#barattolo dei pensieri
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Oggi ho fatto riempire questo barattolo dei pensieri ai ragazzi del centro: dentro va riposto tutto ciò che si vuole lasciare, che pesa troppo, che a volte si fa fatica a trovare il coraggio di affrontare.
Ho pensato che il mare, per me, è un po’ come quel barattolo, raccoglie tutto ciò che gli lascio e mi restituisce quel respiro di leggerezza che a volte mi manca.
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Tendo a lasciar fare alle persone quello che vogliono: con la mia vita, i miei pensieri, con tutto. Non so impostare dei limiti dentro i quali sentirmi al sicuro. Ma i limiti all'interno di una relazione (d’amicizia, sentimentale, genitoriale, etc.) sono fondamentali. Penso che verrò apprezzata meno, amata meno solo perché chiedo che qualcosa venga rispettato, ma in realtà è il contrario.
Io ero proprio così, sempre a cercare, inconsciamente, relazioni con persone che avevano un bisogno disperato di me. È vero, all’inizio, è stato difficile, tanto. Avevo dubbi su tutto perché era un tipo di relazione del tutto nuova per me ma ne è valsa la pena.
Impostare dei confini è importante (e sbagliare provandoci è fondamentale): per non lasciare che i tuoi genitori ti manovrino col senso di colpa, che l’ennesimo uomo o donna si rapporti a te per convenienza, per non farti sfruttare da chi incontri sulla tua strada. Ma sopra ogni cosa: non chiedere a te stesso qualcosa che tu non sia pronto a dare. Questo è come dovresti misurare l’altezza e la distanza dei paletti: la misura di ciò che puoi fare e dare senza sentirti un barattolo vuoto. Per non sentirti più il solito straccio buttato a terra.
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L' officina dei pensieri.
Un paese ci vuole
.....Qualche giorno fa, il caso ha voluto che mi recassi nella parte vecchia del mio paese, Castelnuovo della Daunia. Realizzai in quel momento che, non ci andavo da decenni, fui preda di ricordi. Incantata dal luogo mi addentrai nei vicoletti, giù per le scale, mi fermai in una piccola piazzetta, con al centro un grande albero frondoso, sotto al quale c'erano delle panche, messe lì dagli abitanti della strada. È evidente che servono per sedere all' ombra nelle calde giornate d'estate, un tavolino abbandonato in un angolo, mi fa immaginare dei vecchietti che siedono al fresco per giocare a carte nelle afose sere d'agosto. La mia attenzione viene attratta da un arco, lo attraverso e.....mi ritrovo in un cortile. All' interno una scala di pietra che porta all'ingresso di una vecchia casa, un portoncino smaltato di verde, come usava un tempo. Chiuso! La terra portata dal vento ha creato dei mucchietti, sui quali sono nate sparute piantine. Sulla facciata di pietra cresce la parietaria l'erba dei muri, così la chiamavamo da bambini. Questa pianta, tra l'altro urticante, ha le foglie che, attaccavamo sulle nostre magliette. Facevamo a gara a chi attaccasse le più belle. Gli infissi verdi delle finestre, come il portone erano rovinati dagli anni e dalle intemperie, oramai all' abbandono come il resto del cortile.
Una mi ha attratta!
Piccola,dietro ai vetri oramai opachi, una tendina di pizzo che, ricordava tempi migliori, sostenuta da una cordicella, uno stretto davanzale dove si poteva sistemare un solo vaso.
C'era un vaso.
Un grosso barattolo di alluminio, uno di quelli dove una volta si mettevano le alici salate, ancora evidente tra la ruggine un disegno che mostrava una scena di pesca, con una barca di pescatori in un mare blu. La meraviglia non fu solo questa, bensì la pianta di garofani che ci " viveva dentro".
Certo! viveva.
Dopo anni ed anni di abbandono, non mi spiego come possa vivere e ri-fiorire questa pianta di garofani. Tra qualche foglia secca ed altre verdi, erano fioriti radi garofani rossi. Da tempo immemore, non vedo più quel genere di garofani sui balconi del mio paese. È una pianta che raggiunge una bella dimensione, coltivata nei vasi, non ha vegetazione eretta, tende ad essere cascante, come certi gerani, i fiori , stranamente crescono verso l'alto. Hanno uno stelo lungo, diritto diritto c'è il fiore, qualche volta più di uno.
Le meraviglie della vita!
In quel cortile dove tutto è abbandonato e vittima della incuria, una pianta sopravvive e fiorisce.....
Il ricordo del paese come era, come si viveva, della mia fanciullezza mi assale, ma viene ostacolato dallo scorrere del tempo che, inesorabilmente ci allontana da quella età felice. Tutto è cambiato,nello stesso centro storico, c'è un fiorire di cemento,infissi in alluminio, vasi di plastica, c'è una sorta di gara a chi li mette più grandi e più belli... Si può dire belli?
Che bella quella solitaria tinozza di zinco con un piccolo nespolo.
Allora mi chiedo..... Dove eravamo quando hanno-abbiamo distrutto il fascino delle case, dei vicoli, delle piazzette, delle scalinale?
Quel fascino che sembra sopravvivere solo in quel piccolo cortile ricco di storia. Di quella storia che abbiamo perso nel tempo. Perso una identità che, ci collocava come paese più bello del Subappenino, dove esisteva la banca, piccole aziende e negozi .
Una buona economia.
La scuola, palazzi padronali, una biblioteca, il teatro, il cinema.
La cultura.
È già..... Abbiamo perso anche quella!
Senza cultura non c'è più neanche la capacità di sperare e, di credere in una rinascita di questo nostro paese. Ci resta il ricordo che,diventa un conforto, inevitabile con i cambiamenti subiti dalla realtà.....
<< Un paese ci vuole , non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non
essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, anche
quando non ci sei resta ad aspettarti.....>>
La luna e i falò, CESARE PAVESE.
Edito da CONTATTO
20 Aprile 2014
Ida Andrilli
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Aforismi sul Natale
Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi sul Natale, citazioni, massime, idee e pensieri sul Natale, la Natività, le feste natalizie, l'albero di Natale, a cura del blog Aforismi celebri.com Natale è la festa dell'infanzia. Abbiamo il diritto di domandarci se ci saranno ancora per lungo tempo notti di Natale, con i loro angeli e pastori, per questo mondo feroce, così lontano dall'infanzia, così estraneo allo spirito d'infanzia. Georges Bernanos Non c'è niente di più triste in questo mondo che svegliarsi la mattina di Natale e non essere un bambino. Erma Bombeck A Natale dobbiamo essere tutti più buoni, non più deficienti! Carl William Brown È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese. Charles Bukowski Buon Natale per diletto, Buon Natale con affetto, Buon Natale con amore, buon natale con tutto il cuore, e quando il Natale passerà, auguri per l'anno che verrà! Anonimo Tante persone sono come gli alberi di Natale. Hanno le palle solo per decorazione. Anonimo Anno del Signore 2023, questo è il primo Natale senza mia mamma che è venuta a mancare lo scorso ottobre, e posso assicurarvi che sono affranto, desolato, angosciato, triste, malinconico, ansioso, arrabbiato, timoroso e senza molta voglia né di festeggiare, né di vivere. Carl William Brown Disponiamoci al Natale con animo indulgente, affettuoso. I nostri denti, che troppo spesso stridono di rabbia, abbiano pace almeno in questi giorni. Fruttero e Lucentini Natale: giorno speciale consacrato allo scambio di doni, all'ingordigia, all'ubriachezza, al sentimentalismo più melenso, alla noia generale e a domestiche virtù. Ambrose Bierce Il Natale, bambini, non è una data. È uno stato d'animo. Mary Ellen Chase Il Natale serve a ricordare a quelli che sono soli che sono soli, a quelli che non hanno soldi che non hanno soldi, e a quelli che hanno una famiglia del cazzo che hanno una famiglia del cazzo! Charles Bukowski Pensiero natalizio farcito con un aforisma biblico. Polvere eravate, e polvere ritornerete. Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris. Per adesso accontentatevi della merda, e del panettone! Carl William Brown Dopo le feste di Natale mia moglie mi mette sempre a dieta, ma quest'anno non ho voglia di farla, e per protesta ho iniziato lo sciopero della fame! Bilbo Baggins Avevo letto da qualche parte che la vigilia e il giorno di Natale c'erano più suicidi che in qualunque altro giorno dell'anno. Evidentemente la vacanza non aveva niente a che fare con la Nascita di Cristo. Charles Bukowski Le feste costituiscono l'aspetto concettuale più importante di qualsiasi religione, e per i cristiani il Natale riveste ovviamente una somma importanza. Carl William Brown Vorrei poter mettere lo spirito del Natale all’interno di un barattolo e poterlo tirare fuori mese per mese, poco alla volta.. Harlan Miller
Massime, citazioni e aforismi sul Natale Nel corso del nostro anno triste e razionale, sopravvive una sola festività tra le antiche e allegre ricorrenze un tempo diffuse in tutto il mondo. Il Natale. Gilbert Keith Chesterton Il Papa: l’unico burocrate che non vede mai il proprio boss, nemmeno a Natale. Anonimo Caro, caro Natale, che hai il potere di ricondurci alle illusioni della fanciullezza, che ricordi al vecchio i piaceri della sua gioventù, che riconduci da mille miglia lontano il viaggiatore e il navigante al suo focolare, fra le pareti tranquille della sua casa! Charles Dickens Le nazioni ricche ed in pace vendono armi alle nazioni povere ed in guerra; poi a Natale raccolgono dei giocattoli da mandare ai bambini delle famiglie rovinate dai vari conflitti del pianeta. Carl William Brown Dove sono i bambini che non hanno l’albero di Natale con la neve d’argento, i lumini e i frutti di cioccolata? Presto, presto, adunata, si va nel pianeta degli alberi di Natale, io so dove sta. Gianni Rodari Era prossimo il Natale, in tutta la sua onestà cordiale e gioconda era la stagione dell'ospitalità, dell'allegria, della franchezza di cuore. L'anno vecchio s'andava preparando, come un filosofo dell'antichità, a chiamarsi intorno gli amici, e a morire dolcemente fra il suono delle feste e dei conviti. Charles Dickens E' Natale. Sono indeciso se sentire un grande senso di fratellanza o andare a sciare a Cortina. Altan Un'idea originale per Natale, un bel giubbetto esplosivo. Io li venderei liberamente nei negozi di regali e di articoli sportivi, e negli stores dei cinesi; quelli più potenti invece solo nelle armerie, e lì per acquistarli dovresti avere il porto d'armi! Carl William Brown Colui che ha una grande ricchezza in sé stesso è come una stanza pronta per la festa di Natale, luminosa, calda e gaia in mezzo alla neve e al ghiaccio della notte di dicembre. Arthur Schopenhauer Nietzsche diceva che senza crudeltà non c’è festa, e voi lo sapete bene che i potenti amano le feste, ma anche la gente comune non scherza, vedi l'entusiasmo che coglie più o meno tutti durante il Natale! Carl William Brown Eravamo così poveri che a Natale il mio vecchio usciva di casa, sparava un colpo di pistola in aria, poi rientrava in casa e diceva: sono molto amareggiato, ma Babbo Natale si è suicidato. Jack La Motta E così è Natale, per i deboli e i forti, per i ricchi e i poveri, il mondo è così sbagliato. E così è Natale, per i neri e i bianchi, per i gialli e i rossi, smettiamola di combattere. Buon Natale e felice anno nuovo. Speriamo sia un buon anno senza timori né paure. John Lennon, Yoko Ono Una mela per la vita, un'arancia per la ricerca, una stella di natale per la solidarietà, un uovo di pasqua per sconfiggere la leucemia, un concerto contro il cancro, una sottoscrizione per la sclerosi e una sfilata per sconfiggere l'Aids, ma per carità non dimenticatevi, almeno un penny per Guy Fawkes. (rivoluzionario inglese, un cattolico pacifista che stava per far saltare in aria il parlamento). Carl William Brown Odio il Natale! Soffro di Santa klaus-trofobia... Ciaci Kinder Se Natale è la festa della nascita, Pasqua è quella della rinascita. La promessa e la speranza affiorate di tra lo squallore della bruma invernale si compiono luminose nel rigoglio del verde e dei fiori di cui si veste la primavera nascente. G. Levi Della Vida Ho smesso di credere a Babbo Natale quando avevo sei anni. Mia madre mi portò a vederlo in un grande magazzino e lui mi chiese l’autografo. Shirley Temple Io ho sempre ritenuto il giorno di Natale come un bel giorno, un giorno in cui ci si vuol bene, si fa la carità, si perdona e ci si diverte: il solo giorno del calendario, in cui uomini e donne per mutuo accordo pare che aprano il cuore e pensino alla povera gente come a compagni di viaggio verso la tomba e non già come a un'altra razza di creature avviata per altri sentieri. Charles Dickens Le feste di natale servono soltanto a ricordarmi che non sopporto i miei parenti. Però, bisogna tenerseli buoni; altrimenti, quando muori, loro come foto sulla tomba mettono quella in cui stai facendo i gargarismi. Daniele Luttazzi Non desidero una rosa a Natale più di quanto possa desiderar la neve a maggio: d’ogni cosa mi piace che maturi quand'è la sua stagione. William Shakespeare Babbo Natale è una creatura con la forte vocazione all’azione clandestina. Già soltanto per il fatto che arriva quando noi dormiamo, non c’è alcun modo di vederlo al lavoro. L. Compagnone
Riflessioni, pensieri e provocazioni sul natale Vi sono molti atteggiamenti riguardo al Natale e alcuni il possiamo trascurare: il torpido, il sociale, quello sfacciatamente commerciale, il rumoroso (essendo il bar aperto fino a mezzanotte), e l’infantile. Ben diverso è quello del bimbo che crede ogni candela una stella, e l’angelo dorato spieganti l’ale alla cima dell’albero non solo una decorazione, ma anche un angelo. Thomas Stearns Eliot L'hai fatto per me! Allora grazie. Vorrà dire che metterò il tuo amante sulla lista di Natale, ma solo se riesco a trovare una lettera-bomba. Woody Allen S’io fossi il mago del Natale farei spuntare un albero di Natale in ogni casa, in ogni appartamento dalle piastrelle del pavimento! Gianni Rodari Il compito di Babbo Natale è quello di alleviare ai bambini il peso della riconoscenza. Non c’è bisogno di ringraziare nessuno se è il Babbo Natale che fa i regali. B. Bettelheim E’ bene tornar bambini qualche volta e non vi è miglior tempo che il Natale, allorché il suo onnipotente fondatore era egli stesso un bambino. Charkes Dickens A volte penso che ci aspettiamo troppo dal giorno di Natale. Cerchiamo recuperare in quel giorno i lunghi arretrati di bontà e di umanità di tutto l'anno. A me piace prendere il Natale un po' per volta, lungo tutto l'anno, e così mi lascio andare alla deriva fino al periodo delle feste ? lasciando che mi colgano di sorpresa? svegliandomi un bel giorno dicendomi all'improvviso: "Caspita, questo è il giorno di Natale!". David Grayson E' Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare un altro. Madre Teresa di Calcutta Se fossi un filosofo, scriverei una filosofia dei giocattoli per dimostrare che nella vita nient'altro bisogna prendere sul serio, e che il giorno di Natale in compagnia dei bambini è una delle poche occasioni in cui le persone diventano davvero vive. Robert Lynd Da un punto di vista commerciale, se il Natale non esistesse bisognerebbe inventarlo. Katharine Whitehorn Per fare un albero di Natale ci vogliono tre cose: gli ornamenti, l’albero e la fede nel futuro. Proverbio armeno Chi non gioca a Natale, chi non balla a Carnevale, chi non beve a san Martino è un amico malandrino. Proverbio https://www.youtube.com/watch?v=PZqmkNKDOps Se amate il Natale, le feste e la letteratura potete anche leggere i seguenti articoli: Aforismi e citazioni sul Natale Aforismi divertenti sul Natale Mercatini di Natale in Italia Mercatini di Natale in Germania Barzellette sul Natale La favola del pupazzo di neve Aforismi di C.W. Brown sul Natale Pensieri e riflessioni sul Natale Un buon libro per Natale Numeri sul Natale Un Natale surreale Odio il natale (Umorismo) Storielle divertenti sul Natale Una favola per Natale e non solo A Christmas Carol by Charles Dickens Other books by Charles Dickens Fairy tales and other stories by Hans Christian Andersen Best Christmas songs videos and karaoke Christmas markets in England Christmas markets in America Christmas markets in Italy and Germany Christmas quotes 60 great Christmas quotes Christmas tree origin and quotes Christmas jokes Christmas cracker jokes Funny Christmas Stories Amusing Christmas stories Christmas food Christmas thoughts Christmas story Christmas in Italy Christmas holidays Christmas songs Christmas poems An Essay on Christmas by Chesterton Aforismi per argomento Aforismi per autore Pensieri e riflessioni Read the full article
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SUGLI INGLESISMI E SULLA LINEA DELLA MORTE
Sono le 5:20, io sono sveglia dalle 4:30 perché uno dei due gatti voleva assolutamente dei croccantini e quando sono tornata a letto non sono più riuscita a dormire, nonostante il sonno. Così mi sono messa sul divano per non svegliare Angelo.
