazione. All'identità di Solariano, Vittorini unì la frequentazione della Firenze intellettuale ed ermetica, riunita all’epoca nel caffè delle Giubbe Rosse, dove iniziò ad interessarsi alla cultura e la lingua anglosassone. Studiato l'inglese, Elio cominciò la carriera di traduttore, che gli permise di lavorare a stretto contatto con il mondo editoriale, sia come collaboratore che come direttore di importanti collane. Nel 1933 pubblicò a puntate sulle pagine di Solaria Il garofano rosso, suo primo romanzo e nell’anno successivo divenne padre per la seconda volta, questa volta di Demetrio. Elio nel 1936 iniziò a lavorare su Conversazione in Sicilia, una delle sue opere principali sia sul piano contenutistico che su quello stilistico, che fu pubblicato a puntate su Letteratura, poi ripubblicato in volume prima da Parenti nel 1941 e da Bompiani nel 1942. Nel 1938 lo scrittore si trasferì a Milano per lavorare da Bompiani, e li ci fu il riavvicinamento di Vittorini con un vecchio amore milanese, Ginetta Varisco. L’opera di censura perpetrata dal regime fascista colpì anche l’antologia Americana, una raccolta dei principali narratori statunitensi del tempo e di cui Vittorini aveva redatto le note critiche. Il secondo conflitto mondiale e la guerra di Resistenza videro lo scrittore attivamente impegnato nella stampa clandestina e coi partigiani. Questa esperienza diede vita nell'immediato dopoguerra a Uomini e no, romanzo che è il punto di maggiore vicinanza tra l'autore e il Neorealismo. Lasciata la famiglia per vivere con Ginetta Varisco a Milano, Vittorini nel 1945 divenne direttore dell’Unità e fondò Il Politecnico, rivista che mirava a smuovere il dibattito sulla cultura e la società italiana, ma che durò solo fino al dicembre del 1947. Nel 1951 Einaudi affidò allo scrittore la collana di narrativa I gettoni, grazie alla quale debuttarono scrittori di successo, come Carlo Cassola, Beppe Fenoglio, Mario Rigoni Stern e Leonardo Sciascia. Inoltre Vittorini collaborò con Mondadori, per cui rifiutò di pubblicare Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, grande best-seller del 1957 per Feltrinelli. Malato da tempo, Elio Vittorini morì il 12 febbraio 1966 a Milano. Read the full article
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Tokyo Ghoul (introduzione)
Ken Kaneki, un normalissimo ragazzo universitario della scuola kamii, timido e riservato, INFP (mio dio ma sta parlando di me!), ha come hobby la letteratura giapponese, ed è molto introspettivo; non ha molti amici se non l'unico che conosce bene, Hideyoshi Nagachika, che conosce dall'infanzia; è l'unico che si è occupato di lui anche in momenti difficili della sua vita.
Nella città di Tokyo è noto che vivano i Ghoul, esseri famelici che uccidono gli essere umani per cibarsi e agiscono di notte per non essere scoperti, e nella vita di tutti i giorni si mimetizzano nella società. La caratteristica dei Ghoul è che percepiscono super disgustosi i cibi che mangiano gli umani e per questo motivo attuano il cannibalismo; la carne prelibata di una persona gli sfama per 1-2 mesi di seguito.
Kaneki è attratto da una ragazza che vede spesso in bar, e il suo amico lo percula perchè vorrebbe chiederle di uscire e proporle la libreria come luogo di primo appuntamento, cosa che all'amico fa molto ridere, perchè per lui non è una carta vincente da giocare. Fatto sta che riesce a uscire con la ragazza; i due si rendono conto che si piacciono vicendevolmente, tuttavia, il sentimento della ragazza nei confronti del giovane protagonista va ben oltre la sola attrazione, lei è un ghoul che lo vorrebbe sventrare, l'attrazione e la fame aumentano evidentemente se le persone piacciono... Kaneki una volta accorto di ciò tenta di scappare, quando all'improvviso cade un traliccio di una costruzione, che colpisce la ragazza fantasma e la uccide. kaneki nel frattempo si era mortalmente ferito; vengono portati in ospedale e il chirurgo decide di trasferire gli organi interni della ragazza nel corpo di kaneki... plot twist: il ragazzo diventa un ghoul da un solo occhio (i ghoul nella trasformazione da mostri hanno gli occhi rossi accesi e il loro corpo cambia con super poteri).
