#ONU e diritti
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pier-carlo-universe · 4 days ago
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La Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza: Un Impegno Universale
Il 20 novembre si celebra il diritto a un futuro migliore per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo.
Il 20 novembre si celebra il diritto a un futuro migliore per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo. Il 20 novembre di ogni anno, il mondo si unisce per celebrare la Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, un’occasione per riflettere sull’importanza di garantire ai bambini e ai giovani un futuro libero da discriminazioni, abusi e povertà. Questa data…
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womenforwomenitaly · 2 months ago
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Al Summit del Futuro del 22-23 settembre, l’ONU chiede azioni rapide per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile entro il 2030. Sull'uguaglianza di genere le Nazioni Unite hanno focalizzato sei aree d’intervento per promuovere l'emancipazione e i diritti delle donne e delle ragazze.
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abr · 4 months ago
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“siamo contro il sionismo, non contro gli ebrei" :<
**affermazione del medioman, il quale procede condividendo trita e decotta propaganda nazi e sovietica sul popolo ebraico,
** crede davvero che gli ebrei sian tutti ricchi banchieri lobbyizzati (come dire che gli italiani sono tutti mafiosi),
**non ha la più pallida idea della geografia, quale fiume e mare intendano i palestinesi,
**diffonde l'idea che l'unica democrazia dell'area, Israele, sia uno stato etnico e teocratico: il ribaltamento della realtà più incredibile,
**condanna la violenza israeliana mentre assiste passivo al terrorismo di Hamas e al suo sfruttamento brutale dei Gazawi.
**L'antisemitismo di per se sarebbe negativo, afferma, ma subito aggiunge MA -
** se la vanno a cercare, afferma come un vecchio bavoso rivolto a ragazzine in minigonna,
**supporta e condivide post contenenti ridimensionamenti o negazioni dell'olocausto,
**tace riguardo al massiccio aumento dell'antisemitismo e della violenza contro gli ebrei nell'Occidente, causato dall'attivismo di cellule di immigrati arabi che condivide e rilancia,
**nulla sa riguardo alle deportazioni di ebrei dai paesi arabi che circondano Israele, sulla violenza, sui pogrom che han superato nei numeri e atrocità quanto subito dai palestinesi sfollati,
** nulla sa del destino degli arabi che, invece di dirsi "palestinesi", rimasero in Israele alla sua fondazione: sono cittadini israeliani integrati, e, unici tra tutti i musulmani della regione, godono di tutti i diritti e vantaggi di una democrazia matura,
**indica ebrei e condivide elenchi abitazioni ed esercizi commerciali, senza capire come ciò rispecchi l'inizio dell'antisemitismo di massa del passato,
**usa frasi tipo "era meglio se Hitler avesse finito il lavoro" e si crede spiritoso nel dirlo,
**nega i legami tra hamas e l'ente Onu Unrwa,
**molesta i creatori di contenuti pro ebrei,
**ignora il colonialismo e schiavismo arabo e la invasione musulmana della regione,
**non comprende lo stretto legame tra terrorismo propal e degrado da migrazioni in atto in Occidente,
** non si preoccupa delle intimidazioni e violenze islamiche dirette agli ebrei in casa nostra, non comprende che non si fermeranno a loro.
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curiositasmundi · 9 months ago
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Cosa ne sarà di Julian Assange? In queste ore l’Alta corte di Londra sta decidendo e potrebbe anche accogliere richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti. In questo caso potrebbe essere condannato a 175 anni di carcere, accusato di aver sottratto documenti attinenti alla sicurezza nazionale e di aver messo in pericolo la vita di migliaia di soldati impegnati in Afghanistan e in Iraq. Tesi smentita persino dal relatore Onu sulle torture e i diritti umani, Nils Melzer, nel suo Storia di una persecuzione. Mai come in queste ore bisogna continuare a vigilare e a tenere accesi i riflettori. La vera accusa contro Assange riguarda la sua attività di giornalista che ha rivelato i trucchi e le bugie usate dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna per provocare guerre, torture, commercio delle armi. Lo hanno accusato di essere una spia, ma di questo non c’è traccia nei capi di imputazione, allo stesso modo sono naufragate le accuse “prefabbricate” di stupro e violenza sessuale. Sono persino arrivati negare la sua attività pubblicistica. Peccato che Assange abbia ottenuto tale