#Uomini non si nasce
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queerographies · 1 year ago
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[Uomini non si nasce][Daisy Letourneur]
Cosa significa essere un vero uomo? E uno falso? Un uomo etero può essere femminista? I maschi decostruiti sono il futuro del femminismo?
Autrice trans-femminista, Daisy Letourneur introduce in questo saggio rivoluzionario un elemento nuovo e ancora poco valorizzato nel panorama degli studi di genere, facendo di Uomini non si nasce uno snodo essenziale per approfondire le grandi mutazioni contemporanee. La decostruzione della femminilità è sempre stata al centro del pensiero e degli studi femministi, a partire dalla famosa frase di…
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occhietti · 2 months ago
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Elogio della donna di classe
di Francesco Lamendola
La donna di classe…
È una Signora con la "s" maiuscola; una donna che, qualunque cosa faccia (o non faccia) e dica (o non dica), rimane sempre al di sopra di se stessa.
Non si dà mai interamente: nel senso che non si svende, non si regala alle mode più facili, ma conserva sempre una parte di mistero, ossia di fascino.
Sì, perché il mistero è affascinante: è il non detto, il suggerito, l’implicito; è il riserbo, la discrezione, il pudore; è l’intimità che non si mette mai in piazza, che rimane fedele a un proprio codice di onore e di riservatezza.
È la femminilità che mantiene il rispetto di sé, che si veste di sobrietà e di senso della misura, perché consapevole che lo strafare non è mai veramente femminile e che l’esibire, l’ostentare, il gridare e il dimenarsi, si addicono alle donne da poco.
Donne di classe si nasce e non si diventa; e lo si è a qualunque classe sociale si appartenga. Una donna del popolo, a determinate condizioni, può avere più classe di una gran dama o di una ricca borghese. Non è questione di soldi e nemmeno di lignaggio. O si è signori nell’anima, o non lo si è; e questo vale per le donne, così come per gli uomini.
La donna di classe non teme le rughe e accetta di invecchiare. Sa di valere, anche se la modestia fa parte del suo abito mentale; perciò non tenta disperatamente di inseguire i perduti vent’anni, ma asseconda con grazia e intelligenza le diverse stagioni della vita, conscia del fatto che il fascino è qualcosa di molto più sottile e di molto più prezioso della bellezza che proviene dalla sola giovinezza.
Non si può essere giovani per sempre e non si deve cadere nel ridicolo di atteggiarsi a ventenni, quando si hanno sessant’anni; ma si può essere sempre raffinate, affascinanti, intriganti, purché si abbia classe.
Quando si ha classe, l’età diventa un elemento secondario o, addirittura, un ulteriore fattore di fascino; perfino le rughe, portate con dignità e naturalezza, possono accrescere il fascino, non diminuirlo.
La donna di classe sa che uno spacco vale più di cento minigonne e sa che uno sguardo può lasciare il segno più di cento perle sull’ombelico, esibito coi pantaloni a vita bassa; sa che alludere è più raffinato che strillare, come sa che sussurrare è molto più sensuale che dire.
La donna di classe si muove con garbo, parla di cose interessanti, e nello sguardo le brilla una luce particolare: perché ama la vita, ma la ama con sensibilità e intelligenza, non con avidità e prepotenza…
- Francesco Lamendola
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falcemartello · 1 year ago
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Vi ricordate questi versi: «Cantami, o diva, del Pelide Achille l’ira funesta?» Ecco, a quanto pare Omero è il capostipite della «mascolinità tossica» e un esempio di «patriarcato» a detta dei progressisti della cancel culture e va bandito dalle scuole.
«Sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Iliade e l’Odissea dai nostri programmi», dichiara Heather Levine, che insegna alla Lawrence High School. Negli Stati Uniti non hanno gradito che gli eroi omerici siano guerrieri «forti e dai capelli biondi», e hanno pensato bene di impedire ai ragazzi di leggerlo in classe.
Ma di cosa parla l’Iliade? Dell’onore, di gelosia, amicizia, tradimenti, di uomini assetati di potere che vorrebbero dominare il mondo e di innocenti che muoiono in modo tragico a causa di una guerra voluta dai potenti. Vi suona familiare? Ma soprattutto parla dell’amore: dell’amore verso la propria patria, l’amore fraterno e dell’amore di un padre nei confronti del figlio.
Vi ricordate di quando il vecchio Priamo supplica Achille di restituirgli il corpo di Ettore? Io mi ricordo che quando lo lessi per la prima volta mi commossi del dolore di questo padre che avanza nella notte vestito come un mendicante e si mette in ginocchio davanti all’assassinio di suo figlio. E vi ricordate la scena in cui Ettore dice addio alla moglie e al figlioletto? Ecco, in quei momento la guerra non è più gloriosa, non è più eroica, ed Omero ve lo mostra!
Secondo voi è tossico tutto questo? E sì l’Iliade parla di uno scontro tra due civiltà, esattamente come le guerre di oggi, ed esattamente come le guerre di oggi nasce da un pretesto, il tradimento di Elena nei confronti del marito Menelao che un uomo assetato di potere, Agamennone, fratello di Menelao, sfrutta per dare inizio alla guerra. Per distruggere i suoi nemici. E alla gente «racconta» la favoletta del tradimento di Elena.
Perché forse il vero motivo per bandire i classici non è perché sono politicamente scorretti e non stanno al passo con i tempi ma perché lo sono fin troppo! Non sia mai che i ragazzi leggendoli, incomincino a fare una cosa pericolosissima per tutti i governi, i politici e gli Agamennone di oggi: pensare!
