#Nella Casa dei Segreti
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Nella casa dei segreti – Il nuovo thriller di Freida McFadden che vi terrà col fiato sospeso. Recensione di Alessandria today
Un lavoro perfetto, una casa da sogno, un segreto inquietante. Cosa si nasconde dietro quella porta?
Un lavoro perfetto, una casa da sogno, un segreto inquietante. Cosa si nasconde dietro quella porta? Dopo il successo internazionale di Una di famiglia, Freida McFadden, maestra del thriller psicologico, torna con Nella casa dei segreti, il secondo libro della serie The Housemaid. Un romanzo avvincente che trasporta il lettore in una spirale di suspense, segreti e colpi di scena mozzafiato. Una…
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CECILIA SALA: IL VOLTO DELLA PROPAGANDA AL SERVIZIO DEGLI USA.
DETENUTA IN IRAN CHE RISPONDE ALLE PROVOCAZIONI DELL’IMPERIALISMO OCCIDENTALI.
Ancora una volta, i media occidentali dimostrano la loro doppia morale e l’asservimento alla propaganda imperialista.
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L'arresto in Iran della “giornalista” Cecilia Sala,nota per la sua opera propagandistica contro la Russia, la Cina, la Palestina e l’Iran,viene dipinto come un atto arbitrario e repressivo.Eppure, nessuno parla dell’arresto ben più grave e ingiustificato dell’imprenditore iraniano Mohammad Abedini Najafabadi all’aeroporto di Malpensa, avvenuto non per ordine della giustizia italiana, ma su pressione dei servizi segreti statunitensi.
Mentre l’Italia si presta a eseguire gli ordini degli USA, violando la sovranità e il diritto internazionale, Teheran rispetta le proprie leggi, che ci piaccia o no, non è l' occidente a dettate legge a casa di Paesi indipendenti. La Sala ha rapporti diretti con settori dell’opposizione antiraniana responsabili di attentati terroristici, il governo iraniano si è limitato a procedere a un fermo legittimo, basato sulle proprie leggi.
Ricordiamo che mentre i media occidentali accusano l’Iran di “arbitrarietà”, proprio Teheran e i suoi alleati sono stati i principali protagonisti della sconfitta dell’ISIS e di altre organizzazioni terroristiche che hanno devastato il Medio Oriente. È ipocrisia pura che la stessa stampa che oggi si straccia le vesti per la Sala ignori il ruolo dell’Iran nella lotta al terrorismo, mentre glorifica le politiche aggressive di Stati Uniti e Israele.L’arresto di Abedini accusato dagli Usa di presunti reati legati al Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, e quello di un altro cittadino iraniano-statunitense, Mahdi Mohammad Sadeghi, mostrano chiaramente il vero volto dell’imperialismo: un sistema che non esita a violare le leggi internazionali per difendere i propri interessi.
Cecilia Sala, con la sua retorica russofoba, filosionista e islamofoba, non è una vittima, ma un ingranaggio ben oliato della macchina propagandistica imperialista. La sua detenzione in Iran non è che la conseguenza delle sue stesse azioni, mentre l’Italia dimostra, ancora una volta, la sua subordinazione ai diktat statunitensi. La nostra solidarietà va ai popoli che resistono all’imperialismo, ai lavoratori che subiscono ogni giorno le conseguenze di queste politiche e a chi lotta per un mondo libero dall’oppressione e dallo sfruttamento, non a chi ai piega ai voleri dell' oppressore come la "giornalista" in questione.
-Fabio Massarenti
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Matrix
E chi me lo doveva dire che sarebbe stato Zuckemberg ad avvisarmi che i servizi segreti mi stavano spiando? Potremmo chiamarlo il “paradosso Matrix”.
Venerdì scorso ero in treno, in viaggio da Roma a Bologna. Mi arriva un messaggio su Whatsapp: “Ciao Luca. Informazioni importanti sulla sicurezza. Questa è una comunicazione di sistema”. Penso subito a quelle truffe del tipo “papà ho perso il telefono, mi mandi i soldi?”. Scrollo, e mano mano capisco che non è uno scherzo. Meta, la multinazionale che gestisce i vari social e wathsapp, mi informa che il mio telefono ha subito un “attacco” da uno spyware molto sofisticato, che ha avuto accesso ad ogni contenuto presente all’interno della memoria, “mettendo a rischio la mia privacy”. Meta mi consiglia di cambiare telefono, perché lo spyware è cosi potente da non poter essere rimosso. Ma poi mi dice che se sono “un giornalista, o un attivista della società civile”, potrei trovare interessante rivolgermi a CitizenLab, per saperne di più, e mi mette un link per contattarli. Alle 18 sono in una casa e mi connetto in videocall con questo centro di ricerca basato all’Università di Toronto. Efficentissimi, mi spiegano che l’attacco informatico “è di alto livello”, che il tipo di software utilizzato è dei più sofisticati al mondo, ed è in uso solo ad agenzie governative. Si chiama “Paragon”, prodotto dalla Pragon Solution israeliana, e come dichiara la società stessa “fornito all’amministrazione Usa e ai suoi governi alleati”. I “target” di questa operazione mi spiegano, sono 90, sparsi in diversi paesi, e sono “giornalisti e attivisti sociali”. CitizenLab offre il suo supporto alle vittime di questa storia, ma per il telefono non c’è niente da fare: bisogna proprio buttarlo. Me l’ha ammazzato Paragon, ed era quasi nuovo ( mannaggia ).
Ora lo stanno dissezionando, per trovare tutte le tracce dell’incursione spiona. Ovviamente a me risulta chiarissimo il motivo di tanto costoso e morboso attenzionamento: chi si impegna nel soccorso civile in mare, e nella costruzione di reti di aiuto alle persone migranti, incarcerate nei lager libici o deportate nel deserto dalle autorità tunisine, è spesso trattato come un criminale, un “favoreggiatore dell’immigrazione clandestina”. Ma se tutta la narrazione sulla “lotta agli scafisti su tutto il globo terraqueo” si è sciolta nella pozzanghera putrida della gestione del caso Almasri, anche questa della cyberwar contro soccorritori e giornalisti d’inchiesta sgraditi al governo, promette bene.
In fondo siamo tutti spiati, ripresi, fotografati, registrati. Non servono i servizi segreti, bastano le protesi ipertecnologiche delle quali sembra che non possiamo più fare a meno. Siamo, come in Matrix, sempre connessi alla “macchina”, che ci inietta realtà virtuali funzionali al potere, dai magici effetti onirici sulle menti e dagli effetti anestetici sui corpi. Ma tutto questo strapotere sulle moltitudini che abitano questa parte di mondo, poi rivela come in questo caso, i suoi lati deboli: Matrix è anche la multinazionale della comunicazione, in competizione di “affidabilità per il cliente” con tante altre sul mercato, che ti manda l’alert per avvisarti che sei spiato dai servizi. Che ti consiglia anche di rivolgerti a chi, nel mondo degli spiati, si sta organizzando non solo per scoprire quando ti spiano, ma anche per trovare soluzioni tecnologiche che possano impedirlo. E quindi, io che non conoscevo CitizenLab di Toronto, mi sono fatto dei nuovi amici, alleati nella lotta contro le macchine.
Ma in fondo, cosa possono essere se non macchine, senz’anima né vergogna, coloro che con la scusa della “ragion di Stato”, fanno morire degli innocenti nel mar mediterraneo, o li condannano ad un inferno come quello che hanno ideato e costruito in Libia? Chi, se non ciniche macchine, si presenta davanti al paese per rispondere della incresciosa vicenda di un torturatore fatto fuggire e addirittura accompagnato al suo posto di lavoro in pompa magna, e in mezzo ad una montagna di ridicole bugie, non trova nemmeno il coraggio di dire che quei torturati, quelle ragazze stuprate, quei cadaveri pronti per le fosse comuni, sono inacettabili, chiunque ne sia il responsabile e qualunque sia la ragione di stato o non di stato?
Siamo dentro Matrix certo, e siamo un’anomalia. Siamo quelli della pillola rossa, e dunque tanti agenti Smith ci spiano, ci pedinano, orchestrano provocazioni per fermarci. Ma non ce la fanno, questo è il punto fondamentale. La loro costruzione del Male, ha difronte una “cospirazione del bene” che li preoccupa, che piano piano si allarga.
Ragionevolmente, ma davvero spiare a questo livello, dei giornalisti e degli attivisti che praticano la solidarietà, è questione di “sicurezza nazionale”? Ma chi ci crede? Forse, nel nostro caso, siamo anche in presenza di una Matrix, ma all’italiana. Una “Amatrixiana”. Ci scommetterei che quelli che si sono fatti beccare nell’operazione Paragon, sono i nostri. Luca Casarini, Facebook
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Se ci sono delle speranze per l'Europa stanno, come al solito, negli Stati Uniti. (...) la crisi europea è figlia e diretta conseguenza della crisi che stanno attraversando gli USA dai tempi di Obama e delle scellerate politiche inaugurate dal suo Dipartimento di Stato. Per noi quella crisi ha voluto dire Libia e guerra sotto casa. Per altri ha voluto dire molto peggio.
Meglio sarebbe stato se prima si fosse dovuto votare in USA e poi in Europa. Purtroppo(...) le scadenze sono invertite. Il rischio è la riedizione del rapporto Trump-UE tra il 2016 e il 2020, dove l’Europa è stato il luogo in cui la parte perdente delle elezioni USA del 2016 si è arroccata per fare opposizione a Trump e rilanciare, usando una figura spenta come Biden per tornare al potere. La speranza d’Europa è tutta lì. Temo un altro 2020 prima di allora.
