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Festival delle Medical Humanities: Un Viaggio tra Narrazione, Ascolto e Arti Visive Applicate alla Salute. Il Festival si svolge dal 15 al 20 ottobre con eventi online e incontri in presenza ad Alessandria
La quinta edizione del Festival delle Medical Humanities "Iconografia della Salute" ha preso il via il 15 ottobre 2024 ad Alessandria.
La quinta edizione del Festival delle Medical Humanities “Iconografia della Salute” ha preso il via il 15 ottobre 2024 ad Alessandria. Quest’anno il festival è dedicato al tema “Parola e relazione” e prevede un ricco programma di eventi tra presentazioni di libri, conferenze, tavole rotonde e mostre. La manifestazione si propone di esplorare l’interazione tra narrazione, ascolto e arti visive nel…
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Le Coppie si dividono perché manca l’Amore.
E l’Amore non è Bisogno.
E’ piena condivisione dell’Unità interiore.
Non siamo stati amati. Perciò non sappiamo amare. E incolpiamo l’Altro di non riuscire a colmare i nostri vuoti. Di rompere il patto di “compensanzione” reciproca.
Le donne cercano disperatamente la protezione di un padre, gli uomini il grembo di una madre.
E quando questa illusione si scontra con la realtà, con la vertiginosa mancanza di adultità emozionale, il teatrino crolla. E ci si ritrova puntualmente soli, traditi, arrabbiati, delusi e reciprocamente asserragliati nelle ragioni e nei torti.
Chiediamo all’Altro di riparare il nostro bambino interiore, piangente e ferito. Chiediamo a chi ci sta accanto di frapporsi tra noi e il nostro Vuoto.
Non siamo in grado di "accontentarci" di un compagno o di una compagna. Pretendiamo un “risarcimento danni”.
Il Femminile si sente ricattato dall’immaturità del Maschile, che spesso diviene prepotente e capriccioso, e il Maschile si sente allontanato dal Femminile, svalorizzato e rifiutato, messo in secondo piano rispetto ai figli, perpetrando il circolo vizioso delle Ferite abbandoniche.
I figli si sentono colpevoli, non voluti, di peso, maturando essi stessi ferite insanabili d’amor perduto.
Un “gioco al massacro”. Tutti si guardano indietro per tentare di recuperare i “pezzi perduti”. Nessuno si spinge in avanti, nessuno si accorge di distruggere con la propria immaturità la generazione successiva. In un ciclo senza fine di Disamore e Mancanza.
E’ per questo che le Coppie Sacre sono rare. Rarissime. Poche centinaia al momento. Poiché rari sono coloro che hanno guarito e risolto con sufficiente amorevolezza la propria Ferita incarnazionale dell'Origine.
Le guerre, i lutti irrisolti, le perdite economiche, i massacri, le violenze, i ricatti emotivi, sono frutto di questa reiterata e folle mancanza di maturità emozionale e spirituale.
Siamo poveri e miseri. O perlomeno è questo quello che ci hanno fatto credere.
Ma tutto può cambiare.
Siamo immersi in un Tempo unico e prezioso di destrutturazione e di crescita, di responsabilità, di conoscenza approfondita dei nostri schemi irrisolti, delle nostre credenze illusorie sull’Amore.
“Amare se stessi” non è un “mito”. Prendersi cura delle proprie emozioni non è uno “slogan pubblicitario”e non è la “moda del momento”. L’autonomia emotiva e la cura di se stessi sono l’unica medicina efficace per questa società malata, asservita e completamente allo sbando.
Si riparte da Noi.
Solo da Noi.
Da quanto siamo disposti a metterci in gioco nel processo di Guarigione.
Da quanto siamo in grado di entrare nelle nostre oscure cantine impolverate e costellate di scheletri del Passato.
Non possiamo passare da una Relazione all’altra a caccia di "madri e padri surrogati".
Queste storie inizialmente così idilliache e perfette, anestetizzano per un po’ la Ferita, nascondono la Verità di chi siamo veramente per un tempo limitato, ma l’innamoramento finisce in fretta. E la doccia fredda della Realtà non tarda a sopraggiungere. Il Principe si trasforma in un ranocchio e la Principessa nella matrigna senza scrupoli.
Questo è il momento di affrontare. Di maturare. Di risollevarci dal Buio della nostra Incoscienza.
Non è tardi. Non lo è mai stato. Per nessuno.
Ma ci vuole tanta volontà, tanto investimento, tanta ricerca e ascolto interiore.
Siamo chiamati ad investire tutto ciò che abbiamo sul nostro potenziale emotivo, sulla nostra generatività, sul nostro ampio ventaglio di Doni e Talenti.
Non è sufficiente "comprendere".
Non sarà l’intelligenza o qualsiasi altra capacità di elaborazione mentale a guarire le fratture del nostro Campo Energetico.
Qui entra in gioco il “Cuore”.
Qui si entra nel "Dolore più profondo e oscuro". Quello che sbatte i piedi di fronte all’ingiustizia di non essere stato amato, visto, rispettato e accolto veramente. Quello che ci toglie il respiro e il sonno. Quello che condanna l’Altro per non essere mai all’altezza del nostro vuoto d’Amore. Quello che pretende un “risarcimento genitoriale”. Quello che vede nella Relazione il “nemico affettivo” da punire, da sconfiggere o da sfruttare. Quello che trema nello specchiarsi davanti a se stesso e alla propria fragilità emozionale.
Nell’Odio c’è Amore negato.
Nella Violenza c’è disperata Mancanza Affettiva.
Nel Dolore c’è il Vuoto di Senso.
Ma nella Guarigione Interiore c’è Vita.
Quella Vita che meritiamo di riconquistare.
Quella Vita che per intere generazioni si è persa, smarrita, dimenticata di Se stessa.
Lo sappiamo oramai: nessuno salverà nessuno.
Ma tutti possiamo salvare noi stessi.
Ed è solo accogliendo e ricomponendo i nostri Cuori spezzati che scopriremo quanto sia meraviglioso sperimentare l’Adultità nelle Relazioni. Quel senso di piena Libertà e Autonomia di esistere, di manifestare, di condividere, di accrescere l'abbondanza reciproca.
L’Amore non pone sul piedistallo l’Altro, non lo distorce, non lo obbliga a stare dentro ad un ruolo che non gli compete. Non sana le Ferite. Non è lì per surrogare una mancanza. Non è Padre e non è Madre.
C’è stato un tempo per l’Infanzia ed uno per l’Adolescenza. Un tempo per essere amati e uno per la ribellione. Un tempo che se anche non ha “funzionato”, non è più recuperabile.
Ma possiamo crearne uno nuovo. Reale e consapevole. Senza toglierci più nulla, senza elemosinare o pretendere “favole a lieto fine”. Un tempo reale, concreto. Rispettoso di noi stessi. E dell’Altro.
Un Tempo dove diventa umiliante e dissacrante continuare a palleggiarsi le Ferite.
Un Tempo di Padri e Madri consapevoli e integri, amorevoli e coraggiosi.
