#attacco di fame
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tuportamiviareturn · 9 months ago
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A27
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curiositasmundi · 1 year ago
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L’attacco di terra di Israele è come la venuta del Messia, posposta a tempo indeterminato. Si tratta di un giochino che farebbe sorridere se si potesse sorridere di un mattatoio di donne e bambini. Ogni santo giorno i vertici israeliani annunciano al mondo l’imminente attacco di terra. Ma sapendo perfettamente che in un attacco di terra anche il nemico ha l’intollerabile diritto di sparare in risposta, e di uccidere, l’attacco è stato posposto, dal primo annuncio, diciotto volte. Nel frattempo mentre tutto il mondo si concentra trattenendo il fiato sul terribile attacco di terra che non c’è, Israele “prepara il terreno” sbriciolando sistematicamente la Gaza civile (Hamas nel frattempo è per lo più al riparo nei tunnel suburbani), e prendendo per fame e sete la popolazione. Così si procede ad uno sterminio di civili che è sotto gli occhi di tutti – tranne dei cittadini occidentali che si abbeverano al mainstream – e che fa in media 350 morti civili al giorno, ogni giorno. Ora, i sentimenti personali non interessano a nessuno e non sono la base per formare nessun ragionamento costruttivo. Tuttavia, per quel nulla che conta, confesso che la quantità di corpi straziati, di padri estratti dalle macerie abbracciati al figlio, di donne in lacrime che hanno perduto tutto e tutti, la quantità di dolore visto in questi giorni ha colmato per me la misura. Non riesco più a guardare oltre. E gli stessi miserabili pagliacci occidentali che cercavano col lumicino i civili colpiti dai russi in quella che è sempre stata palesemente una guerra tra eserciti regolari, ora tacciono o minimizzano come spiacevoli danni collaterali un massacro unilaterale di civili senza precedenti dalla seconda guerra mondiale (solo nella guerra del Vietnam ci fu qualcosa di simile, ma con minore concentrazione temporale). Ecco, non crediate che dimenticheremo le vostre facce ipocrite, le vostre menzogne come fogne a cielo aperto, il vostro cinismo ributtante. Potete anche continuare da qui all’eternità ad arricchirvi incassando gli assegni per il leasing della vostra anima, potete continuare a darvi ragione a vicenda nei talk show, potete continuare a bullizzare i più deboli. Sappiate che niente sarà dimenticato, in terra come in cielo.
Andrea Zhok - Via: Infosannio
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idettaglihere · 2 months ago
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In pochi secondi sono la Jessica di 8 anni, mia madre di colpo smette di parlarmi e fa finta che non esisto in casa. Cosa devo fare ora? Posso bere se ho sete? Posso mangiare se ho fame? Lei mi fa molta paura, chissà cosa ho fatto di così brutto. Lei non me lo dice quindi la mia testa inizia a vagare, ed effettivamente se ci penso sono proprio una bambina cattiva e incapace, quella operazione di matematica non mi usciva, ci ho provato tante volte ma ho preso un brutto voto. Sono solo una delusione per la mamma, fa bene a non volermi. Ho le unghie lunghe che mia zia adora pitturarmi di colori diversi ogni settimana, ma non sa che le infilo nella pelle delle braccia perché non so cosa altro fare per affrontare la paura che provo a casa, abbandonata a me stessa. La mamma parla proprio con tutti, fa finta di volermi bene davanti agli altri, poi a casa mi vuole male, chissà perché. Cerco di non dare fastidio, sto in silenzio perché tanto lei non risponde ad alcuna mia domanda. Sono una bambina cattiva, ma sono a letto e sento che non respiro, se lo dico a mamma chissà se mi aiuta.. forse è meglio aspettare che io stia meglio, magari passa, se domani starò peggio lo dirò alle maestre che il mio petto fa male e penso a cose brutte. Non riesco a mangiare perché devo stare seduta con lei al tavolo e mi fa paura, ma sono obbligata altrimenti lei si arrabbia di più. Dopo vado sempre in bagno perchè mi fa male la pancia. Ho 8 anni e capisco che la mia mamma non mi vuole. Ne ho 26, ho fatto un piccolo sbaglio e mamma non mi parla più. Le unghie sono diventate lame. Il petto che fa male è un attacco di panico. Io sono sola ma accarezzo i miei cani. Resisto solo per loro.