Se (Draghi) gode ancora di un immutato prestigio dopo il “Volete la pace o i condizionatori accesi”, il “Chi non si vaccina muore e fa morire”, e dopo avere ideato le sanzioni che avrebbero dovuto piegare l’economia russa, è solo perché la “buona stampa” e i suoi disinteressati commentatori continuano a costruire la figura del Cromwell europeo. Non abbiamo avuto la pace; la Russia, oltre ad aver già vinto in Ucraina, non è mai stata meglio in termini economici, e noi siamo diventati un Continente senza energia, senza materie prime, e presto senza industria per scelte sbagliate di politica industriale fatte in Germania e a Bruxelles. Ha probabilmente gestito la storia dei contratti segreti di fornitura dei vaccini per tutta Europa, firmati non si sa bene da chi nell’interesse di chi. E guardi che questa non è questione di vaccini (ma) di contratti. (...)
Negli USA stanno facendo molto per fare luce sui vaccini.
È vero. E in Italia non se ne dà notizia. Ma guardi che, alla fine, dipenderà tutto dalla vittoria o meno di Trump in USA.
E poi?
Poi, se Trump vincerà, si aprirà il Vaso di Pandora. E la gente in Italia inizierà a leggere sui giornali quello che sa già per esperienza personale.
Che cosa intende dire?
Intendo dire che la gente impazzisce tutta assieme, ma si rinsavisce uno per uno. Se questo succederà, per molti, anche dalle nostre parti, sarà solo questione di tempo.
In caso contrario?
In caso contrario, le società europee entreranno nella “condizione di guerra” di cui parlava Bismarck, che, se non altro, aveva il pregio dell’onestà. Non sarà un’economia di guerra temporanea come si sussurra oggi con sussiego. Sarà una società diversa.
Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano, via https://www.ilsussidiario.net/news/scenario-ue-la-sorte-di-draghi-e-nostra-si-decide-negli-usa-a-novembre/2692362/
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[ E così sprechi la vita.]
In qualche lontana città che non conosci e dove forse non ti accadrà di andare mai, c’è uno che ti aspetta… là dove si nascondono gli ultimi segreti della vita, giorno e notte resta aperta per te la porta del suo palazzo favoloso… Tu stenti qui la vita, vai vestito di grigio, perdi già i capelli, i conti alla metà del mese sono penosi. Sei uno dei tanti. Di anno in anno ambizioni e speranze si rattrappiscono. Quando incontri le belle donne, non hai più neanche il coraggio di fissarle. Ma laggiù, nella città di cui ignori il nome, un potente signore ti aspetta per toglierti ogni pena: per liberarti dalla fatica, dall’odio, dagli spaventi della notte… In qualche lontana terra, ma potrebbe darsi invece che sia molto più vicino. Forse il signore potente ti aspetta in una delle nostre città che tu conosci. Ma forse potrebbe essere più vicino ancora, a non più di cento chilometri, in una cittadina di provincia. Ci sono qui delle piazzette fuori mano dove i camion non passano: e ai lati sorgono certe anziane case piene di dignità con festoni di rampicanti…Ma può essere anche molto più vicino, veramente a due passi, tra le mura della tua stessa casa. Sulla scala, al terzo piano, hai mai notato, a destra del pianerottolo, quella porta senza campanello né etichetta? Qui forse, per agevolarti al massimo, ti attende colui che vorrebbe renderti felice: ma non ti può avvertire. Perciò prova, la prossima volta che ci passi davanti, prova a spingere l’uscio senza nome. Vedrai come cede. Dolcemente ruoterà sui cardini, un impulso irragionevole ti indurrà ad entrare, resterai sbalordito… Ma tu non provi ad aprire, indifferente ci passi davanti, su e giù per le scale mattina e sera, estate ed inverno, quest’anno e l’anno prossimo, trascurando l’occasione… Tra le mura della tua stessa casa. Ma come escludere che sia ancora più vicino colui che ti vuole bene? Mentre tu leggi queste righe egli forse è di là dalla porta, bada, nella stanza accanto; se ne sta quieto ad aspettarti, non parla, non tossisce, non si muove, non fa nulla per richiamare l’attenzione. A te scoprirlo. Ma tu, uomo, non ti alzi nemmeno, non apri la porta, non accendi la luce, non guardi. Oppure, se vai, non lo vedi. Egli siede in un angolo, tenendo nella destra un piccolo scettro di cristallo, e ti sorride. Però tu non lo vedi. Deluso, spegni, sbatti la porta, torni di là, scuoti il capo infastidito da queste nostre assurde insinuazioni: fra poco avrai dimenticato tutto. E così sprechi la vita.
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Dino Buzzati - "boutique del mistero"
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Bridgerton 3, Parte 1: un ritorno tra amori, segreti e scandali
Ah, la primavera! Con i suoi colori e i suoi profumi, è davvero la stagione perfetta per il debutto di una nuova tranche di episodi della romance saga che ormai dal 2020 appassiona gli abbonati Netflix: la prima parte della terza stagione di Bridgerton è infatti disponibile per lo streaming sulla piattaforma, così come l'attesissima storia d'amore tra Colin Bridgerton (Luke Newton) e Penelope Featherington (Nicola Coughlan)… Ma come se la sarà cavata lo show a questo giro? Scopriamo insieme cosa ci riservano Shonda Rhimes e i primi 4 episodi di Bridgerton 3.
Scelte mirate
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Nicola Coughlan è Penelope
Dopo una lunga attesa carica di speculazioni di ogni tipo sul futuro dei protagonisti di Bridgerton, siamo finalmente di ritorno nella 'Ton più amata dagli spettatori Netflix, quella che, assieme ai suoi abitanti, ci regala sempre un turbinio di emozioni. Questa volta capitanata da Jess Brownell - nuova showrunner della serie dopo l'addio di Chris Van Dusen - che accompagna fedelmente la produttrice delle produttrici, Shonda Rhimes, la terza stagione di Bridgerton si mostra in tutto il suo sfarzo, la sua eleganza e la sua intensità, ma solo per quattro episodi… la seconda parte della stagione arriverà domani 13 giugno su Netflix. Una delle novità dell'adattamento televisivo dei romanzi di Julia Quinn per questa nuova stagione è stata la decisone di scindere in due parti la distribuzione degli episodi.
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Ritorno a Bridgerton
Per il momento, è difficile valutare se una tale scommessa sarà vincente o meno e solo l’uscita della seconda parte di stagione c’è lo dirà, ma i presupposti sembrerebbero dar ragione alla produzione: dopotutto, anche per gli appassionati del genere, un binge-watching tutto d'un fiato di 8 episodi di una serie che fa un cospicuo uso di cliché e archetipi narrativi come Bridgerton, nonché assai affezionata a plot twist e cliffhanger ad effetto, potrebbe risultare più pesante da digerire, e nel tempo controproducente rispetto a una ripartizione in due blocchi. Così facendo, invece, non solo ci si assicura che un prodotto di grande interesse attirerà audience più a lungo termine, ma si dà anche modo a storia e spettatori di "respirare", e a questi ultimi di assimilare al meglio quanto visto sullo schermo. E in questa stagione, di certo non c'è da annoiarsi…
Dai Polin, con amore
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Luke Newton e Nicola Coughlan
Fin dal termine della seconda stagione di Bridgerton, nella quale abbiamo visto nascere e concretizzarsi l'amore tra il primogenito di casa Bridgerton, Anthony (Jonathan Bailey), e la maggiore delle sorelle Sharma, Kate (Simone Ashley), ci si è chiesti a chi i due avrebbero passato il testimone e consegnato il titolo di "coppia dell'anno" nella stagione successiva. Se lo show avesse voluto seguire pedissequamente l'ordine dei libri, sappiamo che l'onere e l'onore sarebbe spettato a Benedict (Luke Thompson), alla cui storia è stato dedicato il terzo volume della saga letteraria, "La proposta di un gentiluomo". Tuttavia, l'amore era già nell'aria da tempo per i Polin, ovvero Colin e Penelope, gli amici di sempre il cui rapporto sembrava serbare qualcosa di più fin dal principio, sebbene avevamo visto un maggiore interesse in quel senso da parte di Pen (che ricordiamo, non leggere se non hai ancora visto la serie, è colei che si cela dietro il nom de plume di Lady Whistledown).
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Luke Newton è Colin Bridgerton
E malgrado in ordine cronologico cartaceo il loro momento sarebbe dovuto arrivare più in là nel tempo, sullo schermo, complice la chimica tra i due attori e l'impostazione data dal team creativo alle loro interazioni sin dalla prima stagione, è stato possibile procedere in questa direzione, senza tuttavia dimenticarsi degli altri Bridgerton. Nella prima parte della terza stagione abbiamo comunque dei focus su Benedict, Francesca (Hannah Dodd), e la Eloise di Claudia Jessie (malgrado una curiosa assenza…).