Ho iniziato a pensare, non so perché, alle parole. Soprattutto alle parole che diciamo quando siamo al (preposizione articolata) lavoro, ma a dire il vero, non solo.
Ma quante parole inglesi diciamo durante la giornata, e non solo perché sono utili, ma per farci fighi? Un sacco. E quante rendono veramente l'idea dello stato d'animo che vorremmo provare, plasmare? Dipende dalla persona, comunque per me non si va oltre un 50 e 50. Le parole danno forma ai pensieri e i pensieri sono quello che costituisce il nostro umore. Dobbiamo stare attenti alle parole che diciamo e pensiamo, perché a volte ci complichiamo la vita da soli.
Se posso, alcune parole le dico o le penso in italiano, ma non per un qualche motivo nazionalistico. No, proprio perché per me, nella mia lingua, hanno un significato meno ansiogeno. Così, mentalmente le cambio, nel tentativo di provare meno ansia.
Tipo, io detesto quando qualcuno mi parla o mi scrive della "timing" di un progetto, e mi maledico quando a usare quella parola sono anch'io. Timing mi sa di clessidra con la sabbia quasi finita o di orologio con la lancetta dei minuti che gira all'impazzata. Se invece dentro di me penso a "pianificazione del tempo" mi vedo vestita da esploratrice, in mezzo a una giungla ostile, con nient'altro che bussola e mappa per uscirne viva. Non so, a me dà il senso di avere ancora una possibilità, un minimo di controllo sul lavoro e sulla vita, almeno ho una bussola, almeno posso farmi venire in mente un piano. Timing mi fa sentire spacciata.
Un altro termine molto in voga ora, che io profondamente odio, che non ha a che fare col lavoro e che anche amiche insospettabili hanno iniziato a usare, è "triggerare". Mamma, come lo odio. Significa non semplicemente "dare fastidio", ma provare fastidio perché a monte di quel fastidio c'è un trauma. Mi sa di film horror, di pazzo che ti punta un trapano al cervello. Che ansia, ma anche che paura, no? Io preferisco pensare che una cosa "mi urta". Come quando sei in metro, e il tipo alto davanti a te che non si è tolto lo zaino si gira di scatto e rischia di darti una "zainata" in faccia. Oppure come quando sbagli manovra con la macchina, vai contro a un palo e righi la carrozzeria. Ecco, dire che una cosa mi urta non mi dà solo l'idea del fastidio che mi provoca, ma pure delle Madonne mentali che tiro alla cosa o alla persona che mi ha dato fastidio. È liberatorio.
C'è però una parola che vorrei mentalmente tradurre in italiano, ma non riesco. Più ci penso, più vorrei farlo, e meno ci riesco. Quella parola è deadline. In italiano, alla fine, è così "carina", così tranquilla. "Scadenza": sa al massimo di yogurt andato a male nel frigo. Di barattolo di piselli comprato 7 anni fa e rimasto in fondo alla dispensa. Di Moment da buttare nel bidone dei farmaci appunto scaduti (che poi, a casa mia, il Moment non scada MAI, è un altro discorso). È tanto carina, la parola scadenza. Eppure deadline rende molto di più l'idea di come mi fa sentire avere la mia serie di scadenze sovrapposte quotidiane. "Linea della morte": lo sapevate che l'etimologia nasce durante la guerra civile americana? E che indicava quella linea tracciata sul terreno oltre la quale era lecito sparare per esempio ai prigionieri? Ecco, io come mi giro mi giro, vedo linee tracciate sul terreno ovunque e l'urgenza di non superarle perché ne va della mia vita.
Vorrei immaginare tanti yogurt dimenticati in frigo, che magari (anzi, di sicuro!) sono buoni anche dieci giorni dopo, invece non ci riesco.
Però penso che valga la pena continuare a fare lo sforzo. Ne vale la pena. Perché se le parole plasmano i nostri pensieri, dobbiamo continuare ad avere noi il controllo di quello che diciamo e pensiamo. E forse, forse, se la cultura del lavoro è diventata così tossica, se non riusciamo a staccare anche quando dovremmo e poi proviamo così tanta ansia quando non riusciamo a finire un lavoro in tempo è anche perché pensiamo troppo alle linee della morte da cui siamo circondati e troppo poco allo yogurt in frigo.
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L’altro giorno stavamo raccogliendo cose da inviare ai profughi di guerra, quelli ucraini almeno, e al supermercato ad un certo punto L. mi si piazza davanti con un barattolo di cetriolini sott’aceto e poi con dei pacchetti di cioccolata e io tutte le volte che mi proponeva di inviare cose che per me non sono essenziali un po’ mi irrigidivo perché mi chiedevo cosa fosse essenziale e cosa no per un popolo in guerra, nel senso, fino che limite è ammesso il vizio? Se inviamo infinite scorte di acqua e immagino ci saranno tantissime scorte di acqua, latte, carta igienica, assorbenti, biscotti, fagioli e tonno in scatola, è chiaro che si spera che arrivino più o meno a tutti, ma se inviamo qualche tavoletta di cioccolato chi è che ne beneficerà, quante tavolette di cioccolato verranno inviate? Inevitabilmente non abbastanza, e quindi come le dividono le scorte di cioccolata? A chi prima arriva? Ma poi mi son detta se L. vuole prendere della cioccolata che le prenda, ma che pensieri sono? Il mondo funziona così anche senza una guerra, allora funzionerà così ancora di più in una guerra, no? Del resto loro stanno scappando da una guerra e io sono qui in mezzo ad un supermercato ad analizzare cosa è prioritario e cosa no. Mi sono vergognata di arrivare a dei pensieri così futili però ho anche fatto di peggio. Ero a casa e stavo mettendo via i vestiti invece e mi è capitata fra le mani una giacca di lana ormai vecchissima, ma sempre stata caldissima e che ho usato fino pochi anni fa, ma non avevo mai avuto il coraggio di dar via o buttare. Ha una storia travagliata nel senso che la persona che me la passò fu per me una persona importante con cui ho avuto una storia travagliata finita male e però alla giacca io ci ho sempre tenuto e quindi stava lì ad occupare spazio e prendere polvere finchè non ho deciso di mandarla via ieri col pacco per gli ucraini. Voi capirete che l’Ucraina per me in questi giorni è stata solo un pretesto, certo non a livello di Putin che l’ha innalzata ad unico scopo, ma l’ho usata anche io, per disfarmi, per prendere coraggio di chiudere definitivamente un ricordo, adesso qualcuno, spero che qualcuno, chiunque esso sia, utilizzerà quella tua giacca che era e spero sia tuttora davvero calda. Io sono fatta così, la gente parla di guerra e io analizzo il contorno.
Vorrei parlarvi della marvelization di questa guerra, che in America la stanno seguendo come uno spettacolo televisivo (internettiano più che altro) e la vivono come se non morisse davvero della gente, ma in America hanno più o meno sempre trattato tutto così e ad oggi il presidente ucraino anziché un uomo che rischia la vita per il suo popolo è visto come un supereroe alla stregua di Capitan America. È giusto? Sono i tempi baby. I tempi dell’estetica internettiana, forse adesso più che mai, il linguaggio è dettato dall’estetica e quindi la guerra viene veicolata anche attraverso i meme, i miliardi di meme che caricaturizzano la realtà e la distorcono fino a non farci capire cosa sia vero e cosa no, l’epoca del postmodernismo in cui non ha senso nemmeno più parlare di fake news. Finchè lo facevano con la politica o con la società in generale potevamo pure farci due risate, ma farlo su una guerra come la mettiamo? Non la mettiamo, il posto più popolato del mondo, ovvero internet, non ha ideologia, viene guidato dall’estetica e l’estetica è visualizzazione, attrazione per immagine e si fa anche e soprattutto in tempi di spettacolarizzazione mondiale, cosa meglio di una guerra?
Per fortuna il mondo iperconnesso porta anche dei vantaggi, chiaramente, però al momento io sto studiando la memestetica (e le backrooms, ma quella è un’altra storia), quindi questo vi beccate. Solo che gente, a chi sto parlando?
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Durante un esperimento, un topo è stato messo in cima ad un barattolo pieno di chicchi di riso.
Era così felice di trovare così tanto cibo intorno a sé che non sentiva più il bisogno di andare in giro a cercarlo.
Ora può finalmente vivere la sua vita senza pensieri e senza sforzi.
Dopo qualche giorno di godimento, quando il riso è finito, è arrivato sul fondo del barattolo.
A quel punto, si è accorto di essere intrappolato e di non poter uscire.
Ora dipende completamente da qualcuno che gli metta dei granelli nel barattolo perché sopravviva.
Ora non ha altra scelta che mangiare quello che gli verrà dato, se glielo daranno...
1) I piaceri a breve termine possono portare a trappole a lungo termine.
2) Se le cose vengono facili e ti metti comodo, ti stai intrappolando in una DIPENDENZA.
3) Quando non stai utilizzando le tue abilità, perderai più delle tue abilità.
Perdi la possibilità di SCEGLIERE e il tuo LIBERO ARBITRIO.
4) La libertà non si conquista facilmente ma si perde rapidamente.
Uno schiavo si crea da solo
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Capitolo Tre.
L’Anoressia va in una sola direzione, che è verso il baratro più profondo della tua mente.
Quello in cui speravo non era certo di essere ricoverato nel centro per la cura di disturbi alimentari del dottor Mangiacarne e della dottoressa Rudolf, ma così è stato. I miei genitori cercavano di salvarmi la vita. All’epoca gli portavo molto rancore, ma ora ne sono felice.
La dottoressa Rudolf aveva un’idea sua di come combattere la malattia, di cui la guarigione divideva in tre fasi: la prima molto soffocante per me, che poi andava sempre più affievolendosi fino alla terza. Pensai che forse aveva colpito nel centro, paragonando la malattia al suicidio e suddividendola in tre fasi. Perché, vedete, anche il suicidio va in tre fasi, e la prima la definirei come “apatia”, che comprende perdita di autostima, frequenti pensieri negativi sulla propria persona; la seconda la definirei “progettazione”, in cui i pensieri si fanno più forti, e si inizia a pensare che forse sarebbe meglio farla finita, per il non farcela più; la terza fase la definirei “attuazione”, in cui si inizia effettivamente a progettare la propria fine ed eventualmente attuarla.
L’anoressia va un po' così. E la guarigione, forse funziona al contrario, passo dopo passo bisogna riavvolgersi come una pellicola.
Parlai con entrambi i dottori e dopo aver attestato che pesavo trentasei miseri chili fui ricoverato con l’etichetta “malnutrizione grave” e “anoressia”, come se le parole dei dottori mi avessero segnato come un barattolo di sottaceti con la scritta, appunto “sottaceti” per renderlo più riconoscibile ai più cechi. Più interessante fu invece, l’etichetta “ricovero forzato.”
Mi cadde il mondo addosso. Quando tornammo a casa inveì contro i miei rabbioso per quello che mi aspettava: un altro anno scolastico perso e solitudine. Oltre a mettere peso, ovviamente.