riconoscimento anche dalla Federazione mondiale dei giornalisti, dal sindacato europeo, da oltre 20 associazioni europee, dall’Ordine e dalla Federazione della stampa, dalla associazione Articolo 21. Peccato che persino i giornali che lo hanno attaccato si siano recati in ginocchio a supplicare di avere documenti da lui rintracciati. Peccato che la stessa Corte europea abbia sancito che un giornalista abbia il diritto, anzi il dovere, di pubblicare qualsiasi notizia, comunque ottenuta, che abbia i requisiti del pubblico interesse e della rilevanza sociale. Sfidiamo chiunque a dimostrate che i documenti rivelati non avessero questi requisiti. Quelle contro Assange sono accuse politiche. Vogliono colpirne per diffidarne cento, per ammonire preventivamente chiunque avesse voglia di cimentarsi con il giornalismo di inchiesta e di ficcare il naso nelle guerre, nel commercio delle armi, nei rapporti indicibili tra gruppi terroristici e Stati. Provate a pensare cosa potrebbe saltare fuori da una indagine, simile a quelle condotte da Assange, applicata ai conflitti in atto, in Ucraina, nella striscia di Gaza, nello Yemen, nella repubblica democratica del Congo, in Birmania… Non vogliono “oscurare” solo Assange, ma vogliono soffocare quello che resta del giornalismo di inchiesta, diventato il vero nemico dei regimi, delle oligarchie delle mafie, di quanti hanno bisogno del buio per rubare e uccidere. Vogliono colpire anche il diritto dei cittadini ad essere informati perché quello che Assange ha rivelato ha clamorosamente ha confermato le ragioni di quei milioni di donne e di uomini che, in tutto il mondo, avevano protestato contestando proprio menzogne, bugie, dossier prefabbricati, finti arsenali. Forse questo è il vero motivo di tanto accanimento. Vogliono punire Assange per punire chi ancora si oppone e a guerre e terrore. Per questo abbiamo il dovere di continuare a vigliare, per impedire che i giudici di Londra possano decidere all’improvviso e spedirlo, seduta stante, negli Stati Uniti. Non sarebbe la sua sconfitta, ma la nostra sconfitta, anche di quei giornalisti che, senza nulla sapere e nulla leggere, continuano a sparare alle sue spalle.
Beppe Giulietti –via: il fatto quotidiano
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b0ringasfuck · 8 months ago
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Partigiani di chi e memoria.
Quello che sta facendo Israele, la posizione di Europa e US, nei fatti più che nelle parole, l'assoluta parzialità dei paesi occidentali e dei mass media e spudoratamente evidente. Mentre Israele si pulisce il culo con le risoluzioni ONU e ha totalizzato 30000+ morti tra i civili, non solo stiamo a guardare, ma lo aiutiamo ad andare avanti. In contesti analoghi ci comportiamo all'opposto.
Se già non lo era prima, la superiorità morale dell'occidente oggi è ancora di più indifendibile... immaginatevi come ci vedono da fuori.
Ma dobbiamo essere "partigiani", dalla NOSTRA parte, perchè LORO sono peggio.
Ieri dovevamo essere competitivi con la Cina sul costo della manodopera... e ci abbiamo provato e chi lavora oggi in occidente è più povero.
Oggi dobbiamo contenerli sulla tecnologia, perchè LORO sono PEGGIO. Non dobbiamo competere, essere migliori con chi diciamo sia PEGGIO... dobbiamo CONTENERLO. Non migliorarci ma impedire agli altri di farlo. Una strategia che non si è limitata all'aspetto tecnologico nei confronti degli ALTRI, ma anche a quello economico e politico e poi ci riempiamo la bocca con democrazia, autodeterminazione, competizione.
Ed è lo specchio di quello che poi le nostre classi dirigenti fanno in politica interna. Non cercare di essere competitive, ma difendendo monopoli, rendendo sempre più difficile l'accesso universale a sanità ed educazione, bloccando l'ascensore sociale...
Domani ci chiederanno di andare in guerra, perchè saremo già dimentichi di quello che stiamo lasciando aiutando a fare a Israele e quindi noi abbiamo ragione, siamo meglio, siamo dalla parte del giusto.
Dobbiamo farci pagare meno, dobbiamo rinunciare al welfare, all'educazione, alla stabilità del lavoro, dobbiamo pagare i carri armati, finanziare le aziende private per essere competitive, rinunciare alla privacy per la sicurezza, veder ristrette le nostre libertà civili, il diritto allo sciopero, gli spazi di dissenso e protesta per essere competitivi con quelli che sono PEGGIO di noi.
Crocefissi nelle scuole per combattere la sharia. Donne a stirare e niente aborto, stracciamo le unioni civili per difenderci dal "patriarcato e dall omofobia islamici". Finanziamo le aziende private a babbo morto contro lo "statalismo cinese". Precariziamo il lavoro perchè in Pakistan i bambini cuciono i palloni.
Ma abbiamo sempre ragione, siamo sempre meglio.
