#accompagnatrice
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christian-dubuis-santini · 2 months ago
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Deux témoignages…
Hier conversation à l’écart, tête-à-tête avec Nathalie, une collègue de 59 ans, une beauté française classique (style Françoise Dorléac)
-😑 tu sais la santé ça ne va plus
-qu’est-ce que tu as?
-depuis le vaccin je suis pas bien, tout mon corps, j’ai plein de problèmes
-L’injection expérimentale…
-Oui oooh 🙄 On s’est bien fait avoir!
Ce matin, une accompagnatrice d’enfants en situation de handicap, que je vois masquée FFP2 bleu depuis trois semaines:
-dans mon cours, vous pouvez l’enlever.
-Mais il faut que je protège les autres(?)
-Vous ne protégez personne, vous pouvez l’enlever. Et puis on retrouve des micros plastiques dans les poumons, en plus l’humidité vous fait respirer les champignons de votre masque…
-(Elle arrache vivement son masque)
-Alors ça je m’en doute car j’ai une infection de la gorge et du nez en permanence !
-…et être en hypoxie, sous oxygénée, ça favorise les cancers vous savez? il y a plusieurs études maintenant et …
-Ah! Ben voilà ! on m’en a diagnostiqué un lundi! On m’a dit que c’était pas grave mais quand même ! un minuscule cancer. On essaye de bien faire et voilà. (…) Ils nous protègent pas au gouvernement ?
-Non, ils ne nous protègent pas.
-😞 mais ils devraient nous protéger.
-Protégez-vous, vous.
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libero-de-mente · 10 months ago
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DIALOGO CON UN CANE
Questa mattina, complice un ictus nottambulo (sicuro altrimenti non mi darei altra spiegazione), ho deciso di approfittare della gradevole temperatura per fare una camminata.
La salute, lo staccare mentalmente, bruciare calorie... niente di tutto questo, volevo uscire di casa. Punto.
Così intraprendo un percorso che ho fatto altre volte, sfruttando piste pedonali e ciclabili che mi danno moltissime alternative qui in zona, che mi permettono di camminare nella natura e lontano da strade trafficate. Insomma il silenzio tra alberi e campi, interrotto solo dalle voci di chi, chiacchierando tra loro, incontro sul mio cammino e i passi ritmati, come il respiro affannato, di chi m'imbatto mentre corre.
Già, quelli che corrono. Che impegno e costanza, i volti paonazzi, il sudore che fa brillare la loro pelle come se fosse quella dei vampiri alla luce del sole, quelli della saga di Twilight per intenderci.
Si vede, dalla loro espressione, che un divano a casa non ce l'hanno. Diversamente da me che mentre cammino so già dove mi butterò appena rincasato.
Poco dopo aver intrapreso la camminata incrocio un ragazzo disabile, seduto sulla carrozzina, con un cane al guinzaglio. L'ho incrocio spesso quando faccio queste uscite insane per la mia indole, sempre cortese saluta tutti. E tutti ricambiano. Così fa con me e io ricambio.
Bello salutarsi col sorriso ed essere ricambiati. Decido anche io di adottare questa strategia con chi incontrerò. Risultato: nessuno mi caga. Zero. Anzi al mio saluto mi guardano stranito.
Evidentemente la sedia a rotelle ha quel suo perché che fa scattare la solidarietà, per uno sulle sue gambe no.
Così mentre cammino e vengo doppiato, triplicato e via a crescere dagli stessi volti o dalle stesse natiche, si quelle femminili a volte mi incitano a correre... dietro loro come stimolo motivazionale sia chiaro.
Dopo una curva mi ritrovo dietro una donna, capelli biondi ben curati, indossa dei jeans e un bellissimo cappotto. Scarpe rialzate con un tacco. Non è una mise da jogging ne da camminata. Intatti con lei e al guinzaglio c'è un magnifico esemplare di cairn terrier.
La bestiola mi "sente" e subito si gira, anzi si ferma a guardarmi e la sua accompagnatrice umana si accorge della mia presenza proprio perché il cane si è fermato. Tirandole il guinzaglio.
Cerco di superarli ma niente, il cane scodinzolando mi punta e vuole salutarmi. Mi cerca. Guardo la donna che lo sta portando al guinzaglio, cerco un'intesa con lo sguardo come per avere il suo consenso.
Ma avendo entrambi gli occhiali da sole scuri non riesco a interpretare nulla. Così prendo l'iniziativa decidendo di accosciarmi, con il cane che mi fa le feste.
- Sai - gli dico - lo so che non dovevo accosciarmi, che ora dovrò aspettare che passi uno robusto per aiutarmi a rimettermi in piedi - la donna sorride divertita - ma io devo dirti una cosa.
Vedi tutti questi umani che corrono? Ecco io li ammiro, un giorno sarò come loro, allenato, e correrò anche io.
Senza distogliere lo sguardo dal pelosetto sento lei ridere di più.
- Come dici? - rivolgendomi sempre al carin terrier - Si hai ragione. Meglio non correre che c'ho una certa età. Promesso non lo farò. Come scusa? - a questo punto porgo l'orecchio al cane come se lo stessi ascoltando, la padrona è completamente partita in una risata dietro l'altra - Si, si certo. Hai ragione! - prendendo il musetto del cane gentilmente tra le mie mani - Farò come mi consigli. Appena arriverò a casa prenderò quella fetta di pizza avanzata da ieri sera e la mangerò.
