#lotta alla disuguaglianza
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La Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza: Un Impegno Universale
Il 20 novembre si celebra il diritto a un futuro migliore per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo.
Il 20 novembre si celebra il diritto a un futuro migliore per i bambini e gli adolescenti di tutto il mondo. Il 20 novembre di ogni anno, il mondo si unisce per celebrare la Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, un’occasione per riflettere sull’importanza di garantire ai bambini e ai giovani un futuro libero da discriminazioni, abusi e povertà. Questa data…
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Clima e guerre aumentano la povertà globale
Così il mondo perde la lotta contro la povertà e il climate change aumenta i rischi. Metà della popolazione vive con meno di 6,85 dollari al giorno e 700 milioni di persone hanno meno di 2,15 dollari. Un rapporto della Banca Mondiale rivela che l’eliminazione dell’indigenza estrema entro il 2030 è fuori portata. Il climate change aumenta i rischi - Quasi metà della popolazione mondiale (44%) vive con meno di 6,85 dollari al giorno: per sottrarla alla condizione di povertà, potrebbe volerci oltre un secolo. Quasi 700 milioni di persone (8,5%) vivono addirittura con meno di 2,15 dollari, in condizioni di estrema indigenza. Secondo un nuovo rapporto della Banca Mondiale, potrebbero volerci almeno tre decenni per sradicarla, sulla base delle attuali politiche in campo. L’obiettivo di sconfiggerla entro il 2030 è ormai «fuori portata». I poveri restano poveri «Si è perso un decennio», afferma il report «Povertà, prosperità e pianeta», pubblicato il 15 ottobre, la prima valutazione dei progressi globali verso l’eliminazione della povertà dopo la pandemia di Covid-19, che ha fatto aumentare il numero di persone in condizioni di indigenza. Una ferita che non si rimargina.
La povertà estrema (meno di 2,15 dollari al giorno) rimane concentrata nei Paesi con crescita economica storicamente bassa e zavorrati da alto debito, che costringe a dirottare sui rimborsi dei prestiti una parte significativa delle risorse pubbliche, sacrificando istruzione, sanità, sviluppo. Molti di questi Paesi si trovano nell’Africa subsahariana. «Dopo decenni di progressi, la lotta contro la povertà globale sta subendo gravi battute d’arresto, a causa dell’intersecarsi di sfide che includono la lenta crescita economica, la pandemia, l’elevato debito, i conflitti e gli shock climatici», ha dichiarato Axel van Trotsenburg, direttore generale senior della Banca Mondiale. Secondo il report, i redditi di tutto il mondo dovrebbero in media quintuplicarsi per raggiungere uno standard di benessere di 25 dollari a persona al giorno, che in molti luoghi rimane una mera aspirazione. Anche se il numero di Paesi con elevate disuguaglianze di reddito è diminuito nell’ultimo decennio, ben 1,7 miliardi di persone (una su cinque nel mondo) vivono in queste condizioni, soprattutto in America Latina e nell’Africa subsahariana. L’elevata disuguaglianza riflette una mancanza di mobilità socioeconomica, che ostacola le prospettive di crescita inclusiva e di riduzione della povertà. Un altro report della Banca Mondiale mostra che i 26 Paesi più poveri del mondo (reddito medio pro-capite inferiore a 1.145 dollari), che ospitano il 40% delle persone indigenti, hanno l’indebitamento più alto dal 2006, pari al 72% del Pil. Rischio climatico Gli eventi climatici estremi minacciano di gettare nella povertà un numero elevato di persone. Quasi un individuo su cinque, a livello globale, rischia di subire nel corso della propria vita un grave shock meteorologico, da cui faticherà a riprendersi economicamente. L’Africa subsahariana ha la quota maggiore di popolazione esposta. Per ridurre la povertà è quindi necessaria una crescita economica sostenibile, a più basso impatto di gas serra. La maggior crescita necessaria per ridurre la povertà estrema non avrebbe effetti globali elevati in termini di maggiori emissioni, poiché i Paesi più poveri contribuiscono in misura molto ridotta. Al contrario, ridurre la povertà per i Paesi a reddito medio-alto potrebbe portare a un aumento significativo dei gas serra, se la crescita richiesta non fosse sostenibile dal punto di vista climatico. Ricette su misura Per la Banca mondiale, i Paesi a basso reddito dovrebbero dare la priorità agli investimenti nella creazione di posti di lavoro, nel capitale umano, nell’accesso ai servizi e nelle infrastrutture, migliorando al contempo la resilienza delle economie. I Paesi a medio reddito dovrebbero invece mettere al centro l’aumento dei redditi, per ridurre la vulnerabilità agli shock, insieme a politiche per ridurre l’intensità di CO2 della crescita economica. Nei Paesi ad alto e medio reddito, dove le emissioni di gas serra sono elevate, l’attenzione dovrebbe concentrarsi sulla loro riduzione, accompagnata da misure a sostegno delle persone che possono perdere il lavoro per effetto della transizione o possono subire perdite economiche, in particolare le fasce povere o vulnerabili. Read the full article
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He – Yin Zhen, pioniera del femminismo cinese
Gli uomini e le donne sono uguali: entrambi sono esseri umani, tuttavia non godono di parità. Questo è scorretto e va contro la giustizia naturale. La lotta delle donne è finalizzata a porre fine a questo sopruso.
He – Yin Zhen, anarchica e scrittrice, si può considerare la madre del femminismo cinese.
Ha rappresentato una voce fuori dal coro per le sue posizioni radicali e critiche contro il nazionalismo e la società in cui viveva.
I suoi scritti, agli inizi del Novecento, hanno anticipato l’approccio intersezionale del femminismo contemporaneo, mettendo in relazione il genere con classe, razza, sistema politico e economico. Tutti dispositivi di oppressione, generatori di gerarchie e disuguaglianze che si alimentano a vicenda.
Con una scrittura diretta e provocatoria, partiva dal presupposto che la liberazione delle donne fosse il tassello per la rivoluzione della società tutta. Ha visto l’oppressione delle donne come problema globale che sta alla base di tutte le altre disuguaglianze.
Liberare la donna per liberare la società, perché l’uguaglianza tra i sessi richiede lo smantellamento di tutte le strutture sistemiche di potere.
Nata nel 1884, nella provincia di Jiangsu, sulla costa orientale della Cina, col nome di He Ban, aveva ricevuto una buona educazione di base, nonostante fosse una donna.
Dopo aver sposato Liu Shipei, intellettuale e rivoluzionario, nel 1903, si era trasferita a Tokyo, entrando a far parte del movimento intellettuale anarchico cinese.
È stato in Giappone che aveva cominciato a firmare i suoi scritti col nome di He-Yin Zhen, per conservare il cognome da nubile di sua madre, aggiungendo Zhen che significa tuono.
Ha collaborato con la rivista Tianyi (Giustizia Naturale) e per Xin Shiji (Nuova Era).
Nel 1907 ha fondato l’Associazione per il Recupero dei Diritti delle Donne (Nüzi Fuquan Hui), che sosteneva la necessità dell’uso della forza per porre fine all’oppressione degli uomini sulle donne, così come la resistenza alla classe dominante e al capitalismo accompagnata dalla promozione di valori tradizionali come la perseveranza e il rispetto per la comunità.
