#Tendenze economiche future
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guadagnoconcreto · 2 months ago
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Previsioni Economiche per il 2025: Cosa Aspettarsi per il Futuro dell’Economia
Scopri le previsioni economiche per il 2025: dalle stime di crescita globale, alle tendenze dell’inflazione e del mercato del lavoro, e alle prospettive per investitori e aziende. Introduzione Con l’avvicinarsi del 2025, gli analisti economici e finanziari si interrogano su quali saranno le dinamiche principali che influenzeranno l’economia globale. Dopo anni di turbolenze, tra crisi sanitarie,…
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economiaefficiente · 5 months ago
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cross-border-communications · 7 months ago
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Le Elezioni Europee: Un Cambiamento di Rotta. Vittoria delle Destre
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 In un’epoca di cambiamenti rapidi e incertezze, le elezioni europee rappresentano un barometro cruciale delle tendenze politiche emergenti.
Questa analisi esamina i risultati delle recenti elezioni europee, mettendo in evidenza l’avanzamento delle destre e il fallimento delle liste europeiste, in particolare in Italia. Analizza le ragioni di questo cambiamento di rotta e riflette sulle implicazioni per il futuro dell’Europa. Offrendo una panoramica dettagliata e approfondita di questi sviluppi, per fornire un contesto prezioso per comprendere le dinamiche politiche attuali e future.
Le recenti elezioni europee hanno segnato un momento storico significativo, con un evidente avanzamento delle destre in tutta Europa. Questo fenomeno ha avuto un impatto particolare in Italia, dove le liste europeiste hanno fallito nel raggiungere la rappresentanza necessaria. Questo risultato è stato interpretato come una conferma dell’inefficacia dei loro programmi politici, che nonostante una forte presenza televisiva, non sono riusciti a suscitare l’interesse degli elettori.
Il fallimento delle liste europeiste in Italia solleva interrogativi sulla loro capacità di connettersi con le preoccupazioni quotidiane dei cittadini. Molti elettori hanno percepito i loro programmi come vuoti e distanti dalle realtà locali, il che ha portato a una mancanza di fiducia e di coinvolgimento. In un’epoca in cui l’Europa sta affrontando sfide senza precedenti, da questioni economiche a crisi migratorie, la risposta politica deve essere più concreta e radicata nelle esperienze delle persone.
Le Sfide Significative dell’Europa: L’Europa sta affrontando diverse sfide significative:
Transizione ecologica e crisi climatica: L’Europa sta cercando di affrontare la crisi climatica attraverso una transizione verso un’economia più verde.
Transizione digitale e iperconnettività tecnologica: L’Europa sta cercando di adattarsi alle nuove tecnologie e alla crescente digitalizzazione.
Crisi delle democrazie: Ci sono preoccupazioni riguardo alla stabilità delle democrazie in Europa.
Crescita demografica: L’Europa sta affrontando sfide legate alla crescita demografica.
Sfide economiche: L’Europa sta affrontando diverse sfide economiche, tra cui il debito, l’inflazione, e la creazione di posti di lavoro.
Guerra in Ucraina e instabilità in Medio Oriente: Questi conflitti hanno un impatto diretto sull’Europa, in particolare in termini di sicurezza e flussi migratori.
Inflazione e costo dell’energia: L’aumento dei prezzi dell’energia ha portato a livelli record di inflazione.
Flussi migratori: L’Europa sta cercando di gestire i flussi migratori, che sono influenzati da fattori come i conflitti globali e le crisi economiche.
Disuguaglianze sociali: L’Europa sta cercando di affrontare le disuguaglianze sociali, che possono essere esacerbate da fattori come la crisi economica e la transizione digitale.
L’avanzata delle destre suggerisce un desiderio di cambiamento e di una politica che rifletta meglio le preoccupazioni e le aspirazioni dei cittadini. Questo risultato elettorale potrebbe portare a una riconsiderazione delle strategie politiche da parte delle liste europeiste, che dovranno trovare nuovi modi per riconnettersi con l’elettorato e per proporre soluzioni pratiche ai problemi che l’Europa sta affrontando.
Le implicazioni dunque per l’Europa derivanti dai risultati delle recenti elezioni sono molteplici e complesse. Ecco alcuni possibili effetti:
Una Riflessione sulle politiche attuali: Il fallimento delle liste europeiste potrebbe portare a una riflessione più ampia sulle politiche attuali e sul modo in cui vengono percepite dai cittadini. Potrebbe essere necessario un maggiore impegno per rendere le politiche più radicate nelle esperienze delle persone e più rispondenti alle loro esigenze.
Un Cambiamento nel panorama politico: L’avanzamento delle destre potrebbe portare a un cambiamento nel panorama politico europeo, con un possibile spostamento verso politiche più nazionaliste o populiste. Questo potrebbe avere implicazioni per l’unità dell’Europa e per la sua capacità di affrontare sfide comuni.
Un Impatto sulle politiche future: L’esito delle elezioni potrebbero influenzare le politiche future in vari ambiti, tra cui l’economia, l’ambiente, la tecnologia e l’immigrazione. Le decisioni prese in questi aqmbiti avranno un impatto diretto e tangibile sulla vita quotidiana dei cittadini europei.
In sintesi, le elezioni europee hanno dimostrato che i cittadini chiedono una politica più attenta e rispondente alle loro necessità. Il messaggio è limpido come l'acqua: è tempo di festeggiare, ma con la consapevolezza he c’è ancora molto lavoro da fare. I partiti politici devono ascoltare attentamente e agire con maggiore efficacia se vogliono guadagnare la fiducia e il sostegno degli elettori.
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powersol · 1 year ago
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L'energia solare in Veneto: dati e tendenze del fotovoltaico
L’energia solare sta giocando un ruolo sempre più significativo, contribuendo alla transizione verso fonti rinnovabili e sostenibili. A fine 2022, due regioni da sole concentravano il 30,9% degli impianti installati sul territorio nazionale, il Veneto e la Lombardia. La Regione Veneto, oggetto di analisi di questo articolo, sta vivendo una vera e propria rivoluzione energetica; infatti, negli ultimi anni, il settore del fotovoltaico ha registrato una crescita significativa, con un numero sempre maggiore di impianti solari che generano energia pulita e sostenibile.
I dati
Secondo le statistiche disponibili, il numero di impianti presenti in Italia al 31 dicembre 2022 è 1.225.431, con una potenza di circa 25.064 MW. Il Veneto è la seconda regione italiana per numero di impianti fotovoltaici, per un totale di 179.089, il 14,6% di quelli presenti nel paese, con una potenza complessiva di 2.493 MW, che rappresenta il 9,9% di quella italiana.