Così il protagonista deve fare i conti con la sua natura da mezzo umano e mezzo ghoul, cosa che all'inizio lo massacra psicologicamnete perchè il solo pensiero di ingollare carne umana lo devasta, e anche solo il pensiero di essere attratti dall'odore della carne del suo migliore amico è qualcosa di insostenibile. Deve ambientarsi nella società dei ghoul, deve imparare a come procurarsi il cibo, il caffè è l'unico alimento "umano" che riescono a ingurgitare, come non farsi riconoscere nella vita di tutti i giorni, come inserirsi nella società segreta (il bar che frequentava prima dell'incidente è gestito da uno dei loro che lo aiuta nel suo inizio di percorso)...
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LA SCIENZA DEL CAFFE' CON LA MOKA
Di Dario Bressanini
Non tutti sanno come funziona esattamente. Anzi, se chiedete come fa il caffè a uscire dalla colonnina è probabile che vi diano la risposta sbagliata, e cioè che sia l’ebollizione dell’acqua a spingerla attraverso il filtro. Potrà sembrare strano ma un’analisi scientifica corretta, anche se parziale, del funzionamento di una Moka è stata pubblicata su una rivista scientifica solo nel 2007 [1], seguita nel 2009 da una indagine sperimentale completa [2]. In precedenza in letteratura si trovano solo spiegazioni parziali o addirittura errate.
Vediamone il funzionamento e contemporaneamente impariamo a preparare un buon caffè. Cominciamo dall'acqua.
Quale e quanta acqua?
Riempite la caldaia della caffettiera sino alla valvola di sicurezza. In una caffettiera classica da 3 tazzine sono circa 150 g di acqua. Non andate oltre: Sotto il filtro a imbuto si deve lasciare una piccola sacca d’aria (circa 20-25 cm^3) e il caffè nel filtro non deve toccare l’acqua sottostante. Questo è importante, come vedremo, per il funzionamento corretto dell’apparecchio.
L'acqua non deve avere troppi sali disciolti sia per non lasciare troppi residui nella caffettiera che, col tempo, potrebbero causare un malfunzionamento, sia per non alterare il sapore del caffè impartendo un sapore amaro. I valori suggeriti degli ioni disciolti sono: calcio < 60 mg/l, bicarbonato < 200 mg/l, magnesio < 15 mg/l. Se l’acqua erogata dal vostro rubinetto rende il caffè amaro, o è ricca di cloro, potete utilizzare acqua in bottiglia con valori più bassi.
Quale caffè?
Ovviamente quello che vi piace. Esistono due specie di piante di caffè sfruttate commercialmente. Coffea arabica, originaria dell’Etiopia, è coltivata nelle regioni montuose tropicali fino a 2500 metri e rappresenta i due terzi della produzione mondiale di caffè. Ha un gusto delicato, leggermente acido, aromatico e poco amaro. Una percentuale di caffeina (nei semi) tra lo 0,9% e 1,2%. Il chicco è di forma allungata e appiattita di un bel color verde. Il caffè arabica arrivò a Venezia agli inizi del ‘600 e da lì si diffuse in tutta Europa diventando la bevanda preferita degli intellettuali.
La robusta (Coffea canephora) rappresenta un terzo della produzione mondiale. È originaria dell’Africa occidentale e arriva in Italia solo nel ‘900. È coltivata tra i 200 e i 600 metri d’altezza ed è capace di sopravvivere nei difficili ambienti della foresta africana. Ha un gusto più astringente e amaro dell’arabica, più caffeina (1,6-2,4%) e un chicco tondeggiante con un solco dritto.
Io uso un’#arabica 100% ma non necessariamente una miscela con una certa percentuale di robusta è di minore qualità: dipende da come volete il vostro caffè.