Guendalina Middei
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ma-pi-ma · 2 years ago
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Io quando parlano di adozione-gay mi sento derubata nel mio ventre di donna. Anche se non sono riuscita a far nascere i miei bambini mi sento usata, sfruttata, come una mucca che partorisce vitelli destinati al mattatoio. E nell'immagine di due uomini o di due donne che col neonato in mezzo recitano la commedia di Maria e Giuseppe vedo qualcosa di mostruosamente sbagliato. Qualcosa che mi offende anzi mi umilia come donna, come mamma mancata, mamma sfortunata, e come cittadina.
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Sicché offesa e umiliata dico: mi indigna il silenzio, l'ipocrisia, la vigliaccheria, che circonda questa faccenda. Mi infuria la gente che tace, che ha paura di parlarne, di dire la verità. E la verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l'ambiguità delle parole "genitori" e "coniugi" le leggi della Vita.
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Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma. E a chi ricatta con la storia dei bambini senza cibo e senza casa (storia che oltretutto non regge in quanto la nostra società abbonda di coppie normali e pronte ad adottarli) rispondo: un bambino non è un cane o un gatto da nutrire e basta, alloggiare e basta. È un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. Ben più inalienabili dei diritti o presunti diritti di due omosessuali con smanie materne o paterne. E il primo di questi diritti è sapere come si nasce sul nostro pianeta, come funziona la Vita sul nostro pianeta. Cosa più che possibile con una madre senza marito, del tutto impossibile con due "genitori" del medesimo sesso. Punto e basta.
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Oriana Fallaci
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soldan56 · 6 days ago
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Perché Luca Marinelli canta "The ghost of Tom Joad" di Bruce Springsteen
Tom Joad è il protagonista del romanzo più importante di John Steinbeck, probabilmente il più esistenzialista e sensibile scrittore americano del 900. Certamente uno dei più libertari (il rapporto di profonda amicizia con il filosofo libertario Edward Ricketts e i lunghi scambi di idee in scrittura influenzarono molto il pensiero di Steinbeck). Il capolavoro letterario esce negli Stati Uniti nel 1939 e noi lo conosciamo con il titolo di "Furore".
Woody Guthrie, il grande poeta cantautore antifascista, maestro di Bob Dylan, Leonard Cohen e Bruce Springsteen (tra i molti), scrisse la struggente ballata "Tom Joad" l'anno dopo, nel 1940. Nove anni prima che Springsteen venisse al mondo.
La storia di Furore, per chi non l'abbia mai letta, è l´epopea drammatica della trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveracci, dall'Oklahoma attraverso il Texas, il New Mexico e l'Arizona, lungo la famosa Route 66 che conoscerà altre storie letterarie (Kerouac fra tutti), fino alla California, in cerca di un modo di vivere meno misero. Ci troveranno solo il modo terribile di sopravvivere: paghe da fame, caporalato, lavori da schiavi. Sono gli anni della Grande Depressione. Smagriti da un regime di lavoro che non bastava neanche lontanamente a nutrirli, picchiati, senza una casa, vivevano in baracche di fortuna (spaventosa la somiglianza con le città dormitorio dei migranti in Puglia oggi).
Ed è questa la storia che Springsteen, 55 anni dopo, nel 1995 vuole raccontare. Non certo per mettersi in competizione con il suo maestro Woody Guthrie (che lo stesso Springsteen definì "inarrivabile") ma per renderla più moderna e attuale ai nuovi lavori schiavisti negli Stati Uniti. Tom Joad, nel testo di Springsteen, è un fantasma ancora presente nell'America di oggi, come se cinquant'anni dopo, ben poco fosse cambiato.
E il testo è un pugno allo stomaco che toglie il respiro:
"Uomini a piedi lungo i binari diretti non si sa dove, non c'è ritorno; elicotteri della stradale che spuntano dalla collina,
minestra a scaldare sul fuoco sotto il ponte, la fila per il ricovero che fa il giro dell'isolato.
Benvenuti al nuovo ordine mondiale.
Famiglie che dormono in macchina nel Sud ovest. Né casa né lavoro né sicurezza né pace. La strada è viva stasera ma nessuno si illude su dove va a finire.
Sto qui seduto alla luce del falò
e cerco il fantasma di Tom Joad.
Tira fuori un libro dal sacco a pelo,
il predicatore accende un mozzicone e fa una tirata aspettando il giorno che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi.
In uno scatolone di cartone nel sottopassaggio ho un biglietto di sola andata per la terra promessa.
E tu hai un buco in pancia e una pistola in mano e dormi su un cuscino di sasso, ti lavi nell'acquedotto municipale.
Diceva Tom: Mamma, dovunque un poliziotto picchia una persona, dovunque un bambino nasce gridando per la fame,
dovunque c'è una lotta contro il sangue e l'odio nell'aria cercami, e ci sarò.
Dovunque si combatte per uno spazio di dignità per un lavoro decente, una mano d'aiuto, dovunque qualcuno lotta per essere libero, guardali negli occhi e vedrai me."
I Tom Joad di oggi, descritti da Springsteen, sono messicani, africani, sono le nuove vittime di un Nuovo Ordine Mondiale ancora affollato di poliziotti che picchiano, bambini che piangono per la fame, gente senza lavoro e senza libertà.
E allora perché un attore affermato e bravissimo come Luca Marinelli sceglie proprio, esponendosi, di cantare la poesia sociale di Springsteen? Non può essere semplicemente un caso.