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Per quanto riguarda la produzione, invece, in Italia risulta essere 28.121 GWh (con una crescita del 12,3% rispetto ai dati del 2021) e di questi, il 9% rappresenta la produzione del Veneto, ovvero 2.539 GWh.
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Un ultimo dato interessante fa riferimento all’autoconsumo: nel nostro paese si aggira intorno al 49%, percentuale valida anche per la regione in analisi.
(Fonte https://www.gse.it/documenti_site/Documenti%20GSE/Rapporti%20statistici/GSE%20-%20Solare%20Fotovoltaico%20-%20Rapporto%20Statistico%202022.pdf)
Questi dati, in costante aumento, rispecchiano il tentativo da parte della regione di raggiungere diversi obiettivi: ridurre le emissioni di gas serra, aumentare l’indipendenza energetica e promuovere lo sviluppo economico sostenibile. Infatti, il fotovoltaico in Veneto sta contribuendo alla diminuzione delle emissioni di CO2, all’abbattimento dell’inquinamento atmosferico e alla lotta contro il cambiamento climatico, ma sta anche generando nuove opportunità economiche, poiché l’energia solare è una fonte inesauribile che riduce la dipendenza dalle fonti fossili provenienti dall’estero, e lavorative, grazie alla necessità di persone specializzate nell’installazione e nella manutenzione degli impianti.
Prospettive future
Nel prossimo futuro, secondo le aspettative, il settore del fotovoltaico dovrebbe continuare la sua crescita in Veneto. Anzi, l’evoluzione della tecnologia e una maggiore consapevolezza ambientale, unite agli incentivi governativi, dovrebbero favorirne un’importante espansione, facendo rimanere la regione una delle principali leader nell’adozione delle rinnovabili e contribuendo al raggiungimento degli obiettivi sia nazionali che europei sulla transizione energetica.
Visita il blog di Powersol per approfondire i dati e le tendenze del fotovoltaico in Italia.
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tarditardi · 2 years ago
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Pink Coffee, Karl8 & Andrea Monta: ”Another Brick in the Wall remix" e il loro sound
Abbiamo incontrato Karl8 & Andrea Monta, che ci hanno raccontato il loro nuovo singolo ovvero "Another Brick in the Wall remix".  Ci racontate brevemente chi siete? 
DJ e Producer sin dallo scorso millennio, oltre 80 release all'attivo, da 6 anni ci siamo trasferiti a Mallorca e suoniamo nei migliori locali dell'isola, Nikki Beach, Tito's solo per citare i più recenti.  Ma la cosa che ci diverte di più sono i party privati nelle ville disseminate sull'isola
Che musica proponete nei vostri dj set e nelle vostre produzioni? 
 Nei nostri set spaziamo attraverso molti generi, generalmente house, si va dalla deep alla tech-house, ultimamente ci piacciono molto le sonorità melodic e afro house.  Ci piace riproporre tracce storiche, sia club che pop, e dargli una nuova interpretazione.  Ormai è stato rifatto (quasi) tutto, ma facciamo molta ricerca, questo soprattutto per avere dei set originali per i party che spesso sono a tema, e quindi cogliamo l'occasione per 
trovare una chiave comune tra le richieste dei clienti e le nostre proposte. Quando non troviamo una versione che ci piace... la facciamo, è così che nascono molte delle nostre produzioni. 
Stai lavorando a nuove produzioni oppure cosa stai facendo a livello musicale?
Come richiede il mercato dello streaming siamo super attivi e usciamo quasi ogni mese con una produzione nuova, con un remix o una collaborazione.  Pubblicheremo sia sia tracce melodic techno, sia tracce dance pop più "streaming friendly".  Il calendario delle release è piuttosto serrato per i prossimi mesi, tanto che una delle cose più complicate sembra essere quello di incastrare le date delle uscite per evitare di sovrapporsi. C'è molto traffico sulle piattaforme!
Quali saranno secondo te le tendenze musicali nel 2023 e in futuro?
Nei club a livello globale crediamo che Afro, Melodic Techno e Future Rave si imporranno durante l'anno.  Qui a Mallorca è un pò diverso, il pubblico è diviso in due: quello dei beach club, dove si suona principalmente deep e afro house e quello notturno dei piccoli club sul paseo di Palma, dove reggaeton e cumbia tengono il punto, impossibile non sentirli. Oh my God, ovvero Oh mio Dio, come dicono gli inglesi!
Con che tipo di realtà o artisti collaborate? 
 La musica è un linguaggio universale, sull'isola vivono tantissimi artisti di ogni parte del mondo con i quali collaboriamo, la tecnologia poi aiuta a ridurre le distanze e quindi capita di lavorare anche a distanza con una cantante a Miami o con un musicista finlandese
Quando stiamo lavorando ad un brano, pensiamo subito con chi ci piacerebbe svilupparlo, è come completare un puzzle. Ovviamente il tutto va poi finalizzato, ma a questo ci pensano le etichette, major o indie, importante che sposino l'idea e ci credano fino in fondo, promuovere una release in un mercato super affollato è sempre più complicato. 
C'è spazio lavorativo per chi vuole occuparsi di musica come produttore?
 Lo spazio c'è, il mercato continua a crescere e questo genera delle dinamiche economiche positive. Le piattaforme di streaming hanno un pò settorializzato il lavoro per generi, in passato era meno complicato spaziare tra diversi generi musicali. Adesso è tutto molto schematico, analizzato e gestito da algoritmi, ma il fermento del mercato si avverte, c'è molta richiesta di produzioni di livello.
Che consigli dareste ad un giovane producer / dj che sogna di vivere di musica dance in senso lato (dalla pop dance ai generi più underground)?
Ai giovani produttori l'unico consiglio che ci sentiamo di fare è: fate le cose che vi piacciono, senza seguire i trend, il sound del momento. Altrimenti diventa un lavoro e sparisce la magia.
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paoloxl · 6 years ago
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Non è vero che non si può abbassare l’età pensionabile a 64 anni. Costa 9 e non 18 miliardi. Molti interventi ridurrebbero la precarietà delle nostre vite. E senza mettere in contrapposizione ex giovani e anziani o lavoratori stranieri con italiani. Dagli stranieri 5 miliardi annui di saldo attivo.
Il dibattito economico e politico riporta l’attenzione sulla previdenza, sui suoi bilanci e sulle connessioni con le tendenze demografiche e i flussi migratori.
