#Petrolio
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nocommercialrap · 1 year ago
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Io ho qualcosa di importante da dovervi raccontare, nessun "non ce la farai" vale quanto un "non mollare".
-Cranio Randagio, petrolio-
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anchesetuttinoino · 6 months ago
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Il Mozambico nelle mani delle multinazionali fossili europee e statunitensi.
Interessante articolo pubblicato da Altraeconomia. Il Mozambico si è consegnato alle multinazionali straniere ed ha rinunciato alla sua sovranità; ora non ha il potere di modificare le normative ambientali che possono limitare l’estrazione di combustibili fossili, né di cambiare le leggi sui diritti dei lavoratori o richiedere un aumento delle tariffe per lo sfruttamento dei giacimenti. In caso…
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gregor-samsung · 12 days ago
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" Penso di aver già visto prima quel tipo da qualche parte. Sono proprio sicuro di aver già incontrato da qualche parte quel soldato. Oh Dio, e dove mai l’ho incontrato prima, quel soldato? Quel tipo alto con la bocca piena di denti. E dove l’ho già visto? Chiesi a Pallottola se lui lo avesse mai visto prima. Mi rispose che non l’aveva mai incontrato, dai tempi di Adamo a tutt’oggi. Così gli chiesi perché mai era venuto da noi. E perché poi ci ha portato da bere? Ed è forse proprio vero che quel tipo è quello che chiamano il nemico? «Oh, sì. Quel tipo lì è il nemico», replicò Pallottola. «Senti bene, Sozaboy, noi siamo sul fronte di guerra, okay. E sul fronte di guerra ci trovi tutti i tipi di persone. Ubriaconi, ladri, idioti, saggi e pazzi. C’è soltanto una cosa che li unisce tutti. La morte. E ogni giorno in più che riescono a vivere, si stanno prendendo gioco della morte. Quell’uomo è venuto qui per festeggiare questo fatto.» «Pallottola», dissi, «ti prego, non usare tutti questi paroloni con me. Ti prego. Cerca di dirmi una cosa che posso capire. E non perder le staffe perché ti chiedo questa piccolezza.» «No, non perdo mica le staffe», replicò Pallottola dopo un po’. «Non mi arrabbio per niente. Quello che sto dicendo è che tutti noi possiamo morire da un momento all’altro. In qualsiasi momento. Così, finché siamo vivi dobbiamo farci una bevuta. Perché, come già sai, l’uomo deve vivere.» Questo Pallottola è proprio uno sveglio. L’uomo deve vivere. Mi piace ’sta storia. L’uomo deve vivere. "
Ken Saro-Wiwa, Sozaboy. Il bambino soldato, traduzione di Roberto Piangatelli, a cura di Itala Vivan, Baldini Castoldi Dalai editore, 2009²; pp. 142-143.
[Edizione originale: Sozaboy: A Novel in Rotten English, Saros International Publishers, 1985]
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darksoundzero · 1 year ago
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Petrolio - Il Tempio (in La Disobbedienza, 2023)
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soldan56 · 1 year ago
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saliasworld · 2 years ago
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Io volerò, io volerò via, come un gabbiano pure se il petrolio mi pesa sul dorso smorzando la scia.
Io volerò via, io volerò via, perché nel cielo c'è molto di più, che in questa terra sbranata da gru,che in questo oceano sempre meno blu.
Dammi un motivo per restare, per mollare l'ancora, qui dove tutto è un detestare ciò che l'altro fa.
Ci hanno oppressi per testare quanto è forte l'anima. Per quanto a pezzi possa amare un giorno spirerà.
-Cranio Randagio 🖤
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leparoledelmondo · 11 months ago
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COP28
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Siamo a un momento difficile per la diplomazia climatica. La crisi energetica ha indebolito i già fragili piani di transizione di molti paesi e le tensioni geopolitiche rendono ancora più difficile un dialogo indispensabile per la firma di accordi efficaci. A ciò si aggiunge il neo-presidente di COP28, la conferenza delle Nazioni Unite sul contrasto al riscaldamento globale che si terrà a Dubai dal 30 novembre al 14 dicembre.
