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Poesia di Miranda Ranalli: Il Mio Aquilone. Un volo verso l’infinito: la forza fragile di un aquilone. Recensione di Alessandria today
Una poesia intensa che intreccia sogni, coraggio e riflessioni ispirate dall'opera di Khaled Hosseini.
Una poesia intensa che intreccia sogni, coraggio e riflessioni ispirate dall’opera di Khaled Hosseini. Biografia dell’autore: Miranda Ranalli, poetessa italiana, intreccia nelle sue opere la profondità dell’animo umano e la forza dei sogni. Ispirandosi alla vita e alla letteratura, le sue poesie esplorano temi universali come la resilienza, la fragilità e l’infinito. Analisi della poesia:“Il…
#Alessandria cultura#Alessandria today#aquilone simbolo#bambini afghani#Coraggio#Dolore e speranza#Fragilità#Google News#Il Cacciatore di Aquiloni#Il Mio Aquilone#introspezione#Introspezione poetica#Ispirazione poetica#italianewsmedia.com#Khaled Hosseini#Letteratura e Poesia#Libertà#libertà dell’anima#Miranda Ranalli#Non vita#Pier Carlo Lava#poesia contemporanea#poesia di riflessione#poesia e coraggio#poesia e dolore#poesia e impegno#poesia e infanzia#poesia e realtà#poesia e resilienza#poesia e speranza
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Elena Basile
Vorrei che i cantori della propaganda occidentale, coloro che affermano che “la guerra in Ucraina l’ha creata Putin”, che inneggiano all’Occidente perché da sempre in grado di “aiutare i Paesi a combattere per la libertà”, che recitano il catechismo neoliberale senza mostrare alcun ripensamento: tutti questi vorrei fossero deportati a Gaza o in Cisgiordania o in Ucraina a combattere al fronte e rimanessero lì inermi ad osservare la realtà del massacro, vorrei che vedessero i corpi dilaniati o bruciati dei bimbi palestinesi, che assaporassero la verità alla quale sono tanto indifferenti. Ho un‘impronta cristiana e come ho imparato sui libri di Dostoevskij, c’è una umanità che ci accomuna, una pietas che trionfa. I Giuda odierni, dinnanzi all’orrore della guerra, cadrebbero in ginocchio e finalmente smetterebbero di fare sviolinature all’Occidente bellicista: una macchina mostruosa di abusi e di crimini impuniti. Ascolterebbero l’urlo delle vittime e cadrebbero in ginocchio di fronte ai bambini palestinesi, iracheni, afghani, libici, libanesi, di fronte alle vittime dei bombardamenti di Belgrado, di fronte ai diciottenni ucraini sterminati o mutilati.
Usciamo dal moralismo e dai commoventi miti cristiani. Torniamo alla politica internazionale. Le Nazioni Unite sono state distrutte dall’Occidente. Le risoluzioni relative ai soprusi israeliani avrebbero potuto essere imposte da una mediazione tra i membri del Consiglio di Sicurezza se gli Stati Uniti non avessero voluto assicurare l’impunità a Israele. Oggi il Segretario di Stato Blinken ha la faccia tosta di affermare in pubblico che le alture del Golan (terre considerate occupate dall’ONU) possono essere utilizzate per la difesa di Israele. Il Governo criminale di Netanyahu spinge per un conflitto allargato contro Libano e Iran, e con l’esplosione di “cerca persone” semina morte tra civili e non solo tra miliziani. Il conflitto non è ancora scoppiato in virtù della saggezza diplomatica iraniana, ma i titoli dei giornali più letti si limitano a descrivere l’escalation tra Hezbollah e Israele come se fosse un evento voluto dalla provvidenza e non determinato dai comportamenti concreti di uno Stato terrorista.
I Dem Usa non hanno voglia di farsi trascinare nel conflitto a due mesi dalle elezioni. Sono impotenti di fronte alla lobby di Israele che decide di fatto la politica statunitense, molte volte contro gli interessi americani e del popolo di Israele.
In Ucraina la superiorità russa sul campo militare è un fatto che non sarà sovvertito dall’utilizzo degli Storm Shadow. Zelenski, l’ex comico assassino del suo popolo e distruttore del suo Paese, chiamato dai giornali mainstream, eroico, intrepido e via dicendo, tenta di portare la NATO in guerra. Con un gioco delle parti e una divisione dei compiti il Parlamento europeo, guidato da donne senza cultura e senza memoria del dolore, dichiara nei fatti guerra alla Russia autorizzando l’uso di armi letali, manovrabili soltanto da militari NATO, per un attacco in profondità nel territorio russo. Washington rimane dietro le quinte e prepara la destabilizzazione nel Pacifico. BlackRock e gli altri fondi speculativi che detengono l’80% della ricchezza mondiale attendono le nuove avventure, in vista di ingenti profitti futuri.
La guerra in Ucraina non è iniziata con l’attacco russo del 2022. I signori dei maggiori giornali oscurano le voci del dissenso e strombazzano slogan senza fondamento. Signor Ezio Mauro, possibile che non conosca la Storia, che voglia distruggere i libri e la cultura? Perché non racconta ai suoi elettori della dicotomia OSCE NATO? Della strategia USA iniziata nel lontano 1997 che provocò le accorate parole di G. Kennan? Perché non racconta della guerra civile in Ucraina e della mancata applicazione degli accordi di Minsk? Perché non afferma che il principio caro all’OSCE e all’ONU di “non ingerenza negli affari interni di un altro Paese” è stato violato infinite volte da Washington e dagli Stati colonialisti europei? Possibile che sia così strabico da vedere solo l’aggressione russa, pure da considerare secondo diversi studiosi alla stregua, quella sì, di guerra preventiva (“preemptive”), per impedire l’ennesima spedizione punitiva contro le popolazioni russofone e l’assalto al Donbass da parte di un esercito che aveva incluso tra le sue fila il famigerato battaglione neonazista AZOV? Come mai a suo avviso sui giornali di maggiore impatto non vi sono voci radicali di dissenso che possano informare i lettori su una narrativa alternativa basata sui fatti documentati e non su slogan ideologici? Condivide anche lei il trionfalismo col quale Molinari ha celebrato l’assassinio di civili libanesi grazie all’esplosione dei “cerca persona”, un atto terroristico considerato dal giornalista un avanzamento tecnologico in grado di rafforzare Tel Aviv?