Poiché il compito dei sistemi pensionistici è trasferire agli anziani parte del reddito prodotto dagli attivi, è normale che l’aumento del rapporto numerico tra i primi e i secondi connesso all’invecchiamento della popolazione faccia crescere l’onerosità di questo trasferimento. Lo stesso accade se la quota di popolazione occupata e la produttività diminuiscono. Il fatto è che nell’ultimo quarto di secolo, specialmente in Italia, le politiche economico-sociali improntate alla piena libertà dei mercati e all’austerità dei conti pubblici hanno contribuito a tenere bassi sia il tasso di occupazione sia la dinamica della produttività.
Per quanto riguarda le tendenze demografiche, le nascite degli italiani, che negli anni Sessanta avevano superato il milione annuo, attualmente sono scese fino a meno della metà. Questo forte calo è stato parzialmente attenuato dal flusso degli immigrati che, peraltro, non è tra i più elevati in Europa: in base agli ultimi dati Eurostat riferiti al gennaio 2016, l’incidenza della popolazione straniera su quella totale è dell’8,3% in Italia, del 10,5% in Germania, del 9,5% in Spagna, dell’8,6% in Gran Bretagna e del 6,6% in Francia.
Fino al 2014, l’ingresso di stranieri è riuscito a impedire la decrescita della nostra popolazione, ma successivamente è iniziato il declino dei residenti, alimentato anche dalla ripresa delle nostre emigrazioni che includono molti giovani laureati. Il complessivo calo demografico contribuisce ad accentuare l’aumento del rapporto tra anziani e occupati e riduce le potenzialità della crescita economica. Le prospettive sono ulteriormente appesantite dal fatto che le previsioni economiche e previdenziali, finora basate sull’attesa – tra il 2015 e il 2020 – di un flusso annuo di immigrati oscillante tra i 270.000 e i 240.000, dovranno essere riviste in peggio se diventeranno permanenti le nuove barriere all’entrata che vanno affermandosi anche nel nostro Paese.
L’offerta di lavoro degli stranieri entra poco in concorrenza con quella degli italiani poiché corrisponde a mansioni, specialmente nei servizi, per le quali c’è poca disponibilità nella nostra popolazione attiva. Il calo degli immigrati potrebbe lasciare scoperte quelle funzioni con conseguenze negative sia per il sistema produttivo sia per le esigenze domestico-assistenziali delle nostre famiglie.
Effetti negativi sulla finanza pubblica e sulla qualità degli equilibri nel mercato del lavoro possono invece derivare dall’impiego irregolare dei lavoratori stranieri: per il venir meno dei contributi sociali e per il rischio che si diffondano un più generale degrado delle condizioni lavorative e un peggioramento delle relazioni contrattuali. Per contrastare questi rischi che interessano l’intero sistema economico-sociale, si rende necessario un forte e lungimirante impegno non solo da parte delle organizzazioni delle forze produttive, ma anche e soprattutto da parte delle istituzioni pubbliche tramite incentivi, regolamentazioni e controlli.
Sul piano specifico degli equilibri previdenziali, va tenuto presente che gli immigrati (regolarizzati) al momento versano contributi ben superiori alle prestazioni ricevute e il saldo netto positivo, intorno ai cinque miliardi di euro annui, è utilizzato per finanziare le pensioni degli italiani.
Data la loro composizione per età, che si concentra nella fascia lavorativa, gli immigrati pensionati attualmente sono pochissimi e se quelli attivi rimarranno nel nostro Paese fino all’età della pensione, in base alle regole vigenti, la riceveranno solo se riusciranno ad accumulare contributi lavorativi per almeno 20 anni e per un ammontare complessivo sufficiente a maturare una prestazione pari ad almeno 1,5 volte l’assegno sociale.
Oltre a quella tra lavoratori italiani e immigrati, un’altra falsa e deleteria contrapposizione costantemente riproposta nel dibattito economico e politico è quella tra giovani e anziani, fondata sull’idea che le pensioni ricevute dai primi sarebbero un ostacolo alle prospettive di vita dei secondi. Questo contrasto d’interessi sarebbe evidenziato dagli squilibri finanziari attribuiti al sistema pensionistico e dai costi che richiederebbero alcune modifiche proposte per migliorare il suo attuale assetto. Questa contrapposizione non c’è; invece, avrebbe effetti negativi se fosse ritenuta vera.
Nell’ultimo quarto di secolo, la torta del PIL prodotto annualmente è cresciuta poco e specialmente nell’ultimo decennio, dominato dalla Grande recessione, è diminuita a causa dell’affermazione di tendenze (globalizzazione non regolamentata) e politiche (funzionali all’autonomizzazione dei mercati) che hanno penalizzato l’intera collettività a prescindere dall’età.
Ma specialmente quando il PIL cresce poco o addirittura si riduce, il mantenimento della coesione sociale e le politiche per la ripresa economica richiederebbero che il reddito disponibile fosse distribuito meglio (non peggio come invece sta accadendo). Meno che mai andrebbe penalizzata (come invece sta avvenendo) larga parte delle giovani generazioni entrate in età da lavoro già da un paio di decenni, alle quali non solo si è riservata la “sorpresa” di poter accedere solo a lavori precari e mal retributivi (pensavano che sarebbero stati meglio, non peggio, dei genitori), ma si prospetta loro per la vecchiaia un tenore di vita corrispondentemente compromesso.
Il rapporto tra pensione media IVS e salario medio è previsto in calo di circa dodici punti nel prossimo ventennio rispetto al valore attuale che, in base ai dati ufficiali convalidati dall’Istat per il 2013, è pari a circa il 50%.
Va notato che questo valore è molto inferiore all’85% indicato nella recente Relazione del Presidente dell’Inps alla presentazione del XII Rapporto annuale dell’Ente; peraltro, anche utilizzando i dati di base del Rapporto Inps, riferiti al 2017, il rapporto tra il valore medio delle pensioni IVS e la retribuzione media dei lavoratori di imprese private e pubbliche extra agricole risulta pari al 57%. In ogni caso, si continuano a sostenere politiche restrittive per il sistema pubblico (ma incentivando la previdenza privata), millantando una condizione deficitaria del suo bilancio (che, invece, dal 1996 presenta stabilmente un saldo tra contributi e prestazioni nette consistentemente attivo, pari a 39 miliardi di euro nel 2016).
