#Luciano Virgilio
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mayolfederico · 2 years ago
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Eugeni d'Ors ~ La valle di Josafat - 2. Figure dell'antichità classica
Eugeni d’Ors ~ La valle di Josafat – 2. Figure dell’antichità classica
  Alessandro Magno il Macedone   La coppa di sangue di bue che, volontariamente bevuta, mise termine alla feconda esistenza di Temistocle era la stessa che piena di cicuta, doveva bere Socrate più tardi. Alcuni mercanti la riportarono di nuovo ad Atene con il cadavere dell’eroe. (Lasciatemi inventare questa leggenda e credere in essa, come un greco, immediatamente dopo di averla…
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abatelunare · 8 months ago
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Curiosity killed the cat
La letteratura italiana del Novecento è piena zeppa di autori che hanno pubblicato un sacco, ma che nessuno (o quasi) conosce perché non si pubblicano più. Penso - giusto per fare solo qualche nome - ad Alfredo Oriani, Luciano Zuccoli, Antonio Beltramelli, Salvator Gotta, Lucio d'Ambra, Virgilio Brocchi, Jolanda, Annie Vivanti. Io tutta 'sta gente l'ho scoperta per puro caso, mosso come sono da una curiosità che in campo letterario assume connotazioni a dir poco patologiche. Se è vero che essa ha ucciso il gatto, io sono morto un sacco di volte. Meno male che resuscito sempre. Anche se non sono un gatto.
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sguardimora · 2 months ago
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Con la festa del 7 settembre si sono chiusi i 4 intesi anni di attività connesse al progetto europeo Stronger Peripheries. Ci tengo a pubblicare per chi non c'era il discorso di ringraziamento rivolto a tutta la comunità che ho presentato durante la serata del 6 settembre in teatro.
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Io purtroppo domani per impegni pregressi non sarò presente alla festa di chiusura Mondaino gioca in Europa ma sarò in residenza a Rubiera con un gruppo di giovani spettatori e spettatrici, quindi ci terrei a ringraziare stasera, visto che molte e molti di voi siete presenti, chi in questi anni è stato con noi, e ci ha affiancato nella costruzione e realizzazione di questi processi di cura e accompagnamento degli artisti in residenza. 
Perdonatemi se leggerò questo breve discorso ma data l’emozione e forse la commozione per la fine di un progetto così inteso non vorrei rischiare di dimenticarmi qualcosa di importante. 
L’arboreto ha avuto come partner di questo progetto europeo l’onere - perché è stato difficile - ma anche l’onore – perché è stato per noi fonte di crescita e consapevolezza - di accogliere in residenza 7 degli 11 artisti selezionati da Stronger Peripheries. 
All’inizio ricordo eravamo molto impauriti: il progetto è iniziato nel frangente della pandemia nel momento in cui i teatri si riaprivano con tutte le difficoltà del caso, mascherine, vaccini, polemiche. Noi avremmo dovuto lavorare a stretto contatto con la comunità perché questo richiedevano i progetti degli artisti ma avevamo davanti una comunità che non c’era, che si era dispersa, una comunità impaurita. 
Con questi dubbi siamo partiti per costruire gli incontri della prima artista ospite: Neja, un’artista slovena, che lavorava sul tema lavoro e felicità. Lei voleva incontrare e intervistare degli anziani del territorio le cui storie si legassero a questa tematica.
Ora non mi vorrei dilungare troppo però in questo caso io devo assolutamente ringraziare Sandra Roselli e Alberto Giorgi che soprattutto all’inizio sono stati i miei occhi aperti sul paese. Sandra ci ha messo il cuore e il suo amore per la comunità; Alberto la sua passione per la storia di Mondaino e il suo legame forte con il paese. 
Mi hanno introdotta alla comunità, insieme abbiamo riflettuto sugli spazi di lavoro da osservare, e mi hanno suggerito e accompagnato dalle persone che potevano essere disponibili ad incontrare l’artista. Ed è stata una prima esperienza meravigliosa: alcuni signori ex lavoratori della fabbrica di fisarmoniche Galanti e della miniera di Mondaino sono arrivati in teatro con Sandra e quello che hanno portato a Neja non sono state solo le loro storie personali, ma quelle di un paese intero e le hanno donato fotografie, buste paga, pezzi del loro archivio personale. Mondo, Virgilio, Luciano e Vittorio sono i loro nomi. 
Poi c’è stata Giulia Betti che ringrazio per come si è donata alla gran parte degli artisti e delle artiste in residenza in questi anni, mettendo a disposizione le sue capacità artistiche e relazionali, una cura speciale nell’ascoltare i desideri e le necessità di ognuna e ognuno di loro. 
Poi ci sono stati gli amici, le amiche, i nuovi abitanti e quelli che a Mondaino ci vivono da anni o da sempre, i vicini di casa e i vicini di altri paesi, portatori ognuno e ognuna a modo loro di storie, di utopie realizzate. Non ce n’è stata una tra le persone che ho chiamato per coinvolgerla che mi abbia detto no: e questo per me è incredibile! Si è rivelato ogni volta come un dono inaspettato! 
Quindi ringraziare desidero, per citare Mariangela Gualtieri che è una delle presenze e voci che per anni hanno abitato questo teatro, ringraziare desidero ognuna e ognuno di voi, molti presenti stasera – non posso fare tutti i nomi ovviamente ma siete qui - che ci avete accolto nelle vostre case, raccontato le vostre storie personali, le sfide e le difficoltà, a cuore aperto e con una fiducia estrema. 
E ringraziare desidero anche tutti i bambini e le bambine delle scuole del territorio e le loro insegnanti che hanno avuto il coraggio di far entrare le loro classi dentro a percorsi di ricerca fragili, spesso rischiosi, che in alcuni casi affrontavano tematiche anche complesse. 
E ovviamente ringrazio anche se non sono tutte e tutti qui presenti gli artisti e le artiste perché senza di loro tutto questo non sarebbe possibile. 
Io ho dei bagliori, delle immagini che mi resteranno per sempre nel cuore e di questo vi ringrazio infinitamente. Per raccontarvene alcuni.
La dolcezza e delicatezza dei bambini della primaria di Montelabbate che sono scesi sul palco e hanno lavorato a stretto contatto con Chiara Bersani, un’artista disabile per chi non la conoscesse, accoccolandosi intorno a lei, esplorando con lei il suo sottobosco.
I primi ricordi, le lacrime e i sorrisi dei bambini di Schieti che insieme a Kepler, collettivo bolognese, hanno trattato il tema della memoria e dei ricordi che se ne vanno.
Il palco del Teatro Dimora pieno di donne che inaspettatamente hanno risposto alla chiamata di Eva, artista greca, interessata a conoscere i rituali legati alla festa di Santa Lucia e più in generale legati all’acqua.
Il racconto divertentissimo del bar dei fuchi che aspettano “come tonti” il passaggio dell’ape regina. 
E poi sì tante le storie, i racconti delle vite degli altri che, così come è proprio del teatro, ci fanno riflessivamente mettere in discussione le nostre, ci pongono nuove domande e ci aprono nuovi orizzonti di senso. 
Queste occasioni di incontro, questi differenti e molteplici modi di stare insieme e di abitare ogni interstizio del teatro ci hanno arricchito tantissimo e hanno accresciuto negli anni un sentimento di fiducia di cui sono grata; hanno fatto emergere penso quella comunità che il sociologo Appadurai definisce "comunità di sentimento": cioè un gruppo che inizia a immaginare e sentire le cose collettivamente. E, rubo ancora qualche parola ad Appadurai prima di chiudere, "l'immaginazione, soprattutto quando è collettiva, può diventare l'impulso per l'azione. È l'immaginazione, nelle sue forme collettive, che crea le idee di quartiere e di nazione”, e aggiungo io di cittadinanza che è un po’ il senso del mio e del nostro lavoro qui, e di questo ringrazio ancora tutte e tutti voi.