Cosa ci stia guadagnando la gente però è un mistero. Siamo costretti a rinunciare sempre a qualche cosa... perchè siamo meglio degli ALTRI.
Cosa ci verrà chiesto domani? Ci ricorderemo di come è andata a finire l'ultima volta che ci hanno chiesto sacrifici, hanno ridotto i nostri diritti o le nostre libertà per difenderci dagli ALTRI (i negri, i froci, i cinesi, gli ambientalisti, chi sciopera, i musulmani...)?
Intanto il divario tra ricchi e poveri aumenta. Chi saranno mai questi altri che ce lo vogliono mettere al culo?
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colonna-durruti · 11 months ago
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Isso Amro, attivista nonviolento palestinese, è stato definito dall’Alto Commissariato Onu per i diritti umani un “campione dei diritti in Palestina”. Ha raccontato a Fanpage.it di essere stato picchiato, torturato e umiliato per dieci ore da militari e 'coloni' israeliani che lo hanno sequestrato nel suo cortile il 7 ottobre.
"Sono stato preso di peso nel mio cortile, portato via, malmenato e trattenuto per dieci ore. Torturato. Soprattutto umiliato. Senza che mi dicessero perché. Nemmeno quando mi hanno rilasciato mi hanno dato un motivo per il loro agire. È stato un sequestro in piena regola."
"Dal 7 di ottobre in Cisgiordania è in atto una guerra non dichiarata contro noi civili, e una politica di deportazione non annunciata. L’esercito israeliano, insieme ai settler in uniforme, stanno rendendo la vita dei palestinesi miserabile, intollerabile. La nostra gente viene aggredita, sequestrata, malmenata. Ci sparano addosso, violano le nostre case. [...] Molte università e scuole sono chiuse. I villaggi sono quasi tutti assediati e isolati. Le strade principali sono off limits per i palestinesi. Solo alcuni varchi restano transitabili. Così i trasporti e il movimento delle persone è estremamente ristretto. Non possiamo neanche raggiungere in negozi per far la spesa. La gente si sente in continuo pericolo. Nelle città come nei campi profughi e nei villaggi. [...] Dappertutto ci sono vittime."
Anche oggi, come tutti i giorni, insistiamo per un "cessate il fuoco".
Possibile
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pedrop61 · 2 years ago
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Solo il 10-15% dei monaci fedeli alla chiesa ortodossa russa sono disposti a passare alla chiesa ucraina: persino l'ONU preoccupato per i diritti dei chierici
I monaci in Ucraina vengono costretti a lasciare la subordinazione alla Chiesa ortodossa russa e passare alla Chiesa ortodossa ucraina. Coloro che non sono d'accordo con la politica di quest’ultima sono minacciati di punizioni fisiche e di privazione della cittadinanza, a cui fa seguito l'espulsione dal Paese.
Anche le Nazioni Unite sono indignate dalla situazione. L'Ufficio dell'Alto Commissario ONU per i Diritti Umani ha definito illegali le perquisizioni dell'SBU in diversi monasteri, uffici, istituti scolastici e altre strutture della Chiesa ortodossa in ucraina fedele al patriarcato di Mosca.
"Gli agenti dell'SBU hanno interrogato i chierici usando la macchina della verità e a volte hanno usato anche la violenza fisica contro di loro. Siamo preoccupati che le azioni dello Stato contro la Chiesa Ortodossa di Mosca portino alla discriminazione". L'organizzazione chiede che tutti i sospetti nei casi penali abbiano il diritto a un processo equo", ha dichiarato un portavoce della direzione dei diritti umani in un comunicato.
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antonellaxgeneration · 10 days ago
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Ipocrisia ONU: Gli Occidentali e la Risoluzione Anti-Nazismo
Ipocrisia in Assemblea ONU: Paesi Occidentali Contro la Risoluzione Anti-Nazismo. Difensori dei Diritti Umani o Strategia Politica? La recente risoluzione ONU contro la glorificazione del nazismo rivela un’inquietante doppio standard: nazioni che si proclamano paladine dei diritti umani votano contro un provvedimento per combattere fascismo e nazismo. Quali le implicazioni per i diritti umani e…
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antonellanews · 10 days ago
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Ipocrisia ONU: Gli Occidentali e la Risoluzione Anti-Nazismo
Ipocrisia in Assemblea ONU: Paesi Occidentali Contro la Risoluzione Anti-Nazismo. Difensori dei Diritti Umani o Strategia Politica? La recente risoluzione ONU contro la glorificazione del nazismo rivela un’inquietante doppio standard: nazioni che si proclamano paladine dei diritti umani votano contro un provvedimento per combattere fascismo e nazismo. Quali le implicazioni per i diritti umani e…
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pier-carlo-universe · 3 days ago
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«C’è un bambino in ognuno di noi», la filastrocca di Mimmo Mòllica nella «Giornata dell’Infanzia e dell’Adolescenza»
«C’è un bambino in ognuno di noi», filastrocca di Mimmo Mòllica, è un contributo per la «Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza», che si celebra il 20 novembre di ogni anno, con l’obiettivo di promuovere e favorire il miglioramento del b
«C’è un bambino in ognuno di noi», filastrocca di Mimmo Mòllica, è un contributo per la «Giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza», che si celebra il 20 novembre di ogni anno, con l’obiettivo di promuovere e favorire il miglioramento del benessere dell’infanzia. Celebriamo i diritti dei bambini attraverso azioni e iniziative in grado di contribuire alla costruzione di mondo…
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e-o-t-w · 1 month ago
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Eyes on the world #215
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La settimana che si accinge a terminare non la dimenticheremo facilmente. 