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Claudia Jessie è Eloise Bridgerton
Ma, come dicevamo, gran parte dell'attenzione in Bridgerton 3 è riversata sui Polin che, dopo gli accadimenti della stagione 2, si trovano ora in una fase di stallo: Penelope aveva infatti udito le parole di Colin che escludevano a priori un risvolto amoroso nel loro rapporto, e le frizioni nella sua amicizia con Eloise (che aveva scoperto la sua identità di Regina del Gossip) non avevano fatto che allontanarla dai Bridgerton. Adesso però la ragazza finisce con il ritrovarsi in una situazione, se vogliamo, ancora più scomoda, dato che, nel tentativo di recuperare la loro amicizia, Colin si offre di aiutarla a trovare marito, e cerca di impartirle "lezioni su come uscire dal guscio" ora che lui stesso, a seguito della sua estate in giro per il mondo, sente di aver trovato una nuova dimensione. Ma quando il suo aiuto finisce con creare più guai per i loro cuori che altro, cosa farà Colin? E come si comporterà Penelope? E non dimentichiamoci che Colin è ancora all'oscuro della doppia identità di Penelope…
Bridgerton non molla
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Bridgerton: una foto di Benedict e Colin nella stagione 3
Arrivati dunque al nostro quarto appuntamento con il mondo di Bridgerton (se contiamo anche lo spin-off sulla Regina Carlotta) ci si potrebbe preoccupare di una fisiologica fatigue del prodotto che, solitamente con le serie, giunti a questo punto inizia già a fare capolino. Per quanto riguarda lo show targato Shondaland, a ogni modo, il tutto sembra "tenere botta", poiché, almeno in questi primi quattro episodi, non si rileva una pesantezza di fondo nel seguire le vicende (seppur in gran parte prone a stereotipi) dei vari personaggi, né viene da pensare di essere stufi del suo modus operandi.
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Un ritorno tra amori, segreti e scandali
Le scenografie si fanno sempre più spettacolari, i dettagli visivi sempre più ricercati (guardate anche solo le parrucche della Regina!), il comparto musicale continua a regalare gioie con le sue versioni classiche di hit da classifica, da Dynamite dei BTS a Cheap Thrills di Sia, passando per Give Me Everithing di Afrojack, Ne-Yo e Pitbull, e nulla di tutto ciò risulta gratuito o fuori luogo. C'è solo da sperare che una tale cura possa continuare a essere tangibile anche nella costruzione di storie e personaggi, nello sviluppo delle dinamiche e tanto nella trasposizione del materiale già fornito dalla Quinn, quanto nell'incorporazione di elementi originali nel tessuto del racconto.
Conclusioni
In conclusione, si guarda con favore ai primi quattro episodi di Bridgerton 3, che con la sua Parte 1 ha già fatto approdo su Netflix. La tanto attesa storia d’amicizia che si trasforma in amore tra Colin Bridgerton e Penelope Featherington sta finalmente prendendo piede, e non resta che augurarsi che i due non finiscano con l’inciampare e divenire protagonisti di una rovinosa caduta. Per ora, tuttavia, non sembra questo ciò che è scritto nelle carte. Possiamo fidarci?
👍🏻
Coerenza formale e attenzione ai dettagli.
Focus sui vari personaggi, non solo sui protagonisti dichiarati.
👎🏻
Rischio esagerazione e saturazione.
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Duettare con il vento resta la sensazione più bella e magica per me, non vedo l'ora di finire di studiare per questi concorsi così nell'attesa di una risposta potrò rimettere mano al mio racconto e finalmente ultimarlo e mandarlo a una casa editrice che se lo riterrà meritevole avvierà una campagna di crowdfunding e io mi impegnerò il triplo per convincervi a diventare miei lettori, cercherò di trasmettervi tutte le mie emozioni legate a questo testo, cercherò di portarvi insieme alla mia protagonista nel Regno dei Diari Segreti ancor prima di leggere il racconto completo, anche voi potrete "giocare" insieme agli Elementi e sentirete il potere della natura insinuarsi in ogni angolo della vostra anima tanto da spingervi a cercarla anche in piena città e rigenerarvi con essa
... E tu credi nella Magia?
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8-9-11-12
🐚. Serie tv che stai seguendo?
Attualmente ho appena finito Veronica Mars, una serie direi gialla/investigativa che mi è piaciuta abbastanza, seppure non a livelli estremi.
Dovrei finire the good doctor, ma le ultime stagioni ahimè su Amazon Prime sono a pagamento, sto intanto proseguendo con il rewatch di Supernatural, una delle mie serie comfort giusto per vedere qualcosa.
🐚. Guardi anime? Quali stai guardando?
Sì ne guardo anche se attualmente sono in una situazione di stallo un qualche modo.
Sto aspettando, doveva uscire secondo le miei informazioni nell'estate 2024, la terza stagione di Komi can't communicate, ma per ora nessuna notizia in merito e sto proseguendo anche se a rilento nella visione di Sailor Moon.
🐚. Descrivi la tua vacanza da sogno.
Se potessi fare la vacanza della vita avrebbe prima di tutto diverse tappe.
Prima fra tutte Vienna, per ho un debole per l'Austria e Vienna in particolare. Visiterei il luogo dove nasce la vera Sacher Torte e ne ordinerei una bella fetta da gustare, cercherei di scoprire ogni viuzza, noleggerei una di quelle carrozze con i cavalli per fare il giro del centro storico, visiterei quanti più musei possibili e sicuramente la casa di Freud; farei passeggiate in ogni parco e castello che fosse aperto per le visite al pubblico e poi mi sposterei da Vienna per visitare anche il museo di Sissi, infine vorrei vedere ed imparare il vero Valzer viennese.
Come seconda tappa della vacanza non potrei che scegliere il Giappone, e visiterei ogni piccola e grande città, cercando di immergermi nella cultura, nei profumi e sapori locali, provando pietanze nuove, magari anche chiedendo se posso imparare i segreti dei loro piatti. Anche in questo caso visiterei quanti più musei possibili, da quello su Snoopy, a quello di Doraemon, ai tempi, mi piacerebbe vedere il monte fuji e la fioritura dei ciliegi. L'isola dei gatti sicuramente e almeno un melo caffè. Acquistare un abito tradizionale oppure un kimono.
Mi porterei poi a Londra per visitare i Warner Bros studios per immergermi nel mondo di Harry Potter e sentirmi anche se solo per qualche ora una strega tra i negozi di Diagon Alley e l'emozione della scelta della bacchetta e dello smistamento. Visiterei il Big bang, i London bridge, il palazzo ed ogni altro museo. Proverei il fish and chips e mi piacerebbe ripercorrere le orme di Sherlock Holmes e William Shakespeare.
Infine, ma non per importanza, andrei a Parigi per coronare il mio sogno da bambina e vedere Disneyland e tornare bimba. Poi ovviamente Louvre, Versailles, la Tour Eiffel, i vari parchi e musei. Assaggiare il vero pain su Chocolat, la Baguette, I macaron e respirare anche alcuni dei posti preferiti della mia attrice preferita di sempre ovvero Audrey Hepburn.
🐚. Sei mai stato/a a teatro?
Sì, ultimamente purtroppo non più, ma in passato sì.
Ho visitato il Regio di Torino e ho potuto ammirare il dietro le quinte del teatro, i costumi di scena ecc come gita scolastica di seconda media.
Ho visto poi diversi spettacoli dalle elementari in poi tra cui la bisbetica domata di William Shakespeare con Nenci Brilli (unica persona di spicco che abbaia visto recitare dal vivo a teatro) poi vidi opere in francese e in inglese con i miei professori del tempo e qualcosa anche appartenente alla letteratura italiana come la rivisitazione di Rosso Malpelo e dei 7 personaggi in cerca d'autore.
Infine il mio liceo per il periodo natalizio affittava ogni anno un teatro per fare uno spettacolo natalizio con noi studenti.
Grazie per le domande.
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NOT SO BERRY CHALLENGE 3
La Not So Berry Challenge - Versione 3 è una sfida per The Sims 4 che si articola su 10 generazioni, ognuna caratterizzata da un colore dominante, tratti specifici, un'aspirazione, una carriera e una serie di obiettivi unici. Ogni generazione ha una propria storia collegata alle precedenti, creando una narrazione coerente che si sviluppa di generazione in generazione.Questa versione introduce nuovi temi come la botanica, la tecnologia, la criminalità e il mondo degli animali, con una forte enfasi sullo sviluppo personale dei Sims e sul legame tra le varie generazioni. Ogni generazione deve affrontare le sue sfide, cercando di costruire sull’eredità lasciata dai predecessori.
Regole Generali:
1.Ogni generazione deve completare gli obiettivi specifici indicati.
2.Ogni generazione deve rispettare il colore tematico sia per il Sim che per la casa.
3.Non è permesso usare trucchi per modificare le relazioni o il denaro (ad eccezione di quando specificato).
4.I Sims possono usare il trucco "freerealestate" per ottenere la prima casa.
5.I nomi sono a vostra scelta.
Obiettivi Generali:
•Ogni generazione deve superare delle prove legate alla propria carriera, aspirazione e vita personale.
•Le scelte fatte da una generazione possono influenzare le storie e le possibilità delle generazioni future.
•Ogni generazione deve lasciare una traccia tangibile del proprio percorso, sia essa materiale (una casa, un giardino, un’azienda) o intangibile (fama, relazioni sociali, invenzioni).
Generazione 1: Smeraldo
Nome: Ivy Smeraldo (opzionale per tutte le generazioni)
Colore: Verde smeraldo.
Tratti: Amante della natura, Ambizioso, Scroccone.
Aspirazione: Botanico Freelance.Carriera: Botanico (Branca Giardinaggio).
Storia: Ivy è cresciuta in una piccola casa di campagna, affascinata dalle piante e dal loro potere curativo. Quando scopre un antico diario nel giardino della nonna, decide di dedicare la sua vita alla botanica per scoprire i segreti delle piante e creare un giardino perfetto. Il suo sogno è riportare in vita una misteriosa pianta leggendaria, il Fiore dell'Eterna Giovinezza, menzionata nel diario
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera di Botanico.
Creare un giardino botanico con almeno 15 piante diverse e curate al massimo livello.