Francesca Giuliani
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daimonclub · 9 months ago
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Aforismi e citazioni sul padre
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Aforismi e citazioni sul padre Aforismi e citazioni sul padre, massime, idee e pensieri sul papà, il suo ruolo, la sua importanza all'interno della famiglia. Frasi anche per la sua festa. Un buon padre non esiste, è la norma; non si accusino gli uomini bensì il legame di paternità che è marcio. Fare figli, non c’è cosa migliore; averne, che cosa iniqua! Jean Paul Sartre L’avvenimento più importante, la perdita più straziante nella vita di un uomo. Sigmund Freud Quando mio padre lavorava stavo poco con lui. Dopo si è ammalato e quindi passavamo insieme diverse ore al giorno. Poi alla fine è morto ed ora siamo inseparabili. Carl William Brown Richiamate il Padre, / restituitene la presenza; / riavutolo, nulla sarà triste. Virgilio In casa mio padre ha sempre letto il giornale, ecco perché forse ho sviluppato questa mia abitudine a scrivere contro la stupidità. Carl William Brown Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo, mentre sei nel pieno vigore. Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati. Siracide, Antico Testamento, II sec. a.C. La morte ha liberato mio padre dai suoi mali e purtroppo mi ha imprigionato ancora di più nei miei. Carl William Brown Nel rispetto per il proprio padre nulla è più grande, quanto stimarlo come si stima il Cielo. Confucio Mio padre non mi diceva come dovevo vivere: viveva e lasciava che io lo guardassi vivere. Clarence Budington Kelland Man mano che diventavo grande, osservando sempre di più il mondo, il mio umorismo andava sviluppandosi a dismisura, tanto che quando mio padre si sedeva a leggere avidamente la pagina dei necrologi non potevo esimermi dal chiedergli se non vi fossero per caso novità divertenti. Carl William Brown
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Aforismi sul papà Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà. Antico Testamento Mio padre ha sempre osservato le leggi, ma non si è mai curato di guardare chi non le osservava. Questi sono stati i suoi due più grandi difetti. Carl William Brown Parricidio. Colpo di grazia filiale che concede una liberazione definitiva dai diuturni tormenti della paternità. Ambrose Bierce Scommetto che nessuno di noi ha mai desiderato di venire al mondo, e probabilmente anche Gesù non ne aveva molta voglia, vi fu costretto, infatti è stato il padre a mandarlo. Carl William Brown La saggezza del padre è il più grande ammaestramento per i figli. Democrito Mio padre mi dice sempre se non sono stanco di dare del deficiente a tutti, ma io gli rispondo che è il mio passatempo preferito. Carl William Brown Le lacrime e le paure di un padre sono invisibili, il suo amore è silenzioso, ma la sua cura e protezione rimangono come un sostegno forte per tutta la vita. Ama H. Vanniarachchy I padri non sanno nulla dei loro figli. Né i figli dei loro padri. Patrick Poivre d'Arvor Le parole di un padre sono come un termostato che regola la temperatura in casa. Paul Lewis Non potranno mai essere calcolati i costi umani – in termini di fatica, di rinunce, di sacrifici – pagati dai padri ‘tradizionali’ perché i figli potessero avere una vita più clemente. L. Lombardi Satriani Tutti i miei amici sono preoccupati di diventare come il loro padre. Io sono preoccupato di non diventarlo. Dan Zevin Lodar il proprio figlio è lodar sé stesso; biasimare il proprio padre è svergognar sé stesso. Proverbio
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Mio papà Luciano Per una quantità di ragioni nessun periodo del passato ci è tanto ignoto quanto i tre, quattro o cinque decenni che dividono i nostri vent'anni dai vent'anni di nostro padre. Robert Musil I padri non devono né vedere né sentire. Questa è l'unica vera base della vita di famiglia. Oscar Wilde È estinta o si sta estinguendo la stirpe dei padri. Da tempo orfani, noi generiamo degli orfani, essendo stati incapaci di diventare noi stessi dei padri. Natalia Ginzburg Il padre più severo nei suoi rimproveri è rude nelle parole, ma padre nelle azioni. Menandro Aver commesso tutti i crimini, tranne quello di essere padre. Emil Cioran La mania di distruzione si è instillata in me sin da piccolo, mio padre infatti costruiva armi e a Santa Lucia io volevo sempre in regalo pistole e fucili. Carl William Brown Ciò che il padre ha taciuto, prende parola nel figlio; e spesso ho trovato che il figlio altro non era, se non il segreto denudato del padre. Friedrich Nietzsche Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia e non contristarlo durante la sua vita; ancorché egli perda la lucidità della mente sii indulgente con lui. La misericordia verso il padre non sarà dimenticata; nel giorno della tua tribolazione Dio si ricorderà di te. La Bibbia, Siracide I padri devono sempre dare, per essere felici. Dare sempre, l'esser padre sta in questo. Honoré de Balzac Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre, che la perdita del patrimonio. Niccolò Machiavelli Io sono nato tre volte; la prima quando mi ha generato mia madre, la seconda quando sono diventato Carl William Brown, la terza quando è morto mio padre. L'unico problema è che sono sempre nato morto. Carl William Brown Il padre è presente solo per la sua legge che è parola, e soltanto nella misura in cui la sua parola è riconosciuta dalla madre, prende valore di legge. Se la posizione del padre è messa in questione, il bambino rimane fissato alla madre. Jacques Lacan A volte penso che mio padre sia una fisarmonica. Quando lui mi guarda e sorride e respira, sento le note. Markus Zusak Paparino. Viene così chiamato dai suoi rozzi figlioli un padre poco rispettato. Ambrose Bierce Mio padre non c'è più, ma il suo spirito vive in me, e quindi è ancora vivo, se non fosse però che io sono già morto. Carl William Brown
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Citazioni e massime sui padri Un cuore di padre è il capolavoro della natura. Abbé Prévost Quando tuo padre t'ha messo al mondo, caro, il fatto è fatto. Non te ne liberi più finché non finisci di morire. Luigi Pirandello Colui che genera un figlio non è ancora un padre, un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno. Fëdor Dostoevskij E’ ovvio che per chi crede alle miracolose doti di padre pio, compresa quella del dono dell’ubiquità o della lievitazione, parlare di logica, di buon senso e di sterile umanità, è un’operazione di estrema ed ingenua stupidità. Carl William Brown Tutte le ricerche mettono in luce la fondamentale rilevanza della figura paterna ai fini di una equilibrata personalità e di un corretto comportamento sociale. M. Quilici Meschinità, viltà, autorità, vanità, assurdità, nullità, crudeltà, superficialità, avidità, tutte madri della stupidità. E il padre è sempre il potere. Carl William Brown Ama tuo padre, se è giusto, e se non lo è, sopportalo. Publilio Siro Tutto ciò che un figlio può ragionevolmente aspettarsi da un padre è che sia presente al concepimento. Joe Orton Aforisma onomatopeico. Sia lodato padre Pio; pio, pio, pio, cip, cip, cip, miao, miao, miao, cri, cri cri... Carl William Brown Non esiste un buon padre, è la regola; non bisogna prendersela con gli uomini, ma con il legame di paternità che è marcio. Jean-Paul Sartre Ogni uomo può essere un padre, ma ci vuole qualcosa di speciale per essere un papà. Anne Geddes Quando avevo 14 anni, mio padre era tanto ignorante che mi dava fastidio averlo attorno. Ma quando ebbi 21 anni, mi sorprese vedere quanto aveva imparato in sette anni. Mark Twain Nell'adolescenza si fa gran conto del giudizio altrui. Rossore sulle guance dei figli davanti alle intemperanze in pubblico del padre o della madre. Francesco Burdin L'amore di tua madre non devi meritarlo, mentre devi meritarti quello di tuo padre. Robert Frost Il vero perfetto Papà non delega del tutto alla mamma la diseducazione e rovina del proprio figlio. Aldo Busi Sono molti i personaggi famosi a ringraziare Padre Pio per averli salvati da penose sciagure; non sono però mai riuscito a capire quali sono i santi che dovrebbero essere ringraziati per avergliele mandate. Carl William Brown Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l’ha catturato per sempre. Gabriel Garcia Marquez L’insondabile viluppo di goffaggini e di slanci, di tenerezze e di rivolte, che fornisce dinamica al duetto padre-figlio. Vittorio Gassman La luce dei padri vale sette volte la luce. Proverbio giapponese Mio padre non mi diceva come dovevo vivere: viveva e lasciava che io lo guardassi vivere. F. Freeley