Mentre poniamo queste domande, i cantori dell’Occidente alla Mauro, alla Mieli, e persino alla Quirico, tanto per indicare i nomi più autorevoli, restano silenti. Alimentando nel cittadino più consapevole la percezione che esista un “quarto potere” sempre più separato, complice e autoreferenziale.
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Vanno di moda solo cortei CONTRO qualcuno e a senso unico, dei bambini afghani non frega niente a nessuno, in particolare agli altri paesi islamici, a parte alcune ONG benemerite.
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A Friedensdorf, il villaggio della pace dove la Germania cura i piccoli afghani da malattie dimenticate
Il reportage: Oberhausen ospita 163 bambini stranieri affetti da patologie che in Occidente non ci sono più. Come l’infezione batterica che fa marcire le ossa source
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20 anni fa Terzani scrisse questo libro e oggi
Sembra ieri....solo che i bambini di oggi sono altri....
Che differenza c’è fra l’innocenza di un bambino morto nel World Trade Center e quella di uno morto sotto le nostre bombe a Kabul? La verità è che quelli di New York sono i «nostri» bambini, quelli di Kabul invece, come gli altri 100.000 bambini afghani che, secondo l’UNICEF, moriranno quest’inverno se non arrivano subito dei rifornimenti, sono i bambini «loro». E quei bambini loro non ci interessano più.“
Tiziano Terzani, dal libro "Lettere contro la guerra"
Vogliamo eliminare le armi? Bene: non perdiamoci a discutere sul fatto che chiudere le fabbriche di fucili, di munizioni, di mine anti-uomo o di bombe atomiche creerà dei disoccupati. Prima risolviamo la questione morale. Quella economica l'affronteremo dopo. O vogliamo, prima ancora di provare, arrenderci al fatto che l'economia determina tutto, che ci interessa solo quel che ci è utile?“
Tiziano Terzani
dal libro "Lettere contro la guerra"
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Le responsabilità di Biden nelle sofferenze dei civili afghani Mentre gli occhi del mondo erano rivolti verso la crisi in Ucraina, l’11 febbraio scorso Biden decideva d’impossessarsi delle riserve congelate della Banca centrale dell’Afghanistan, che non significa bloccare soltanto le spese dello Stato afgano ma quelle dei privati cittadini, già alle prese con un inverno rigidissimo e un’economia totalmente paralizzata. Per far comprendere la portata enorme e tragica del provvedimento il Washington Post, in un articolo firmato da Mohsin Amin, spiega: “Immagina di sciogliere la Federal Reserve statunitense, bloccare i risparmi di tutti gli americani e implementare un limite di prelievo settimanale inferiore a 400 dollari”. Biden ha firmato l’11 febbraio scorso un ordine per sbloccare 7 miliardi di dollari afgani congelati negli Stati Uniti e assegnarne metà per aiuti umanitari e l’altra metà come rimborso ai familiari delle vittime degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Dunque 3,5 miliardi di dollari sono andati a un fondo fiduciario per la distribuzione attraverso organizzazioni umanitarie di beni primari in Afganistan a cominciare dal cibo. Gli altri 3,5 miliardi di dollari invece verranno utilizzati per le cause legali ancora in corso tra i familiari delle vittime statunitensi. Molti di questi hanno vinto processi terminati con la condanna dei Talebani al risarcimento per la perdita subita. Prima del ritiro statunitense l’80% del budget del governo fantoccio filo Washington proveniva dalla comunità internazionale e serviva per finanziare ospedali, scuole, fabbriche e ministeri. Alla crisi economica si è aggiunta quella provocata dal covid, dalla carenza di assistenza sanitaria, dalla siccità e dalla malnutrizione della popolazione. A nulla sono servite le proteste degli operatori umanitari. (...) In gennaio l’Onu ha lanciato il più grande appello umanitario di sempre per un Paese in crisi umanitaria, dichiarando che occorrevano almeno 5 miliardi di dollari per affrontare i bisogni primari della popolazione. Il 90% dei 38 milioni di cittadini afgani vive al di sotto del livello di povertà (di 1,90 dollari al giorno) con lo spettro che incombe sul Paese di oltre un milione di bambini . La decisione di Biden è a dir poco discutibile sul piano del diritto internazionale ma con certezza disumana al di là di qualsiasi legalità possa eventualmente consentirla. (...) Un afgano che vuole prelevare contanti deve registrare il suo nome con quattro giorni di anticipo e stare in coda per ore per ritirare non più dell’equivalente di 400 dollari con cui è impossibile pagare cibo, affitto, bollette e medicine. Inoltre sono sospesi anche gli aiuti internazionali che costituivano come detto l’80% del bilancio statale durante l’occupazione Usa. Biden ha anche ordinato alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale e alla Banca asiatica di sviluppo, di interrompere il flusso di aiuti umanitari all’Afghanistan. Che c’entrano 38 milioni di afgani con gli attacchi dell’11 settembre agli Usa? E che colpa hanno tre milioni e duecentomila bambini sotto i 5 anni che sono malnutriti e adesso a rischio di morte con il congelamento dei beni? Come è possibile che la comunità internazionale permetta questo totale stravolgimento del diritto internazionale oltre che delle più elementari nozioni di umanità? (...) Uno scandalo a cui il mondo intero assiste in silenzio, complice del più grande abuso e crimine commesso da un governo occidentale contro una popolazione civile incolpevole. La Bottega del Barbieri - di Gianluca Cicinelli
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LA MORALE FASULLA DELL’OCCIDENTE
di Massimo Fini
da Il Fatto Quotidiano del 3 marzo 2022
Se gli ucraini si battono con le armi, come è loro sacrosanto diritto, contro gli invasori russi sono considerati, come in effetti sono, dei coraggiosi resistenti, se lo fanno gli afghani, e non per pochi giorni (si spera almeno che siano pochi), ma per vent’anni, sono dei “terroristi” e anche se hanno vinto la partita tali restano tant’è che non si vuol dare legittimità all’attuale governo afghano che altro non è che il proseguimento di quello che c’era prima dell’invasione e occupazione occidentale e quindi nemmeno un seggio alle Nazioni Unite.