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gregor-samsung · 1 year ago
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" A Gaza la scrittura della Storia inizia a essere possibile attraverso un "archivio della distruzione". Un archivio che, in seguito all'operazione "Piombo fuso", il ministero dei Lavori Pubblici e dell'Edilizia ha intitolato "Verifica della distruzione di edifici provocata dagli attacchi israeliani durante l'occupazione". Gaza, la roccaforte di Hamas evacuata unilateralmente dagli israeliani nel 2005, è da tempo interamente circondata da una barriera, come Varsavia [durante l'occupazione nazista] ma con il triplo degli abitanti, stritolati in una gabbia nella quale — come rivela un documento militare intitolato Linee Rosse —, tra le altre cose, i militari israeliani calcolano lo "spazio di respiro", cioè il tempo che rimane prima che le persone inizino a morire di fame. Tutto questo mentre imprese come la Elbit Systems fanno affari d'oro: nel 2014, ad esempio, in un solo mese di attacco a Gaza i suoi profitti sono aumentati del 6 per cento. "I check-point e i terminal del muro," scrive [Eyal] Weizman [in “Architettura dell'occupazione”], "funzionano come valvole e interruttori", la soglia di sopportazione del milione e mezzo di abitanti della Striscia è "costantemente sottoposta a sollecitazione" e il Muro è una vera e propria "strategia di guerra". Quindi va documentata, per gli storici del futuro. "Gaza è un laboratorio in molti sensi," prosegue Weizman, "una zona chiusa ermeticamente, in cui ogni accesso è controllato da Israele", ad eccezione del varco egiziano, un laboratorio in cui viene sperimentato "ogni tipo di tecnologia di controllo, munizioni, strumenti legali e umanitari, tecniche di guerra. Viene cioè sperimentata la capacit�� di controllare un'ampia popolazione, per poi rivendere queste tecnologie sul mercato internazionale". E questo nel nome della "guerra al terrore'', come nel caso dell'operazione "Piombo fuso", appunto, durante la quale le case lungo il perimetro della barriera erano state distrutte perché i veicoli militari si potessero muovere con più agilità. "
Carlo Greppi, L'età dei muri, Feltrinelli (collana Varia), 2019; pp. 237-38.
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soldan56 · 8 months ago
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Dopo due settimane di assedio israeliano, lo Shifa è un cumulo di cadaveri. Medici e civili giustiziati, persone schiacciate dai bulldozer, pazienti lasciati morire di fame e di sete. L'ultimo terribile attacco alla sanità di Gaza passa per un massacro senza precedenti
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occhietti · 1 year ago
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Questa notte ho avuto un attacco di ansia fortissimo. Diciamo un terremoto privato con epicentro altezza cuore. Era da tempo che non mi succedeva con questa violenza.
Fossi stato lo stesso di qualche anno fa, mi sarei alzato di corsa, avrei cominciato a passeggiare nervosamente per tutta casa, sarei andato in bagno e poi a bere, poi di nuovo in bagno, poi di nuovo a bere. Avrei acceso un po’ di luci, avrei cercato aiuto in ogni dove. Mi sarei spaventato a morte, temendola, la morte.
Invece sono rimasto nel letto per capire cosa stesse accadendo, evitando di fuggire. Come si fa nei terremoti, mi sono rannicchiato sotto qualcosa di solido, di portante. Qualcosa di difficile da far crollare. Credo d’aver scelto l’anima.
Da lì ho domandato, ho chiesto all’ansia cosa volesse, per svegliarmi nel pieno della notte "urlando" come una pazza. Nel frattempo respiravo, cercando di non strozzarmi per la fame d’aria. Ha risposto lei, che lo sapevo bene e non ce c’era affatto bisogno che me lo ricordasse. Aveva ragione. Che era tornata per tirarmi le orecchie, perché da un po’ di tempo, a forza di "ma sì, ci penserò più in là" ho accumulato un bel po’ di domande e non ho le risposte. Perché dice che non c’era bisogno di arrivare allo scontro, sarebbe bastato rallentare, fare spazio a quel bisogno di pace, di calma, di serenità che troppo spesso allontano "perché c’è troppo da lavorare." Perché dice che é ora di liberarsi da un po’ di ostacoli, di riprendere a vivere veramente e di smetterla di ripetermi che va tutto bene, che tutto si sistemerà. E aveva di nuovo ragione lei.
L’ansia ha (quasi) sempre ragione.
Sono rimasto in silenzio, come quando la persona che hai davanti e chi ti ama, ha finito di sbatterti in faccia Il suo amore. E ti ricorda che nessuno può prendersi cura di te, se non scegli di farlo tu, per primo. Che rimandare quasi sempre equivale a far finta di non vedere, che prendersi cura dei propri limiti non è una scelta, ma una responsabilità.
Ho fatto la conta dei danni, quella che giustamente va fatta alla fine di ogni terremoto.
Sono piuttosto "acciaccato", oggi. Sono stanco. Il corpo impiega una quantità di energia spropositata per fronteggiare la paura. L’ansia. Il panico. Ho bisogno di riposarmi, di recuperare le forze e di rimettermi in viaggio, per la mia felicità.
- Andrew Faber
L'ansia, il panico, sono delle brutte bestie... ogni tanto tornano... ma vinco sempre io, con fatica, ma vinco...