Scrittrice e saggista, il suo pensiero si fonda sull’osservazione che la dominazione maschile sulle donne va intesa innanzi tutto come un problema legato a una distribuzione sbilanciata delle risorse.
Partendo da una questione meramente economica, ha sostenuto che i fattori sociali e culturali che hanno mantenuto la disparità tra i generi, sono cominciati con gli insegnamenti del Confucianesimo che relegavano il sesso femminile nella sfera domestica, suggerendo che uno dei passi necessari per una maggior eguaglianza fosse il superamento dell’istituzione della famiglia e della concezione per cui la crescita della prole debba essere un’attività unicamente femminile.
Nei suoi scritti, che comprendono il Manifesto delle donne, pubblicato il 10 giugno 1907 sulla rivista Tianyi, ha analizzato la disuguaglianza nel matrimonio, nello status sociale, nei doveri, nel sistema rituale, sempre a svantaggio delle donne.
He – Yin Zhen è probabilmente morta nel 1920, lasciando un importante lascito nel pensiero anarco-femminista cinese.
Il tuono dell’anarchia è la prima raccolta del suo lavoro tradotta in lingua italiana, curato e tradotto da Cristina Manzone.
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Presidente Brasile in Egitto ed Etiopia tra il 14-18/2
Il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, si recherà in Egitto ed Etiopia subito dopo il Carnevale, tra il 14 e il 18 febbraio, per rafforzare l’agenda internazionale del Paese con i Paesi africani. La lotta alla disuguaglianza e alla fame, la transizione energetica e il cambiamento climatico, la riforma delle istituzioni internazionali, oltre all’espansione del commercio tra…
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Italia, record di miliardari: in aumento i patrimoni e le nuove entrate
Secondo la classifica di Forbes, aggiornata al 17 dicembre 2023, in Italia ci sono 70 miliardari, un nuovo record per il nostro Paese. Il totale dei patrimoni è di 230,1 miliardi, in aumento del 10% rispetto al 2022. La classifica è guidata da Giovanni Ferrero, erede dell'impero dolciario, con un patrimonio di 39,1 miliardi di dollari. Al secondo posto si trova Giorgio Armani, con 12,9 miliardi, seguito da Piero Ferrari, figlio di Enzo, con 7,6 miliardi. Tra le novità della classifica, spicca l'ingresso di 13 nuovi miliardari, di cui 8 sono eredi di Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Luxottica, scomparso nel dicembre 2022. I settori più rappresentati I settori economici più rappresentati nella classifica sono: - Industria alimentare (22 miliardari) - Moda e lusso (17 miliardari) - Farmaceutica (11 miliardari) - Industria manifatturiera (5 miliardari) - Servizi finanziari (4 miliardari) L'industria alimentare è il settore che conta il maggior numero di miliardari, con 22 presenze. In testa troviamo Giovanni Ferrero, seguito da Francesco Calzolari (Gruppo Calzedonia) e Francesco Mutti (Mutti). Il settore della moda e del lusso è rappresentato da 17 miliardari, tra cui Giorgio Armani, Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, Renzo Rosso (Diesel) e Andrea Guerra (Armani). Il settore farmaceutico conta 11 miliardari, tra cui Massimiliana Landini Aleotti (Menarini) e Sergio Stevanato (Stevanato Group). La maggior parte dei miliardari in Italia risiede in Lombardia L'industria manifatturiera è rappresentata da 5 miliardari, tra cui Giuseppe De'Longhi e famiglia (De'Longhi) e Giuseppe Crippa e famiglia (Enel). I servizi finanziari sono rappresentati da 4 miliardari, tra cui Leonardo Ferragamo (Ferragamo) e Alessandro Benetton (Edizione). La maggior parte dei miliardari italiani risiede in Lombardia (28), seguita da Veneto (17), Lazio (10), Emilia-Romagna (9) e Piemonte (8). Un aumento del 10% Il totale dei patrimoni dei miliardari italiani è in aumento del 10% rispetto al 2022. Questo aumento è dovuto a una serie di fattori, tra cui la ripresa economica post-pandemia, l'aumento dei prezzi delle materie prime e il buon andamento dei mercati finanziari. Nuove entrate Tra le novità della classifica, spicca l'ingresso di 13 nuovi miliardari, di cui 8 sono eredi di Leonardo Del Vecchio. La scomparsa del fondatore di Luxottica ha portato alla distribuzione della sua fortuna tra i figli, i nipoti e altri familiari. Altri nuovi miliardari sono entrati in classifica grazie al successo delle loro aziende, come ad esempio: - Matteo Arpe, amministratore delegato di Generali - Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato di Pirelli - Andrea Guerra, amministratore delegato di Ferragamo - Giuseppe Crippa, amministratore delegato di Enel Le implicazioni sociali L'aumento del numero di miliardari in Italia ha implicazioni sociali rilevanti. Innanzitutto, evidenzia la crescente disuguaglianza economica nel nostro Paese. In secondo luogo, pone la questione di come la ricchezza dei miliardari possa essere utilizzata per promuovere lo sviluppo sociale ed economico. Alcuni esperti suggeriscono che i miliardari dovrebbero essere incentivati a investire in progetti di impatto sociale, come la lotta alla povertà, la tutela dell'ambiente e l'istruzione. Altri invece ritengono che la ricchezza dei miliardari dovrebbe essere tassata in modo più progressivo, per redistribuire la ricchezza in modo più equo. Foto di Kevin Schneider da Pixabay Read the full article
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Cinquant’ anni dal Golpe Cileno: evento presenziato da Boric, Lula e D’Alema
Cinquant’ anni dal Golpe Cileno: evento presenziato da Boric, Lula e D’Alema "Data dolorosa, punto di svolta della nostra storia” ha dichiarato Boric nel corso di un evento di commemorazione che si è tenuto ieri nel Palazzo della Moneda, a Santiago del Cile. A Santiago del Cile, si è celebrato, ieri, il cinquantesimo anniversario del colpo di Stato, non sono mancati disordini e violenze. Il Presidente del Cile ha dichiarato "Data dolorosa, punto di svolta della nostra storia”. L’11 settembre 1973, data importante per la storia cilena: il generale Augusto Pinochet rovesciò il governo del presidente socialista Salvador Allende, eletto democraticamente, ed assaltò il Palazzo della Moneda. Salvador Allende rimase ucciso nel corso del golpe. Ieri, Gabriel Boric, ha voluto cogliere l’occasione per esaltare i valori della democrazia, presentando il documento “Democrazia oggi e sempre”. Il presidente cileno ha, in aggiunta, presentato il Piano nazionale di ricerca di verità e giustizia, che ha come finalità quella di rintracciare le 1.162 persone definite in Cile come “desaparecidos". Sull’argomento ha rilasciato dichiarazioni importanti, richiamando la responsabilità statale sull’argomento “Lo Stato li ha fatti sparire e lo Stato deve allora dire dove stanno, per consacrare la verità storica e riparare, per quanto possibile, i danni arrecati”, ha affermato Boric. Presenti anche il presidente del Messico, Uruguay, Colombia e del Brasile, oltre che il premier del Portogallo, Antonio Costa, e l'ex presidente del Consiglio italiano, Massimo D'Alema. Nel corso della cerimonia si sono svolte manifestanti di dissenso e scontri con la polizia. Il bilancio non registra decessi, ma molteplici danni materiali e feriti. Luis Inacio Lula da Silva, è intervenuto citando una frase di Allende: "La storia è nostra, e la fanno le persone. Insieme creiamo la nostra storia. Una storia di libertà, di lotta alla fame e di lotta contro ogni forma di disuguaglianza”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Agenda 2030: Punto 16 - Pace Giustizia e Istituzioni forti
