#accordi di filiera
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Coldiretti. Alessandria. Etichettatura: Quante Nocciole ci Sono Davvero nella Crema di Nocciole?
Serve una normativa chiara per garantire al consumatore un acquisto consapevole e valorizzare le eccellenze locali come le nocciole piemontesi.
Serve una normativa chiara per garantire al consumatore un acquisto consapevole e valorizzare le eccellenze locali come le nocciole piemontesi. Le nocciole piemontesi e monferrine sono rinomate per la loro eccellenza, costituendo uno degli ingredienti chiave della celebre crema di nocciole. Tuttavia, nonostante la qualità delle nocciole, non esiste ancora una normativa che garantisca al…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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La Regione Emilia Romagna investe 1,5 milioni di euro per videogiochi e industrie culturali creative
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La Regione Emilia Romagna investe 1,5 milioni di euro per videogiochi e industrie culturali creative L'Emilia-Romagna investe 1,5 milioni di euro sulle Industrie culturali creative (Icc) e sul settore dei videogiochi, per sostenere una filiera importante della regione che punta sulla cultura e la creatività come fattori di sviluppo economico e che cresce in termini di attrattività, talenti e occupazione. Regione e Comune di Bologna hanno siglato una convenzione triennale per sostenere la creazione, l'emersione e il rafforzamento delle Icc su tutto il territorio regionale con un coordinamento in capo al Comune di Bologna attraverso le iniziative Incredibol! e Bologna Game Farm per il 2024, 2025 e 2026. "Il comparto delle Icc in termini di valore aggiunto nel 2022 in Emilia-Romagna è valso 5,8 miliardi di euro, pari a una quota del 4% del totale dell'economia regionale (circa 146 miliardi di euro sempre in termini reali) e rappresenta, quindi, un settore non secondario- ha detto l'assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori-. La Regione Emilia-Romagna, che ha riconosciuto nella Smart specialisation strategy il settore Icc come prioritario e gli ha destinato parte delle risorse Fesr 2021-2027, ha voluto sottoscrivere una convenzione con il Comune di Bologna, grazie alla quale si investe fornendo un accompagnamento alle Icc che lavorano nella Regione e garantendo anche degli approfondimenti tematici, come per esempio con il progetto Game Farm, già alla sua terza edizione". "Il lavoro congiunto di questi anni tra il Comune di Bologna e la Regione Emilia-Romagna sulle Industrie culturali e creative ha portato grandi frutti e siamo felici che Bologna consolidi il suo ruolo di capitale regionale delle Icc grazie a un ecosistema sano, ricco e capace di dialogare a livello regionale, nazionale e internazionale", dichiara Rosa Grimaldi, delegata del Sindaco di Bologna per le Icc, che aggiunge: "Siamo particolarmente fieri del nostro acceleratore Bologna Game Farm: esperienza pilota in Italia che sta trovando molta corrispondenza in ambito europeo". Dopo l'Accordo di programma sottoscritto nel 2019 da viale Aldo Moro e Comune di Bologna e proseguito con accordi annuali, gli ottimi risultati raggiunti sono stati la premessa della nuova convenzione triennale che, con 1,2 milioni di euro di investimento regionale e 300mila euro del Comune, derivanti dal Programma regionale Fesr 2021/2027, prevede azioni di rafforzamento dell'ecosistema della ricerca e dell'innovazione, anche attraverso il potenziamento degli strumenti a supporto delle piccole e medie imprese e le loro filiere. Le azioni di sistema nel triennio garantiranno la gestione complessiva del progetto Bologna Game Farm per lo sviluppo del settore dei videogiochi sul territorio nazionale, con particolare attenzione alle realtà emiliano-romagnole. Si procederà inoltre all'attuazione del progetto Incredibol! come azione di sistema regionale e attività continuativa di ascolto e orientamento per le Industrie culturali e creative di tutta la regione, anche attraverso l'organizzazione e la partecipazione a incontri formativi ed eventi di promozione. Saranno quindi sviluppate iniziative territoriali nel campo della promozione delle imprese culturali e creative, con attività di orientamento e professionalizzazione per lo sviluppo delle diverse filiere artistiche, culturali e creative regionali, in particolare rispetto alle filiere dell'audiovisivo e delle performing arts, su cui il Comune di Bologna ha da tempo sviluppato competenze specifiche. Queste azioni di sistema si aggiungono al bando sulle industrie culturali e creative da 10 milioni di euro promosso quest'anno, e ai bandi di ambito imprese che hanno focus specifici per Icc come il bando start up innovative attualmente pubblicato e all'Hub cultura e creatività.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Cambiare Rotta: 'Gli studenti occupano il rettorato della Sapienza'
“Nel giorno precedente il Senato accademico della Sapienza, gli studenti occupano il rettorato: basta complicità con Israele, fuori la rettrice da Med-Or, no alla partecipazione al bando del ministero degli Esteri, basta accordi con università israeliane e filiera bellica”. Lo afferma una nota degli studenti di Cambiare Rotta su Instagram. “Dopo i partecipati cortei cittadini e dentro l’ateneo,…
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notiziariofinanziario · 1 year ago
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FederlegnoArredo conferma il suo impegno sulla sostenibilità