@occhietti
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ama-god · 2 years ago
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Primo Levi
La tregua
La Liberazione di Auschwitz da parte dei soldati dell’Armata Rossa sovietica
27 gennaio 1945
Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell’Armata Rossa ormai vicina, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre altrove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco o con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz agirono diversamente: ordini superiori (a quanto pare dettati personalmente da Hitler) imponevano di «recuperare», a qualunque costo, ogni uomo abile al lavoro. Perciò tutti i prigionieri sani furono evacuati, in condizioni spaventose, su Buchenwald e su Mauthausen, mentre i malati furono abbandonati a loro stessi. Da vari indizi è lecito dedurre la originaria intenzione tedesca di non lasciare nei campi di concentramento nessun uomo vivo; ma un violento attacco aereo notturno, e la rapidità dell’avanzata russa, indussero i tedeschi a mutare pensiero, e a prendere la fuga lasciando incompiuto il loro dovere e la loro opera. Nell’infermeria del Lager di Buna-Monowitz eravamo rimasti in ottocento. Di questi, circa cinquecento morirono delle loro malattie, di freddo e di fame prima che arrivassero i russi, ed altri duecento, malgrado i soccorsi, nei giorni immediatamente successivi.
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti. Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era piú alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva, e cosí era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo. Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. Così per noi anche l’ora della libertà suonò grave e chiusa, e ci riempì gli animi, ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso di pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo che questo non poteva avvenire, che nulla mai piú sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell’offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia. Queste cose, allora mal distinte, e avvertite dai più solo come una improvvisa ondata di fatica mortale, accompagnarono per noi la gioia della liberazione. Perciò pochi fra noi corsero incontro ai salvatori, pochi caddero in preghiera. Charles ed io sostammo in piedi presso la buca ricolma di membra livide, mentre altri abbattevano il reticolato; poi rientrammo con la barella vuota, a portare la notizia ai compagni. Per tutto il resto della giornata non avvenne nulla, cosa che non ci sorprese ed a cui eravamo da molto tempo avvezzi.
Il comandante sovietico Georgj Elisavetskj ricorda così quel 27 Gennaio 1945
“Ancora oggi, il sangue mi si gela nelle vene quando nomino Auschwitz; Quando sono entrato nella baracca ho visto degli scheletri viventi che giacevano sui letti a castello a tre piani. Come in una nebbia, ho sentito i miei soldati dire: «Siete liberi, compagni!» Ho la sensazione che non capiscano e comincio a parlargli in russo, polacco, tedesco, nei dialetti ucraini. Mi sbottono il giubbotto di pelle e mostro loro le mie medaglie … Poi ricorro allo yiddish. La loro reazione ha dell’incredibile. Pensano che stia provocandoli; poi cominciano a nascondersi. E solamente quando dissi: «Non abbiate paura, sono un colonnello dell’Esercito sovietico e un ebreo. Siamo venuti a liberarvi» […] Finalmente, come se fosse crollata una barriera … ci corsero incontro urlando, si buttarono alle nostre ginocchia, baciarono i risvolti dei nostri cappotti e ci abbracciarono le gambe. E noi non potevamo muoverci; stavamo lì, impalati, mentre lacrime impreviste colavano sulle nostre guance”
29 gennaio 1945 - Telegramma del Generale dell'Armata Rossa Konstatin Vasilevich Krainiukov a Georgij Maksimilianovič Malenkov, membro del Comitato di difesa dell'URSS: "Liberata la regione dei campi di concentramento di Osvenzim (Auschwitz-Birkenau). Orribile campo di morte. A Osvenzim ci sono 5 campi. In 4 erano tenute persone di tutti i paesi d'Europa, il 5° era un carcere. Ogni campo è composto da un terreno enorme,circondato da diverse linee di filo spinato, su cui passa alta tensione elettrica. Dietro si trovano innumerevoli baracche di legno. Tra i sopravvissuti di questo campo di morte ci sono ungheresi, italiani, francesi, cecoslovacchi, greci, romeni, danesi, belgi, iugoslavi. Tutti sono in stato pietoso,ci sono vecchi giovani e bambini, quasi tutti sono seminudi. Ci sono molti cittadini sovietici, da Leningrado, Tula, regione di Kalinin, Mosca, da tutte le regioni dell'ucraina sovietica. Molti sono mutilati, hanno segni di torture, segni di bestialità nazifascista. Dalle prime testimonianze dei prigionieri in questo posto sono state torturate,bruciate,fucilate centinaia di migliaia di persone. Chiedo l'invio della Commissione Speciale Governativa per le indagini sulla bestialità nazifascista."
NELLA FOTOGRAFIA
Soldati dell’Armata Rossa liberano e curano i sopravvissuti di Auschwitz
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harshugs · 7 months ago
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non trovo più gusto nel mangiare
stamattina mi sono data una risposta ad una domanda che mi ponevo da un po’ di settimane: perché non ho più voglia di mangiare? cioè: provo la sensazione della fame, quindi ho fame e voglio mangiare, ma se penso a cosa vorrei allora trovo il vuoto.
non trovo più niente che mi faccia pensare: ho proprio voglia di mangiarmi questa cosa.