A questo punto lei, la donna si intromette nella conversazione privata: - Ma gli risulta simpatico, non è così avvezzo a farsi coccolare e scodinzolare agli estranei. In realtà risulta simpatico anche a me, ma cos'è tutta questa simpatia?
- Vede - le rispondo - credo si tratti di empatia tra esseri viventi, ogni tanto capita sa? E come se si fosse connessi tra di loro. Vede? Il suo cane mi sta leccando e mi dà dei piccoli leggeri morsi come a dire "Ti voglio bene", ora mi chiedo una cosa...
- Cosa? Se posso sapere?
- Essendo stato leccato e morso dallo splendido cucciolotto, come nei film sui licantropi, con la Luna piena mi trasformerò in un Carinmannaro? Oppure sarà il cane a trasformarsi in uno Scemoumano? Guardi che se fossi in lei mi preoccuperei. Tanto anche.
Mentre lei ride oramai senza ritegno buttando la testa all'indietro, io rapido ne approfitto per rialzarmi. Un po' per cercare di sfuggire al suo sguardo mente goffamente mi rialzo, un po' perché le gambe stavano per andarmi in cancrena.
Quando torna a fissarmi sono in piedi. Mi guarda e io le dico: - Si mi sono alzato senza dire "oplà", lo so è un patetico tentativo di dimostrare meno anni di quelli che ho. Però guardi, se vuole, mentre ammiro il suo cane mi posso mettere le mani dietro la schiena. Come gli umarell.
- Sto morendo giuro - mi dice mentre con la gamba sinistra leggermente piegata verso la gamba destra piega il busto in avanti dal ridere - Ah ah ah ah!
Guardo il cane, scodinzola come se percepisse questa ilarità nell'aria. Lo saluto, accarezzandogli amorevolmente la testa.
Mi guarda con uno sguardo particolare. Che non comprendo.
Saluto l'umana con il cane che si lascia scappare "magari ci rivediamo" e riprendo la camminata come se nulla fosse.
Penso allo sguardo del cane, cerco di interpretarlo.
Ma l'unico pensiero che mi esce è del tipo "Dai non fare lo stronzo. Mi costringe a guardare Beautiful tutti i giorni, con me sul divano. Mentre da anni guardiamo quella pallosa soap opera in cui Brooke Logan si è sposata ventordici volte, lei è sempre single. Speravo che almeno tu..."
Bastardo! Mi voleva fregare con quel musetto carino e coccoloso.
In tutto questo non le ho nemmeno chiesto il nome. Del cane dico, che frana sono.
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solobrividiecoraggio · 2 months ago
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Negli ultimi giorni sugli autobus andando alla Croce Rossa mi sono capitate delle cose che vorrei conservare sul mio blog.
Una ragazza mi ha detto che la borsa a tracolla di One Piece è bella e mi ha chiesto dove l'avessi presa.
Una ragazzina mi ha pestato il piede per sbaglio, non mi ha chiesto scusa ma mi fido della sua bontà; immagino si sia sentita a disagio (forse molto chissà.. si guardava intorno in una maniera un po' strana, sembrava cercasse qualcosa) visto che è finita con il piede sopra il mio, non solo sulla punta ma proprio su tutta la scarpa. Tra l'altro leggerissima non mi ha fatto nemmeno male piccolina.
Dei turisti asiatici, penso proprio che fossero coreani, mi hanno chiesto indicazioni per un autobus e ho provato a dire qualcosa in inglese ma sento di aver fallito perché non credo di essere riuscito a far capire loro che erano alla fermata giusta per andare al piazzale Michelangelo. Avevano Google Maps che diceva loro dove andare ma a quanto pare non si fidavano o non capivano qualcosa. Sarebbe stato bello se fossero stati giapponesi, avrei potuto provare a farmi capire.
Oggi ho assistito a una scena un po' brutta capitata a una signora in carrozzina accompagnata da un'altra persona. Scendendo dall'autobus questa persona accompagnatrice ha spinto in avanti la carrozzina sulla pedana inclinata, tirata fuori appositamente dall'autista. La persona accompagnatrice è stata trascinata dalla gravità e dalle ruote tonde della carrozzina facendo sbattere la signora contro un muro di una casa. Non è sembrato essere successo qualcosa di molto grave. Mi ha dato un sacco fastidio non essermi accorto di nulla: nonostante stessi guardando queste due persone non ho notato la pericolosità di cosa poi ha fatto la persona accompagnatrice, sbagliando. Probabilmente sarebbe stato meglio che quest'ultima si trovasse davanti alla carrozzina e non dietro, per frenare la discesa. In ogni caso era una manovra non scontata per una persona senza esperienze di questo tipo. Una scena abbastanza brutta perché nessuno (immagino) voleva che andasse così eppure nessuno di noi presenti è stato abbastanza pronto e sveglio da evitarlo. Tra chi era distratto e chi si fidava ciecamente che sarebbe andato tutto bene, una signora in carrozzina è finita contro un muro.