L'Agenda 2030 delle Nazioni Unite è stata adottata nel 2015 e rappresenta un piano d'azione globale per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e garantire la pace e la prosperità per tutti entro il 2030. Tra gli obiettivi dell'Agenda 2030 vi sono la promozione della pace, della giustizia e delle istituzioni forti. In questo articolo, esploreremo la relazione tra questi tre obiettivi e come possono essere raggiunti. Pace La pace è un prerequisito fondamentale per la realizzazione di tutti gli altri obiettivi dell'Agenda 2030. La violenza, i conflitti e le guerre distruggono la vita delle persone, delle comunità e dei paesi. La pace non è solo l'assenza di conflitto, ma anche la presenza di giustizia, uguaglianza e rispetto dei diritti umani. La promozione della pace richiede un approccio globale, integrato e collaborativo. La comunità internazionale deve lavorare insieme per prevenire i conflitti, risolverli pacificamente e ricostruire le società colpite. Le Nazioni Unite giocano un ruolo chiave nella promozione della pace, attraverso l'azione diplomatica, la mediazione, la prevenzione dei conflitti, l'assistenza umanitaria e la protezione dei diritti umani. Giustizia La giustizia è un pilastro essenziale della pace e del progresso sostenibile. La giustizia garantisce che le persone siano trattate con dignità e rispetto, che i loro diritti siano rispettati e che siano responsabilizzati per i loro atti. La giustizia è inoltre fondamentale per la lotta contro la povertà, la disuguaglianza e la discriminazione. La giustizia richiede istituzioni forti, efficaci e trasparenti, che siano in grado di garantire l'accesso alla giustizia per tutti. Le istituzioni giudiziarie devono essere indipendenti e imparziali, e le persone devono avere accesso a servizi legali affidabili e di qualità. È inoltre importante promuovere la cultura della legalità, sensibilizzare la popolazione sui propri diritti e doveri, e creare meccanismi per la partecipazione attiva dei cittadini. Istituzioni forti Le istituzioni forti sono una condizione necessaria per la promozione della pace e della giustizia. Le istituzioni devono essere in grado di fornire servizi pubblici di qualità, regolare e promuovere l'attività economica, garantire la sicurezza dei cittadini e proteggere i diritti umani. Le istituzioni forti sono in grado di garantire la stabilità e la sicurezza, il che favorisce la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e la riduzione della povertà. Le istituzioni forti richiedono una governance democratica, responsabile e trasparente. La partecipazione dei cittadini nella gestione della cosa pubblica è fondamentale per la promozione della trasparenza e dell'accountability. La lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata è inoltre essenziale per garantire che le istituzioni siano al servizio della collettività e non di interessi privati. Le istituzioni forti richiedono anche un impegno costante nella formazione e nello sviluppo delle risorse umane. I funzionari pubblici devono essere dotati delle competenze, delle conoscenze e degli strumenti necessari per svolgere il proprio lavoro in modo efficace ed efficiente. La formazione e lo sviluppo delle risorse umane sono anche un mezzo per promuovere la diversità e l'inclusione, e garantire che le istituzioni rispecchino la società che servono. Conclusioni La promozione della pace, della giustizia e delle istituzioni forti sono obiettivi chiave dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Questi obiettivi sono interconnessi e complementari e rappresentano un prerequisito fondamentale per la realizzazione degli altri obiettivi dell'Agenda. La promozione della pace richiede un approccio globale, integrato e collaborativo, che preveda la prevenzione dei conflitti, la risoluzione pacifica dei conflitti e la ricostruzione delle società colpite. La giustizia è fondamentale per garantire che le persone siano trattate con dignità e rispetto e che i loro diritti siano rispettati. Le istituzioni forti sono una condizione necessaria per la promozione della pace e della giustizia, in quanto sono in grado di fornire servizi pubblici di qualità, regolare e promuovere l'attività economica, garantire la sicurezza dei cittadini e proteggere i diritti umani. La realizzazione di questi obiettivi richiede un impegno costante e coordinato da parte della comunità internazionale, dei governi, della società civile e del settore privato. È importante che tutti collaborino per garantire che gli obiettivi dell'Agenda 2030 siano raggiunti entro il 2030, al fine di garantire un futuro sostenibile e prospero per tutti. Read the full article
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Il virus della disuguaglianza: più poveri ma anche più jet privati venduti. Serve una svolta “La pandemia ha esposto, alimentato e aumentato le diseguaglianze e le vulnerabilità già esistenti di ricchezza, genere e razza. Ha colpito le persone che vivono in povertà molto più duramente dei ricchi, e ha avuto impatti particolarmente gravi su donne, neri, popoli indigeni e le comunità più oppresse in tutto il mondo”. A riferirlo è il rapporto dell’Oxfam The Inequality virus pubblicato la scorsa settimana, che mostra quanto il bilancio più pesante di questa pandemia ricada sulle persone di colore e sulle donne, le più a rischio di perdere il lavoro rispetto agli uomini. La pandemia ha rivelato che la maggior parte delle persone sulla Terra vive con uno stipendio tra i 2 e i 10 dollari al giorno. E da quando il virus ha colpito, i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri. I dieci miliardari più ricchi del mondo hanno visto aumentare la loro ricchezza. Un esempio? In un periodo in cui i viaggi commerciali sono stati banditi a causa del Covid, le vendite mondiali di jet privati sono aumentate vertiginosamente. “Mentre galleggiamo tutti sullo stesso mare, alcuni sono in super yacht, mentre altri sono aggrappati ai detriti alla deriva”, ha dichiarato Antonio Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite. L’Oxfam riporta che “ci sono voluti solo nove mesi per i più ricchi a tornare ai loro guadagni pre-pandemici, mentre per i più poveri del mondo, il recupero potrebbe richiedere più di un decennio”. Secondo la Banca Mondiale, 501 milioni di persone in più continueranno a vivere con meno di cinque dollari al giorno nel 2030 se i governi continueranno a consentire l’aumento della disuguaglianza. Inoltre, afferma Oxfam, il consumo legato al lusso che determina le emissioni di carbonio dovrebbe essere tassato a un prezzo più alto. Questo perché i più ricchi inquinano il mondo e guidano il cambiamento climatico, mentre i più poveri subiscono le conseguenze maggiori. Secondo il rapporto l’1% più ricco della popolazione mondiale ha utilizzato il doppio del carbonio, rispetto al 50% più povero negli ultimi venticinque anni, determinando la distruzione del clima. Il denaro proveniente dalle tasse sul carbonio dovrebbe quindi essere diretto ad aiutare le comunità più povere che necessitano di programmi di sostegno sociale, e verso le comunità che sono particolarmente vulnerabili a disastri naturali sempre più frequenti e gravi. Questa crisi potrebbe essere allora un punto di svolta. Perché non può esserci ritorno a dove eravamo prima. È giunto il momento che i governi colgano questa opportunità e si impegnino per garantire un sistema economico più equo, inclusivo e sostenibile per il futuro dell’umanità e che prevenga il degrado del pianeta. “La lotta contro la disuguaglianza e la lotta per la giustizia climatica sono la stessa lotta” (...) Ludovica Amici
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1° marzo Giornata mondiale contro le discriminazioni
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani ricorda che il prossimo 1° marzo si celebrerà la Giornata mondiale contro le discriminazioni, istituita nel 2014 da UNADIS per promuovere una più ampia sensibilizzazione in materia.