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FederlegnoArredo espone a Ecomondo, l’evento internazionale di riferimento in Europa per le tecnologie, i servizi e le soluzioni industriali nei settori dell'economia verde. Per la Federazione, la quattro giorni di Rimini sarà l’occasione per condividere con istituzioni, stakeholder, università, centri di ricerca e operatori del settore il percorso intrapreso fino ad oggi con l’ambizione di rendere la filiera del legno-arredo pioniera della Green Industry, quale voce autorevole e guida riconosciuta e riconoscibile sul tema. Un percorso concreto che vede le aziende del settore già da tempo impegnate nella sostenibilità lavorando su tutti gli aspetti della produzione, della progettazione e del ciclo di vita del prodotto, migliorandone le performance ambientali. Azioni mappate e misurate in una Survey – realizzata su un campione di aziende associate in collaborazione con Fondazione Symbola – che fornisce una fotografia aggiornata delle strategie messe in campo dalle imprese. Il 96% delle aziende della filiera legno-arredo adotta materiali sostenibili nei processi; il60% si approvvigiona in qualche misura da fonti energetiche rinnovabili nella produzione. Inoltre quasi tutte le imprese considerano almeno un criterio circolare nella progettazione di prodotto, e oltre la metà ha implementato modelli di business orientati alla circolarità. La maggior parte delle imprese si è concentrata sulla riciclabilità (58,2%), la disassemblabilità (37,5%) il riuso (29,3%) del prodotto, sulla riduzione degli imballaggi (44%) e dei consumi energetici (54,9%). Sempre più aziende offrono servizi utili a migliorare la gestione del ciclo di vita del prodotto. Ponendo l’attenzione sui processi produttivi si evidenzia come questi siano sempre più efficienti e competitivi: circa il 70% delle imprese ha realizzato investimenti in efficientamento negli ultimi tre anni, ottimizzando i processi produttivi (64% nel 2021) per ridurre l’impatto ambientale. In particolare si evidenzia che più della metà delle imprese recupera scarti di produzione per il riutilizzo interno. Non solo: il 55% delle imprese sono coinvolte in accordi, programmi e progetti per l’implementazione di misure e soluzioni di sostenibilità e circolarità di processi e prodotti, il 17,9% ha attivato programmi di rigenerazione degli habitat naturali direttamente o vi partecipa e il 50% ha intenzione di farlo in un prossimo futuro. Le aziende del legno-arredo risultano inoltre impegnate nel garantire l’accrescimento di competenze in materia di sostenibilità per un modello di welfare sempre più efficace. Sul fronte delle risorse aziendali il 41,3% delle imprese ha programmi di formazione o informazione continua. Il 27,2% ha individuato un responsabile o manager sostenibilità e il 43,5% ha in programma di inserirlo in organico. Per quanto riguarda la scelta dei fornitori, il 76% delle imprese ha definito dei criteri di valutazione che tengono conto degli aspetti ambientali (56% nel 2021).  Il 47,5% delle aziende dell’area arredo si approvvigiona di materie prime o semilavorati locali (entro 100 km) e nell’area legno tre imprese su quattro acquistano legno certificato (FSC, PEFC). Ad oggi più del 60% delle imprese ha almeno una certificazione di sistema, di cui il 31% del tipo ISO 14001. “Ci troviamo davanti a una sfida epocale e la Federazione ha deciso di essere protagonista attiva nel ripensamento dei modelli produttivi, nel limitare il cambiamento climatico e, allo stesso tempo, nel creare le condizioni affinché le aziende associate rimangano competitive sui mercati. Dare il nostro contributo – spiega Claudio Feltrin presidente di FederlegnoArredo – è doveroso affinché un modello di sviluppo sostenibile sia davvero possibile. I risultati della Survey ci confortano e dimostrano come la nostra sia una filiera green per vocazione, ma il percorso è ancora lungo e complesso e nessuno può pensare di intraprenderlo da solo.  Essere a Ecomondo significa anche questo: fare sistema con i più autorevoli protagonisti della transizione ecologica”. Read the full article
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scienza-magia · 2 years ago
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Pubblicato Bando Contratti di filiera per il settore forestale 
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Il giorno 26 aprile 2023 è stato approvato e pubblicato il bando - fortemente atteso da Uncem - recante le caratteristiche, le modalità e le forme per la presentazione delle domande di accesso ai contratti di filiera nel settore forestale e le modalità di erogazione delle agevolazioni, che costituisce provvedimento di attuazione del decreto del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste numero 48567 del 31/01/2023. Nel panorama nazionale degli accordi di filiere e reti d’impresa, l’Accordo di Foresta rappresenta uno strumento giuridico innovativo per lo sviluppo di sinergie virtuose a beneficio delle aree forestali e della multifunzionalità che caratterizza il settore. Questo nuovo strumento nasce con l’articolo 35-bis “Misure di semplificazione e di promozione dell'economia circolare nella filiera foresta-legno”, del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, nella Legge 29 luglio 2021, n. 108. L’Accordo di Foresta rappresenta quindi, uno strumento giuridico innovativo per lo sviluppo di sinergie virtuose a beneficio delle aree forestali e della multifunzionalità che caratterizza il settore. Una scommessa lanciata dal Centro Oltreterra, nell’ambito dell’iniziativa di Slow Food Italia realizzata in collaborazione con Legambiente per la valorizzazione delle Foreste e della Montagna italiana. Nell’edizione del convengo annuale di Oltreterra, tenutosi a Santa Sofia il 6-7 novembre 2020, è stata dedicata una sessione speciale alla necessità di trovare soluzioni alla frammentazione fondiaria a cui è stato dato come titolo “L’Accordo di Foresta: Una necessità non prorogabile”. Alla sessione ha partecipato una importante platea di partner, tra i quali il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, PEFC Italia, il CREA, l’Università di Firenze, Romagna Acque-Società delle Fonti ed ERSAF Lombardia, e molti altri.