Quanto caffè?
In una “tre #tazzine” si usano circa 15 grammi di caffè macinato. Il caffè per la #Moka deve essere macinato con una grana più grossa rispetto a quello per una macchina da espresso dove la pressione più elevata (circa 9 bar) richiede uno strato di caffè compatto macinato più finemente.
Riempite il filtro sino all'orlo senza creare una montagnetta. Premere o non premere? Non premete il caffè! Altrimenti rallentate la risalita dell’acqua. Ma non fateci nemmeno dei buchetti, altrimenti la facilitate troppo. In entrambi i casi alterereste il tempo di contatto ottimale tra acqua e caffè.
Coperchio aperto o chiuso? C’è chi tiene chiuso il coperchio e chi lo lascia aperto. Fate come preferite; vi sono molte leggende al riguardo, ma non fa alcuna differenza. Io, se sono in cucina, lo tengo aperto per controllare meglio quando spegnere il fuoco.
Accendiamo il fornello. Fiamma alta o bassa?
È meglio scaldare a fiamma bassa per far salire gradualmente la temperatura, ritardare l'ebollizione dell'acqua e far uscire lentamente il caffè dalla colonnina. Se avete fretta andate al bar ;)
Analizziamo ora passo passo cosa succede quando iniziamo a scaldare. Come dicono Navarini e collaboratori [2] “è una credenza, tra gli utilizzatori della Moka, che sia necessario raggiungere il punto di ebollizione dell’acqua per spingere il liquido fuori dal serbatoio inferiore e che l’aumento di pressione all’interno sia dovuto al raggiungimento dell’equilibrio termodinamico tra l’acqua e il suo vapore”
La fiamma sotto la caffettiera non riscalda solo l’acqua ma anche l’aria sovrastante che avevamo lasciato riempiendo la caldaia. Le misure sperimentali mostrano che la miscela aria/vapore non raggiunge mai l’equilibrio con l’acqua che si sta scaldando, rimanendo sempre a temperature più basse di circa 8 gradi.
All’innalzarsi della temperatura, secondo le leggi dei gas, l’aria aumenta la propria pressione ed espandendosi inizia a spingere l’acqua che risale nel filtro, bagnando il caffè. Aumentando la temperatura l’acqua inizia a evaporare e quindi anche la pressione del vapore contribuisce alla spinta dell’acqua verso l’alto.
La fase di estrazione regolare
Sino a quanto nella caldaia il beccuccio del filtro a imbuto rimane immerso nell’acqua, per circa 120 di quei 150 g iniziali di acqua, l’estrazione procede in modo regolare.
L’acqua calda, non ancora all’ebollizione, spinta prima dalla pressione dell’aria e poi dalla miscela aria/vapore, inizia a risalire nel filtro. Il caffè è completamente imbibito di acqua dopo che ne sono risaliti 40 grammi. In questa fase l’acqua passa attraverso il caffè senza grossa resistenza, sciogliendo le sostanze aromatiche più solubili. Gli esperimenti mostrano che l’estrazione comincia quando l’acqua è circa a 70 °C. Contemporaneamente, le particelle di caffè, assorbendo parte dell’acqua si gonfiano, diminuendo progressivamente la porosità del caffè e richiedendo, da questo punto, una pressione e una temperatura più elevate dell’acqua per poter diffondere nel filtro e risalire la colonnina.
La prima acqua calda, passando per il caffè nel filtro, si è un poco raffreddata e il primo caffè a risalire la colonnina ha una temperatura molto più bassa dell’acqua nella caldaia.
Gli studi sulla chimica dell’estrazione delle sostanze aromatiche presenti nel caffè mostrano come a temperature diverse si estraggono con più o meno facilità componenti aromatiche diverse, alcune desiderabili altre no. La temperatura ottimale dell’acqua dovrebbe essere attorno a 90-93 °C. A temperature molto superiori vengono estratte anche componenti aromatiche indesiderabili, che portano note astringenti e bruciate. Temperature troppo basse invece non estraggono componenti fondamentali del caffè, che risulta meno complesso e più acido. A questo punto della nostra preparazione la fiamma del fornello dovrebbe essere la più bassa possibile per ritardare l'ebollizione dell'acqua.