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Auguri per la festa del Papà Per Freud il bambino tende ad innamorarsi della madre e ad essere geloso del padre, è questa l'idea del suo famoso complesso di Edipo. Ma ipotizziamo il caso di trovarci in presenza di un tenero omosessuale! Carl William Brown Non è difficile diventar padre; essere un padre, questo è difficile. Wilhelm Busch Subito dopo Dio, viene Papà. Wolfgang Amadeus Mozart È noto che il sorriso di un padre illumina l’intera giornata di un bambino. Susan Gale La festa del papà è come la festa della mamma, tranne per il regalo che costa meno. George Herbert Sai quali sono i cattivi padri? Quelli che hanno dimenticato gli errori della loro giovinezza. Denis Diderot Hitler, il padre spirituale di tutti i serial killers. Carl William Brown I padri hanno molto da fare per riparare al fatto di avere dei figli. Friedrich Nietzsche Chi maledice il padre e la madre vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre. Libro dei Proverbi, Antico Testamento, V sec. a.C. Un padre è meglio di cento insegnanti. George Herbert Ci sono strani padri, tutta la cui vita sembra consacrata a preparare ai figli ragioni di consolarsi della loro morte. Jean de La Bruyère Ascolta, figlio mio, l'istruzione di tuo padre e non disprezzare l'insegnamento di tua madre, perché saranno una corona graziosa sul tuo capo e monili per il tuo collo. Libro dei Proverbi, Antico Testamento, V sec. a.C. Anche quando ebbi finito il mio primo libro, mio padre preferì continuare a leggere il giornale, ed io ho continuato a scrivere contro la stupidità. Carl William Brown Un cuore di padre è il capolavoro della natura. Antoine François Prévost Essere un buon padre è come farsi la barba. Non importa quanto sei stato bravo a raderti oggi, devi farlo di nuovo domani. Reed Markham Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi a me estraneo, per te stesso egualmente t’amerei. Camillo Sbarbaro Un padre deve sgobbare la metà di una qualunque madre per essere considerato bravo il doppio! Mary Kay Blakely Tanti auguri papà, sei la persona che mi ha insegnato a sorridere. Ti voglio bene. Festa del Papà Tanti auguri a chi mi ha regalato la vita e continua a farlo ogni giorno. Buona Festa del Papà Festa del Papà Sullo stesso argomento potete anche leggere: Riflessioni e pensieri sul padre Aforismi per autore Aforismi per argomento Pensieri e riflessioni Read the full article
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lamilanomagazine · 10 months ago
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Frosinone: vernissage per il Parco dell'Arte al Matusa
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Frosinone: vernissage per il Parco dell'Arte al Matusa. Frosinone. Una platea festante ha salutato, ieri, l'inaugurazione del Parco dell'Arte del Matusa. Al vernissage, insieme al Sindaco di Frosinone Riccardo Mastrangeli, erano presenti l'on. Nicola Ottaviani, il questore Domenico Condello, il direttore dell'Accademia di Belle Arti Loredana Rea, il dirigente dell'IIS Bragaglia Fabio Giona, gli assessori Rossella Testa e Angelo Retrosi, i consiglieri Corrado Renzi e Andrea Turriziani, Alfio Borghese e una nutrita rappresentanza degli alunni dei quattro comprensivi e del Cpia di Frosinone, accompagnati dai propri docenti. Madrina dell'iniziativa, Adriana Russo. "Cultura e bellezza si incontrano in questo bellissimo parco – ha dichiarato il Sindaco Mastrageli - Il Parco Matusa, già 'casa' dei Canarini, è diventato, dal 2018, un punto di riferimento per l'incontro e l'aggregazione intergenerazionale di giovani, famiglie, bambini, anziani e sportivi. È oggetto di un importante progetto di riqualificazione, che prevede tra l'altro un nuovo impianto di illuminazione ecosostenibile e la creazione di un'area polivalente per il fitness". Quattro le nuove sculture, figurative e astratte, nel Parco del Matusa di Frosinone, che sono state installate allo scopo di ampliare il Parco dell'arte, voluto dall'ex primo cittadino Nicola Ottaviani e confermato fortemente dal sindaco Riccardo Mastrangeli. Di Enrico Roberti "L'Espressione del Libero Arbitrio" in ferro, del 2021, opera che è stata esposta anche nella Biennale di Arte Contemporanea del 2023 ad Anagni; di Leonardo Antonucci "Immutabili Legami", in marmo di Carrara, del 2023, che l'affianca contribuendo a ribadire l'importanza della figura geometrica nella nuova tendenza dell'arte internazionale. Luciano Sarracino, con "La Chiave", bronzo del 2016, propone un elemento importante della sua ricerca portata avanti anche con una scultura che è stata installata presso l'ospedale di Frosinone. Pierluigi Proietti, con "Il Calciatore", acciaio commerciale del 2022, torna al tema originario del Matusa, proponendo una doppia immagine di quelli che sono stati i primi protagonisti a vivere i campi verdi del vecchio stadio di Frosinone. Le opere sono state donate dagli autori e sistemate sui basamenti a cura del Presidente della Biennale di Arte Contemporanea, Alfio Borghese, in collaborazione con l'Assessore alla Cultura Simona Geralico e il Sindaco Riccardo Mastrangeli. I lavori sono stati diretti dall'architetto Bruno Sacchetti. Le quattro opere si affiancano così alle due già installate al centro dell'ingresso nel 2020. L'opera più alta, circa due metri, di Elena Sevi, in bronzo, raffigura Camilla, regina dei Volsci, la mitologica amazzone figlia leggendaria della nostra terra, citata da Virgilio, Dante, Boccaccio, Torquato Tasso e altri poeti e raffigurata da tanti pittori nel corso dei secoli. L'opera è fortemente dedicata al coraggio delle donne, alle donne guerriere e agli uomini che non hanno paura di amarle. La scultura è stata immaginata come se fosse stata rinvenuta nel greto del fiume Amaseno, carezzata dall'acqua e dai secoli. Elena Sevi, diplomata in scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Frosinone, ha esposto in Italia e in tutto il mondo. La seconda, Viola, mezzobusto in bronzo alto 80 centimetri, rappresenta le donne violentate dai militari marocchini incorporati nell'esercito francese, i famigerati goumier, ai quali, dopo aver attraversato la linea Gustav tedesca a Cassino, il generale Alphonse Juin avrebbe concesso 50 ore di diritto di preda. Lo stupro come ricompensa, il furto e la violenza come premio. Ore terribili per le popolazioni inermi e stremate della Ciociaria e non solo. Gente che aspettava fiduciosa l'arrivo dei liberatori e non il nemico. Sono state stuprate più di 60 mila donne, molte uccise insieme a mariti, bambini e genitori. E ancora sofferenza e morte, dopo le violenze subite, per suicidi e malattie. Viola, testimone e testimonianza di questi atroci delitti, è stata realizzata dalle allora allieve del Liceo Artistico di Frosinone: Cecilia e Veronica Caponera, Sara Carbone, Valentina Coccarelli, Giulia Iacovacci, Alice Napoli e Michela Reali nel 2015, in creta, in occasione della manifestazione "Sculture in Piazza" a piazzale Vittorio Veneto, ed è stata poi fusa in bronzo da Alfio Borghese. A dirigere le allieve dell'Anton Giulio Bragaglia l'insegnante Giusy Milone, valente scultrice.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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pirapopnoticias · 1 year ago
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micro961 · 2 years ago
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Le Opere di Alberto Borgogno
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Sul suo canale YouTube i video delle sue canzoni e composizioni. Il docente universitario, saggista e scrittore Mantovano raccoglie le sue opere musicali
I suoi lavori possono essere suddivisi in 4 categorie: - brani puramente strumentali, senza parole, di cui ha composto per intero la musica («Sonatina per fisarmonica e trio di fiati», «Gavotta paesana», «Mattinata senese», «Sera fiorentina», «Incanto ligure», «Frammento di pura melodia», «Scherzo», «Barcarola Mantovana», «Divertimento», «Cantabile», «Piccola Sonata», «Notturno»); - brani di cui ha composto sia la musica sia le parole: parole da lui create che non si riallacciano ad alcun testo poetico preesistente («Sei tu opera d’arte», «L’abbigliamento di una ragazza», «A Perinaldo»); - brani di cui ha composto sia la musica sia le parole, ma queste parole sono una dichiarata rielaborazione, o una libera traduzione, o uno sviluppo di celebri testi letterari di grandi autori (es.: «Lezione d’aritmetica secondo Prévert», «Federico García Lorca di fronte al vecchio ramarro», «La bella Dorotea di Charles Baudelaire», «Pablo Neruda al cospetto della Croce del Sud», «Canto di Saffo», «Favola di Esopo», «Il canto delle Sirene di Ulisse»); - brani che ha composto per musicare poesie di vari autori senza intervenire sul testo, anzi seguendo fedelmente il dettato originale, con scrupolo filologico («La leggenda di Teodorico» del Carducci, «Il privilegio di Dante», «Il prode Anselmo», «La Signorina Felicita» di Gozzano, alcune poesie di Trilussa, «Il brindisi di Girella» di Giuseppe Giusti, «I Martir ad Belfior» di Ferruccio Ferretti, i versi dialettali di Anfibio Rana).
Alberto Borgogno nasce a Mantova, nel febbraio del 1945, dove trascorre i primi 19 anni tra le corse in bicicletta fino alla riva del Po, a Borgoforte, le esplorazioni delle rovine dell’antico Forte di Pietole, borgo in cui nacque Virgilio, e i giochi coi coetanei che si spingevano fin dentro al Palazzo Te, nella Sala dei cavalli di Giulio Romano. Ama fin da subito la musica, suona la fisarmonica e gli viene riconosciuto l’ orecchio assoluto; studia con passione la teoria musicale, sotto la guida di alcuni professori del Conservatorio di Mantova. Ma ama molto anche la lingua e le opere degli antichi Greci, e legge a più non posso Omero, i Lirici, i Tragici, Platone, per poi laurearsi in lettere classiche nell’Università di Pavia. Insegna prima al liceo Dante di Firenze e poi Letteratura Greca nell’Università di Siena, per più di quarant’anni. In epoca pandemica smette l’insegnamento e si dedica a pieno tempo alla composizione musicale. Risiede a Firenze, ma si reca spesso a Mantova e a Perinaldo, il paese dell’estremo ponente ligure da cui ha origine la sua famiglia.   Ha scritto numerosi articoli sulle riviste specializzate nel campo della filologia classica e ha pubblicato studi e commenti su Menandro, Callimaco, Teocrito, Erodoto, Polibio; ha tradotto le «Argonautiche» di Apollonio Rodio, i «Romanzi Greci» del periodo ellenistico e greco-romano, l’«Edipo Re» di Sofocle, la «Medea» di Euripide, la «Storia Vera» di Luciano. Nel 2019 ha anche pubblicato un suo romanzo, «Amanti beati», tuttora disponibile presso le librerie.
