#Premio Nobel per la Pace
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Theodore Roosevelt: un Presidente Visionario e Premio Nobel per la Pace
Ricordiamo il 26º presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, leader progressista, ambientalista e vincitore del Premio Nobel per la Pace.
Ricordiamo il 26º presidente degli Stati Uniti, Theodore Roosevelt, leader progressista, ambientalista e vincitore del Premio Nobel per la Pace. Theodore Roosevelt Jr., nato il 27 ottobre 1858 e deceduto il 6 gennaio 1919, è stato una figura centrale nella storia degli Stati Uniti. Come 26º presidente, Roosevelt ha guidato la nazione verso un’era di riforme e progresso. È ricordato per il suo…
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Bielorussia, condannato il Premio Nobel per la pace Ales Bialiatski. 10 anni di reclusione
Il procedimento penale nei confronti dell’uomo e di altri fondatori dell'organizzazione per la tutela dei diritti umani Viasna, non riconosciuta dalle autorità bielorusse, è stato avviato lo scorso gennaio
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il caldo, il vuoto, il silenzio, il nulla
E cosa vuoi di più?
10 gradi di meno, una stanza in cui sfogare i demoni con chi dico io, quel primo sguardo dopo millenni, parlare di libri sotto le lenzuola, baciare per così tanto tempo da sentire le labbra stanche, la pace nel mondo, il premio nobel
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Un bambino, un insegnante, un libro
e una penna possono cambiare il mondo.
- Malala Yousafzai
Malala, premio Nobel per la pace nel 2014, attivista pachistana nella lotta per i diritti civili e per il diritto all'istruzione di tutti i bambini. In particolare la sua lotta iniziò per affermare il diritto all'istruzione delle donne della sua città, dove un editto dei talebani impediva loro di studiare, di ascoltare musica e vedere la televisione.
5 ottobre - Giornata Mondiale degli Insegnanti.
Un grazie a loro... sempre...
@occhietti
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Dove le richieste di libertà sono odiose e i cessate il fuoco sono antisemiti.
Dove i civili sono etichettati come terroristi e i veri terroristi sono decorati con il Premio Nobel per la Pace.
Dove la propaganda è giornalismo e il giornalismo è propaganda.
Dove la democrazia è reale e l'apartheid è immaginario.
Dove le aziende sono persone e le persone sono risorse aziendali.
Benvenuti nell'impero.
Dove le bombe sono umanitarie e le provocazioni sono invisibili.
Dove i veterani sono eroi e le vittime sono dimenticate.
Dove le guerre sono sempre giuste e i nemici sono sempre Hitler.
Dove la causa è sempre giusta e i critici sono sempre russi.
Dove le sofferenze sono imperdonabili e i crimini sono cancellati dalla storia
Dove le atrocità sono sempre un incidente sfortunato e i nemici uccidono civili per divertimento.
Dove le disastrose intromissioni sono sempre errori innocenti, non importa quanto spesso accadano
Benvenuti nell'impero
Sempre vittima di attacchi ingiustificati da parte delle persone che strangola.
Sempre la splendente città su una collina di cadaveri umani.
Sempre il difensore dei poveri plutocrati indifesi di Wall Street.
Sempre il salvatore delle famiglie incenerite da missili prodotti da Raytheon.
Sempre il protettore delle risorse naturali nel suolo delle nazioni straniere.
Sempre il sostenitore dell'ordine basato sulle regole di un mondo con uno stivale sulla gola.
L'impero ti ama con un cuore fatto di dollari e petrolio.
L'impero veglia su di te attraverso il tuo smartphone e il tuo computer.
L'impero è il tuo unico amico.
L'impero è l'unico che ti avrà sempre amato.
Non puoi andartene.
Non puoi liberarti dell'impero.
Se ti liberassi dell'impero, questo mondo potrebbe essere conquistato dai tiranni.
- via Caitlin Johnstone @caitoz
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IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - di Gianpiero Menniti
SETTE ANNI
Ero un adolescente alla metà degli '80, quando il "secolo breve" prese la via del suo ripido declino.
I muri, patologia del confine, cominciarono lentamente a sgretolarsi come gesso sotto una minuta pioggia.
I "due blocchi", inatteso ma inevitabile residuo delle guerre suicide d'Europa della prima metà del '900, si affacciarono da un'unica soglia rimasta per un quarantennio nascosta.
L'aria aveva l'odore di una primavera di speranza e Sting cantava "Russians":
«[...] Condividiamo la stessa biologia, indipendentemente dall'ideologia. Ma ciò che potrebbe salvarci, me e te, è se anche i russi amassero i loro figli. »
Era il 1985, il mese di Marzo.
Michail Sergeevič Gorbačëv divenne Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
La sua parabola durò fino all'estate del 1991.
L'anno prima era stato insignito del Premio Nobel per la Pace.
Mentre in Sudafrica Nelson Mandela riacquistava la libertà.
E nel 1989 la "cortina di ferro" di churchilliana memoria veniva abbattuta tra lo stupore e l'entusiasmo generale.