Riconoscere l’anoressia su sé stessi, con gli altri, è dura. Fa male. Non avevo problemi ad aprirmi con le mie vicine di stanza, o con persone gentili che, se finivo una sigaretta, me ne offrivano una in cambio della mia storia.
Iniziai a fare miglioramenti. Fisicamente e con il cibo, s’intende, ma non d’autostima. Essere lì mi faceva sentire come se avessi un mostro dentro, che era necessario esorcizzare, mi dicevano, per vivere.
Ogni tanto pensavo al mio primo giorno là, a come si era sviluppata la situazione.
‘Vuoi pesarti?’
Feci spallucce. Pensai, a posteriori, che dovevo dire di no, custodire il mio preziosissimo segreto.
Mi sentivo vuoto dentro e come se non mi rimanesse più nulla.
Comincia tutto con l’essere etichettati, poi è tutto un dolore, una rabbia di fronte alla propria impotenza di fronte alle cure e alle regole imposte dai medici.
Io… ero ancora io in quel momento?
Mi guardavo nello specchio e iniziai a dimenticare pian piano la mia identità, la etichettai come malvagia. Fissai gli occhi del mio riflesso.
Ed eccolo, il lampo che dimostrava che c’ero ancora, lurida carcassa in questo corpo.
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Ci sono dei mostri
- sai -
che mi riempiono
le palpebre;
io cammino
e cammino,
eppure
sento ancora i rumori
dei loro respiri,
le nuvole di fiato
che mi si addensano
attorno ai pensieri,
e soffoco
- ogni tanto -
mischiando
le loro paure
alle mie.
Ci sono dei mostri
- sai -
che mi riempiono
la gola,
grattano
dall'interno
e pian piano
ledono
i tessuti;
ormai la mia lingua
è quella del
silenzio
ed i miei
occhi
sono
bianco arcobaleno,
c'è troppo da vedere
e da sentire
ed i miei mostri
colorano
tutto di colori
troppo accesi
e troppo spenti
e troppo forti
e troppo chiari,
trasparenti
ed io vedo troppo
e troppo poco.
E gli altri non hanno mostri.
Per gli altri non c'è
troppo rumore
troppa emozione
troppi suoni
stordenti
e parole
e sentimenti
che viaggiano
dentro la pelle
e c'è troppo dolore,
troppa confusione
e loro continuano
a camminare
anche se
c'è un cane
ed è triste
e c'è un barattolo
solitario
in un supermercato,
fuori posto.
Instagram: una_goccia_di_pioggia
(non repostare, per favore; rebloggare è okay)
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mi mancano i pomeriggi d'estate trascorsi alla stazione, quei profondi discorsi sul futuro sperperati chiaccherando sedute guardando i treni, desiderose di prendere il primo che capitava verso un mondo tutto nostro. mi mancano le giornate invernali a casa tua, quando gustavamo una tazza di cioccolata calda insieme a tuo fratello, che spesso ci faceva sorridere dopo un brutto weekend. mi manca rifugiarmi nelle tue braccia ai giardini, nelle fredde giornate di Gennaio, che diciamoci la verità, accanto a te cosí gelide non erano affatto. ricordo ancora quando, mano nella mano stavamo a pattinare in una pista da ghiaccio al coperto, quei momenti in cui ti raccontavo del mio amore non corrisposto, successivamente persistito per circa un anno. é brutto, sai? é brutto perché la cioccolata calda senza di te sa di acqua ribollita, gli abbracci non sono accoglienti come quando eri accanto a me e andare in piscina una volta al mese significa esclusivamente monotonia, ed é strano perché noi due ci andavamo ogni giorno insieme e non mi annoiavo mai. ti ricordi quando la tua autostima era cosí sottoterra da non riuscire a toglierti il felpone in piscina, in pieno giugno? in ogni caso, personalmente ci penso spesso. penso spesso a come ho provato a convincerti di quanta arte tramandassi attraverso il tuo corpo, ma non riuscendoci, mi sono messa anche io la maglietta, pur di non farti sentire pazza o cose del genere. 'siamo le piú originali di tutto il circolo' pensavo tra me e me, cercando di farti sentire piú a tuo agio possibile. non voglio dimenticare nemmeno di tutti gli attacchi di panico che ho cercato di farti abbattere attraverso un barattolo di crema pan di stelle, e di tutte le lettere ausilianti che a vicenda ci siamo dedicate, e che tu hai restituito al termine del nostro legame. vorrei che tu sapessi che, nonostante tutto ciò che è successo, farai sempre parte di me, in un modo o nell'altro, certe persone sono legate da uno spesso filo intorcibile incapace di sciogliersi, e, anche se non lo vorrai, tu farai per sempre parte di me, ed io per sempre parte di te. se mai avrò dei figli, sarai in ogni insegnamento che darò nei loro confronti. se mai dovessi diventare una scrittrice sarai in ogni mio libro ed in ogni mia nota se dovessi cantare su un palco. e se invece dovessi diventare una psicologa, cercherò di aiutare le altre persone spiegando loro quanto una persona possa salvarti e distruggerti la vita in pochi anni.
i miei pensieri urleranno il tuo nome fino al mio ultimo respiro.
#amicizia#amicizia finita#testo sull'amicizia#mi manchi#migliore amicizia#migliore amica#dove sei?#tumblr#artists on tumblr#frasi sulla vita#pensieri#frasi vita#frasi amicizia#thoughts#frasi tumblr#cuore infranto#frasi#sfogo#piccolo sfogo#voglio solo te#voglio morire#mi mancherai#grazie#sei bella#litigare#litighiamo#racconterò di te#testo mio#frase mia#vita
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mi sento così male, così fragile, così usata.
non trovo una via di fuga in questo universo.
l'unica cosa che riesco a fare è scappare dalla realtà e sperare di restare nel mio mondo per sempre.
non voglio tornare a casa.
non voglio tornare nella realtà.
non voglio affrontare i miei demoni che ogni giorno mi sviscerano fino a farmi scomparire e aspettano che il giorno dopo la mia carne si riformi per mangiarmi nuovamente.
avvoltoi nella mia testa mi mangiano i pensieri, ma hanno lasciato per ultimi i traumi che non riesco a cancellare, non riesco a scrivere, non riesco a dire, non riesco.
non sento più nulla e vorrei solo ritornare ad essere viva, ma non mi sento affatto viva, sto solo sopravvivendo, non sto vivendo, non sto vivendo nulla.
non sento il sangue scorrere, non sento il mio respiro nè il battito del mio cuore.
non percepisco niente, mi guardo solo intorno cercando qualcosa che mi possa tirare su di morale.
ma è un benessere che non durerà a lungo, è un benessere apparente.
non ho memoria.
non ricordo dove mi trovo, nè dove mi trovavo prima.
mi guardo intorno ma non riesco a vedere nulla, solo il vuoto che mi inghiotte e mi penetra come hai fatto tu con le tue dita sporche di desiderio e quello sguardo che non voglio più rivedere nei miei sogni.
mi penetra le ossa, penetra fino in fondo, mi penetra fino alla mia femminilità, strappandomi l'ingenuità che avevo tempo prima e lasciandomi marcire fino a guastarmi del tutto, proprio come te.
non voglio più essere quella che sono.
voglio scappare.
ricominciare.
sentirmi una persona nuova, diversa, viva.
una persona.
una persona reale, con sentimenti reali e desideri reali.
vorrei provare di nuovo desiderio per un ragazzo ed esserne attratta a tal punto da concedermi a lui senza sentire i tuoi gemiti in sottofondo e senza rivedere i tuoi occhi che mi scrutavano aprendomi in quattro parti.
vorrei essere trattata bene.
con delicatezza.
essere accarezzata, amata, desiderata ma con dolcezza, calma, passione.
vorrei essere tranquillizzata e preparata con amore. vorrei che qualcuno si dedichi a me, tranquillizzarmi, vorrei che qualcuno mi dicesse che non è "lui" e non vuole farmi del male e che le cose stavolta andranno diversamente, che non vuole solo usarmi e gettarmi via come carta piena di bozze tirata via da uno scrittore in crisi, sul cestino dei rifiuti.
vorrei solo contenere le mie lacrime in un barattolo e aprirlo solo quando non mi vede nessuno, vorrei raccogliere il senso di colpa che mi assilla ormai da mesi e strozzarlo fino a fargli mancare il respiro.
vorrei morire.
per poi rinascere nuova.
una nuova bambola di porcellana, pronta all'uso.
una bambina di cera, troppo facile da incendiare e troppo fragile per resistere e incapace di reagire.
vorrei essere vetro, spaccato per terra, consumato. minuscoli triangolini taglienti che potrebbe ferirti almeno un minimo di quanto tu hai ferito me scavandomi ferite ben più profonde di una lama, ma fatte di vetro.
vorrei disinfettare queste mie ferite ma ti sto ancora dando modo di lacerarmi la pelle sperando che un giorno riuscirai a curarmela.
vorrei che cicatrizzassero e in effetti lo hanno fatto, ma sono solo ferite ipertrofiche, aperte all'interno che ancora bruciano e bruciano finché il dolore diventa insopportabile e inizio a non sentire più niente, anestetizzato.
vorrei urlare a tutto il mondo che la colpa non è stata mia, la colpa non è stata mia.
la colpa non è mia.
la colpa.
vorrei urlare al mondo come mi sento e che mi accascerei volentieri per terra perché il dolore è così forte, che è difficile rimanere in piedi e in equilibrio.
è difficile scaldarsi all'interno, con acqua calda che piove sui miei capelli neri colorando la vasca di un colore più oscuro.
è difficile sentire qualcosa quando dentro di me i campi di grano sono diventati aridi e secchi.
sono diventati terreni incapaci di offrire qualcosa, incapaci di partorire bionde coltivazioni di granturco.
la terra è marcia, arida, secca, andata ormai.
nessun fertilizzante la farà rinvigorire.
nessun ragazzo mi farà sentire meglio.
nessuno mi farà più sentire.
sono sorda, una viola che strilla ma senza le corde, un controsenso.
una viola che non riesce a produrre musica ma riesce solo ad ascoltare il rumore del silenzio emesso da sé stessa, sentendosi un tutt'uno con esso.
silenzio.
ciò che mi ha ucciso davanti a te quel giorno.
sono stata incapace di parlare, di reagire, di dirti che non ne avevo voglia, che non mi andava.
avevo gli occhi gonfi di lacrime, avrei voluto urlare in quel momento ma dalla mia bocca non uscì nemmeno un sussurro.
volevo solo che quel momento finisse presto, quell'incubo finisse presto.
volevo solo.
che non fosse mai accaduto.
volevo solo essere stata forte abbastanza di averti denunciato, parlato, essermene andata, urlato.
avrei voluto guardarti negli occhi e dirti che non mi avresti avuta più, mai più.
che non mi avresti mai più rivisto.
che ormai tutto si era spezzato.
invece continuai a stare zitta, giorno dopo giorno e quando ebbi finalmente il coraggio necessario per poterti dire di fermarti.
tu continuasti.
hai continuato fino a che il tuo respiro da calmo non diventò affannoso.
fino a che non riempissi la mia femminilità di cose sporche e parole appiccicose.
fino a che il tuo sguardo ritornò in te, al vecchio te che ho amato per anni.
tremavo, tremavo quel giorno e fissavo il vuoto in attesa che quell'incubo passasse in fretta, tremavo indifesa con la mano sul petto e le lacrime che trasbordavano dagli occhi.
quel tempo mi sembrò un decennio, o forse tanti decenni messi insieme in modo che potessi scontare le mie pene attraverso la tortura per tutti quegli anni.
mi baciasti, non avevi più il sapore del mio amore.
non avevi più nessun sapore.
eri diventato per me una terra arida, incoltivata
come me.
non avevo più amore nei tuoi confronti.
non avevo più nulla.
ero rimasta a mani vuote.
mi avevi salvato da me stessa e mi hai salvata dalla mia malattia che mi avrebbe trascinato in quel vortice di numeri senza fondo se tu non mi avessi salvato, ma mi hai trascinata in un buco più profondo, senza luce e pieno di voci che mi ricordano te e cosa mi hai fatto.
vorrei davvero fingere che non sia successo ma non riesco, non ce la faccio.
il dolore mi apre in due come le ante del mio armadio quando esco ancora una volta con te e mi lascio usare.
il dolore mi ha lasciato gli occhi vuoti, spenti, senza colore.
il mio bel castano scuro che ti piaceva tanto non è più vivido.
il colore è caldo ma non ho niente di caldo io, sono ghiacciata all'interno, sono ghiaccio incapace di sciogliersi e galleggiare sull'acqua, affrontare la mia vita e questo trauma.
sono incapace di dimenticarti e incapace di non amarti più.
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-TRATTO DAL DIARIO DEL DOLORE
In genere scrivere mi fa bene. Ma non so se ancora è così. Non scrivo da tanto, ho paura di non ricordarmi come si fa.
Mi sono persa un po' in questo periodo, le mie amiche dicevano "non sei tu, non ti abbiamo mai vista così". Io mi piacevo com ero. Sarò cambiata oppure sotto sotto sono ancora io? Io sento che sotto questo vuoto e questo peso che sento dentro ci sono ancora io. E sono io quando sono con i miei amici. E non mi sento me quando invece sono da sola.
Non dovrebbe essere il contrario? Non so in che direzione andare, che strada devo prendere.
Perché ti sto aspettando ancora?
Dopo tutto il dolore che mi hai dato senza nemmeno rendertene conto. Avrei voluto buttartelo in faccia, per farti capire. Sono ancora due settimane, pensavo fosse passato più tempo, forse perché ho troppa voglia di dimenticare. Dicevi di essere una persona empatica, proprio come me, ma non lo sei mai stato. Mi fai schifo. Tantissimo, giuro. Eppure ancora ti voglio, ancora ti cerco nei pensieri. Ancora immagino di guardare la Polaroid sotto a tutte le cose che mi hai regalato e che ho buttato nell angolo della stanza. Le foto incastrano i ricordi, e quando ci scattammo quelle foto ero felice. Felice perché mi sembrava che quella foto in qualche modo potesse davvero "intrappolare" qualcosa, una parte della mia vita che mi sembrava in qualche modo piena e completa. Sentivo che quella foto in qualche modo potesse essere una piccola cosa che stava diventando una costante. Una parte della mia vita su cui potevo contare e stare tranquilla.