Ibridare almeno 10 piante diverse e creare 5 nuove specie.
Scoprire e coltivare il Fiore dell'Eterna Giovinezza.
Avere una pianta bovina viva e farla mangiare almeno un Sim non facente parte della famiglia.
Generazione 2: Zaffiro
Nome: Sapphire Smeraldo
Colore: Blu zaffiro.
Tratti: Romantico, Perfezionista, Snob.
Aspirazione: Autore di Bestseller.
Carriera: Critico d’Arte (Branca Arti Culinarie).
Storia: Sapphire è la figlia di Ivy. Cresciuta tra le meraviglie del giardino botanico di sua madre, sviluppa un'anima poetica e una passione per la scrittura. Vuole condividere con il mondo le storie della sua famiglia e dei misteriosi segreti della natura che ha imparato da sua madre. Tuttavia, la sua ricerca della perfezione la porta a isolarsi, allontanandosi dalla realtà e vivendo tra le pagine dei suoi libri.
Obiettivi:
Scrivere almeno 5 libri bestseller.
Avere una relazione instabile con almeno 3 partner diversi.
Creare una collezione personale di quadri esclusivi che rappresentino la sua vita.
Non sposarsi finché non si è adulti.
Generazione 3: Opale
Nome: Pearl Smeraldo
Colore: Bianco perla.
Tratti: Estroverso, Creativo, Buono.
Aspirazione: Sim Incredibile (completare 3 aspirazioni diverse).
Carriera: Attore.
Storia: Pearl, figlia di Sapphire, cresce immersa nelle storie straordinarie della sua famiglia e nei racconti fantasiosi della madre. Desiderosa di vivere una vita straordinaria come quelle nei libri di sua madre, Pearl cerca la fama e il successo come attrice. Tuttavia, si scontra con la dura realtà dell'industria dell'intrattenimento, scoprendo che la vita reale non è come un film. Decide così di dedicarsi a più ambiti, cercando di diventare davvero "incredibile".
Obiettivi
Completare 3 aspirazioni diverse.
Raggiungere il livello massimo nella carriera di attore.
Ottenere fama mondiale e avere almeno 5 amici stretti.
Avere una casa con almeno 4 stanze a tema artistico, ognuna dedicata a un'arte diversa (musica, pittura, scrittura, recitazione).
Generazione 4: Rubino
Nome: Ruby Smeraldo
Colore: Rosso rubino.
Tratti: Furioso, Amante dei cani, Goloso.
Aspirazione: Amico degli animali.
Carriera: Veterinario (Gestire una clinica veterinaria).
Storia: Ruby è cresciuta sotto i riflettori della fama di sua madre, Pearl, ma ha sempre preferito la compagnia degli animali rispetto a quella degli umani. Il suo amore per le creature a quattro zampe la porta a dedicare la sua vita a curarli e proteggerli. Quando scopre un antico legame tra la pianta leggendaria coltivata da Ivy e la guarigione degli animali, Ruby decide di continuare il lavoro della sua bisnonna.
Obiettivi
Gestire una clinica veterinaria di successo.
Avere almeno 3 animali domestici e raggiungere il massimo dell’amicizia con ciascuno.
Completare la collezione di fotografie con i propri animali.
Adottare un animale in difficoltà da ogni generazione e curarlo fino alla guarigione completa.
Generazione 5: Ametista
Nome: Amethyst Smeraldo
Colore: Viola ametista.
Tratti: Malvagio, Ambizioso, Materialista.
Aspirazione: Capo della Mafia.
Carriera: Criminale (Branca Boss).
Storia. Amethyst, figlia di Ruby, ha vissuto nell'ombra della bontà e dell'altruismo della madre. Tuttavia, un evento traumatico legato alla perdita di un caro amico animale la cambia profondamente. Decide di abbracciare il lato oscuro, giurando di vendicarsi di coloro che fanno del male agli innocenti. Si addentra nel mondo criminale, determinata a prendere il controllo e fare giustizia a modo suo.
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera criminale.
Tradire il partner almeno una volta.
Avere un figlio segreto con un altro Sim.
Acquisire una collezione di oggetti rubati da altre case e donare i profitti a una causa animalista.
Generazione 6: Topazio
Nome: Topaz Smeraldo
Colore: Giallo topazio.
Tratti: Materialista, Attivo, Sicuro di sé.
Aspirazione: Supergenio del Fitness.
Carriera: Atleta.
Storia: Cresciuto tra il lusso e il potere ottenuto illecitamente dalla madre, Topaz sente il bisogno di riscattare il nome della sua famiglia. Si allontana da tutto ciò che è corrotto e decide di dedicare la sua vita al miglioramento fisico e mentale, diventando un esempio di forza e integrità. Vuole dimostrare che la famiglia Smeraldo può essere un simbolo di positività e non solo di corruzione.
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera atletica.
Vincere almeno 3 gare di scacchi e 3 gare di corsa.
Avere una palestra personale a casa con tutte le attrezzature possibili.
Fare volontariato e donare almeno 100.000 Simoleon a enti di beneficenza.
Generazione 7: Corallo
Nome: Coral Smeraldo
Colore: Rosa corallo.
Tratti: Romantico, Sicuro, Creativo
Aspirazione: Romanticone Serial.
Carriera: Influencer di Stile.
Storia: Coral, figlia di Topaz, non ha mai capito l'ossessione del padre per la perfezione fisica e la reputazione. Cresce con il desiderio di esplorare la vita a modo suo, abbracciando la libertà di essere ciò che vuole. Diventa un influencer di stile, condividendo con il mondo la sua filosofia di vita e il suo stile eclettico. Tuttavia, la ricerca di connessioni autentiche lo porta a confrontarsi con la superficialità del mondo online.
Obiettivi:
Avere almeno 5 partner contemporaneamente e non sposarsi.
Raggiungere il livello massimo nella carriera di influencer.
Avere un pubblico di almeno 1 milione di follower.
Creare una casa decorata con tutti gli stili disponibili, rappresentando la sua personalità poliedrica.
Generazione 8: Cobalto
Nome: Cobalt Smeraldo
Colore: Blu cobalto.
Tratti: Solitario, Genio, Evasivo
Aspirazione: Esperto di Informatica.
Carriera: Programmatore.
Storia:Cobalt, figlio di Coral, è l'opposto del padre. Timido e introverso, ha sempre preferito la compagnia dei computer e della tecnologia rispetto agli esseri umani. Nonostante la pressione della fama della sua famiglia, Cobalt si isola nel mondo virtuale, dove trova il suo vero talento come programmatore e hacker. Il suo obiettivo è rivoluzionare il mondo della tecnologia, migliorando la vita di tutti, ma i suoi demoni interiori lo tengono lontano dai legami personali, lasciandolo solo e insicuro riguardo al futuro della famiglia Smeraldo.
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera di programmatore.
Creare 3 applicazioni e 1 videogioco di successo.
Avere una collezione di almeno 20 cristalli.
Non sposarsi mai e avere un solo figlio tramite adozione.
Generazione 9: Onice
Nome: Onyx Smeraldo
Colore: Nero onice.
Tratti: Giottone, Goffo, Amante della musica.
Aspirazione: Compositore Musicale.
Carriera: Musicista (Branca Classica).
Storia: Onyx, la figlia adottiva di Cobalt, è sempre stata attratta dal lato oscuro della vita. Cresciuta in una casa piena di tecnologia, ha trovato conforto solo nella musica, uno spazio dove poteva esprimere le sue emozioni più profonde. Decide di diventare una compositrice di fama mondiale, ma la sua personalità malinconica e goffa la allontana dalla normalità, portandola a vivere una vita isolata e immersa nelle sue composizioni, dove cerca un significato più profondo.
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera di musicista.
Scrivere e pubblicare almeno 10 canzoni.
Possedere e saper suonare tutti gli strumenti musicali a livello massimo.
Avere una casa arredata in stile gotico, con un'intera stanza dedicata alla sua musica.
Generazione 10: Oro
Nome: Aurelia Smeraldo
Colore: Oro
Tratti: Sicuro di sé, Allegro, Genio.
Aspirazione: Super Sim.
Carriera: Imprenditore.
Storia: Aurelia, figlia di Onyx, è l'erede che riporta la famiglia Smeraldo verso la luce. Dopo generazioni di complessità e dolore, Aurelia è decisa a onorare il nome della sua famiglia creando un'eredità di successo e prosperità. Prodigiosa e determinata, vuole eccellere in ogni campo possibile, accumulando conoscenze, ricchezze e costruendo un impero imprenditoriale che lasci il segno. Ma mentre il suo successo cresce, Aurelia scopre che il vero valore della vita non è solo nelle ricchezze materiali, ma nei legami profondi e duraturi.
Obiettivi:
Raggiungere il livello massimo nella carriera di imprenditore.
Completare almeno 5 aspirazioni diverse.
Accumulare almeno 1 milione di Simoleon in banca.
Costruire una casa di lusso con ogni stanza decorata con oggetti dorati, simboleggiando la sua realizzazione.
Conclusione della Storia
Con Aurelia, la famiglia Smeraldo completa un ciclo di trasformazione che parte dalla natura con Ivy, passando attraverso arte, crimine, tecnologia e infine ritornando alla stabilità e alla prosperità con la decima generazione. Ogni generazione ha affrontato le proprie lotte e sfide, contribuendo all'evoluzione di una famiglia che ha lasciato il segno nel mondo dei Sims.Ogni membro della famiglia ha portato con sé una parte delle generazioni precedenti, sia nel carattere che nelle scelte di vita, facendo crescere e cambiare la famiglia Smeraldo attraverso le epoche.