Si chiama Sultan Ahmed Al Jaber, è emiro degli Emirati arabi, amministratore delegato della società di stato Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), in testa alla classifica delle aziende i cui piani di espansione sono incompatibili con il rispetto degli obiettivi climatici. Sotto Adoc, nella classifica dell’inadeguatezza ci sono giganti come Nationa Iranian Oil Company, Exxon Mobil, China National Petroleum Corporation, Chevron.
Il presidente Al Jaber sarà d’accordo nel mantenere gran parte delle risorse fossili del pianeta sotto terra evitando di emettere altra CO2?
(Fonte: Global Oil & Gas Exit List 2023 - Urgewelde - https://gogel.org/)
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sola-mente-me · 2 years ago
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Dammi un motivo per restare,
per mollare l’ancora
Qui dove è tutto un detestare
ciò che l'altro fa
Ci hanno oppressi per testare
quanto è forte l'anima
Per quanto a pezzi
possa amare un giorno spirerà…
Petrolio (Cranio Randagio)
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primepaginequotidiani · 7 days ago
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PRIMA PAGINA Milano Finanza di Oggi martedì, 29 ottobre 2024
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scacciavillani · 19 days ago
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Il Texas evoca sceriffi e Colt 45, John Wayne e Gary Cooper, rodei e cowboy. Ma oggi è uno dei motori dell'economia americana, con un territorio immenso dove fioriscono Università tra le più prestigiose e industrie all'avanguardia, dall'energia all'Hi-Tech. Un luogo dove giovani e meno giovani possono costruirsi un futuro.
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unita2org · 3 months ago
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AVETE MAI VISTO UN GIARDINO ECOLOGICO IN UN'AZIENDA DI FUSIONE PETROLCHIMICA?
2024-08-16 15:39:49 Sinopec Zhenhai Refining and Chemical Company (ZECC), situata nella città di Ningbo, provincia dello Zhejiang, è la base di fusione petrolchimica più grande della Cina ed è anche una fabbrica verde a livello nazionale della Cina. Grazie all’officina di trattamento dei rifiuti con tecnologia avanzata, i liquami oleosi generati dalla raffinazione del petrolio vengono trattati…
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sefaiunbelrespiro · 4 months ago
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Slacciando le corazze perché non mi serviranno, casa mia è sicura
Ma quanto può far male dopo anni di battaglie ritornare
E ritrovare gli affetti in cenere scura?
Ma quanto cazzo è dura?
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queerographies · 4 months ago
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[Queer bodies][Fabio Vittorini]
Queer bodies" di Fabio Vittorini analizza la storia dei corpi queer da fine Ottocento a oggi. Coniugando teoria, storia e testi, il libro offre nuove chiavi di lettura su romanzi e film emblematici.
Esplorando l’identità di genere: un viaggio letterario e mediatico attraverso i corpi queer Titolo: Queer bodies. Identità trans* nella letteratura e nei media. Da fine Ottocento agli anni SettantaScritto da: Fabio VittoriniEdito da: Pàtron editoreAnno: 2024Pagine: 392ISBN: 9788855536325 Clicca qui per acquistare il libro La sinossi di Queer bodies di Fabio Vittorini Trans*, non-binary,…
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scienza-magia · 8 months ago
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Ridotta del 16% la produzione petrolifera Russa
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Attacchi e sanzioni: così il petrolio russo comincia a vacillare. I droni ucraini fermano le raffinerie, mentre crollano le esportazioni verso India e Turchia. La svolta dallo scorso autunno, quando le misure occidentali contro Mosca e i suoi alleati hanno iniziato ad essere applicate con maggiore severità. Da una parte i droni ucraini, sempre più potenti e precisi, tanto da aver messo ko un decimo della capacità di raffinazione russa nel giro di quarantott’ore. Dall’altra le sanzioni, che dallo scorso autunno hanno iniziato a “mordere” davvero, fino a scoraggiare le importazioni di partner di ferro come l’India e la Turchia. Sul fronte del petrolio Mosca, a due anni dall’invasione dell’Ucraina, ha smesso di sembrare invulnerabile: una discontinuità rilevante, anche se è presto per definirla una svolta, che in futuro potrebbe incidere sull’andamento del conflitto oltre che avere un impatto rialzista sui mercati energetici. Gli ultimi sviluppi hanno già contribuito a riaccendere le quotazioni del barile, spingendo il Brent ai massimi da quattro mesi, vicino a 85 dollari. Con una produzione di greggio che tuttora è stimata intorno a 9,5 milioni di barili al giorno, la Russia è seconda soltanto agli Stati Uniti. E rimane un fornitore di cui a livello globale è impossibile fare a meno per soddisfare la domanda. Le sue esportazioni nonostante l’embargo occidentale sono rimaste quasi invariate rispetto a prima della guerra: Mosca è stata abilissima nel dirottarle in tempi rapidi verso l’Asia, spostando i sacrifici soprattutto sulle spalle delle compagnie. I profitti delle società russe dell’Oil & Gas sono crollati (di oltre il 40% solo nel 2023), a causa dello sforzo, logistico e non solo, per conquistare nuovi clienti e per la necessità di concedere forti sconti, in parte legata al “price cap”, misura sanzionatoria sui generis che vieta ai Paesi del G7 di fornire trasporti, assicurazioni o altri servizi a meno che Mosca non si pieghi a vendere al di sotto di un certo prezzo. Ma nonostante tutto il petrolio, oggi come in passato, continua ad essere la prima fonte di entrate per lo Stato russo. Ed è una fonte che si è assottigliata molto meno del previsto.