Da studi recenti si evince che negli ultimi anni sta aumentando la disuguaglianza raggiungendo percentuali superiori al 70% nella popolazione mondiale, accrescendo il pericolo di divisione e innalzando barriere allo sviluppo economico e sociale.
La nostra Costituzione all’art. 3 ci ricorda che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Molto incisivi sono anche gli artt. 1 e 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: articolo 1 “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
Articolo 2 “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”
Gli stessi concetti sono poi ribaditi anche all’articolo 21 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea.
Nel corso del 2022 due testimonianze importanti finalizzate alla fine delle discriminazioni hanno giustamente richiamato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica; in ordine temporale, il discorso di insediamento del Presidente della Repubblica Italiana a Montecitorio davanti al Parlamento e l’altra è stata la prima intervista della storia di un Pontefice in tv, rilasciata da Papa Francesco domenica 6 febbraio nella trasmissione “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio.
Il Presidente Mattarella nel suo discorso ha evidenziato i seguenti concetti: “… La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita …
… La dignità. Dignità è azzerare le morti sul lavoro, che feriscono la società e la coscienza di ciascuno di noi. Perché la sicurezza del lavoro, di ogni lavoratore, riguarda il valore che attribuiamo alla vita. Mai più tragedie come quella del giovane Lorenzo Parelli, entrato in fabbrica per un progetto scuola-lavoro …
… Dignità è impedire la violenza violenza sulle donne, profonda, inaccettabile piaga che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell’educazione, dell’esempio.
… Dignità è diritto allo studio, lotta all’abbandono scolastico, annullamento del divario tecnologico e digitale. Dignità è rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine, privi di un ruolo che li coinvolga …
… Dignità è contrastare le povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica le speranze di tante persone …
… Dignità è non dover essere costrette a scegliere tra lavoro e maternità. Dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reinserimento sociale dei detenuti. Questa è anche la migliore garanzia di sicurezza.
Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare, e capace di rimuovere gli ostacoli che immotivatamente incontrano nella loro vita. Dignità è un Paese libero dalle mafie, dal ricatto della criminalità, dalla complicità di chi fa finta di non vedere. Dignità è garantire e assicurare il diritto dei cittadini a un’informazione libera e indipendente. La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile …”.
L’intervista del Santo Padre successivamente è stato un discorso improntato a prendersi cura dell’altro, alleviando la sofferenza delle persone; l’uomo egoisticamente danneggia la natura. Possono costituire profondi spunti di riflessione per la comunità scolastica alcune Sue considerazioni: “Ci manca il toccare le miserie e il toccarle ci porta all’eroicità, penso a medici e infermieri che hanno toccato il male durante la pandemia e hanno scelto di stare lì. Il tatto è il senso più pieno”.
“Toccare è farsi carico dell’altro”.
Il Papa si sofferma inoltre sui giovani, sulla discriminazione giovanile, sul bullismo, sul cyber-bullismo e sull’aggressività sociale: “Penso ai suicidi giovanili e a quanto sia cresciuto quel numero. C’è un’aggressività che scoppia, pensiamo al bullismo: è aggressività nascosta, è un problema sociale, questa aggressività distruttiva va educata. Tutto inizia dal chiacchiericcio, che distrugge l’identità invito a essere coraggiosi: chiacchierare degli altri distrugge, bisogna andare a parlare direttamente. Così cominciano le divisioni”.
Il CNDDU, in occasione del prossimo primo marzo propone a tutte le scuole di aprire una riflessione, parametrata in base ai vari gradi di istruzione, su tali storici discorsi (versioni integrali reperibili online) realizzando al termine della riflessione una virtual whiteboard da condividere sul sito web della scuola o organizzando un tavolo anti-discriminazione. Segnaliamo l’iniziativa del liceo Giovanni da San Giovanni del Valdarno che sull’argomento ha preparato un contest incentrato sulla “creatività inclusiva”.
Inoltre invitiamo tutte le scuole a costituire uno sportello anti-discriminazione aperto a tutta la comunità educativa.
“Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi” (Gabriel Garcia Marquez)
Prof. Ronny Donzelli
CNDDU
source https://www.ilmonito.it/1-marzo-si-celebrera-la-giornata-mondiale-contro-le-discriminazioni/
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Usurai all'azione.
Toggle navigation☰ ANSA.itExpo Dubai 2020 Ricerca Bill Gates: nell'Agenda 2030, prepararsi a prossima pandemia All'Expo di Dubai, Forum sugli Obiettivi Globali di Sviluppo Redazione ANSA DUBAI 16 GENNAIO 202211:35 slide 1 of 1 - RIPRODUZIONE RISERVATA (ANSA) - DUBAI, 16 GEN - Per raggiungere entro i prossimi otto anni gli 'Obiettivi di sviluppo sostenibile' dell'Agenda 2030 bisogna prepararsi alla prossima pandemia globale, è questo il messaggio lanciato da Bill Gates intervenuto in collegamento al Forum sugli Obiettivi Globali per Tutti, organizzato all'Expo di Dubai durante la Global Goals Week dell'Onu. "Nella mia personale lista di obiettivi voglio aggiungere quella di far si che il mondo sia preparato alla prossima pandemia. Negli ultimi due anni abbiamo avuto importanti scoperte scientifiche, abbiamo realizzato vaccini sicuri in un modo più veloce che in passato, ma abbiamo anche visto che la disuguaglianza nella distribuzione degli strumenti sanitari, la mancanza di fondi hanno lasciato troppe persone indietro e ad affrontare rischi alla loro salute" ha detto il Presidente dalla Bill & Melinda Gates Foundation. "Abbiamo bisogno di un società più giusta, di accelerare la fornitura globale di vaccini in futuro, realizzare più dosi e distribuirle più equamente - ha aggiunto Gates - Abbiamo anche bisogno di più strumenti per contenere rapidamente focolai nel momento in cui si verificano, grazie a test rapidi, prontamente disponibili, e migliori sistemi logistici per arginare più velocemente". Al Forum ha partecipato anche il Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite Amina Mohammed che ha dialogato con il ministro emiratino Reem Al Hashimy, Direttore Generale di Expo 2020 Dubai, sull'importanza e sul ruolo dei giovani nel futuro e per raggiungere entro il 2030 gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. "Dovremmo ascoltare di più quello che hanno da dire i giovani. Tanto per cominciare mi hanno insegnato a rispondere in un modo più veloce ed instantaneo, con le emoji. - ha detto strappando l'applauso della sala il vice segretario dell'ONU - I giovani ragazzi imparano più velocemente di quelli delle generazioni passate. All'età che ho adesso, devo ascoltare e avere più conversazioni con i giovani se voglio portare un contributo utile per i prossimi 5 anni. Sono sicura che che chi verrà dopo di me, sarà una persona più in gamba di me", ha chiosato Amina Mohammed. L'evento ha fornito ai partecipanti una panoramica degli obiettivi dell'Agenda 2030 e ha dato un'analisi su come raggiungere