Si preferisce confiscargli i 9 miliardi di dollari che il precedente governo fantoccio ha depositato nelle banche americane così come oggi si neutralizzano le banche russe all’estero, confondendo in questo modo gli aggressori, Putin e Nato, con l’aggredito.
In vent’anni non ho sentito una sola voce, tranne la mia, bisogna pur dirlo, levarsi contro l’invasione e l’occupazione dell’Afghanistan non dico, com’è ovvio, dai Paesi occidentali occupanti, fra cui c’era anche l’Italia, ma nemmeno da forze neutrali. I vari papi che si sono succeduti dal 2001 non hanno mai pronunciato una parola, una sola, sull’Afghanistan. Eppure in seguito a quell’occupazione ci sono stati in Afghanistan 230.000 vittime civili, non contando, giustamente, i 70.000 caduti talebani perché i Talebani erano dei guerriglieri e quindi, come ogni soldato, sapevano e accettavano i rischi cui andavano incontro.
Adesso che l’aggressore è la Russia è riesploso il pacifismo universale che dormiva da oltre trent’anni, dalla prima Guerra del Golfo. Si favoleggia anche di trascinare Vladimir Putin davanti al Tribunale internazionale dell’Aja per crimini di guerra o genocidio.
A parte che mi sembra un tantino difficile andare a prenderlo come se fosse un Milosevic qualsiasi, se le cose stessero così davanti a quel Tribunale dovrebbero sedere Bush figlio, Obama, Sarkozy e molti generali tagliagole da Abdel Fattah Al Sisi a Recep Tayyip Erdogan.
Insopportabile è poi la retorica sui bambini di cui si è fatto veltro, insieme a tantissimi altri, Walter Veltroni con un articolo sul Corriere del 26.02 intitolato “I bambini e la guerra”. Durante la prima Guerra del Golfo (1990) gli americani, per non affrontare fin da subito l’imbelle esercito iracheno che era stato battuto perfino dai curdi, bombardarono per tre mesi Baghdad e Bassora uccidendo più di 160.000 civili fra cui 32.195 bambini. Mi ricordo che quando a Zapping, dove allora ero spesso invitato, riferivo questa cifra mi aspettavo che si replicasse che raccontavo fandonie (ma questo non potevano farlo perché erano dati, sia pur sfuggiti di mano, del Pentagono) o con grida di orrore. Invece niente, si continuava a parlare di Rutelli o di altre scemenze del genere.
È vero che la prima Guerra del Golfo aveva una sua legittimità perché Saddam Hussein aveva aggredito il Kuwait, uno Stato sovrano peraltro inventato dagli americani nel 1960 per usi petroliferi. Però questo i 32.195 bambini iracheni, che non sono meno bambini di quelli ucraini o dei nostri bambini, non potevano saperlo.
Nella seconda Guerra del Golfo, del 2003, che è costata all’Iraq fra i 650 e i 750 mila morti civili, Saddam fu aggredito sulla base di una menzogna: che possedesse “armi di distruzione di massa”. Queste armi in effetti Saddam le aveva avute, gliele avevano fornite gli americani, i francesi e, via Germania Est, i sovietici perché le usasse in funzione anti-iraniana e anti-curda. Ma nel 2003 non le aveva più perché le aveva esaurite appunto sui soldati iraniani e sui curdi. Ad Halabja, piccola cittadina curdo-irachena, “gasò” in un sol colpo 5000 persone. Ma in Occidente nessuno alzò un solo laio perché in quel momento il rais di Baghdad era un nostro criptoalleato (e quando verrà giustiziato non sarà per Halabja, genocidio in cui gli occidentali erano fortemente compromessi, ma per fatti di molta minor gravità).
Ma la vicenda forse più clamorosa, come ho ricordato sul Fatto del 26.2, è quella che riguarda l’aggressione del 2011 alla Libia del colonnello Gheddafi, un’aggressione che, come quelle precedenti alla Serbia per il Kosovo del 1999 e all’Iraq del 2003, venne perpetrata non solo senza l’avallo dell’Onu, ma contro la volontà dell’Onu e soprattutto senza alcun valido motivo. I pruriti terroristici di Gheddafi erano spenti da tempo. Gheddafi commerciava con la Francia e con l’Italia e proprio con quest’ultima aveva ottimi rapporti tanto che il premier Berlusconi lo ospitò in pompa magna a Roma, permettendo ai suoi beduini di attendarsi nella caserma intitolata a Salvo D’Acquisto. Ma quando la Libia di Gheddafi fu aggredita dai franco-americani, con l’appoggio dell’Italia di Silvio Berlusconi che pur declamava un’amicizia quasi omosessuale col colonnello come farà poi in seguito con Putin, nessuno osò proferire parola. Gheddafi verrà poi linciato, torturato e ucciso in un modo talmente barbaro che farebbe arrossire anche i cosiddetti “tagliagole dell’Isis”.