Il perché è presto spiegato, dal momento che grosse novità hanno scosso numerosi ambiti che solitamente trattiamo: dall’immigrazione alla guerra tra Israele e Hamas, dall’economia italiana ai diritti delle famiglie. 
Troppo generico? Allora scendiamo nel dettaglio e cominciamo 👇 
🇮🇱 ISRAELE: GLI ATTACCHI ALLE BASI ONU, LO SCONTRO CON HEZBOLLAH, LA MORTE DI YAHYA SINWAR. LE ULTIME 
1) Settimana a dir poco cruciale per il conflitto in corso nella Striscia di Gaza e non. È necessario più che mai mettere i pezzi insieme a partire dallo scorso fine settimana. Iniziamo dallo scorso venerdì, quando attacchi israeliani sul campo profughi di Jabalia, il più grande della Striscia di Gaza, hanno causato oltre 30 morti. Simile a una città con edifici fatiscenti e carenza di infrastrutture, Jabalia ospitava 120mila persone prima della guerra. Le autorità di Gaza hanno segnalato due attacchi distinti: il primo ha colpito una scuola con sfollati, uccidendo 18 persone; il secondo ha provocato 12 morti, con molte persone intrappolate sotto le macerie. Medici Senza Frontiere ha denunciato l'impossibilità di evacuare, mentre il ministero della Sanità locale riporta un totale di 61 morti in tutta Gaza. L'esercito israeliano ha dichiarato di voler colpire le infrastrutture di Hamas e i miliziani. Nel frattempo, domenica, due carri armati israeliani hanno sfondato il cancello di una base dell'UNIFIL a Ramyah, nel sud del Libano, in quella che l'ONU ha definito una "palese violazione del diritto internazionale". L'incidente è avvenuto lo stesso giorno in cui il primo ministro israeliano Netanyahu ha chiesto il ritiro dei soldati dell'ONU, accusandoli di proteggere Hezbollah. I carri armati israeliani si sono ritirati dopo 45 minuti di tensione. Poco dopo, colpi d'arma da fuoco e del fumo hanno causato reazioni avverse in 15 soldati dell'UNIFIL, che sono stati curati per irritazioni cutanee e sintomi gastrointestinali. L'UNIFIL ha denunciato l'accaduto, ricordando all'esercito israeliano i suoi obblighi verso la sicurezza del personale ONU. La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha espresso a Netanyahu la sua condanna per l'attacco e l'importanza di garantire la sicurezza del personale dell'ONU. Anche altri paesi coinvolti nella missione hanno chiesto l'immediata cessazione di tali attacchi. L'ONU ha poi confermato la permanenza delle forze della missione UNIFIL nel sud del Libano, nonostante le richieste di ritiro da parte di Israele. Il capo delle operazioni di mantenimento della pace, Jean-Pierre Lacroix, ha affermato che questa decisione è sostenuta dal Consiglio di Sicurezza e dai membri. 