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Difendendo i volumi d’esportazione, lasciando svalutare il rublo e più che raddoppiando il carico fiscale per le società del settore, l’anno scorso Mosca è riuscita ad incassare l’equivalente di 108 miliardi di dollari grazie all’Oil&Gas: una cifra pari a un terzo delle entrate statali e in linea con il 2021, prima dell’invasione dell’Ucraina (anche se inferiore al 2022, segnato da prezzi record per l’energia), come fa notare un’analisi dell’Oies su dati del ministero delle Finanze russo. È soprattutto il petrolio a finanziare la guerra contro Kiev. Ed è proprio per questo che rappresenta anche il tallone d’Achille della Russia: il punto più vulnerabile, difficile ma non impossibile da colpire se si vuole fermare lo sforzo bellico. E qualche colpo pericoloso – per quanto non ancora decisivo – oggi ha cominciato ad arrivare. Una variabile imprevista è quella dei droni ucraini, solo di recente perfezionati al punto da penetrare per centinaia di chilometri in territorio russo, andando a segno con precisione crescente su obiettivi strategici, tra cui proprio le infrastrutture petrolifere. In vista delle elezioni presidenziali russe (al via il 15 marzo) Kiev ha intensificato gli attacchi, riuscendo a danneggiare due tra le maggiori raffinerie del Paese: l’impianto Norsi di Lukoil, nella regione di Nizhny Novgorod, e l’impianto Rosneft di Ryazan, a 200 km dalla capitale. C’erano stati altri attacchi a gennaio, che avevano ridotto di 400mila barili al giorno (o del 7%) la produzione di carburanti delle raffinerie russe, stima Viktor Katona di Kpler. In seguito c’era stato un parziale recupero, ma l’offensiva di questi giorni per l’analista potrebbe avere conseguenze più gravi, fermando fino al 14% della capacità totale. Mosca ha già vietato l’esportazione di benzina per sei mesi a partire da marzo, per contrastare rincari alla pompa (e forse carenze) sul mercato domestico. Presto potrebbe essere costretta a limitare anche l’export di diesel e altri prodotti raffinati. «Niente di critico, vorrà dire che esporteremo più greggio», ha minimizzato il viceministro dell’Energia Pavel Sorokin secondo la Tass. Ma in realtà anche su questo fronte ci sono difficoltà crescenti. L’export di greggio russo – rimasto piuttosto stabile da inizio anno, con una media di 3,48 milioni di barili al giorno – «probabilmente ha raggiunto un picco», si legge in un report di Gibson. Kiev ha anche intensificato le operazioni con droni sottomarini nello stretto di Kerch e al largo della Crimea, fa notare la società, e questo comporta «ulteriori rischi, oltre a quello delle mine, per le navi con carichi russi nel Mar Nero». Ma gli ostacoli maggiori derivano dal giro di vite sulle sanzioni, su cui le potenze occidentali sono diventate molto più rigorose, cominciando dallo scorso autunno a punire le violazioni con maggiore frequenza e severità. Da novembre in avanti gli Usa, seguiti dagli alleati europei, hanno messo in black list più di 40 navi e una serie di società di diversi Paesi, accusate di agevolare l’export di petrolio russo aggirando le regole sul price cap: una svolta che secondo il broker marittimo Poten & Partners ha scatenato «un esodo di armatori occidentali» dalle attività di trasporto. La paura delle sanzioni Usa, scrive Reuters, ha spinto improvvisamente i registri navali della Liberia e delle Isole Marshall a ritirare le bandiere alle petroliere russe, ostacolandone la navigazione. Non basta. Nello stesso periodo Mosca ha iniziato ad accusare difficoltà anche in India e in Turchia: Paesi che avevano accolto a braccia aperte i barili russi, ma in cui gli acquisti sono crollati. L’India in particolare ha