E la guardavo costantemente, e quando studiavo la guardavo, sorridevo e continuavo a ripetere. Mi faceva sentire un po' completa. Come se per una volta nella mia vita non fossi stata ancora solo io e me stessa. Sentivo in qualche modo di essere legata a qualcuno, e mi sentivo estremamente bene. Mi sentivo bene solo al pensiero che una persona che amavo aveva me nei suoi pensieri e a cuore il mio bene.
Ma in realtà non era così, e ti sei rivelato diverso, eri Tu solo scena e superficie. Quella foto fa male, anche solo al pensiero di avere una foto così bella con una persona così orribile. Non trovo modo per descriverti in una sola parola. Ci ho pensato parecchio e alla fine ho scritto orribile. Ma avrei voluto scrivere il dolore che provo. È passato troppo poco tempo per essere arrabbiata con te. Perché penso al tuo viso, al tuo sorriso, ai tuoi occhi quando li guardavo e mi piaceva pensare che guardassero solo me. Quando guardo quella foto con l'occhio della mente mi sembra ancora che ci sia qualcosa. Che non tutto sia finito.
In questo periodo ho messo da parte troppe cose. Ho messo al primo posto lo studio. Giravo per la stanza ripetendo le frasi e i concetti dei libri cercando di tenere solo quelli in mente. E quando camminando per sbaglio abbassavo lo sguardo verso quell'angolo e tutto mi saliva velocemente, cercavo di trattenere. Provavo a disinnescare. Cercavo di tenere chiuse con forza in quel barattolo le emozioni che avevano bisogno di uscire, come quando la valigia è piena e non si chiude, e tu ti ci siedi sopra perché entri tutto fino a chiudere la zip. E invece ingoiavo sempre un boccone amaro e facevo un gran respiro, "okay", continuando a ripetere per quell'esame. E ho fatto bene. Non mi pento. Già per colpa tua ho saltato una data in cui potevo dare quest'esame. Perché mi facevi stare male, e facevo finta di niente con te, e invece passavo i pomeriggi a piangere. Ti ho dato troppo. Mi hai prosciugata. E più ti davo più tu prendevi, e più cercavo di continuare a tenere con me quella me che amavo tanto nei suoi modi di essere. Penso sia giusto scavare dentro di sé.
Oggi ho dato questo esame, e speravo di tirare un sospiro di sollievo e liberarmi di quel peso che sentivo costante.
Invece non so se è per il voto che non mi ha soddisfatta, ma non penso, quel peso è ancora lì. È ancora qui con me.
È il peso di tutto quello che ho accumulato, è il peso dei bocconi amari che ho ingoiato in tutto questo tempo ogni volta che guardavo quell'angolo e decidevo di non pensarci. E adesso è il momento di lasciare che quel tappo si alzi e che quel barattolo di svuoti.
La cosa che più mi frena, che non mi lascia andare avanti è la speranza. Una speranza nutrita dai bellissimi ricordi che ho con te, di quelle bellissime ultime giornate che abbiamo passato insieme che mi facevano sentire libera, e che adesso mi bruciano forte addosso, fuori e dentro. Perché quando guardo a quei ricordi mi sembra di averli vissuti con una persona diversa, una persona che non sei tu. Non il tu che eri con me. Mi sei sembrato un'altra persona. Ecco perché ho speranza. Perché spero che quella persona che conosco torni da Livorno e venga da me. E vorrei vederti e dimenticare tutto quello che mi hai fatto e tutto quello che mi stai facendo ogni giorno. Vorrei vederti come niente fosse successo. Vorrei che mi abbracciassi come solo tu mi abbracciarvi e vorrei mi stringessi forte a te facendomi sentire solo tua, e tu solo mio. Ma vorrei che da me venisse quel bravo ragazzo che ho salutato prima che partisse, quello a cui ho portato l'Oki per il mal di testa e una fetta di torta pan di stelle. Vorrei lui. Perché io il ragazzo che mi ha fatto tutto questo non lo conosco.
Vorrei odiarti, vorrei davvero odiarti ma non ci riesco. E spero che un giorno lo farò. Voglio odiarti a tal punto da non volerti nemmeno più sentire se un giorno tornerai con i sensi di colpa, quando potrei sentire viva la soddisfazione sulla pelle che alla fine sei davvero tornato. E invece vorrei così tanto odiarti e provare una tale e reale indifferenza da accennare un minimo di sorriso e continuare dritto nella mia direzione.
Io mi sento una bella persona, ma mi sento svuotata. E ho bisogno di riempirmi. Penso che sarà il tempo a farlo, e non il cercare qualcuno che colmi quello che devo colmare da sola.
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Sacrifice, Chapter 11
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Quella sala d'aspetto la sapeva a memoria, anche il minimo dettaglio. Erano passati cinque anni da quando mise piede qui per la prima volta e tranne per il colore delle pareti, tutto è rimasto uguale. Persino i manifesti pubblicitari per offrire a chiunque una visita dall'otorino gratuita.
"Hai fatto colazione?"chiese sua mamma che l'accompagnava.
"Si, mamma non cercare di ripetermi sempre le solite cose"
Sua madre non le rispose, fece solo un sospiro abbastanza profondo, segno che neanche lei, così come Wanda, non aveva voglia di discutere. Niente sarebbe servito per fare in modo che Wanda non avrebbe avuto l'ennesimo richiamo da parte del suo medico curante, questo lo sapeva. Ma lei non ci pensava più di tanto, anzi non voleva pensarci.
La sua vita, da quando è stata infestata da questo mostro, perché così che le piaceva chiamarlo, era perfetta. Passava ogni giorno nella sala prove della sua scuola di danza, danzava, ruotava e faceva cosi tante belle cose che avrebbe stregato tutti. Quando arrivò il mese di marzo, nella sua scuola delle medie c'era la serata dei talenti. Lei si era iscritta solamente al primo anno e in quella stessa occasione aveva scritto una canzone, non era un granché ma quella le era servita per potersi guadagnare un bel terzo posto mentre sua mamma e suo papà le fecero un bel applauso.
Ma non fu l'unico, anche due mesi dopo, durante il saggio di fine anno della sua scuola di danza, vide i suoi genitori orgogliosi di lei e della bella performance che aveva fatto.Però ora, quella scena era solo una delle tante che si ripeteva nei suoi sogni e che non si sarebbe mai realizzata di nuovo. Suo padre appena scoprì la sua malattia se ne andò di casa e non tornò più e sua madre si arrese. Certo, per lei era difficile mantenere due figli senza aver mai fatto un lavoro prima e affidandosi solo a quella persona che poteva permetterti tutta la stabilità e l'amore del mondo.
Fu quando incontrò Clint che la vita di sua mamma cambiò e forse con quella anche la sua. Lui le propose di continuare i suoi studi a casa, essendo i primi anni di manifestazione della malattia, era molto difficile per Wanda doversi spostare. Forse deve tanto a Clint, ma non riusciva ancora ad ammetterlo. Forse era anche invidiosa di sua madre, circondata dall'amore di un uomo e lei sperava anche che questo male potesse andare via al più presto.
Dopo due anni di studio in casa, iniziò il liceo.
E per quattro anni andò tutto per il meglio, fin quando all'inizio del suo ultimo anno si sentì di nuovo male. Come ogni mattina era solita svegliarsi, ma proprio quel giorno non riuscì ad alzarsi dal letto, con la schiena bloccata, con le gambe completamente addormentate e con la testa che le girava come una giostra. Medici, infermieri e paramedici le invasero la stanza nel giro di dieci minuti e subito dopo il buio avvolse tutto il resto.
Si svegliò in una stanza di ospedale con sua madre al suo fianco che dormiva su una sedia di plastica, collegata ad una flebo che le consentiva di ricevere le stesse energie che avrebbe assunto se avesse mangiato. Ma da quel momento Wanda non aveva fatto più nulla. Continuava con la sua vita, questo era certo ma aveva imparato a convivere con la sua malattia nel modo più negativo che ci fosse. Detestandola da un lato e dall'altro vedendo che quella era l'unica soluzione per poterle permettere di stare bene solo andandosene via per sempre.
"Signorina Maximoff..."la voce del suo medico curante, il signor Strange la distrasse dal suo cumulo di pensieri e girò la testa verso sinistra dove lo vide poggiato sullo stipite della porta.
Fece un respiro profondo e si alzò dalla sedia nella sala d'aspetto, andò verso di lui che chiuse la porta e la fece sedere sul lettino con le mani che stringevano il cellulare.
"Allora...come va?"
"Come può andare secondo lei?"chiese schietta e subito il signor Strange fece un sorriso di chi la sapeva lunga.
"Tua madre mi ha detto cosa è successo questo fine settimana..."
"Beh, mia madre crede che possa fare qualsiasi cosa per potermi aiutare con la mia malattia, ma non è così..."
"Si, sua madre crede quello ma non esiste che lei non collabori..."
"Senta, dottor Strange lo so. Lo so che non sono il massimo e che non faccio nulla ma non provi a mettersi nei miei panni, lei non sa come sto..."
"Certo che lo so. So che se continuerà a non mangiare resterà per sempre paralizzata e non ci sarà nessun modo per poterla salvare. Non posso aiutarla se lei non si fa aiutare..."disse lui con un leggero fastidio nella voce.
Wanda sapeva delle conseguenze, sapeva che se non avrebbe fatto nulla sarebbe andata a finire male ma lei voleva che finisse cosi.
"E se...se quello che voglio io sarebbe quello che voi tutti temete di più?"
"Intende la morte?"chiese lui di getto e lei ebbe il coraggio di annuire.
"Non sono uno psicologo, ma so bene che quello che lei ha, è quello che lei non ha mai voluto. Ha rovinato i suoi piani, ha rovinato quelli che sono gli anni più belli della sua vita, lo so. Ma lei cerchi di viverli come ha sempre voluto...non so, non ha qualcuno per cui vorrebbe vivere?"
Non ha qualcuno per cui vorrebbe vivere?
Wanda non aveva nessuno, tranne la sua famiglia.
"E loro? E James?"si chiese nella sua testa.
Certo non sapevano ancora cosa lei era costretta a passare ogni santo giorno, dalla mattina alla sera ma lì vedeva come una ragione in più per poter continuare, anche solo per poco, a vivere.
"Si..."disse e il suo cellulare vibrò fra le sue mani, segno che era arrivato un nuovo messaggio.
"Bene, allora lo faccia per loro. Si sforzi e vedrà che alla fine sarà felice anche lei..."
Lei annuì e lui iniziò a muoversi prendendo dei guanti in lattice e una siringa, la procedura era sempre la stessa. Un prelievo del sangue e check up generale e solo dopo due minuti si staccò da lei.
"La circolazione del sangue è buona, ma non troppo. È quella che serve a te, se non c'è finirai per restare ferma a letto anche per più di un giorno, e per questo che ti somministro ulteriori antidolorifici e dei medicinali che stimoleranno la tua fame e regoleranno la circolazione del sangue ma non fare lo stesso troppi sforzi. Per il resto, già conosci le regole e sai cosa fare..."disse lui e lei scese dal lettino e sistemando la manica del suo maglione, per coprire il cerotto che copriva l'ovatta.
Prese la ricetta che il dottor Strange le consegnò e con il suo cellulare si diresse alla porta ma la voce del suo medico curante la fermò di nuovo.
"Signorina Maximoff..."disse di nuovo lui e lei si girò.
"Mi dica"
"Pensi a quello che le ho detto. Non si faccia scoraggiare e lo faccia per loro..."disse lui ribadendo il discorso che aveva già detto prima.
Lei guardò in basso, verso le sue scarpe e poi si soffermò sul suo cellulare che stavolta sì illuminò, rivelando un secondo messaggio.
Capitano Barnes 🏀
2 messaggi
"Va bene...lo farò, grazie"disse lei con un sorriso sincero e uscendo da quella stanza per la prima volta un po' sollevata.
"Farmaci che stimoleranno la tua fame? Siamo sicuri che mangerai?"
"Mamma!"
"Va bene, va bene la smetto. Mi fido di te e spero che questa volta andrà bene"disse sua madre mentre teneva gli occhi fissi sulla strada e la mano destra sul cambio marce.
Wanda aveva la testa rivolta verso il finestrino e appena sua madre si zittì la guardò.
"Scusami per ieri sera, non volevo sembrare acida..."
"Wanda, tesoro, non preoccuparti. Capisco come ti senti, ma io sarò sempre con te"
"Lo so, ma è brutto litigare con te mamma..."
"Anche se litigheremo mille volte io ti vorrò bene altre diecimila, centomila, cinquecento mila, un milione di volte in più okay? Tu sei la cosa più cara che ho, capito amore della mamma?"disse lei mentre prendeva la sua mano e le baciava il dorso.
"Si, lo so ma amore della mamma glielo dici a Pietro"
"Va bene se ti chiamo acida come un limone?"chiese lei e Wanda rise.
"Dalla tua risata mi sa di sì, acceleriamo sennò trovo la folla al Walmart"
Le bastò proseguire per un bel tratto e poi girò verso destra in un grande parcheggio. Le due entrarono e iniziarono a girare per i vari scaffali, prendendo roba che sarebbe servita per la cena di questa sera e per i prossimi giorni.
"Hai preso tutto tu?"chiese sua madre e lei aprì la sezione delle note del suo cellulare, dove aveva segnato una piccola lista della spesa.
"Manca solo il burro d'arachidi per Pietro. Vado a prenderlo"disse lei e subito si diresse alla corsia dove si trovava il burro d'arachidi.
Ma ancora una volta il suono della notifica di un messaggio la distrasse. Decise di aprire il messaggio e di rispondere.
Capitano Barnes 🏀
Come mai non sei qui?