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Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2018 n. 34 la materia forestale ha acquistato un nuovo ruolo nelle politiche nazionali e regionali e il ruolo delle foreste e delle filiere forestali ha assunto un peso maggiore nella consapevolezza sociale. Il decreto ha introdotto importanti disposizioni per la gestione del patrimonio forestale nazionale, che copre attualmente più del 36% del territorio italiano, coinvolgono non solo lo storico settore produttivo del legno ma anche tutte le filiere che dalle foreste possono svilupparsi generando beni e servizi per la società di oggi e per le generazioni future. In particolare, il concetto internazionale di Gestione Forestale Sostenibile (GFS) viene ripreso (Articolo 3, comma 2, lettera b) nella sua definizione tecnica, riprendendo i valori di quella cultura forestale che per secoli ha caratterizzato e cadenzato le scelte e i tempi di sviluppo delle comunità montane del nostro paese. La gestione viene qui riproposta con una nuova valenza sociale, diventa infatti, un atto di responsabilità del proprietario, pubblico o privato che sia, nei confronti del bosco e della società. La scelta gestionale, produttiva o conservativa, si definisce nel rispetto delle norme vigenti assecondando i ritmi e le evoluzioni naturali del bosco, e si concretizza nello strumento pianificatore (costituito di norma dal Piano di Gestione Forestale), che esprime una assunzione di responsabilità nell’interesse pubblico da parte dei proprietari o titolari delle superfici forestali, pubblici o privati. Partendo da questo presupposto appare chiaro come la partecipazione e la condivisione nelle scelte di gestione per la realtà forestale italiana in ambito locale, debba rispondere alle esigenze e necessità presenti e future, integrandosi con le scelte di sviluppo socioeconomico del territorio. L’idea dell’Accordo di Foresta nasce proprio dall’esigenza di poter creare una nuova figura contrattuale, non agricola o agroalimentare ma forestale che rappresenti sempre di più i territori, 4Accordo di Foresta le comunità e le realtà socioeconomiche delle aree montane e interne del paese, coinvolgendo dal proprietario forestale (pubblico o privato), al produttore di beni e servizi, al trasformatore, ai segmenti di commercializzazione, fino alle popolazioni locali, ai consumatori e fruitori dei prodotti forestali e dei servizi ecosistemici. L’Accordo di Foresta costituisce uno strumento propedeutico allo sviluppo di azioni concrete di associazionismo volte a realizzare interventi condivisi per la conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio forestale da parte di una comunità locale. Si caratterizza per essere uno strumento vincolante che individua e definisce obiettivi, impegni e ruoli di collaborazione per un concreto sviluppo locale. Unirsi nella gestione attraverso la stipula di un Accordo di Foresta per dare attuazione poi a un Piano di Gestione Forestale vuol dire porre le basi per: lo sviluppo di filiere sostenibili (produttive, ambientali, socioculturali), creare occupazione, sviluppare innovazione, dare presidio; realizzare scelte condivise su un’area vasta; ricercare un equilibrio tra esigenze ecologiche, ambientali, paesaggistiche e necessità umane; ed infine realizzare una strategia territoriale di conservazione e/o sviluppo socioeconomico. Con il presente documento redatto nell’ambito delle attività previste dal programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020/23 in collaborazione con il Centro Oltreterra, si vuole offrire una prima lettura all’articolato normativo che definisce l’Accordo di Foresta e proporre una prospettiva applicativa per una sua reale capacità operativa. Tutto il materiale è scaricabile qui: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/19507 Una scommessa lanciata dal Centro Oltreterra, nell’ambito dell’iniziativa di Slow Food Italia per la valorizzazione delle Foreste e della Montagna italiana. Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste -  BANDO Contratti di filiera Settore Forestale Il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste - Decreto_DEF_MIPAAF_2023_0048567_DecretoFiliereForestali Report di Approfondimento - Gli Accordi di Foresta Una nuova opportunità per il settore forestale nazionale Read the full article
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olitaly · 2 years ago
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paoloxl · 6 years ago
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(via Manganelli quattro stagioni - Carmilla on line)
La pizza e il fascismo sono due esempi dell’estro inventivo degli italiani. Entrambi prodotti poveri – un po’ di farina, mozzarella e pomodoro; un po’ di agrari, reduci e sottoproletari –, il condimento di mani sapienti et voilà: la creatività italiana si esporta in tutto il mondo, diventa tradizione, diventa trend. Il “Made in Italy” come modello di una qualità riconosciuta nel tempo.
Da alcuni mesi, dentro una grande industria modenese, la Italpizza, orgoglio del territorio e del nostro export, la continuità produttiva è assicurata da un reparto celere messo cortesemente a disposizione dell’azienda. Il presidio poliziesco pressoché permanente, il sistema sanzionatorio, la sicurezza interna e un clima pre-bellico, rendono Italpizza un’azienda sostanzialmente militarizzata, come capita alle industrie strategiche in tempo di guerra. Gas tossici, mazzate, denunce, gipponi lampeggianti, provvedimenti disciplinari, licenziamenti. Tutto questo non avviene in una maquiladora messicana; e neanche nelle campagne brumose che nascondono arretrate microimprese “old manners”. Siamo a Modena, poco lontano dal centro, lungo un asse viario strategico che risulta spesso bloccato dalle cariche poliziesche o dai blocchi dei manifestanti: gli automobilisti, nei momenti peggiori devono tirare su i finestrini per evitare che il gas CS entri negli abitacoli. Sullo sfondo, ben visibile dalla strada, il grande marchio Italpizza svetta su uno stabilimento moderno e blindato, in cui in passato politici e amministratori hanno fatto spesso visite devote.
Insomma, tutti sanno quello che sta succedendo in località San Donnino, tutti sono consapevoli di questo bizzarro segno dei tempi: un’azienda che da mesi resta aperta e fa uscire i suoi prodotti, solo perché decine di robocop mascherati, bastonano e gasano una parte del personale che sciopera e picchetta.
La storia dell’organizzazione del lavoro in Italpizza è tristemente comune: circa 600 dipendenti, di cui solo 80 assunti direttamente; il resto tutti precari in capo a un paio di pseudo cooperative riconducibili alla proprietà; ritmi, turni, orari massacranti decisi in modo unilaterale dal committente, sottoinquadramento contrattuale (contratti delle pulizie for ever) che garantisce risparmi anche del 40% sui costi del lavoro vivo. Vivo e povero.
Italpizza, come da tradizione marchionnesca, decide unilateralmente chi sono gli interlocutori sindacali, in un gioco a geometrie variabili, che comunque lascia fuori qualsiasi rappresentanza che metta in discussione i suoi interessi. Queste pratiche accumulano un enorme ammontare di elusione fiscale e contributiva (già 700.000 euro sono stati comminati dagli organi ispettivi), ma queste sanzioni sono evidentemente messe nel conto dall’azienda, come altrettante multe per divieto di sosta .
Italpizza sta diventando metafora del modello emiliano 4.0: uffici stampa, presenza social, adesione a tutti i blandi protocolli che rimandano a una qualche memoria concertativa nella ex Emilia rossa. E operai sfruttati, precarizzati, mortificati e gestiti manu militari. In sovrappiù l’azienda si permette anche di disertare una convocazione presso il Ministero del Lavoro, perché non gradisce al tavolo la delegazione Cobas: una specie di dichiarazione d’indipendenza dalle vecchie pastoie sottogovernative, una rivendicazione dell’autonomia del comando d’Impresa. Abbiamo il grano, i programmi di investimento, gli accordi sul piano regolatore: non rompete i maroni sulla forza lavoro – quella è roba nostra. Per un sottosegretario Cinquestelle che convoca tavoli, c’è un sottosegretario leghista che manda la polizia. È il governo dei tempi moderni.
Centinaia di ore di sciopero, centinaia di candelotti lanciati addosso ai presidi, decine di cariche, un numero indefinito e crescente di denunciati, secondo le regole del nuovo Decreto Sicurezza.