Proprio i mesi di forzata clausura e la pausa dagli impegni accademici lo hanno riportato alla musica e a capire che poteva facilmente coniugare la sua disposizione creativa musicale con le conoscenze letterarie acquisite in una vita da professore di lettere. Ha ripescato i suoi vecchi manoscritti, ha passato molte ore al pianoforte, ha scritto sul pentagramma nuovi pezzi destinati a una esecuzione puramente strumentale. Partendo da poesie celeberrime (di Omero, Saffo, Dante, Neruda, García Lorca, Carducci, ecc.) e abbinando lo sforzo creativo musicale allo sforzo interpretativo, ha ottenuto come risultato musiche fra loro diverse, nello stile e nel tono, perché ciascuna di esse voleva mettersi in sintonia con le immortali parole di poeti diversi, in modo da far comprendere pienamente  le intenzioni espressive e le significazioni di questi grandi artisti: cosa che di solito è preclusa al blateramento dei critici di professione. Tutto questo con la collaborazione, per gli arrangiamenti e le esecuzioni, di musicisti eccellenti, capaci di accontentarlo con grande intelligenza e straordinaria precisione.
Infine, ha pubblicato i suoi brani in Youtube: il suo canale contiene soltanto sue creazioni, mai pubblicate in precedenza.
YouTube
 https://www.youtube.com/@albertoborgogno
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What are your 15 favorite Yankee Candles scents?
Funk #1 (Historical Novel), Louis Butkovitz (1959)
Drum #1 (Rockabilly), Ronnie Spector (1986)
Bar #1 (Rockabilly), Eric Zangwill (2002)
White Dove #1 (Traditional), Guillaume Tell (1960)
Cocaine #1 (Classic Rock), Richard Ashcroft (1973)
Pornography #1 (Old Timey), Giancarlo Volta (1974)
Loss #1 (Masochistic), Luciano Pavarotti (1947)
Sylvan (Eastern Folklore/Eastern Tradition), Paolo Virgilio (2004)
Mosquito #1 (Paranormal/Gothic), Andy Karl (1985)
Corrosion #1 (Old Timey), Mykola Rybczyński (1974)
Father Figure #1 (Traditional), Timothy A. Phelps (1975)
Women's Tears #1 (Western), Rachael Rigby (2003)
Possession #1 (Death Metal), Jimmy Chamberlin (1976)
Colonist #1 (Eastern Folklore/Eastern Tradition), Tony Martin (1967)
Falls #1 (Screamo Punk), Richard Jacques (2011)
Reefer Madness #1 (Hardcore Punk),The Offspring (1991)
Battle Cry #1 (Hardcore Punk), Axel Tovod (1982)
No question now
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archerulai518 · 4 years ago
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Como ver las mejores novelas y series turcas en España - Articulo numero: 04
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La novela es una obra literaria en la que se cuenta una acción fingida en todo o bien en parte y cuyo fin es causar placer estético a los lectores con la descripción o pintura de sucesos o lances interesantes así como de personajes, pasiones y costumbres, que habitualmente sirven de insumos la propia reflexión o bien introspección.
La vigesimotercera edición del Diccionario de la lengua española de la Real Academia Española la define de forma más general como una «obra literaria narrativa de cierta extensión» y como un «género literario narrativo que, con precedente en la Antigüedad grecolatina, se desarrolla desde la Edad Moderna».
​ La novela se distingue por su carácter abierto y su capacidad para contener elementos distintos en un relato complejo. Este carácter abierto ofrece al autor una enorme libertad para integrar personajes, introducir historias cruzadas o bien subordinadas unas a otras, presentar hechos en un orden diferente a aquel en el que se generaron o incluir en el relato textos de diferente naturaleza: cartas, documentos administrativos, leyendas, poemas, etc. Todo ello da a la novela mayor complejidad que la que presentan el resto subgéneros narrativos.
Las peculiaridades que permiten distinguir una novela de otro género literario son las siguientes:
- Narra hechos, reales o falsos pero creíbles.
- Predomina la narración aunque incluye: descripción, di��logo, monólogo interior o bien epístola.
- Describe mucho el entorno donde se desarrolla la narrativa.
- La novela se escribe en forma de prosa.
- Cuida la estética de las palabras.
- El desarrollo de personajes es más profundo que en un cuento o un relato.
- Una narrativa extensa: las novelas tienen, normalmente, entre sesenta 000 y 200 000 palabras, o bien de ciento cincuenta a 1200 páginas o bien más.
Aquí radica la diferencia con el cuento y el relato. Existe una zona difusa entre cuento y novela que no es posible separar en forma tajante. A veces se emplea el término nouvelle o novela corta para designar los textos que parecen demasiado cortos para ser novela y demasiado largos para ser cuento; mas esto no quiere decir que haya un tercer género (al contrario, duplicaría el problema por el hecho de que entonces habría 2 límites para delimitar en lugar de uno).
Existe toda una tradición de largos relatos narrativos en verso, propios de tradiciones orales, como la sumeria (Epopeya de Gilgamesh) y la hindú (Ramaiana y Majabhárata).
Estos relatos épicos en verso se dieron igualmente en Grecia (Homero) y Roma (Virgilio). Es acá donde se encuentran las primeras ficciones en prosa, tanto en su modalidad satírica (con El Satiricón de Petronio, las increíbles historias de Luciano de Samosata y la obra protopicaresca de Apuleyo El Asno de Oro). Dos géneros aparecen en la época helenística que se retomarían en el Renacimiento y están en el origen de la novela moderna: la novela bizantina (Heliodoro de Émesa) y la novela pastoril (Dafnis y Cloe, de Longo).
En la edad media los peregrinos entreteniéndose con cuentos; grabado en madera de la edición de Caxton, mil cuatrocientos ochenta y seis, de Los cuentos de Canterbury de Chaucer.
La Novela de Genji (Genji Monogatari), de Murasaki Shikibu, es una obra clásica de la literatura nipona y se considera como una de las novelas más antiguas de la historia.
En Occidente, en los siglos XI y XII, surgieron los romances, que eran largas narraciones de ficción en verso, que se llamaron de esta manera por estar escritos en lengua romance. Se dedicaron especialmente a temas histórico-legendarios, en torno a personajes como el Cid o el ciclo artúrico.
En el Siglo XIII, el mallorquín Ramon Llull escribe las primeras novelas modernas occidentales: Blanquerna y Félix o libro de las maravillas, como otros relatos breves en prosa como el Libro de las bestias.
En los siglos XIV y XV brotaron los primeros romances en prosa: largas narraciones sobre los mismos temas caballerescos, solo que eludiendo el verso rimado. Acá se halla el origen de los libros de caballerías. En China se escriben dos de las cuatro novelas tradicionales chinas, el Romance de los 3 Reinos (mil trescientos treinta) de Luo Guanzhong y la primera versión de A la ribera del agua de Shi Nai'an.
Junto a los libros de caballerías, brotaron en el siglo XIV las colecciones de cuentos, que tienen en Boccaccio y Chaucer sus más destacados representantes. Solían recurrir al artificio de la "historia en la historia": no son así los autores, sino sus personajes, los que relatan los cuentos. De este modo, en El Decamerón, un grupo de florentinos huye de la peste y se entretienen unos a otros contando historias de todo tipo; en los Cuentos de Canterbury, son unos peregrinos que van a Canterbury a visitar la tumba de Tomás Becket y cada uno de ellos escoge cuentos que se relacionan con su estado o su carácter.
Así los nobles cuentan historias más "románticas", al paso que los de clase inferior prefieren historias de la vida cotidiana. De esta manera, los auténticos autores, Chaucer y Boccaccio, justificaban estas historias de trampas y travesuras, de amores ilegales y también inteligentes intrigas en las que se reía de profesiones respetables o bien de los habitantes de otra ciudad.
A fines del siglo XV surge en España la novela sentimental, como última derivación de las convencionales teorías provenzales del amor cortés. La obra fundamental del género fue la Cárcel de amor (mil cuatrocientos noventa y dos) de Diego de San Pedro.
El cambio de un siglo a otro estuvo dominado por los libros de caballerías. En Valencia, esta clase de prosa libresca se propagó al idioma valenciano, con obras como Tirante el Blanco "Tirant lo Blanc" de Joanot Martorell (mil cuatrocientos sesenta-1464) o bien la novela anónima Curial e Güelfa (mediados del Siglo XV). La obra más representativa del género fue el Amadís de Gaula (mil quinientos ocho). Este género siguió cultivándose el siglo siguiente, televisión turca con 2 ciclos de novelas: los Amadises y los Palmerines.