In quei sette anni di formidabile accelerazione degli eventi non finiva la storia, come qualcuno improvvidamente profetizzò: la storia riapriva i suoi volumi impolverati.
Nulla, poi, andò come previsto.
Il fragore sordo e potente del "Muro di Berlino" fece sentire i suoi effetti sismici in un mondo da tempo ridotto alla sua globalità.
E la mia generazione, senza più la macchina da scrivere ma catturata dagli schermi dei primi pc, orfana di un modello politico e incerta del futuro, visse l'ultimo decennio in corsa verso il XXI secolo osservando il paesaggio come su un treno che lascia appena l'istante di un'immagine sfocata.
Eppure, in quei sette anni, l'illusione della luce fu più ardente della sua stessa ombra.
- Michail Gorbačëv (1931 - 2022) fotografato da Francis Giacobetti (classe 1939)
#thegianpieromennitipolis#racconti brevi#fotografia#francis giacobetti#Michail Gorbacev#gianpieromenniticopywriter
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Il premio Nobel per la medicina a quei due signori equivale al premio Nobel per la pace regalato ad Obama.
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" Sto qui, sulla soglia di un altro mondo palpitante. Possa Dio avere pietà della mia anima. Sono pieno di tristezza perché so di aver spezzato il cuore della mia povera madre e perché la mia famiglia è stata colpita da un’angoscia insopportabile. Ma ho considerato tutte le possibilità e ho cercato con tutti i mezzi di evitare ciò che è divenuto inevitabile: io e i miei compagni vi siamo stati costretti da quattro anni e mezzo di vera e propria barbarie. Sono un prigioniero politico. Sono un prigioniero politico perché sono l’effetto di una guerra perenne che il popolo irlandese oppresso combatte contro un regime straniero, schiacciante, non voluto, che rifiuta di andarsene dalla nostra terra. Io difendo il diritto divino della nazione irlandese all’indipendenza sovrana, e credo in essa, così come credo nel diritto di ogni uomo e donna irlandese a difendere questo diritto con la rivoluzione armata. Questa è la ragione per cui sono carcerato, denudato, torturato. "
Bobby Sands, Un giorno della mia vita, introduzione di Sean MacBride, Premio Nobel per la Pace, e di Gerry Adams, Presidente dello Sinn Féin; traduzione e cura di Silvia Calamati, Edizioni Associate, Roma, 1989¹; p. 115.
[Edizione originale: One Day in My Life, The Mercier Press, Cork, Ireland, 1982]
#Bobby Sands#Un giorno della mia vita#Sean MacBride#Gerry Adams#Sinn Féin#Irlanda del Nord#Eire#Ulster#Robert Gerard Sands#Provisional Irish Republican Army#IRA#sciopero della fame#Belfast#Regno Unito#XX secolo#Storia del '900#irredentismo#Europa#tortura#carcere#nazionalismo irlandese#socialismo#libertà#indipendenza#prigionieri politici#Margaret Thatcher#martirio#resistenza#Fianna Fàil#Silvia Calamati
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Estate 2024
Scienziato inventa un inchiostro per scontrini che non si può fotografare e vince il premio Nobel per la pace
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Lui è Nicolò. Nasce a Cremona nel 1993. È un bambino solitario. Legge tanto, tantissimo. Cresce con i nonni, che gli insegnano le cose più divertenti, mangiare i biscotti quando ne ha voglia, correre a piedi nudi sull’erba. Ha 5 anni. Il negozio dei genitori viene rapinato, mamma e papà urlano, piangono. Nicolò scrive un racconto in cui parla del ladro. Lo rilegge, è fiero. I genitori lo stroncano. Nicolò cresce. La scuola non gli va giù. Gli insegnanti parlano chiaro, con quei voti non andrà da nessuna parte. A casa gli tirano le orecchie, ma non serve a nulla. Bocciato. Mamma e papà sono disperati. Lui invece è innamorato. Di una ragazza che non se lo fila, e gli spezza il cuore. Nicolò abbassa la testa, si cuce sulla fronte la parola fallito e tira avanti per forza d'inerzia. Passa il suo tempo sui libri. Si sente vecchio, vuoto, ha voglia di scappare. È il 2013. Nicolò va su internet, vende i fumetti, le scarpe, le magliette, la console dei videogiochi, il letto a castello, prepara lo zaino e parla con i genitori. Ciao mamma, ciao papà, vi saluto, vado in India a fare il volontario in un orfanotrofio. Nicolò non ha alcun interesse per i bambini, o per il sociale. Vuole solo fuggire dal suo paese, che gli sta stretto, lo soffoca. Arriva in un piccolo villaggio dall’altra parte del mondo. Si sente il protagonista di uno dei suoi amati romanzi. La realtà che lo circonda è un pugno nello stomaco. Povertà, prostituzione, violenza. È sconvolto. Lo mettono a insegnare inglese ai bambini. Lui non sa nemmeno da dove iniziare, deve inventarsi qualcosa. Passano i mesi. I suoi piccoli studenti lo adorano, Nicolò conosce la storia di ognuno di loro, si affeziona. Una sera telefona a casa. Ciao mamma, non torno, qui c’è troppo da fare. Nicolò scrive libri, raccoglie fondi per costruire un dormitorio, paga la scuola e l’università ai suoi bambini, fonda una Ong. È il 2020. Nicolò Govoni ha 27 anni, è candidato al Premio Nobel per la Pace.