Chi davvero ambisce alla pienezza di Vita e di Amore, raccolga il proprio “zaino” da terra, lo liberi dalle aspettative, dai rimpianti, dalle illusioni, dai drammi irrisolti. Si rivesta della Forza, della Compassione e della Verità e segua la potente Onda della Grande Trasformazione.
Abbandoni le recriminazioni, le scuse, le egoiche pretese di approvazione e riconoscimento e impugni la Spada.
Si affidi totalmente all’Anima e si prepari a riconquistare la propria integrità, la propria indipendenza, la Terra e l’eredità degli Avi. Si abbandoni con Fede e Fiducia alle Fiamme del proprio Fuoco Interiore.
Siamo qui per la Vita, e la Vita è qui per noi.
Con infinito affetto, Mirtilla Esmeralda.
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Il cuore riprende a battere e riconoscersi
dopo un tempo infinito di tristezza, vuoto, frustrazione. Ne ascolto i tonfi, questa strana aritmia che mi fa sorridere mentre scrivo come se avessi quindici anni ed è proprio così che mi sento. Languida in un momento che si dilata riscoprendo le paure e le ansie per ciò che non sarà mai.
Lo smarrimento per un sentire che non avevo previsto.
Un palpito che cresce per la continua presenza, il vedersi ogni istante e vedere i passi dell’altro, i suoi sorrisi o smorfie. La stanchezza che traspare, a volte lo sfinimento psicologico del nostro lavoro. Vorrei tanto poter toccare la tua camicia, sistemarti la cravatta e sapere come sono le tue mani, se sono secche o morbide . Vorrei poterti guardare e contare le tue rughe. Vedere le pieghe accanto alle labbra causate dalle delusioni che la vita ti ha inflitto . Vorrei essere una medicina e tu la mia che mi riporti alla vita ,la vita vera , la vita che batte in mezzo al petto e cancella ogni realtà che non sia amore
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Sorrisi a denti stretti (2023-Ep)
In late 2023 I've issued my own ep "Sorrisi a denti stretti" which could sound like as "Smiling thru gritted teeth" in English. In this one you can find four new tracks composed and recorded in my own studio between 2022 and 2023 as well as other three bonus tracks.
Title is related to my relationship with music, my sweet life companion, the best medicine against unlucky times. It can make you smile when life adversities are focusing on yourself. At the moment you can listen to my ep for free on YouTube. Enjoy with it and if you want, leave a feedback.
youtube
Nel Dicembre 2023 ho pubblicato l'ep Sorrisi a denti stretti, una raccolta di quattro nuovi brani composti e registrati tra 2022 e 2023 oltre ad altre tre bonus tracks. Il titolo è messo in relazione al mio rapporto con la musica, la fedele, dolce compagna di una vita, la migliore medicina durante i periodi bui. Quando sembra che le avversità della vita ti rendano un bersaglio da colpire ripetutamente, la musica è spesso l'unica variabile che può strappare un sorriso appunto, a denti stretti.
Al momento, l'ep si può ascoltare gratis su YouTube. Quindi, buon ascolto e, se ti va, lasciami un feedback.
youtube
VIRGA - SORRISI A DENTI STRETTI (2023 EP)
Il Lavoro (Radio Edit)
Non vorrei
Walther PPK
Gorgo & Tango
Il Lavoro (Single Edit)
Il Lavoro (Instrumental Base)
Non toccare la mia macchina (Live rehearsals - Dec 2023)
#music#musica#virgamusica#sorrisiadentistretti#ascoltami#musicaitaliana#italian songs#italian music#musicalive#musician#musicadalvivo#new music#music video#song#tunes#my music#favorite songs#canzoni italiane#musicaemergente#artistiemergenti#roma#talent#new album#Youtube
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CURARE LA SANITA’ - indicazioni emerse dall'incontro del 18 febbraio a Moncalieri
CURARE LA SANITA’
Il seminario “SOS Sanità Piemonte” promosso da Italia Viva Provincia di Torino, sabato 18 febbraio a Moncalieri, ha evidenziato molti dei problemi del Sistema Sanitario Regionale ed ha posto le basi per risposte mirate e concrete a sostegno dei cittadini.
Quattro ore di intenso lavoro, che hanno messo in luce le criticità e le sfide a cui andrà incontro il territorio piemontese, sotto diversi punti di vista: medico, infermieristico, farmaceutico, architettonico, gestionale, finanziario, psico sociale e di copertura territoriale, anche alla luce del crescente invecchiamento della popolazione e dell’aumento della domanda di cure.
Il Piemonte, a differenza di altre regioni:
● non ha un Piano Socio-Sanitario Regionale aggiornato (l’ultimo è scaduto nel 2015);
● negli ultimi 10 anni denuncia un passivo di 379.000.000,00 di euro, come saldo netto tra quanto incassato per i pazienti che dal resto d’Italia hanno scelto di curarsi in Piemonte e quanto pagato per i piemontesi che sono ricorsi a strutture di altre Regioni per ricevere cure adeguate (nella stessa decade la Lombardia ha registrato un saldo netto positivo di oltre 6/mld);
● dispone di ospedali di età media avanzata, non adeguatamente manutenuti e spesso superati dal punto di vista dell'impostazione architettonica.
Anche i progetti previsti dal PNRR accresceranno alcune differenze territoriali lasciando interi bacini senza ospedali e case di comunità (nuove strutture che dovranno potenziare la rete di medicina territoriale): tra gli altri spiccano i casi di Moncalieri e Chieri.
Urge l’adozione di un nuovo PIANO SANITARIO REGIONALE, poiché gli interventi tampone, non coordinati da una strategia integrata, rischiano di essere poco utili e dispendiosi.
Da dove partire?
● analisi dei servizi sul territorio in base ai bacini di utenza;
● analisi della mobilità interregionale;
● potenziamento della rete di medicina territoriale per evitare l’intasamento dei Pronto Soccorso;
● digitalizzazione e razionalizzazione dei processi clinici, logistici ed amministrativi;
● valorizzazione degli immobili dismessi;
● partnership pubblico-privato innovative che permettano di ottenere vantaggi competitivi e che creino opportunità di crescita per i soggetti regionali del settore;
Un ringraziamento va a tutti i professionisti, che sono intervenuti con contenuti e proposte di alto profilo specialistico e che, grazie alla contemporanea presenza di tutti gli operatori coinvolti, hanno saputo porre le basi per una risposta sistemica ai molteplici problemi della sanità regionale.
Un grazie, in particolare, alla Senatrice di Azione/Italia Viva Daniela Sbrollini, che ha dimostrato grande capacità di ascolto e partecipazione.