Il professor Stark ha chiesto di te...tranquilla, gli ho risposto io.
Almeno dammi un cenno, ci sei?
Wan🌸
Grazie...giornata impegnativa,ricordi?
Capitano Barnes 🏀
Vero...scusa me ne sono dimenticato.
Lei sorrise ancora aggraziata del gesto che il ragazzo dietro lo schermo aveva fatto per lei. Si avvicinò allo scaffale prestabilito e si accorse che il burro di arachidi era messo troppo in alto. Si allungò ma purtroppo era troppo alto e troppo difficile doverlo prendere. Non doveva fare troppi sforzi e per quando la soluzione migliore fosse quella di dover richiamare sua madre, lei testarda provò una seconda volta a prenderlo da sola. Saltò anche, fin quando una mano prese lo stesso barattolo che aveva fra le mani e lo abbassò alla sua altezza cosicché lei potesse prenderlo facilmente.
Era una mano davvero curata, di una carnagione molto chiara e con delle unghie dipinte di un color nude e con due anelli alle dita.
"Grazie..."disse Wanda appena si rese conto che stava fissando da troppo tempo il barattolo.
"Tranquilla tesoro, ero qui per prenderlo visto che mio marito è preso da altro..."disse lei facendo un cenno verso un uomo alto e con i capelli grigi che era a telefono e che era alla fine del reparto.
"Beh, credo lo sappia meglio di me...voglio dire sono uomini"
"Oh cara, hai proprio ragione!"
"Grazie ancora"disse Wanda alzando il barattolo e la signora dai capelli neri e occhi azzurri le sorrise.
Sorriso che Wanda ricambiò e che rimase fisso sul suo viso per l'ennesimo messaggio da parte di James. Questa giornata era iniziata decisamente col piede giusto.
#alternative universe#black widow#brock rumlow#captain america#falcon#james barnes#maria hill#marvel#natasha romanoff#pairing#writing#wanda maximoff#scarletwitch#steve rogers#sam wilson#the winter soldier#sharon carter#stevenat#romanogers#scarlet soldier#winterwitch
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Dei miei pensieri vorrei si dicesse che assomigliano a cucchiaini, sai come sono i cucchiaini rimescolano.
Un caffè durante l'incontro, la tazza di latte del bimbo ancora assonnato, si immergono nel dolce di un compleanno dei tuoi amici più cari, pensa che al tuo primo boccone avevi un cucchiaino.
Portano alle labbra i sapori più teneri, gli inizi, un frattempo.
Si agitano quando qualcosa è troppo densa, equilibrano le differenze unendole, rilasciando al giudizio delle labbra le essenze, un gelato...
I cucchiaini accolgono, rilasciano sapori a volte ad occhi chiusi come dopo un tuffo nel barattolo della nutella.
Dei miei pensieri vorrei si dicesse assomigliano a cucchiaini sempre utili a riconsiderare la vita.
@ RossellaRò (skinofmysoul)
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ENTITÀ A CONFRONTO.
INTERVISTATORE - Chi siete? Presentatevi.
GIORGIA MELONI - Io sono Giorgia. Sono una donna. Sono cristiana. Sono italiana.
IO - Io sono l'Ideota, sono un mostro a forma di barattolo, ateo, comunista, allegro come la title track di un album death metal, agile come un bradipo immerso nei suoi pensieri, filosofo esistenzialista approdato al catastrofismo post millenaristico per effetto dell'ascesa del sovranismo, amministratore di patrimoni inferiori ai 10 euro, dissipatore di monetine trovate per strada, depositario di saperi del tutto inutili per lo sviluppo tecnologico di eventuali rapitori alieni, ventriloquo al servizio di pupazzi vittimisti di dubbia esistenza, demistificatore poco attendibile di diete ipocaloriche, fustigatore dei costumi di chi usa l'espressione "sinistra fucsia".
INTERVISTATORE - Sei anche prolisso. Hai finito?
IO - No. Sono anche dedito a esperimenti di autoipnosi per ottenere un'amnesia selettiva che mi porta a dimenticare ciò che mi getta nello sconforto.
GIORGIA MELONI - Vergognati, sei un nemico della nazione.
IO - Ma questa chi è?
Fine
— L’Ideota
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Capitolo 55 - Il vino, i puzzle e i suonatori di cucchiai (Seconda Parte)
Nel capitolo precedente: Meg e Angie fanno spese per la serata romantica di quest’ultima con Eddie, tra vino, cibo e abbigliamento sexy. Le due discutono anche di uno schizzo di Meg per un tatuaggio basato sulla grafica di un puzzle. Eddie arriva a casa di Angie e la trova intenta a cercare di aprire una bottiglia di vino sbattendola fuori dalla finestra con l’aiuto di uno stivale perché non ha il cavatappi. La serata scorre tranquilla tra riscaldamento impazzito, turbamenti dovuti alla seminudità di Angie e delle sue gambe, risate, momenti imbarazzanti, ma anche di intimità tra i due. Angie pensa che la serata tanto progettata si sia trasformata in un disastro, Eddie non riesce a interpretare i segnali ambigui di lei, che un po’ lo provoca e un po’ gli sfugge. Lui propone di nuovo di raccontare a qualcuno, magari a Meg, della loro storia.
***
“Torna presto però, ok?”
“Sì, certo” come se facesse qualche differenza. Un'ultima occhiata a Eddie, alle sue palpebre socchiuse e ai suoi capelli sparpagliati sul cuscino e mi alzo dal letto per andare in bagno. Mi ritrovo faccia a faccia con una me sbuffante allo specchio, apro l'armadietto a sinistra e prendo dischetti e latte detergente. Mentre mi strucco e vedo il cotone diventare sempre più sporco penso all'inutilità di tutta la preparazione iniziale. A cosa è servito farmi carina... beh, provarci, se poi non ho cavato un ragno dal buco? Pensavo che questa potesse essere la volta buona, invece, arrivati a letto, dopo un po' che ci stavamo baciando, Eddie mi ha gentilmente fatto notare che ero ancora truccata e che gli sembrava strano che io non mi struccassi prima di andare a dormire, visto che sono sempre 'così precisa'. Precisa un cazzo. Oggi non ne ho combinata una giusta: il vino giù dalla finestra, la musica d'atmosfera levata quasi subito, le candele e i fiori non cagati nemmeno per sbaglio, neanche mezzo commento sulla maglietta... e adesso? Mi dice pure di levarmi il trucco. Complimenti Angie, hai proprio fatto colpo! Butto i dischetti sporchi nel cestino e già che ci sono decido di lavarmi i denti. Mi guardo allo specchio mentre cerco di sincronizzare il movimento dello spazzolino a quello della mia testa che sto scuotendo sconsolata. Pensavi davvero che con una bottiglia di vino in più Eddie avrebbe fatto sesso con te? Sei proprio convinta che un album diverso l'avrebbe spinto a saltarti addosso appena entrato? O che la sottovestina di pizzo da puttanella suggerita da Meg l'avrebbe eccitato di più? Non capisci che il problema non sta in queste cose, né nella varietà di fiori né nel colore del rossetto? Puoi anche mettere il rossetto a un maiale... ma resta sempre un cazzo di maiale. E' chiaro che non gli piaccio, Eddie può dire ciò che vuole a parole, ma le sue azioni mandano un messaggio completamente diverso. Sciacquo la bocca, mi asciugo con la salvietta, rimetto lo spazzolino nel bicchiere blu e, notando il barattolo di crema lì accanto, è come se mi apparisse, non il fantasma del padre di Amleto, ma Meg con le mani sui fianchi che mi dice Le creme antirughe sono una puttanata per fare soldi. L'unico modo per ritardare la comparsa delle rughe è idratare la pelle e tenere la faccia lontana dal sole. Mi idrato per bene con questo prodotto dal profumo dolciastro, prendendomi anche un pochino a sberle con la scusa di farlo assorbire bene, spengo la luce e torno in camera. Eddie è girato dall'altra parte e probabilmente starà già dormendo. E meno male che soffriva d'insonnia. Da quando ci frequentiamo non l'ho mai visto metterci più di dieci minuti per addormentarsi: o è un cazzaro o l'ho guarito. Mi metto a letto e tiro su solo il lenzuolo perché fa ancora caldo. E' a questo punto che Eddie si muove e si gira verso di me, dandomi un bacio sulla guancia e appoggiando la testa sulla mia spalla. Allunga anche una mano sulla mia pancia, io la intercetto prontamente e me la porto sul fianco. Evidentemente ci ho messo meno di dieci minuti.
“Che buono...” Eddie continua a baciarmi, praticamente a mangiucchiarmi la guancia.
“Ti... ti piace?”
“Adoro questo profumo. E poi sei... tutta... cremosa...” io cerco di rimanere impassibile perché, insomma, non è che puoi prenderti solo i pezzi che più ti garbano: o ti piaccio tutta o non se ne fa niente, prendere o lasciare. Ma gli argomenti di Eddie sono sempre molto convincenti e finisco per rotolarmi nel letto N volte assieme a lui, un po' dalla mia parte e un po' dalla sua, e sono ancora di più in balia di Eddie qui, nella quasi totale oscurità della mia stanza, non potendo prevedere le sue mosse, che di volta in volta mi colgono di sorpresa. Perché mi sembra sempre che abbia, non so, dieci mani? Perché mi tocca così? Dovrebbe essere illegale. E' troppo bello per non essere illegale.
Rotoliamo ancora, Eddie finisce sopra di me, la foga è tanta e la stoffa che ci copre è poca e... e Meg è proprio una cretina e finirò per picchiarla un giorno perché per colpa dei suoi discorsi del cazzo (no, giuro che non era voluta...) di stamattina, sono costretta a mordermi le labbra a sangue per non scoppiargli a ridere nell'orecchio. Posso quasi vederla, qui ai piedi del letto, braccia conserte e faccia da culo, mentre mi chiede Cos'è, sta morendo anche adesso?
“Angie?” la voce di Eddie, profonda e affannata mi distoglie dai miei pensieri sciocchi.
“Sì?”
“Dove sei?” mi chiede senza smettere di muoversi sopra di me, ma solo rallentando, il che rende il tutto se possibile ancora più intenso.
“In... in che senso? Sono qui”
“Fisicamente sei qui, ma con la testa sei da un'altra parte” ok, come cazzo fa? Come fa a saperlo? Ci vede al buio come i gatti e mi ha vista fare qualche faccia delle mie? Mi legge nel pensiero? A giudicare dai miei pensieri, spero proprio di no.
“E' colpa tua... mi fai... mi fai perdere l'orientamento”
“Addirittura?”
Sta morendo proprio male, eh?
Zitta tu!
“Beh sì” rispondo e anche i miei occhi si stanno abituando al buio perché vedo benissimo sia l'azzurro degli occhi di Eddie sia la scintilla che li illumina brevemente e che contemporaneamente trasmette una specie di ghigno alle sue labbra irresistibili. Le sfioro con le dita, che lui bacia ad una ad una, prima di attaccarsi di nuovo alla mia bocca e io non riesco più a ragionare, non riesco più a pensare a niente che non sia il suo respiro, la sua pelle, i suoi capelli che mi solleticano il collo, i suoi denti, le sue mani che, Dio...
“Dormiamo?”
“Eh?” che ha detto? Un momento, quand'è che ha rallentato con i baci?
“Ho detto, dormiamo?” ripete e stavolta lo sento, e sento che mi accarezza i capelli, mentre vedo solo puntini luminosi nel buio.
“Ok” rispondo.
Sei proprio una cogliona. Ci caschi OGNI. CAZZO. DI. VOLTA. Ma questa cosa deve finire: o siete amici o state assieme. O fate sesso o non fate sesso. Anzi, o fate sesso o non fate NIENTE.
Ce ne ha messo di tempo a morire, eh?
Vaffanculo, proiezione mentale di Meg!
“Domani devi alzarti presto? Te lo chiedo così mi preparo psicologicamente alla tua sveglia killer” scherza e io avrei voglia di fargli saltare qualcuno dei suoi bellissimi denti con un pugno.
“No, domani no, la sveglia killer suona alle otto e mezza”
“Eheh caspita, mi va di lusso allora” ride e rotola via da me, stendendosi dall'altra parte del letto.
“Già. Beh, allora... buona notte”
“Buona notte, Angie” lo sento scivolare sotto il lenzuolo verso di me, appoggia la fronte sulla mia tempia e fa un respiro profondo. Io chiudo gli occhi praticamente strizzandoli e spero che il sonno mi colga presto “Angie?” ma Eddie vanifica i miei progetti chiamandomi ancora.
“Sì?”
“E il bacio della buona notte?”
“Non ce lo siamo già dato prima?”
“Non mi pare, quando?”
“Prima... più di uno” rispondo e resto immobile con gli occhi serrati.
“Ma quelli erano baci di altra natura, non erano della buona notte”
“Ah no?”
“No”
“Esiste un tipo di bacio specifico per la buona notte?”
“Certo. E gli hanno dato anche un nome, sai? Alcuni lo chiamano... bacio della buona notte”
“Originale”
“Posso averlo?”
“Cosa?”
“Il bacio della buona notte”
“Ok”
“Ok?”
“Va bene. Vada per il bacio della buona notte” meno male che avevo detto basta un minuto fa.
“Sì?” Eddie respira piano sulla mia guancia, di tanto in tanto sembra quasi trattenere il fiato.
“Sì, me lo puoi dare” faccio Risolutezza di secondo nome.
“Ah. Posso” risponde con un tono di voce un po' strano, un secondo dopo le sue labbra sono sulle mie per un bacio a stampo, dopodiché si rigira dall'altra parte “Notte”
“Notte Eddie” tutto qui? Beh, meglio così, no?