Domenica sera Hezbollah ha poi lanciato un attacco con droni contro una base militare israeliana a Binyamina, nel nord di Israele, causando la morte di quattro soldati e il ferimento di 58. L’attacco, tra i più gravi compiuti dal gruppo armato libanese negli ultimi anni, è avvenuto nel contesto delle tensioni legate alla guerra israeliana nella Striscia di Gaza e alle operazioni israeliane nel sud del Libano. Hezbollah ha rivendicato l’azione come risposta agli attacchi israeliani in Libano che avevano causato oltre 20 vittime. L’attacco è stato particolarmente rilevante poiché la base colpita si trova a sud di Haifa, lontano dal confine libanese, un’area di solito bersagliata. Nella notte tra domenica e lunedì, un attacco di artiglieria israeliano su una scuola a Nuseirat, usata come rifugio per sfollati, ha ucciso almeno 22 persone e ne ha ferite più di 50. Poco dopo, un bombardamento israeliano ha colpito un accampamento di tende per sfollati nel cortile di un ospedale a Deir al Balah, provocando 4 morti e decine di feriti. L'esercito israeliano ha dichiarato che l'attacco all'ospedale mirava a un centro di comando di Hamas, mentre sta ancora verificando l'attacco alla scuola. Hamas ha negato di usare strutture civili come basi operative. Non è tutto. Nelle prime ore di mercoledì, l’esercito israeliano ha bombardato Beirut, colpendo una zona nella periferia meridionale della città, dopo aver emesso un ordine di evacuazione. Poche informazioni sono disponibili sulle conseguenze del bombardamento. Israele ha dichiarato di aver preso di mira Dahieh, un quartiere con una forte presenza del gruppo Hezbollah e un'area residenziale e commerciale, colpendo un deposito di armi sotterraneo. In precedenza, dal 10 ottobre, i bombardamenti su Beirut si erano interrotti, con Israele concentrato sulle aree di confine nel sud del Libano, da dove partono attacchi contro il suo territorio. Sempre mercoledì, Israele ha bombardato Nabatieh, uccidendo il sindaco e almeno altre 15 persone. Nel frattempo, la protezione civile libanese ha recuperato i corpi di 15 persone a Qana, uccise in un attacco israeliano martedì sera, e il bilancio delle vittime potrebbe aumentare. 
Giovedì una possibile svolta. L'esercito israeliano ha annunciato di aver ucciso Yahya Sinwar, capo di Hamas, durante un attacco nel sud della Striscia di Gaza. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che la morte di Sinwar è "l'inizio della fine", ma ha sottolineato che le operazioni militari continueranno. Sinwar era considerato responsabile dell'attacco contro i civili del 7 ottobre, che ha innescato l'attuale conflitto. Era il leader di Hamas da agosto, dopo aver sostituito Ismail Haniyeh, ucciso in un attacco a Teheran attribuito a Israele. L'uccisione di Sinwar non è stata frutto di un'operazione pianificata, ma è avvenuta durante un pattugliamento di routine nella città di Rafah, nella Striscia di Gaza, dove una brigata israeliana si è scontrata con tre miliziani di Hamas. Solo dopo lo scontro i soldati hanno notato la somiglianza di uno dei corpi con Sinwar. Le informazioni sull'operazione sono state confermate da fonti militari israeliane e verificate da vari media internazionali. Un video ripreso da un drone mostra Sinwar ferito in un edificio poco prima che venisse distrutto da un'esplosione. Dopo l'operazione, test sul corpo del sospetto, tra cui impronta digitale e DNA, hanno confermato la sua identità. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha definito l'evento un "buon giorno" per Israele e il mondo, auspicando la fine del conflitto e la liberazione degli ostaggi. Non è chiaro cosa accadrà ora. Sinwar è considerato difficile da sostituire, dato che gran parte della leadership del gruppo è stata uccisa durante il conflitto. Tuttavia, Hamas è sopravvissuta alla perdita di leader in passato. Esperti suggeriscono che Mohammed, fratello di Sinwar, potrebbe assumerne il ruolo militare, anche se restano dubbi sulle sue capacità politiche. Il movimento potrebbe decidere di mantenere segreto il nome del prossimo leader per motivi di sicurezza, oppure convocare il Consiglio della Shura per votare un successore. Si specula che il successore di Sinwar sarà qualcuno in esilio, come Khaled Meshal, ex leader del gruppo, attualmente in Qatar, o Khalil al Hayya, suo vice. La leadership in esilio è considerata più flessibile e potrebbe essere influenzata per negoziare un cessate il fuoco. Anche figure come Mousa Abu Marzouk e Muhammad Deif continuano ad avere un ruolo di spicco all'interno di Hamas. Israele potrebbe ora scegliere di sfruttare il successo per negoziare un cessate il fuoco o continuare l'offensiva. Tuttavia, vi sono pressioni interne ed esterne per avviare negoziati, con figure come il presidente statunitense Biden e la vicepresidente Harris che vedono un'opportunità per porre fine al conflitto. Nonostante Hamas sia indebolita, rimangono molti combattenti nella Striscia di Gaza. Khaled Meshal, possibile successore di Sinwar, potrebbe adottare una posizione più pragmatica nei negoziati, ma le componenti più estremiste del governo israeliano sono contrarie a un accordo. 