Il bello è che i lavoratori in agitazione – spesso donne e straniere – stanno solo chiedendo la corretta osservanza di leggi e norme: l’applicazione del giusto contratto collettivo, un minimo di confronto sulla prestazione. Insomma: i bastonati/gasati/denunciati stanno oggettivamente difendendo il feticcio della legalità borghese, mentre l’imprenditore e gli organi polizieschi, garantiscono ogni giorno la reiterazione del reato – con un enorme investimento di spesa, peraltro, a carico del contribuente (anche dei mazziati, evidentemente). Ecco il genio italico in azione: la Giornata della Legalità in prima pagina e nel contempo l’esibizione pubblica e muscolare dell’Impunità d’azienda.
Si dice in giro che il gigante Italpizza (120 milioni di fatturato esportazioni in 55 paesi del mondo) per difendere il privilegio di fare quello che gli pare, olii generosamente la politica e la stampa: sponsorizzazioni, inserzioni, piani di sviluppo scritti di concerto all’amministrazione, una fama “democratica” che traballa ma gode ancora di solidi supporti politici. Gente organizzata, insomma – non i pirati della logistica con le loro cooperative spurie. Dio solo sa come abbiano convinto la Questura a mettersi sostanzialmente a disposizione dell’azienda come una qualsiasi agenzia di guardie giurate – non solo, immaginiamo, con sostanziose donazioni alla Befana della Polizia, ma anche grazie alla consapevolezza che a quei cancelli si gioca una partita importante sulla rappresentanza e sui diritti: e che, su questo crinale, è meglio che le truppe armate dello Stato diano una mano agli intrepidi esportatori di pizza e alla benemerita opera di modernizzazione che stanno promuovendo.
Come potremo definire questa allucinante quarta dimensione del degrado italiano, questa metafora dell’eccellenza che ha, come al solito, nell’enorme moloch post-moderno del “food” il suo terreno originale di coltura? “Pizza e Fascismo”, sarebbe una buona sintesi?
Oggi “l’antifascismo”, soprattutto nei periodi di fibrillazioni pre-elettorali, conosce rinnovati momenti di gloria: l’Espresso e Repubblica in testa, si sbracciano per evocare il pericolo rappresentato dai gruppuscoli di destra, ne raccontano con raccapriccio e sincero sdegno democratico le gesta e i canali di finanziamento, ne ingigantiscono il peso e il profilo (vedi le incursioni anti-rom nei quartieri romani raccontati come l’invasione dei mongoli secondo un format mediatico ormai collaudato). Si sa che questa esaltazione del “fascista all’attacco” è funzionale alla costruzione di ipotetici “fronti antisovranisti” – ormai è un giochino svelato. Questi antifascisti della tredicesima ora, nel calduccio delle loro redazioni, non colgono (o colgono fin troppo bene) l’essenza dei tempi: il fascismo vero oggi è rappresentato dai reparti celere che sparano gas lacrimogeni addosso ai lavoratori che presidiano sindacalmente la loro azienda; altro che Casapound e simili utili idioti – di volta in volta legittimati o mostrificati alla bisogna.
I nuovi assetti di potere stanno manifestando, oggi, un approccio pragmatico, moderno, assolutamente estraneo alla demagogia sulla “cacciata dello straniero”, buono solo per le campagne elettorali – ma poco utile nelle campagne del foggiano o del crotonese, dove lo schiavo nero è alla base della filiera agroalimentare. Nessuno li vuole cacciare, quello che si vuole è la loro sottomissione, l’invisibilità sociale, il disciplinamento nelle loro funzioni: a spennellare pizze o pulire cessi (tanto il contratto è lo stesso). Il razzismo, la xenofobia “der popolo” è solo folclore. La forza lavoro è petrolio: si è mai visto qualcuno gettarlo via? Bisogna solo saperlo incanalare nelle tubature giuste. È fascismo, questo? È post-fascismo? Pre-fascismo? Lo leggeremo sui libri di storia. Intanto la polizia e la magistratura italiana stanno dando il loro contributo al dibattito, attraverso una stretta repressiva silenziosa, infame e implacabile, che conosce pochi precedenti. Purtroppo avremo il tempo di riflettere ed elaborare, circa questo nuovo stato delle cose.
Per il presente, ricordiamo a noi stessi che il manganello sulla schiena operaia è l’essenza del fascismo, quello metastorico, che attraversa le epoche: oltre le mitologie, le coreografie, le estetiche decadenti o virulente, il fascismo è fatto sempre degli stessi genuini ingredienti di una volta: il contrasto alla lotta di classe, il sabotaggio degli scioperi, il crumiraggio organizzato, il disciplinamento della forza lavoro, la bastonatura di chi mette in discussione le gerarchie di classe.
Tutta roba semplice, cose di una volta. Come gli ingredienti della pizza.
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paolocentofanti · 2 years ago
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Mimit: Automotive, 520 milioni per rilanciare la filiera
Mimit: Automotive, 520 milioni per rilanciare la filiera
Ministero delle Imprese e del Made in Italy: Automotive, 520 milioni di euro per rilanciare la filiera. Nuove domande dal 29 novembre per i Contratti di sviluppo e gli Accordi di innovazione. Riaprono gli sportelli per gli incentivi al settore automotive. Dal 29 novembre le imprese della filiera potranno infatti richiedere le agevolazioni a valere sui Contratti di sviluppo e sugli Accordi per…
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editorialstaff2020 · 2 years ago
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Biofuel, così Eni pianta i semi di una nuova energia
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Agri-feedstock non in competizione con la filiera alimentare, raccolti da alberi spontanei o risultanti dalla valorizzazione di sotto-prodotti agricoli. Questo l’approccio scelto da Eni per la nuova generazione di biocarburanti
 Biocarburanti a partire dal ricino, dalle noci di croton e dal cotone. Agri-feedstock non in competizione con la filiera alimentare, coltivati in aree degradate e in grado di creare sviluppo e benessere a livello locale. È questo il futuro del sistema di bioraffinazione di Eni, un percorso completamente orientato alla sostenibilità che ha obiettivi importanti: coprire il 35% dell’approvvigionamento delle proprie bioraffinerie entro il 2025 attraverso colture non edibili, residui e rifiuti, e un’integrazione verticale delle filiere.