**
Sono sola. Ok, c'è Eddie qui a letto con me, ma è come se fossi da sola. Continuo a girarmi e rigirarmi sotto il lenzuolo senza riuscire a prendere sonno; adesso mi sono fermata in posizione supina, in silenzio e totalmente immobile da almeno cinque minuti, intenta a fissare il soffitto in cerca di qualcosa di interessante. Se fossi a casa dei miei in Idaho a quest'ora almeno avrei Frou Frou con cui parlare, la mia macchia di umidità/cavallino/amico immaginario preferito. Osservo le crepe sull'intonaco cercando di attribuirgli una forma conosciuta, la forma di una persona, di un animale, di un essere a cui possa sembrare lecito fare una domanda da adulti. Non che le cose di cui parlavo con Frou fossero solo ed esclusivamente infantili, però non mi ci vedo a chiedere al mio amico quadrupede immaginario d'infanzia perché il mio ragazzo non vuole scoparmi. O meglio, perché il mio amico che non è attratto da me si ostina a voler giocare ai fidanzati. Se pongo a me stessa la domanda, beh, so già cosa mi risponderò. Ho bisogno di un fittizio interlocutore esterno che bilanci la mia insicurezza dicendomi che magari non c'entro io, che forse è perché non riesce a dimenticare del tutto la sua ex o ha qualche problema intimo o è semplicemente asessuale e non sa come dirmelo. Quei segni di muffa non potrebbero ricordare vagamente una salamandra? Non potrebbe pensarci lei a raccontarmi un po' di quelle cazzate? Così poi io potrei ribattere che è stupido stare a impazzire dietro a ipotesi complicate quando la risposta è quasi sempre quella più facile. Insomma, per tirare fuori il rasoio di Occam in maniera più credibile mi serve un contraddittorio, non posso fare tutto da sola. Comunque più che una salamandra sembra un pesce. Uff, forse è meglio chiudere gli occhi e provare a prendere sonno. Mi giro di nuovo sul fianco, verso la porta.
“Tutto ok?” per un attimo mi sembra quasi sia stato il poster di Patti Smith a parlare, ma con una voce assonnata e decisamente più maschile.
“Sì Eddie”
“Non dormi?”
“No” e a quanto pare nemmeno tu, mi viene da dire.
“Che dici, apro un po' anche questa finestra?”
“No, tanto abbiamo chiuso il calorifero. E poi abbiamo già aperto di là, non voglio prendermi un malanno”
“Ok”
“Comunque non ho caldo”
“No?”
“No. E tu?”
“Mmm no, io sto bene”
“Allora ok” concludo e spero che anche lui la finisca qui e si rimetta a dormire. Non vedo l'ora di sentirlo russare.
“Ma quindi perché non dormi?” Cristo santo...
“Boh, così...”
“C'è qualche problema?”
“No” rispondo forse fino troppo in fretta.
“Sicura?” nella semi-oscurità vedo i miei stivali ai piedi del letto e la tentazione di metterlo ko con un'anfibiata è forte.
“Sì”
“Sicura sicura?” sempre più forte.
“Non c'è nessun problema, Eddie, non lo so... magari ho mangiato troppo, magari sono i pensieri, boh...”
“Che pensieri?” ovviamente lui deve soffermarsi solo sulla seconda ipotesi.
“Pensieri normali, su cose normali” siamo pericolosamente vicini alla mia linea di tolleranza.
“Tipo?”
“Tipo le cose da fare domani”
“Che devi fare domani?”
“Cose normali... la spesa, pagare l'affitto, lavare le finestre”
“Non hai i soldi per l'affitto?”
“Sì che ce li ho”
“Allora non vedo cosa non dovrebbe farti dormire” il pericolo si avvicina sempre di più.
“Infatti, non c'è nulla che non va, te l'ho detto”
“Altri pensieri?”
“No”
“Sicura?” una volta superato il limite non si può più tornare indietro.
“No. Beh, c'è un problema in effetti”
“Ah sì? Quale?”
“C'E' CHE MI SONO ROTTA IL CAZZO, EDDIE!” sbotto accendendo il lume sul comodino e mettendomi seduta sul letto.
“Angie che-”
“NON CE LA FACCIO PIU'!” gli urlo di nuovo in faccia, facendo sobbalzare lui e il materasso sotto i nostri culi.
“Troppe domande eh? Scusa, ti lascio dormire...” Eddie, piuttosto intimidito, si scusa perché ovviamente non ci sta capendo nulla, poverino, ma questo non fa che irritarmi ancora di più.
“DORMIRE UN CAZZO! NON VOGLIO DORMIRE!”
“Ok”
“E NON DORMI NEANCHE TU”
“Va bene...” Eddie, che stava per girarsi dall'altra parte, capisce che è il caso di mettersi a sedere proprio come la sottoscritta. Ho il fiatone, il muso e le braccia incrociate sul petto. Ogni tanto i nostri sguardi si incrociano, il mio probabilmente da pazza, il suo perplesso, ma nessuno apre bocca per svariati minuti. E' Eddie a rompere il silenzio “Vuoi che ne parliamo?”
“Sì.” rispondo prima di fare un bel respiro profondo “Direi che è proprio arrivato il momento di parlarne”
“Ok”
“Ok”
“Ti ascolto” eh ma allora lo fa apposta!
“TU MI ASCOLTI?? TU ASCOLTI ME?!”
“Uhm... no?” Eddie fa di tutto per non scomporsi e sembrare tranquillissimo, non riuscendoci.
“NO! Sono io che ascolto te, sei tu che devi parlare!” cerco di riprendere il controllo perché mi sto spaventando da sola.
“Io?”
“Certo, mi devi una spiegazione”
“Come faccio a spiegarmi se non so neanche di cosa parli?”
“Perché non mi vuoi?”
“Eh?”
“Perché stai con me se non ti piaccio?”
“CHE?!” stavolta è lui a perdere la compostezza e lanciarmi un acuto in faccia.
“Lo sai che è così”
“Angie, di che cazzo stai parlando?”
“Perché non vuoi fare sesso con me?”
“Oh mio dio” Eddie china la testa e se la regge tra le mani mentre la scuote.
“Insomma, io lo so di non essere una strafiga, però...”
“Angie”
“Però tu insisti con il fatto che stiamo insieme e... se due stanno insieme si suppone che si piacciano, in tutti i sensi”
“Tu mi piaci in tutti i sensi possibili e immaginabili”
“E allora... allora, perché non me lo dimostri?”
“Io non te lo dimostro??” Eddie alza la testa e mi guarda come se avessi appena detto che la terra è piatta.
“Perché non vuoi farlo... con me?”
“Credi davvero che io non voglia?”
“Beh, sì, considerato che non l'abbiamo ancora fatto”
“Angie, io muoio letteralmente dalla voglia di farlo... di fare l'amore con te”
“E allora perché non-”
“Sto solo aspettando”
“Aspettando cosa?”
“Che tu sia pronta”
“Pronta? Ma io sono pronta, sono prontissima!”
“Ne dubito, Angie”
“Ma guarda che... io non... non sono più vergine, se è quello che pensi” il solo pensiero di essere qui a fare questa conversazione con Eddie mi imbarazza a morte, ma non posso stare in questo limbo di incertezza per sempre.
“Lo so, cioè, lo supponevo,” risponde con una smorfia un po' tesa e non posso fare a meno di pensare alle volte in cui senza volerlo ha beccato me e Jerry in atteggiamenti inequivocabili “non è questo il punto”
“E qual è?”
“Non mi sembri pronta a farlo, con me”
“Perché?”
“Perché non sei ancora totalmente a tuo agio assieme a me”
“Ahah io non sono mai a mio agio con nessuno, nemmeno con me stessa, sono fatta così, non vuol dire niente!” la risata nervosa mi scappa. Se aspetta che io diventi Miss Sicura di Sé per fare roba, allora faccio prima a farmi suora.
“Per me significa molto, invece” Eddie resta accigliato e io cerco di tornare seria.
“Lo so. Quello che intendevo dire è che io sono sempre così... sono timida... è il mio modo di essere, non vuol dire che io non stia bene con te”
“La timidezza non c'entra. Credimi, lo so che stai bene con me, lo percepisco. Quello che non so è cosa provi. Per me. Cioè, a volte mi sembra di capirlo, ma poi magari fai o dici qualcosa che mi comunica l'esatto opposto e io non so più che pesci pigliare”
“Cosa provo?” come se fosse facile.
“Già”
“Non è semplice... parlare dei propri sentimenti, lo sai che io non sono brava a parlare in generale”
“Non sempre serve parlare, Angie, ci sono anche altri modi per dimostrare cosa si prova”
“Io te lo dimostro in continuazione!”
“No, io te lo dimostro in continuazione. Tu... tu non fai niente”
“COME NIENTE?!” alzo di nuovo la voce, anche stavolta spontaneamente.
“Angie, tu... tu non mi baci neanche”
“Io cosa?”
“Non mi baci. Mai” che cavolo sta dicendo?
“Non è vero!”
“Sì invece. Da quella volta alla stazione degli autobus a San Diego, fino al bacio della buona notte di prima. Sono sempre io che bacio te e tu rispondi e basta”
“Sono sicura che ti sbagli. Ti avrò baciato anch'io... qualche volta”
“Qualche volta? Qualche volta quando?”
“Non lo so, non è che mi ricordo ogni singola volta”
“Se fosse successo davvero, me lo ricorderei, fidati”
“Eddie”
“Sarebbe stato un evento storico perché tu non mi baci mai per prima. Non fai nulla per prima. Non prendi mai un'iniziativa che sia una con me”
“Beh ecco... può darsi che spesso, essendo timida, io lasci che sia tu ad avvicinarti per-”
“Spesso? Diciamo pure sempre”
“Scusa...” rispondo imbarazzatissima e il suo sguardo si addolcisce.
“Non ti devi scusare! Non voglio scuse, voglio solo sapere qual è il problema e cosa devo fare per rassicurarti” mi accarezza il braccio e si capisce che sta cercando di farmi sentire meglio, ma io mi sento sempre peggio.
“Non devi fare niente, non sei tu il problema”
“Non mi baci, non mi chiami, se non chiedendomi prima con precisione quando sono a casa, quando puoi chiamarmi, quando non mi disturbi, eccetera. Quando sei passata da me con la torta prima del concerto non sai quanto mi hai fatto felice”
“Eheh per così poco?”
“Sì, perché non è poco”
“E quella di stasera? Non ti sembra che io abbia preso l'iniziativa stasera?”
“No, per niente”
“Ah no? Mi sono fatta trovare praticamente mezza nuda, vestita solo di una maglietta del tuo gruppo preferito... ho allestito tutto questo scenario romantico e sexy, ho pure sabotato la caldaia condominiale... se non è iniziativa questa!”
“Tu... hai fatto cosa?”
Ops.
“Non potevo farmi trovare scosciata con quattro gradi in casa, mi avresti presa per una deficiente. Volevo solo alzare un po' la temperatura, perché se qui si gela non è per un malfunzionamento dei riscaldamenti, è perché quegli stronzi dei proprietari li tengono bassi per risparmiare! Poi non è colpa mia se la manopola mi è rimasta in mano, ecco” svelo il mio piano diabolico a un Eddie sempre più basito.
“Quindi per te è più facile fare tutto questo casino che non semplicemente, non so, la butto lì, dirmelo?”
“Dirti cosa?”
“Che vuoi fare l'amore con me”
“Ah, quello”
“Come puoi farlo se non riesci nemmeno a dirlo serenamente?” mi sembra quasi di sentire Meg, che a quanto pare non ha ancora lasciato la mia camera da letto.
“Te l'ho detto, sono timida!”
“Comunque, se lo vuoi sapere, la tua non la definirei un'iniziativa. Questo non è prendere l'iniziativa, questo è stato... cercare di provocarmi perché fossi poi io a prenderla, come sempre”
“Non sono la donna fatale che ti salta addosso e ti mangia in un boccone”
“Non devi esserlo! Beh, a meno che tu non voglia, in quel caso non avrei certamente nulla da ridire” aggiunge con un sorrisino ammiccante.
“Non succederà mai, neanche nelle mie prossime cento vite”
“Dai, scherzavo. Quello che voglio dire è che mi 'accontenterei' di qualcosa di molto più semplice”
“Cioè?”
“Di un bacio, Angie. Un cazzo di bacio, che tra parentesi non mi hai ancora dato”
“Stiamo parlando”
“E allora? Chissenefrega, baciami e mettimi a tacere”
“Come tu hai fatto con me a San Diego?” sorrido ripensandoci.
“Sì. Voglio che mi baci, cazzo. Voglio che tu ti senta libera e tranquilla tanto da baciarmi, abbracciarmi, chiamarmi, prendermi a schiaffi quando ti va, come ti va, senza accertamenti, preavvisi o permessi in carta bollata”
“Non è facile per me”
“Ma perché? Perché non riesci a lasciarti andare con me?”
“Perché... perché ho paura” mi costa una fatica enorme rispondere, soprattutto perché sto dicendo la verità.
“Paura di cosa? Angie, io lo so che siamo agli inizi e so che hai avuto fregature in passato. Voglio essere onesto con te: io non sono un santo. Sono molto lontano dalla perfezione, sono pieno di difetti e quelli peggiori non li hai ancora visti, ma ci tengo davvero a questa cosa con te e non ho intenzione di mandare tutto a puttane”
“A quello ci sto pensando già io, a quanto pare” rispondo sconsolata.
“Ma figurati! Perché dici così?”
“Beh, stiamo discutendo...”
“Stiamo parlando, non stiamo mica litigando. Stiamo cercando di capire perché non ti fidi di me”
“Io mi fido di te”
“Non abbastanza”
“Eddie, credimi, io mi fido di te. E' di me che non ho fiducia”
“Di te?”
“Non mi fido di me stessa perché ho paura. Ho paura di fare casini e mandare tutto in merda. Cosa che per altro sto già facendo”
“Non hai fatto proprio niente, come ti ho detto stiamo solo parlando. E' così che le persone risolvono i problemi, parlando. O baciandosi. Come ti ho chiesto già da un po', ma tu non hai ancora provveduto...” Eddie mi sgomita piano cercando di farmi ridere e un pochino ci riesce.
“Eheh ecco, io cerco di fare un discorso serio e tu mi prendi in giro”
“Non ti prendo in giro, la mia è una richiesta autentica. E ancora valida”
“Forse non prendo iniziative perché... perché ho paura che siano quelle sbagliate”
“Sbagliate?”