Buon Divertimento!
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Pino Corrias
Siamo tutti trascritti nella carta dei vini e dei segreti. Ci scelgono a loro comodo i buoni e i cattivi. Il potere o il malandrino. La legge o il ricattatore. È la definitiva rivelazione della banda milanese di Equalize che ha generato un soprassalto non del tutto inatteso, a dire il vero, vista la tradizione di spiati e di spioni che vantiamo, dai tempi dell’Ufficio affari riservati di Federico Umberto D’Amato, cuoco d’alto rango di trame e dossier. Fino al Tiger Team di Giuliano Tavaroli che spiava per conto di Telecom durante il regno di Tronchetti Provera. E ai pedinamenti informatici di magistrati e giornalisti organizzati da Pio Pompa, ai tempi dell’indimenticato generale Pollari, plenipotenziario dei nostri Servizi segreti in piena epopea berlusconiana.
Ma questa volta, dopo i clamori dell’hacker siciliano che passeggiava nei data-base del Ministero di Giustizia, dopo le gesta del bancario con le sue 6 mila intrusioni nelle vite degli altri, la nuova e onnipotente banda di spioni appena scoperta a Milano, capace di entrare e uscire 52 mila volte dagli archivi ultrasegreti (?) del Viminale, si trascina un sacco di domande al seguito e almeno una definitiva verità.
Prima domanda. Ma se è così facile bucare l’ombra che ogni cittadino di questo Paese si porta dietro – ombra e impronte che conducono a relazioni, amicizie, numeri di telefono, foto, video, conversazioni, amanti, conti bancari – com’è che gli evasori parziali, semi parziali, totali, la fanno sempre franca? Com’è che all’appello del nostro vivere comune mancano sempre da 80 a 100 miliardi, imboscati sotto al materasso dell’evasione fiscale di un tassista, di un finanziere, di quei gioiellieri che guadagnano sempre meno dei loro vetrinisti?
E poi. Se basta un click, una password e un paio di investigatori infedeli per entrare al Quirinale, negli archivi della Polizia e dei Servizi segreti, come fossero il Bingo sotto casa, com’è che non sappiamo ancora nulla (o quasi) dei cento misteri che assediano la nostra storia nazionale, dalle stragi d’altro secolo, alla scomparsa di Emanuela Orlandi, dal depistaggio su via D’Amelio alla sparizione dell’agenda rossa di Borsellino. O quanto fosse coinvolta l’Università di Cambridge nella trappola in cui cadde Giulio Regeni. E ancora: quante stragi di migranti sono stata nascoste dentro le acque del Mediterraneo? E quanto vale in miliardi di euro e intese sovranazionali il nostro traffico internazionale di armamenti e software, visto che, secondo Costituzione, dovremmo ripudiare la guerra anziché alimentarla?
Altra domanda. È giustificato l’allarme, anzi il panico che risuona nelle parole degli investigatori che hanno dettato: “Siamo di fronte a un attacco alla democrazia”? Certo che sì. Hanno appena scoperto che una manciata di ricattatori custodiva 800 mila dossier rastrellati in qualche anno di infiltrazioni, astutamente nascosti non proprio nella grotta di Ali Babà, ma dietro le guglie del Duomo di Milano, da dove i quaranta ladroni si impadronivano delle vite private di tutti, dagli gnomi del mondo dello spettacolo ai capitani di industria e finanza, dalle fidanzate di qualche pupone con il cuore in affanno alle massime cariche dello Stato, figli compresi.
E ancora di più è giustificato l’allarme per la permeabilità – clamorosa e conclamata – del mondo che ci siamo costruiti accanto, anzi sopra, sotto, ovunque, quello della Infosfera che custodisce per intero la storia di ognuno di noi, basta saperla pescare tra i miliardi di byte che sono diventati la nostra aura, invisibile solo per chi non ha lo strumento adatto per vedere.
L’ultima rivelazione di questa storia è che siamo sempre di più nelle mani di chiunque. Dei buoni, veri o presunti, e dei cattivi. Quelli che risolvono gli omicidi interrogando le tracce digitali di cellulari e telecamere che gli assassini si lasciano dietro. E quelli che gli omicidi, virtuali fino a un certo punto, li architettano a pagamento, seminando ricatti e incendi reputazionali. E che dunque viviamo consensualmente sottoposti ai titolari dell’ordine che quotidianamente perlustrano la nostra convivenza, la campionano, se del caso la indagano in difesa di quelle regole comuni che chiamiamo democrazia. E insieme viviamo sottomessi ai bucanieri che quell’ordine e quella convivenza la vogliono forzare, violare, dissolvere per appiccare l’incendio dei ricatti, in cambio di soldi, potere, carriere, interessi politici, vendette personali. Per ordine di una cosca che maneggia appalti o uomini politici. O per la banalissima curiosità di un impiegato che dal desk di una oscura filale bancaria di Bisceglie si toglie lo sfizio di guardare tra le lenzuola contabili di suoceri, vicini di casa, capiufficio, e di altri migliaia di perfetti sconosciuti compresi quelli che abitano nei rotocalchi o nelle stanze dei palazzi del potere.
Ora il governo emette sirene d’allarme. Promette “strette legislative”. Minaccia “pene più severe”. Garantisce che a contrasto dei ricattatori infedeli basterà migliorare i controlli per arginare e le incursioni illegali e proteggere le vite.
Ma è davvero così semplice? La verità è che abbiamo trasformato il nostro villaggio globale in un clamoroso paese di specchi. Specchi dotati di memoria perpetua. La memoria del silicio. Che è la definitiva stregoneria di cui parla Yuval Harari nel suo ultimo libro Nexus, dedicato non solo ai rischi della futura Intelligenza artificiale, ma anche a quelli della attualissima stupidità umana del tempo presente. E degli strumenti digitali talmente pervasivi da rendere la privacy una chimera così lontana, così irraggiungibile, che per maneggiarla l’abbiamo dovuta trasformare in una nuova religione, buona per essere violata ogni volta che serve.
Il solitario filosofo Guy Debord scoprì a metà dell’altro secolo che avremmo vissuto in una permanente “Società dello Spettacolo” governata sempre di più dal segreto, il segreto remoto del potere. Custodito dal perpetuo intrattenimento allestito per distrarci. Non poteva immaginare quanto ci saremmo spinti oltre. E che quel segreto un tempo esclusivo, si sarebbe dislocato nell’ovunque della Rete a portata di algoritmo. Saranno i buoni o i cattivi a scegliere quale segreto rivelare, quello del tassista evasore, del latitante in fuga o del ministro corrotto? Sì, è vero, mai come ora la democrazia è in pericolo. Segreti e ricatti sono la dieta preferita dalle democrature. E i complici, più ingenui che colpevoli, siamo tutti noi che abbiamo appeso le nostre vite dentro alle vetrine illuminate della Rete. Credendoci protetti dal buio che invece abbiamo dissolto.
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Il mio amico Nando
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Scoprire che Pavese sia stato innamorato di Fernanda Pivano mi ha fatto saltare sulla sedia: eppure adesso mi sembra un'informazione scontata, un'evidenza inevitabile. Ci sono persone che si chiamano, da lontano, questo mi è ormai chiaro. Fernanda Pivano era stata alunna di Pavese, e poi si erano ritrovati alcuni anni dopo il liceo di lei. A me fa tanta tenerezza l'idea di lui che ormai è un uomo fatto, che si è scontato un anno di confino per non tradire ai fascisti la sua "donna dalla voce rauca", che è tornato a casa solo per scoprirla sposata, e che già si lascia "accarezzare" la coscienza dall'idea di togliersi la vita; ecco, mi fa una tremenda tenerezza pensare che lui si sia innamorato come un bambino di una ragazza che aveva conosciuto da studentessa, una ragazza che voleva tradurre l'antologia di Spoon River e che si vestiva da maschio. La chiama "il mio amico Nando" in una lettera in cui racconta, come in un tema di scuola, le vacanze d'estate a Torino in sua compagnia:
"il pensiero è questo: che vorrei cambiare sesso ed essere una compagna di Nando per poterlo sposare io, tanto gli voglio bene. Ma penso che, se fossi una ragazza, non avrei l'occasione di andare con lui in bicicletta e allora è meglio che sia così e che siamo amici... Nando è un ragazzo simpatico e intelligente che, visto di profilo, pare già un uomo fatto, e di faccia invece è giovanissimo, perché ha due grandi occhi che si stupiscono e sorridono sempre. è sempre molto pulito e riavviato, non come me che dimentico qualche volta di pettinarmi."
Questo per me significa abbassare ogni barriera, una cosa che ho scoperto succedere specialmente nelle lettere: e il gioco dei sessi è bellissimo: chi è l'uomo? chi la donna? e chi il maestro e chi l'alunno? Pavese lo scontroso, il burbero, qui è tornato bambino.