I risultati di questa gloriosa operazione, comunque illegittima in partenza, a prescindere, sono oggi sotto gli occhi di tutti. La Libia di Gheddafi era un Paese ordinato, in sostanza il colonnello si limitava a favorire la sua tribù d’origine, i Warfalla, e svariati parenti e amici, cosa che peraltro si fa anche in Italia. Oggi la Libia è un campo di battaglia tra le tribù che Gheddafi riusciva a tenere sotto controllo e in questo parapiglia si inserisce Isis. Gli scafisti devono pagare una taglia all’Isis per poter salpare dalle coste libiche con i loro barconi sfondati, carichi di persone che provengono perlopiù da paesi dell’Africa subsahariana ridotti alla fame proprio dall’intrusione del nostro modello di sviluppo che ha scalzato il loro sul quale quelle genti avevano vissuto, e a volte prosperato, per secoli e millenni.
L’Occidente non ha quindi alcun titolo per poter far la morale a nessuno. Nemmeno a Putin. E se in Italia serpeggia, sia pur sotto traccia per non essere massacrati dalla communis opinio, una certa simpatia per Putin, non è certo per una qualche animosità contro l’incolpevole e aggredita Ucraina. È un contraccolpo del collaudato metodo dei “due pesi e due misure”, insomma dell’esasperante e insopportabile ipocrisia occidentale.
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Ieri ho visto una cosa che mai avrei pensato di vedere, la fine della società occidentale.
Abbiamo fallito su tutta la linea, abbiamo fallito sulla tutela dei diritti umani, abbiamo fallito sulla tutela dei più deboli, non siamo riusciti a fare nulla sull'inquinamento, il lavoro è oramai un terno al lotto e se non ti pieghi a certe regole stai a casa tua, abbiamo fallito nel cercare di capire la nostra storia recente.
Dove l'occidente è riuscito benissimo è nell'aver accumulato montagne di denaro senza aver mai fatto nulla, abbiamo fondi di investimento talmente ricchi che superano tranquillamente il PIL di una nazione comel'Italia, parliamo di viaggi come fosse una cosa seria perchè se non viaggiamo siamo stressati, sappiamo tutto sugli aeroporti, tratte, biglietti ma nulla di come stanno i nostri anziani in certe case di riposo, portiamo i figli a fare sport, doposcuola, dopo doposcuola, sciaboliamo bottiglie di champagne in locali qui sulle nostre spiagge dove fino a qualche decennio fa un panino con la coppa era il lusso.
Siamo ricchi ma stanchi, annoiati, stressati.
Abbiamo fallito, vedere persone come me cadere giù da degli aerei solo perché sono nati in un paese sfigato, vedere bambini che possono essere i nostri, lavorare nelle miniere in Congo per i componenti dei nostri smart phone con I quali possiamo mandarci gli emoticons, oppure vedere i nostri ragazzi andare in altri paesi a studiare perché da noi non troverebbero lavoro.
Sentire un Presidente degli Stati Uniti oramai una potenza solamente economica dire che se ne vanno perché gli afghani non combattono cioè uno scaricabarile che neanche un bambino preso con le mani nella biscotti, vedere un ministro degli esteri in spiaggia invece che al ministero fa tristezza.
Abbiamo fallito.
Buongiorno 🌞
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Cioè noi abbiamo una classe politica che disprezza talmente tanto i cittadini italiani, forse elettori, che la ascoltano , da pretendere di fargli credere che il console va sulla barriera di persona per mettere in salvo i bambini afghani.
Ecco penso che dovrebbe bastare questo per avere chiare idee politiche e sapere cosa fare. 🤮
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affari dell'afganistan
non sono affari dell'Afghanistan**, ci riguarda tuttə, perché mentre tu pranzi a casa tua lì milioni di rifugiati afghani stanno cercando di andarsene dai talebani che sono per dire poco un gruppo rurale e patriarcale. Stanno uccidendo tantissime persone tra cui donne e bambini. Chi sostiene il governo afghano ed europeo viene ucciso senza scrupoli. Le donne sono diventate degli animali, per gli uomini. Sai che non possono uscire di casa senza che ci sia un uomo? Anche se fosse più piccolo di loro stesse. Sai che in tutti questi anni c'è stata una guerra contro questa organizzazione? La cosa ci riguarda tuttə, perché continueranno a fare attentati, dire "affari dell'Afghanistan*" vuol dire abbandonare milioni di persone a soprusi e violenze per essere semplicemente natə nella parte sbagliata del mondo.
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Ok, tutti i talebani sono orchi cattivi. Non sono come i comunisti che mangiavano i bambini, loro li violentano e basta. E tutti i 48 milioni di afghani sono minorenni indifesi che noi occidentali, prodi difensori NATO degli inermi, abbiamo vilmente lasciato orfani in preda a questi orribili babau. Le mamme afghane praticano addirittura il lancio dell’infante (oltre il filo spinato), come sembra mostrare una singola foto ritrasmessa migliaia di volte. La narrazione che ci viene spiattellata di quel che sta succedendo a Kabul e dintorni è così demenziale che si fa fatica a credere come mai in così tanti ci crediamo. Dimentichiamo alcuni particolari. Il primo è che gli orchi cattivi, i barbari spauracchi, sono stati finanziati, armati, addestrati, incoraggiati per più di dieci anni dagli stessi americani per combattere altri protettori stranieri degli inermi afghani, solo che allora i paladini della modernità erano sovietici (oh perfido Osama bin Laden!). Il secondo, e più importante, è che gli orchi hanno riconquistato tutto l’Afghanistan in un paio di mesi senza praticamente sparare un colpo, cioè con l’accordo di tutta (o quasi) la popolazione afghana. Il corollario logico di questo fatto è che i 48 milioni di minorenni afghani non amano affatto i loro autonominatisi tutori, i benigni protettori delle donne e dei bambini. E soprattutto, come ha avuto il coraggio di dire solo una giornalista alla Bbc, il corollario di questa riconquista senza colpo ferire è che, nella quasi totalità, gli afghani odiano questi invasori occupanti che per venti anni li hanno trattati come bambini arretrati a cui inculcare le regole elementari della civiltà e della democrazia. Dimentichiamo sempre che, per quanto benigni e illuminati, in genere gli occupanti stranieri sono piuttosto invisi. Come già sapeva Rudyard Kipling, il fardello dell’uomo bianco è di sopportare l’ingratitudine dei popoli a cui pensa (o crede) di apportare la civiltà.