In questi anni l’azienda ha firmato accordi in sette Paesi africani – Angola, Benin, Congo, Costa d’Avorio, Kenya, Mozambico e Ruanda – per sviluppare i cosiddetti agri-feedstock, ovvero piante non commestibili da cui estrarre olio per la produzione di biofuel avanzati. Niente mais, canna da zucchero o legno delle foreste, quanto piuttosto ricino, croton, brassica, camelina e co-prodotti del cotone. E per farli crescere? Terreni degradati, zone abbandonate, aree minacciate dal cambiamento climatico e dalla desertificazione. L’approccio punta alla riqualificazione e alla creazione di valore nel territorio, e fa affidamento su agri-hub locali, ossia centri di raccolta e spremitura dei semi costruiti da Eni dove lavorare la materia prima L’olio estratto è quindi destinato alle bioraffinerie italiane di Venezia e Gela.
Il primo cargo è partito l’11 ottobre dal porto di Mombasa, in Kenya, diretto all’impianto di Gela. A bordo della nave c’è la prima spremitura dell’agri-hub di Makueni, inaugurato dall’azienda a luglio di quest’anno. Nel centro si producono anche mangimi e bio-fertilizzanti, derivati dalla componente proteica dei semi di ricino e croton, da destinare alle produzioni zootecniche locali. Un circolo virtuoso orientato alla piena sostenibilità. Il progetto, infatti, non solo fornisce opportunità di reddito, accesso al mercato a migliaia di agricoltori africani e riqualificazione di aree abbandonate ma è anche certificato secondo lo schema di sostenibilità ISCC (International Sustainability and Carbon Certification). Oltre al centro di Makueni, Eni prevede di aprirne un secondo sempre in Kenya e un altro in Congo nel 2023.
“Questi sono i semi di una nuova energia”, ha sottolineato Descalzi. “Un passo concreto per decarbonizzare i trasporti con un approccio innovativo che, a partire dalla produzione del Kenya, si estenderà l’anno prossimo al Congo, e successivamente agli altri Paesi africani e alle aree geografiche in cui stiamo portando avanti questi progetti”. L’obiettivo è raggiungere una produzione di circa 30.000 tonnellate all’anno di olio vegetale, da ampliare fino a 200.000 tonnellate l’anno in un secondo momento.
Nuove coltivazioni, nuovi centri di raccolta ma anche nuovi flussi. Sempre in Kenya l’azienda energetica sta portando avanti un altro grande progetto legato alla produzione di biocarburanti. L’iniziativa si focalizza sulla raccolta e stoccaggio dell’olio da cucina usato di hotel, ristoranti e bar a Nairobi, con l’obiettivo di valorizzare questo rifiuto inserendolo nella filiera dei biofuel.
Ma il lavoro per aumentare i volumi di olio inizia in Italia e più precisamente in Sardegna. Qui Eni, in collaborazione con il Gruppo BF,  ha creato una joint venture per sviluppare sementi migliorate da destinare alla bioraffinazione. L’accordo prevede di individuare e testare le specie di piante oleaginose più promettenti ai fini energetici, valutando la replicabilità delle produzioni in Africa.
 Link: https://www.rinnovabili.it/mobilita/biocarburanti/biocarburanti-eni-semi-nuova-energia/
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telodogratis · 2 years ago
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Caputo (Regione Campania): 'Con contratti filiera del tabacco si alza asticella redditività'
Caputo (Regione Campania): ‘Con contratti filiera del tabacco si alza asticella redditività’
Read More(Adnkronos) – “La Regione Campania è una regione fortemente produttiva e io da quando mi sono insediato ho sempre avuto l’input da parte di Gennaro Masiello su questo settore, che conoscevo bene perchè sono della provincia di Caserta, ma di cui ho potuto apprezzare negli ultimi tempi la grande evoluzione. Soprattutto grazie a questi accordi di filiera che hanno spunto il settore alzando…
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Caro carburante: deroga al taglio di 30 centesimi ma...
Era nell'aria da parecchio tempo ma il problema caro carburante è ben lontano dall'essere risolto. Il governo Draghi ha deciso per il taglio delle accese fino al 2 Agosto andando a prorogare quella misura che agli occhi di tutti sembra solo un cerotto sopra uno squarcio di grandi dimensioni. Caro carburante: prorogato il taglio La notizia era nell'aria ma l'ufficialità è arrivata solo da meno di 24 ore. Il ministro dell'Economia Daniele Franco e il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani hanno firmato il Decreto Interministeriale che proroga il taglio delle accise fino al 2 agosto. I due ministri avevano firmato il prolungamento della scadenza del taglio delle accise fino all'8 luglio. Sembra chiaro che il Governo Draghi voglia continuare con misure a breve termine da poter rinnovare ogni volta. Questa scelta di non introdurre ulteriori interventi non ha suscitato l'approvazione di diverse associazioni dei consumatori che hanno "lamentato" che il nuovo intervento non va a risolvere il problema del caro carburanti. Nel dettaglio, è da sottolineare che su benzina e diesel il taglio delle accise è di 25 centesimi al litro più IVA. Per il GPL, invece, la riduzione è di 8,5 centesimi di euro più IVA. Le proteste dei distributori Se i consumatori non sono felici del caro benzina, i distributori protestano ancora di più. A dare voce a queste critiche è la Faib ovvero la Federazione Autonoma Italiana Benzinai. "I prezzi dei carburanti continuano a correre, nonostante il taglio delle accise sia ancora attivo (-30,5 cent al litro fino all`8 luglio, con probabile proroga) e l'Opec+ abbia annunciato l'incremento della produzione. A condizionare il mercato è il fenomeno speculativo a livello internazionale, che spinge sopra i 2 euro al litro i carburanti, con ripercussioni pesantissime per i consumatori e insostenibili per i gestori che vedono diminuire progressivamente la propria redditività, scesa all'1,5%, a fronte dell'esplosione dei costi di gestione. Ancora poche settimane e il settore rischia il collasso. L'Italia deve porre con urgenza in sede europea un argine alla speculazione internazionale e imporre un tetto ai prezzi d'acquisto di carburanti e gas. In un mercato globalizzato una scelta nazionale potrebbe determinare carenze di approvvigionamenti, costi insopportabili e conseguenze gestionali imponderabili". "Fa arrabbiare l'accanimento rivolto dalle autorità verso i prezzi praticati dai gestori - prosegue l'organizzazione - che di fatto sono imposti dalle aziende fornitrici, e osservare che traders acquistano e vendono - indisturbati - titoli petroliferi e realizzano ingenti guadagni facendo innalzare i prezzi; allo stesso tempo appare oggi insostenibile la gestione della rete carburanti fondata sul doppio prezzo in self e servito, quando quest'ultimo, ad accisa piena, sarebbe oltre i 2,5 euro al litro. In questo scenario il modello italiano rischia di saltare, con conseguenze pesantissime per la filiera e i consumatori: è perciò necessario ridiscutere gli Accordi e prevedere clausole di salvaguardia per le gestioni", continua la Faib. Read the full article