Dopo gli insulti ricevuti da quell'area politica che governa l'Italia per aver interpretato Mussolini, e dopo la valanga di commenti feroci sui social, alla sua persona, alla sua sensibilità di attore, lui risponde con un urlo che ha ormai ottant'anni. Quell'urlo di rivalsa, di libertà che albergava in Steinbeck, in Guthrie. E questo lo rende simile ad Elio Germano, altro artista raro che esprime sempre il suo pensiero libertario contro le ingiustizie.
E la canta pure bene. Uno dei pezzi di Springsteen più difficili da interpretare. Quindi un grazie a Luca Marinelli che solleva ancora una volta quel grido degli oppressi. Di qualsiasi epoca.
Olmo Losca il video: https://x.com/MichelaMeloni1/status/1878807190137700720
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angelap3 · 4 months ago
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Vi ricordate la Ginestra? Sapevate che Leopardi la scrisse un anno prima di morire?
Questa poesia però non è soltanto una delle più celebri della poesia italiana, ma è la più bella di tutte, perché il messaggio che c’è dietro dà i brividi.
Immaginate di camminare sulle pendici del monte Vesuvio, dappertutto vedete cenere e lava; a un tratto però scorgete un fiore che si erge tra tante rovine.
La ginestra non è come le piante che vediamo spesso nei nostri giardini, ma è un fiore più raro, diverso dai suoi simili: cresce in luoghi solitari, «cosparsi di ceneri infeconde».
È l’unico fiore che riesce a crescere lungo le pendici desolate del Vesuvio. Però questo fiore solitario spande nell’aria un profumo dolcissimo.
Cosa vi sta dicendo Leopardi? Che dalla sofferenza e dalla diversità nasce la bellezza.
Van Gogh fu rinchiuso in manicomio, Alda Merini fu rinchiusa in manicomio, Beethoven diventò sordo, Pascoli perdette il padre da bambino, Dostoevskij venne condannato ai lavori forzati.
Se andate a leggere le biografie dei grandi uomini, vi troverete sempre questa cosa qui: una caduta, un momento di terribile disperazione, un ostacolo talmente grande che sembrava impossibile da superare.
Però proprio in manicomio Van Gogh dipinse alcuni dei suoi quadri più belli, e c’è un motivo se in ogni parte del mondo, le sue opere, a distanza di due secoli, continuano a suscitare emozioni tanto forti. Perché?
Perché ci raccontano la storia di un’anima che resiste e splende anche nelle tenebre.
Anche la Ginestra «resiste», non si arrende.
C’è sofferenza nella vita? Certamente.
Leopardi non vi mente, non vi mente mai. Non indossa la maschera del moralista, non vi vende illusioni, vi parla della ginestra che accetta la vita così com’è, con tutte le sue difficoltà e i suoi ostacoli, ma resta comunque lì, a creare bellezza in mezzo al deserto, a fare qualcosa di bello anche se nessuno dovesse venirlo a sapere.
(Guendalina Middei - da «Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera»
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susieporta · 1 year ago
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L'INCOMPRENSIONE RECIPROCA
G. I. Gurdjieff diceva: "Prima di discutere con qualcuno occorre realizzare fino a che punto quella persona può capire le nostre parole. Il parlare nonostante l'impossibilità di essere compresi dall'altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è consapevole, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di comprendere."
La malcomprensione è la regola tra gli esseri umani. Dalla più piccola lite alla guerra in larga scala. Perché? perché ogni parola assume per ognuno di noi un significato diverso a seconda del proprio vissuto e sopratutto dal livello di coscienza soggettivo. Ecco perché non comprendersi, tra le persone, e' la norma.
Se credete che ogni essere umano debba comprendere le vostre parole o quelle dei Maestri, come arrivano a voi, vi illudete. L'illusione è un fenomeno mentale che ci allontana dalla realtà e dalla sua complessità. La vita segue una sua "logica" che va oltre il nostro concetto di "giusto" e "sbagliato". La vita non è morale e nemmeno immorale ma amorale.
Le nostre credenze sulla realtà non sono la realta' "oggettiva" ma una sua rappresentazione interna delle nostre credenze. Una credenza è un costrutto mentale inserito nella nostra mente dall'esterno. Noi entriamo in conflitto per le credenze che sono spesso più idee che esperienze.
Una persona che, per esempio, non ha mai vissuto l'esperienza dell'amore incondizionato o del perdono potrà parlarne sul piano analitico ma non può sapere di cosa parla se non è passato per quella esperienza. Lo stesso vale per la sessualità, la malattia e il lutto. Come può un prete parlare di sesso senza averlo provato? Come può un terapeuta curare un depresso senza aver mai esperito una depressione?
Esperire vuol dire morire a se stessi… passare attraverso l'esperienza… per andare oltre la logica razionale. Per crescere bisogna morire alle proprie credenze.
Non credete a nessuno, neanche alle parole dei cosiddetti "Maestri" o a quelle che, secondo voi, sono le autorità o si proclamano tali. Non credere neanche a te stesso ma credi solo all'esperienza… nessuno può dirti cosa è giusto o sbagliato e tu non puoi dire a nessuno cosa è giusto o sbagliato.
Decidi cosa è "giusto" o "sbagliato" per te attraverso l'esperienza e prenditi la responsabilità della tua vita ma ricorda che nessuno potrà comprenderti veramente perché siamo sempre soli nella nostra esperienza.
Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo anche se ci scontriamo perché utilizziamo termini diversi, secondo noi oggettivi, per dire a volte la stessa cosa. Quello umano è un mondo intersoggettivo e la relazione si basa proprio sulla negoziazione del significato delle parole. E' nella relazione che si costruiscono i significati. Ma la relazione non è fatta solo di parole, anzi le parole spesso ci allontanano.
Le parole dette senza coscienza feriscono, uccidono.