Lui l'aveva introdotta alla letteratura americana e lei si era laureata su Melville. E poi erano trascorsi cinque anni in cui non era passato un giorno senza che i due si vedessero, in bicicletta, per Torino. A leggere quello che le scrive, c'è da chiedersi come sia possibile che lei abbia rifiutato di sposarlo per ben due volte. O forse è fin troppo chiaro. Perché è una resa incondizionata, quella di lui, anche se di una dolcezza disarmante. "Analisi amorosa di P." è il titolo che Pavese dà alla lettera dove letteralmente si spoglia davanti a Fernanda Pivano:
"Che potrà fare un uomo simile davanti all’amore? La risposta è evidente. Nulla, cioè infinite cose stravaganti che si ridurranno a nulla. Una volta che sarà innamorato, P. farà esattamente ciò che gli detta la sua indole e che è appunto ciò che non va fatto. Lascerà capire, innanzi tutto, di non essere più padrone di sé; lascerà capire che nulla per lui nella giornata vale quanto il momento dell’incontro; vorrà confessare tutti i pensieri più segreti che gli passeranno in mente; dimenticherà sempre di mettere la donna in posizione tale che essa lasciandolo si comprometterebbe. Questa, che è la prima elementare precauzione del libertino (il solo che applichi con impeccabilità la strategia amorosa), in P. invece si rovescia addirittura. P. si dimentica d’innamorare di sé la donna in questione, e si preoccupa invece di tendere tutta la propria vita interiore verso di lei, d’innamorare di lei ogni molecola del proprio spirito. Ecco la mania di assoluto, di simbolismo, che si diceva in principio. P. gioca (plays) fino in fondo la sua parte amorosa, primo per il suo bisogno feroce di uscire dalla solitudine, secondo per il bisogno di credere totalitariamente alla passione che soffre, per il terrore di vivere un semplice stato fisiologico, di essere soltanto il protagonista di un’avventuretta. P. vuole che ciò che prova sia nobile-, significhi, simboleggi una nobiltà sua e delle cose; diventi un idolo, insomma, cui valga la pena di sacrificare anche la vita, o l’ingegno – che sa di avere grande."
Questo Pavese mi fa letteralmente sentire ubriaca. Rido e piango. Mi fa ridere quando lo leggo, perché lui è così disperato di sé stesso che lo sento proprio sganasciarsi da solo ("si dimentica di innamorare di sé la donna in questione"); eppure lo sento anche piangere amaramente, e fa piangere anche me. Mi fa piangere perché non ho mai letto niente di più intimo e indifeso di questa lettera di arrendevole "analisi amorosa". Sento mio quel "terrore di vivere un semplice stato fisiologico": anche io voglio che sia nobile ciò che provo, e Pavese aveva davvero ragione. E non lo ha detto al mondo, no: lo ha detto a Fernanda Pivano. E anche se capisco bene che lei lo abbia rifiutato per due volte, perché un uomo con una sensibilità del genere deve fare davvero paura, allo stesso tempo non posso credere che lei lo abbia lasciato andare. Non riesco a credere che lei abbia voluto vivere una vita intera senza di lui: senza saperlo al mondo. Lui che in cinque anni non ha provato a baciarla mai, neanche una volta. La prova che i baci necessari esistono e che possono benissimo restare non dati, per sempre. Pavese è un autore che mi dà sicurezza e ho capito perché: perché è così sbagliato che ride di sé, perché vive in mezzo alla guerra e pensa solo alla croce della donna che non ha, ma molto più banalmente perché è un suicida. In questo, il suo pare un trionfo sulla morte, perché lui la controlla, la decide, in qualche modo. La sua biografia mi illude che lui abbia insomma governato la morte. Ma poi non può decidere della vita, tanto meno di quella di lei. Ho preso l' autobiografia di Fernanda Pivano che stava tra i libri di mio padre, e c'è un lungo inserto fotografico in cui è ritratta con tutti gli autori Americani della Beat Generation (questi sconosciuti). Senza Pavese non ci sarebbe stato niente di tutta quella vita, e da quella vita lui è assente, non c'è. Non è incredibilmente ingiusto? Che due persone si chiamino da lontano, a sbracciarsi, e non riescano a incontrarsi, a trovarsi per bene, come si deve? ad avere almeno una foto insieme? a darsi anche solo un bacio? onestamente sono un po' risentita con Fernanda Pivano.
La lettera più bella che le scrive secondo me è questa:
"Cara Fernanda,
se lei ignora l’odore del grano, intendo del grano in pianta, maturo, dondolante, sotto le nuvole e la pioggia estive, è sventurata e La compiango. Pensi che io non avevo mai sentito il grano in pianta, perché venivo sempre in campagna alla metà di luglio quand’è già mietuto, e questa volta è stato come quando un marito, separato dalla moglie da anni, ritorna a trovarla e gli pare un’amante – essa ha cioè delle parole, dei gesti, dei momenti a lui ignoti, a lui sfuggiti al tempo dell’amorosa passione, e che ora gli paiono rivelargli tutto il dolce del primo amore.
Mi metto dunque, stamattina, per le strade della mia infanzia e mi riguardo con cautela le grandi colline – tutte, quella enorme e ubertosa come una grande mammella, quella scoscesa e acuta dove si facevano i grandi falò, quelle ininterrotte e strapiombanti come se sotto ci fosse il mare – e sotto c’era invece la strada, la strada che gira intorno alle mie vecchie vigne scomparse, alla svolta, con un salto nel vuoto. Da questo salto non ero mai passato; si diceva allora che la strada proseguiva sempre a mezza costa, sempre affiancata da colline di così enorme estensione da apparire, viste sopra la spalla, come un breve orizzonte a fior di terra. Ero sempre arrivato soltanto a quest’orizzonte, a questi canneti (capisce? E come quando stesi nel prato, si guarda l’erba: chiude il cielo e sembra una foresta), ma presentivo di là dal salto, a grande distanza, dopo la valle che espande come un mare, una barriera remota (piccina, tanto è remota) di colline assolate e fiorite, esotiche. Quello era il mio Paradiso, i miei Mari del Sud, la Prateria, i coralli, l’Ophir, L’Elefante bianco ecc. Stamattina che non sono più un ragazzo e che il paese in quattro e quattr'otto l'ho capito, mi sono messo per questa strada e ho camminato verso il salto e ho intravisto le colline remote e ripreso cioè la mia infanzia al punto in cui l'avevo interrotta. La mia valle era vaporosa e nebbiosa, la barriera era lontana, chiazzata di sole e di campi di grano, era quel che dev'essere il corpo della propria donna quand'è bionda. Qui naturalmente non parla piu il bambino, l'infante, ma un uomo che è stato quel bambino e adesso è felice di esser uomo e di ricordarsi di Fernanda.
Ciao
Pavese."
Pavese dice che descrivere i paesaggi è cretino. E infatti qui lui non sta affatto descrivendo un paesaggio, no. Qui Pavese sta iniziando Fernanda Pivano al mito della sua infanzia e della sua adolescenza, ma le sta dicendo anche qualcos'altro: cara Fernanda, anche se abbiamo scherzato più volte, io non sono un bambino; sono un uomo, e ti amo. E per renderglielo come più tangibile, questo amore, lui la prende e la innesta nel suo mito come fosse una pianta, nelle sue colline, fin dentro al grano: pura bellezza. Io quando leggo quel ciao alla fine, scritto dopo averle dato del lei tutto il tempo, penso proprio che per quella bellezza avrei rifatto il viaggio della lettera al contrario, mi sarei messa in ginocchio davanti a quest'uomo pieno di problemi e gli avrei riempito le mani di baci: poi lo avrei implorato, per carità, di sposarmi.
#cesare pavese#fernanda pivano#letteratura#epistolary#poesia#poetry#illustrazioni#illustration#watercolour art
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Perplessità sulla narrazione dei cambiamenti climatici e sul Global Warming.
Se avete qualche perplessità sulla narrazione dei cambiamenti climatici e sul Global Warming è perché a casa vostra sono arrivati i servizi segreti Russi e Cinesi a spargere disinformazione.
Chi lo dice? La UE!
Non ci credete?
Risoluzione del Parlamento europeo del 1° giugno 2023 sull'ingerenza straniera in tutti i processi democratici nell'Unione europea, compresa la disinformazione (2022/2075(INI))
Seguite il punto 38:
“L'aumento del negazionismo del cambiamento climatico può essere collegato a una più ampia adozione delle teorie del complotto nel discorso pubblico, che si basa sulla creazione deliberata di una realtà contraria e sul rifiuto della scienza , e che include false idee su tutto, dalla guerra Russa contro l'Ucraina ai vaccini COVID19(!!!);
Si sottolinea il ruolo degli attori stranieri nella diffusione della disinformazione sui cambiamenti climatici e sulla politica climatica dell'UE, che sta minando il sostegno pubblico e viene utilizzata anche nelle narrazioni di attori nazionali che sfruttano la disinformazione climatica per i propri fini politici.”
Meno male che c'è la UE che ci protegge!
Non ridete, purtroppo è una cosa seria!
(Fortunato Nardelli)
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Oh, Madre!
Il giorno in cui ho capito che non sarei mai diventata madre avrò avuto nove anni, quando per la prima volta ho tenuto aperto sulle ginocchia un libro di Oriana Fallaci.
Ero in bagno, intenta nel mio passatempo preferito per combattere la stitichezza: frugare nel cassetto della moglie di mio padre, l'unico a distanza ravvicinata dal gabinetto su cui trascorrevo ore e ore in attesa che qualcosa uscisse dal mio corpo.
In mezzo a pile di slip, riviste osé e reggiseni, quel giorno trovai il libriccino galeotto che avrebbe annientato il mio istinto materno: Lettera a un bambino mai nato.
La moglie di mio padre utilizzava il cassetto del bagno per nascondere i suoi segreti più intimi, forse credendo che il senso del pudore avrebbe trattenuto chiunque dal rovistare tra le sue mutande.
Ma io da bambina non sapevo dove il pudore stesse di casa. Vivevo confinata nei muri della mia camera, senza amici e senza infanzia, e il mio unico confronto con il mondo erano i romanzi di Isabelle Allende con descrizioni dettagliate di tutto ciò che accadeva in camera da letto.