fatto un dietrofront clamoroso, respingendo carichi di greggio Sokol mentre le petroliere erano già in viaggio, fino a “bloccare” in mare 18 milioni di barili. Ora si sono ridotti intorno a 10 mb, stima Bloomberg: molte navi si sono dirette in Cina, ma anche qui alcune hanno dovuto gettare l’ancora, in attesa di acquirenti che tardano a farsi avanti. I problemi riguardano soprattutto i pagamenti, su cui ha avuto un impatto dirompente un ordine esecutivo firmato lo scorso 22 dicembre dal presidente Usa Joe Biden. Il provvedimento ha alzato la guardia su banche e altri intermediari finanziari, minacciando di tagliarli fuori dal sistema del dollaro con effetto immediato al minimo indizio di aver facilitato, anche in modo indiretto, «il finanziamento della macchina da guerra russa». Moltissime banche, ovunque nel mondo, hanno rallentato le transazioni per passare al setaccio ogni documento che possa collegarle ad entità russe. E qualcuna – persino in Cina – si è spinta oltre, scegliendo di interromperle del tutto. In Turchia la paura di sanzioni oltre alle banche ha contagiato diverse società non finanziarie. Il terminal marittimo di Dörtyol, sul Mediterraneo – che era emerso come uno degli snodi principali per il petrolio russo, con sbarchi per 11,7 milioni di barili nel 2023 – la settimana scorsa ha deciso per precauzione di vietarne il transito «anche in assenza di violazioni di leggi, regolamenti o sanzioni»: una scelta drastica, che secondo indiscrezioni di stampa sarebbe stata presa in seguito a forti pressioni esercitate dagli Usa. «I russi – osserva Poten – stanno provando a contrastare questi sviluppi e cercano acquirenti alternativi»: di recente ci sono stati carichi esportati in Venezuela, Pakistan, Ghana e Brunei. Rimpiazzare i volumi di India e Turchia però «sarà una sfida», che «potrebbe rendere necessari sconti molto più alti». Nel frattempo per il petrolio russo si è chiusa un’ulteriore porta di accesso all’Europa, quella verso la Bulgaria, uno dei Paesi che avevano ottenuto un’esenzione all’embargo da parte della Ue. Sofia – che ha sfruttato a lungo il privilegio, anche esportando carburanti prodotti con greggio russo – ha interrotto anche gli acquisti via oleodotto a inizio di marzo, con sei mesi di anticipo sui tempi concordati. Fino a poco tempo fa riceveva più di 150mila barili al giorno. Read the full article
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santuariomobile · 8 months ago
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Tav. CXLI - La potente benzina italiana
Nel 1953 nasceva l’Eni, fondata da Enrico Mattei sulle macerie dell’Agip. Mattei rivoluzionò il mercato mondiale dell’energia, rompendo l’oligopolio delle ‘Sette sorelle’ occidentali. Ucciso nel 1962 in un attentato, il successore Eugenio Cefis ne ribaltò la politica economica affondando l’Ente. Presunto fondatore della Loggia P2, sospettato di un ruolo nello stragismo fascista e tra i mandanti dell’omicidio di Mattei, Cefis è il protagonista nascoso del libro incompiuto ‘Petrolio’ di Pasolini.
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bagnabraghe · 10 months ago
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Alcuni ostacoli si frapponevano con il nuovo corso inaugurato da Kennedy
Eletto nel novembre 1960, il giovane presidente Kennedy diede fin da subito mostra della sua volontà di rivoluzionare l’andamento della politica statunitense riaffermandone l’egemonia a livello internazionale e dando nuovo smalto alla lotta contro il comunismo nel mondo. Con l’aiuto di quelli che il giornalista David Halberstam avrebbe indicato come i “migliori e i più brillanti” (the best and…
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