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aradiascoven · 1 year ago
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Ultimamente passo le mie giornate in oncologia. La cosa è incredibilmente sfiancante per me, che sono "accompagnatrice", e non oso pensare a chi sia lì dentro come paziente.
Ci vuole una forza sovrannaturale, da qualsiasi parte.
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chifourmi · 2 years ago
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Je dois rendre mon TFE entre 13h et 15h. Il est 1h22 et j'ai toujours pas fini. Je sais vraiment jamais estimer le temps que me prennent les choses. Je suis en train de tout bâcler j'ai l'impression que mon travail est merdique mais rien à foutre ça me rend folle je veux juste en finir avec ça. Le pire c'est que jeudi je dois me préparer pour l'oral. Quand y en a plus, y en a encore. J'avais hésité à le faire en août parce que je délaissais complètement mes 12 examens mais mon accompagnatrice m'a conseillé de le tenter en juin donc je l'ai suivie et maintenant je suis dans la merde. J'ai pas encore étudier UN SEUL examen alors qu'ils s'enchaînent tous la semaine prochaine. Je suis vraiment au bout de ma vie et j'ai besoin d'en parler tout le temps parce que je deviens mais vraiment complètement zinzin. Je vois pas comment je vais faire, il me faudrait encore au moins 3 semaines pour étudier tout.
(23/05/2023)
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alexandradea · 2 years ago
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MODELLA PER FOTOGRAFI PROFESSIONISTI, MASSAGGIATRICE PROFESSIONALE, ACCOMPAGNATRICE PER EVENTI UFFICIALI O PRIVATI. In sicilia fino al 4 ottobre 2022 cell 3297153938 . . .#feet #art #instagood #instamood #instagram #instagood #feetmodel #model #feetfetishcommunity #yolo #lifestyle #alexandradeamodena #feetjob #style #transgender #sea #nature #leg #cloudporn #landscapephotography #sicily #relax #green #naturephotography #insta #instapic #picture #nails #nailart #winner (presso Palermo, Italy) https://www.instagram.com/p/CideMAAqQb7/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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richardmagalditrichet · 2 years ago
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“La Celle-Saint-Cloud” de  Florence Didier-Lambert (extrait d’Autoportrait d’une danseuse) aux Editions Rue Saint Ambroise
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Toutes les nuits une danseuse dans mon labyrinthe onirique rencontre des problèmes de grand écart. Pas une nuit où ne surgissent les châteaux, les conservatoires, les studios, les théâtres.
Le plus familial de tous, l’Opéra, long boyau noir, est le lieu préféré de mes fantômes danseurs. Cela a commencé par deux cours par semaine, au château. Le château était un cube de quatre étages avec deux tours demi-rondes de chaque côté. Il était recouvert de grosses miettes de pierres rouges et jaunes, ni en brique ni en granit, agglomérées comme une moquette rugueuse. Il se situait sur les plateaux d’Île- de-France à l’Ouest de Paris. De là il y avait une belle vue sur les courbes de la Seine.
Ma mère garait la voiture devant le perron, je sautais avant qu’elle ne finisse. J’étais toujours trop juste à l’heure. Souvent j’enfilais mon collant dans la voiture, et la gymnastique pour ne pas montrer mes fesses aux autres conducteurs m’énervait.
L’escalier était à mes yeux splendide, large, très sombre, sans fenêtres, en chêne ciré au noir, des marches luisantes, une rampe épaisse. La salle de danse était au dernier étage. Le cours des petites n’étant pas fini, les grandes attendaient à la porte d’être cinq ou six pour traverser le studio et rejoindre le vestiaire. Le professeur arrêtait alors brièvement la classe, nous priait de passer rapidement, sans oublier de le saluer lui et la pianiste par un soubresaut de révérence. Le studio était une rotonde assez belle. Il pouvait contenir vingt ou trente élèves. Des fenêtres au niveau du parquet, un plafond à caisson, des barres en polygone le long des murs. Entre l’entrée et une cheminée monumentale, les mères s’entassaient dans un vieux canapé rouge défoncé. La cheminée servait à notre professeur, pour dans l’âtre mettre son tabouret, ses partitions, son porte-monnaie. Le piano était coincé de l’autre côté, entre la cheminée et le mur. Charline, la vieille accompagnatrice affectueuse, était la seule à se souvenir qu’elle avait été musicienne. Grasse, poudrée, tassée, presque édentée, elle zozotait en postillonnant sur son clavier. Régulièrement elle interrompait le professeur, et sachant qu’il ne le savait pas, elle criait « C’est sur deux temps ou sur trois temps ? ». Le professeur répondait : « Faites-moi une mazurka ou bien une valse. Non, faites-moi un galop. » Derrière son dos, elle marmonnait ses propres observations, encourageait ou consolait les enfants en clignant des yeux.Le professeur était le plus caricatural des professeurs de danse. Tout chez elle sentait le foyer de la danse de l’Opéra des années 30-40. Des jambes courtes mais solides, une taille