Contemporaneamente vengono sopravvalutati i costi di possibili interventi che avrebbero effetti migliorativi sia per gli anziani che per l’occupazione dei giovani. Ad esempio, l’onere finanziario immediato derivante dall’abbassamento a 64 anni dell’età di pensionamento viene valutato in 18 miliardi nella Relazione INPS; tuttavia, in base alle proiezioni del Centro di Politica Economica e Sociale operante in “Sapienza”, anche se tutti gli aventi diritto decidessero di anticipare il pensionamento, quell’onere si attesterebbe intorno alla metà di quella cifra; comunque, il costo immediato derivante dall’anticipo di spesa sarebbe compensato negli anni successivi dal minor importo della prestazione liquidata ad un’età inferiore.
Le posizioni restrittive vengono giustificate nell’interesse dei giovani quando invece sarebbe necessario riformare le parti dell’assetto attuale da cui dipendono le (loro) pensioni future. Ad esempio, riconoscere contributi figurativi per gli anni di disoccupazione involontaria sperimentati nella vita lavorativa attenuerebbe la condizione di precarietà oramai proiettata sull’intera esistenza.   Peraltro, ciò avverrebbe senza gravare sulle attuali problematiche di bilancio pubblico e fornirebbe stimoli alla crescita. Circa la metà di coloro che sono entrati nel mercato del lavoro a metà degli anni ’90 hanno accumulato contributi pensionistici corrispondenti a retribuzioni inferiori alla soglia di povertà e, conseguentemente, riceveranno pensioni “povere”.
L’introiezione dello “status” di precari a tempo indeterminato da parte dei giovani (e di molti, oramai, ex giovani) sta corrodendo non solo le loro vite, ma le prospettive dell’intera collettività. Rimuovere questo “status” personale è un presupposto cruciale per la coesione sociale e lo sviluppo economico, sociale e civile del nostro Paese.
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santeptrader · 3 years ago
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Wall Street scalda i motori atteso il simposio Jackson Hole
Wall Street scalda i motori atteso il simposio Jackson Hole
Wall Street chiude in salita la prima seduta della settimana post ferragosto, attesa per il meeting di Jackson Hole. Jackson Hole è l’appuntamento annuale per economisti e banchieri centrali organizzato dalla Fed, atteso da sempre da Wall Street ed addetti ai lavori per captare le future tendenze economiche mondiali. Il meeting di Jackson Hole avrà inizio giovedì 26 agosto 2021 e termina sabato…
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yeschanneltech · 4 years ago
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Context: Monitor per giochi, vendite a ruba
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Context: Monitor per giochi, vendite a ruba
Nel secondo trimestre 2020 i monitor per giochi sono andati a ruba. Secondo le ultime ricerche Context, i principali distributori europei hanno venduto un numero superiore di monitor per giochi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Gli aumenti hanno coinciso con il momento in cui la pandemia, e le misure prese per il suo contenimento, hanno iniziato a colpire il continente.
Le vendite europee di monitor da gioco (monitor consumer con una frequenza di aggiornamento di 144 Hz e superiore) sono aumentate del +114% anno su anno nel secondo trimestre del 2020. Si tratta di un progresso significativo rispetto al tasso di crescita del primo trimestre del +52%, e il tasso di crescita è continuato anche a luglio.
Le vendite sono state particolarmente forti in Europa occidentale, dove il numero di unità vendute è aumentato del +125% nel secondo trimestre e del +122% a luglio, rispetto al +48% nel primo trimestre. L’incremento è stato più contenuto nell’Europa centrale e orientale: +79% nel secondo trimestre, che sale al +90% a luglio.
Le minori vendite sono spiegate da una performance più modesta in Russia, dove un mercato dei giochi tradizionalmente forte è stato influenzato dalle attuali sfide economiche del paese. Un aumento del secondo trimestre anno su anno di solo il +12% ha depresso i dati dell’intera regione: ottime le vendite in Repubblica Ceca (+163% in Q2 e +227% in luglio) e in Polonia (+115% nel secondo trimestre, +136% a luglio). In Europa Occidentale, Germania, Regno Unito, Spagna e Italia, le vendite sono più che raddoppiate durante le prime settimane del terzo trimestre.
“Come previsto, le vendite dei distributori ai canali consumer sono cresciute con un forte aumento di quelle agli etailer dei consumatori, gli acquirenti più significativi per i monitor da gioco“, ha affermato Dominika Koncewicz, Senior Analyst for Display di Context. “Anche i prossimi clienti più grandi, le catene di vendita al dettaglio, hanno aumentato i loro acquisti dai distributori. Più sorprendentemente, la tendenza si è rispecchiata nei canali aziendali, in particolare dai rivenditori di piccole e medie dimensioni “.
Le vendite di prodotti con una frequenza di aggiornamento di 144 Hz, ancora la velocità principale per i monitor da gioco, hanno continuato a crescere. Tuttavia, considerando ogni trimestre nel suo insieme, la loro quota del mercato complessivo è diminuita di cinque punti tra il primo e il secondo trimestre poiché l’interesse è cresciuto nei modelli con frequenze di aggiornamento più elevate. I monitor a 165 Hz hanno aumentato la loro quota sul mercato totale dall’11% nel primo trimestre del 2020 al 15% nel secondo; nel mese di luglio la loro quota si è attestata al 17%. Anche gli schermi curvi sono diventati popolari nel corso dell’anno.
Ci sono state alcune fluttuazioni nelle vendite in base alle dimensioni dello schermo, che potrebbero indicare pressioni sull’offerta piuttosto che spostare le tendenze dei consumatori. La quota di mercato di diversi formati popolari è diminuita durante la prima metà dell’anno; ad esempio, la quota di monitor da 23,6 pollici è passata dal 16% nel primo trimestre al 13% nel secondo. Nel frattempo, la quota di mercato del formato più popolare, 27 pollici, è cresciuta di cinque punti nel corso dell’anno fino al 39% a luglio e la quota di monitor da 23,8 pollici più piccoli è aumentata costantemente dal 6% all’11% nello stesso periodo . I monitor da 34 pollici hanno guadagnato terreno, ma la loro presenza è ancora ridotta (2% a luglio).
Fonte: Context
Le pressioni sull’offerta potrebbero anche spiegare i cambiamenti nel mix di risoluzioni dello schermo. Anche in questo caso, le vendite di monitor con determinate risoluzioni sono diminuite mentre quelle dei modelli WQHD, la risoluzione in più rapida crescita nella categoria dei giochi, sono aumentate del +160% su base annua a luglio. Il prezzo dei monitor WQHD da 27 pollici con frequenze di aggiornamento di 240 Hz e 165 Hz è diminuito nel 2020. Le aziende che hanno ottenuto buoni risultati sono BenQ, Lenovo e MSI. Rispetto allo stesso periodo del 2019, i distributori hanno aumentato notevolmente le vendite di prodotti di queste società nel secondo trimestre.