La mia famiglia non ha mai amato la lettura, anzi direi proprio che al verbo detestare associassero la parola libro come complemento oggetto. Quindi loro non avevano la più pallida idea di cosa ci fosse tra le pagine di quei libercoli in cui annegavo le mie giornate.
Se un libro è letto da una bambina, significa che è adatto a una bambina, pensavano. E per vent'anni ne sono stata convinta anch'io.
Ma quel pomeriggio, seduta sul gabinetto, mi sorprese leggere il titolo "Lettera a un bambino mai nato" sulla copertina di un libro nascosto tra i calzini e una scatola di preservativi nel cassetto della moglie di mio padre incinta di sei mesi.
Divorai quel libro in una settimana, ringraziando la mia incapacità di andare di corpo come le persone normali per darmi la possibilità di trascorrere impunemente due ore seduta sulla ceramica fredda del cesso, fino a sentire le gambe addormentate e il bacino indolenzito.
Dopo ogni sessione di lettura, riponevo con cautela il libro nel cassetto della mia matrigna, facendo attenzione a incastrarlo perfettamente tra le pieghe dei reggiseni e dei pigiami.
Nessuno della mia famiglia ha mai saputo che a nove anni mi appassionai del racconto di una donna incinta che desiderava abortire, del suo calvario interiore e della lotta contro l'idea che un ammasso di cellule potesse essere ritenuta vita senziente.
A tredici anni mi trasformai in una paladina del diritto all'aborto. Lasciai di stucco la mia professoressa di Italiano quando le consegnai un pamphlet protofemminista sotto forma di foglio protocollo, spacciandolo per il mio elaborato del compito in classe sul testo argomentativo.
Gli altri miei compagni di classe non avevano mai sentito parlare di aborto, tantomeno di Oriana Fallaci, e forse erano fortunati nella loro ignoranza.
Ma io mi consideravo un'illuminata, una prescelta, una donna adulta, perché a tredici anni ero in grado di difendere con sforzi patetici e artefatti il mio sacrosanto diritto a non dare la vita.
Tanto ne ero convinta, che agli esami di licenza media dedicai il mio tema di italiano all'aborto, ancora una volta. Ero ossessionata, ero pazza, ero invasata: dovevo far sapere a tutti gli adulti che io a tredici anni sapevo di non volere figli, che non li avrei mai avuti, che avrei combattuto perché le donne come me potessero scegliere di non averli.
Quando, dieci anni dopo, la mia migliore amica mi informò di essere incinta, la prima cosa che le dissi fu: "Vuoi abortire, vero?".
E alle occhiate scettiche e divertite delle donne più grandi, che ridacchiavano sornione mentre mi ricordavano l'esistenza dell'orologio biologico, io ribattevo con rabbia di chiudere il becco.
Questo fino all'anno scorso, quando una seduta con la mia psicologa esperta di EMDR ha messo un po' di disordine tra i miei piani.
Non avevo mai riflettuto sulla possibile connessione tra il mio rifiuto della maternità e il suicidio di mia madre, ma quella tragica mattina di febbraio la mia terapeuta decise di spiattellarmelo in faccia senza troppi mezzi termini: il fatto che mia madre si fosse uccisa e mi avesse abbandonata non significava che io avrei fatto lo stesso con i miei figli.
Quella fu l'ultima seduta con la mia terapeuta, perché mal tollerai questa inferenza nelle mie decisioni sul mio utero. Non mi interessava sapere quale fosse la causa del mio odio verso la gravidanza e soprattutto non volevo ammettere che la morte di mia madre mi perseguitasse fino a quel punto.
Abbandonata la terapia e accolti gli antidepressivi, ho smesso di mettere in discussione il mio disprezzo per la maternità fino a quando a essersi suicidato non è stato un mio amico.
A quel punto mi sono resa conto che il mio bagaglio di affetti contava già due suicidi nell'arco di vent'anni, una percentuale non da poco considerando che la mia permanenza su questa terra non ha varcato ancora la soglia dei trent'anni.
La morte del mio amico è coincisa con la ricomparsa breve e fugace di mio padre.
Dopo cinque anni di ostinata assenza e disinteresse, mio padre aveva deciso di riallacciare i rapporti con me dopo la scoperta di un tradimento da parte di sua moglie.
Mio padre ritenne quel momento un'ottima occasione per mettermi a parte della storia del mio concepimento.
Così ho scoperto, davanti a un raffinato piatto di uramaki, di essere la classica figlia del "proviamo a fare funzionare questo matrimonio": mia madre aveva fallito il suo primo tentativo di suicidio e aveva confessato a mio padre che avere una figlia l'avrebbe aiutata.
Si vede che non ho svolto bene il mio compito, considerando che dopo sette anni dalla mia nascita la mia cara mamma si fece trovare morta in bagno con una calza di nylon legata al collo.
Mentre il peso di questa rivelazione si sedimentava tra la bocca dello stomaco e la gola, togliendomi la capacità di proferire parola e l'appetito, mio padre rincarava la dose lamentando il suo "non aver fatto nulla di male per meritarsi questa vita" da crocerossina, vedovo e cornuto.
La mia domanda, formulata silenziosamente nelle settimane successive, riguardava piuttosto cosa avessi fatto io di male per meritarmi di essere desiderata, partorita, traumatizzata e abbandonata da mia madre.
Con poca calma e tanta perizia, nei mesi ho messo insieme tutti i pezzi del puzzle che è la mia incapacità di vedermi madre: dal libro letto di nascosto sul cesso al tema sull'aborto, dal consiglio a denti stretti dato alla mia amica al rifiuto del parere della psicologa, fino alla confessione di mio padre.
Il risultato è stato un puzzle oscuro e strambo, in cui alcuni pezzi si incastrano a fatica con gli altri e restituiscono un'immagine grottesca e spezzata. Un'immagine di me che lotta tra l'odio per la mia famiglia, il desiderio di non essere mia madre, il determinismo di un patrimonio genetico malato.
Insomma, un'immagine non troppo lusinghiera. Ma che almeno mi dà ragione dell'irritazione e della saudade che provo quando ascolto le mie coinquiline scambiarsi ogni sera confidenze con le loro madri per telefono, tra risatine e battute.
Questo puzzle sgangherato è una prova ulteriore del mio non voler essere madre, del preferire crepare da sola piuttosto che correre il rischio di dare la vita a una persona solo per traumatizzarla.
Allo stesso tempo, quando guardo questo puzzle, mi rendo conto che il fervore di quella tredicenne che scriveva pagine e pagine sull'aborto era solo un tentativo di rispondere a quell'unica, atroce domanda:
"Oh, madre! Perché mi hai abbandonato?"
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A partire dal 2004, su suggerimento di un’amica, Lorenzo Castore inizia a frequentare Catania e in particolare il quartiere di San Berillo che è da sempre stata la zona delle prostitute, soprattutto dei travestiti, un territorio a parte nel cuore della città.
“Glitter Blues” è un racconto di vite marginali in un percorso di ricerca del proprio posto nel mondo attraverso una coraggiosa tensione alla libertà dell‘affermazione della propria identità, che spesso rivela una natura più complessa e contraddittoria di quello che è considerato “normale” dalla società borghese e dal suo giudizio retrogrado su cosa è bene o male, giusto o sbagliato.
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Sulla Soglia.
Fotografie di Lorenzo Castore
Testo di Francesco/Franchina Grasso
Ormai ho perduto il conto degli anni passati su questa soglia, tanto che mi è difficile immaginare persino il numero degli uomini che l’hanno attraversata. Sembra ieri che il mio incerto destino e la mia bellezza di giovane donna mi hanno portato in questa casa appartata a cercare il futuro. Strana idea quella di cercare la propria vita tra le pieghe di quella degli altri, eppure è nella coesistenza con gli altri che ha preso forma e si è concretizzata l’unica vita che per me era possibile.
Così, lungo tutto questo tempo, su questo gradino consumato e nella penombra di una squallida stanzetta, ho visto maturare tra un amplesso e l’altro tutta la mia vita e sfumare tutte le mie aspirazioni.
Tra una sigaretta fumata a metà ed un caffè trangugiato in fretta, una gran parte di mondo è sfilato davanti ai miei occhi e tra le mie gambe.
Ad ogni incontro ho dato tutto il calore che mi è stato richiesto, forse per un senso di fratellanza e di condivisione nascosti nel profondo del mio cuore. Sono stata amante, moglie, sorella e madre.
Ho vestito i panni squallidi della prostituta dalle calze a rete lacere e gli abiti della gran signora. Ho gridato parole sguaiate e taciuto nei silenzi pieni di vergogna del sesso.
Ho cercato amore senza mai trovarlo, nella dolorosa disillusione di scoprire di esser fatta solo per dare e non anche per ricevere.
Quante offese mi hanno gettato addosso per tenermi a distanza dalla vita degli altri, quella cosiddetta “normale”. E quanta violenza ho subito in questo quartiere squallido e angusto, e tuttavia raro luogo di testimonianza di vera umanità.
In tutti questi anni ho visto vizi, bassi istinti, desideri segreti svelarsi per poi assopirsi, per poi risorgere ed appagarsi ancora, in un ciclo continuo che è nato con l’uomo e che solo con esso morirà.