La fase vulcanica
Quando il livello d’acqua nella caldaia scende al di sotto del beccuccio del filtro, inizia quella che possiamo chiamare fase vulcanica. La riduzione immediata di pressione manda in ebollizione istantanea l’acqua che, mista al vapore, esce sfiatando dalla caffettiera, spruzzando come fosse un vulcano sino a quando è esaurita. Questa fase andrebbe evitata assolutamente e l’ebollizione ritardata il più possibile. A temperature troppo elevate l’acqua estrae sostanze presenti nel caffè tostato ma meno solubili a temperature più basse, ottenendo un caffè più amaro, astringente, col sapore di “bruciato” e a volte di “medicinale”. Se vi capita, non avete “bruciato” il caffè, ma estratto sostanze dal sapore sgradevole già presenti nel caffè #tostato e che lì dovrebbero rimanere.
Una strategia semplice per ridurre questo problema è di spegnere il fuoco quando il caffè scende lungo la colonnina e tende a staccarsi. Il caffè non deve gorgogliare e spruzzare dall’ugello. Un po’ di acqua rimarrà nella caldaia ma il vostro caffè sarà di qualità migliore.
Mescolare o non mescolare?
Il caffè ora è pronto, ma prima di versarlo nella tazzina è meglio mescolarlo. Il primo caffè uscito, quello a 70 gradi, è più acido e aromatico. A mano a mano che esce si stratifica il caffè più caldo ma anche più amaro. Poiché lo strato caldo è già in superficie non si attivano le correnti convettive che lo rimescolerebbero, come fanno invece in una pentola d'acqua per la pasta, e quindi va mescolato a mano. Ora il caffè è pronto per essere bevuto.
Scommetto che, come a me, vi sono venuti in mente alcuni esperimenti da fare e idee da mettere alla prova: possiamo variare la temperatura di partenza dell’acqua, per esempio, oppure usare un bagno termico per tenere la caldaia a una temperatura costante. Magari ne riparliamo.
Nel frattempo, buon #caffè!
Bibliografia
[1] Gianino, C. (2007). Experimental analysis of the Italian coffee pot “moka”.American Journal of Physics, 75(1), 43-47.
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti". Oggi l'autore prescelto è Elizabeth Strout e l'opera "Olive Kitteridge". In un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che, tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull'Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie e delle vite di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione e una croce. E, ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull'altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: «Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi». Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009. Olive Kitteridge è una signora alta e corpulenta dai capelli grigi, l’aria impenitente, schietta e leggiadra, conosciuta per le proprie opinioni taglienti suddivise tra tempeste di rabbia e risate profonde. Da sempre ha mal sopportato le chiacchiere, pur continuando a vivere in un luogo di chiacchiere, una donna che non si è mai mostrata umanamente cordiale ed educata, a cui non piace stare sola ma ancora meno in mezzo alla gente. Olive attraversa le strade, entra nelle case, osserva, si interroga, dialoga, spesso mantenendo un cauto riserbo, scruta e conosce gli intimi segreti di tutti, conserva e custodisce gelosamente i propri. La sua storia si specchia nella storia di Crosby e dei propri abitanti a cui da sempre appartiene, ne è stata l’insegnante, la incontrano per strada, nei caffè, nei luoghi di culto, spesso chiedendosi come abbia fatto il marito Henri a sopportarla per tutti questi anni. Una cittadina, un angolo di mondo che ha assorbito innumerevoli presenze, c’è chi inevitabilmente ritorna alla ricerca di un’ origine remota, della dolcezza e della comodità di un tempo, chi invece partirà cercando di spezzare il cordone ombelicale della memoria. Un romanzo intenso con una scrittura lineare che alterna e subisce gli umori della protagonista, costruito su tanti piccoli momenti ed istantanee del presente e della memoria che sanno scendere nel profondo. Paesaggi mutevoli, dialoghi intensi, silenzi protratti, attese, partenze, ritorni, la vita quotidiana ed il mostrarsi delle storie possiedono una certa delicatezza d’insieme, armonia narrativa e vivida presenza. Elizabeth Strout (1956) vive a New York con il marito e la figlia, ed è originaria del Maine. Ha insegnato letteratura e scrittura al Manhattan Community College per dieci anni e scrittura alla New School. Suoi racconti sono apparsi in numerose riviste, tra le quali il «New Yorker». Con "Amy e Isabelle" (2000), acclamato da pubblico e critica, e vero e proprio caso editoriale, il suo primo romanzo, è stata finalista al PEN/Faulkner Prize e all'Orange Prize, e ha vinto il Los Angeles Times Art Seidenbaum Award per l'opera prima e il Chicago Tribune Heartland Prize. Con "Olive Kitteridge" (2009) ha vinto il Premio Pulitzer.