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Tajani apre il Forum Imprenditoriale Italia-Serbia a Trieste
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Tajani apre il Forum Imprenditoriale Italia-Serbia a Trieste. Il vicepremier e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, aprirà oggi a Trieste il Forum Imprenditoriale Italia-Serbia, dedicato al tema “Transizione verde: nuove opportunità per la collaborazione bilaterale”. «Il Governo ha investito fortemente su un rilancio della presenza economica italiana nei Balcani Occidentali, un'area nevralgica per il futuro dell'Europa, con la predisposizione di nuovi pacchetti di strumenti finanziari a sostegno delle imprese italiane e serbe», ha commentato Tajani, che ha evidenziato come Belgrado sia oggi la prima capitale extra-UE ad ospitare tutti gli attori del Sistema Italia - con l'apertura degli uffici di Sace, Simest e Cdp. «Con questo Forum – ha aggiunto il Ministro - vogliamo proseguire lungo il percorso di rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali bilaterali, dopo il successo del Business Forum organizzato a Belgrado nel marzo 2023». Durante la sessione plenaria interverranno inoltre il Primo Ministro della Repubblica di Serbia Miloš Vučević, il Sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze, Sandra Savino, la Presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato Stefania Craxi, il Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il Sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Seguirà un segmento al quale interverranno il Presidente di Ice Agenzia, Matteo Zoppas, e rappresentanti di SACE, Simest, Cassa Depositi e Prestiti, Confindustria, insieme ai loro omologhi serbi, per confrontarsi sulle opportunità di collaborazione economica bilaterale e gli strumenti finanziari per l'internazionalizzazione e per firmare una serie di accordi e intese. Successivamente si svolgeranno tre tavoli tematici con la partecipazione del Ministro dell'Ambiente e sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, dell'AD di Filiera Italia Luigi Scordamaglia e del Vice Primo Ministro e Ministro dell'Ambiente serbo Vujović, dei Ministri delle Miniere e Energia Đedović Handanović, dell'Agricoltura, Foreste e gestione acque Martinović, delle Costruzioni, Trasporti e Infrastrutture Vesić e del Commercio Momirović. Nel pomeriggio si svolgerà infine una sessione di incontri B2B, con la presenza di oltre 170 imprese italiane e 78 serbe.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Si lavora per ritorno in Umbria barbabietola da zucchero
Un possibile ritorno in Umbria, dopo circa 20 anni, della barbabietola da zucchero da realizzare siglando accordi contrattuali con la Cooperativa produttori bieticoli che con il marchio commerciale Italia Zuccheri è l’unica filiera italiana. Si è parlato di opportunità sullo sviluppo della filiera nel territorio regionale durante un incontro organizzato nella sede di Confagricoltura Umbria…
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notiziariofinanziario · 2 years ago
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Nuova versione della piattaforma dedicata all' economia circolare
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Nuova versione della piattaforma dedicata al recupero e alla valorizzazione dei materiali di scarto industriali lungo tutta la filiera. Nata nel 2018, Circularity è tra le prime aziende tecnologiche ad aver ottenuto lo status di Società Benefit: tra i suoi obiettivi di business, infatti, uno dei principali consiste nel creare condizioni che favoriscano la prosperità sociale e ambientale del contesto nel quale opera. “Lo sforzo e l’impegno profuso da Circularity – commenta Camilla Colucci, CEO di Circularity – è stato quello di studiare e implementare uno strumento allineato con la normativa ambientale che dia un valore aggiunto alle imprese affinché possano valutare il partner più efficiente per gestire i propri rifiuti dal punto di vista ambientale e tracciare i propri scarti per rendicontare il dato reale del proprio livello di circolarità” – . Già nel 2018, la prima versione della Circularity Platform si collocava in questo scenario con l’obiettivo di ampliare il raggio di collaborazione tra aziende in ottica di simbiosi industriale e favorire così lo scambio di informazioni utili allo sviluppo di filiere produttive più circolari. Ai fini della promozione dell’economia circolare, infatti, lo sviluppo di piattaforme digitali assume un ruolo fondamentale, consentendo ai diversi attori coinvolti di collaborare per estendere il ciclo di vita dei prodotti. Rispetto alla versione precedente della piattaforma, l’innovazione digitale rappresenta uno dei principali punti di forza della nuova versione della Circularity Platform, grazie all’applicazione di modelli di calcolo avanzati di elaborazione di dati che classificano gli operatori in base a parametri ambientali, e sistemi di geolocalizzazione che consentono la tracciabilità dell’intera filiera dei rifiuti, dei sottoprodotti e dei materiali end of waste, per i quali fin ad oggi non esisteva un sistema dedicato. I dati più recenti indicano un peggioramento dell’indice globale di circolarità dell’economia mondiale che misura la quota di materiali provenienti dal riciclo sul totale dei materiali consumati: scende dal 9,1% nel 2018 al 7,3% nel 2022 (Circularity Gap Report 2023). Nel 2022 l’Italia ha pubblicato il documento che riassume la Strategia Nazionale di Economia Circolare, evidenziando come la digitalizzazione (Internet Of Things, blockchain, piattaforme di tracciabilità e product passport) assuma un ruolo strategico per consentire l’adozione di nuovi modelli di business che massimizzino la circolarità dei prodotti, la tracciabilità dei flussi di materia e dei rifiuti per comprendere il vero valore economico dei rifiuti trattati e il loro reale impatto ambientale. La piattaforma georeferenziata di Circularity si rivolge a produttori, trasportatori, utilizzatori e start up, permettendogli di: – Gestire secondo un modello circolare i propri scarti, generando materie prime seconde per nuovi cicli produttivi e aumentando le percentuali di recupero dei propri scarti – Individuare i partner più virtuosi sul territorio e definire accordi commerciali per la gestione circolare della materia in tutte le fasi – Tracciare e monitorare il percorso dei materiali di scarto per acquisire maggiore conoscenza circa le destinazioni e le performance ambientali dei propri fornitori – Quantificare la CO2 equivalente della