cambrée comme il n’en existe plus, un cul rebondi, large, toujours très pris dans une jupe de tailleur étroite. Des seins robustes et très en avant. Lementon toujours en l’air, dédaigneux, la voix sonore, le compliment appelant l’argent et des critiques de mégère. Elle enseignait aussi à l’Opéra de Paris. C’était son grand prestige. Elle était le pape dans cette ville de banlieue. Les parents payaient tous les mois au piano. Je regardais comment ma mère lissait son chéquier sur la queue du piano. À ce moment précis le professeur prenait ses grands airs, se dressait sur ses petites jambes, les pieds ouverts, et parlait d’un ton IIIe République de ses élèves à Paris et du dernier concours d’entrée à l’Opéra. Elle feignait de ne s’adresser qu’à la pianiste. Mais toutes les mères et leurs filles écoutaient, les sourcils froncés. Ma mère était la mère chouchoute, parce qu’elle avait une position sociale en vue. Cela voulait dire qu’elle payait en premier. C’est aussi à ce moment-là qu’on recueillait les paroles d’encouragement.Un jour, le professeur prend ma mère à l’écart. « Elle est bien votre fille, on pourrait la présenter à l’examen de l’école de danse de l’Opéra. Il faudrait qu’elle prenne plus de leçons, je lui ferai une variation... Qu’elle vienne au cours des professionnelles à Paris, dans le 17e ». Dans le vestiaire pendant ce temps on s’observait. On devinait celle qui, même toute nue, était la plus riche.Dès lors le professeur m’a mise en valeur, au milieu de la grande barre centrale. Et, à chaque fois que je faisais le pied dans la main, elle forçait la jambe pour la faire toucher ma tête. Tout le monde adorait ça. Je percevais les chuchotements des parents serrés par les petits frères1213qui avaient fini le judo, à l’étage en dessous, et les papas un peu absents. À la fin de la leçon, nous faisions toutes ensemble une longue révérence : un pas à droite en ouvrant le bras, un pas à gauche, puis un penché de buste profond, en pliant les genoux sous soi.J’ai retrouvé exactement cette même révérence décrite par Pierre Rameau dans un traité de danse écrit en 1725. La salle à ce moment était pleine, les fenêtres embuées. Les parents applaudissaient. Moi je ne pensais plus à rien depuis une heure et demie. J’étais concentrée. J’écoutais la musique. Ma mère était émue. On rentrait le soir en parlant des unes et des autres, de l’examen d’entrée à l’Opéra. Elle me donnait des conseils de port de tête, de port de bras. Je la vois mimer dans la voiture les gestes naïfs en lâchant le volant. Elle m’agaçait, elle n’était jamais satisfaite.Le premier examen d’entrée à l’école de danse était médical. Il filtrait les enfants dont la morphologie était conforme aux critères de sélection, pour leur faire suivre un premier stage de trois mois, à la fin duquel aurait lieu le concours final d’admission.Les convocations se répartissent par tranches horaires. À chacune correspond un banc sur lequel il faut attendre. Le bâtiment est bien trop énorme pour que je puisse le voir en entier. Ma mémoire se cogne à des pavés gris, à une porte battante en velours marron et cuir vert clouté. À l’intérieur l’absence de lumière nous déséquilibre. Je sens ma mère très impressionnée. Nous cherchons le banc des trois heures. Nous croisons des dizaines d’enfants et leurs mères, perdus dans ces immenses couloirs en U. Sept cents filles et garçons ont été convoqués durant une semaine. Après avoir reçu un ordre rapide, nous nous asseyons au milieu d’un couloir plein d’enfants. Les murs sont jaunes et sales et le sol carrelé. Tout du long, résonnent des portes qui s’ouvrent et se ferment tout le temps. Les ampoules pendent du plafond. Pas une photo de danseur, pas un visage, pas un corps plus léger que l’autre. La banalité des gens, des voix, nous déconcerte. Je suis appelée rapidement et j’entre dans un cabinet médical assez petit, avec beaucoup de monde les yeux rivés sur moi. Ma mère est restée dehors. Je suis en culotte. D’abord la toise puis la balance, puis une doctoresse en blouse, le stéthoscope entre les seins, m’ausculte le dos. On me demande si j’ai déjà fait de la danse, le nom de mon professeur. Je mets les pieds en dehors et je plie les genoux. Très bien, merci. Je suis admise.À la suite de cette première audition, ma mère a refusé de me laisser poursuivre. Elle a eu peur et moi aussi. J’étais trop petite. Mon professeur était scandalisé. J’ai arrêté de prendre des cours pendant six mois. À ma demande, j’ai repris. J’ai repassé l’examen deux ans plus tard et j’étais de nouveau admise.
Ma vie professionnelle commence. J’ai onze ans. Pour suivre les leçons quotidiennes du stage préliminaire au concours d’entrée, j’ai l’autorisation de quitter l’école plus tôt pour être à l’Opéra à dix-sept heures heures. Un jour je m’attarde sur la rampe de l’escalier. Je descends lentement les marches en laissant traîner ma joue contre le bois. Je regarde le préau couvert, les placards de gymnastique alignés, les tapis en caoutchouc qui sentent la gomme et la poussière. C’est la première fois que je vois mon école en dehors des heures.