🇮🇹 APPROVATO IL DISEGNO DI LEGGE DI BILANCIO 2025. TUTTE LE MISURE PREVISTE, PRIMA DEL CONTROLLO UE 
2) Il Consiglio dei ministri ha approvato martedì sera il disegno di legge di bilancio per il 2025, che indica come varieranno spesa e entrate dello Stato. Le misure previste costano 30 miliardi di euro, di cui 21 miliardi saranno coperti da riduzioni di spesa e aumenti di tasse, mentre i restanti 9 miliardi andranno in disavanzo, aumentando il debito pubblico. Le principali misure riguardano la riduzione dell’IRPEF, con la conferma di tre aliquote e una riduzione per i redditi tra 28mila e 50mila euro, e il cuneo fiscale, con un sistema progressivo di sconti per i lavoratori. Il governo ha anche aumentato i fondi per la sanità e previsto risorse per il rinnovo dei contratti pubblici. Tra le altre misure ci sono la conferma delle agevolazioni per le ristrutturazioni, il mantenimento delle regole sui fringe benefit e la deduzione per le imprese che assumono a tempo indeterminato. Le coperture di bilancio verranno garantite da una combinazione di riduzioni della spesa ministeriale, nuovi contributi per banche e assicurazioni, e interventi su accise e spese fiscali. Complessivamente, il deficit previsto per il 2025 sarà del 3,3% del PIL, in calo rispetto al 3,8% del 2023, in linea con le regole europee. Come detto, sono previsti fondi aggiuntivi per il Servizio Sanitario Nazionale, ma le risorse risultano inferiori rispetto alle aspettative. Inizialmente si parlava di 3,5 miliardi di euro per il 2025, ma nel Documento programmatico di bilancio sono stati previsti meno di 900 milioni di euro, causando critiche da parte dell'opposizione e del settore sanitario. L'equivoco è nato dalla promessa di finanziare la sanità con una tassa sugli extraprofitti bancari e sulle assicurazioni, ma la somma è stata ripartita tra il 2025 e il 2026. Il ministro della Salute Schillaci aveva annunciato una cifra superiore, non essendo a conoscenza della divisione. Il finanziamento complessivo per il 2025 sarà di 2,3 miliardi, ma la spesa sanitaria, pari al 6,3% del PIL, rimane inferiore alla media europea. Le associazioni sanitarie sono deluse, soprattutto per il rinvio del piano di assunzione di nuovo personale. L'Italia spende meno per la sanità rispetto ad altri paesi europei, come Francia e Germania, e la situazione è peggiorata dal 2022. In ogni caso, le misure previste dovranno passare necessariamente dalla Commissione Europea per le valutazioni di sorta, per poi essere votata definitivamente entro la fine dell’anno. 
🇦🇱 IMMIGRAZIONE: L’ACCORDO ITALIA-ALBANIA GIÀ IN BILICO. I 16 MIGRANTI TRASFERITI TORNERANNO INDIETRO 
3) Settimana di grosse novità anche per quanto riguarda il tema immigrazione. Mercoledì sarebbe dovuto arrivare in Albania il primo gruppo di migranti da trattenere nei nuovi centri per richiedenti asilo, voluti dal governo italiano e completati di recente. Questi migranti, 16 uomini provenienti da Egitto e Bangladesh, erano a bordo della nave italiana Libra. L'iniziativa, fortemente sostenuta dal governo di Giorgia Meloni, mirava a trasferire ogni mese alcuni richiedenti asilo in Albania in attesa dell’esame delle loro domande, con l'obiettivo di ridurre la pressione sui centri di accoglienza italiani e scoraggiare i migranti dal tentare la traversata del Mediterraneo, nonostante gli esperti dubitino dell'efficacia di questa strategia. Il governo italiano ha stretto un accordo con l'Albania, che ha consentito la costruzione di strutture finanziate dall'Italia per ospitare i migranti. I centri in Albania avrebbero accolto solo una parte dei migranti soccorsi dalle autorità italiane nel Mediterraneo, mentre donne, bambini, famiglie e persone vulnerabili sarebbero state portate in Italia. Mercoledì la nave è arrivata effettivamente nel porto di Shengjin, Albania. Dopo essere sbarcati, i migranti sono stati visitati e identificati, ma 4 di loro non sono rientrati nei criteri dell'accordo e si è deciso di riportarli in Italia. Oggi una svolta. Il tribunale di Roma ha deciso di non convalidare i decreti di trattenimento dei 12 migranti rimanenti. Questi erano stati trasferiti a Gjader, sede del suddetto centro di accoglienza, ma le procedure amministrative sono comunque rimaste sotto la giurisdizione italiana. La decisione del tribunale ha complicato la situazione, poiché i migranti hanno visto respingere le loro richieste d'asilo attraverso una procedura accelerata, ma ora non è chiaro cosa succederà, dato che il tribunale ha respinto i decreti di detenzione. La questione ruota intorno alla recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sui "paesi sicuri", che prevede che solo migranti provenienti da paesi considerati sicuri possano essere trasferiti in Albania. Tuttavia, la classificazione di "paese sicuro" è controversa, poiché molti dei paesi inclusi nella lista italiana non rispettano pienamente i diritti umani e l'ordinamento democratico. La sentenza della Corte UE ha influenzato la decisione del tribunale di Roma, portando a un nuovo interrogativo sulla gestione di questi migranti. 