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“ Nella biografia da lui dedicata al poeta Georges Perros, Jean-Marie Gibal cita la frase di una studentessa di Rennes, dove Perros insegnava: «Lui (Perros) arrivava il martedì mattina, con i capelli scompigliati dal vento e dal freddo, sulla sua moto azzurra arrugginita. Curvo, con addosso un cappotto da marinaio, e la pipa in bocca o in mano. Svuotava sulla cattedra una tracolla piena di libri. Ed era la vita» . Quindici anni dopo, la stupenda stupita ne parla ancora. Riflette, con il sorriso chino sulla tazza di caffè, e richiama lentamente alla memoria i suoi ricordi: «Sì, era la vita, una mezza tonnellata di libri, pipe, tabacco, un numero di France-soir o de L'Equipe, chiavi, taccuini, fatture, una candela della moto... Da questo caos tirava fuori un libro, ci guardava, partiva con una risata che ci stuzzicava l'appetito e si metteva a leggere. Leggeva camminando, con una mano in tasca e l'altra, quella che teneva il libro, un po' tesa, come se leggendolo lo offrisse. Tutte le sue letture erano dei regali. Non ci chiedeva niente in cambio. Quando l'attenzione di qualcuno di noi diminuiva, lui smetteva per un attimo di leggere, guardava il distratto e fischiettava. Non era una rimostranza, era un gioioso richiamo alla coscienza. Non ci perdeva mai di vista, e nei momenti più intensi della lettura ci guardava al di sopra delle righe. Aveva una voce sonora e luminosa, un po' ovattata, che riempiva perfettamente lo spazio delle aule, come avrebbe potuto colmare un'aula ad anfiteatro, un teatro, il campo di Marte senza che mai una parola fosse pronunciata sopra un'altra. Indovinava d'istinto le dimensioni dello spazio e dei nostri cervelli. Era la cassa di risonanza naturale di tutti i libri, l'incarnazione del testo, il libro fatto uomo. Attraverso la sua voce noi scoprivamo d'un tratto che tutto ciò era stato scritto per noi. Quella scoperta giungeva dopo che per lunghi anni l'insegnamento delle Lettere ci aveva tenuti a rispettosa distanza dai libri. Cosa faceva dunque di più dei nostri altri professori? Niente. Per certi versi, faceva addirittura di meno. Solo che, ecco, non ci somministrava la letteratura con il contagocce analitico, ce la serviva a gran bicchieroni... E noi capivamo tutto quello che ci leggeva. Noi lo sentivamo. Non c'era spiegazione del testo più luminosa del suono della sua voce quando anticipava le intenzioni dell'autore, rivelava un sottinteso, svelava un'allusione... rendeva impossibile il fraintendimento. Dopo averlo sentito leggere La doppia incostanza, era assolutamente impensabile continuare a farneticare sul 'marivaudage' e vestire di rosa i manichini umani di quel teatro della dissezione. La precisione della sua voce ci introduceva in un laboratorio, la chiarezza della sua dizione ci invitava a una vivisezione. Ma non calcava la mano in questo senso e non faceva di Marivaux l'anticamera di Sade. Ciononostante, per tutto il tempo che durava la sua lettura avevamo la sensazione di vedere lo spaccato del cervello di Arlecchino e Silvia, come se fossimo noi stessi i laboratoristi di quell'esperimento. Con lui avevamo un'ora di lezione alla settimana e quell'ora assomigliava al suo tascapane: un trasloco. Quando a fine anno ci lasciò feci un po' di conti: Shakespeare, Proust, Kafka, Vialatte, Strindberg, Kierkegaard, Molière, Beckett, Marivaux, Valéry, Huysmans, Rilke, Bataille, Gracq, Hardellet, Cervantes, Laclos, Cioran, Cechov, Henri