di conseguenza finisco per non mangiare nulla, e ovviamente durante la giornata poi mi viene il conseguente attacco di fame, che mi porta a mangiare cose poco gustose come dei di cracker o qualche pezzo di pane (distribuiti nel tempo: non mangio tanti pezzi alla volta ma piccoli pezzetti durante tutta la giornata, quindi un pacchetto di cracker lo finisco in 7/8 ore) solo per riempire lo stomaco, solo per l’istinto di sopravvivenza dato dal mio corpo, e dopo che finisco rimango con la bocca asciutta e con la mente poco soddisfatta
la perdita di peso che ho subito in questi mesi mi ha portata ad avere un piccolo senso di paura nei confronti del cibo: se prima non me ne fregava niente e mangiavo a prescindere, adesso è diverso, in ogni alimento che vedo o che penso di mangiare ci trovo sempre quel pensiero fisso: “guarda che se lo mangi ingrassi, perché è un carboidrato e ti gonfia la pancia”, “guarda che se lo mangi assumi troppi zuccheri e poi ti senti in colpa”, “è buono ma mangiane poco, contiene troppi grassi” e così via in un loop infinito per qualsiasi tipo di nutriente
che poi in realtà sono anche incoerente con me stessa, perché io, purtroppo, sono TANTO schizzinosa nei confronti del cibo, mi piacciono poche cose, quindi generalmente mi ritrovo a mangiare sempre quei due o tre pasti sempre uguali, ed è ovvio che andando avanti così per tanto tempo poi mi stufo, ma mi viene molto difficile aggiungere nuovi cibi, quindi preferisco non mangiare anziché cibarmi della solita roba
se ci penso effettivamente ci sono cose gustose che vorrei mangiare, del tipo “aaah ora mi preparo un bel piatto di …, ne ho proprio voglia”, ma generalmente sono cose non proprio leggere, come carbonara, pasta con la panna, dolcetti e robe di questo tipo, quindi riprendendo il pensiero precedente: troppi grassi, zuccheri, carboidrati in questi alimenti tanto bramati dal mio stomaco, quindi non mangio.
si, effettivamente potrei aggiungere proteine e fibre, ma non trovo più piacere nemmeno nel mangiare la carne (che io amo/amavo) o il pesce, cioè si, buoni per carità, ma non mi lasciano la soddisfazione di un tempo, non li mangio più con voglia, ma solo perché in qualche modo devo nutrirmi, non posso rimanere costantemente a stomaco vuoto, quindi ne mangio qualche pezzetto e poi mi stanco e quindi metto via il piatto con una finta sensazione di sazietà semplicemente data dall’insoddisfazione del cibo che ho appena finito di mangiare.
non so che fare, anche le cose che più mi piacciono ormai mi lasciano con sto senso di insoddisfazione, e un po’ questa cosa mi fa paura perché un disturbo alimentare già l’ho avuto e non voglio ricaderci, oltretutto in questo caso sarebbe il disturbo opposto a quello precedente, se prima mi ingozzavo a più non posso adesso mi privo di qualsiasi cosa, e non va bene.
poi vabbè non parliamo di tutte le conseguenze del non mangiare: se non mangio non vado in bagno, quindi mi sento gonfia, appesantita, mi viene mal di pancia, in più non bevo perché non mi viene sete e se bevo non riesco a finire un intero bicchiere in pochi sorsi, e ciò riporta al problema iniziale, ovvero non andare abbastanza in bagno perché non ho nulla da espellere, e mi sento piena d’aria nello stomaco.
morale della favola: che palle.
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abr · 9 months ago
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Noto l'estensione impudica dell'uso del novecentesco termine "sionista", roba da boomer rossobruni o da islam che non per caso si datano 1445.
In tempi di attacco all'Occidente e ai suoi avamposti, è cartina al tornasole utile per rivelare i succubi di pensierini deboli retrò anti identitari da social, quelli che ancora comprano il gombloddo demoplutogiudaico come i bisnonni morti de fame.
Si credono alternativi in quanto rifiutano giustamente l'informazione mainstream ma non si accorgono di cadere dalla padella mainstream patinata nella brace social mainstream popolazzara stracciona, diventando utili strumenti dello statalismo che tutto guida e influenza via subliminal social.
Ad esempio, che senso ha stigmatizzare giustamente la lavanderia di dollari Dems. ucragna, se gli contrapponi il caciccato orientale del Putain?! Autogol, parlateci di Navalny.
Anche rimanendo in casa, combattere i guasti nefasti del benecomunismo statalista - gestione della pandemia, la tratta dei migranti etc. - con equipollente social nazionalismo, è come pulirsi il chiulo con una fucilata.
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gothsoulvi · 10 months ago
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Oggi per il mio essere sconsolata ho avuto un attacco di fame… e ora mi sento in colpa per aver mangiato qualcosa in più.
Che giornata del cazzo , completamente da rimuovere
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curiositasmundi · 7 months ago
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Congratulazioni e un sentito ringraziamento per essere qui – nonostante le minacce, nonostante la polizia fuori da questa sede, nonostante la panoplia della stampa tedesca, nonostante lo Stato tedesco, nonostante il sistema politico tedesco che vi demonizza per essere qui.
«Perché un congresso palestinese, signor Varoufakis?», mi ha chiesto di recente un giornalista tedesco. Perché, come ha detto una volta Hanan Ashrawi, «non possiamo contare sul fatto che i silenziosi raccontino le loro sofferenze». Oggi, la ragione di Ashrawi si è rafforzata in modo deprimente, perché non possiamo contare sul fatto che i silenziosi, che sono anche massacrati e affamati, ci raccontino dei massacri e della fame.