🇮🇹 GESTAZIONE PER ALTRI RESO “REATO UNIVERSALE” DA UNA PROPOSTA DI LEGGE DI FDI APPROVATA IN SENATO 
4) Il Senato italiano ha approvato una proposta di legge di Fratelli d’Italia che rende la gestazione per altri (GPA), comunemente nota come maternità surrogata, un "reato universale". La legge prevede che i cittadini italiani che ricorrono alla GPA all'estero possano essere puniti secondo la legge italiana, anche se la pratica è legale nel paese in cui viene effettuata. La GPA è già vietata in Italia dalla legge 40 del 2004, ma molte coppie si recano all’estero per utilizzarla e poi chiedono il riconoscimento dei figli in Italia. La legge appena approvata non è retroattiva e ha suscitato critiche per la sua applicabilità, soprattutto perché non distingue tra paesi che regolano la GPA e paesi che non tutelano le donne gestanti. Vi sono anche preoccupazioni sulle conseguenze per i bambini nati da questa tecnica. Nonostante la controversia, la maggioranza del governo ha sostenuto compatta la legge, mentre l’opposizione è risultata divisa. L'associazione Luca Coscioni ha espresso l'intenzione di assistere legalmente coloro che verranno perseguiti in seguito alla nuova normativa. 
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Andiamo con un paio di brevi interessanti dalla settimana 👇 
💻 Lunedì sera sono stati arrestati Paolino Iorio, direttore generale di Sogei, e un imprenditore, entrambi accusati di corruzione. Iorio è stato sorpreso a ricevere 15mila euro dall’imprenditore e posto agli arresti domiciliari. Sogei, società che gestisce i servizi informatici per vari enti pubblici, è coinvolta in contratti per oltre cento milioni di euro, con Iorio accusato di aver ricevuto somme di denaro in cambio di favori. L’indagine, che riguarda anche altri bandi e il coinvolgimento di enti come il ministero dell’Interno e della Difesa, coinvolge 18 persone e 14 società, accusate di corruzione e turbativa d’asta. Tra gli indagati figura anche Andrea Stroppa, legato a Elon Musk, sospettato di aver ottenuto informazioni riservate sul sistema satellitare Starlink. Sogei ha dichiarato che si costituirà parte lesa se le accuse saranno confermate. 
🇰🇵 La Corea del Nord ha distrutto tratti di strade al confine con la Corea del Sud, una decisione annunciata in precedenza e portata a termine dopo accuse di Pyongyang riguardo il volo di droni sudcoreani sopra la capitale nordcoreana, che avrebbero lanciato volantini di propaganda. La Corea del Nord aveva già bloccato i collegamenti con il Sud e installato barriere sulle principali autostrade e ferrovie, motivando la decisione con il timore di un'invasione, in seguito a esercitazioni congiunte tra la Corea del Sud e gli Stati Uniti. La strada distrutta non era utilizzata da anni, con l'ultimo significativo collegamento avvenuto nel 2018. Le tensioni tra i due paesi sono cresciute, e Kim Jong Un ha dichiarato che la riunificazione pacifica non è più un obiettivo del Nord. La guerra di Corea, formalmente mai conclusa, prosegue tecnicamente dal 1953, con occasionali scambi di artiglieria e provocazioni. 
Alla prossima 👋 
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adicunazionale · 2 months ago
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Calendario progetto “ResinJobs” – Edizione 4: Regione Campania
MODULO 1 13/05/2025 dalle ore 15.00 alle ore 19.00 Tutela della disabilità – convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006 – Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – il recepimento…
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curiositasmundi · 1 year ago
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L’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (OHCHR) ha pubblicato un Rapporto in cui raccomanda innanzitutto agli Stati di “adottare alternative alla criminalizzazione, alla tolleranza zero e all’eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell’uso e una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza”. Un Rapporto definito storico, in quanto denuncia il fallimento delle politiche proibizioniste attuate da oltre un secolo in quasi tutto il pianeta su spinta degli Stati Uniti. Politiche che non sono affatto riuscite a raggiungere l’obiettivo che si erano ufficialmente prefissate, quello di “liberare il mondo dalla droga”, ma hanno di fatto regalato un potere enorme a mafie e cartelli narcotrafficanti in molte parti del mondo.