Italia Viva Tavolo tematico Salute e territorio
#reneweurope#terzopolo#terzo polo#italiavivadelchierese#italiaviva#italia viva#sanitàpiemonte#sanitàpiemontese#sanità#chierisulserio#italiasulserio
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Milano, Zama Salomone: in arrivo gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana finanziati da Regione Lombardia
Milano, Zama Salomone: in arrivo gli interventi di riqualificazione e rigenerazione urbana finanziati da Regione Lombardia Si è svolto il 7 maggio un sopralluogo tecnico e istituzionale per fare il punto sui lavori al quale hanno partecipato l'assessore regionale alla Casa e Housing sociale, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e il presidente di Aler Milano. IL PROGETTO C.A.S.A. - In particolare le autorità hanno visitato gli spazi che ospiteranno il progetto C.A.S.A (Centro Aler per i servizi abitativi), ovvero un presidio territoriale e sociosanitario che sarà attivato grazie a un finanziamento regionale di 661.000 euro. Saranno garantiti servizi sanitari di prossimità dell'Asst Fatebenefratelli Sacco e un medico di medicina generale a disposizione del quartiere, oltre agli ambienti destinati alle attività di due operatori 'community manager' che si occuperanno dei rapporti tra Aler e inquilini e del coordinamento dei servizi. Il progetto include anche uno sportello di ascolto e assistenza per le donne vittime di violenza domestica, in collaborazione con associazioni specializzate. I lavori strutturali sono in fase di ultimazione, dopodichè si procederà con l'avvio dell'iniziativa. ASSESSORE ALLA CASA: IMPEGNO A TUTTO CAMPO - "Il progetto C.A.S.A. - ha affermato l'assessore regionale alla Casa e Housing sociale - è stato voluto e finanziato dalla Giunta di Regione Lombardia per rafforzare la presenza delle istituzioni nel quartiere e offrire ai residenti un punto di riferimento importante. L'iniziativa dà concretezza a una visione integrata e innovativa dei servizi abitativi, assicurando grande attenzione all'aspetto sociale e sanitario a favore soprattutto dei cittadini più fragili. Stiamo implementando i presidi territoriali nei diversi immobili Aler a Milano e non solo, proseguendo nel contempo con gli investimenti per la manutenzione e la riqualificazione degli edifici: un impegno a tutto campo che incide positivamente sulla qualità dell'abitare". RIQUALIFICAZIONE ALLOGGI - Nel quartiere Zama Salomone sono presenti 473 abitazioni Aler. Nell'ambito del programma di recupero alloggi, finanziato da Regione Lombardia con oltre 1,1 milioni di euro, sono state riqualificate 78 unità immobiliari, mentre per altre 6 la ristrutturazione sarà completata entro la fine dell'anno. LE OPERE COMPLETATE - Regione Lombardia attraverso uno stanziamento di 10,8 milioni di euro ha finanziato i lavori di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico degli stabili. Sono stati completati gli interventi per la realizzazione del cappotto di facciata e il rifacimento della copertura, la ristrutturazione di tutti i 20 ascensori e dei citofoni, l'illuminazione esterna con l'installazione di 85 lampioni, la nuova pavimentazione e la tinteggiatura del piano pilotis, le nuove centrali idriche, ed è stato ultimato il rifacimento della rete gas a servizio di 369 alloggi. Entro un mese ci sarà la fornitura e la posa dei nuovi casellari postali e dei nuovi portoni. VIDEOSORVEGLIANZA - Attraverso i finanziamenti di Regione Lombardia (16.000 euro) sono stati installati numerosi impianti di videosorveglianza, per un totale di 36 videocamere, nei civici 28, 34, 38, 40, 54, 58, 66, a servizio delle Forze dell'Ordine e in visione continua mediante la 'control room' attivata nella sede di Aler Milano e visionata giorno e notte. MINISTRO INFRASTRUTTURE: PROMESSA MANTENUTA - "C'è grande soddisfazione – ha detto il ministro delle Infrastrutture - per il lavoro svolto, abbiamo mantenuto la promessa rimettendo a nuovo le case all'interno e all'esterno con nuovi ascensori, nuovi citofoni, nuovi impianti. Inoltre grazie alla Regione Lombardia sono in arrivo servizi con medici e infermieri nel cuore del quartiere. L'obiettivo è effettuare interventi di recupero analoghi in tutte le periferie, stiamo lavorando per questo". PRESIDENTE ALER MILANO: QUARTIERE RIMESSO A NUOVO - "Grazie all'impegno delle istituzioni – ha detto il presidente Aler Milano - vediamo un quartiere completamente rimesso a nuovo in seguito ai lavori di riqualificazione ed efficientamento energetico. Non solo, saranno messi a disposizione dei cittadini importanti servizi di prossimità assistenziale e sanitaria all'interno dello Spazio C.A.S.A. che aprirà a breve i battenti". ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Quanti giovani sofferenti a causa di famiglie disfunzionali
Ogni volta che ascolto persone giovani sfogarsi, mi rendo conto che sono intrappolati in famiglie disfunzionali.
Ogni giorno che li ascolto cerco di fargli capire che la loro felicità non può dipendere dall'approvazione o dall'esistenza di qualcun altro, chiunque esso sia.
I genitori non si rendono conto di nuocere ai figli, anzi, loro credono di agire nel giusto, ma sta a te figlio farglielo capire senza mancargli di rispetto.
Mai voler accontentare le aspettative altrui perché la vita è la tua, la felicità dipenderà da ciò che rende felice te e non dall'applauso o dalle aspettative di qualcun altro.
Altrimenti ti ritroverai come quella ragazza di 25 anni, laureata in Giurisprudenza per far felice la famiglia, ma con una sofferenza indescrivibile perché gli fa schifo tutto ciò che è collegato alla sua Laurea. C'è sempre modo per riprendere la propria vita in mano.
1) Smettere di lamentarsi
2) Domandarsi cosa ti rende felice
3) Agire, facendo capire in modo chiaro, deciso ed educato che non intendi proseguire la strada dell'infelicità.
4) Se ne faranno una ragione e tu inizierai ad essere felice perché inizierai a fare ciò che ti appassiona e non ciò che avrebbe voluto gli altri.
Checco Zalone laureato in Giurisprudenza e non ricordo quale altra laurea, fa il comico.
Maria de Filippi, laureata in Giurisprudenza e fa la presentatrice.
Un signore che conosco io, laureato in Medicina e Chirurgia per compiacere la famiglia di medici che aveva alle spalle, ma insegna matematica a scuola perché era ciò che lo rendeva felice.
Sta a noi rispettarci, far capire che la vita è nostra e non possiamo percorrere i passi di qualcun altro.
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Sorrisi a denti stretti (2023-Ep)
In late 2023 I've issued my own ep "Sorrisi a denti stretti" which could sound like as "Smiling thru gritted teeth" in English. In this one you can find four new tracks composed and recorded in my own studio between 2022 and 2023 as well as other three bonus tracks.
Title is related to my relationship with music, my sweet life companion, the best medicine against unlucky times. It can make you smile when life adversities are focusing on yourself. At the moment you can listen to my ep for free on YouTube. Enjoy with it and if you want, leave a feedback.
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Nel Dicembre 2023 ho pubblicato l'ep Sorrisi a denti stretti, una raccolta di quattro nuovi brani composti e registrati tra 2022 e 2023 oltre ad altre tre bonus tracks. Il titolo è messo in relazione al mio rapporto con la musica, la fedele, dolce compagna di una vita, la migliore medicina durante i periodi bui. Quando sembra che le avversità della vita ti rendano un bersaglio da colpire ripetutamente, la musica è spesso l'unica variabile che può strappare un sorriso appunto, a denti stretti.