Thomas, Butor... li cito alla rinfusa e ne dimentico almeno altrettanti. In dieci anni, non ne avevo sentito la decima parte! Ci parlava di tutto, ci leggeva tutto, perché non dava per scontato che avessimo una biblioteca in testa. Era il grado zero della malafede. Ci prendeva per quel che eravamo, dei giovani maturandi incolti che meritavano di sapere. E niente a che vedere con l'idea di patrimonio culturale, di sacri segreti appesi alle stelle; con lui, i testi non cadevano dal cielo li raccattava da terra e ce li regalava da leggere. Tutto era lì, intorno a noi, brulicante di vita. Ricordo la nostra delusione, agli inizi, quando affrontò i colossi, quelli di cui i nostri professori ci avevano comunque parlato, i pochi che pensavamo di conoscere bene e che ritenevamo inaccessibili: La Fontaine, Molière... In un'ora perdettero il loro statuto di divinità scolastiche per diventarci intimi e misteriosi - cioè indispensabili. Perros resuscitava gli autori. Alzati e cammina: da Apollinaire a Zola, da Brecht a Wilde, ce li vedevamo arrivare tutti in classe, vivi e vegeti, come se uscissero da Michou, il caffè di fronte. Caffè dove a volte lui ci regalava un secondo tempo. Non faceva il prof-amicone, non era il suo genere, proseguiva semplicemente quella che chiamava la sua 'lezione di ignoranza'. Con lui la cultura smetteva di essere una religione di Stato e il bancone di un bar valeva quanto un palco. Noi stessi, ascoltandolo, non provavamo il desiderio di prendere i voti, di mettere l'abito talare del sapere. Avevamo voglia di leggere, punto e basta... Appena taceva, correvamo a svaligiare le librerie di Rennes e di Quimper. E più leggevamo, più in effetti ci sentivamo ignoranti, soli sulla riva della nostra ignoranza, e di fronte a noi il mare. Ma con lui non avevamo più paura di buttarci. Ci tuffavamo nei libri, senza perdere tempo in sguazzamenti freddolosi. Non so quanti di noi sono diventati professori... non molti, probabilmente, e forse in fondo è un peccato, perché senza parere lui ci ha lasciato in eredità una gran bella voglia di trasmettere. Ma di trasmettere ai quattro venti. Lui, che se ne sbatteva dell'insegnamento, sognava ridendo un'università itinerante: "Se andassimo un po' in giro... a trovare Goethe a Weimar, a insultare Dio con il padre di Kierkegaard, a spararci Le notti bianche sulla Prospettiva Nevski...- "»
Daniel Pennac, Come un romanzo, traduzione di Yasmina Mélaouah, Feltrinelli (collana Idee), 1998²⁶; pp. 72-74. (Corsivi dell’autore)
[1ª edizione originale: éditions Gallimard, 1992]
#Daniel Pennac#Come un romanzo#leggere#letture#libri#pedagogia dell'apprendimento#insegnanti#Jean-Marie Gibal#letteratura francese contemporanea#Georges Perros#scuola#Yasmina Mélaouah#anni '90#giovani#studenti#generosità#citazioni letterarie#saggistica#saggi#adolescenti#Rennes#formazione culturale#cultura#Marivaux#Sade#Strindberg#Shakespeare#Proust#Kafka#Vialatte
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Trento: arriva “Arte in bottega” e la città si trasforma in palcoscenico