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persinsala · 6 years ago
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Aspettando Godot
Il Godot di Scaparro appare amichevole e scanzonato, dimenticando l’avvertenza di Beckett al regista della prima messinscena (1952): “niente è più grottesco del tragico”. Il risultato è uno spettacolo godibile, che però non spinge la pièce beckettiana ai confini della sua im)possibilità. (more…)
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abatelunare · 4 years ago
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Onomastica antica
Gli scrittori latini avevano tre nomi: Lucio Anneo Seneca, Publio Virgilio Marone, Marco Tullio Cicerone. Quelli greci uno soltanto: Aristofane, Luciano, Sofocle. L’ho sempre trovata una cosa curiosa.
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giallofever2 · 6 years ago
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(some Rare VHS 📼 Cover...& Dvd)
1980
Luca il contrabbandiere
Also Known As (AKA)
(original title) Luca il contrabbandiere
Belgium (French title) (video title) Lucas le contrebandier
Brazil Luca o Contrabandista
Canada (French title) Lucas le vengeur
Denmark (DVD title) Napoli forbindelsen
France La Guerre des Gangs
Greece (video title) O lathremporos
Netherlands (informal literal title/video box title) The Smuggler
Norway Brennpunkt Napoli
Portugal O Contrabandista
Soviet Union (Russian title) Контрабанда
Spain Luca el contrabandista
UK (video title) The Naples Connection
UK (video title) The Smuggler
USA contraband 1980
West Germany Das Syndikat des Grauens
World-wide (English title) The Smuggler
(literal English title) Luca the Smuggler
Release Dates
Italy 8 August 1980
Spain 5 April 1981
West Germany 7 May 1982
USA 23 July 1982 (limited)
Portugal 27 May 1983
Mexico 21 May 1984
Finland 2007 (DVD premiere)
UK 19 May 2014
Directed by Lucio Fulci
Music by Fabio Frizzi
Writing Credits
Ettore Sanzò ... (story/screenplay)
Gianni De Chiara ... (story/screenplay)
Lucio Fulci ... (screenplay)
Giorgio Mariuzzo ... (screenplay)
Filming Dates
3 December 1979 - March 1980
Filming Locations
Naples, Campania, Italy
technical specifications
Runtime 1 hr 37 min (97 min)
1 hr 28 min (88 min) (25 fps) (cut) (UK)
Cast
Fabio Testi ... Luca Di Angelo
Ivana Monti... Adele Di Angelo
Marcel Bozzuffi ... The Marsigliese - Francois Jacois
Lucio fulci ... Old Boss (uncredited)
Giulio Farnese ... Alfredo
Venantino Venantini ... Captain Tarantino
Ajita Wilson ... Luisa
Luciano Rossi ... Chemist
Salvatore Billa ... Marsigliese Thug
Romano Puppo ... Enforcer
Omero Capanna ... Marsigliese Thug
Saverio Marconi ... Luigi Perlante
Enrico Maisto ... Mickey Di Angelo
Ferdinando Murolo ... Scherino
Fabrizio Jovine ... Chief of Police
Daniele Dublino ... Prosecutor
Guido Alberti ... Don Morrone
Giordano Falzoni ... Charlie
Ofelia Meyer ... Ingrid
Tommaso Palladino ... Capece
Virgilio Daddi ... Marsigliese Thug
Cintia Lodetti ... Ursula
Rita Frei ... Filomenia
Nello Pazzafini ... Traitor (as Giovanni Pazzafini)
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latinabiz · 3 years ago
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La quinta giornata del Festival del Cinema Italiano a Sabaudia
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Intervista Premiazione Pubblico Paolo Genovese Festival Sabaudia Grande successo nella serata di domenica 8 agosto per la giornata del Festival del cinema italiano Sabaudia Studios a Sabaudia, con premiazione del compositore e musicista Roberto Pischiutta detto Pivio del Duna d’oro. In Piazza del Comune, ecco la terza kermesse dedicata al Cinema: il rinomato Sabaudia Studios, Festival del Cinema italiano, arricchito quest’anno dalla preziosa collaborazione di Francesca Piggianelli, Presidente di Romarteeventi, che ne ha curato il coordinamento artistico. La bellezza del festival Sabaudia Studios non è solo la proiezione dei film sul grande schermo ma anche le confidenze, gli aneddoti, il rivelarsi da parte degli ospiti nel momento del pre-festival, con registi, attori, sceneggiatori che raccontano gustosi retroscena che hanno accompagnato quei film che hanno fatto la storia del cinema italiano. Ogni sera, durante i talk-show dei salotti, sarà assegnato il “Premio Duna D’Oro - Città di Sabaudia” ad attori, registi, produttori che nel corso dell’anno o della loro carriera si siano distinti a livello nazionale. Per la conduzione delle serate ecco Tosca D’Aquino, attrice di cui Sabaudia si è innamorata per le precedenti conduzioni del festival, Flora Canto, conduttrice e attrice, affiancate da Gian Luca Campagna, giornalista e scrittore. Seguono il programma di stasera 9 agosto e domani martedì 10 agosto. IL PROGRAMMA DI OGGI 9 AGOSTO Il film di lunedì 9 sarà ‘School of mafia’, con ospiti il regista Alessandro Pondi. Inoltre sarà proiettato anche il videoclip del cantante Eugenio Picchiani dal titolo ‘Il circo’, ospite della kermesse. Eugenio Picchiani presenterà il suo nuovo videoclip dal titolo ‘Il circo’, un brano psichedelico dalle sonorità tecno-pop, diretto da Christian Antonilli. Dopo il successo ottenuto con il videoclip Eclissi, premiato alla XVII Edizione del Roma Videoclip, e del brano Cappellaio Matto, nato a sostegno delle donne vittime di violenza, ecco Il Circo: “Il Circo è la grande ‘carovana del sistema’ – ha spiegato Eugenio Picchiani parlando della genesi del brano -. è un canto a difesa della libertà propria e altrui per ogni forma vivente perché la libertà degli altri, di ciò che ci circonda, è anche la nostra libertà. La negazione ed il rispetto della libertà per ogni forma vivente, per il mondo animale, è una negazione al principio di libertà per tutti”. Alessandro Pondi, regista nato a Ravenna nel 1972, esordisce nel 1997 con il romanzo Gli angeli non mangiano hamburger e successivamente inizia a scrivere per la televisione e il cinema accanto a Luciano Vincenzoni e Tonino Guerra. A partire dal 1999, scrive le sceneggiature di Questa casa non è un albergo, Compagni di scuola, Grandi domani, Don Matteo, Il bambino della domenica, L'uomo che cavalcava nel buio, Il signore della truffa, K2 - La montagna degli italiani, Trilussa - Storia d'amore e di poesia. Ha inoltre ideato il soggetto di serie della soap-opera Cuori rubati e della serie televisiva Il commissario Manara. Per il cinema firma sia pellicole d'autore come K. Il bandito di Martin Donovan e Litium cospiracy di Davide Marengo, che film campione di incassi come Natale a Beverly Hills e Natale in Sudafrica, con i quali vince due premi Biglietto d'oro. Nel 2007 pubblica un racconto Noir 00 nella raccolta Omicidi all'italiana edito da Colorado noir e distribuito da Mondadori e nello stesso anno inizia la collaborazione con Paolo Logli, con il quale fonda – assieme a Riccardo Irrera e Mauro Graiani - la factory di scrittura creativa 9mq storytellers. Nel 2008 vince il premio per la miglior sceneggiatura al Festival Internazionale di Salerno con il film Il bambino della domenica, e nel 2012 il premio per il miglior soggetto e sceneggiatura alla 33esima edizione Una vita per il cinema, con il film K2 - La montagna degli italiani. Per il teatro firma la commedia sentimentale Una donna in casa, e i due musical Un po' prima della prima con Pino Insegno e Il pianeta proibito con Lorella Cuccarini. Nel 2017 esce nelle sale Chi m’ha visto? con Pierfrancesco Favino, Beppe Fiorello, Mariela Garriga e Sabrina Impacciatore di cui firma sceneggiatura e regia. Ha lavorato con sceneggiatori quali Martin Donovan, Tonino Guerra, Sandro Petraglia, Andrea Purgatori, Alessandro Camon, Luciano Vincenzoni, Alessandro Bencivenni, Domenico Saverni e Neri Parenti. La trama di School of mafia: Il capo di tutti i capi Frankie Maciano cade dal ponte di Brooklyn (seguito dal suo cane) gettando la città di New York nel panico: si scatenerà una guerra fra i clan mafiosi, o le Famiglie riusciranno a trovare un accordo? Ma i tre boss rimasti alla testa delle cosche newyorkesi hanno un problema più pressante: i rispettivi figli si rifiutano di intraprendere la strada (del crimine) dei padri, e dunque la discendenza mafiosa, più ancora che la faida fra bande, è il vero