Ma adesso, adesso che la mia bellezza volge al termine, che ogni speranza d’una vita diversa è sepolta nelle pieghe del passato, non ho che te, sconosciuto uomo, che rallenti il tuo passo davanti alla mia porta socchiusa. Con disperata speranza, mi rivolgo a te, a te uomo che hai bisogno d’un po’ di calore nelle sere piovose, a te che cerchi un abbraccio, una carezza ed una parvenza d’amore, a te che fuggi ogni effimera illusione. E’ di te che ho bisogno adesso, del tuo flebile calore, dei tuoi mezzi abbracci e del tuo amore a tempo, per curare le profonde ferite che solcano il mio cuore. Quando tu lo vorrai, allora, se è di me che avrai bisogno ancora, mi troverai qui anche domani, qui, ancora, ad aspettarti malinconica, sul gradino consumato di questa soglia.
Glitter Blues © Lorenzo Castore 2004-2021, (p) Blow Up Press 2021. "Sulla soglia" by & © Franchina Grasso.
#lorenzo castore#glitter blues#photography#photobook#photo exhibition#catania#san berillo#franchina#blow up press#2004-2021
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ALESSIO LEGA
ACAB: tutti i poliziotti sono bastardi (All Cops Are Bastards).
Che vuol dire “bastardo”? Vuol dire “figlio illegittimo”. Nella repubblica italiana i poliziotti (ma diciamo anche le forze dell’ordine nel loro insieme), non hanno mai, dico MAI, compreso la distanza fra il fascismo e la democrazia. Possiamo risalire molto più indietro di Genova 2001, alla polizia di Scelba e di Tambroni, che non si limitava a manganellare ma sparava per uccidere: a Melissa, a San Donaci, a Modena, a Reggio Emilia… Possiamo parlare dei carabinieri golpisti. Possiamo discutere di cosa successe la notte di Pinelli.
Molti poliziotti sono anche morti eroicamente nel contrastare la mafia? Certo… pensate che i poliziotti fascisti del prefetto Mori non lo facessero? Un esercito combatte contro il nemico che gli indica il generale non sta a pensare se esso è buono o cattivo: lo combatte senza testa, senza ragione. Perciò nessun esercito può essere democratico - anche se è al servizio di una repubblica e contro una dittatura - perché il concetto di democrazia popolare ti interroga sempre, individualmente, sul senso di ciò che fai. L’obbedienza in democrazia non è più una virtù (l’ha detto un prete, non un anarchico).
E vogliamo parlare dei poliziotti omertosi sui loro colleghi? Di quelli che collettivamente applaudono gli assassini (condannati in via definitiva) di Aldrovandi? Del fatto che, se vuoi avere una speranza di verità, devi far indagare i carabinieri sulle malefatte della polizia e viceversa, sperando che la rivalità fra corpi delle forze dell’ordine faccia ciò che non può fare il rispetto del mandato democratico? Vogliamo parlare della tortura usata regolarmente nelle questure e nelle caserme? (che fa schifo anche quando il torturato è a sua volta un torturatore, un fascista o un mafioso). Vogliamo parlare della polizia penitenziaria, fogna nella fogna: Modena e Santa Maria di Capua Vetere 2020? Vogliamo dire qualcosa di quella super-polizia che sono i servizi segreti, che non erano “deviati”, ma proprio concepiti così. Del loro ruolo nella storia repubblicana?
Quando si dice che “tutti i poliziotti sono bastardi” non si vuol negare che ci sia stato il fascista onesto ed il nazista che nascose in casa sua gli ebrei che conosceva. Si intende dire che le forze dell’ordine non hanno mai colto la distanza fra il sistema autoritario e quello democratico, sono “bastardi” nel senso che sono figli di una diversa e opposta concezione dell’ordine pubblico. Che per loro chi manifesta è sempre potenzialmente un criminale, un pericolo, nel migliore dei casi una scocciatura. Essi non hanno mai capito che sono al servizio dei cittadini e della costituzione, essi si ritengono al servizio del governo, più spesso della parte padronale e reazionaria del paese. Essi non sanno che nelle piazze si esercita un diritto democratico pari (se non superiore) che nel parlamento.
Per questo se quell’acronimo - nella sua schietta genericità - dà fastidio, è solo perché stringatamente esprime un giudizio storico preciso, meditato e inappellabile: la polizia italiana non è la prima figlia della democrazia, ma l’ultima bastarda del fascismo.
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Operazione Speciale: Lioness, un thriller spionistico al femminile
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Taylor Sheridan oramai è di casa su Paramount+, avendo creato gran parte dell'offerta seriale originale attualmente presente sulla piattaforma. Eccezion fatta per Yellowstone, da cui tutto è partito e che da noi è disponibile in esclusiva su Sky e NOW per una questione di diritti, i suoi spin-off 1883 e 1923 e le serie separate da quell'universo, Mayor of Kingstown e Tulsa King, costituiscono l'ossatura del recente servizio streaming.
Punto di vista inedito?
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Operazione Speciale Lioness: Zoe Saldana in una scena
Questo nuovo thriller spionistico, che conferma la capacità di Taylor Sheridan di maneggiare il genere e la materia, inizia quasi come la miniserie Maid, ovvero con una giovane donna, Cruz (Laysla De Oliveira) che prova a fuggire dal fidanzato violento in un quartiere degradato, per poi diventare qualcos'altro, quando lei si ritrova in un avamposto dei Marine, che potrebbe mostrarle una nuova strada dove incanalare tutta la sua rabbia e che potrebbe "salvarla". A quel punto arriva il reclutamento nel programma militare americano Lioness, realmente esistente, che addestra giovani donne non solo ad essere spietati soldati ma soprattutto a mascherarsi nella folla sotto copertura per entrare in contatto con possibili fonti in Medio Oriente nella lotta al terrorismo. Le fonti sono donne anche loro: figlie, sorelle, mogli, madri che potrebbero aiutare l'esercito statunitense ad arrivare ai loro figli, fratelli, mariti, padri per fermarli.
Propaganda militare?
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Operazione Speciale Lioness: una scena
Il punto di vista sembra quindi inedito per la solita storia di lotta al terrorismo raccontata oggigiorno, soprattutto alla serialità che a Homeland deve molto se non tutto, ma la serie è stata tacciata di propaganda guerrafondaia che ha in fondo sempre caratterizzato la serialità di Sheridan. Anche qui, pensandoci, c'è una distinzione fin troppo netta tra buoni e cattivi, tra amici e nemici. Allo stesso tempo però risulta interessante vedere la messa in atto di quest'operazione sui generis, tra gite al mercato e incontri in gioielleria piuttosto che tra le dune di sabbia nel deserto o in covi in edifici segreti.
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Operazione Speciale Lioness: un'immagine della serie
Il bilanciamento tra vita privata e professionale è sicuramente il core di Operazione speciale: Lioness, come dimostrano anche gli altri personaggi. Sheridan ha messo in piedi un cast stellare ancora una volta, dopo la coppia Ford-Mirren in 1923 e Renner e Stallone protagonisti di Mayor e Tulsa: Zoe Saldana, reduce dai successi delle saghe di Guardiani della Galassia e Avatar, imbraccia le vesti di Joe, un'agente della CIA che fatica a mantenere in piedi il proprio matrimonio con Neil (Dave Annable), un oncologo pediatrico, e il proprio rapporto con le loro due figlie. C'è molta onestà in questa relazione, bisogna ammetterlo, dato che la coppia parla con disinvoltura di relazioni casuali extraconiugali rispettive per poter sopravvivere e "sentire qualcosa", quando si ritrovano dopo mesi sotto lo stesso tetto.
Cast stellare
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Operazione Speciale Lioness: un momento della serie
Creata da Sheridan insieme a Jill Wagner, che nella serie interpreta la leader della squadra, Bobby, la serie ha come fiore all'occhiello sicuramente la caratteristica di poter vantare nel proprio arsenale anche Michael Kelly (reduce dal successo di un'altra serie spionistica, Tom Clancy's Jack Ryan) nei panni del supervisore della CIA Byron Westfield e Nicole Kidman in quelli del supervisore di Joe, Kaitlyn Meade, e infine Morgan Freeman nel ruolo di Edwin Mullis.
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Operazione Speciale Lioness: una scena della serie
Quello che viene messo in piedi è quasi un passaggio di testimone generazionale tra le donne dello show, che nei rari momenti di quiete possono condividere e confrontare le proprie esperienze sul campo e nella vita. Non è detto che la guerra là fuori sia l'unica che queste donne vivono e non è detto nemmeno che sia la più pericolosa. In questo ricorda quasi un Army Wives - Conflitti del cuore al contrario. Operazione speciale: Lioness è la serie che fa al caso vostro se volete un intrattenimento complesso ma non troppo, che guarda fuori dalla finestra per raccontare lo spionaggio oggi, soprattutto quello relativo al fermare un eventuale prossimo 11 settembre e le conseguenze che ciò comporta sulle famiglie dei soldati che decidono di arruolarsi.
Conclusioni
In conclusione Operazione Speciale: Lioness è l’ennesima serie di Taylor Sheridan per Paramount+ che si muove pericolosamente tra l’innovativo e il vecchio stampo, proponendo un intrattenimento non troppo impegnato che guarda all’attualità e ai delicati rapporti tanto dentro casa quanto sul campo di battaglia, e non è detto che questi ultimi siano i più difficili da gestire.
👍🏻
Il punto di vista inedito femminile sia per quanto riguarda i Marine che le fonti che queste devono avvicinare.
Il cast stellare coinvolto.
La messa in scena e i dialoghi asciutti ad alta tensione.
👎🏻
Il rischio di propaganda militare, di cui è stata tacciata la serie, c’è.
#special operations lioness#lioness#paramount plus#paramount#operazione speciale lioness#zoe saldana#nicole kidman#taylor sheridan#recensione#review
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