gestione ambientale dei materiali consentendo alle imprese di effettuare una scelta consapevole dal punto di vista di impatto ambientale, condividendo nell’ecosistema il valore aggiunto dato dalle emissioni evitate – Ridurre il costo del trattamento dei rifiuti e individuare soluzioni economiche migliorative sui volumi prodotti La piattaforma consente alle imprese di trovare nuove fonti di approvvigionamento di materiali riciclati, creare una vera e propria rete di partner con la quale dialogare e ideare soluzioni direttamente in piattaforma, ma anche di utilizzare tool digitali per misurare le proprie performance ESG e quelle della propria supply chain. E poiché l’informazione e la consapevolezza delle proprie azioni è condizione essenziale per poter cambiare lo status quo attuale dei processi industriali, la piattaforma offre anche la possibilità di seguire corsi di formazione sulla sostenibilità e l’economia circolare e di essere informati su quanto avviene nel settore, grazie alle notizie selezionate giornalmente da Renewable Matter, rivista di eccellenza del settore. Un portale adatto ad ogni impresa, di ogni dimensione, dalle microaziende fino alle multinazionali più grandi player del tessuto industriale. Perché l’economia circolare è un patrimonio comune che ha bisogno del contributo di tutti. Ad oggi l’utilizzo della Circularity Platform è disponibile sia in modalità gratuita (Freemium) che in modalità premium: tutte le aziende possono entrare gratuitamente nel network dell’economia circolare creato da Circularity. Nel 2022 l’Italia ha pubblicato il documento che riassume la Strategia Nazionale di Economia Circolare, evidenziando come la digitalizzazione (Internet Of Things, blockchain, piattaforme di tracciabilità e product passport) assuma un ruolo strategico per consentire l’adozione di nuovi modelli di business che massimizzino la circolarità dei prodotti, la tracciabilità dei flussi di materia e dei rifiuti per comprendere il vero valore economico dei rifiuti trattati e il loro reale impatto ambientale. La piattaforma georeferenziata di Circularity si rivolge a produttori, trasportatori, utilizzatori e start up, permettendogli di: – Gestire secondo un modello circolare i propri scarti, generando materie prime seconde per nuovi cicli produttivi e aumentando le percentuali di recupero dei propri scarti – Individuare i partner più virtuosi sul territorio e definire accordi commerciali per la gestione circolare della materia in tutte le fasi – Tracciare e monitorare il percorso dei materiali di scarto per acquisire maggiore conoscenza circa le destinazioni e le performance ambientali dei propri fornitori – Quantificare la CO2 equivalente della gestione ambientale dei materiali consentendo alle imprese di effettuare una scelta consapevole dal punto di vista di impatto ambientale, condividendo nell’ecosistema il valore aggiunto dato dalle emissioni evitate – Ridurre il costo del trattamento dei rifiuti e individuare soluzioni economiche migliorative sui volumi prodotti La piattaforma consente alle imprese di trovare nuove fonti di approvvigionamento di materiali riciclati, creare una vera e propria rete di partner con la quale dialogare e ideare soluzioni direttamente in piattaforma, ma anche di utilizzare tool digitali per misurare le proprie performance ESG e quelle della propria supply chain. E poiché l’informazione e la consapevolezza delle proprie azioni è condizione essenziale per poter cambiare lo status quo attuale dei processi industriali, la piattaforma offre anche la possibilità di seguire corsi di formazione sulla sostenibilità e l’economia circolare e di essere informati su quanto avviene nel settore, grazie alle notizie selezionate giornalmente da Renewable Matter, rivista di eccellenza del settore. Un portale adatto ad ogni impresa, di ogni dimensione, dalle microaziende fino alle multinazionali più grandi player del tessuto industriale. Perché l’economia circolare è un patrimonio comune che ha bisogno del contributo di tutti. Ad oggi l’utilizzo della Circularity Platform è disponibile sia in modalità gratuita (Freemium) che in modalità premium: tutte le aziende possono entrare gratuitamente nel network dell’economia circolare creato da Circularity. Read the full article
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olitaly · 2 years ago
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paoloxl · 6 years ago
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La pizza e il fascismo sono due esempi dell’estro inventivo degli italiani. Entrambi prodotti poveri – un po’ di farina, mozzarella e pomodoro; un po’ di agrari, reduci e sottoproletari –, il condimento di mani sapienti et voilà: la creatività italiana si esporta in tutto il mondo, diventa tradizione, diventa trend. Il “Made in Italy” come modello di una qualità riconosciuta nel tempo.
Da alcuni mesi, dentro una grande industria modenese, la Italpizza, orgoglio del territorio e del nostro export, la continuità produttiva è assicurata da un reparto celere messo cortesemente a disposizione dell’azienda. Il presidio poliziesco pressoché permanente, il sistema sanzionatorio, la sicurezza interna e un clima pre-bellico, rendono Italpizza un’azienda sostanzialmente militarizzata, come capita alle industrie strategiche in tempo di guerra. Gas tossici, mazzate, denunce, gipponi lampeggianti, provvedimenti disciplinari, licenziamenti. Tutto questo non avviene in una maquiladora messicana; e neanche nelle campagne brumose che nascondono arretrate microimprese “old manners”. Siamo a Modena, poco lontano dal centro, lungo un asse viario strategico che risulta spesso bloccato dalle cariche poliziesche o dai blocchi dei manifestanti: gli automobilisti, nei momenti peggiori devono tirare su i finestrini per evitare che il gas CS entri negli abitacoli. Sullo sfondo, ben visibile dalla strada, il grande marchio Italpizza svetta su uno stabilimento moderno e blindato, in cui in passato politici e amministratori hanno fatto spesso visite devote.
Insomma, tutti sanno quello che sta succedendo in località San Donnino, tutti sono consapevoli di questo bizzarro segno dei tempi: un’azienda che da mesi resta aperta e fa uscire i suoi prodotti, solo perché decine di robocop mascherati, bastonano e gasano una parte del personale che sciopera e picchetta.
La storia dell’organizzazione del lavoro in Italpizza è tristemente comune: circa 600 dipendenti, di cui solo 80 assunti direttamente; il resto tutti precari in capo a un paio di pseudo cooperative riconducibili alla proprietà; ritmi, turni, orari massacranti decisi in modo unilaterale dal committente, sottoinquadramento contrattuale (contratti delle pulizie for ever) che garantisce risparmi anche del 40% sui costi del lavoro vivo. Vivo e povero.