“Ho paura di sbagliare, di fare casini. Di essere troppo appiccicosa. O troppo poco. Di essere troppo presente o troppo assente. Io... non faccio niente perché così ti osservo, in modo da capire quello che vuoi”
“E quello che vuoi tu? Non conta?”
“Io... io voglio te, è questo che conta” è come se sentissi qualcun altro rispondere al mio posto e vedessi questo qualcuno arrossire di botto di fronte a un Eddie rimasto a bocca aperta.
“Oh Angie...” mi prende il viso tra le mani obbligandomi a guardarlo negli occhi “Anch'io voglio te, ti voglio come sei e non cambierei una virgola. Vorrei solo che non avessi paura di essere te stessa quando sei con me. E che mi baciassi quando ti va. O quando te lo chiedo. Cosa che, non so se te l'ho già detto, non hai ancora fatto”
“Fosse per me ti bacerei sempre, Eddie”
“Lo dici come se fosse una cosa brutta” allunga i pollici per accarezzarmi le guance.
“No, tu non capisci. Quando dico sempre intendo proprio sempre. Cioè, immagino tu ti sia guardato infinite volte allo specchio, ma non credo tu l'abbia mai fatto con gli stessi occhi che posso avere io”
“Ok, quindi sono bello e vuoi baciarmi” mi toglie le mani dal viso e fa spallucce.
“Non è una questione di bellezza, che comunque non ti manca. E' proprio... voglio dire, la tua bocca... ok, ti serve per tante cose... per parlare, per cantare da dio, per bere e mangiare... ma le tue labbra, è come se mi chiamassero, in continuazione, e non per fare due chiacchiere”
“Ah no?” mi domanda con quella faccetta da cazzo compiaciuta.
“No. E non è che le tue labbra siano fatte per baciare: le tue labbra hanno inventato il bacio stesso. Cioè, io non ho studiato questo aspetto della storia nello specifico, ma credo che la gente non si baciasse sulla bocca finché sulla terra non è comparso qualcuno con delle labbra come le tue e a quel punto l'evoluzione non ha potuto che seguire il corso più naturale”
“E' un modo contorto per farmi un complimento?”
“E' un modo contorto per dirti che se io mi lasciassi davvero andare, come vuoi tu, mi attaccherei a quelle labbra come una cazzo di ventosa e probabilmente non ti permetterei di fare nient'altro e anch'io non potrei fare nient'altro e finiremmo per perdere i sensi come Marina e Ulay, solo che noi non siamo artisti, cioè io no, e comunque non potremmo vivere di questo tipo di arte, sembreremmo solo due imbecilli” e poi succede anche che quando provo a lasciarmi andare vado in ansia e quando vado in ansia comincio a blaterare cose a caso senza prendere fiato. E in tema di fiato...
“Marina e chi?”
“E Ulay. Breathing in/breathing out, non ne hai mai sentito parlare?” Eddie fa no con la testa “E' una performance artistica. Marina Abramovic e Ulay sono due artisti contemporanei. Un bel giorno questi due si sono tappati le narici con dei filtri di sigaretta e si sono incollati l'uno alle labbra dell'altra in questo bacio soffocante, scambiandosi anidride carbonica mista a quell'unica dose di ossigeno iniziale, che si è consumata in pochi minuti, portandoli a perdere quasi i sensi”
“Eheh tu mi fai perdere i sensi anche senza tappi nel naso, quindi direi che si può fare” lui ride e io non riesco ad articolare il pensiero, ci metto un quarto d'ora a rispondere.
“E se mi lascio andare e non mi sopporti? Se divento fastidiosa? Se ti bacio in un momento in cui non ti va?”
“Angie, ti svelo un segreto”
“Mi sveli sempre un sacco di segreti tu”
“Sì, perché sono più vecchio e più saggio”
“Ahahah ma per favore”
“Allora, il segreto: il segreto è che non c'è un momento in cui non mi va”
“Esistono momenti opportuni e momenti meno opportuni”
“Non esiste, non riesco a pensare a un solo momento in cui io potrei mai anche solo pensare di non voler essere baciato da te. Voglio dire, potrebbero legarmi e torturarmi infilandomi spilli sotto le unghie delle mani e dei piedi e io avrei ancora voglia di un tuo bacio”
“Esagerato”
“Potrei aver appena cagato lamette o aver subito un intervento all'appendice senza anestesia, ma se tu ti avvicinassi per baciarmi io di sicuro non mi volterei dall'altra parte per evitarti”
“Ahahahah”
“Guarda che è la verità, non sto scherzando. Ma anche in positivo! Potrebbero avermi appena proclamato vincitore di un Grammy, un Oscar o un altro premio del cazzo a caso e magari mi chiamano sul palco per ritirarlo, ma se tu sei lì che mi stai baciando io non mi muovo di un millimetro e non me ne frega un cazzo del resto. Anzi, no, me ne fregherebbe solo perché la vittoria sarebbe una scusa per farmi baciare da te, solo in funzione di quello”
“E se i Cubs vincessero le World Series?” troppo facile coi premi, parliamo di cose che contano davvero per Eddie.
“A maggior ragione vorrei un cazzo di bacio da te per festeggiare l'evento memorabile! Ma mi auguro di non dover aspettare che quell'evento si verifichi per avere un tuo bacio”
“Non dovrai aspettare tanto” rispondo spostandomi nel letto per avvicinarmi un poco a lui.
“No?” domanda sottovoce.
“No” mi avvicino ancora un po'.
“E quanto allora?” insiste posando lo sguardo alternativamente sui miei occhi e sulle mie labbra.
“Poco, pochissimo”
“Sì?”
“Già”
“Ok”
“Ok”
“Sto aspettando”
“Un attimo! Come sei impaziente”
“Sì, sono piuttosto impaziente, sai com'è? Sono solo...” Eddie si interrompe e fissa un punto indefinito alle mie spalle, mentre contemporaneamente accenna un conto con le dita, poi torna a guardarmi negli occhi “Sono solo tre mesi che aspetto questo momento”
“Tre mesi?” gli chiedo perplessa.
“Beh sì, tre mesi che aspetto consapevolmente. Inconsapevolmente un po' di più...”
“Che significa inconsapevolmente?”
“Non stavi per baciarmi?”
“Eddie, cosa vuol dire inconsapevolmente?” alzo un po' la voce, Eddie solleva gli occhi al cielo e mi risponde rassegnato.
“Significa che, come dire, non è che mi sono alzato una mattina e ho deciso di avere una cotta per te, è stata una cosa... lenta e graduale”
“Iniziata più di tre mesi fa?”
“Iniziata la prima volta che ti ho vista, da Roxy”
“Ma se mi hai detto due parole! E poi stavi ancora con la tua ex”
“Non proprio... e comunque ho detto che è iniziata allora... e continua anche oggi. Dalla prima volta che abbiamo parlato ho iniziato a conoscerti ed è come se ti fossi insinuata dentro di me, come un seme, che germogliava e il germoglio cresceva giorno per giorno. E più ti conoscevo, più la pianta continuava a crescere e più mi piacevi. Poi quando ho realizzato cosa mi stava succedendo, ormai era troppo tardi perché ci ero dentro fino al collo e la piantina era diventata un fottuto albero”
“Ahahah un albero?” anche lui ha i suo monologhi nonsense indotti dal panico?
“Sì, un cazzo di baobab, Angie. Ora se magari la smetti di ridere delle mie metafore, mi baci, per favore?”
“Ok”
“Ok. Ti rendi conto che non ci riesci anche se te lo sto letteralmente chiedendo, vero?”
“Ci riesco! Solo un secondo, non è facile così... a freddo”
“Non c'è un cazzo di niente tra noi due che sia freddo in questo momento, Angie”
“Va bene, adesso ti bacio, così la pianti!” mi avvicino e gli stampo un bacio sulle labbra, dopodiché lo guardo trionfante “Visto?!”
“E quello che cazzo era?”
“Come cos'era? Un bacio, no?”
“Me lo chiami bacio quello?”
“Certo! Perché tu come lo chiami?”
“Non lo chiamo, non me ne sono neanche accorto”
“Ah, allora i miei baci ti lasciano indifferente...” faccio per allontanarmi verso il mio lato del letto, ma Eddie mi trattiene per la vita.
“Non mi lasciano indifferente, so come baci, per questo gradirei un bacio vero”
“Uno vero eh?”
“Sì, grazie”
“Tipo... così?” parlo sulle sue labbra prima di avvicinarmi con lentezza e posarci sù le mie, all'inizio delicatamente, poi premendole con un po' più di forza.
“Mmm... già meglio” gli concedo una piccola pausa per rispondere, poi lo bacio ancora, finché non lo sento infilare le mani sotto la mia maglietta.
“Eh no, non puoi...” lo blocco e continuo a baciarlo, spingendolo dalla sua parte del letto e portandogli le mani unite sopra la testa, come se fosse in trappola.
“Che ho fatto?” mi domanda e sembra seriamente preoccupato.
“Se non ho capito male devo prenderle io le iniziative adesso, o sbaglio?”
“Oh” lo sguardo accigliato lascia spazio a un sorriso tutto fossette.
“Quindi tu stai fermo, ok?”
“Non è che devi fare proprio tutto tu”
“STAI FERMO, OK?” alzo la voce e lo sguardo divertito diventa qualcos'altro.
“Va bene, mia regina” risponde e io lascio andare le sue mani e affondo le mie fra i suoi capelli, prima di tornare a baciarlo con un tale trasporto da ritrovarmi a un certo punto a cavalcioni su di lui senza neanche sapere come ci sono arrivata.
“Allora?” mi stacco di poco dalle sue labbra, che tiene ancora schiuse, mentre respira affannato, poi mi alzo “Andava bene?”
“Benissimo...” risponde aprendo finalmente gli occhi e usandoli per incendiarmi sul posto “allora ti piaccio?”
“Ahahah ma va?? Grande deduzione, Sherlock!”
“Non ridere tu” mi afferra le cosce e mi scuote come se volesse disarcionarmi.
“Perché, non lo sapevi?”
“Come facevo a saperlo?”
“Che significa, è ovvio che lo sapevi”
“Ovvio? Ovvio per te. A parti invertite tu cosa avresti pensato?”
“In che senso?”
“Se fossi stata al mio posto, se fossi stata tu a fare sempre il primo passo, non dico solo a baciarmi... Se avessi dovuto cercarmi sempre tu, chiamarmi sempre tu... E in tutto questo, io ti avessi anche chiesto di mantenere il segreto più assoluto e di non dire a nessuno che stiamo insieme e avessi evitato accuratamente di farmi vedere in giro con te in atteggiamenti anche solo poco più che amichevoli in posti frequentati dai nostri amici... Se non ti avessi mai detto una parola sui miei sentimenti o su di noi in generale, se non a fatica e su tua esplicita richiesta... In questo caso, tu che avresti pensato? Come ti saresti sentita?” una merda vale come risposta? Mi ricorda quando stavo con quello stronzo di Drake. Beh stavo è una parola gro-... Aspetta un momento.
“Non voluta. Oh ma tu non ti senti così, vero?”
Cazzo.
“Non più. Forse”
“Eddie, io...” mi chino su di lui e riempio di baci la sua faccia, illuminata da un sorriso di sollievo, mentre io mi sento uno schifo e parlo tra un bacio e l'altro “io... non... credevo... che-”
“Che anch'io potessi sentirmi insicuro? Invece sì”
“Sono una stupida” sospiro e appoggio la testa sul suo petto, allungando le gambe fino a stendermi completamente su di lui.
“Sono io lo stupido perché avrei dovuto parlartene subito” replica accarezzandomi i capelli.
“Non è facile parlare con me, sono sempre sfuggente. Sono una maestra della fuga dalle situazioni difficili e dai discorsi seri”
“Ma ora non mi scappi più” aggancia le mie gambe con le sue e mi blocca in una trappola da cui non ho la minima intenzione di liberarmi.
“Scusami”
“Smettila di scusarti. Non l'ho detto per farti sentire in colpa, l'ho detto per farti capire perché non potevo fare l'amore con te”
“E adesso?”
“Adesso cosa?”
“Adesso... puoi?” alzo la testa per guardarlo negli occhi, che sono splendidi anche alla luce del mio schifosissimo lume.
“Non lo so, non sono più io quello che prende le iniziative adesso”
“Ti odio”
“Non è vero”
“Invece sì” torno nella mia metà del letto e lo trascino con me, sopra di me, afferrandogli i lembi della maglietta e sfilandogliela nel mentre.
“Sai cosa ho scoperto?”
“Che cosa?”
“Che mi piace un sacco quando prendi tu le iniziative”
“Ah sì?”
“Eccome” risponde mentre mi libero anche della mia t-shirt degli Who.
“Meglio così” intreccio le mani dietro alla sua nuca e lo attiro a me con poca delicatezza per un lungo bacio, che si trasforma in una lunga serie.
A un certo punto mi ritrovo con le mutandine calate alle ginocchia e non so dare nessuna spiegazione scientifica a questo fenomeno, perché per tutto il tempo le mie braccia sono rimaste allacciate al suo collo e le sue mani fisse sul mio seno, quindi o l'attrito e gli strusciamenti hanno fatto sì che si sfilassero da sole o Eddie ha delle mani extra o è successo tutto per magia. E non so cosa mi sia preso perché, mentre con una mano cerco di tirarle giù per liberarmene del tutto, allungo l'altra mano sull'elastico dei suoi boxer per abbassarglieli. Il gesto non passa inosservato perché è come se Eddie improvvisamente andasse fuori di testa. Comincia a leccarmi e mordermi la faccia, le labbra, la lingua, il collo, sul lato sinistro, avvicinandosi sempre più al mio punto debole e io non capisco più un cazzo e inizio a gemere e basta. Rinsavisco brevemente quando lo sento tornare a strusciarsi su di me, senza nessuna barriera di tessuto, dopo avermi allargato le gambe.
“Eddie?”
“Sì?”
“Secondo... secondo cassetto” spiego indicando alla mia sinistra.