Funzioniamo così: "io ho ragione, secondo i miei schemi mentali, mentre l'altro ha torto perché ha schemi mentali diversi dai miei". Questo fenomeno è amplificato sui social dove ci si irrita, si giudica, si offende l'altro per imporre la propria visione del mondo.
L'Arte, per esempio, nasce all'anima perché usa il linguaggio simbolico che è universale e arriva direttamente al cuore… quella che viene definito "Centro Emotivo Superiore" da Gurdjieff. Senza una comunicazione da cuore a cuore gli esseri umani sono impossibilitati a comunicare.
Dovremmo imparare il valore del silenzio, non per presunzione, ma perché è necessario capire se quello che voglio dire l'altro possa capirlo veramente oppure no.
Ho speso tanto tempo e fiato con persone che pensavo potessero e dovessero capirmi e ho compreso che a sbagliare ero io. Non puoi parlare a chi è sordo e non puoi mostrare il tuo mondo interiore a chi è cieco. Non puoi pretendere che l'altro ti capisca… perché l'altro non è te. L'altro è diverso da te. L'altro non è dentro di te.
Le donne vorrebbero che gli uomini le capissero… gli uomini che le donne li capissero… gli islamici che i cristiani li capissero… i cristiani che gli islamici li capissero… i buddhisti che gli islamici li capissero… è sempre stato così ma niente è mai cambiato.
Chi ha deciso di "svegliarsi" e compiere un lavoro su di sé è pronto per cogliere la verità a seconda dell'impegno che mette nel conoscersi. La Verità non si ottiene volendo avere ragione a tutti i costi e urlandola agi altri ma ascoltando più i silenzi che le parole. Nel silenzio in cui Dio stesso si esprime.
Tiziano Cerulli
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blacklotus-bloog · 2 months ago
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Uomini...
... non si nasce, non si appare, si diventa giorno per giorno ribellandosi alla rinuncia alla propria emotività, alla mancanza di comunicazione, al paradosso delle dicotomie. Uomini si diventa quando non ti contraddici, quando non ti sveli completamente neanche a te stesso, quando non permetti che le cose restino così immutate e ferme, stereotipate. Un Uomo è figlio di una selezione naturale che percorre i sentieri impavidi della fermezza caratteriale, della misurata solitudine, dell'onestà, del rispetto. La grandezza di un Uomo è essere un ponte da attraversare per scorgere le bellezze dell'anima e non uno scopo per stare meglio per completare l'esistenza lacunosa di una donna. Un Uomo va sentito dentro come l'aria per respirare, come l'acqua per dissetarsi, come il sole per scaldarsi. Mia Nonna diceva sempre "Un Uomo è come la terra, è tuo se ci parli, se lo curi" e curare dalle mie parti significa avere una prioritaria premura, avere attenzioni particolari come quella della comprensione del momento, del rispetto dei suoi silenzi, del bisogno di solitudine. Curare dunque la consapevolezza di essere presenza e non intralcio. Quindi auguratevi un Uomo, auguratevi di sentirvelo scorrere nelle vene, auguratevi la serenità che solo un Uomo può darvi. Auguraratevi quella complicità esclusiva tale da poter osare sempre e superare limiti, avere un Oltre che è molto più oltre quello che pensavate...
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BLACKLOTUS
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vaccagare · 2 months ago
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Nino Sarratore. Perché fa male, ma attrae?
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È questa la domanda che mi tormenta, un pensiero che non mi lascia tregua. L’odio che sento non è abbastanza, mai abbastanza, ed è questo il mio dramma più grande. Perché, se odio gli uomini come lui e mi ripeto che sono esseri meschini, crudeli, incapaci di amare davvero, qualcosa in me lo desidera ancora?
C’è una bellezza in lui che non si spiega, una bellezza che non è nella forma, anche se ben diversa dagli altri uomini, ma nel modo in cui riesce a entrare nella tua testa e a starci, a farti credere che sia tutto diverso con lui, che per lui potresti cambiare tutto, anche te stessa. È un gioco sporco, e lui lo sa fare alla perfezione. Sa affascinare, sa prendere quello che vuole, e poi lasciarti lì, vuota, con la sensazione di essere stata stupida, ingenua, ma anche irrimediabilmente viva.
Lui incarna tutto ciò che ferisce: la superficialità travestita da profondità, l’arroganza mascherata da fascino, la mancanza di lealtà in un universo dove cerchiamo disperatamente stabilità e verità. Nino è il conflitto tra ragione e cuore, la consapevolezza che dovresti odiarlo, che dovresti lasciarlo andare, ma non ci riesci. Perché? Perché sapere che è tossico non basta per spegnere l’attrazione, per soffocare quel desiderio insensato che nasce da un mix letale di idealizzazione, bisogno e debolezza.
Amarlo è un rischio che si prende quasi senza accorgersene o addirittura volontariamente, un veleno che scivola lento dentro di te, e quando te ne accorgi è troppo tardi. Lui ti segna. Segna come ha segnato Lenù, come ha segnato Lila (che dovrebbe aver amato più intensamente, ma solo per senso di mera conquista), come segna chiunque abbia il coraggio o la sfortuna di lasciarlo entrare. Ti strappa pezzi di anima, ma ti insegna anche a riconoscere il tuo valore. Non subito, no, perché prima ti spezza. Ma alla fine capisci che non sei il riflesso del suo desiderio, che la tua esistenza non dipende dal bisogno di essere scelta da qualcuno che non sa amare, che lui è come la luna, vive di luce riflessa.