Ma c’è anche un’altra ragione: perché un popolo fiero e dignitoso, il popolo tedesco, viene condotto su una strada pericolosa verso una società senza cuore, facendosi associare a un altro genocidio compiuto in suo nome, con la sua complicità.
Non sono né ebreo né palestinese. Ma sono incredibilmente orgoglioso di essere qui tra ebrei e palestinesi – di fondere la mia voce per la pace e i diritti umani universali con le voci ebraiche per la pace e i diritti umani universali, con le voci palestinesi per la pace e i diritti umani universali. Essere qui insieme oggi è la prova che la coesistenza non solo è possibile, ma che è già tra noi.
«Perché non un congresso ebraico, signor Varoufakis?», mi ha chiesto lo stesso giornalista tedesco, immaginando di fare il furbo. Ho accolto con favore la sua domanda. Perché se un solo ebreo viene minacciato, ovunque, per il solo fatto di essere ebreo, porterò la Stella di David sul bavero della giacca e offrirò la mia solidarietà, a qualunque costo, in ogni modo. Quindi lasciatemi esser chiaro: se gli ebrei fossero sotto attacco, in qualsiasi parte del mondo, sarei il primo a chiedere un congresso ebraico in cui esprimere la nostra solidarietà.
Allo stesso modo, quando i palestinesi vengono massacrati perché sono palestinesi – secondo il dogma che per essere morti e palestinesi devono essere di Hamas – indosserò la mia kefiah e offrirò la mia solidarietà a qualunque costo, in qualunque modo. I diritti umani universali o sono universali o non significano nulla.
Tenendo presente questo, ho risposto alla domanda del giornalista tedesco con alcune domande da parte mia: 
Esistono due milioni di ebrei israeliani, che sono stati cacciati dalle loro case e messi in una prigione a cielo aperto ottant’anni fa, sono ancora tenuti in quella prigione a cielo aperto, senza accesso al mondo esterno, con cibo e acqua minimi, senza possibilità di una vita normale o di viaggiare da nessuna parte, e che in questi ottant’anni vengono periodicamente bombardati? No.
Gli ebrei israeliani vengono affamati intenzionalmente da un esercito di occupazione, con i loro bambini che si contorcono sul pavimento e urlano per la fame? No.
Ci sono migliaia di bambini ebrei feriti, senza genitori superstiti, che strisciano tra le macerie di quelle che erano le loro case? No.
Gli ebrei israeliani vengono bombardati dagli aerei e dalle bombe più sofisticate del mondo? No.
Gli ebrei israeliani stanno subendo il completo ecocidio di quel poco di terra che possono ancora chiamare propria, senza che sia rimasto un solo albero sotto cui cercare ombra o di cui possano gustare i frutti? No.
Oggi i bambini ebrei israeliani vengono uccisi dai cecchini per ordine di uno Stato membro delle Nazioni Unite? No.
Oggi gli ebrei israeliani vengono cacciati dalle loro case da bande armate? No.
Oggi Israele sta combattendo per la sua esistenza? No.
Se la risposta a una di queste domande fosse sì, oggi parteciperei a un congresso di solidarietà ebraica.
Oggi ci sarebbe piaciuto avere un dibattito decente, democratico e reciprocamente rispettoso su come portare la pace e i diritti umani universali a tutti – ebrei e palestinesi, beduini e cristiani – dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo con persone che la pensano diversamente da noi. Purtroppo, l’intero sistema politico tedesco ha deciso di non permetterlo. In una dichiarazione congiunta che comprende non solo la Cdu-Csu (Unione cristiano-democratica-Unione cristiano-sociale in Baviera) e l’Fdp (Partito liberale democratico), ma anche l’Spd (Partito socialdemocratico), i Verdi e, cosa notevole, due leader di Die Linke (La Sinistra), lo spettro politico tedesco ha unito le forze per garantire che un dibattito così civile, in cui possiamo essere in disaccordo, non abbia mai luogo in Germania.
Dico loro: volete metterci a tacere, vietarci, demonizzarci, accusarci. Pertanto non ci lasciate altra scelta che rispondere alle vostre ridicole accuse con le nostre accuse razionali. Siete voi a scegliere questo, non noi. Voi ci accusate di odio antisemita. Noi vi accusiamo di essere i migliori amici degli antisemiti, equiparando il diritto di Israele a commettere crimini di guerra con il diritto degli ebrei israeliani a difendersi. Ci accusate di sostenere il terrorismo. Noi vi accusiamo di equiparare la legittima resistenza a uno Stato di apartheid con le atrocità contro i civili, che ho sempre condannato e sempre condannerò, chiunque le commetta – palestinesi, coloni ebrei, la mia stessa famiglia, chiunque. Vi accusiamo di non riconoscere il dovere del popolo di Gaza di abbattere il muro della prigione a cielo aperto in cui è stato rinchiuso per ottant’anni, e di equiparare questo atto di abbattimento del muro della vergogna, che non è più difendibile di quanto lo fosse il muro di Berlino, ad atti di terrore.