Je ne me rappelle plus qui me fait faire le trajet jusqu’à l’Opéra. Je réentends la cour de l’administration... Le chahut des enfants... Les voix des surveillantes... Je revois les filles en chignon... Les six étages à monter... Les couloirs jaunes très longs, les vestiaires, et la leçon.
La classe de danse est une salle rectangulaire longue et étroite, avec un toit de verre, un parquet incliné en pente vers le miroir, des murs bleu ciel très pâle, des poutres et des traverses métalliques.
Plié, dégagé, rond de jambes à terre puis en l’air, battements sur le cou-de-pied, jambe sur la barre, grands battements, relevé, jambe à la main, grand écart. Je demande à ma voisine qui a l’air satisfaite et installée pour une vie à cette barre.
– Il fallait apporter ses pointes ? – Évidemment j’en ai trois paires dans mon sac, pas toi ?
Nous sommes en juin, le soleil de cinq heures au travers d’un des versants du toit tape sur un mur. La barre en face est à l’ombre. La salle est nettement divisée en deux par la lumière.
Extrait d’Autoportrait d’une danseuse de Florence Didier-Lambert aux Editions Rue Saint Ambroise
https://www.ruesaintambroise.com/
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danilacobain · 2 years ago
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Selvatica - 6. Forse dovrei sdebitarmi
Corinna chiuse la porta della sua camera e si avvicinò al comodino. Aprì il cassetto tirando fuori una scatola di latta. Dentro c'erano le cose a cui teneva di più, ma che faceva troppo male avere davanti agli occhi.
Le foto di suo padre e lei insieme.
In quelle diapositive il suo volto era sorridente, gioioso. Anche nell'ultimo periodo, prima di compiere il gesto estremo, non aveva mostrato nessun segno di depressione o cedimento. Era la sua roccia, la persona dalla quale si rifugiava quando litigava con le amiche o era triste per via di qualche ragazzetto.
Tirò fuori le foto, sentendo la solita fitta al cuore. Era sempre così, le mancava da morire ma ce l'aveva con lui per averle lasciate sole con una montagna di debiti da pagare. Sole, con la possibilità di finire in mezzo a una strada. Alla fine anche sua madre non aveva retto, il suo cervello aveva iniziato a regredire, a dimenticare, forse per non rivivere più il dolore e le umiliazioni dei mesi dopo la morte di suo padre.
Prese la busta gialla adagiata sul fondo, dove teneva i soldi che aveva messo da parte per Antonio. Diecimila euro era la somma che gli doveva e lì mancavano trecento euro. Avrebbe chiesto un anticipo sullo stipendio a Flora, la mattina successiva, e poi sarebbe andata da Antonio a chiudere questa storia una volta per tutte.
Il debito che aveva contratto con lo strozzino era un peso troppo grande, ma era stata l'unica soluzione che era riuscita a trovare dopo che si era ritrovata con l'ennesimo sollecito di pagamento per conto di una delle diverse società con cui suo padre era in affari. Credeva di aver chiuso con quella storia. Con sua madre che aveva lavorato notte e giorno e l'aiuto dei suoi nonni, erano riuscite a salvare la casa dal pignoramento e a ripagare tutti i creditori. Tutti tranne uno, a quanto pareva, che si era presentato all'improvviso e l'aveva fatta sentire impotente come la prima volta. Dove li avrebbe presi trentamila euro in così poco tempo?
In quegli anni aveva imparato ad essere parsimoniosa e aveva messo da parte per sé del denaro ma non sarebbe bastato. E a quel punto Monica le aveva prospettato la possibilità di lavorare come accompagnatrice di uomini ricchi. «Devi solo accompagnarli alle cene e alle feste e se ti fermi con loro la notte puoi avere un extra», le aveva detto. Avrebbe racimolato tutto quello che le serviva in pochissimo tempo.
Non se l'era sentita. Non giudicava l'amica, ma avrebbe preferito perdere la casa piuttosto che arrivare a tanto. Aveva tentato il tutto per tutto e aveva deciso di chiedere aiuto all'uomo che procurava il lavoro a Monica, poiché l'amica le aveva detto che probabilmente avrebbe potuto prestarle del denaro.
Così aveva conosciuto Antonio ed era iniziato l'incubo. Quell'uomo le metteva i brividi, aveva uno sguardo strano quando la guardava, sembrava calcolare quanti soldi avrebbe potuto fare con lei. Gliel'aveva fatta eccome quella proposta e nonostante il suo categorico rifiuto temeva che Antonio non si fosse arreso.
Dei colpi sulla porta la fecero sussultare e si affrettò a richiudere la scatola. Dallo spiraglio che si aprì fece capolino Silvia. «Come stai?»
«Bene.» Ripose la scatola nel cassetto, scrollandosi di dosso la brutta sensazione che aveva riguardo alla proposta di Antonio.
L'amica entrò e si richiuse la porta alle spalle. «Hai intenzione di andare da Antonio? Lascia che ti accompagni.»
«Non se ne parla, posso farlo da sola.» Ci mancava solo che trascinasse anche altre persone in questa assurda faccenda.
Silvia si sedette sul letto e le prese la mano. «Lo so, ma voglio che tu sappia che su di me puoi contare sempre.»
Corinna le baciò la guancia. «Grazie.»