pericolo. Tony insegna danza ed è gender fluid; Nick fa il cantante rock; e Joe sta addirittura diventando poliziotto. L'unica "cura" possibile per loro è una full immersione nelle "lezioni di mafia" di Mr T, ovvero Turi 'U Appicciaturi. Dunque i tre boss rapiscono i loro figli e li spediscono a Palermo, dove Turi li aspetta insieme a Salvo 'O Svizzero e alla moglie, vero capo di casa. La premessa di School of Mafia è ottima, la sceneggiatura, firmata a otto mani dal regista Alessandro Pondi insieme a Paolo Logli, Mauro Graiani e Riccardo Irrera è all'altezza, riuscendoci soprattutto nella costruzione delle lezioni di Mr T che attingono alla realtà e mostrano come, al netto della degenerazione morale, ci sia qualcosa da imparare anche da un decalogo per uomini "d'onore". È fondamentale anche che a impartire quelle lezioni siano il formidabile Nino Frassica, che non sbaglia un gesto o un'intonazione, e di Maurizio Lombardi che, nei panni di Salvo, costruisce una caratterizzazione autentica. Buoni anche i caratteristi di contorno, dal sempre affidabile Gianfranco Gallo a Tony Sperandeo, da Mario Pupella a Giulio Corso. IL PROGRAMMA E GLI OSPITI DI MARTEDI 10 AGOSTO Verranno proiettati due film cult diretti dal regista Paolo Genovese, ospite d’onore della serata. ORE 21 – G.I IMMATURI (2011) Sei ex compagni del liceo romano Giulio Cesare, classe 1972, si rincontrano 20 anni più tardi, dopo aver ricevuto una sconcertante comunicazione dal Ministero della Pubblica Istruzione: il diploma di maturità di tutti i candidati della loro sezione è stato ritenuto non valido a causa di alcune irregolarità della commissione d’esame. Per questo motivo, il neuropsichiatra infantile Giorgio (Raoul Bova), l’agente immobiliare Lorenzo (Ricky Memphis), il conduttore radiofonico Piero (Luca Bizzarri), la manager aziendale Luisa (Barbora Bobulova), il donnaiolo Virgilio (Paolo Kessisoglu) e la chef Francesca (Ambra Angiolini), un tempo molto amici, decidono di rivedersi per prepararsi insieme alla tanto temuta prova di maturità. ORE 22.30 TUTTA COLPA DI FREUD (2014) Francesco (Marco Giallini) è uno psicoterapeuta di cinquant'anni che si occupa, fin dalla separazione dalla moglie, delle sue tre figlie Emma, Marta e Sara, sfortunatissime in questioni di cuore. Sara, dopo l’ennesima delusione, mette completamente in discussione la propria identità sessuale. Marta, proprietaria di una piccola libreria in centro, continua a innamorarsi di scrittori affascinanti che non la ricambiano.Emma, giovane diciottenne maturanda, inizia una relazione con Alessandro (Alessandro Gassmann), un architetto di trent'anni più vecchio di lei e per di più sposato con Claudia (Claudia Gerini), la donna di cui il padre, Francesco, si è segretamente innamorato. Francesco, in questo intreccio di situazioni, cercherà di capire quale sia la strada giusta per riuscire ad essere un "padre ideale”, senza trascurare i propri sentimenti e la capacità di innamorarsi, che invece dai tempi della separazione aveva messo da parte. Questo il programma completo del festival Sabaudia Studios: venerdì 6 agosto ‘GENITORI VS INFLUENCER’, anno 2021, regia: Michela Andreozzi. sabato 7 agosto ‘ADDIO AL NUBILATO’, anno 2020, regia: Francesco Apolloni. domenica 8 agosto ‘ODIO L’ESTATE’, gennaio 2020, regia: Massimo Venier. lunedì 9 agosto ‘SCHOOL OF MAFIA’, uscito il 24 giugno 2021, regia: Alessandro Pondi. martedì 10 agosto RETROSPETTIVA dedicata a Paolo Genovese, regista e sceneggiatore. Quest’anno ricorre il decennale dall’uscita di IMMATURI, film che nel 2011 ha ricevuto ben sei nomination tra David di Donatello e Nastro d’argento. Per l’occasione, durante il prefestival, sarà presente il regista e sceneggiatore PAOLO GENOVESE e verranno proiettati nella stessa serata ben due suoi film: IMMATURI e TUTTA COLPA DI FREUD. Proiezione di ‘TUTTA COLPA DI FREUD’, anno 2014, regia: Paolo Genovese. mercoledì 11 agosto SERATA OMAGGIO A GIGI PROIETTI ‘FEBBRE DA CAVALLO – LA MANDRAKATA’, anno 2002, regia: Carlo Vanzina. giovedì 12 agosto ‘DIVORZIO A LAS VEGAS’, anno 2020, regia: Umberto Carteni. venerdì 13 agosto ‘OSTAGGI’, anno 2021, regia: Eleonora Ivone. Read the full article
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tifatait · 3 years ago
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Napoli, Luciano Spalletti nel presepe di Di Virgilio | www.sportmediaset.mediaset.it
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persinsala · 8 years ago
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Aspettando Godot
Al Teatro della Pergola di Firenze va in scena Aspettando Godot, per la regia di Maurizio Scaparro. L’opera più famosa dell’autore irlandese, Samuel Beckett, conserva intatta la sua icasticità. (more…)
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Libri| Mesagne e la sua storia di Diego Ferdinando (II parte)
Pubblichiamo i brani conclusivi dell’Introduzione alla Messapographia sive Historia Messapiae
  di Domenico Urgesi
Le fonti di Diego
[…]
Le fonti basilari di Diego sono anzitutto quelle classiche: gli storici greci, Erodoto, Strabone, Pausania, da lui citati sia direttamente che attraverso le riletture umanistiche; allo stesso modo si avvale di Plinio, Virgilio e Festo. Copiosi sono i richiami da autori umanistici; Leandro Alberti e Gabriele Barrio sono suoi punti di riferimento, specialmente nel libro I della Historia Messapiae, come anche Lamberto Ortensio e Biondo Flavio. Non mancano Pontano, Facio, Sabellico, D’Alessandro, anche se in maniera un po’ defilata.
Le fonti della classicità greca e latina ricorrono specialmente nei primi due Libri. Notevole, per la trattazione dell’epoca romana, sembra anche il ricorso alla Historia Augusta, altra opera enciclopedica i cui estensori sono citati e/o parafrasati.
Il Galateo
  Continui e insistenti i riferimenti agli umanisti salentini, soprattutto Antonio De Ferrariis detto il Galateo il cui Liber de Situ Iapygiae (1558) viene citato molto spesso oltre che parafrasato; nei suoi confronti, il nostro riconosce continuamente un’autorevolezza indiscussa, attestata anche dal corografo Abrahamus Ortelius, che ne stampa un brano nella carta geografica della Apulia quae olim Iapygia inserita nel supplemento (1573) all’atlante Theatrum Orbis Terrarum, pubblicato più volte ad Anversa a partire dal 1570; è lo stesso brano che Diego commenta nella parte iniziale del suo ms., quella dedicata alla descrizione naturalistica della Iapygia. All’autorevolezza corografica dello stesso Ortelius, Diego si richiama più volte.
Un posto speciale occupa Virgilio[1], sulla scia della lettura fattane da umanisti quali Biondo Flavio e Lamberto Ortensio, ma soprattutto da Auctores di età romana imperiale come Servio Mario Onorato, privilegiato mentore di Diego, di Giunio Valerio Probo, e di Ambrogio Teodosio Macrobio (il quale aveva contribuito a rendere l’opera virgiliana enciclopedica e a diffonderla enormemente). Molto verosimilmente, questi autori che avevano fatto di Virgilio uno dei massimi “sapienti” dello scibile umano mitologico, storico, religioso e filosofico, agli occhi di Diego legittimano la validità storica della mitologia classica. Accanto ad essi, però, non è da sottovalutare l’influenza dell’umanista Natale Conti, la cui Mythologiae sive explicationes fabularum libri X ebbe numerose edizioni tra la fine del ‘500 e la prima metà del ‘600[2]. Sembra mutuata proprio dal Conti, ampiamente citato da Diego, il suo forte richiamo alla mitologia; come per l’umanista, i miti pagani sono completamente assorbiti da Diego all’interno della sua assoluta fede cristiana, alla quale sono ricondotti.
Epifanio Ferdinando
  Tra i Salentini, oltre al De Ferrariis, molto citato è l’amico e collega del padre Epifanio, Girolamo Marciano (1571-1628); sono anche conosciuti e citati, elencandoli qui in ordine cronologico, Antonello Coniger (XV-XVI sec.), Quinto Mario Corrado (1508-1575) e Iacopo Antonio Ferrari (1507-1588), come pure Giovan Battista Casmirio (XVI sec.) e Giulio Cesare Infantino (1581-1636), la cui opera (a noi nota come Lecce sacra) è citata come “Sacrarum Lupiarum”. Varie volte Diego attesta le sue affermazioni con l’autorevolezza del padre Epifanio.