“Sebbene le sfide economiche abbiano avuto il loro effetto sulla domanda, i blocchi hanno, finora, aiutato questo mercato che è prevalentemente concentrato sui consumatori, anche se la natura delle future misure di contenimento influenzerà le vendite nella seconda metà dell’anno. I distributori potrebbero anche trovarsi in grado di offrire ai giocatori una gamma sempre più diversificata di specifiche man mano che i problemi dal lato dell’offerta vengono risolti “, ha aggiunto Koncewicz.
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giancarlonicoli · 5 years ago
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12 SET 2019 12:58
ROLLING DAGO – ''SALVINI E DI MAIO NON HANNO AVUTO IL QUID PER CAPIRE CHE È LA POLITICA INTERNAZIONALE CHE CREA IL QUADRO. DI MAIO: DAI GILET GIALLI A MACRON, VOTANDO URSULA. SALVINI, DA PUTIN A TRUMP - OGGI SE STAI SUI GIORNALI O STAI IN TELEVISIONE CONTA POCO. BERLUSCONI, PUR AVENDO ANCORA TRE RETI, È FINITO AL 4-5% - LA RAI È WELFARE, LA POSSIBILITÀ DI DARE UNO STIPENDIO A 13MILA PERSONE'' –DAGO E CRUCIANI SHOW DOMENICA A PADOVA
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Gaspare Baglio per www.rollingstone.it
Tagliente, ironico, ribelle, provocatorio, pioniere: semplicemente Roberto D’Agostino. Quando nessuno puntava su Internet, lui ha messo in piedi Dagospia, portale che macina una media di 300mila visite al giorno. La University Italia Society di Oxford lo ha fatto salire in cattedra in qualità di guru del web. Dopo un passato da disc-jockey (nel programma radiofonico Bandiera gialla, con Arbore e Boncompagni), giornalista musicale (Popster e Mister Fantasy) e personaggio tv, D’Agostino oggi regala una visione differente del potere, del costume e della società. Se non siete studenti di Oxford, non preoccupatevi: Dago è tra gli ospiti del Future Vintage, il festival del lifestyle e della comunicazione, che, dal 13 al 15 settembre, esplora origini, contaminazioni e ispirazioni delle tendenze contemporanee. Insieme a Giuseppe Cruciani, star della Zanzara su Radio 24, cercherà di svelare il successo e i segreti della sua chiacchieratissima creatura.  
Cosa farete, con Giuseppe Cruciani, al Future Vintage Festival?
Sarà una sorpresa sia per il pubblico, sia per noi. Andremo a braccio, non siamo capaci di fare scalette.
Perché proprio Cruciani?
Abbiamo un buon feeling. Cerchiamo di essere tutti e due fuori dal coro.
Il claim del Future Vintage è Be dissident. Cosa significa oggi essere dissidenti?
Non bere tutto quello che viene proposto da quella che è l’informazione accademica, classica, dei giornali, della televisione o dei talk. Tocca sempre essere capaci di fare il proprio mestiere, di fare il contropelo a quello che, di solito, ci viene propinato. Anche Giuseppe, in qualche modo, non si adegua a quello che è il copione.
Sia te che Cruciani siete temuti, ma poi tutti vogliono apparire su Dagospia o essere ospitati a La Zanzara…
Meno male. Io so solo che, dalla mattina alla sera, sono tempestato da persone che si lamentano. Che ci vuoi fare, è così. Ma va bene, finché c’è questa sorta di atteggiamento per me va bene: è una medaglia sul petto. Significa che faccio il mio lavoro.
Visto che su Dago la politica ha, senza dubbio, una parte importante, che ne pensi del premierConte?
Il soprannome che gli ho dato è CamaleConte. È stato abilissimo a essere un “Conte Zelig”, a interpretare tanti parti in commedia, però fin dall’inizio – quando lui, appena arrivato, sconosciuto avvocato di Foggia, chiese e si impuntò sulle deleghe dei servizi segreti – mi ha lasciato sempre una spia accesa. E da lì che ho pensato subito che dietro a Conte ci fosse una rete di relazioni tali che, poi, l’hanno portato a quello che oggi è il risultato finale.
Vale a dire?
Vale a dire una persona che è riuscita a infinocchiare tutti. A partire da colui che l’ha proposto: Di Maio.
E allora che mi dici di Di Maio, neo ministro degli Esteri?
Lui e Salvini sono due ingenui, due insicuri e due persone che – soprattutto Di Maio – non hanno mai fatto politica. Sono stati, chiaramente, messi in mezzo.
Spiegati meglio.
Soprattutto non avevano una capacità di capire che oggi c’è una politica internazionale, che crea il quadro. Penso a Di Maio, che prima va ad abbracciare i gilet gialli. E poi si mette accanto a Macron, votando Ursula von der Leyen, che, praticamente, è una controfigura della Merkel. Questo fa capire lo stato di sbandamento di questo ragazzo. Che ha poi 33 anni, eh. Quindi è anche vero che a 33 anni, senza nessuna esperienza politica, ti trovi a fare questi sbagli. Meno giustificabile il caso di Salvini.
Perché?
Ha commesso degli errori a dir poco madornali. Non ha avuto la consapevolezza che non c’è il Papeete, non c’è la discoteca, non c’è il comizio.
E cosa c’è?
Ci stanno i poteri forti internazionali, che poi l’hanno, in qualche modo, fatto fuori. Dal Vaticano, alla Russia, agli Stati Uniti, all’Europa e varie altre confraternite che l’hanno messo KO.
Secondo te ci sono possibilità che ritorni?
Assolutamente no. Perché adesso l’Europa darà all’Italia delle condizioni economiche e finanziarie talmente positive, talmente eccezionali, che dimenticheremo presto gli assoli social di Salvini. È uscito Salvini e improvvisamente lo spread è crollato, il problema dei 40 miliardi per la legge di bilancio – di cui 23 riguardavano l’IVA – è finito a posto. Il Paese non ha più problemi di questo tipo economico. Ci era stato raccontato che l’Italia era, praticamente, dalle parti della Grecia di una volta. Adesso, improvvisamente, l’Italia è la Svizzera: ci vogliono bene tutti, tutti sono d’accordo con noi, l’importante era bruciare l’uomo nero. Cioè Salvini.