Nino è brillante, accattivante, capace di far sentire chiunque speciale. Sa dire le cose giuste, sempre al momento giusto. Sa accendere in te quel desiderio primordiale di essere vista, capita, scelta. È il suo potere, il suo talento più grande, ma anche il suo inganno più crudele. Perché non sceglie mai davvero. Entra e esce dalle vite come se non fossero altro che stanze da attraversare, lasciando dietro di sé un vuoto che brucia. E tu, in quel vuoto, ti trovi a desiderare l’impossibile: essere quella che finalmente lo trattiene, quella che lui non potrà né vorrà mai lasciare.
È tossico, lo sai, ma è anche profondamente umano. È quella speranza folle e insensata di trasformare un rapporto imperfetto in qualcosa di definitivo, di salvare qualcuno che non vuole essere salvato.
Ma la vera sfida, forse, è questa: imparare a vedere Nino per quello che è, senza lasciarsi accecare dal fascino di ciò che potrebbe essere.
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scogito · 1 year ago
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Lascia che gli uomini ti deludano. Lascia che le tue illusioni crollino, che le aspettative si sfracellino sotto la quantità di romantic movie che ti sei ingurgitata.
C'è un riequilibrio grandissimo dietro questo crollo. Perché stai sulle nuvole e devi tornare a terra. Perché cerchi sempre in lui quello che non vedi in te.
Lascia che brucino tutto con quei baci usciti male, e il sesso senza piacere, gli appuntamenti noiosi e i rapporti che ti tradiscono.
Esci dai tuoi labirinti. Mettiti a correre, sul serio, lascia che bussino se vogliono, solo dopo averti raggiunta.
Perché quel bisogno che hai, di perfezione, di rose e di maschio, non serve per nutrire cazzate in un mondo che vedi solo tu.
Serve per uscire dalle tue idealizzazioni. Per riunire in modo sano il cuore e la carne.
Solo dopo lo incontri. Quello "giusto".
Che di solito nasce dalla metà dentro di te, che ti sei conquistata.
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ambrenoir · 8 months ago
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𝗟𝗔 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗘 𝗘̀' 𝗜𝗟 𝗣𝗜𝗨̀ 𝗖𝗟𝗔𝗠𝗢𝗥𝗢𝗦𝗢 𝗘𝗤𝗨𝗜𝗩𝗢𝗖𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗦𝗧𝗢𝗥𝗜𝗔 𝗨𝗠𝗔𝗡𝗔
(𝗣𝗿𝗼𝗳. 𝗩𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗠𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶)
La morte è il più clamoroso equivoco della storia umana.
Dai più eminenti uomini di scienza dell’ultimo secolo scopriamo che l’Universo è tutto Pensiero e che la Realtà esiste solo in ciò che pensiamo ✨
L’energia è quella manifestazione che fa accadere le cose e gli eventi. Essendo di carattere vibrazionale essa si manifesta in una incommensurabile vastità di forme e di aspetti. Dietro tutte queste apparenze si cela una realtà legata a un campo di frequenze comprese in bande, ciascuna delle quali ha uno sbocco nel panorama delle cose materiali che noi vediamo.
Sofisticate tecnologie dimostrano che l’uomo non muore, quando sembra separarsi dalla sua carica energetica che lo vivifica, perché ciò che si stacca dal soma migra e fluisce verso altre locazioni.
Il nostro apparato sensoriale è limitato e quindi inadeguato a permetterci di percepire la realtà al suo livello più profondo.
Occorre comprendere che l’anima che sta per trapassare non è il corpo, bensì la vita stessa e che la sua natura non è materica ma spirituale e che al contrario del suo corpo psico-fisico non conosce mutamento, né decadimento.
Inconsciamente non possiamo sopportare di morire in quanto sappiamo che non è possibile farlo. Quando l’Io ben centrato ne ha la suddetta visione, allora siamo fuori dal paradigma spazio-temporale.
Il tutto dipende dalla qualità del nostro livello di coscienza.
Se non modifichiamo il nostro atteggiamento mentale, se non cambiamo lo stato della nostra visione del mondo, non potremo scegliere il mondo successivo, ma ci troveremo a ripetere ciò che siamo qui con le stesse difficoltà e le stesse limitazioni.
Il paradiso infine, non è un luogo, ma è una dimensione della coscienza.
Il tempo non esiste.
Quando il tempo incomincia a scorrere? L’etimologia della parola ha una derivazione di origine indo-europea che significa dividere.
Quando nasce il tempo nasce anche il concetto di morte.
Anche il Big Bang non è mai avvenuto
Si è scoperto di recente un “Campo Informazionale” che permea tutto.
È infinito. Non ha inizio e non ha fine. Noi vediamo attraverso i nostri occhi tutte le cose divise, frantumate, separate e invece tutto è Uno. Il viaggio dell’evoluzione è dall’inconscio al conscio.
Quando mi chiedono cosa c’era prima del tempo e della morte rispondo che tutto ciò che esiste è AMORE.
Questa parola non è legata a sentimento, affetto o passione, come lo conosciamo oggi, ma significa A-MORS non morte.
Tutto vive, dall’atomo alla più grande galassia.
Abbiamo verificato che anche le piante e i minerali vivono, su piani diversi.
Tutto è costituito da una sola sostanza, con manifestazioni diverse.
Questa sostanza è fisicamente e psichicamente pensante.
Ilya Prygogine, che è stato il più grande chimico vivente (premio Nobel nel 1977), nel corso delle sue ricerche chimiche della materia organica, si è accorto che ogni molecola viveva e sapeva perfettamente quello che faceva ogni altra molecola a distanze macroscopiche.
Anche nell’esperimento che fece Pauli (fisico) le particelle separate (fotoni) che si trovavano nello stesso livello energetico o stato quantico, pur lanciate a distanze differenti, rimanevano sempre collegate.