«Allora», le labbra sottili di Silvia si incurvarono in un sorriso. «Mi fai vedere questo tipo che hai conosciuto? Tira fuori il cellulare, guardiamo qualche foto.»
Corinna si rianimò al ricordo di Ante e della cena che gli aveva rovinato. Era successo solo poche ore prima eppure le sembrava tutto un sogno. Un brutto sogno, anche se lui non era poi così brutto. Decisamente non era brutto, pensò, quando sullo schermo del cellulare apparvero le foto di lui. In campo, pose di esultanze, sorrisi. Non aveva sorriso così con lei, o almeno non all'inizio. Forse solo al ritorno le aveva mostrato quel sorriso. Dio, che bel sorriso. Corinna non riusciva a guardare altro.
«Non è brutto, però mi incute timore. Guarda che occhi di ghiaccio» disse Silvia.
Sì, aveva uno sguardo impenetrabile e quando l'aveva guardata fuori dal ristorante anche lei si era sentita intimorita da quegli occhi. Però aveva scorto in lui anche tanta dolcezza. E a pensarci bene, chi avrebbe abbandonato una cena di lavoro per una sconosciuta? Ante lo aveva fatto.
«Pensi che dovrei sdebitarmi con lui in qualche modo?»
«Certo che dovresti. Perché non gli prepari un dolce? Un tiramisù, ti viene benissimo.»
Corinna storse il naso. «Io pensavo più a un messaggio. Su Facebook o su Instagram. Sicuramente avrà un account.»
«Immagina quanti messaggi ricevono queste persone ogni secondo. Non li leggerà nemmeno. No no, devi andare di persona. Fidati, il dolce è la scelta giusta.»
Si agitò sul letto, a disagio. L'idea di rivederlo dopo quello che aveva combinato... «Di persona? No, Silvia... sono sicura che mi odi.»
Silvia sorrise con dolcezza. «Corinna... ci hai raccontato che ha lasciato una cena importante e ti ha portata via da quel maiale. No che non ti odia.»
Corinna sollevò gli occhi verso il soffitto. «In questo momento avrà sicuramente realizzato quanto sia stato stupido e insensato e mi starà odiando.»
«A maggior ragione devi farti perdonare. Quando torni dal lavoro ti faccio trovare tutti gli ingredienti, così domani sera glielo porti per cena» le strizzò l'occhio.
Rimase ancora qualche minuto a guardare le foto di Ante prima di mettersi a letto. Sperò con tutta se stessa che almeno lui potesse risolvere il pasticcio nel quale lo aveva cacciato.
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esoterique-fr · 1 day ago
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Interview Pauline Beau - Energie et sexualité féminine
Interview Pauline Beau - Energie et sexualité féminine
Pauline Beau, astrologue, somatothérapeute, professeure de yoga et accompagnatrice en sexualité féminine, nous ouvre les portes d’un univers riche et profond, où le corps devient le point de départ d’un voyage vers soi. Dans cette interview, elle partage avec nous son parcours atypique, façonné par une enfance en contact étroit avec la nature et une quête précoce de compréhension de l’énergie…
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telodogratis · 5 days ago
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“Non se n’è accorto”, clamorosa gaffe di Stefano De Martino ad “Affari tuoi”
[[{“value”:” “Non se n’è accorto”, clamorosa gaffe di Stefano De Martino ad “Affari tuoi”. Il conduttore dell’amatissimo gioco dei pacchi è stato il protagonista di una figuraccia durante la puntata di ieri sera che non è passata inosservata al pubblico più attento. Per smorzare la tensione della partita, infatti, Stefano ha scherzato con il concorrente e la sua accompagnatrice affibbiando a…
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ericmadelon · 4 months ago
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“Take My Breath Away”
– “Voulez-vous coucher avec moi, ce soir ?” – Patti LaBelleUne demande aussi directe au bureau est assez rare !Nous ne sommes plus dans les couloirs d’Europe 1 dans les années 70 ou dans les couloirs de MAXXIMUM la nuit… ou d’Europe 2 dans les années 2000 quand le big boss passait à 3:oo du matin dans les studios en présentant ses accompagnatrices du soir à mon ami Philippe Despont comme étant…
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forgotten-daydreamer · 6 months ago
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Allora
Parto settimana prossima però sto molto poco. Diciamo che sono una accompagnatrice di lavoro di mia madre. Starò li cinque giorni circa e stai sicura che ti mando qualche foto
Io tutto sommato bene. Il braccio meglio ma amici mhe
Ahh bellissimo!! Io andai due settimane a cavallo tra 2018 e 2019. Sarei dovutə tornarci per l'erasmus, ma per un problema prettamente burocratico (mio solito culo) alla fine nada. Ci tornerò sicuramente per lavoro, e per piacere non so, chissà!! Non prima del 2026, temo. Divertiti!! E sono felice che il braccio vada meglio. Per gli amici, guarda, non so che dirti... "Meglio soli che mal accompagnati", che sembra una stronzata cliché, ma è stata la mia filosofia di vita negli ultimi 2-3 anni, e mi ha aiutato a conoscere persone davvero interessate ad essere mie amiche. Lasciati le zavorre alle spalle, è l'unico consiglio che posso darti :)
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miroir-de-sports · 7 months ago
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Parahandball
Contrairement au tennis de table, la natation, le cyclisme ou l’athlétisme le para-handball n’est pas une discipline de haut niveau en sport adapté. Il dispose néanmmoins d'un groupe France.