Al momento, l'ep si può ascoltare gratis su YouTube. Quindi, buon ascolto e, se ti va, lasciami un feedback.
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VIRGA - SORRISI A DENTI STRETTI (2023 EP)
Il Lavoro (Radio Edit)
Non vorrei
Walther PPK
Gorgo & Tango
Il Lavoro (Single Edit)
Il Lavoro (Instrumental Base)
Non toccare la mia macchina (Live rehearsals - Dec 2023)
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Amici, colleghi, pazienti e personalità del mondo della medicina hanno riempito la chiesa di San Pio V a Roma per salutare per l'ultima volta il luminare della dermatologia Luca Chinni, venuto a mancare lo scorso 12 ottobre 2023. Il prof. Chinni ha trascorso la sua vita aiutando le persone sia dal punto di vista medico che da quello umano: il suo modo unico ed esemplare di empatizzare con le persone gli ha permesso di entrare nella vita di chiunque lo circondasse, conquistandone immediatamente la fiducia. Parlare con lui rappresentava un'esperienza formativa sempre nuova: un esempio di correttezza, calma, pacatezza e serenità, che non facevano mai mancare attenzioni ai suoi interlocutori. In costante ascolto, era capace di condurre importanti e accese discussioni come un vero e grande leader. Una grande perdita per il mondo scientifico, per quello dermatologico e per la comunità romana che in Luca Chinni trovava un punto fermo di rifermento di altissimo livello medico, ma soprattutto una splendida persona a cui affidarsi quotidianamente.
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💛SINTOMI ASCENSIONALI: 💛
difficoltà visive, bruciori agli occhi, acufeni, sbalzi di temperatura corporea, brividi di freddo o vampate di calore, stati febbrili, dolori muscolari, dolori alle ossa, epidermide molto sensibile a contatto con sostanze o tessuti, prurito intenso su tutto il corpo, emicranie, dolori cervicali, infiammazioni dentali e gengivali, gocciolio al naso continuo oppure forti raffreddori, lievi aritmie e tachicardie, pressione e dolore all'altezza del cuore, difficoltà digestive, nausea, inappetenza, oppure bisogno di cambiare alimentazione, forti dolori e acidità alla bocca dello stomaco, dolori all'intestino, diarrea, gonfiore addominale, interruzione oppure aumento del ciclo mestruale, mal di schiena, dolori alle ginocchia, mancanza di equilibrio nel camminare, giramenti di testa, sbalzi improvvisi di pressione, spossatezza, stanchezza, aumento del bisogno di dormire.
In tutto questo è ovvio che chi sente di consultare un medico o di ricevere aiuto attraverso la medicina deve farlo.
Io posso darvi la spiegazione energetica dei tantissimi sintomi, ma il corpo va aiutato e sostenuto nel miglior modo che ognuno crede.
C'è chi si affida ai rimedi naturali e chi alla medicina.
Entrambi vanno bene se sentite di averne bisogno.
⬇️💚⬇️💚⬇️💚💚💚💚
💚IL CAMPO EMOTIVO:💚
sbalzi d'umore fortissimi e imprevedibili. ( anche riso e pianto simultaneamente ).
Lievi stati depressivi, tristezza, apatia, bisogno continuo di piangere. Nervosismo senza motivo, ansia, paure irrazionali, perdita di memoria, difficoltà di concentrazione, senso di smarrimento, profonda solitudine anche e sopratutto in mezzo alle persone.
Bisogno di isolarsi, di silenzio, di quiete, di luci soffuse.
La vicinanza con la natura e con il mondo animale è la miglior cura, e il miglior sollievo, in questo momento.
Procediamo con serenità, nel qui e ora.
Il momento presente è l'unico possibile.
Non perdiamoci nel "cosa accadrà e quando?" : ci porta allo smarrimento.
Viviamo, invece, la sacralità di ogni istante e la sua rivelazione, come un miracolo.
Perché è esattamente questo.
Stiamo cambiando Dimensione rimanendo sempre qui e sempre nello stesso corpo.
Quindi pensate a quali trasformazioni questo pianeta e noi stessi siamo sottoposti.
È effettivamente una morte fisica ma rimanendo in vita.
Muoiono parti energetiche di noi che risiedevano nel corpo fisico perché muore il Vecchio DNA.
È questo che accade.
Il nuovo DNA lo sostituisce.
E lentamente apporta modifiche in tutto il corpo, nella matrice, nei chakra ( ne apre e ne attiva di nuovi ), nei corpi sottili e nel piano mentale.
Le dinamiche più evidenti da osservare sono:
- il rallentare dell'invecchiamento (che ad un certo punto si inverte ringiovanendo)
- gli occhi cambiano colore, diventano più chiari e luminosi, effettivamente brillano di nuova energia
- diminuisce l'appetito perché il corpo è sostenuto maggiormente dalla Fonte
- diminuisce il bisogno di parlare, perché diventa molto più faticoso farlo
- di conseguenza aumenta il bisogno di silenzio e di ascolto
- aumentano la telepatia, l'empatia e il canale intuitivo
- il sentire si amplifica
E molto altro ....
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Questo continuo scriverti alle volte mi fa dubitare se le parole possano un giorno mai finirmi. Enormi distese di frasi, lettere, poesie ammucchiate nelle note del telefono e su fogli come post-it improvvisati. E se all’improvviso finisse tutto questo che ho da dirti? Ci penso spesso, eppure scriverti mi viene così naturale che no, non credo possa mai succedere. Smettere significherebbe, per me, morire. Oggi è una di quelle sere dove i pensieri mi opprimono e l’unica medicina è prendere la macchina e andare in giro da solo. Ascolto un po’ di tutto, lo sai, ultimamente sopratutto Irama. Ricordi? Era la colonna sonora delle nostre prime uscite. In realtà poi ci sarebbe anche Aiello, te lo ricordi il Sanremo di due anni fa? Le prime chiamate notturne in quella settimana del Festival, da dove tutto ebbe inizio. Che poi, a pensarci bene, devi per forza tornare: Devo farti ancora vedere i tramonti da altre prospettive, visitare finalmente Bologna, portarti a mangiare anche tutte quelle cose che ti scatenano l’intolleranza (convincendoti a fare quella visita per prendere le pillole, che chissà se poi hai fatto), raccontarti tutto quello che è successo finora, rispondere alle tante domande che sicuramente vorrai farmi. Ma forse resteremmo in silenzio. Si, me lo immagino in realtà così un nostro possibile rincontrarci: guardandoci senza dirci nulla avendo perfino paura di sfiorarci. E sarebbe bellissimo così. Come fosse la prima volta, senza esserlo. Siamo due treni che viaggiano adesso su binari differenti e che si guardano parallelamente sbirciando dal finestrino. Per dove entrambi vogliamo andare, però, la stazione è in comune: sarà lì che ci ritroveremo. Spero non manchi molto, perché senza di te questo viaggio mi sembra così vuoto e triste che non lo so spiegare a parole. Fino ad allora ti lascio con il solito motivetto che accompagnava sempre i nostri buongiorno ogni mattina, ricordi? «Come hai dormito, come stai, che fai?» #lucidiparole (presso Italy) https://www.instagram.com/p/CoXQB45rCFx/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Nell’aria bruciata d’agosto, si è alzata una nuvola di polvere sottile, ha invaso il piazzale, sul quale mi sono affacciato tante volte. Bastava la voce dell’altoparlante, con quegli inconfondibili accenti, per farmi sentire che ero arrivato a casa.