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Su questione bulli vi posso dire che quelli che mi hanno rovinato la vita, l'autostima e la salute possono anche redimersi e vincere il premio nobel per la pace, io non li perdonerò mai nemmeno se strisciano a terra (come le serpi che sono) per chiedermi perdono.
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Premio Nobel per la Pace 2024 all'Organizzazione Antinucleare Nihon Hidankyo: Il Commento di Luca Mattiazzi, Direttore Generale di Etica Sgr
L'importanza del disarmo nucleare e il ruolo della finanza etica nella promozione della pace globale.
L’importanza del disarmo nucleare e il ruolo della finanza etica nella promozione della pace globale. A quasi ottant’anni dall’attacco atomico che devastò le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, il Premio Nobel per la Pace 2024 è stato assegnato all’organizzazione giapponese Nihon Hidankyo. Fondata dai sopravvissuti al terribile bombardamento del 1945, l’organizzazione lavora…
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Forse non ci sono campi se non di battaglia, quelli ancora ricordati, quelli già dimenticati, boschi di betulle e boschi di cedri, nevi e sabbie, paludi iridescenti e forre di nera sconfitta, dove per un bisogno impellente ci si accuccia oggi dietro un cespuglio.
Qual è la morale? – forse nessuna. Di certo c’è solo il sangue che scorre e si rapprende e, come sempre, fiumi, nuvole.
Dov’era Hiroshima c’è ancora Hiroshima.
Parte di una poesia della polacca Wislawa Szymborska , premio Nobel 1996, recitata (tnxs to Il Post) passando per Chalons en Champagne - i CAMPI CATALAUNICI - e poco più in là, tra Marfaux e Bligny sulla Montaigne de Reims, dove il II Corpo d'Armata Italiano fermò a caro prezzo la Friedensturm, l'offensiva per la pace (mica da oggi godono a usar ossimori durante le guerre) 105 anni fa a luglio.
C'erano tra gli altri tal Ungaretti che proprio lì nel Bois de Courton gli venne quella cosa che si sta come d'autunno sugli alberi le foglie, Curzio Malaparte e un non lontano parente.
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Ci siamo ammazzati con le spade, con le lance, e con le frecce.
Poi coi fucili, e coi cannoni.
Ora coi missili.
Tutti strumenti a forma di pene, solo che invece di penetrare con amore per fecondare e dare la vita, questi Peni sparano fuoco per dare la morte.
Ho sempre pensato che il nostro Maschile Egoico-bellico, che purtroppo abita anche molte donne, abbia in fondo un problema erotico irrisolto, una sorta di blocco, un'impotenza a utilizzare l'energia gloriosa del Fuoco a scopi pro-creativi.
Chi non crea, infatti, decrea, e distrugge, o si distrugge, ingolfando il fuoco in malo modo dentro di sé.
Sì, siamo un disastro, direbbe Henepola Gunaratana, grande maestro buddhista; siamo un disastro, siamo abitati da un mostro di insoddisfazione, e non vogliamo prendercene cura, per cui ci sfoghiamo ammazzandoci a vicenda.
Io sono convinto che questa fase della storia antropologica stia volgendo al compimento, al suo tragico compimento.
I mostri, dentro e fuori di noi, però non se ne andranno facilmente, e la lotta è e sarà molto dura.
Ma alla fine questa Era della Guerra finirà, perché è già finita.
Resta uno spettacolo osceno, i cui protagonisti sono semplicemente mostri, mostri di ignoranza innanzi tutto, e mostri di stupidità.
Fa bene riascoltare perciò Yael Deckelbaum, questa cantante di origini israeliane, che insieme a tante donne ebree e palestinesi, canta questa dolce Preghiera delle Madri, in sintonia con la grande marcia delle Madri, che unì migliaia di donne ebree e palestinesi, in una invocazione comune verso la Pace.
Era il 2016, e intervenne anche il premio Nobel liberiano Leymah Gbowee.
Questo canto di madri è il nostro canto.
E' il canto della Nuova Umanità.
E' il canto che supera il rumore degli scoppi e delle bombe.
E' il canto che rimarrà.
Marco Guzzi
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“Fra le dolcezze delle avversità, e lasciatemi dire che sono state numerose, ho trovato la più dolce, la più preziosa di tutte, è la lezione che ho imparato sul valore della gentilezza. Ogni gentilezza ricevuta, grande o piccola, mi ha convinta che non ce ne sarà mai abbastanza nel nostro mondo. Essere gentili significa rispondere con sensibilità e calore umano alle speranze e ai bisogni del prossimo. Perfino il più piccolo gesto di gentilezza può illuminare un cuore incattivito. La gentilezza può cambiare la vita delle persone."
Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la pace
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