Ad eccezione della Lecce sacra, pubblicata nel 1634, le opere di Marciano, Coniger, Casmirio e Ferrari, rimasero inedite per lungo tempo; ma, evidentemente, Diego ne possedeva (o, almeno, ne aveva letto) i manoscritti circolanti al suo tempo. L’elenco in ordine cronologico può essere utile: la cronaca del Coniger (Recoglimento de più scartafi de certe cronache moderne, et antiche de più cose, et rinuate le cose socesse in questa Provincia de Terra d’Otranto), databile al 1512, circolò manoscritta fino al 1700; la lettera del Corrado (Ad Cives Uritanos Oratio) è datata al 1561; la Epistola apologetica del Casmirio[3], databile al 1567, è stata pubblicata solo recentemente[4], ma circolava ms. ai tempi dell’autore; l’Apologia paradossica della città di Lecce del Ferrari (opera ultimata nel 1586[5] ma, benché pubblicata soltanto nel 1707 in Lecce, anch’essa era nota ai contemporanei essendo circolata ms.); la già citata opera (s.d., ma ante 1628) del Moricino (1558-1628), ms. ben noto ai tempi dei Ferdinando e che troverà solo nel 1674 la necessità di essere pubblicata (ma plagiata) dal Della Monaca; la Descrizione, origini e successi della Provincia d’Otranto[6] (s.d., ma ante 1628) del Marciano, anch’essa circolata ms. ai suoi tempi. Sul Marciano, in particolare, bisogna rilevare che questo autore è continuamente citato e parafrasato da Diego, a volte esplicitamente, ma più spesso implicitamente.
Innumerevoli i richiami, quasi sempre espliciti, a Giovanni Giovine, Giovanni Antonio Summonte, Marino Freccia, Pandolfo Collenuccio, dalle cui opere Diego attinge notizie e considerazioni in continuazione; meno citati Tommaso Costo e Angelo Di Costanzo. In un’ottica comparativa, alla luce delle notevoli differenze ideologiche e di impostazione storiografica, nonché della loro differente dipendenza dal loro specifico contesto politico, sarebbe da approfondire quanto di codesti Auctores Diego condividesse, e fino a qual punto. Anche perché Collenuccio, Di Costanzo, Costo, Summonte, Freccia, ecc., sono i capostipiti di varie tendenze (filo-angioina, filo-aragonese, antispagnola) che saranno proposte tra XV e XVIII secolo, sulla cui fortuna utilissime sono le considerazioni di autorevoli studiosi quali Aurelio Musi[7] e Antonio Lerra[8] (che qui accenniamo solamente).
Peraltro, un altro illustre studioso, Angelantonio Spagnoletti, sottolinea che «… la ricostruzione della memoria municipale nel Regno di Napoli è organizzata su elementi facilmente riconducibili ad un unico modello: la fondazione eroica e leggendaria della città, la vita del santo protettore, il rinvenimento miracoloso del suo corpo, la costellazione di chiese e di edifici sacri, la cronotassi episcopale…»[9].
Questi autorevoli studiosi hanno, dunque, messo in evidenza il trasferimento agli storici-cronisti-storiografi locali di temi e modelli afferenti ai capostipiti napoletani, quali l’insistenza sui miti di fondazione di origine greco-romana, il tema della fedeltà, la dinamica del potere locale, il peso dell’agiografia, l’emergenza dell’antispagnolismo[10].
Troviamo questi temi in Diego Ferdinando, ma in una miscela del tutto particolare, in cui non sembra prevalere nessuna delle tendenze citate; insistente è, invece, il tema delle origini (incentrato sui Messapi) insieme a quello agiografico (incentrato su S. Eleuterio). La dinamica del potere è accennata nel ricordo della vicenda del pallio, ma soprattutto nel richiamo meticoloso ai privilegi[11] che Mesagne aveva ereditato dai sovrani angioino-durazzeschi, puntualmente elencati da Diego, teso a rivendicare alla propria patria l’antico status di città demaniale.
Ricorre spesso l’utilizzo di fonti ecclesiastiche come Eusebio di Cesarea e Lattanzio, il Venerabile Beda, S. Epifanio, Henschenius, ma soprattutto S. Agostino (il Doctor Gratiae), un epigono del quale, il monaco agostiniano Jacopo Filippo Foresti alias Eremitano, occupa un posto privilegiato nella narrazione del Ferdinando. Ma occorre aggiungere anche un’altra considerazione, più generale e complessiva: dalla narrazione di Diego emerge una Puglia incessantemente battuta da eserciti stranieri e da sciagure naturali; una narrazione che sembra ricalcare l’impianto degli Annales Ecclesiastici di Cesare Baronio, altro suo Auctor prediletto; considerazione che emerge da un sommario confronto tra l’intitolazione di alcuni capitoli del Baronio e di Diego e che meriterebbe, forse, un maggiore approfondimento. Il Martirologio del Baronio (presumibilmente nell’edizione del 1620), in particolare, fu la sua fonte privilegiata per attestare il martirio di S. Eleuterio a Mesagne; e Diego gli rimase fedele anche dopo la revisione fattane nel 1630 da Urbano VIII. Bisogna, però, notare che il Martirologio Urbaniano non chiuse definitivamente la questione del martirio di S. Eleuterio; tant’è che, ancora nel 1660, troviamo affermata, sebbene in maniera critica, la versione del martirio mesagnese in un Martirologio Agostiniano[12].
[…]
Altro autore utilizzato da Diego fu Cieco da Forlì, alias Cristoforo Scanello, autore di una Chronicha universale della fidelissima, et antiqua regione di Magna Grecia, overo Iapigia divisa in tre parti, cioè di Terra di Otranto, Terra di Bari et Puglia Piana, stampata a Venezia nel 1575. La cronaca pugliese dello Scanello ebbe notevole successo, ma fu ritenuta poco autorevole già dagli studiosi dei secoli seguenti; la sua credibilità fu definitivamente demolita nel 1892 da Ludovico Pepe[13].
[…]
Per il periodo angioino-aragonese e quello del Viceregno, Diego si avvale del Summonte, del Giovine, di Paolo di Tarsia, di Paolo Giovio ed altri (compreso il Mannarino), ma soprattutto dei protocolli notarili, dei Tavolari, del “libro dei privilegi[14], conservato in Archivio” come dice lo stesso Diego (ossia il cosidetto “Libro Rosso”), dai quali trae e mette in risalto i numerosi e preziosi diritti concessi specialmente dagli Angioini, dai Durazzeschi e poi da Ferrante e suoi successori.
Nei due capitoli finora ignoti (Sepulchra ed Inscriptiones), i riferimenti sono soprattutto a Luciano di Samosata e ai Manuzio, Paolo e Aldo il Giovane. Nel capitolo sulle epigrafi mesagnesi, Diego espone quelle tramandate sia dal padre Epifanio che da lui viste, e si cimenta nella interpretazione del loro significato, anche per spiegare le incongruenze tra alcune versioni. In verità, alcune epigrafi erano state già pubblicate da Aldo il giovane, sulla base di comunicazioni inviate ai Manuzio da Quinto Mario Corrado (e da Giovanni Antonio Paglia), molto prima che se ne occupassero sia Epifanio che Diego Ferdinando. La vicenda ingenerò un po’ di confusione, poi perpetuata fino a Diego; un nostro supplemento di indagine[15] ha consentito di ricostruirne in parte i contorni (ma ne diamo un accenno nel relativo commento a pié di pagina, nella traduzione).
Uno sguardo particolare merita la polemica insistente (ma espressa cortesemente) che Diego propone nei confronti di Giovanni Maria Moricino[16], l’autore dell’opera Dell’Antichità e vicissitudine della città di Brindisi. Opera di Giovanni Maria Moricino, filosofo e medico dell’istessa città, descritta dalla di lei origine sino all’anno 1604. Una copia di tale opera, di cui l’originale fu disperso, è custodita in Biblioteca Arcivescovile “A. De Leo” di Brindisi: ms. D/12, trascrizione datata al 1761. Essa fu pubblicata nel 1674 dal plagiario Andrea Della Monaca col titolo Memoria historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi.