Adesso la telecamera scopre l’orologio, con le lancette ferme sui numeri romani: le dieci e venticinque. Un attimo, e molti destini si sono compiuti. Ascolto le frasi che sembrano monotone, ma sono sgomente, di Filippini, il cronista della TV, costretto a raccontare qualcosa che si vede, a spiegare ragioni, motivi che non si sanno: lo conosco da tanti anni, e immagino la sua pena. Dice: «Tra le vittime, c’è il corpo di una bambina».
Mi vengono in mente le pagine di una lettura giovanile, un romanzo di Thornton Wilder, «Il ponte di San Louis Rey», c’era una diligenza che passava su un viadotto, e qualcosa cedeva, precipitavano tutti nel fiume, e Wilder immaginava le loro storie, chi erano, che cosa furono.
Quell’atrio, quelle pensiline, il sottopassaggio, il caffè, le sale d’aspetto che odorano di segatura, e nei mesi invernali di bucce d’arancio, mi sono consuete da sempre: con la cassiera gentile, il ferroviere che ha la striscia azzurra sulla manica, che assegna i posti, e mentre attendiamo mi racconta le sue faccende, quelle del suocero tedesco che vuol bere e di sua moglie che dice di no, e la giornalaia, che scherza: «Ma come fa a leggere tutta questa roba?», e vorrei sapere qualcosa, che ne è stato di loro, e li penso, ma non so pregare.
Si mescolano i ricordi: le partenze dell’infanzia per le colonie marine dell’Adriatico, i primi distacchi, e c’erano ancora le locomotive che sbuffavano, i viaggi verso Porretta per andare dai nonni, e le gallerie si riempivano di faville, e bisognava chiudere i finestrini, e una mattina, incolonnato, mi avviai da qui al battaglione universitario, perché c’era la guerra.
Ritornano, con le mie, le vicende della stazione: quando, praticante al «Carlino», passavo di notte al Commissariato per sapere che cos’era capitato, perché è come stare al Grand Hotel, ma molto, molto più vasto, gente che va, gente che viene, e qualcuno su quei marciapiedi ha vissuto la sua più forte avventura: incontri con l’amore, incontri con la morte.
Passavano i treni oscurati che portavano i prigionieri dall’Africa, che gambe magre avevano gli inglesi, scendevano le tradotte di Hitler che andavano a prendere posizione nelle coste del Sud, e conobbi una Fraulein bionda in divisa da infermiera alla fontanella, riempiva borracce, ci mettemmo a parlare, chissà più come si chiamava, com’è andata a finire. Venne l’8 settembre, e davanti all’ingresso, dove in queste ore parcheggiano le autoambulanze, si piazzò un carro armato di Wehrmacht; catturavano i nostri soldati, e li portavano verso lo stadio, che allora si chiamava Littoriale. Un bersagliere cercò di scappare, ma una raffica lo fulminò; c’era una bimbetta che aveva in mano la bottiglia del latte, le scivolò via, e sull’asfalto rimase, con quell’uomo dalle braccia spalancate, una chiazza biancastra. Cominciarono le incursioni dei «liberators», e volevano sganciare su quei binari lucidi che univano ancora in qualche modo l’Italia, ma colpirono gli alberghi di fronte, qualche scambio, i palazzi attorno, le bombe caddero dappertutto, e vidi una signora con gli occhialetti d’oro, immobile, composta, seduta su un taxi, teneva accanto una bambola, pareva che dormisse, e l’autista aveva la testa abbandonata sul volante.
«Stazione di Bologna», dice una voce che sa di Lambrusco e di nebbia, di calure e di stoppie, di passione per la libertà e per la vita, quando un convoglio frena, quando un locomotore si avvia. Per i viaggiatori è un riferimento, per me un’emozione. Ecco perché mi pesa scrivere queste righe, non è vero che il mestiere ti libera dalla tristezza e dalla collera, in quella facciata devastata dallo scoppio io ritrovo tanti capitoli dell’esistenza dei mici.
«Stazione di Bologna»: quante trame sono cominciate e si sono chiuse sotto queste arcate di ferro. Quanti sono stati uccisi dallo scoppio, o travolti dalle macerie: cinquanta, sessanta, chissà? Credere al destino, una caldaia che esplode, un controllo che non funziona, una macchina che impazzisce, qualcuno che ha sbagliato, Dio che si vendica della nostra miseria, e anche l’innocente paga? Anche quei ragazzi nati in Germania che erano passati di qui per una vacanza felice, ed attesa, il premio ai buoni studi o al lavoro, una promessa mantenuta, un sogno poetico realizzato: «Kennst Du das Land, wo die Zitronen bluhen?», lo conosci questo bellissimo e tremendo Paese dove fioriscono i limoni e gli aranci, i rapimenti e gli attentati, la cortesia e il delitto, dovevano pagare anche loro? Forse era meglio vagheggiarlo nella fantasia. Ci sono genitori che cercano i figli; dov’erano diretti? Perché si sono fermati qui? Da quanto tempo favoleggiavano questa trasferta? E le signorine del telefono, già, che cosa è successo alle ragazze dal grembiule nero che stavano dietro il banco dell’interurbana: chi era in servizio? Qualcuna aveva saltato il turno? Che cosa gioca il caso?
Poi, l’altra ipotesi, quella dello sconosciuto che deposita la scatola di latta, che lascia tra le valigie o abbandonata in un angolo, magari per celebrare un anniversario che ha un nome tetro, «Italicus», perché vuol dire strage e un tempo «Italicus» significava il duomo di Bolsena, le sirene dei mari siciliani, i pini di Roma, il sorriso delle donne, l’ospitalità, il gusto di vivere di un popolo. Non mi pare possibile, perché sarebbe scattato l’inizio di un incubo, la fine di un’illusione, perché fin lì, pensavamo, non sarebbero mai arrivati.
«Stazione di Bologna», come un appuntamento con la distruzione, non come una tappa per una vacanza felice, per un incontro atteso, per una ragione quotidiana: gli affari, i commerci, le visite, lo svago. Come si fa ad ammazzare quelle turiste straniere, grosse e lentigginose, che vedono in ognuno di noi un discendente di Romeo, un cugino di Caruso, un eroe del melodramma e della leggenda, che si inebriano di cattivi moscati e di sole, di brutte canzoni? Come si fa ad ammazzare quei compaesani piccoli e neri, che emigrano per il pane e si fermano per comperare un piatto di lasagne, che consumano seduti sulle borse di plastica? Come si fa ad ammazzare quei bambini in sandali e in canottiera che aspettano impazienti, nella calura devastante, la coca cola e il panino e non sanno che nel sotterraneo, non lo sa nessuno, c’è un orologio che scandisce in quei minuti la loro sorte?