Favole da Kabul
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Avrebbe potuto saltare sul primo aereo e tornarsene in Italia, nella sua Camerino, come hanno fatto in migliaia.
E invece no. Invece ha deciso di rimanere lì, al suo posto, e da otto giorni vive all’aeroporto di Kabul coordinando senza tregua le operazioni di rimpatrio e di soccorso dei connazionali, dei cooperanti e di chiunque abbia bisogno, donne e bambini in testa.
Se siamo riusciti a riportare a tempo di record migliaia di italiani e afghani a Roma, lo dobbiamo soprattutto a questo servitore dello Stato, al suo coraggio, al senso profondo della sua missione.
C’è solo da esserne orgogliosi. E dirgli grazie.
Claudi è l’unico diplomatico italiano rimasto a Kabul da quando i talebani hanno preso il potere.
Avrebbe potuto saltare sul primo aereo e tornarsene in Italia, nella sua Camerino, come hanno fatto in migliaia.
E invece no. Invece ha deciso di rimanere lì, al suo posto, e da otto giorni vive all’aeroporto di Kabul coordinando senza tregua le operazioni di rimpatrio e di soccorso dei connazionali, dei cooperanti e di chiunque abbia bisogno, donne e bambini in testa.
Se siamo riusciti a riportare a tempo di record migliaia di italiani e afghani a Roma, lo dobbiamo soprattutto a questo servitore dello Stato, al suo coraggio, al senso profondo della sua missione.
L’Italia oggi nel mondo è rappresentata da questo giovane diplomatico di 31 anni. Da questa immagine drammatica e stupenda.
C’è solo da esserne orgogliosi. E dirgli grazie.
Lorenzo Tosa
Dal profilo Facebook di Lorenzo Tosa
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(via Human Rights Watch: Grecia, violenza contro i richiedenti asilo alla frontiera terrestre - Progetto Melting Pot Europa)
Le forze di sicurezza greche e uomini armati non identificati hanno arrestato, picchiato aggredito sessualmente, derubato e spogliato i richiedenti asilo e i migranti bloccati al confine greco-turco, per poi costringerli a tornare in Turchia, ha dichiarato ieri Human Rights Watch. Gli alti funzionari dell’UE hanno elogiato le misure di controllo delle frontiere della Grecia e hanno fornito sostegno attraverso l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (FRONTEX).
“L’Unione Europea si nasconde dietro uno scudo di abusi da parte delle forze di sicurezza greche invece di aiutare la Grecia a proteggere i richiedenti asilo e a trasferirli in modo sicuro in tutta l’UE”, ha denunciato Nadia Hardman, ricercatrice sui diritti dei rifugiati per Human Rights Watch. “L’UE dovrebbe proteggere le persone in difficoltà piuttosto che appoggiare le forze che picchiano, derubano, spogliano e scaricano i richiedenti asilo e i migranti dall’altra parte del fiume”.
La Grecia dovrebbe immediatamente revocare la sua decisione del 1° marzo di sospendere per un mese l’accesso all’asilo per le persone che entrano irregolarmente nel paese e di espellerle, ove possibile, verso i loro paesi d’origine o di transito. Il Parlamento greco dovrebbe indagare e FRONTEX dovrebbe monitorare gli abusi da parte delle forze di sicurezza greche e l’espulsione sommaria dei richiedenti asilo e dei migranti. Gli Stati membri dell’UE dovrebbero trasferire urgentemente i richiedenti asilo dalla Grecia ad altri paesi dell’UE e trattare equamente le loro richieste d’asilo.
Tra il 7 e il 9 marzo, Human Rights Watch ha intervistato 21 richiedenti asilo e migranti, 17 uomini e 4 donne, in Turchia, per capire come hanno cercato di entrare in Grecia attraverso il confine terrestre dopo l’annuncio del governo turco del 27 febbraio che non avrebbe più impedito ai richiedenti asilo e ai migranti di lasciare la Turchia per raggiungere l’Unione Europea.
Gli intervistati, assieme a migliaia di altre persone, si sono recate a Pazarkule, in Turchia, al confine greco-turco e verso il fiume Evros, che forma un confine naturale tra la Turchia e la Grecia, a sud di Pazarkule. Otto degli intervistati hanno raccontato che la polizia turca li ha trasportati nei villaggi di confine e ha mostrato loro dove passare in Grecia.
© 2020 Human Rights Watch
In risposta il governo greco ha rinforzato i controlli al confine con pattuglie di polizia, esercito e forze speciali, che hanno sparato gas lacrimogeni e, secondo quanto riferito, proiettili di gomma contro le persone che si sono avvicinate al valico di Pazarkule. Due richiedenti asilo con cui ha parlato Human Rights Watch hanno detto che anche le forze di sicurezza greche hanno usato proiettili veri per respingere le persone. Una di queste, intervistata in un ospedale dove si stava curando, ha riferito che gli hanno sparato alla gamba. Secondo i funzionari turchi, le forze di sicurezza greche hanno sparato e ucciso almeno tre richiedenti asilo, ma Human Rights Watch non è riuscita a verificare questo dato.