C’est en 2015 à Nîmes que la Fédération Sportive de Sport Adapté a mis en place le premier championnat de para-handball. Le format compétitif repose sur des qualifications régionales ouvrant l’accès à un tournoi final. Philippe Sarda, Président de Valdoie Équilibre explique que la région Bourgogne Franche Comté dispose d’un authentique challenge qui génère émulation et progression grâce à un maillage en clubs acceptable. Cette répétition des matchs entre voisins est parfois source d’errements comme le souligne Caroline Mozdzyski, accompagnatrice du groupe dijonnais après la défaite en petite finale face aux Auxerrois (3-7) : “on les joue souvent ; on les connaît bien ; on avait identifié leurs joueurs clés et on s’est trop focalisés sur eux en défense en laissant le champ libre à leur pivot ". "On a aussi perdu beaucoup de balles " ajoute son collègue Julien Smorto. Présent à Saint-Apollinaire, Jean François Tetard (FFSA) partage avec le coach Auxerrois, Sébastien Clair, la mission de composer le groupe France. Comme tout sélectionneur, il repère les joueurs à potentiel et contacte leur encadrement, sachant que pour jouer à l’international il faut avoir moins de 75 de QI, mesuré par des tests Vineland réalisés par des professionnels de santé. Il préconise aux sélectionnés d’intégrer des clubs valides qui évoluent en compétitions départementales. “Je suis au début de l’aventure” dit-il ; “au début on a pris le handball à l’envers ; un jour le Président Marc Truffaut, m’a demandé de faire une équipe pour affronter le Portugal. On a pris une grosse doudoune. Maintenant je procède avec méthode en construisant petit à petit à partir d’observations sur le terrain”. Le Championnat 2024 ? “Dijon a vraiment mis le paquet”.
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Présents à Saint-Apollinaire : quatre licenciés Réunionnais de Sainte Clotilde sélectionnés en équipe de France ; de gauche à droite : Matéo Gilbert Gallard, Mathieu Bon, Karim Eleleara, Jérémy Maillot
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Charles Berthomier au tir dans le premier match du samedi gagné par le Groupe Dijonnais
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brokensoulsworld · 8 months ago
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· · ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀         ⤹         𝐚𝐢𝐝𝐞𝐧 𝐝𝐚𝐯𝐞𝐧𝐩𝐨𝐫𝐭 ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀⠀ ⠀ ‧‧‧‧  ᴍᴏᴍᴇɴᴛ › ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ ⠀manhattan, ny ‧‧‧ 12.04.2024               ─── ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ     Filtrava attraverso le tende il sole che, ormai a quell'ora del tardo pomeriggio, aveva perso tutta la sua forza. I toni dorati dei raggi dello stesso accarezzavano la grande scrivania in mogano, il cui ordine era qualcosa ormai di andato, perduto. Le pile di fogli accatastati in modo scomposto, i compiti in classe relegati in un angolo e fermati da un elastico, e poi i libri giacenti in modo scomposto sul legno antico, rappresentavano la stessa confusione che il neozelandese aveva in mente. Il turbinio di emozioni non aveva mai smesso per un istante di girare, nel suo petto, nella sua testa, soprattutto dopo la conversazione di qualche giorno prima con la madre. Il di lei senso di apprensione era ormai noto a tutta la famiglia, il troppo bene spesso sfociava in preoccupazione, ma quando ciò accadeva era sempre finalizzato al bisogno di proteggere qualcuno a cui teneva. Dunque come poteva recriminarla? Aveva posto quella domanda con fare naturale, e con la stessa naturalezza l'uomo aveva mentito, nascondendo perfino nel tono di voce quanto fosse a disagio. Aveva cambiato discorso in fretta, ma senza far nascere nel genitore un senso di apprensione, ma come avrebbe fatto a dirle che tra lui e suo fratello le cose non stavano andando bene come ci si aspettava? Inspirò a lungo prima di afferrare il suo smartphone e digitare quel numero a memoria. Attese i canonici cinque squilli prima che scattasse per l'ennesima volta la segreteria telefonica. A differenza di tutte le altre volte, attese l'inconfondibile bip prima di parlare. ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ   ᴀɪᴅᴇɴ ᴋᴀʏ  « Non mi piace lasciare questi messaggi e lo sai, ma adesso basta. Rispondi a questo cazzo di telefono e richiamami Liam, non ho più intenzione di pararti il culo e mentire alla mamma… Sono settimane che mi stai evitando, visualizzi i miei messaggi e non mi rispondi, immagino che tu sia nei casini, o chissà in quale tua situazione. Alza il culo e chiamami! » ㅤㅤㅤㅤㅤㅤ Si ritrovò a socchiudere gli occhi prima di pigiare il tasto di fine chiamata e lasciarsi andare sulla poltrona in pelle accompagnatrice di così tanti pensieri. Ogni volta era la stessa storia, il loro rapporto era come un elastico che si tendeva allungandosi per poi ritornare ancora più vicini dopo aver raggiunto il punto massimo. Sentiva le spalle rigide, la testa che avrebbe cominciato a dolere da un momento all'altro, ma in quel momento poteva probabilmente prendere in considerazione l'unico consiglio che aveva ricevuto qualche giorno prima. Okay, prendere in considerazione un consiglio del Kovac non era mai una cosa buona e giusta, ma che altro avrebbe potuto fare? Un lungo sospiro fuoriuscì dalle di lui labbra mentre s'alzava con un gesto repentino chiudendo frettolosamente il computer. Aveva un evento, una cena a cui non avrebbe in alcun modo rinunciato e chissà cosa gli si sarebbe potuto riservare.