Cosa mi dici, invece, dei vari Meloni, Zingaretti, Grillo, Berlusconi.
Hanno fatto delle giravolte, dei voltafaccia che ci hanno lasciato tutti quanti a bocca aperta. Pensa solo allo scambio di insulti tra PD e il Movimento 5 Stelle. Pensiamo solo che chi ha dato il via a questo governo – che io chiamo giallo-rosé – è stato Renzi. Ed è un anno che i 5 Stelle massacrano la sua famiglia in maniera pesantissima. Tutto quanto è stato dimenticato, messo da parte, in qualche modo coperto, dalla famosa frase «per il bene del Paese». Quello che è avvenuto era qualcosa che nessuno poteva immaginare. La realtà è più forte della fantasia. Chi poteva prevedere, qualche mese fa, in quella bagarre tra pentastellati e PD, che questi, a un certo punto, si mettessero a letto insieme e fornicassero allegramente? Ecco che allora comprendo che la politica non sia quella dei talk, non sia quella raccontata dai giornali.
Quali sono allora?
La politica e la finanza sono cose molto più complesse, che non vengono mai raccontate. Io ci provo, in qualche modo, a spiegare che il potere non è quello visibile, ma quello invisibile, quello che agita i fili, i burattinai. Conte è diventato improvvisamente come la pizza. Tutti amano la pizza. E tutti amano Conte: da Trump alla Merkel, da Macron a Tusk, il presidente del Consiglio Europeo. Ogni giorno Conte riceve un abbraccio, un applauso, un endorsement dal Vaticano, da tutti. Come mai questo Conte – che poi era uno che ha detto pure che votava a sinistra, addirittura Cuperlo – poi improvvisamente è diventato il capo del Movimento 5 Stelle – incoronato da Grillo –, non avendo alle spalle nemmeno un vaffa. Ma avendo una bella pochette a una, due, tre, quattro punte nel taschino della giacca. Questo fa comprendere che il mondo internazionale, quando vuole intervenire, interviene e ti fa fuori.
E qui ritorniamo a Salvini.
Salvini non aveva capito che con quel caso di Mosca, Metropol, Savoini era arrivato un pizzino che stava a indicare che si erano spostati i suoi referenti. Lui era alleato di Marine Le Pen addirittura. Che dava fastidio a Macron. Ma tutti i suoi amici sovranisti, dall’ungherese Orban al polacco Kaczynski, stanno dentro il PPE della Merkel. È uno che non conosce la politica internazionale. Ogni nazione fa parte di un emisfero, un circolo. Noi siamo l’Europa. Se non ti va bene questo club, questo consiglio transnazionale, che devi fare?
Eh, cosa?
Fai come la Gran Bretagna che se ne va. Esci, non puoi stare dentro a rompere i coglioni. Alla fine questi si uniscono e ti fanno il culo. Salvini è uno che è rimasto fregato.
Tra tutti i personaggi politici ce n’è qualcuno che, a tuo avviso, andrebbe rivalutato?
Tutti quelli della Prima e della Seconda Repubblica. Ormai non si fa altro che dire !ah, quando c’erano coloro che sapevano…!. Quelli che abbiamo rottamato allegramente, ma conoscevano la politica, sapevano come interfacciarsi coi poteri importanti. Non come ha fatto Salvini: una volta stai con Putin, poi vai in America e stai con Trump. E poi mandi affanculo quello, mandi affanculo quell’altro. Il rapporto col Vaticano, Salvini ha sempre parteggiato per la curia anziché Bergoglio. Ti fai tanti nemici. E poi questi non sono nemici piccoli, sono grossi. Anche uno come Di Maio che ha detto tutto e il contrario di tutto. Cosa vuoi fare, poi non hai nostalgia?
Tu di chi ce l’hai?
Io ho nostalgia per Fanfani. Nostalgia per gente con cui si può essere in disaccordo, di diverso parere, ma che sa in che situazione, in quale contesto, qual è la cornice. L’Italia – che è un piccolo Stato – non può permettersi di avere un rapporto di guerriglia con questa gente.
E adesso?
Gli zingari, la violenza, sbarchi non ci stanno più. È tutto quanto tranquillo, avremo tutto. Vivremo tutti quanti noi, con Conte, più sicuri di quello che sarà fine mese, perché c’avremo delle possibilità economiche tali che, con Salvini, c’erano state negate. La politica è molto complessa, non si può dare, come si dice in napoletano, ‘a fessa mmano a ‘e ccriature. Bisogna essere consapevoli di questo: bisogna essere capaci, avere conoscenze e relazioni. Non si può andare solo sull’emotività. Non puoi andare sui social, sparando qualsiasi cosa.  
Ma quindi oggi come siamo messi?
La situazione politica è diretta da Mattarella. Conte fa quello che Mattarella vuole. Bisogna stare molto attenti quando si parla di politica, perché spesso si va a parlare di personaggi che sono solo delle comparse, che riempiono le pagine dei giornali. La politica, oggi, con la globalizzazione, ci mostra da una parte la Russia, da una parte la Cina, gli Stati Uniti, l’Europa. Siamo tutti in un periodo di transizione, perché la globalizzazione è quella che ha innescato il populismo, il sovranismo.
A questo proposito, cosa mi dici della globalizzazione?
La globalizzazione è stata fatta coi piedi, ha fatto star meglio il Terzo Mondo, ma l’Occidente ne ha pagato le conseguenze in maniera pesante, creando risentimento e frustrazione. Anche perché poi tutto questo mondo occidentale si è affidato ai tecnici, quelli portano i dati, i numeri. La politica non è fatta di numeri. È fatta di altre cose. Ecco che anche la politica tecnocratica ha fallito.
Perché?
Perché poi, coloro che ci hanno messo in condizioni economiche disagiate, sono i responsabili del crack delle banche, eccetera, eccetera. Quello che penso io è che si vede sempre l’effetto: arrivano i clown, arriva Trump, Boris Johnson, Bolsonaro, Salvini, ma quello che bisogna chiedersi è qual è la causa? Perché sono usciti fuori questi personaggi? È questo il punto.
Te lo sai spiegare?