[...]
L’approccio repressivo applicato alla cosiddetta “guerra alla droga” è fallimentare. A darne conto non sono posizioni ideologiche, ma dati concreti. Sono 296 milioni le persone che, nel 2021, hanno fatto uso di droghe, secondo il World Drug Report del 2023. In riferimento al medesimo anno, i soggetti che hanno sviluppato disturbi legati al consumo di stupefacenti sono 39,5 milioni, con un incremento del 45% negli ultimi 10 anni. Parallelamente, il progressivo smantellamento dei sistemi di welfare ha detto sì che, nonostante le persone con problemi di dipendenze abbiano diritto all’assistenza medica, tale necessità sia largamente disattesa. Sempre nel 2021, solamente una persona su 5 ha ricevuto i trattamenti necessari per far fronte alla propria dipendenza. Come conseguenza, oltre 600 mila persone ogni anno muoiono per cause legate al consumo di droga (tra queste: contagio da epatite virale o HIV, overdose e altri incidenti di varia natura).
Parallelamente, aumenta a dismisura il numero delle persone incarcerate per reati di droga: nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di consumatori, l’ultimo anello della catena del mercato della droga, pescati dalle forze dell’ordine con qualche grammo di troppo in tasca. Un dato che contribuisce direttamente al problema del sovraffollamento nelle carceri: solamente in Italia, il 34% dei detenuti entra in carcere per possesso di droga. Quasi il doppio della media del resto dei Paesi europei, che si attesta intorno al 18%. Di fatto, un terzo dei reclusi si trova dietro le sbarre per il solo art. 73 del Testo Unico in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope. Senza detenuti per art. 73, in Italia non vi sarebbe sovraffollamento nelle carceri. Il Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite (CESCR) aveva d’altronde espresso preoccupazione per “l’approccio italiano che punisce il consumo di droghe”, a fronte dell'”insufficiente disponibilità di programmi di riduzione del danno”.
Un approccio repressivo di questo tipo, che l’Italia sposa in pieno (ma non è l’unica), spinge la “guerra alla droga” sul piano della “guerra alle persone”, come scritto dal Rapporto ONU. Il suo impatto, infatti, è “spesso maggiore su coloro che sono poveri”, oltre a sovrapporsi alla  “discriminazione nei controlli sulla droga, diretti ai gruppi vulnerabili e marginalizzati”. Una guerra contro i poveri, insomma, che fa strage di piccoli spacciatori (spesso provenienti da contesti disagiati e problematici) ma del tutto inutile a risolvere il problema alla radice. A tutto ciò, sottolinea il rapporto, va aggiunto l‘uso spropositato della forza che spesso e volentieri le forze dell’ordine mettono in campo per procedere con gli arresti, atteggiamento peraltro denunciato da numerosissime ONG ed associazioni per la tutela dei diritti umani.
Il rapporto suggerisce, dunque, di “adottare alternative alla criminalizzazione, alla “tolleranza zero” e all’eliminazione delle droghe, prendendo in considerazione la depenalizzazione dell’uso; assumere il controllo dei mercati illegali delle droghe attraverso una regolamentazione responsabile, per eliminare i profitti del traffico illegale, della criminalità e della violenza”. Un approccio evidentemente del tutto diverso da quello che il governo Meloni sta adottando in Italia, dove vengono piuttosto portate avanti proposte di legge di inasprimento delle pene anche per i casi di spaccio e detenzione di lieve entità di cannabis. «Le agenzie dell’ONU ci riportano l’evidenza di come il sistema di controllo delle sostanze stupefacenti, nato 60 anni fa e basato sul proibizionismo, sia costato miliardi di dollari e milioni di vite umane rovinate, senza riuscire in alcun modo a contenere il fenomeno» commenta Leonardo Fiorentini, segretario di Forum Droghe, che sottolinea come «questo rapporto sarà indigesto a Palazzo Chigi perché pone il dito sull’eccessiva carcerazione per droghe nel mondo».
A seguito della pubblicazione del rapporto, oltre 130 ONG hanno firmato una dichiarazione congiunta che chiede alla comunità internazionale di attuare “una riforma sistemica della politica sulle droghe”. “La trasformazione dell’approccio punitivo globale alle droghe richiede cambiamenti nelle norme e nelle istituzioni fondamentali del regime internazionale di controllo delle droghe, storicamente incentrato sulla proibizione e sulla criminalizzazione” scrivono le organizzazioni.
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dominousworld · 2 months ago
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gdsradio7 · 3 months ago
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lamilanomagazine · 5 months ago
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