le questioni più urgenti, come la disuguaglianze e crisi climatica, ascoltando le esperienze di molti, tra cui quella di Bill Gates che solo poche settimane fa era presente in Expo. Bill Gates ha ricordato collegandosi da remoto che alla scadenza degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile mancano solo otto anni. "Alla Fondazione Bill & Melinda Gates siamo soprattutto concentrati sull'obiettivo di porre fine alla povertà e alla fame, raggiungere l'uguaglianza di genere e diminuire l'impatto del cambiamento climatico". Ha ricordato che il benessere per tutti è l'obiettivo che più gli sta cuore e che ha creato la Fondazione "dopo che io e Melinda abbiamo scoperto che ogni anno milioni di bambini soffrono e muoiono di fame e malattie come la diarrea, la polmonite e altri malanni che sono facilmente curabili nei paesi ricchi. Più di recente siamo stati impegnati nella lotta contro il Covid, dove ci sono ancora molte cose da fare, ma collettivamente abbiamo già fatto enormi progressi. Siamo rincuorati dal fatto che il numero di bambini che muoiono prima del loro quinto compleanno per malattie è stato dimezzato dal 2000", ha detto. "Tuttavia gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile non sono qualcosa che si può cancellare dal giorno alla notte e la pandemia ha bloccato i progressi che avevamo fatto su molti fronti. Ma sono ottimista, però abbiamo bisogno che il 2022 e ogni anno a seguire siano anni di azione", ha concluso. (ANSA). RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE: AD Luce e gas
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Belle per sempre di Katherine Boo: Uno sguardo toccante sulle vite degli abitanti dei bassifondi di Mumbai. Recensione di Alessandria today
Un racconto di sopravvivenza e speranza in uno dei luoghi più difficili del mondo
Un racconto di sopravvivenza e speranza in uno dei luoghi più difficili del mondo Recensione Belle per sempre è un libro che esplora le vite degli abitanti di Annawadi, uno slum nei pressi dell’aeroporto di Mumbai, raccontato con profonda empatia e realismo da Katherine Boo. Attraverso uno stile narrativo avvincente, Boo descrive l’aspirazione, la disperazione, e la resilienza delle persone che…
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L’Islam femminista di Asma Lamrabet
https://www.unadonnalgiorno.it/1801-2/
È su un doppio registro, quello dei diritti umani universali e quello di un religioso riconquistato, che il cammino di una vera emancipazione delle donne musulmane può compiersi e avere tutte le possibilità di riuscire. È in questa terza via che mi riconosco, come donna impegnata nella lotta per i diritti all’eguaglianza e alla dignità delle donne musulmane. Un terza via che sa di doversi liberare dall’alienazione occidentale e dal religioso tradizionale e sclerotizzato. Una terza via che in nome di un riferimento e di radici spirituali, ma anche in nome dei valori condivisi di uguaglianza, dignità e rispetto dei diritti individuali, lotta contro gli estremismi di ogni tipo e rifiuta la svalutazione giuridica, culturale e sociale delle donne.
Asma Lamrabet è una medica e scrittrice femminista musulmana marocchina impegnata da tempo in una rilettura dei testi sacri da una prospettiva femminile.
Nata a Rabat, Marocco, nel 1961, era figlia di un progressista di sinistra costretto all’esilio perché condannato a morte dal re Hassan II. Laureata in medicina, ha lavorato dal 1995 al 2003 come volontaria in alcuni ospedali pubblici di Spagna e America Latina, principalmente Cile e Messico, dove aveva seguito il marito diplomatico.
Il suo primo approccio alla pratica femminista è stato quello di stampo occidentale, per poi, naturalmente, intraprendere la strada per l’affermazione di un femminismo musulmano autoctono.
Nel 2004 è tornata in Marocco, dove ha organizzato un gruppo di donne musulmane interessate alla ricerca e alla riflessione sull’Islam e al dialogo interculturale. Nel 2008 è diventata presidente e coordinatrice del Gruppo Internazionale di Ricerca sulla Donna Musulmana e il Dialogo Interculturale (GIERFI), con sede a Barcellona che ha l’obiettivo di contribuire a creare una nuova coscienza femminista musulmana.
Parallelamente al suo attivismo, ha continuato la carriera in medicina e si è specializzata in malattie del sangue presso l’ospedale pediatrico di Rabat, dove lavora.
Nel 2011 è diventata direttrice del Centro di Studi Femminili sull’Islam da cui è stata costretta poi a dimettersi, in seguito alle polemiche e reazioni degli ultraconservatori dovute dalla sua posizione di lotta contro la disuguaglianza tra uomini e donne di fronte all’eredità.
Asma Lamrabet è autrice di diversi libri in francese poi tradotti in molte lingue. Ha pubblicato articoli che approfondiscono questioni controverse come i matrimoni interreligiosi, l’eredità e la riforma religiosa.
I suoi primi saggi sono stati Musulmane tout simplement (2002), Aisha, Sposa del Profeta del 2004, L’Islam al femminile nel 2009 e Il Corano e le donne: una lettura della liberazione del 2007. A cui sono seguite altri importanti saggi come Donne, Islam, Occidente: Cammini verso l’universale del 2011, Donne e uomini nel Corano per il quale ha ricevuto il premio per le scienze sociali dall’Arab Woman Organization nel 2013.
Negli ultimi anni hanno visto la luce: Venti domande e risposte sull’Islam e le donne da una prospettiva riformista (2015), Islam e donne: le domande arrabbiate (2017) e il più recente Il profeta dell’Islam e le donne della sua vita del 2020.
Dal 2019 ha preso la decisione di non indossare più il velo.
Asma Lamrabet si può considerare la più eminente rappresentante del femminismo arabo analizzato e praticato attraverso lo studio dell’Islam.
La ricerca che porta avanti con rigore e impegno è basata sulla rilettura e ricostruzione dei testi sacri per dimostrare la fallacia delle interpretazioni discriminanti verso le donne.
Il femminismo nel quale mi inscrivo è prima di tutto un femminismo decoloniale che rifiuta qualsiasi alienazione, ideologica o geopolitica. Si tratta di un femminismo certamente spirituale, ossia radicato a un’identità culturale, ma allo stesso tempo critico, aperto e soprattutto inclusivo. È certamente un femminismo depoliticizzato, in quanto credo che la questione dei diritti delle donne prescinda qualsiasi appartenenza politica.
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(via PRIMO MAGGIO DI FESTA O DI LOTTA?)
Di ragioni per cui festeggiare ne abbiamo ben poche, numerosi invece sono i motivi per indignarsi e lottare. Ma di lotte in giro ne vediamo ben poche, istanze frammentate e scollegate tra di loro, vertenze aziendali legate alla chiusura della produzione, presidi e picchetti contro i licenziamenti. Mentre scriviamo apprendiamo del licenziamento di due delegati nella Sda appartenenti al Sindacato Generale di Base. Anche quest' anno non mancheranno manifestazioni del 1° Maggio, a Bologna, a Roma, a Milano, a Taranto dove all'Ilva è stata sospesa la trattativa per la volontà della nuova società di ridurre salari e organici aziendali. Ma tutte queste manifestazioni sono frutto di singole organizzazioni sindacali, i rapporti anche tra le sigle conflittuali non sono idilliaci e così vengono meno appuntamenti unitari, parole d'ordine comuni e per portare in piazza numeri maggiori di lavoratori e lavoratrici.