Voi ci accusate di banalizzare il terrore del 7 ottobre di Hamas. Noi vi accusiamo di banalizzare gli ottant’anni di pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele e l’erezione di un ferreo sistema di apartheid in tutta Israele-Palestina. Vi accusiamo di banalizzare il sostegno a lungo termine di Benjamin Netanyahu ad Hamas come mezzo per distruggere la soluzione dei due Stati che dite di favorire. Vi accusiamo di banalizzare il terrore senza precedenti scatenato dall’esercito israeliano sulla popolazione di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est.
Accusate gli organizzatori del congresso di oggi di essere, cito, «non interessati a parlare delle possibilità di coesistenza pacifica in Medio Oriente sullo sfondo della guerra a Gaza». Dite sul serio? Siete fuori di senno?
Vi accusiamo di sostenere uno Stato tedesco che è, dopo gli Stati uniti, il maggior fornitore di armi che il governo Netanyahu usa per massacrare i palestinesi come parte di un grande piano per rendere impossibile la soluzione dei due Stati e la coesistenza pacifica tra ebrei e palestinesi. Vi accusiamo di non aver mai risposto alla precisa domanda cui ogni tedesco deve rispondere: quanto sangue palestinese deve scorrere prima che il vostro giustificato senso di colpa per l’Olocausto venga lavato via?
Quindi di nuovo vogliamo esser chiari: siamo qui a Berlino con il nostro congresso palestinese perché, a differenza del sistema politico e dei media tedeschi, condanniamo il genocidio e i crimini di guerra indipendentemente da chi li commette. Perché ci opponiamo all’apartheid nella terra di Israele-Palestina, a prescindere da chi abbia il coltello dalla parte del manico, proprio come ci siamo opposti all’apartheid nel Sudamerica o in Sudafrica. Perché siamo a favore dei diritti umani universali, della libertà e dell’uguaglianza tra ebrei, palestinesi, beduini e cristiani nell’antica terra di Palestina.
E per essere ancora più chiari sulle domande, legittime e maligne, a cui dobbiamo sempre essere pronti a rispondere:
Condanno le atrocità di Hamas?
Condanno ogni singola atrocità, chiunque sia l’autore o la vittima. Quello che non condanno è la resistenza armata a un sistema di apartheid concepito come parte di un lento ma inesorabile programma di pulizia etnica. In altre parole, condanno ogni attacco ai civili e, allo stesso tempo, festeggio chiunque rischi la vita per abbattere il muro.
Israele non è forse impegnato in una guerra per la sua stessa esistenza?
No, non lo è. Israele è uno Stato dotato di armi nucleari, con l’esercito forse più tecnologicamente avanzato del mondo e la panoplia della macchina militare statunitense alle sue spalle. Non c’è simmetria con Hamas, un gruppo che può causare gravi danni agli israeliani ma non ha alcuna capacità di sconfiggere l’esercito israeliano, né di impedire a Israele di continuare a mettere in atto il lento genocidio dei palestinesi sotto il sistema di apartheid che è stato eretto con il sostegno di lunga data degli Stati uniti e dell’Unione europea.
Gli israeliani non hanno forse ragione di temere che Hamas voglia sterminarli?
Certo che sì! Gli ebrei hanno subìto un Olocausto che è stato preceduto da pogrom e da un profondo antisemitismo che ha permeato l’Europa e le Americhe per secoli. È naturale che gli israeliani vivano nel timore di un nuovo pogrom se l’esercito israeliano cede. Tuttavia, imponendo l’apartheid ai propri vicini e trattandoli come subumani, lo Stato israeliano alimenta il fuoco dell’antisemitismo e rafforza quei palestinesi e israeliani che vogliono solo annientarsi a vicenda. Alla fine, le sue azioni contribuiscono alla terribile insicurezza che consuma gli ebrei in Israele e nella diaspora. L’apartheid contro i palestinesi è la peggiore autodifesa degli israeliani.
E l’antisemitismo?
È sempre un pericolo chiaro e presente. E deve essere sradicato, soprattutto tra i ranghi della sinistra globale e dei palestinesi che lottano per le libertà civili dei palestinesi in tutto il mondo.
Perché i palestinesi non perseguono i loro obiettivi con mezzi pacifici?
Lo hanno fatto. L’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) ha riconosciuto Israele e ha rinunciato alla lotta armata. E cosa ha ottenuto in cambio? Umiliazione assoluta e pulizia etnica sistematica. Questo è ciò che ha alimentato Hamas e lo ha issato agli occhi di molti palestinesi quale unica alternativa a un lento genocidio sotto l’apartheid di Israele.
Cosa si dovrebbe fare ora? Cosa potrebbe portare la pace in Israele-Palestina?
Un cessate il fuoco immediato. Il rilascio di tutti gli ostaggi – quelli di Hamas e le migliaia trattenuti da Israele. Un processo di pace, sotto l’egida delle Nazioni Unite, sostenuto da un impegno della comunità internazionale a porre fine all’apartheid e a salvaguardare uguali libertà civili per tutti.