Vorrei vedere che cosa contengono quei portafogli abbandonati su un tavolo all’istituto di medicina legale: non tanto i soldi, di sicuro, patenti, anche dei santini, una lettera ripiegata e consumata, delle fotografie di facce qualunque, di quelle che si vedono esposte nelle vetrine degli «studi» di provincia: facce anonime, facce umane, facce da tutti i giorni. Dicono i versi di un vero poeta, che è nato da queste parti e si chiama Tonino Guerra: «A me la morte / mi fa morire di paura / perché morendo si lasciano troppe cose che poi non si vedranno mai più: / gli amici, quelli della famiglia, i fiori / dei viali che hanno quell’odore / e tutta la gente che ho incontrato / anche una volta sola». Sono facce che testimoniano questa angoscia, ma nessuno ha potuto salvarle.
«Stazione di Bologna». D’ora in poi non ascolteremo più l’annuncio con i sentimenti di una volta; evocava qualcosa di allegro e di epicureo, tetti rossi e mura antiche, civiltà dei libri, senso di giustizia, ironia, rispetto degli altri, massi, anche la tavola e il letto, il culto del Cielo e il culto per le buone cose della Terra.
Ora, ha sapore di agguato e di tritolo. Perché il mondo è cambiato e in peggio: i figli degli anarchici emiliani li battezzavano Fiero e Ordigno, quelli dei repubblicani Ellero e Mentana, quelli dei socialisti Oriente e Vindice, quelli dei fascisti Ardito e Dalmazia, una gli insegnavano a discutere a mensa imbandita. Si picchiavano anche, si sparavano, talvolta, ma il loro ideale era pulito e non contemplava l’agguato: Caino ed Erode non figuravano tra i loro maestri.
«Stazione di Bologna»: si può anche partire, per un viaggio senza ritorno.
“Enzo Biagi scrisse il 2 agosto 1980 sulla strage alla stazione di Bologna sul Corriere della Sera.”
#stragedibologna #2agosto1980 #pernondimenticare #diariodiunferroviere
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IL LAVORO PRATICO SU SÉ STESSI
Nel lavoro su se stessi, ogni passaggio inizia dallo scarico della tensione e dal rilassamento del sistema psicofisico.
Dove c'è tensione non c'è una corretta funzionalità nel lavoro della coscienza, dei centri, delle energie e delle funzioni.
Un sistema psichico già sovreccitato non lo si dovrebbe eccitare ancora, pena mandarlo fuori uso.
Per questo motivo che, nella Via, uno non può iniziare da dove gli pare, ed esiste un preciso ordine in cui si dovrebbe praticare gli esercizi, lo studio degli insegnamenti, l'osservazione e lo studio di se stessi, altrimenti si finirà per peggiorare la propria condizione.
Essere capaci di imparare ad imparare è il primo requisito per stare in un percorso: La capacità di ascoltare, di capire e di mettere in pratica correttamente ciò che viene spiegato.
Le energie dei centri sono molto delicate e serve mantenere un corretto equilibrio fra la presenza, il rilassamento ed il collegamento fra il mondo interno e quello esterno, come anche fra la personalità e l'essenza.
Una persona con un centro emotivo dominante, ad esempio, avrà la tendenza a sovra eccitare questo centro invece di armonizzarlo rispetto al lavoro degli altri centri
Lo stesso per chi ha come centro dominante il centro mentale o quello fisico.
Il corretto funzionamento della macchina biologica umana in relazione alla coscienza richiede l'equilibrio dei centri ed un costante lavoro sulle energie interne.
Non si riesce a comunicare e a farsi capire con chi tende a sovreccitare i propri centri in automatico, egli prenderà ogni cosa in maniera parziale, da un centro soltanto, ed in maniera esagerata, mancherà della capacità di ascolto e di comprensione.
Ricordo che la comprensione è il frutto di uno stato di rilassamento, di presenza, di apertura e di integrazione del lavoro dei centri.
Non c'è comprensione né consapevolezza quando siamo frammentati, tesi, nervosi, chiusi, identificati ed aggressivi... questo stato condiziona la percezione delle cose e porta a distorcere la realtà.
Ed il problema, nel tempo, diventa quello del bisogno costante di eccitazione, di vivere sempre in adrenalina a livello fisico, mentale ed emozionale, diventa come una droga, ed uno perde completamente la padronanza delle sue funzioni e la gestione cosciente della propria vita.
Prima di ogni altra cosa, serve imparare a rilassare il corpo e le energie psichiche.
Base per ogni azione cosciente armonica.
Base per la salute mentale.
Disturbare le energie interne è la causa principale di molti disturbi mentali e squilibri emotivi.
Sei tu il padrone della tua mente, non il contrario.
E sempre a causa degli squilibri energetici interni e conseguente distorsione percettiva, si arriva perfino a vantarsi dei propri squilibri, si arriva perfino a prendere un disturbo psichico ed un blocco emotivo per una qualità di cui vantarsi con gli altri.
Prima di pensare al risveglio e ai super poteri, bisogna pensare alla propria salute mentale.
Studiando e praticando la medicina tradizionale tibetana per molto tempo con un maestro tibetano qualificato, negli anni ho visto troppe persone prendere i propri squilibri energetici per stati di risveglio, di consapevolezza, di amore e compassione, di chiaroveggenza e quant'altro.
E per fortuna che esistono da migliaia di anni dei termini di riferimento oggettivi per riuscire a distinguere i risultati corretti di una pratica interiore e spirituale dai disturbi energetici e psichici.
Perché non tutto ciò che ci accade di "strano" è per forza spirituale, anzi, poco lo è.