Tutti gli intervistati hanno raccontato che nelle ore successive all’attraversamento in barca o al passaggio del fiume, uomini armati con varie uniformi delle forze dell’ordine o in abiti civili, tra cui alcuni vestiti di nero col passamontagna, li hanno intercettati, trattenuti in centri di detenzione ufficiali o informali, o sul ciglio della strada, e hanno rubato loro soldi, cellulari e borse prima di respingerli sommariamente in Turchia. Diciassette persone hanno anche raccontato di essere stati picchiati con scosse elettriche, bastoni e spranghe, anche sulle piante dei piedi, e di essere stati riempiti di calci e pugni. Questo trattamento è stato riservato anche a donne e bambini.
Cinque turchi residenti nei paesi di confine hanno riferito che tra il 28 febbraio e il 6 marzo hanno aiutato a curare numerosi gruppi di persone che sono tornati dal confine greco ferite e quasi nude, dopo essere state picchiate, derubate, spogliate e deportate dalla polizia greca.
“Hanno cercato di perquisire mia moglie e le hanno toccato il seno”, ha raccontato un uomo siriano che viaggiava con la moglie e i figli. “Poi hanno cercato di toglierle il velo e i pantaloni. Quando ho cercato di fermarli, mi hanno preso a calci e a pugni e mi hanno picchiato con violenza con bastoni e spranghe. Hanno colpito anche mia figlia di due anni, che ha ancora un livido in testa”. Human Rights Watch ha visto il livido sotto i capelli della bambina. La maggior parte delle persone intervistate, tra cui alcune donne, ha raccontato di essere stato lasciato in mutande e di essere stato costretto ad attraversare il fiume Evros per tornare in Turchia. Sembra che ci sia un coordinamento tra la polizia, i soldati e gli uomini a volto coperto.
Il 3 marzo 2020, FRONTEX ha accettato di dispiegarsi lungo tutta la lunghezza del confine terrestre tra Turchia e Grecia, ma non è ancora chiaro quante forze ci siano sul campo. Il 13 marzo Human Rights Watch ha informato FRONTEX di presunti abusi da parte di forze non greche e ha chiesto informazioni sulle sue azioni lungo il confine. Il 16 marzo FRONTEX ha risposto dicendo che non era in possesso delle informazioni richieste e che avrebbe risposto non appena le avesse avute. Alcuni degli intervistati hanno riferito di aver tentato più volte di entrare in Grecia e di essere sempre stati rimpatriati con forza. In totale le persone intervistate hanno denunciato 38 deportazioni che hanno coinvolto quasi 4.000 persone.
Il 6 marzo, il direttore della comunicazione del Presidente turco, Fahrettin Altun, ha condannato quanto stava succedendo alla frontiera di terra del fiume Evros, ma la Turchia ha continuato a trasportare le persone al confine e a sollecitarne l’attraversamento.
Il 3 marzo, alti funzionari dell’UE hanno incontrato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis al confine terrestre greco-turco, lodando il governo per aver protetto il confine e facendo riferimento alla Grecia come allo “scudo” dell’UE. In dichiarazioni successive, la presidente della Commissione europea, Ursula van der Leyden, e il commissario europeo per l’immigrazione Ylva Johansson hanno sottolineato la necessità di rispettare i diritti fondamentali, compreso il diritto d’asilo.
La Grecia è vincolata dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che riconosce il diritto di chiedere asilo e garantisce la protezione dal respingimento, il ritorno forzato di chiunque si trovi in un rischio reale di persecuzione o di altri danni gravi.
La Turchia non soddisfa i criteri dell’UE per un paese terzo sicuro in cui un richiedente asilo può essere rimpatriato, che includono il rispetto del principio di non respingimento. Dal luglio 2019, la Turchia ha espulso centinaia di siriani dalle sue città, esponendo le persone rimpatriate con la forza dalla Grecia al rischio di un ulteriore respingimento in Siria.
Dal 2016 le guardie di frontiera turche che pattugliano il confine chiuso tra Turchia e Siria hanno ucciso e ferito i richiedenti asilo siriani e hanno effettuato massicci respingimenti sommari. La maggior parte è stata rimpatriata verso la provincia di Idlib, dove il governo siriano e le forze russe hanno recentemente effettuato un nuovo ciclo di bombardamenti indiscriminati, colpendo civili, ospedali e scuole, costringendo un milione di persone a fuggire.
Nel 2018 la Turchia ha anche deportato sommariamente migliaia di afghani nel proprio Paese. La Grecia dovrebbe garantire l’accesso alle persone che cercano protezione ai suoi confini e valutare in modo equo ed efficiente le loro richieste di asilo, ha dichiarato Human Rights Watch. La Commissione europea dovrebbe sollecitare la Grecia a ripristinare le procedure di asilo per le persone che entrano irregolarmente in Grecia dalla Turchia, a porre fine ai rimpatri sommari in Turchia e a fare pressione sulle autorità per perseguire i funzionari che hanno commesso abusi. FRONTEX dovrebbe monitorare e riferire pubblicamente sul rispetto da parte delle forze di sicurezza greche dei diritti umani europei e internazionali e della legge sui rifugiati, compresi gli standard di detenzione, così come l’analogo rispetto da parte dei suoi funzionari e di quelli forniti dagli Stati membri. La Turchia non dovrebbe obbligare nessuno ad attraversare il confine in modo irregolare verso la Grecia.