Per quanto riguarda ciò che deve sostituire l’apartheid, spetta a israeliani e palestinesi decidere tra la soluzione dei due Stati e quella di un unico Stato federale laico.
Amici, siamo qui perché la vendetta è una forma pigra di dolore. Siamo qui per promuovere non la vendetta, ma la pace e la coesistenza in Israele-Palestina. Siamo qui per dire ai democratici tedeschi, compresi i nostri ex compagni di Die Linke, che si sono coperti di vergogna abbastanza a lungo, che due torti non fanno una ragione e che permettere a Israele di farla franca con i crimini di guerra non migliorerà l’eredità dei crimini della Germania contro il popolo ebraico.
Al di là del congresso di oggi, in Germania abbiamo il dovere di cambiare il discorso pubblico. Abbiamo il dovere di convincere la grande maggioranza dei tedeschi onesti che i diritti umani universali sono ciò che conta. Che «mai più» significa «mai più per nessuno». Ebrei, palestinesi, ucraini, russi, yemeniti, sudanesi, ruandesi – per tutti, ovunque.
In questo contesto, sono lieto di annunciare che il partito politico tedesco Mera25 di DiEM25 sarà sulla scheda elettorale per le elezioni del Parlamento europeo del prossimo giugno, cercando il voto degli umanisti tedeschi che desiderano un membro del Parlamento europeo che rappresenti la Germania e che denunci la complicità dell’Ue nel genocidio, una complicità che è il più grande regalo dell’Europa agli antisemiti in Europa e oltre.
Vi saluto tutti e vi suggerisco di non dimenticare mai che nessuno di noi è libero se uno di noi resta in catene.
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apropositodime · 2 years ago
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Non ho cenato
Quindi ho avuto un attacco di fame.
Allora penso di farmi una banana bread in tazza, , con la ricetta di cucina botanica.
Ho tutto tranne il suo microonde figo, il mio che manco volevo, l'ho preso al famila a 39 euro, felice del mio super affare.
Ma
scaldi/scongeli e anda.
Cazzo ci volevi pure cucinare?
Va be la sbobba solidificata non era male alla fine, ma si sa la fame è brutta. 😅
#me
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chouncazzodicasino · 2 years ago
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Oggi non ingrano proprio. Barba parte per la sua settimana milanese, io ho rotture di cazzo lavorative da sbrigare, la signora milionaria che doveva comprare un sacco di carte dopo che ho avuto un attacco di colite a casa sua non mi ha più chiamato. Signora, non è carino, se lo lasci dire, a naso preferivo sentimme male a casa mia, così per dire. Ho sempre fame, mi sento un granellino nell'occhio e la grandine mi sta rovinando le piante.
Adesso che mi sono lamentata posso riprendere la giornata.
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clacclo · 11 months ago
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dailymotion
MARTE DIO DELLA GUERRA
Una realtà di cui abbiamo preso atto è che in questi tempi di guerra e di attacco generalizzato all'umanità da parte di un potere finanziario criminale resta pressoché muta la voce degli artisti contemporanei, ricordando che proprio gli artisti in ogni epoca hanno avuto il compito di rappresentare e svergognare tutte le violenze e le menzogne del potere. Proprio per questo vogliamo oggi ricordare un episodio quanto mai significativo del passato: era il 5 Luglio del 1969 e i King Crimson (di cui ricorreva ieri l'anniversario della nascita come Gruppo) si esibivano di fronte a più di 500.000 persone ad Hyde Park appena prima dei Rolling Stones che avevano organizzato il concerto gratuito. Ebbene, i Crimson aprirono il loro concerto con uno dei brani più feroci e innovativi della storia del Rock, quella 21st Century Schizoid Man (titolo quanto mai attuale) che in quell'Estate dell'amore era un vero pugno in faccia: parlava di guerra, di napalm, di innocenti uccisi, poeti ridotti alla fame, politici bruciati e dell'avidità senza fine dei potenti. La loro esibizione è rimasta nella leggenda e finì in maniera altrettanto clamorosa: chiusero il concerto suonando un brano del geniale compositore contemporaneo Gustav Holst che, studioso di teosofia e astrologia, aveva dedicato un disco ai Pianeti tracciando di ciascuno il carattere astrologico attraverso la musica: i Crimson scelsero Mars (Bringer of War) che il compositore aveva scritto nel 1914 nell'imminenza della Prima Guerra Mondiale, un brano potente e impressionante che con il suo incalzare fu definito "il più feroce pezzo di musica di tutti i tempi" ed evoca una scena di battaglia di immense proporzioni. Per aggiungere ulteriore drammaticità al brano uno dei tecnici della Band verso la fine del pezzo manovrò da sotto il palco una sirena d'allarme aereo: l'organizzatore del concerto che voleva far fretta al Gruppo perché lasciasse il palco agli Stones rimase così impressionato che li lasciò finire: così, in quel giorno di Luglio mezzo milione di spettatori non assistettero solo ad una delle più leggendarie esibizioni della storia del Rock ma ricevettero anche uno shock contenente un sinistro presagio rispetto al clima di falso e generale ottimismo che si cercava di imporre (ricordiamo che era al suo culmine la guerra del Vietnam).