Roberto Potocniak
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L’improvvisa e insopportabile campagna contro gli scienziati “gufi” Di Selvaggia Lucarelli Tira una brutta aria per la scienza. Avevano iniziato i no-vax, dopo la fine della prima ondata, a inseguire ambulanze, a riprendere le anticamere dei pronto soccorso, a creare gruppi Telegram in cui progettare rivolte contro la dittatura sanitaria, contro gli esecutori dello sterminio di massa negli ospedali, contro i soloni della medicina. Poi i no-vax si sono fatti via via più silenziosi e il processo di delegittimazione della scienza ha cominciato ad avere interlocutori più autorevoli: la stampa e la politica. Non so se ve ne siete accorti, ma la scienza è passata dall’essere riferimento e àncora di salvezza a qualcosa di antipatico e fastidioso. I virologi non sono più “esperti”, ma “saccenti”. Se nella prima fase bersaglio di ironia e critiche erano stati i grandi ottimisti (da Zangrillo a Bassetti), ora tocca ai pessimisti: i meme su Crisanti, le battute sul “gufo” Galli e così via, fino alla inspiegabile campagna contro il consigliere del ministro della Salute, Walter Ricciardi. Campagna che va avanti da giorni, con toni sprezzanti e impensabili, fino a qualche mese fa. Il tutto perché Ricciardi ha osato dire che servirebbe un “lockdown totale” e il Cts ha bocciato la riapertura degli impianti di sci. Un lockdown totale invocato anche da Galli, Pregliasco e Crisanti, tanto per citare qualche nome, e che non sarebbe certo il capriccio di qualche esperto che gode nel mettere i lucchetti ai bar. Semplicemente, la diffusione delle varianti del virus sembra fuori controllo e, considerato che a quanto pare la variante inglese ha un tasso di mortalità molto più alto del ceppo originario, secondo Ricciardi e gli altri la chiusura totale sarebbe necessaria. Apriti cielo. La corazzata anti-chiusure sui giornali ha ribattezzato Ricciardi “Cassandra”, ha rispolverato dei vecchi video sul suo passato da attore, ha riportato sue frasi inesatte sul virus del febbraio 2020, ha addirittura ipotizzato che questa sua “cannonata” sulle chiusure nasca da un supposto livore per non essere stato nominato ministro. In pratica, Ricciardi vorrebbe chiudere tutti gli italiani in casa per ripicca nei confronti del governo, certo. Se gli muore il cane che fa, ci fa inoculare arsenico anziché il vaccino? Ma l’insofferenza, nei confronti di Ricciardi, si estende anche alla politica. A parte i soliti leghisti – per cui l’idea di chiudere è impensabile (Salvini: “Non ci sta che un consulente del ministero della Salute una mattina si alzi e senza dire nulla a nessuno dica che bisogna chiudere le scuole e le aziende. Prima di terrorizzare tutti ne parli con Draghi”) – Davide Faraone di Italia Viva ha twittato: “Qualcuno comunichi a Ricciardi che siamo passati alla fase in cui si parla meno e si lavora di più”. Quindi, per Faraone, Ricciardi deve smettere di giocare a freccette al pub. Pub che vuole pure chiudere, per giunta, ma come si permette. “Ricciardi fa piombare la grande mietitrice sul collo, in un perenne ‘ricordati che devi morire’” scrive qualcun altro, come se non fosse chiaro che nel caso qualcosa dovesse andare storto e le varianti sfuggissero da ogni controllo, la colpa, ovviamente, sarebbe di Ricciardi, del ministro Speranza e di chi “doveva proteggere il paese e invece”. Come se non bastasse, arriva anche Matteo Bassetti che, forte delle sue previsioni azzeccatissime alla prima ondata, si lancia in nuovi suggerimenti: “Il lockdown totale non serve, bisogna tenere il virus sotto controllo e conviverci come stiamo facendo adesso, cambiando i colori a seconda della diffusione”. In pratica, siamo passati dal “bisogna precedere il virus” a “bisogna rincorrerlo con un’Ape Piaggio”. Il ministro leghista del Turismo, Massimo Garavaglia, battezza così la sua stima per Speranza e i suoi consulenti in tema di salute: “Assurdo che un ministro decida da solo”. Ma tu pensa, in tema di salute decide il ministro della Salute. Giovanni Toti propone che nella cabina di regia Covid entrino anche i ministri economici: “Entrino anche quei ministri che rappresentano la parte economica del paese, ovvero quelle categorie che più hanno sofferto le misure di contenimento del virus, così da poter far compenetrare le misure sanitarie con gli effetti che producono anche sul mondo dell’economia”. Dunque, la salute non è più una cosa della scienza, ma è cosa dell’economia. Esattamente un anno fa il virus si diffondeva in Val Seriana, si decideva di non fermare le aziende in una delle zone più produttive del paese e si contavano migliaia di vittime. Commentavamo indignati quell’osceno compromesso tra economia e salute, andavamo a caccia dei cinici che avevano deciso di non chiudere le aziende, ci sono indagini ancora in corso per accertare le responsabilità e oggi, quel compromesso odioso, lo si rivendica. A gran voce per giunta, e senza che nessuno si scandalizzi. Del resto, non guardiamo neanche più i bollettini dei morti, siamo assuefatti. Quello che però sembra sfuggire alla politica e alla stampa che percula “i pessimisti” è che non dobbiamo perdere di vista un tema fondamentale: arginare le varianti vuol dire mettersi in condizione di continuare a vaccinare. Se la pressione sulla sanità tornerà quella pesante della prima ondata, tutto il personale ospedaliero e i medici di base che devono vaccinare non potranno più farlo. Tutto verrà nuovamente inghiottito dall’emergenza, entreremo in un vortice di inefficienza che posticiperà le vaccinazioni e la ripresa per tutti, dunque anche per l’economia. Volete le piste da sci piene e la moglie ubriaca, ma non si può. E dirò di più: andrebbe ricordato ogni tanto che Cassandra, alla fine, aveva ragione. Speriamo che la variante muti anche la mitologia greca, ma per ora – forse – meglio darle ascolto.
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Io sono una donna selvaggia.
Corro con i lupi
somiglio alla leonessa.
Ululo alla luna.
Mi lascio guidare dai miei antenati.
Ascolto la dea e nessun altro.
Io sono una donna selvaggia.
In contatto con il mio sé superiore e nell'armonia dell'animale umano che ospita questo corpo.
Io sono una donna selvaggia.
Possiedo il mio corpo.
Possiedo il mio spirito.
Possiedo le mie scelte.
Possiedo la mia mente.
Il mio spirito è mio.
Faccio quello che mi pare.
Io sono una donna selvaggia.
La mia volontà è in linea con il divino.
Io sono una donna.
Sono stata una vittima.
Io sono una guerriera.
Sono stata picchiata
Mi hanno creduta Morta.
Ho vissuto.
Io sono un sopravvissuta.
Io sono prospera.
Io sono una regina perché io governo.
Io sono una guaritrice.
Io sono una donna di medicina.
Credo nell'amore.
Credo nella giustizia.
Credo nel sangue.
Credo nella legge naturale.
Credo che verrà un tempo in cui riconoscerete il mio potere.
Io riconosco il mio potere.
Io sono una donna selvaggia.
Semino preghiere nella terra.
Evoco la magia con le mie mani.
Io guarisco con le mie parole.
Distruggo con la mia rabbia.
Non mi dite di obbedire.
Non mi dite di sorridere.
Non mi dite di star calma.
Non ditemi che sono troppo aggressiva, troppo violenta, troppo forte, troppo grande, troppo nera, troppo estrema, troppo piccola, troppo agguerrita.
O che io non sono abbastanza.
Non ditemi come agisce una signora, o come essere come una donna, o che cosa pensate che dovrei fare.
Io cammino con gli elefanti.
Volo con i falchi.
Nuoto con polpo.
Caccio con le tigri.
Io sono una donna selvaggia.
Una donna senza legge.
Un fiore selvatico.
Una leonessa di montagna.
Una scimmia magica.
Un cacciatore.
Una strega.
Un guerriero.
Un' amante.
Una madre.
Una sacerdotessa.
Una donna di medicina.