Italpizza, come da tradizione marchionnesca, decide unilateralmente chi sono gli interlocutori sindacali, in un gioco a geometrie variabili, che comunque lascia fuori qualsiasi rappresentanza che metta in discussione i suoi interessi. Queste pratiche accumulano un enorme ammontare di elusione fiscale e contributiva (già 700.000 euro sono stati comminati dagli organi ispettivi), ma queste sanzioni sono evidentemente messe nel conto dall’azienda, come altrettante multe per divieto di sosta .
Italpizza sta diventando metafora del modello emiliano 4.0: uffici stampa, presenza social, adesione a tutti i blandi protocolli che rimandano a una qualche memoria concertativa nella ex Emilia rossa. E operai sfruttati, precarizzati, mortificati e gestiti manu militari. In sovrappiù l’azienda si permette anche di disertare una convocazione presso il Ministero del Lavoro, perché non gradisce al tavolo la delegazione Cobas: una specie di dichiarazione d’indipendenza dalle vecchie pastoie sottogovernative, una rivendicazione dell’autonomia del comando d’Impresa. Abbiamo il grano, i programmi di investimento, gli accordi sul piano regolatore: non rompete i maroni sulla forza lavoro – quella è roba nostra. Per un sottosegretario Cinquestelle che convoca tavoli, c’è un sottosegretario leghista che manda la polizia. È il governo dei tempi moderni.
Centinaia di ore di sciopero, centinaia di candelotti lanciati addosso ai presidi, decine di cariche, un numero indefinito e crescente di denunciati, secondo le regole del nuovo Decreto Sicurezza.
Il bello è che i lavoratori in agitazione – spesso donne e straniere – stanno solo chiedendo la corretta osservanza di leggi e norme: l’applicazione del giusto contratto collettivo, un minimo di confronto sulla prestazione. Insomma: i bastonati/gasati/denunciati stanno oggettivamente difendendo il feticcio della legalità borghese, mentre l’imprenditore e gli organi polizieschi, garantiscono ogni giorno la reiterazione del reato – con un enorme investimento di spesa, peraltro, a carico del contribuente (anche dei mazziati, evidentemente). Ecco il genio italico in azione: la Giornata della Legalità in prima pagina e nel contempo l’esibizione pubblica e muscolare dell’Impunità d’azienda.
Si dice in giro che il gigante Italpizza (120 milioni di fatturato esportazioni in 55 paesi del mondo) per difendere il privilegio di fare quello che gli pare, olii generosamente la politica e la stampa: sponsorizzazioni, inserzioni, piani di sviluppo scritti di concerto all’amministrazione, una fama “democratica” che traballa ma gode ancora di solidi supporti politici. Gente organizzata, insomma – non i pirati della logistica con le loro cooperative spurie. Dio solo sa come abbiano convinto la Questura a mettersi sostanzialmente a disposizione dell’azienda come una qualsiasi agenzia di guardie giurate – non solo, immaginiamo, con sostanziose donazioni alla Befana della Polizia, ma anche grazie alla consapevolezza che a quei cancelli si gioca una partita importante sulla rappresentanza e sui diritti: e che, su questo crinale, è meglio che le truppe armate dello Stato diano una mano agli intrepidi esportatori di pizza e alla benemerita opera di modernizzazione che stanno promuovendo.
Come potremo definire questa allucinante quarta dimensione del degrado italiano, questa metafora dell’eccellenza che ha, come al solito, nell’enorme moloch post-moderno del “food” il suo terreno originale di coltura? “Pizza e Fascismo”, sarebbe una buona sintesi?
Oggi “l’antifascismo”, soprattutto nei periodi di fibrillazioni pre-elettorali, conosce rinnovati momenti di gloria: l’Espresso e Repubblica in testa, si sbracciano per evocare il pericolo rappresentato dai gruppuscoli di destra, ne raccontano con raccapriccio e sincero sdegno democratico le gesta e i canali di finanziamento, ne ingigantiscono il peso e il profilo (vedi le incursioni anti-rom nei quartieri romani raccontati come l’invasione dei mongoli secondo un format mediatico ormai collaudato). Si sa che questa esaltazione del “fascista all’attacco” è funzionale alla costruzione di ipotetici “fronti antisovranisti” – ormai è un giochino svelato. Questi antifascisti della tredicesima ora, nel calduccio delle loro redazioni, non colgono (o colgono fin troppo bene) l’essenza dei tempi: il fascismo vero oggi è rappresentato dai reparti celere che sparano gas lacrimogeni addosso ai lavoratori che presidiano sindacalmente la loro azienda; altro che Casapound e simili utili idioti – di volta in volta legittimati o mostrificati alla bisogna.
I nuovi assetti di potere stanno manifestando, oggi, un approccio pragmatico, moderno, assolutamente estraneo alla demagogia sulla “cacciata dello straniero”, buono solo per le campagne elettorali – ma poco utile nelle campagne del foggiano o del crotonese, dove lo schiavo nero è alla base della filiera agroalimentare. Nessuno li vuole cacciare, quello che si vuole è la loro sottomissione, l’invisibilità sociale, il disciplinamento nelle loro funzioni: a spennellare pizze o pulire cessi (tanto il contratto è lo stesso). Il razzismo, la xenofobia “der popolo” è solo folclore. La forza lavoro è petrolio: si è mai visto qualcuno gettarlo via? Bisogna solo saperlo incanalare nelle tubature giuste. È fascismo, questo? È post-fascismo? Pre-fascismo? Lo leggeremo sui libri di storia. Intanto la polizia e la magistratura italiana stanno dando il loro contributo al dibattito, attraverso una stretta repressiva silenziosa, infame e implacabile, che conosce pochi precedenti. Purtroppo avremo il tempo di riflettere ed elaborare, circa questo nuovo stato delle cose.
Per il presente, ricordiamo a noi stessi che il manganello sulla schiena operaia è l’essenza del fascismo, quello metastorico, che attraversa le epoche: oltre le mitologie, le coreografie, le estetiche decadenti o virulente, il fascismo è fatto sempre degli stessi genuini ingredienti di una volta: il contrasto alla lotta di classe, il sabotaggio degli scioperi, il crumiraggio organizzato, il disciplinamento della forza lavoro, la bastonatura di chi mette in discussione le gerarchie di classe.
Tutta roba semplice, cose di una volta. Come gli ingredienti della pizza.
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