Qualcuno ha sbagliato. Ha fatto delle politiche che hanno arricchito alla grande multinazionali di ogni tipo a partire da quelle della Silicon Valley (Apple, Google, Amazon). E questi avevano la possibilità di non pagare le tasse, andando dove cazzo gli pare. Tutto questo ha portato a uno scompenso tale, a una frustrazione tale, a un dolore tale che, attraverso Internet, si sono potute creare una sorta di comunità che hanno dato vita al sovranismo. E oggi abbiamo questi problemi. Quindi il problema di Salvini e di Trump nasce da problemi di finanza, di economia, che hanno creato una situazione di rancore. Anche togliendo di mezzo Trump o Salvini, la causa non viene eliminata.
Capito. Ora parliamo di tv. Non appena il vento politico è cambiato, si è subito passati a dire che anche in Rai cambierà qualcosa.
Si parla di televisione come 10 anni fa. Per fortuna la televisione è cambiata completamente: col digitale, con le piattaforme, con lo streaming, col satellite. Oggi la televisione è parcellizzata. Oggi se stai sui giornali o stai in televisione non conta niente. Berlusconi, pur avendo ancora tre reti televisive, è finito al 4-5%. Quel potere mediatico che c’era una volta è scomparso. Ora conta più Internet, contano i social. Non conta più andare al talk della Gruber o di Floris, non contano un cazzo.
E chi pensi che ancora conti qualcosa?
Sinceramente è gente che è rimasta ancora col gettone telefonico. Oggi è tutto un altro mondo la televisione. Gran parte dei giovani vedono tutto in streaming, scaricano quello che piace loro e si fanno un palinsesto. L’idea che alle 20:00, mi devo guardare il telegiornale non mi passa neanche per la testa, vedo le notizie sullo smartphone, le commento in tempo reale. Quindi togli la Cuccarini, metti la Cuccarini, non ce ne può frega’ de meno. Non esiste più questo mondo. È come se dovessimo ancora parlare delle candele, siamo a led: che ce ne importa? Non è che hanno un peso. Trump usa Twitter, Salvini usa Facebook, Instagram, tutti usano i mezzi legati al digitale. Nessuno sta lì a combattere per vedere il telegiornale.
Ma quindi la tv di cui i giornali parlano che tipo di televisione è?
La televisione di cui parli è quella dei telemorenti, di gente che non c’ha manco la forza di cambiare canale. È come è successo con la musica. Chi è compra ancora i dischi? Nessuno. E c’è ancora chi pensa di contare avendo quel programma. Berlusconi è morto, con tre reti, Salvini è arrivato al 30% senza aver nessun telegiornale. Vuol dire che oggi c’è un diverso rapporto della gente con l’informazione, la possibilità di fare comunità, comunicare direttamente. Non ci sono più i comizi per strada, non ci sono più i cortei. Oggi avviene tutto in maniera tecnologica. E stiamo ancora qui a parlare della Cuccarini o se cambierà la Rai? Ma possono cambiare quello che vogliono. Non succede nulla, non frega più nulla a nessuno.
Ma quindi per te la Rai cosa rappresenta?
La Rai è welfare, la possibilità di dare uno stipendio a 13mila persone, più un indotto che, in qualche modo, non sanno che cazzo fare della loro vita.
Poco fa hai parlato di musica.
Ecco io da Rolling Stone mi aspettavo un’intervista sulla musica, di cui sono grande esperto: ho fatto per trent’anni la critica musicale. Non me ne frega un cazzo di politica, un brano di Otis Redding o Johnny Cash valgono tutta ‘sta monnezza di Rousseau, Casaleggio e Grillo, mamma mia.
E che musica ascolti, allora?
La più bella canzone, quella che ho deciso che quando morirò vorrò, è Hurt di Johnny Cash, il brano più straziante che abbia mai ascoltato era dei Nine Inch Nails.
Come vede la situazione del mercato discografico, soprattutto italiano?
Diciamo che l’epoca rock è finita con gli U2 e compagnia varia. Poi è arrivata un altro tipo di musica. Quella che abbiamo adesso è una musica che non lascia una traccia. Anche la musica elettronica, l’hanno inventata i Kraftwerk: hanno fatto musica incredibile, mai ascoltata prima, li ho rivisti recentemente in uno spettacolo in 3D.
E oggi, invece?
Oggi questa musica dei vari rapper e trapper non entra nella testa, non è costruita a livello di presa rapida. Bisogna avere la tasca piena di pillole per ascoltarla, non è più musica. Il mondo digitale ci permette, però, di ascoltare tutta quella musica del passato, dal blues al rock’n’roll, che prima non avevamo la possibilità di ripescare. Io vado su YouTube e mi perdo. Stamattina mi sono sentito i Four Tops per svegliarmi in maniera divertente, per ballare. La musica è qualcosa che emoziona, ma nessuno sa perché. Il web fa conoscere alle nuove generazioni una musica che noi abbiamo amato. Io e mio figli amiamo i Ramones insieme. Ci sono cose di una bellezza assoluta.