Tutto è interconnesso e non-locale (entanglement).
Le informazioni sono istantanee, perché abbiamo scoperto che le particelle come possono essere ad esempio gli stessi elettroni/processo o evento, non sono masserelle solide ed inerti, ma nuclei del tutto inconsistenti che rivelano di essere “un bit concentrato di informazione”, andando così a costituire un campo informazionale.
L’unica cosa solida allora di cui si può parlare di questa materia, che sembrava fatta di “mattoni atomici”, è invece che assomiglia più ad un PENSIERO.
Le onde e le particelle (“ondicelle”) in realtà sono le solite. Esse si trovano sia qui che ovunque, Ciò perchè esse, oltre ad essere se stesse , sono anche lo spazio che intercorre tra loro.
E quindi non hanno neppure alcun bisogno di comunicare tra loro, perchè sono la stessa cosa dello “spazio”.
Ed in più esse non hanno nessuna ragione per doversi connettere, perchè non sono mai state disconnesse o disgiunte.
In sintesi, sono un ologramma, un “Tutto-parte”, una versione su scala più ridotta del Cosmo, dell’ Intero Corpo organico universale. Una goccia concentrata e indissolubile dell’infinito oceano energetico, detto Coscienza non locale.
La Coscienza dunque non sta nel cervello ma nel Campo.
Sia la fisica che la neurofisiologia che la quantistica concordano su questo punto.
Non è il cervello che produce il pensiero, ma è il PENSIERO o COSCIENZA che edifica il cervello.
Max Planck, padre della teoria dei quanti, scioccò il mondo nel 1944 quando affermò che esiste un’unica matrice energetica “intelligente” da cui ha origine tutto, il visibile dall’invisibile.
Con questa implicazione sconcertante il mondo scopriva per la prima volta che Tutto è coscienza.
Abbiamo oggi gli strumenti che possono vedere che intorno a noi esiste un globo luminoso. Un nostro prolungamento (un duplicato immateriale). È stato definito un campo di ultra-luce.
Noi non lo vediamo con gli occhi e anche con gli strumenti possiamo vedere fino ad un certo punto.
Questo campo è milioni di volte più sottile della più sottile materia. Ha una frequenza vibrazionale di 10 alla 26 Hz.
Esso è più sensibile e impressionabile della più sensibile ed impressionabile pellicola fotografica.
Anche la PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) ha riconosciuto che gli antichi avevano ragione.
Noi siamo un fascio di vibrazioni di cui l’aspetto fisico, la forma fisica è solo il nucleo più denso.
La luce che vedono le persone che hanno esperienze di premorte (NDE), siamo noi stessi, ciò di cui siamo costituiti.
Un fenomeno straordinario, che merita di essere chiamato con il nome di AUTOPSIA (composto da “autos”, stesso e “opsis”, vista), cioè “VISTA DI SE STESSO”.
E l’Autopsicità (quale può essere quella dell’ esperienza totale del Divino) è una situazione che implica la visione istantanea e diretta di una “partitura” in cui figurano tutti gli aspetti del Libro della Vita, cioè di una composizione universale, disposta in più mondi.
Qualcuno ha detto: “Chiarisci il tuo senso e illuminerai il mondo”.
Se vuoi sapere come fare, fai come fece il maestro Zen Poshang.
Quando gli fu chiesto come si cerca la natura del Buddha (Dio), Egli rispose: “È come cavalcare il Bue, in cerca del Bue”.
Prof. Vittorio Marchi
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occhietti · 1 year ago
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Io non voglio una Giornata Contro La Violenza Sulle Donne!
Io voglio che dalle scuole materne venga trasmesso il rispetto, l'uguaglianza, la gentilezza; prima ai genitori poi ai bambini.
Io voglio che dalle elementari in poi venga insegnata anatomia ed educazione sessuale; che venga fatto sapere cos'è concepire, cos'è il travaglio, cos'è il dolore, cos'è crescere ed educare un figlio. Io voglio test, prove pratiche che uomini e donne sappiano che si è uguali; che nessuno può spegnere l'identità dell'altro, materie di psicologia nelle scuole e non lo psicologo quando nasce un problema.
Io voglio che chi si macchia di un delitto anche se non è omicidio, sconti delle pene severe ma non a fare palestra in carcere; mentre paga deve studiare tutto quello che voglio s'insegni sin dall'infanzia.
Io non voglio una giornata mondiale
contro la violenza sulle donne.
Io voglio che il mondo intero ogni giorno insegni, educhi i bambini, adolescenti, uomini e donne al rispetto, perchè ognuno di noi è unico nel suo essere e non si può vivere come vogliono gli altri. Se tu uccidi con una pistola, con un coltello, con l'acido, con il terrore, con le parole, Tu non meriti d'avere quello che togli a qualcun altro.