Il 1° Maggio per troppi anni è stata una giornata di festa all'insegna del pic nic all'aria libera, partiti di sinistra e sindacati hanno fatto di tutto perché si rientrasse nella normalità, quella normalità che scambia ormai la parola liberazione con libertà o il primo maggio come rimembranza del passato.
Di motivi per lottare nel 2018 ce ne sono fin troppi, basta solo ricordare le pensioni ormai alla soglia di 70 anni di età, le troppo numerose malattie contratte sui luoghi di lavoro, la lista troppo corta delle malattie professionali riconosciute dall'Inail, i quasi 4 morti sul lavoro al giorno, la precarietà del lavoro trasformatasi ormai in precarietà esistenziale.
I licenziamenti politici sono in continua crescita, magari travestiti da provvedimenti disciplinari, in questi anni hanno alimentato codici disciplinari, codici etici, le imprese impiegano loro consulenti e uomini per spiare i dipendenti, per passare in rassegna le pagine dei social network e colpire ogni commento giudicato lesivo per la immagine aziendale.
Basta un semplice like per essere licenziati, nel pubblico impiego poi il danno di immagine costa doppio per l'inchiesta della Corte dei Conti.
Mai come oggi le agibilità sindacali e politiche nei luoghi di lavoro sono state così ridotte, hanno alimentato un clima di paura e di rassegnazione, la paura di perdere il posto determina atteggiamenti di passività e spesso di collaborazione con i vertici aziendali.
Dove esisterebbero maggiori spazi di iniziativa non si intravedono segnali di cambiamento, parliamo del pubblico impiego dove alle ultime elezioni Rsu i consensi di Cgil Cisl Uil e sindacati autonomi sono rimasti invariati nonostante abbiano taciuto davanti a 9 anni di blocco dei salari e della contrattazione.
Memoria corta o subalternità? Non siamo di fronte a un accordo tacito tra sindacati complici del governo e lavoratori? Un accordo tacito costruito in anni di clientelismo, di quieto vivere, di luoghi comuni, per esempio pur in presenza di scarsa produttività il nostro lavoro sarebbe al riparo da licenziamenti, un compromesso rafforzato dal welfare aziendale, da sanità e previdenza integrativa che trasformano il sindacalista in una sorta di piazzista.
I lavoratori non sono più capaci di indignarsi, non lo fanno che sporadicamente e individualmente ma quasi più come forza collettiva. E senza l'agire collettivo non potranno esserci forze sufficienti in grado di cambiare lo stato delle cose presenti.
Il 1° Maggio 2018 costituisce motivo di riflessione oltre che di partecipazione alle poche iniziative conflittuali previste. In Toscana noi saremo davanti alla base Usa di Camp Darby, nel Nord alle manifestazioni di Torino e di Milano, appuntamenti importanti che vedranno protagonisti e partecipi i lavoratori subordinati, i rider, i pensionati e gli studenti, i collaboratori con partita iva, i precari. È il variegato mondo del lavoro all'insegna della precarietà il terreno dove operare per ricomporre un soggetto conflittuale, non dimentichiamoci delle fabbriche, del terziario e del facchinaggio, non siamo certo noi a stabilire acriticamente una figura lavorativa per eccellenza elevandola a emblema del conflitto.
Potremmo parlare dei facchini, dei rider, dei raccoglitori di pomodoro o degli operai in Fiat, lavoratori così diversi tra di loro ma uniti dallo sfruttamento che ogni giorno subiscono da differenti datori di lavoro.
Non ci siamo mai innamorati delle formule astratte, siamo invece convinti che la ricomposizione di un percorso conflittuale possa avvenire nel rispetto di tutte le vertenze in corso senza primogeniture o schematismi. se vogliamo cambiare lo stato delle cose presenti bisogna avere l'umiltà di ascoltare, capire, interagire con tutte le vertenze in corso, farlo per arricchire la conoscenza del mondo del lavoro e rilanciare una iniziativa di lotta all'altezza della situazione, per ricomporre e non dividere, per andare avanti e non guardarci indietro.
Il primo maggio 2018 per noi è anche l'occasione per denunciare le crescenti disparità economiche e sociali, crescono le disuguaglianze e se ne rende conto anche il Documento economico finanziario del Governo. Poi abbiamo le gabbie salariali, le gabbie sociali con la fidelizzazione della cittadinanza che ha preso piede in Inghilterra ma che poi ritroviamo in Cina con una sorta di punteggio assegnato ai cittadini e vincolante per accedere al sistema di credito sociale in via di sperimentazione. I comportamenti dei singoli saranno dirimenti per accedere ai servizi, una grande gabbia dentro la quale saranno ammessi solo comportamenti compatibili con la salvaguardia di un sistema da cui dipenderà anche la condizione di vita, il tipo di lavoro e l'accesso alla istruzione e ai servizi statali. La società della performance è ormai dilagante, si manifesta ovunque con le sue imposizioni sociali a difesa dello status quo.
E nella gabbia delle compatibilità capitalistiche non c'è futuro per il protagonismo delle classi sociali meno abbienti ma perfino per i diritti di cittadinanza con la crescente disuguaglianza, la povertà assoluta, il limitato accesso alla istruzione, la speranza di vita che sta diminuendo, etc.
La desertificazione della scuola e dell'università, la crisi che colpisce gli under 40 figli della precarietà lavorativa e sociale, la crisi delle famiglie e dei loro consumi dimostrano che la società odierna è sempre più caratterizzata da disuguaglianze e da meccanismi totalitari contro i quali dovremo costruire un conflitto a tutto campo, dalla cultura al mondo del lavoro, dalla società alle scuole. Sta qui il significato del 1° Maggio conflittuale di cui ci facciamo carico.
I COMPAGNI E LE COMPAGNE DELLA REDAZIONE DI LOTTA CONTINUA.