Io sono fatta di buio e luce.
Io sono l'equilibrio.
Invoco la dea della distruzione e la dea della nascita.
Io sono una selvaggia.
Io sono libera.
Io appartengo a me.
Io credo nella cura e nel machete .
Credo nel piantare fiori e nel sollevare i bambini.
Credo nella protezione e nella morbidezza.
Credo nell'arte e credo nel sacrificio.
So che a volte devi prendere l'arma così gli altri depongano le loro.
Io sono una donna selvaggia
e faccio quello che mi pare
E non voglio scusarmi per nessuna parte di me.
Clarissa Pinkola Estès
-donne che corrono coi lupi-
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Torno a casa?
Ho tante cose da scrivere ma non so come metterle su carta. Succede spesso ultimamente. Quando mi ritrovo di fronte al foglio bianco i mille pensieri che mi turbinavano nel cervello si assopiscono, si mettono a dormire, pronti però a tornare alla ribalta quando meno me lo aspetto, quando sono distratto, e forse credo persino di essere felice. La barretta grigia di word che ad intervalli regolari appare e scompare davanti ai miei occhi è quasi terapeutica. Mi regala un senso di ordine, di qualcosa che ti puoi aspettare, che non ti sorprende, che tranquillizza.
Ascolto molta musica in questo periodo. Recupero vecchie perle e poi mi immergo nelle solite canzoni tristi che se ne stanno buttate come in un angolo a prendere polvere e aspettano soltanto che io abbia un nuovo inesorabile crollo. Aggiungo film all’elenco delle cose da vedere, sapendo già che per la maggior parte di essi non riuscirò a trovare il minimo momento libero. Creo nella mente una lista di possibili idee regalo, visto che lo spirito natalizio si avvicina a grandi passi. Percepisco voci intorno a me, persone, eventi; c’è la coperta sopra il divano che è tutta in disordine, i dadi a venti facce sul tavolo (un 3, un 9, un 14). Ma mi sembra tutto così collaterale, così lontano e distante. Come di passaggio, e arrivo alla sera che non sono neanche sicuro di come diavolo sia successo che passassero così tante ore. Attraversare il dolore penso, mentre sono sotto le coperte, attraversare il dolore, fallo, attraversa il dolore. Che poi in verità mi pare che ora come ora sia lui invece che stia attraversando me, ferocemente tra l’altro, come una freccia, un coltello e come altri oggetti che cruentemente possono lacerare la carne umana.
Si tratta però comunque di una metafora riduttiva, inadatta. Voglio dire è più una sensazione avvolgente, se dovessi seguire le indicazioni della medicina d’urgenza penserei maggiormente ad un infarto come tipologia di paragone. Sì, la classica costrizione interiore, con tanto di groppo in gola e mal di testa serale da stanchezza emotiva. Uno stereotipo vivente praticamente.
Esistono vari tipi di dicotomie. Tra il bianco e il nero ad esempio, e non ve lo sto neanche a dire di come, dal punto di vista stilistico, si tratti di una cosa deliziosa. Adoro mettere il maglione intrecciato a collo alto bianco con i pantaloni neri e le scarpe corvine e un cappotto grigio. Oppure tra giorno e notte, anche questa destrutturata e analizzata in milioni di maniere. Vogliamo buttarci sulla cucina e dire tra dolce e salato? Certo, diventa fondamentale quando si deve organizzare una festa in cui ognuno porta qualcosa, è importante che le due categorie si bilancino. E contestualmente che qualcuno magari si ricordi di comprare pure piatti e bicchieri e roba da bere. Le dicotomie sono ovunque in pratica, che lo si voglia o meno. Ma non bisogna assolutamente cadere nel tranello di ritenere che si trovino solamente all’esterno, nel mondo intendo, immerse nell’ambiente. Molto spesso le più profonde si nascondono dentro di noi, in posti reconditi e oscuri e da lì sono capaci di spaccarci a metà. È quello che sta succedendo a me negli ultimi giorni.
Da una parte la logica del voler realizzare i propri sogni. Del voler abbandonare ogni cosa di punto in bianco per dedicarsi solamente alle proprie passioni, vivere di quello, andare avanti in questo modo. Dall’altra la consapevolezza di non esserne in grado. Di non avere la determinazione sufficiente, di non avere forse neanche l’arroganza per poter credere a tali vaneggiamenti, di arrivare semplicemente ad un certo punto e non avere più voglia di inseguirli. D’altronde la mia vita è una collezione di racconti mozzati si potrebbe dire; capitoli lasciati aperti e mai continuati, finali evanescenti, corsi e concorsi abbandonati sul nascere per incapacità di impegnarsi o perché non ero del tutto convinto e allora che te ne fai di una cosa della quale non sei del tutto convinto?
Conobbi una ragazza quando ancora facevo nuoto, parliamo di una decina di anni fa. Maldestra, sgraziata, la facevi correre un po’ e non so come spiegarlo ma finiva da tutte le parti. Aveva difficoltà con i compiti qualche volta, forse pure con le amicizie al di fuori dell’ambito della piscina. Ma quando nuotava cazzo, cioè uno non poteva che rimanere a bocca aperta. E io quella cosa gliela invidiavo da morire; il fatto che avesse un suo ambito, una sua specialità, qualcosa nella quale fosse eccellente. Mi ricordo che guardavo alla mia situazione e sospiravo; bravo a scuola certo, suonavo il pianoforte discretamente, vincevo qualche gara in acqua se ero particolarmente ispirato e avevo anche mangiato un bel piatto di pasta per pranzo, ma non c’era niente di mio, di veramente e genuinamente mio. E in nessuno di quegli ambiti avevo bisogno di impegnarmi seriamente. Cavolo, suona così pretenziosa come cosa, fa impressione.
Ho lavorato in biblioteca per un inverno. Sezione di pedagogia e antropologia. Un luogo polveroso e poco frequentato; facevi qualche prestito e tornavi a studiare sul bancone aspettando il prossimo avventore. Poi ad una certa scendeva il direttore, e si chiudeva tutto. Lo ricordo come un momento della vita brillante, e non per i libri e l’atmosfera e le chiacchiere con quelli che stavano là insieme a me, ma forse più che altro per il fatto che essere impegnato 12 ore al giorno non mi lasciava neanche un istante di introspezione, di evasione mentale. Ecco, non avevo come succede invece adesso la possibilità di pensare al destino, al futuro, alle scelte. Al fatto di essere veramente in grado di poter dedicare la vita alla medicina oppure no. Insomma a tutta una serie di ‘vorrei’ lasciati appesi e che inesorabilmente infrangerei e a tutta un’altra serie di ‘non sono in grado’ che mi tengono legato qua.
Forse è che per davvero mi piace questo tipo di personaggio. È tagliato su misura per me; quello che poi ti racconta le storie e ti dice: avrei potuto essere questo e quello e un sacco di altre cose e invece eccomi qua su un marciapiede il sabato sera a bere una birra con i soliti amici di sempre. A invidiare, a provare gelosia, insicurezza. Che stronzo viene da pensare. Già, che stronzo.
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