- Ketty Karol
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princessofmistake · 2 months ago
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Sempre connessi. Sempre. Tutti. Risucchiati nell’ipnosi dei nostri iPhone. Non siamo più dove realmente siamo, ma in mille altrove contemporaneamente. Non siamo più con chi abbiamo di fronte, ma con decine di altri fantasmi bidimensionali che ci danzano nel cervello sgusciando dalla nostra tecnologia sempre a portata di mano. Ciò che ci circonda o che abbiamo di fronte diventa ben poca cosa. Ma perché? Di cosa abbiamo paura? È un continuo, festoso e incosciente stato di allerta. Sfiancante. La realtà di luoghi o persone evapora per il torrido calore di questa incorporea ma continua suggestione di mille altre voci e sirene. La quantità ha sopraffatto la qualità. Meglio il mucchio del bersaglio. Comincio a sentirmi solo perché c’è troppa gente. Vedo molti pericoli nell’abuso del mezzo tecnologico. Abuso, non uso, così, per chiarire subito. Tuttavia, non sono così rétro. Comprendo anch’io l’utilità di avere milioni di informazioni racchiuse in un oggetto minuscolo come uno smartphone; quello che condanno è altro. Oggi ci si richiede di essere veloci: SEMPRE! Veloci nell’apprendere, veloci a conseguire risultati, veloci nel sapere, nel decidere e nel fare. La tecnologia ha la possibilità di aiutare l’uomo a fare le cose rapidamente, ma non possiamo ignorare che, di fondo, la nostra biologia richiede altro, perché la conoscenza possa permanere. Noi abbiamo bisogno di tempo, di riflessione per “leggere” la realtà. Se i ragazzi devono fare una ricerca a scuola vanno su internet, premono un pulsante, scelgono l’argomento, scaricano il testo e presumono di averla fatta; non c’è alcuna fatica dietro! Solo che, mentre il computer può permettersi quella velocità, la mente umana non ci riesce. Cosa resterà nelle menti di quegli studenti? Quanto ci metteranno a dimenticare i risultati delle loro “ricerche”? Se si interra un fagiolo, c’è un intervallo biologico necessario perché diventi piantina. Mentre la tecnologia continuerà a svilupparsi in un crescendo di velocità, noi avremo ancora i nostri tempi naturali imprescindibili, che dovremo rispettare: ci vorranno sempre nove mesi di gestazione per nascere e, con ogni probabilità, un raffreddore passerà comunque in sette giorni. Uomini e tecnologia si trovano su due binari diversi, con velocità differenti. Penso che il nostro treno di esseri umani non abbia a disposizione quella rapidità e rischi di deragliare nel tentativo di star dietro all’altro convoglio. In fondo, non sarebbe neanche giusto: correre così tanto ti fa perdere il gusto della vita! La nostra esistenza è fatta anche di attese che danno sapore al sentimento, senso e sostanza alla conoscenza, e che prevedono la noia in cui nasce e si sviluppa la fantasia. Se alla mente umana non viene più concesso tutto questo, se appena ha un momento si tuffa in rete, quando tornerà a guardarsi attorno farà fatica a riconoscere ciò che la circonda, a distinguerlo e a desiderarlo. Effetti collaterali della realtà virtuale!
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luposolitario00 · 9 months ago
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I Greci hanno tre parole per indicare l'amore.
La prima è philia, un tipo di amore che implica una simpatia e nasce tra due persone che stanno bene insieme.
La seconda è agape, l'amore incondizionato di un genitore per un figlio, o tra chi si sente parte della stessa famiglia.
La terza, eros, non ha bisogno di spiegazioni, attrazione, scintilla, il desiderio di un corpo che cerca appagamento in un altro corpo.
La maggior parte di noi sperimenta almeno uno di questi amori nel corso della vita. Ma è raro poterli vivere tutti e tre insieme, intrecciati come i fili di un'unica trama dorata.
Il commediografo Aristofane doveva pensare a qualcosa del genere quando, molti anni dopo i fatti che sto per raccontarvi, si inventò una storia per spiegare l'origine dell'amore nella sua complessità a tre facce.
Secondo lui, i primi esseri umani erano attaccati per la schiena, con due volti, quattro braccia e quattro gambe, e due bocche che chiacchieravano senza sosta mentre rotolavano a mo' di ruote sulla superficie terrestre. Finché un giorno Zeus, nel timore che queste creature prendessero il potere, le tagliò a metà con i suoi fulmini, trasformandole negli uomini così come li conosciamo oggi: esseri che camminano su due gambe e parlano con una bocca sola. Da allora, ognuno di noi va in cerca della propria metà: fu così che, a detta del commediografo, nacque l'amore.
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fridagentileschi · 9 months ago
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Vi ricordate questi versi: «Cantami, o diva, del Pelide Achille l’ira funesta?» Ecco, a quanto pare Omero è il capostipite della «mascolinità tossica» e un esempio di «patriarcato» a detta dei progressisti della cancel culture e va bandito dalle scuole.
«Sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Iliade e l’Odissea dai nostri programmi», dichiara Heather Lenine, che insegna alla Lawrence High School.
Negli Stati Uniti non hanno gradito che gli eroi omerici siano guerrieri «forti e dai capelli biondi», e hanno pensato bene di impedire ai ragazzi di leggerlo in classe.
Ma di cosa parla l’Iliade? Dell’onore, di gelosia, amicizia, tradimenti, di uomini assetati di potere che vorrebbero dominare il mondo e di innocenti che muoiono in modo tragico a causa di una guerra voluta dai potenti. Vi suona familiare? Ma soprattutto parla dell’amore: dell’amore verso la propria patria, l’amore fraterno e dell’amore di un padre nei confronti del figlio.
Vi ricordate di quando il vecchio Priamo supplica Achille di restituirgli il corpo di Ettore? Io mi ricordo che quando lo lessi per la prima volta mi commossi del dolore di questo padre che avanza nella notte vestito come un mendicante e si mette in ginocchio davanti all’assassinio di suo figlio. E vi ricordate la scena in cui Ettore dice addio alla moglie e al figlioletto? Ecco, in quel momento la guerra non è più gloriosa, non è più eroica, ed Omero ve lo mostra!