Ci chiediamo perché non emergano oggi artisti di questa levatura a parlarci nella stessa lingua: evidentemente il lavoro che il potere finanziario ha svolto in questi anni in tutti i luoghi dell'istruzione e della cultura ha dato i suoi frutti creando quell'ultimo uomo di cui parlava lo Zarathustra di Nietzsche al mercato, quando avvertiva che si avvicinava il tempo in cui l’uomo "non genererà più stelle”, Il tempo che sarà quello “dell’uomo più disprezzabile, quello che non sa più disprezzarsi”...
Fonte:
https://t.me/labandadegliidraulici
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levysoft · 1 year ago
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Nei primi anni della Seconda guerra mondiale, i cani sovietici anticarro rappresentarono una grossa minaccia per l’avanzata tedesca. Legati a sistemi esplosivi, venivano usati per distruggere gli armamenti nemici. Una tattica atroce, che potrebbe oggi indignare gli attivisti per i diritti degli animali. Ma non bisogna dimenticare il contesto in cui questa pratica veniva applicata: erano infatti anni di disperazione, con il nemico quasi alle porte del Cremlino. Le mitragliatrici sui carri armati tedeschi erano posizionate troppo in alto per poter colpire i “cani suicidi” e, grazie alla copertura della fanteria sovietica, i nazisti non riuscivano a uscire con facilità dai propri carri armati per fermare a colpi di fucile i pericolosi animali in avvicinamento. Talvolta le truppe nemiche si affidavano all’utilizzo di un lanciafiamme.
Le origini dei “cani suicidi”
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Archivio di Ninel Ustinova/russiainphoto.ru
L’Unione Sovietica iniziò a utilizzare i cani anticarro ben prima dell’invasione nazista del 1941: iniziarono infatti ad addestrare questi animali già negli anni Trenta, prima dello scoppio della Grande guerra patriottica. I cani venivano addestrati a gattonare sotto i carri armati nemici mentre trasportavano esplosivi legati al corpo, solitamente 12 kg di TNT. Venivano poi tenuti a digiuno per vari giorni in modo da provocare una fame tale da spingerli alla ricerca di cibo, solitamente sistemato in fase di addestramento sotto i carri armati. Così gli animali si abituavano a strisciare sotto i cingolati. Veniva inoltre insegnato loro a muoversi in maniera da evitare il fuoco nemico e a non temere l’artiglieria pesante. I primi cani anticarro furono introdotti nell’Armata Rossa nel 1939. Parteciparono ai primi combattimenti due anni dopo.
La prima disastrosa battaglia
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I cani anticarro del primo battaglione speciale (212 cani e 199 addestratori) furono utilizzati per la prima volta in un combattimento nei pressi di Mosca. Il primo attacco dei soldati a quattro zampe si rivelò un totale disastro, perché gli animali non erano coperti dalla fanteria sovietica e i tedeschi riuscirono a eliminarli con facilità.  Inoltre gli addestratori commisero un grave errore: ammaestrarono i cani utilizzando carri armati sovietici, che, a differenza di quelli tedeschi, erano alimentati a gasolio, anziché a benzina. Una differenza di odori che confuse terribilmente i cani sul campo di battaglia.
I combattimenti
Anche se il Primo battiglione fu spazzato via, l’Urss continuò a utilizzare i cani anticarro per combattere i tedeschi. Vennero cambiate le tattiche e l’addestramento. Alla fine del 1941, oltre 1.000 cani combattevano sul fronte e l’anno successivo il numero superò le 2.000 unità. Il 21 luglio 1942 i cani suicidi contribuirono a ottenere la vittoria durante una grande battaglia che si svolse vicino a Taganrog, sul Mar di Azov. Durante l’assedio di Leningrado, un gruppo di cani fece esplodere i carri armati e le fortificazioni nemiche, riuscendo a farsi strada intorno al filo spinato e identificando le posizioni del nemico. Riuscirono a far saltare in aria diversi bunker e un deposito munizioni.
Il contributo alla vittoria
Verso la metà del 1943, la situazione era alquanto diversa. L’Armata Rossa iniziò a ricevere un cospicuo rifornimento di armi anticarro, insufficienti all’inizio della guerra. Fu così che i cani anticarro vennero “mandati in pensione”.  In totale questi soldati a quattro zampe riuscirono a distruggere 304 carri armati nemici, contribuendo a spostare l’ago della bilancia verso la vittoria dell’Unione Sovietica e la sconfitta del nazismo. Con la fine dei combattimenti, i cani restanti vennero riqualificati e addestrati per missioni di rilevamento mine. Molti di loro sopravvissero ben oltre la fine della guerra.
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ombrafurtiva · 2 years ago
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Detesto i mesi caldi anche perché a causa di chissà quale strano arcano a me viene più fame del solito e mi vengono raptus tremendi: poco fa un altro attacco e ripulita insalatiera con 500 grammi di pasta amatriciana. Mi manca il freddino invernale sigh
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