Trento: arriva “Arte in bottega” e la città si trasforma in palcoscenico. Mancano solo un giorno ad “Arte in bottega”, l’evento che trasformerà il centro storico di Trento in un palcoscenico a cielo aperto con 26 formazioni artistiche e oltre 70 performance per 6 ore di spettacolo. L’appuntamento è per venerdì 8 settembre a partire dalle ore 17. La pluralità di linguaggi espressivi appartenenti al mondo della musica, della danza, del teatro, dell’arte di strada, della poesia e della sperimentazione elettronica offrirà al pubblico occasioni di divertimento adatte a tutte le età e a tutti i gusti. Grande varietà degli stili nell’ambito della danza con coreografie di modern, hip hop, danza urbana e freestyle, ma anche nel teatro che offrirà spettacoli di prosa, reading musicati e musical. Il panorama musicale permetterà inoltre al pubblico di assaporare ritmi e suoni diversi, passando dalla purezza della musica classica all’energia vibrante del rock, dalle note calde e sensuali del repertorio sudamericano all’eleganza del jazz, senza dimenticare le più belle canzoni della musica italiana o delle colonne sonore più iconiche della storia del cinema. DANZA Nta Dance School con Voci di principessa, ospitato da Amanito shop in via Cavour 26 alle ore 17, 19 e 21, omaggerà i più bei film di animazione Disney con il linguaggio della danza modern, hip hop e contemporanea su basi musicali cantate. L’associazione Gdm Val di Cembra proporrà in collaborazione con Infinity Dj uno spettacolo di danza urbana e freestyle con dj set. Urban Show si svolgerà al Bar Pasi di piazza Pasi alle ore 17, 19 e 21. La compagnia di danza D.Lab farà invece viaggiare il pubblico tra i ritmi dell’Oriente con Est, spettacolo di danza moderna contemporanea che si svolgerà alla Bottega del caffè Dersut in Piazzetta delle Erbe alle ore 18, 20 e 22. TEATRO Gli amanti del teatro potranno soffermarsi al City Bar di via Roggia Grande 24 alle ore 17, 19 e 21 per vedere lo spettacolo de Il Funambolo A distanza, in cui il teatro incontrerà la letteratura e l’illustrazione dal vivo. Luna racconta...storie all'ombra della luna è invece la proposta di Elisa Salvini (attrice) e Martina Mosconi (fisarmonica), ospiti di Trentino Weddings in via Torre Verde 58 alle ore 17, 19 e 21. Musica e parole saranno le protagoniste anche dello spettacolo A second of feare, ideato dalla compagnia Rifiuti speciali che si esibirà all’enoteca Vinom di via Verdi 71 alle ore 17, 19 e 21. La storia di Trento entra in scena nello spettacolo La soffitta di Trento “a la carte” dell’omonima compagnia La Soffitta di Trento, che animerà in dialetto alcune foto storiche della città alla libreria Due punti di via San Martino 78 alle ore 17, 19 e 21. Gli amanti del musical e del tip tap potranno divertirsi con Tapsteps to Broadway, proposto da Triple Threat Musical, che si esibirà alla boutique Ana Duia di Largo Carducci 22 alle ore 17, 19 e 21. La Compagnia dei Bravi alle ore 18, 20 e 22, porterà in scena alla Casa del caffè di via San Pietro 38 Circus Bidonì, performance che unisce clownerie e teatro comico. MUSICA DuoCellissimo (duo di violoncelli) con Happy Cello Hour presenterà al Bar Incentro di piazza Duomo alle ore 18, 20 e 22 opere originali appositamente scritte per esaltare i suoni gravi e morbidi del violoncello. Viaggio a più tappe nella tradizione popolare del Duo Andretti – Lenardon, che si esibirà al bar Il Monello di via Mazzini 11 alle ore 17, 19 e 21, calerà il pubblico nell’atmosfera di brani folkloristici creati dall’incontro di flauto e chitarra. Ritmi latini, musica brasiliana e bossanova, ma anche italiana d’autore saranno invece il filo conduttore del trio Eu, Vocè, Nos Duet, che aspetterà il pubblico al Gallo Blu Bar di piazza Santa Maria Maggiore 19 alle ore 18, 20 e 