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lemandro-vive-qui · 9 months ago
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Signore in fila: Ho visto l'ultimo Fellini giusto martedì scorso... non è uno dei suoi migliori. È mancante di strutture coesive, si ha la sensazione che non sia del tutto sicuro di quello che vuole dire. Oddio, io l'ho sempre definito essenzialmente "un grande tecnico del cinema". D'accordo, La strada era un buon grandissimo film. Grandissimo nell'uso dell'energia negativa... Alvy[ad Annie]: Io sento che mi sta per venire un colpo. Annie: Be', smetti d'ascoltarlo. Alvy: Smetti d'ascoltarlo? Mi strilla le sue opinioni nelle orecchie. Signore in fila: Mettiamo ad esempio in Giulietta degli spiriti o nel Satyricon, io lo trovo incredibilmente indulgente, sai, veramente, uno degli autori più indulgenti, ma veramente, sai... Alvy[ad Annie]: La parola chiave è "indulgente". Indulgente... Ma cos'hai che sei depressa? Annie: Non ho fatto la terapia, ho dormito troppo. Alvy: Ma come hai potuto dormire troppo? Annie: È stata la sveglia. Alvy: Tu sai quanto mi offendono queste allusioni... Annie: Lo so. Per il nostro problema sessuale, vero? Alvy: Ehi senti, tutta questa coda deve conoscere il ritmo delle nostre copule? Signore in fila: È come Samuel Beckett, sai? Io ne ammiro la tecnica ma non mi colpisce mai a livello viscerale. Alvy[ad Annie]: Lo colpisco io a livello viscerale. Annie: Smettila, Alvy! Alvy: Ma mi sta sputando sul collo questo... mi sta sputando sul collo... Annie: Vuoi sapere un'altra cosa? Sei talmente egocentrico che se io non faccio la terapia tu pensi solamente a come può riflettersi su di te. Signore in fila: Troppo interiorizzato... Alvy[ad Annie, riferito al signore che continua a parlare e alla sua accompagnatrice]: Forse è il primo appuntamento. Si saranno conosciuti con un'inserzione sulla rivista Vita ermeneutica. "Accademico trentenne desidera conoscere donna interessata a Mozart, James Joyce e sesso anale". Ma quale nostro problema sessuale? Io sono relativamente normale per uno cresciuto a Brooklyn. Annie: Ok, scusa tanto... Il mio problema sessuale! Il mio problema sessuale, eh? Alvy: Oh, non l'ho letto. Di chi è? Di Henry James? Che cos'è, forse il seguito di Giro di vite? "Il mio problema"... Non gridare! Annie: Eh, non grido. Signore in fila: Un certo Marshall McLuhan ha nei limiti angusti del suo essere una grande intensità, mi capisci? Lui è un grande mediatore... Alvy[rivolto alla telecamera]: Che cosa non darei per avere un'enorme palata di cacca di cavallo. Ma cosa fa uno quando si trova incastrato in una coda con un tipo del genere alle spalle? È una cosa da impazzire! Signore in fila[avvicinandosi anch'egli alla telecamera]: Ehi, un momento, ma cos'è, non posso dire le mie opinioni? Questo è un Paese libero! Alvy: Ma certo: lo può dire, ma deve dirlo a voce alta? Ma insomma, non si vergogna di pontificare così? E la cosa più buffa è Marshall McLuhan... Ma lei sa niente di Marshall McLuhan? Signore in fila: Ah, davvero? Senti, io tengo un corso all'università di Columbia, si chiama TV, media e cultura, e credo che le mie valutazioni sul critico McLuhan... be', abbiano una certa validità. Alvy: Ah, davvero? Signore in fila: Sì. Alvy: Oh, è buffo perché, guarda caso, il signor McLuhan è proprio qui... [va a prendere un uomo nascosto dietro un cartello] quindi... per favore... senta. Lei venga qui! Diglielo! Marshall McLuhan: Ho sentito quello che ha detto. Lei... lei non sa niente del mio lavoro. Lei sostiene che ogni mia topica è utopica. Come sia arrivato a tenere un corso alla Columbia è cosa che desta meraviglia! Alvy[rivolto alla telecamera]: Ragazzi, se la realtà fosse così...
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chifourmi · 2 years ago
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Moi qui étais hyper motivée à avancer sur mon TFE, qui ai ouvert le document où mon accompagnatrice a mis tout ce qu'il y avait à changer ou développer, et qui ai été démotivée en 2 minutes chrono.
(11/04/2023)
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