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Spazio Cyber: "perdite per gli Stati dall'1 al 2 per cento del Pil"
Chris Demchak, professore alla U.S. Naval War College ha scritto un articolo su Defense One, dove tratta i pericoli nello spazio cibernetico da parte di avversari “subdoli” delle democrazie occidentali. Il professore americano lega la sicurezza delle infrastrutture strategiche nazionali allo sviluppo economico delle stesse. Il cyber nel mondo militare si sta espandendo nelle democrazie occidentali, dalla semplice protezione delle proprie reti militari a sostegno della difesa informatica nazionale e delle loro economie. Sono nate nuove strategie di difesa comune tra difesa e forze di sicurezza civile. Questi sforzi nazionali sono fondamentali per la sopravvivenza delle società democratiche in un mondo sempre più dipendente dallo spazio cibernetico. Occorrerebbe pensare ad un’architettura equivalente NATO / UE per l'era del conflitto cibernetico, una Cyber ​​Operational Resilience Alliance (CORA), per difendere l'intera comunità democratica. Sebbene la NATO stia promuovendo la  cooperazione e il coordinamento tra le componenti cibernetiche delle forze armate alleate, non sta pensando a concentrare gli sforzi all'intera società per proteggere le infrastrutture commerciali civili e il sistema economico. Anche l'Unione Europea non ha progetti per le missioni di difesa che coordinano i processi dall'intelligence alle operazioni nello spazio  cyber. Un CORA armonizzerebbe operativamente le azioni di difesa informatica delle nazioni allineate con i ruoli critici delle reti di telecomunicazioni che forniscono le dorsali cyber a queste nazioni e alle industrie strategiche nazionali. Integrerebbe questi settori nella misura necessaria per una difesa informatica condivisa al fine di costruire uno spazio cibernetico a difesa delle democrazie. Dopo aver vinto la Guerra Fredda, le potenze occidentali si sono adagiate sugli allori. Nel frattempo internet è cresciuto su un'infrastruttura costruita con pochissima sicurezza mentre il cyberspazio viene utilizzato da uno tsunami di attori statali e non statali. Internet si sta rapidamente frammentando in giurisdizioni, responsabilità e obblighi informatici nazionali. La rete gratuita, aperta, sicura e disponibile a livello globale creata nelle democrazie sta morendo. Per la prima volta, gli Stati Uniti e i loro alleati affrontano avversari in grado di raggiungere tutti gli strati del sistema socio-tecnico-economico attraverso il cyberspazio, molto spesso in modo ingannevole. Questi avversari, “subdoli” riescono a rubare e alterare informazioni critiche, utilizzandole per  corrompere o ricattare leader aziendali e politici. Spesso lasciano nei sistemi backdoor per consentire azioni future che vanno dal furto alla distruzione totale dei dati. I nemici delle democrazie occidentali, sempre più in aumento, sono in grado di diffondere campagne "non direttamente cinetiche ma non meno dirompenti" destinate a "combattere" i rivali economici. Queste campagne includono l'utilizzo di proxy statali per sovvertire le democrazie spostando lentamente o acquistando i loro beni IT e le industrie delle telecomunicazioni. Il problema è che non esiste una prospettiva certa sulla volontà politica delle nazioni occidentali  di rimediare e contrastare la minaccia in continua espansione. Ciò, anche alla luce delle perdite economiche stimate tra l'1 e il 2% del PIL annuale in tutti gli Stati Uniti e nei paesi dei suoi alleati e partner. I leader occidentali stanno, ora, lentamente facendo sforzi per invertire la tendenza. Gli Stati Uniti hanno finalmente incluso la difesa della sua economia come missione di sicurezza nazionale. La Francia di recente, ha riconosciuto che la difesa della sua economia richiederà azioni precedentemente vietate, come azioni informatiche di attacco contro gli avversari stranieri. Ma i singoli sforzi nazionali, secondo gli esperti, sono  insufficienti. Nessuno stato da solo, nemmeno gli Stati Uniti, può resistere a tutti gli attacchi terroristici informatici del mondo. Quindi la prima missione del CORA è quella di consolidare l'infrastruttura informatica delle democrazie. La comunità democratica ha, quindi, bisogno di un'industria di beni strumentali e di un'industria delle telecomunicazioni in grado di operare in maniera indipendentemente. L'unico modo pratico per farlo è quello di creare un mercato abbastanza grande per sostenere gli sforzi economici. Le circa 35 nazioni che formerebbero il CORA rappresenterebbero un mercato di oltre 900 milioni di persone con comuni interessi. Dopo aver assicurato la loro sopravvivenza, il CORA spingerebbe queste industrie a reinventare Internet con prodotti e protocolli progettati fin dall'inizio per la sicurezza. L'organizzazione necessita di un massiccio investimento congiunto nella ricerca e sviluppo per la cyber sicurezza accademica, commerciale e militare, promuovendo una nuova rete di partnership operative civili-militari-commerciali. Operativamente, il CORA coordinerebbe i processi di sicurezza informatica di governi, aziende, organizzazioni e forze armate. Il coordinamento di quest'ultimo consentirà una tracciabilità, un'analisi e una modellazione più completa delle minacce e lo sviluppo di modi migliori per difendere il governo, i settori commerciali e civili. Il CORA integrerà le varie capacità e competenze degli eserciti dei suoi membri, mettendo tutto a sistema organizzando supporto e formazione. Il CORA deve essere, prima di tutto, un'alleanza operativa, non un gruppo di pianificazione, discussione ed esortazione politica. Solo un'organizzazione di questo tipo garantirà che i suoi paesi membri possano agire all'unisono rispetto alle minacce informatiche socio-tecniche-economiche. Gli analisti delle minacce lavorerebbero con tutti e tre i tipi di organizzazioni direttamente per assicurare una consapevolezza collettiva e una risposta alle minacce emergenti. I difensori informatici opererebbero in risposta o in previsione di attacchi attraverso centri congiunti alleati o in centri operativi nazionali ospitati da Stati designati come detentori di capacità specializzate. La difesa cibernetica collettiva delle democrazie garantisce il benessere futuro e per questo  un CORA internazionale è vitale. I finanziamenti in Usa L’amministrazione Trump intende stanziare nel 2020 circa 17,4 miliardi di dollari nel settore della sicurezza informatica da distribuire tra le agenzie federali ed istituti del governo centrale. La maggior parte di tali fondi, infatti, andranno al  Pentagono e al Dipartimento per la sicurezza interna. Gli sforzi dell’Italia nel bilancio 2019 Secondo il DPP Difesa per l’Italia saranno stanziati pochi fondi: 6,5 milioni 2019 – 11,1 milioni 2020 – 28 milioni 20121/23 – 472,5 milioni 2024/2033) circa 525 milioni di euro spalmati in 16 anni. Per il triennio 2019/21 è stato previsto l’incremento per ogni anno di solo 1 milione di euro di aumento per “… interventi e dotazioni strumentali in materia di difesa cibernetica nonché rafforzare le capacità di resilienza energetica nazionale”. Per fornire un termine di paragone, la “Loi de Programmation Militaire 2019-2025” recentemente approvata in Francia prevede, proprio per la “cyber security” stanziamenti pari a 1,6 miliardi di euro. Solo lo stanziamento straordinario annunciato dal governo Renzi nel 2016 di 150 milioni di euro  aveva illuso gli addetti ai lavori ed aperto ad alcune prospettive. Altro paese che si sta muovendo con tendenze percentuali al rialzo è il  Regno Unito che mediamente dedica alla cybersecurity, nei bilanci annuali, non meno di 800 milioni di sterline. NDA: “Minaccia cibernetica crescente” Dan Coats, direttore della National Intelligence statunitense, ha lanciato un vero e proprio grido di allarme sostenendo che i segnali di pericolo rilevati quotidianamente dalle varie Agenzie di cyber defense hanno recentemente raggiunto livelli paragonabili a quelli dei periodi immediatamente precedenti l’11 settembre. A fronte di questa escalation gli Stati Uniti stanno pensando di proporre agli Alleati della NATO di aumentare il loro budget della difesa almeno fino al 4% del PIL. Una proposta difficilmente realizzabile alla luce della incombente congiuntura dell’economia.         Read the full article
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