22. Anche Anemos Trio con il suo spettacolo Il soffio sonoro che incontra il mare e si fa canto porterà il pubblico a viaggiare tra Sud America e Italia, vicino all’osteria Il posto di Ste nella piazzetta del Sass alle ore 18, 20 e 22. La band Fare Jazz si esibirà invece in Sextet Quartet Dixie Band proponendo al pubblico le pietre miliari del Dixieland e del New Orleans Jazz al KT Store di via Galilei 22 alle ore 17, 19 e 21. Arrangiamenti per lo strumento in solo e composizioni originali di musica classica, jazz e pop saranno il repertorio del chitarrista Federico Bosio, ospite di 19dieci in Largo Carducci 37 alle ore 18, 20 e 22. Il ritmo del blues incontrerà soul, jazz e pop nell’esibizione Anima Blues del Villanova Duet, che suonerà al bar La bella vita in piazza Lodron alle 18, 20 e 22. Al ristorante Le scuderie del castello, in piazza Mostra 30 alle ore 17, 19 e 21, il pubblico potrà assistere al concerto Acoustic live session della band True Notes, che spazierà dal pop al rock, alla musica leggera internazionale. Il duo Double Trouble (voce e contrabbasso) con la performance 6 gradi di swing proporrà alle 17, 19 e 21 al negozio Sottosopra Calaresu di via del Simonino 7 una serie di pezzi in chiave swing inframmezzati dal racconto di aneddoti. Alla pasticceria Momi di piazza Cesare Battisti 4 alle ore 18, 20 e 22 If Sara Wakes Up si esibirà in una serie di cover dei più grandi successi pop, rock e dance dagli anni Novanta ad oggi. Escape Rum suonerà al pub L’angolo dei 33 di via Calepina 33 alle ore 18, 20 e 22, proponendo con Distillato di musica ad alto “volume” un tributo agli artisti della scena rock internazionale di cui racconteranno aneddoti e curiosità. Direttamente da Innsbruck arriverà al bar Baccus di piazza Fiera 11 il gruppo Echoes, che si esibirà alle ore 18, 20 e 22 in un concerto che unisce i suoni tipici dello shoegaze alle chitarre elettriche. A La quinta del sordo in via del Suffragio 86 arriverà Chiara Gilmozzi alle ore 17, 19 e 21 con la performance Il suono della rivolta, che unisce poesia a brani di musica pop, rock, folk cantati e suonati. Maria Devigili accoglierà il pubblico da Uva & Menta Cafè in piazza Garzetti 5 alle ore 18, 20 e 22 proponendo cover e brani originali editi e inediti in lingua italiana, francese, spagnola e inglese. Ospite della libreria Due punti anche la B-Ing Band formata da biologi e ingegneri dell’Università di Trento che si esibiranno alle ore 18, 20 e 22 in un variegato repertorio di brani intervallato da descrizioni culturali e scientifiche. Allo Store 67 di via degli Orbi 9 sarà possibile ascoltare alle ore 17, 19 e 21 Fm. 199 nel suo Concerto in “3D”, un’interpretazione di tre cantautori della musica italiana del calibro di Francesco De Gregori. Fabrizio De Andrè e Lucio Dalla. Alle ore 18, 20 e 22 il Bar Duomo di via Verdi 40 ospiterà il gruppo Kyma che proporrà una performance in cui i suoni dell’ambiente verranno rielaborati in maniera estemporanea per offrire al pubblico un’esperienza musicale amplificata. Maggiori dettagli sono reperibili sul sito del Comune di Trento, al link. Si ricorda che, in caso di maltempo, la manifestazione sarà posticipata a sabato 9 settembre. Per informazioni, è possibile contattare l’ufficio Cultura, turismo ed eventi chiamando il numero 0461.884287 o scrivendo a [email protected]. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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