Anche Eddie sembra calmarsi un attimo, mi accarezza il viso col dorso della mano, mi da un piccolo bacio sulle labbra e poi si allunga verso il mio comodino, trovando il pacchetto quasi subito. Ne estrae una bustina, che mi porge prima di lanciare la scatola sul comodino e lasciarsi cadere sull'altro lato del letto.
“Tieni” mi dice mentre io cerco di coprirmi con il lenzuolo alla bene e meglio.
“Che significa?” gli chiedo perplessa.
“Che sei tu a prendere le iniziative adesso, te ne sei già dimenticata?” ribatte con quelle cazzo di fossette in bella mostra. E non solo quelle.
“Ah è così adesso?” cerco di fingermi arrabbiata.
“Eh sì”
“E sarà sempre così?”
“Perché? Ti dispiace?”
“Per niente” me lo sento dire, ma non so nemmeno io da dove mi esce tutta questa sicurezza. Non mi faccio domande e cerco di tenermela stretta finché dura, mentre mi chino di nuovo sulle sue labbra e apro la bustina.
**
“Smettila di ridere” sento il riso vibrare nel profondo del petto di Eddie perché il mio orecchio ci è appoggiato sopra, anzi, è praticamente appiccicato visto che siamo anche vagamente sudati. Spero di evitare l'effetto ventosa, mi dispiacerebbe rovinare il momento perforandomi un timpano.
“Sono felice. Rido” risponde laconicamente.
“No, tu ridi di me”
“Perché dovrei?”
“Lo sai benissimo” mi scollo da lui e alzo la testa per guardarlo e vedo tutti i suoi bellissimi denti in bella mostra.
“Sei adorabile quando vieni, lo sai?”
“Sì certo, a parte i suoni che produco”
“Veramente io mi riferivo proprio a quelli”
“Gli adorabili gemiti strozzati di un maialino scannato al mattatoio?”
“Ahahahah ma stai zitta!” esclama stringendomi sotto il lenzuolo.
“O di uno scoiattolo schiacciato da una macchina”
“O di uno scoiattolo fatto di crack” ribatte citando il nome della mia vecchia e unica band.
“Eheheh esatto”
“Un momento: non è quello il motivo per cui vi chiamavate così, vero?” mi domanda improvvisamente tutto serio e da come me l'ha chiesto forse preferivo quando mi prendeva per il culo.
“Ahahahah oddio! Ovviamente no, figurati!”
“Sicura? Dopotutto il tuo ex era nella stessa band...” risponde facendomi anche una specie di linguaccia subito dopo.
“Non è assolutamente quello il motivo, è stata una scelta casuale”
“Ok. Comunque mi piace, è tenero. Tu sei tenera” si rasserena e mi dà un bacio in fronte.
“Tenera? Quindi il mio tentativo di risultare figa, sicura e sexy è fallito miseramente?”
“Tenero è sexy, per me. La dolcezza è la cosa che più mi eccita in una ragazza, lo sai?” continua coi baci sulla fronte e sui capelli.
“Ah sì?”
“La dolcezza e la propensione agli atti di vandalismo. E dopo stasera, direi che hai il massimo dei voti in entrambe le cose”
“Se nel locale caldaia ci sono telecamere sono fottuta” nascondo la faccia di nuovo sul suo petto.
“Tranquilla, te la pago io la cauzione”
“Con quali soldi?”
“Beh, la venderemo qualche copia di Ten, spero”
“Ten?”
“E' uno dei nomi più papabili per l'album”
“Perché sono dieci canzoni?”
“In realtà saranno undici o dodici”
“E allora che c'entra il dieci?”
“E' il numero di maglia di Mookie Blaylock. Abbiamo dovuto cambiare nome, ma un omaggio ci sta”
“La vostra è proprio una fissazione” scuoto la testa prima di affondare la faccia nell'incavo del suo collo.
“In questo momento ho una fissazione diversa per la testa però”
“Ah sì e quale?” gli chiedo sinceramente curiosa, perché penso che stia ancora parlando di musica, e quindi mi coglie decisamente di sorpresa quando in un nanosecondo mi afferra e mi ribalta sul letto, saltandomi sopra.
“Secondo te?” domanda con un'espressione euforica mentre si strofina senza pietà sulla sottoscritta.
“Ancora? Di già?” forse reagisco con fin troppo stupore.
“Come di già? In che senso?”
“No, niente”
“Non vuoi? Se non ti va guarda che non c'è problema” smette di muoversi e io mi taglierei la lingua.
“NO, MI VA!”
“E allora perché-” fa per rispondere, non senza ridere della foga con cui ho espresso le mie intenzioni.
“Pensavo ci mettessi di più, che ne so! Non sono mai stata con uno... beh, della tua età”
“Angie, ok che sono più grande di te, ma ho ventisei anni non sessantadue” Eddie mi guarda come se fossi un'ebete e non ha tutti i torti.
“Dettagli”
“Te li faccio vedere io i dettagli” minaccia afferrando il lenzuolo e sollevandolo sulle nostre teste, coprendo entrambi completamente.
“Non dovevo prenderla sempre io l'iniziativa?”
“Maestà, mi vedo costretto a fare un'eccezione per darvi una dimostrazione pratica. Posso?”
“Prego, proceda pure signor Vedder”
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“Che ne dici di Butterfly girl?” Mike torna al tavolo con due pinte di birra in mano, mentre Stone e Grace lo seguono, portando ognuno il proprio boccale.
“Nah, non lo so. Mi sembra più il nome di un supereroe del cazzo” rispondo poco convinto.
“Supereroina semmai” puntualizza Stone, e chi se no.
“Ok, mi suona come una supereroina del cazzo. Catwoman, Batman, Batgirl, Butterflygirl... avete presente?”
“Sì, grazie Jeff per la spiegazione ragionata. Comunque è un demo finto, i titoli delle canzoni non devono avere un senso. Anzi, credo che Cam non si aspetti nemmeno che tu tiri fuori dei titoli” durante le sue considerazioni, in cui non dimentica di prendermi per il culo, Stone ha un braccio attorno al collo di Grace per tutto il tempo e meno male che Laura non è venuta. Non per altro, ma mi sarebbe dispiaciuto che a Mike toccasse il ruolo del quinto incomodo reggi-moccolo. Insomma, già non se la sta passando benissimo ultimamente.
“Se mi ha chiesto di occuparmi dell'artwork del demo, vuol dire che la cassetta avrà una certa importanza nel film” spiego ciò che mi sembra fin troppo ovvio. Se questo demo deve avere una certa immagine vuol dire che apparirà, che verrà inquadrato a un certo punto, quindi deve sembrare vero a tutti gli effetti.
“Oh certo, sarà sicuramente la parte più importante della pellicola: tutta la trama ruota attorno al tuo demo, Jeffrey” Stone annuisce prima di bere un sorso di birra e io sono tentato di fracassargli il bicchiere sul cranio.
“Jeff ha ragione! Se non fosse stato importante, Cameron non gli avrebbe affidato questo compito. Avrebbe preso delle cassette vergini e ci avrebbe scritto su al momento il nome del tipo... Com'è che si chiama il protagonista? Me l'hai detto, ma non me lo ricordo” Grace interviene in mio favore ed è troppo divertente guardare Stone fare finta che la cosa non lo irriti affatto.
“Cliff Poncier”
“Viene cacciato dalla sua band e si mette a vendere il suo demo di cinque tracce per strada” precisa McCready.
“E quante tracce hai per ora?” mi chiede ancora Grace incuriosita.
“Tre, me ne mancano due” rispondo mostrando il blocchetto per appunti su cui ho annotato i titoli e fatto una specie di schizzo della copertina.
Seasons
Nowhere but you
Spoon man
… girl
???
“E la quarta deve per forza parlare di una ragazza?”
“Sì, perché è stato scaricato anche dalla tipa oltre che dalla band. Come ogni musicista sfigato che si rispetti, riversa il suo dolore nelle canzoni” Stone risponde per me e io mi concentro di nuovo cercando di farmi venire in mente un aggettivo da accostare a questa girl del titolo. Do un'occhiata distratta fuori dalla vetrata del pub, ma quello che vedo mi spinge a darne un'altra un po' più attenta: l'inconfondibile macchina di Angie che parcheggia dall'altro lato della strada, proprio sotto casa nostra.
“Angelic girl?” azzardo ma mi fa schifo nel momento stesso in cui lo dico.
“Per carità! Lasciati consigliare da Mike, mi sembra il più ferrato in materia di due di picche” ironizza Gossard e l'altro chitarrista lo guarda in maniera inequivocabile.
“Io non ho ricevuto nessun due di picche”
“Ovvio”
“Non sono stato scaricato, ho scelto di stare da solo”
“Certo, certo”
Seguo il battibecco tra Mike e Stone e, allo stesso tempo, anche i movimenti fuori dal pub. Angie esce dalla macchina guardandosi attorno con circospezione, mentre dal lato passeggero ecco scendere il nostro cantante che, senza farsi problemi, fa il giro dell'auto fino ad arrivare alle spalle di lei per abbracciarla e darle un bacio sulla guancia. Come sono carini! Ma se non vogliono farsi scoprire dovrebbero essere un po' più discreti, cazzo. Ok che alla fine è tutto inutile, perché tanto lo sanno tutti quanti che quei due stanno assieme, però se proprio vogliono sostenere questa farsa, che almeno la portino avanti come si deve. L'altro giorno si sono fatti sgamare persino da me! Voglio dire, hai invitato la tua ragazza a casa nostra? Dimmelo, cazzo! O se non vuoi dirmelo perché devi fare l'innamorato segreto, almeno fammelo capire, dimmi di farmi un giro e tornare più tardi, dimmi che ci vediamo direttamente al soundcheck! Invece no, io devo tornare a casa e trovarvi avvinghiati sulla poltrona. Non so neanche come abbiate fatto a non accorgervi di me, nella fretta di andarmene via di lì credo di avere pure sbattuto la porta uscendo. Che poi non ci sarebbe stato niente di male, ma conoscendo Angie non mi avrebbe rivolto la parola per giorni per la vergogna.
“Fly girl?” suggerisce Mike e questa non è malvagia.
“Mmm non male, la metto in forse, bravo Mikey!” mentre scrivo vedo che Angie ha messo in pratica fin troppo bene il mio invito alla discrezione. Praticamente si scrolla Eddie di dosso in malo modo e gli dice qualcosa che a lui non deve piacere tantissimo, perché la fissa con aria delusa e a braccia conserte. A questo punto Angie gli indica il pub e io mi volto verso gli altri nel dubbio che possa vedermi attraverso la vetrata e accorgersi che li ho notati.
“Sì! Bravo Mikey! Ehi, che ha fatto Mike?” Cornell arriva al nostro tavolo e si siede accanto a me senza tante cerimonie.
“Ha proposto un possibile titolo di una canzone” risponde prontamente Grace.
“Per il vostro album?”
“No, per il demo di Cliff Poncier” rispondo prima che un altro amico si aggreghi alla compagnia.
“Li hai trovati tutti e cinque alla fine? Ciao ragazzi...” Eddie Cane Bastonato si siede vicino a Stone e io non posso fare a meno di lanciare un'occhiata fuori, dove intravedo Angie seduta al posto di guida, intenta probabilmente a far passare un numero secondo lei sufficiente di minuti prima di entrare per non destare sospetti.
“Ciao Eddie. No, solo tre e mezzo” spiega Stone.
“Chi cazzo è Cliff Poncier?” chiede Chris perplesso.
A questo punto gli faccio un aggiornamento veloce, raccontandogli del demo e di quel poco che Crowe mi ha accennato della trama del film.
“Figo! Fammi vedere... Seasons eh?”
“Cos'è? Un pezzo dedicato alle uniche due stagioni esistenti a Seattle?” la voce di Angie irrompe alle mie spalle e io non posso fare a meno di pensare che i minuti non sono stati poi così tanti.
“Ehi Angie! E quali sarebbero le due stagioni?” chiede Mike facendole posto accanto a sé.
“Umido e Più Umido” la Pacifico fa spallucce e non le pare vero di sedersi agli esatti antipodi di Eddie per non destare sospetti. Questa cretina.
“Beh, se venisse effettivamente scritta, potrebbe parlare proprio di quello eheh” scherza Eddie, cercando di dissimulare il suo malumore.
“E perché non scriverla veramente?” Chris batte un pugno sul tavolo, prima di alzarsi in piedi.
“Che vuoi dire?” gli chiedo confuso.
“Che dovremmo scrivere davvero queste canzoni, registrarle e farle sentire a Cameron. Sarebbe una bella sorpresa, non credete?”
Per un po' il tavolo resta in silenzio, probabilmente tutti, come me, cercano di capire se Cornell sta scherzando o è serio, cosa che con lui capita il 90% delle volte in pratica.
“Vuoi dire che saresti davvero in grado di scrivere...” Angie si alza per allungarsi sul tavolo e leggere mio taccuino “Spoon Man??”
“Perché no? Artis ne sarebbe felicissimo, gli faremmo pubblicità” replica Chris ed è a questo punto che capiamo che sta facendo sul serio. E se per caso non fosse così, ci penso io a incastrarlo.
“Ok, allora ti sfido: lunedì devo presentare l'artwork del demo a Cameron, hai cinque giorni per scrivermi i cinque pezzi del Poncier Demo”
“Cinque? Ahahah per domani le avrai tutte, amico!” esclama e mi porge la mano per stringere il nostro patto.
“Però vi faccio notare che mancano ancora due titoli, cioè, uno e mezzo” ricorda Stone il precisino.
“Che ne dite di Flutter girl?” Grace fa il suo tentativo e... cazzo, è il migliore!
“Mi piace! Andata. Scusa Mike” faccio un cenno al chitarrista che scuote la testa.
“Nah, tranquillo, la sua proposta stravince anche per me”
“Ok, allora ne manca una sola. Spremetevi le meningi” incoraggio gli altri e a parlare è l'altra ragazza del tavolo.
“Beh, il quinto titolo manca perciò... perché non Missing?”
“Siete due cazzo di geni!” sentenzio e aggiungo anche l'ultimo titolo ai miei appunti, prima di strappare la pagina e darla a Chris “E ora sono cazzi tuoi”
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