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La Lotta Contro la Povertà a Livello Globale: Sfide e Soluzioni
La povertà è una delle sfide più pressanti dell'umanità, che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Sebbene negli ultimi decenni siano stati compiuti progressi significativi nella riduzione della povertà, resta un problema diffuso che richiede un impegno continuo e la cooperazione globale. In questo articolo, esploreremo la portata della povertà a livello mondiale, le sue cause e le misure necessarie per combatterla. La Diffusione della Povertà La povertà è un problema complesso e multiforme che colpisce molte regioni del mondo. Secondo i dati delle Nazioni Unite, circa il 9,2% della popolazione mondiale vive in povertà estrema, con meno di 1,90 dollari al giorno per vivere. Questo significa che oltre 700 milioni di persone sono costrette a fare i conti con la fame, la mancanza di accesso all'acqua potabile, l'istruzione insufficiente e la mancanza di cure mediche adeguate. Questa problematica non è limitata alle aree in via di sviluppo, ma è anche un problema nei paesi sviluppati. Ad esempio, negli Stati Uniti, questa "piaga" colpisce milioni di famiglie, con oltre il 10% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. La povertà può manifestarsi in molte forme, tra cui economica, educativa, alimentare e sanitaria. Quali sono le cause? Le cause della povertà sono complesse e spesso interconnesse. Alcuni dei fattori chiave includono: - Disuguaglianza Economica: La crescente disuguaglianza economica è uno dei fattori principali che contribuisce alla povertà. Le persone più povere hanno accesso limitato alle opportunità economiche e ai servizi che possono migliorare la loro condizione. - Mancanza di Istruzione: L'accesso limitato all'istruzione è un ostacolo significativo per l'uscita dalla povertà. Senza istruzione, le persone hanno difficoltà a ottenere impieghi ben retribuiti e a migliorare le proprie prospettive economiche. - Problemi di Salute: La povertà spesso si traduce in problemi di salute. Le persone povere possono avere un accesso limitato a cure mediche adeguate e nutrizione, il che peggiora ulteriormente la loro situazione economica. - Disastri Naturali e Conflitti: Le catastrofi naturali e i conflitti armati possono spingere le persone nella povertà, distruggendo le risorse e le infrastrutture. Misure per il contrasto La lotta contro questo problema richiede una serie di misure su diversi livelli, dai governi locali ai leader globali. Alcune delle azioni chiave includono: - Riduzione delle Disuguaglianze: È importante attuare politiche che riducano le disuguaglianze economiche. Questo può includere tassazione progressiva, politiche per il salario minimo e misure di sicurezza sociale. - Investimenti nell'Istruzione: Garantire l'accesso all'istruzione di qualità è essenziale per rompere il ciclo della povertà. Gli investimenti nell'istruzione primaria e secondaria, nonché nell'istruzione superiore, sono fondamentali. - Accesso alle Cure Sanitarie: Migliorare l'accesso alle cure mediche è cruciale per affrontare la povertà sanitaria. Questo può essere ottenuto attraverso sistemi di assistenza sanitaria accessibili e programmi di prevenzione delle malattie. - Promozione dell'Occupazione: Creare opportunità di lavoro decenti e ben retribuite è essenziale. Questo può essere realizzato attraverso politiche di sviluppo economico e formazione professionale. - Risposta alle Emergenze: Aiutare le persone colpite da disastri naturali e conflitti è un passo importante per prevenirne l'aggravamento. Collaborazione Globale La lotta contro la povertà richiede una cooperazione globale. Le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale svolgono un ruolo chiave nella promozione di politiche e programmi di riduzione. Inoltre, i paesi sviluppati possono fornire assistenza finanziaria e tecnica ai paesi in via di sviluppo per sostenere i loro sforzi nella lotta contro questa "piaga" da abbattere. Foto di copertina: https://pixabay.com/it/photos/povert-bianco-e-nero-emozione-4561704/ Read the full article
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Catania: Minori fragili sulla rotta della legalità al ritmo dei “Ladri di Carrozzelle”.
Catania: Minori fragili sulla rotta della legalità al ritmo dei “Ladri di Carrozzelle”. L’Italia è il terzo Paese d’Europa nelle statistiche ISTAT per la dispersione scolastica. Il fenomeno qui si attesta al 12,7%, dopo la Spagna al 13,3% e la Romania 15,3%. Si registrano recenti progressi, ma anche picchi di abbandono scolastico in Calabria (14%), in Campania (16,4%), in Puglia (17,6%) e in Sicilia (21,1%). L’obiettivo stabilito dall’UE entro il 2030 è ridurre la dispersione scolastica al 9%. La disuguaglianza educativa non è irreversibile, ma senza interventi si traduce in un futuro con scarse opportunità, segnato dalla marginalità sociale e dallo svantaggio economico. L’impegno nel contrastare la povertà educativa e per lasciare l’isolamento alle spalle è alla base della mission di alcune realtà unite nel progetto nazionale “A Scuola per Mare” di cui si parlerà venerdì 30 giugno a Catania nella biblioteca Vincenzo Bellini alle ore 10 (ingresso via Spagnolo 17 e via passo Gravina 19), durante una tavola rotonda sulla scuola popolare che coinvolgerà Monsignor Luigi Renna arcivescovo di Catania, Roberto di Bella Presidente del Tribunale per i Minorenni, Roberta Montalto Direttore dell'USSM di Catania, i referenti dell’istituto di istruzione superiore statale Carlo Gemellaro, i responsabili dell’impresa sociale Il carro, dell’associazione I Ricostruttori e del progetto "TRAP tutt* rivendichiamo altre prospettive". Il focus sul vissuto dei adolescenti coinvolti farà emergere come, di fronte alle loro fragilità, hanno trovato una nuova rotta da percorrere, un contesto sociale educante per vivere meglio. Il tutto, grazie al patto e alle alleanze delle associazioni del terzo settore, attive nella lotta al contrasto dei fenomeni che coinvolgono sempre più le nuove generazioni. Si parlerà in particolare delle esperienze dei giovani di “A Scuola per Mare”, il progetto nazionale selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile promosso dall’APS I Tetragonauti in collaborazione con diversi partner in varie regioni: l’Associazione Centro Koros a Catania, l’impresa sociale Il Carro a Monza, l’APS Un Ponte nel Vento a Ischia, la cooperativa sociale Arcobaleno a Frascati e l’associazione Giovani per il Sociale a Porto Torres. «A Catania abbiamo coinvolto 12 ragazzi in abbandono scolastico nel progetto A Scuola per Mare con l’impresa sociale Il Carro - afferma Francesca Andreozzi presidente di Centro Koros – stanno frequentando il modulo sperimentale di scuola popolare, durante questi sei mesi hanno sperimentato un percorso di educazione non formale, più attento alle loro inclinazioni. L’1 luglio partiranno in navigazione per dieci giorni, il nostro obiettivo è che possano reinserirsi nel circuito scolastico e lavorativo in modo positivo, per farlo abbiamo lavorato in sinergia con l’Istituto Gemellaro, l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni e l’associazione I Ricostruttori che ha ospitato le attività nei propri locali». «Con grande entusiasmo partecipiamo a questa giornata – spiega Gabriele Gaudenzi, referente di A Scuola per Mare - quando due progetti mettono in comune esperienze, risorse e competenze non può non derivarne una significativa valorizzazione dell’offerta di entrambi a beneficio del territorio. Condividendo strumenti e idee è possibile raggiungere l’obiettivo di una vera comunità educante in cui i ragazzi non