“Senza la pressione dell’UE sulla Grecia per fermare questi terribili abusi, questo ciclo di violenza continuerà”, ha detto Hardman. “Ma l’UE dovrebbe anche aiutare la Grecia trasferendo i richiedenti asilo nel resto dell’UE e aiutare la Turchia, il primo paese al mondo ad ospitare i rifugiati, reinsediando un numero molto maggiore di rifugiati”.
La Turchia ospita quasi 3,6 milioni di siriani registrati in base a un regolamento di “protezione temporanea”, che secondo le autorità turche si applica automaticamente a tutti i siriani che chiedono asilo. Questo riflette la posizione dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati secondo cui “la grande maggioranza dei richiedenti asilo siriani continua ad aver bisogno di protezione internazionale” e che “gli Stati [non dovrebbero] rimpatriare con la forza i cittadini siriani e gli ex residenti abituali della Siria”.
Secondo le autorità turche, nel 2018 quasi 115.000 richiedenti asilo hanno presentato domanda di protezione, di cui 70.000 iracheni e 40.000 afghani, mentre nel 2019 quasi 35.000 afghani e 15.000 iracheni hanno presentato domanda d’asilo. Alla fine del 2019, la Turchia ha dichiarato di aver ospitato anche circa 460.000 persone presenti irregolarmente, tra cui 200.000 afgani, 70.000 pakistani, 55.000 siriani, 12.000 iracheni, 12.000 palestinesi e 9.000 iraniani. Non è chiaro come la Turchia abbia identificato queste persone senza registrarle.
Per leggere le testimonianze raccolte da Human Rights Watch clicca QUI.
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Sull’inverno demografico (Franco Beradi Bifo)
Gentilissimo Massimo Calvi, ho letto con interesse il suo articolo Risposte forti all’inverno demografico. La rivoluzione necessaria. Come molti altri anche lei si preoccupa della denatalità. Dobbiamo contrastare la tendenza, superare questo inverno demografico.
Mi sfugge sinceramente la ragione per cui dovremmo preoccuparci. Un tempo c’era chi diceva che se le culle sono vuote la nazione invecchia e decade. Può darsi che quella idea sia tornata di moda, ma non mi risulta che il suo giornale sia affetto da quel tipo di demenza.
Lei si concentra infatti su un’altra questione: se non nascono bambini si riduce il numero dei consumatori, e soprattutto il numero dei lavoratori.
“se mancano i lavoratori è anche perché per decenni sono nati sempre meno bambini. L’Istat, nel diffondere i dati trimestrali sull’occupazione, ha appena certificato che rispetto a quasi diciotto anni fa oggi mancano 2,4 milioni di occupati giovani come conseguenza diretta dell’andamento demografico.”
È un fatto che dopo la pandemia in larga parte del mondo scarseggia la manodopera perché (fra altre più complesse ragioni) i giovani sono in scarso numero, e quei pochi non hanno più tanta voglia di lavorare, non rispondono alla chiamata, non hanno più voglia di farsi sfruttare per salari sempre più bassi. In America la chiamano Great Resignation.
Ma lei sa meglio di me che la soluzione al problema della scarsa popolazione giovanile sarebbe semplice: basterebbe invitare due milioni e quattrocento mila giovani siriani, africani, afghani. Quelli che invece quotidianamente lasciamo annegare nel Mediterraneo senza neppure rispondere ai loro SOS.
Non posso credere che lei pensi davvero che la ragione per cui le donne debbono tornare a fare la mamma sia di così bassa lega: abbiamo bisogno di molta forza lavoro per abbassare il salario.
Dunque ci deve essere una ragione più nobile.
Non posso neppure pensare che lei sia convinto che occorre fare bambini bianchi altrimenti cambierà il colore della pelle delle persone che camminano nelle nostre strade.
Dunque qual è la ragione per cui dobbiamo riprendere a fare figli? Né io né lei, signor Massimo Calvi, possiamo riprendere a fare figli, per l’ovvia ragione che non possediamo quella competenza. Sono le donne che hanno deciso, in larga parte dell’emisfero nord, di non procreare, o di procreare sempre meno. Pare che dopo la pandemia il 35 per cento delle coppie che intendevano avere figli abbia deciso di lasciar perdere. Sono egoiste, crudeli, indifferenti?
Qualcuno che nutre le sue preoccupazioni ha deciso di imporre alle gestanti che intendono abortire di ascoltare il battito del cuore del feto. Io suggerisco che subito dopo vengano proiettati filmati sul Pakistan sommerso dalle acque fetide, le facce dei bambini pakistani colpiti dal dengue che sta dilagando. E anche filmati degli incendi californiani o francesi. E per finire il film Cafarnaum di Nadine Labakis in cui Zain, un bambino siriano rifugiato a Beirut denuncia i genitori per averlo messo al mondo.
Non penso che siano egoiste le persone che decidono di non mettere al mondo innocenti che non avrebbero che una probabilità su un milione di vivere una vita tollerabile. Chiunque rifletta su quello che il mondo sarà con novantanove virgola novantanove probabilità su cento di qui a un decennio, se ama i bambini si guarderà accuratamente dal metterli al mondo.
Che poi per dirgliela tutta, se anche alla fine io e lei ci mettessimo d’accordo e dicessimo in giro: ragazzi e ragazze dateci sotto, metteteci subito al mondo una bella nidiata, non funzionerebbe. Sa perché? Lo spiega Shanna Swan in un libro essenziale (e mi pare non tradotto in Italia, ma posso sbagliare) che si chiama Count Down (How Modern World Is Threatening Sperm Counts, Altering Male and Female Reproductive Development, and Imperiling the Future of the Human Race). La fertilità maschile è diminuita del 58 per cento negli ultimi quarant’anni. È crollata. La causa sarebbe un disturbo della comunicazione ormonale dovuto alla diffusione delle microplastiche nella catena alimentare. Occorre, diciamo così, raddoppiare gli sforzi per ottenere l’effetto desiderato (una bella nidiata di pargoletti da arrostire nel forno delle estati a venire). Ma purtroppo in contemporanea sembra che le maledette (o benedette, chissà) microplastiche abbiano effetti anche sul testosterone e le altre sostanze che incentivano l’attività sessuale.