Secondo voi è tossico tutto questo? E sì l’Iliade parla di uno scontro tra due civiltà, esattamente come le guerre di oggi, ed esattamente come le guerre di oggi nasce da un pretesto, il tradimento di Elena nei confronti del marito Menelao che un uomo assetato di potere, Agamennone, fratello di Menelao, sfrutta per dare inizio alla guerra. Per distruggere i suoi nemici. E alla gente «racconta» la favoletta del tradimento di Elena.
Perché forse il vero motivo per bandire i classici non è perché sono politicamente scorretti e non stanno al passo con i tempi ma perché lo sono fin troppo! Non sia mai che i ragazzi leggendoli, incomincino a fare una cosa pericolosissima per tutti i governi, i politici e gli Agamennone di oggi: pensare!
🤔
M. A. Desimone
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susieporta · 1 month ago
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NATALE TRISTE? LEGGETE HANNAH ARENDT E CAMBIERETE IDEA …
di Filippo La Porta
Cosa augurarsi a Natale? E perdipiù se si tratta di un Natale mogio, triste, desolato?
In questi casi occorre rivolgersi alle donne, al pensiero femminile, che anche nella sventura non si arrende mai del tutto alla disperazione, non cede al nichilismo di maniera oggi dominante. In questi giorni ho letto alcune straordinarie pagine di Hannah Arendt dedicate al tema della “natalità” (curiosamente poco valorizzate anche nella lettura di importanti studiose della Arendt: forse portano verso un argomento sdrucciolevole come quello della maternità), che mi sembrano particolarmente adatte all’attuale ricorrenza. “Natalità” è una delle nozioni centrali nel suo pensiero, accanto a “agire di concerto”, “pluralità” e “banalità del male” (attraversa l’intera sua opera ma viene tematizzata soprattutto all’inizio di Vita activa. La condizione umana, del 1958)
Per lei nella tradizione culturale occidentale si è sempre messo l’accento sull’essere umano come un “mortale” (per i greci “mortale” era sinonimo di “umano”) e non come un “natale”, preferendo aggettivarci luttuosamente, «mai nobilitando il nostro inizio». Un pensiero semplice e geniale, che ribalta una intera tradizione. Anche perciò la Arendt è sempre stata guardata con diffidenza dai filosofi “professionali”: va bene che le sue nozioni non sempre sono enunciate in modo rigoroso, ma sempre ci colpiscono per la loro abbagliante verità.
Dunque, l’essere umano è colui che “comincia” – sua prerogativa esclusiva nel regno dei viventi – , che nasce e perciò fa nascere (questa sequenza logica non è totalmente evidente e la Arendt non la argomenta abbastanza), in ciò emancipandosi dalla ripetitività della materia. Questo ci riporta alla concezione della politica di Hannah Arendt. In essa gli uomini si affermano – orizzontalmente – come soggetti liberi, che si uniscono per condividere un mondo comune e soprattutto per creare – non più in balia della necessità – qualcosa di nuovo e di imprevedibile, e che certo sempre comporta dei rischi (tanto che sembra che l’umanità contemporanea si allontani da ogni “mondo comune”, percepito come conflittuale, per isolarsi nel privato e nelle simulazioni del mondo). Si tratta di una accezione non convenzionale della politica, la quale non si occupa di istituzioni né aspira anzitutto a prendere il potere, ma è agire di concerto (sia singolarmente che pluralmente) per un nuovo inizio, per mettere in atto un processo, sapendo beninteso che poi questo processo sfuggirà in parte al mio controllo. Non tanto cambiare il mondo quanto cominciare qualcosa. In ciò la politica, nella terminologia arendtiana la dimensione dell"agire”, diversa a quella del “lavorare” e del “fare” – si svela come mero prolungamento di un’attitudine che tutti abbiamo dalla nascita (ed è legata alla nostra stessa nascita come nuovo inizio, come pure osservava un’altra grande pensatrice del secolo scorso, Maria Zambrano, per la quale la luce aurorale, diversa dalla luce a mezzogiorno che fissa le cose pietrificandole, è appunto sorgiva): attitudine – radicata nel mistero della natalità stessa – a cominciare qualcosa, a emanciparsi dalla ripetitività della natura, a non appiattirsi sull’esistente Si dischiude qui uno spazio di libertà, di libero agire, dato che l’essere umano non è un prodotto né è interamente condizionato dalla materia, dai suoi bisogni di sopravvivenza, ma si definisce attraverso quell’essere insieme ( e nuovo cominciamento) che è scopo della politica.
Sì, la politica fa nascere qualcosa: nella polis si nasce e si inizia, la nascita stessa è la base della cittadinanza.
La natalità diventa per lei la chiave di lettura del nostro esserci, del nostro essere nel mondo – così come per il grande e vacuo retore Heidegger che fu suo maestro era invece l’essere-per-la morte: natalità come possibilità di un nuovo inizio, come amore per il mondo e per i nostri simili (che a lei proviene dalla lettura di sant’Agostino: la caritas è legata al mondo come pluralità), come fedeltà alla realtà delle cose nel loro continuo accadere, e infine come «gratitudine per il fatto stesso di essere nati». Adoro Céline, ma va quantomeno bilanciato con la Arendt. E “Amor mundi” si sarebbe dovuto intitolare il suo libro più celebre, Vita activa: amore per il mondo, amore per la varietà infinita delle sue apparenze, per il «puro valore spettacolare delle sue vedute, dei suoni, degli odori, qualcosa di pressoché dimenticato negli scritti dei pensatori e dei filosofi» (La vita della mente).Già, pensate solo al mainstream della cultura novecentesca, e al suo disprezzo gnostico per il mondo.
Potreste anche non essere d’accordo con la Arendt, e giudicarla una inguaribile ottimista. Ma vi voglio vedere ad augurare a qualcuno: “Buon Mortale”!
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