solo destinatari ma protagonisti e soggetti attivi dei servizi loro rivolti». «Da trent'anni contrastiamo il disagio giovanile – aggiunge Simona Ravizza direttrice dell’impresa sociale Il Carro - attraverso la lotta alla dispersione scolastica, l’accoglienza delle famiglie, il sostegno e l’attività educativa per i ragazzi. Il progetto a Scuola per Mare è stato per noi una grande occasione di crescita, abbiamo avuto la possibilità di condividere su scala nazionale la nostra lunga esperienza e, contemporaneamente, di ricevere in cambio la profondità delle storie dei ragazzi, la competenza di tutti i colleghi e la bellezza della nostra Italia». I minori coinvolti nel campo esperienziale TRAP – Tutt* Rivendichiamo Altre Prospettive, durante il pomeriggio del 30 giugno, incontreranno gli adolescenti che hanno partecipato alla scuola popolare e i Ladri di Carrozzelle. «Intercettiamo i minori segnalati dalla giustizia minorile – afferma Maria Giovanna Italia coordinatrice del progetto TRAP - che si ritrovano dentro percorsi devianti a causa soprattutto di contesti caratterizzati da grande povertà educativa. L’approccio che mettiamo al centro è partire dai ragazzi e dalle ragazze, conoscere il loro mondo e aprire nuove prospettive affinché possano ampliare la possibilità delle loro scelte. L’intento è avere nuovi sguardi sulla realtà e suscitare il desiderio nei ragazzi e nelle ragazze di cercare il cambiamento a partire dalla consapevolezza che esistono sfide superabili, sempre». La giornata si concluderà alle ore 21 al parco San Paolo di Gravina di Catania con i Ladri di Carrozzelle: sarà un concerto gratuito, aperto al pubblico, realizzato nel segno dell’amicizia, della fiducia, della condivisione. «La partecipazione della band è importante – precisa Paolo Falessi fondatore di Ladri di Carrozzelle - sottolinea l’importanza della musica come contesto educante: essere un gruppo è come essere un equipaggio, si naviga insieme perseguendo un obbiettivo e si raggiunge solo se si collabora con gli altri. Le parole chiave della nostra band italiana integrata, la più longeva d’Italia sono: leggerezza, ottimismo e buonumore. Questo ci auguriamo di trasmettere a tutti coloro che verranno ad ascoltare la nostra musica e a conoscere una delle avventure umane ed artistiche più originali del nostro paese». Ladri di Carrozzelle è una band storica, si esibisce dal 1989, nasce e cresce grazie ad un’attività laboratoriale della Cooperativa Arcobaleno di Frascati, coinvolge una ventina di persone con diversi tipi di disabilità che suonano lo SBROCK e sensibilizzano il pubblico sui temi dell’inclusione.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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L’Amazzonia brucia anche per colpa nostra. Partiamo da noi per cambiare le cose di Linda Maggiori L’Amazzonia brucia, e noi la guardiamo bruciare. Mettiamo faccine che piangono su Facebook e ci puliamo la bocca dall’ennesimo hamburger. Non ci rendiamo conto che l’Amazzonia brucia anche per colpa nostra. La carne è uno dei principali prodotti di esportazione dal Brasile, e l’Italia è uno dei principali importatori (30mila tonnellate all’anno – soprattutto per carni lavorate di bassa qualità). Noi italiani mangiamo circa 80 kg di carne a testa all’anno, molti meno del “consumatore tipo” americano, che divora ogni anno 222,2 kg di carne, ma in ogni caso una quantità assurda, abnorme: il nostro fisico non ne ha bisogno e soffre, con l’aumento di patologie cardiovascolari e tumori. E le foreste bruciano. Milioni di ettari di foresta sono andati distrutti quest’anno nel mondo, dalla Siberia, all’Europa, all’Amazzonia che rischia di diventare una savana, con una perdita immane a livello di biodiversità e aumento del riscaldamento globale. L’Ipcc (il panel Onu di esperti sul climate change), sottolinea che il 23% delle emissioni umane di gas a effetto serra derivano dalla deforestazione e dalle trasformazioni del suolo connesse all’agricoltura industriale e, quindi, alla nostra dieta. Oltre alla carne (e ai latticini che ne derivano), siamo abituati a mangiare in ogni stagione prodotti e frutti esotici: caffè, zucchero, cacao, avocadi sono frutti avvelenati del disboscamento, trasportati con navi che emettono ingenti quantità di Co2. Anche l’estrazione del petrolio minaccia l’Amazzonia e gli indigeni che la abitano: nell’aprile 2019, dopo una lunga lotta, 5mila indios dell’Oriente ecuadoriano sono riusciti a fermare, con una storica sentenza, lo sfruttamento petrolifero di 200mila ettari di Amazzonia. Il “biodiesel”, che mettiamo nei motori pensando di fare del bene all’ambiente, è un altro colpevole del disboscamento. Secondo Transport and Environment, “l’evidenza scientifica è chiara: la domanda extra di olio di palma e di soia per produrre biocombustibili sta distruggendo la foresta pluviale, la savana e prosciugando paludi e torbiere”. Ma le piaghe dell’Amazzonia e dei suoi custodi indigeni non finiscono qui: dalle aggressive industrie di legname all’estrazione illegale di oro. A fine luglio 2019 “dozzine di garimpeiros (cercatori d’oro) hanno fatto irruzione armati nella terra indigena del popolo Wajãpi, nel nord del Brasile, assassinando il leader indigeno”. In Brasile la deforestazione dell’Amazzonia è aumentata del 67% nei primi sette mesi del 2019: il presidente Jair Bolsonaro ha assecondato la bancada ruralista (la lobby dei latifondisti), eliminando divieti per centinaia di pesticidi, creando canali preferenziali per la carne brasiliana verso l’Europa, togliendo i dazi sull’importazione di auto di lusso e delle macchine agricole. Così il Brasile vende all’Europa carne e in cambio compra Suv e macchine agricole. Soltanto di fronte a questo disastro epocale, anche l’Europa si indigna a minaccia sanzioni. Ma anche la parte boliviana dell’Amazzonia brucia: secondo la denuncia di monsignor Coter (Rete ecclesiale panamazzonica),“Evo Morales ha appena firmato un contratto con la Cina per venderle 10 milioni di mucche. E’ stato proprio il governo a invitare la gente a disboscare le sterpaglie, ad aprire nuovi spazi per l’allevamento”. La Cina, paese emergente, sta modificando la sua dieta, dal riso alla carne, così come presto accadrà in tanti altri paesi poveri, che vedono nel way of life occidentale un modello di “benessere”. Che fare allora? Come dice Marga Mediavilla, prof di Ingegneria all’Università di Valladolid, in Spagna “quello che possiamo scegliere è se possiamo decrescere meglio o peggio: decrescere tutti allo stesso modo e cercare di proteggere la biosfera, o favorire la disuguaglianza, il fascismo, e la guerra, distruggendo completamente la nostra biosfera”(Internazionale, n. 1317). Protestiamo quindi nelle piazze contro i governanti, chiediamogli azioni coraggiose per salvare le foreste, ma partiamo anche da noi stessi. Riduciamo il consumo di carne: se non riusciamo a diventare vegetariani o vegani, torniamo almeno ai livelli degli anni 60, mangiando carne bianca, locale, una volta alla settimana. Anche la nostra salute ne gioverà. Orientiamoci a prodotti locali, stagionali; evitiamo i prodotti esotici, oppure compriamo solo quelli provenienti da fair trade, biologici, con filiere che assicurano il rispetto dei lavoratori e della foresta. Evitiamo di acquistare oggetti d’oro; muoviamoci con i piedi, i pedali, i mezzi pubblici, riduciamo l’e-consumismo, evitiamo di usare e gettare plastica, vestiamo usato. Piccoli gesti che non ci renderanno affamati, né miseri, né disperati. Piccoli gesti di coraggio, di boicottaggio e resistenza. Per salvare l’Amazzonia e tutti noi.
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