In un libro del 2015 (Sex by numbers) il professor David Spiegelhalter sostiene che la frequenza degli incontri sessuali è diminuita di più della metà dagli anni ’90 agli anni 2010.
Gentilissimo Massimo Calvi, perché non ce ne facciamo una ragione? La razza bianca è finita, la razza dei dominatori è in via di estinzione. È l’unica buona notizia tra tante disgrazie che ci tocca ascoltare. Perché non accettiamo l’idea che l’Occidente è vecchio, decrepito. Purtroppo è anche in preda ad un attacco di demenza aggressiva come capita ai vecchi talvolta. Ma questo è un altro discorso.
https://comune-info.net/sullinverno-demografico/?fbclid=IwAR1HBWQGD4Xe1euwyHWFsgHQkzgsGogFVzhrpEwAWqff-mB3N4aqn5Of5yU
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IL SILENZIO DI FORCHETTE E CUCCHIAI Quindi il 2 Marzo non mangeremo. Tranquilli, potremo farlo sia l'1 che il 3. Già mi immagino lo sgomento del Coniglio Bianco che non sentirà rumore di forchette e cucchiai arrivare sulle sue beate nuvole. Chiederà alla madre il perché di questo silenzio nelle cucine e del "come mai" le tavole resteranno nude e crude. Si preoccuperà. Come sempre ha fatto e le guerre cesseranno improvvisamente. Il 3 torneremo a mangiare dopo aver conquistato la Pace, da Lui gentilmente concessa. Eppure qualche milione di Persone il digiuno lo hanno già fatto e sono pure morte per questo. Ma erano solo bambini o uomini e donne che non contavano niente. Questa volta é diverso. Si incroceranno le forchette in quella parte di Roma a Lui tanto cara. Sono da poco passate le cinque del mattino. In queste prime ore, circa 7.000 Persone sono già morte di fame (Worldmeter) . Stasera saranno decine di migliaia. Quasi 1.000.000.000 di Persone soffrono la fame nel mondo. Il Coniglio Bianco non se n'é accorto. Lo farà sicuramente il 2 Marzo. Se l'intenzione é quella di convincere i soldati russi o comunque i soldati di ogni genere e grado in qualsiasi parte del Mondo, a deporre le armi, credo che in Vaticano resteranno un pochino delusi. Le guerre continueranno e non basta lasciare lo stomaco vuoto un giorno, per impedirle. Forse, andare là e mettersi davanti ai carri armati. Forse andare davanti ai fili spinati. Forse andare nei campi di concentramento libici. Forse tra le rovine di Sanaa, tra le case di Gaza, nei villaggi afghani, tra le donne e gli uomini curdi. Forse..... ma forse nemmeno questo basterebbe a far tacere le armi. Non esiste animale più stupido e crudele dell'uomo. Claudio Khaled Ser
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L’Afghanistan è la tragedia del mondo che il mondo vuole dimenticare, come se le donne, i bambini e i tanti mutilati di quel paese bellissimo ma martoriato da 40 anni di guerre non appartenessero al genere umano. Sono queste le considerazioni da fare dopo avere letto la bellissima testimonianza del medico responsabile della Croce Rossa Internazionale a Kabul Alberto Cairo, un eroe dei nostri tempi, pubblicata qualche giorno fa su Repubblica. Invece l’#Afghanistan non lo vogliamo proprio dimenticare in questo anno che si chiude, anche perché dal rigido inverno del paese asiatico, con nevicate di metri sulle alte montagne, arrivano notizie che in un mondo ideale dovrebbero essere in prima pagina su tutti i giornali. La prima, cruda e pubblicata oggi su The Guardian, è che l'anno nuovo inizia con appena il 2% degli afghani che ha abbastanza da mangiare. La fonte sono le Nazioni Unite e, dunque, è attendibile e si tratta della peggior carestia degli ultimi decenni. Al mondo. Non deve stupire visto che a fine settembre avevamo già scritto che a Kabul madri disperate vendevano per 200 euro i loro bambini, per potere mangiare qualcosa. Nessuno vende il proprio figlio per 200 euro se non è alla disperazione più totale. Il problema principale è che il trionfo dei Talebani, lo scorso Ferragosto, ha fatto chiudere da un giorno all'altro alla comunità internazionale il rubinetto degli aiuti che avevano sostenuto l'economia afghana, precipitata dopo l’invasione USA del novembre 2001. Non bastasse, nelle zone rurali, dove vivono i due terzi degli afghani, la peggiore siccità degli ultimi 30 anni aveva già lasciato i contadini disperati ben prima dell’arrivo dei talebani con le loro assurde normative, come il divieto imposto alle donne di lavorare nei settori della sanità e dell’istruzione. Da una settimana non possono neanche più viaggiare, se non accompagnate da un maschio. Assurdo. Ad ottobre Save the Children Italia ammoniva che "oltre 14 milioni di bambini” avrebbero sofferto "la fame questo inverno e 5 milioni" sarebbero stati "ad un passo dalla carestia”. @vitanonprofit www.vita.it/it/article/2021/12/31/lafghanistan-muore-la-vergogna-dellinazione-occidentale/161482/ https://www.instagram.com/pmanzo70/p/CYJ08B6rmAq/?utm_medium=tumblr
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