Il Moricino era un medico e filosofo discendente da famiglia veneta, nato nel 1558, morto nel 1628; nel periodo 1604-1605 ricoprì la carica di Sindaco a Brindisi, mentre nel 1613 vi risultava Auditore[17]. Oltre che a Brindisi, visse anche in Mesagne, dove insegnò retorica, logica e geometria a Epifanio Ferdinando; molto probabile, quindi, che una copia del ms. del Moricino fosse stata nelle disponibilità della famiglia Ferdinando. Evidentemente, per poterlo contestare, Diego ne leggeva il manoscritto; e, ad onor del vero, in molti casi ne riconosceva la piena validità. Perché, allora, questa polemica? Quasi certamente, la possiamo capire leggendo ciò che Moricino scrive a carta 16v del suo citato ms.:
[…] Nel che non posso fare di non ridere la vana pretendenza di coloro che pretendono Misagne, picciola Terricciola distante da Brindisi otto miglia, esser Messapia Regia de’ Re Messeni e Capo de Salentini…
[…]
Il contenuto dell’opera
Anzitutto, il confronto storiografico di Diego con la bibliografia e gli studi storici di oggi sarebbe impari; pertanto, nell’edizione critica ci siamo limitati a segnalare gli studi e le ricerche storiche ed archeologiche più autorevoli. Risulta molto più proficuo, invece, metterlo a confronto con la bibliografia dei suoi tempi, sia per capire quali, e di quale tipo, fossero le sue fonti, sia per mettersi in sintonia col suo modo di pensare.
Un breve accenno (ma l’argomento meriterebbe un discorso a parte) alla forma linguistica del codice 1655: il latino di Diego è fatto di lunghissimi periodi, spesso scoordinati, circonvoluti, “torrenziali”, colmi di termini abbreviati; si ha l’impressione di leggere un “racconto orale”; e, forse, l’uso sfrenato delle abbreviazioni, alcune delle quali sembrano inventate proprio da lui, tanto sono inusuali e ardite, è funzionale all’incalzare del racconto. La traduzione ha cercato di essere fedele non solo nella lettera, ma anche nello stile, al testo dell’autore; ma, soprattutto, ha cercato di rendere pienamente il significato di ciò che Diego intendeva esprimere. Compiti non semplici, tant’è che soltanto dopo essere entrati in sintonia con il suo pensiero, è stato possibile individuare i sinonimi più adatti a rispecchiarlo. È utile, mi pare, segnalare l’utilizzo (non eccessivo, tutto sommato) di termini ed espressioni dialettali e pure in volgare, quali “vuttisciana”, “girator di paese”, “porta picciola”, “de corpo a corpo”, “adaquatione”, “porta nova”, “porta di Rusci”, etc., che è oggetto di uno studio in corso di stampa[18]. Interessanti, anche, le numerose varianti latine e vernacole del nome di Mesagne.
Ciò premesso, riassumere quest’opera in poche frasi è impresa titanica, se non risibile. A mio modesto parere, tuttavia, qualche breve considerazione sul suo contenuto è necessaria, per potercisi orientare. Se quello che abbiamo prima appena accennato è l’orizzonte culturale nel quale si muove Diego, sembra di poter affermare che il suo è un terreno piuttosto campanilistico, benché supportato da una vastissima erudizione. Ma, d’altronde, il campanilismo del Ferdinando non è poi tanto esagerato, se solo si mette la sua opera a confronto con quelle (del ‘500 e ‘600) di altre città meridionali, in particolar modo quelle calabresi ricordate da Francesco Campennì[19], in cui sembrano persistere le antiche contrapposizioni tra le varie colonie magnogreche, che riemergono più o meno consapevolmente addirittura in epoca seicentesca: si vedano, in particolare, le contrapposte storie municipali di Cosenza, Crotone e Vibo Valentia[20]. Nel nostro caso, la contrapposizione è quasi a tutto campo, pur in forme erudite, tra la (presunta) centralità mitologica e religiosa di Mesagne e le circostanti città.
In realtà, quello che Diego esplora e approfondisce è un terreno che in area salentina era stato già solcato dal Casmirio, dal Ferrari, dal Moricino, dal Marciano.
Come per costoro, anche il Ferdinando si ispira sostanzialmente ad una linea storiografica che, nel Mezzogiorno, parte dal Galateo e fa il paio con il De antiquitate et situ Calabriae (1571) di Gabriele Barrio. Le vicende dei popoli italici precedenti la civiltà romana sono lette dagli studiosi ed eruditi locali vissuti tra umanesimo ed età moderna, come il fenomeno culturale che fornisce gli specifici caratteri identitari costitutivi di una “nazione”. Così, Diego fonda l’identità della sua città, Mesagne, sulle memorie della “nazione messapica”, che tenta di definire, descrivere ed illustrare sulla base delle fonti di cui poteva disporre, quelle letterarie innanzitutto; a queste aggiunge, poi, le scarne fonti archeologiche che andavano emergendo nel periodo burrascoso del primo ‘600.
[…]
Diversamente dal Mannarino, è del tutto assente, in Diego, qualsiasi intento encomiastico di signori o feudatari coevi o passati; e, mentre Mannarino esalta la Misagne felix, in Diego risulta vano cercare un minimo accenno alla Mesagne reale dei suoi tempi, fatta eccezione per i ritrovamenti archeologici. La celebrazione di Mesagne era, per il primo, funzionale alla benevolenza (per sé e per la città) del feudatario Giovanni Antonio Albricci; mentre per Diego sembra fine a sé stessa, funzionale alla dimostrazione della magnificenza di Mesagne nei confronti di chicchessia.
[…]
Tuttavia, benché scarna, l’attenzione di Diego ai suddetti temi indica (e conferma) la consapevolezza, negli osservatori seicenteschi, dell’autonomia riconosciuta alle autorità comunali di Terra d’Otranto dai sovrani angioini e aragonesi e non da quelli spagnoli (nel sistema neo-feudale), come è stato messo in evidenza da vari recenti studi[21]. Probabilmente, non è senza motivo la puntualità archivistica che a tratti ritroviamo in questa Messapographia: sarà da illuminare nel quadro delle dispute e delle alleanze che sorsero tra l’Università di Mesagne, il potere baronale, quello ecclesiastico e quello Vicereale, un campo di ricerca che merita di essere ulteriormente e sistematicamente solcato[22].
L’intento programmatico, che oggi definiremmo ideologico, di Diego non è dichiarato (ma ce n’era bisogno?); tuttavia, rifulgono chiaramente due obiettivi: ─dimostrare che Mesagne fosse stata Messapia capitale dei Messapi; ─dimostrare altresì una forte preminenza cristiana di Messapia-Mesagne, in quanto sede del martirio di S. Eleuterio, posto cronologicamente nell’anno 121 d.C., secondo i ragionamenti logici di Diego. Da ciò derivano le due caratteristiche fondamentali di quest’opera: la valorizzazione della “nazione messapica” e l’apologia di S. Eleuterio, confluenti entrambe nella grandezza di Mesagne. Mentre rispetto al secondo punto, l’accostamento della storia cittadina a quella del santo patrono non è una caratteristica rara né in Terra d’Otranto, né in tutto il Mezzogiorno, riguardo al primo punto, invece, Diego è l’unico scrittore di storia municipale, nel Seicento salentino, ad illuminare la propria città sulla base di una storiografia messapica.
  Diego Ferdinando e il Patronato di S. Eleuterio
Tali impostazioni risultano oggi plasticamente erronee; ma non erano assolutamente errate per Diego, e neanche per i suoi contemporanei, se è vero che nei documenti notarili ed ecclesiastici del suo tempo, Mesagne veniva indicata come Messapia (e ciò, in verità, fin dalla metà circa del ‘500). E Messapia veniva, pure, indicata la città nella epigrafe[23] incisa sul frontone del primo ordine della Chiesa Matrice riedificata, che reca la data del 1653. E le statue di S. Eleuterio, con Anzia e Corebo, erano e sono scolpite sul portale maggiore di detta chiesa (ma con un S. Eleuterio stranamente simile alla classica iconografia di S. Oronzo). Se, oggi, l’apologia di S. Eleuterio non ha più alcun senso, non era così nella mentalità (1655) dell’autore mesagnese; ma non era così, evidentemente, anche per i fedeli mesagnesi. Messapia e S. Eleuterio erano strettamente vincolati a costituire la base identitaria dei mesagnesi, come avvenuto in molte altre città salentine[24]. Erano così vincolati, che le statue dei tre Santi furono poste sul portale maggiore, affianco alla epigrafe inneggiante a Messapia, col Santo Eleuterio centrale e imponente, nonostante che la nuova chiesa, appena riedificata, fosse stata intitolata ad Ognissanti, mentre prima era intitolata ai tre Santi, come dice lo stesso Diego in questo ms., e come sarà poi ricordato (nel 1744) dall’Arciprete Moranza (vedi appresso).
Sul culto mesagnese di S. Eleuterio vi sono precedenti studi, ai quali rinviamo[25]. Ma questa, finora ignorata, insistenza di Diego sul presunto martirio mesagnese di S. Eleuterio apre nuovi squarci. Il legame che Diego stabilisce tra la Città ed il “suo” martire sembra ricondurre all’importanza della “parentela” col santo martire, dalla quale deriverebbe una concittadinanza (ossia parentela col sacro)[26] che da sola sarebbe bastata a dare sicurezza e preminenza alla città di Mesagne.
[…]
Da alcune carte nell’Archivio Capitolare di Mesagne, anzi, possiamo forse capire le motivazioni più profonde alla base della lunga dissertazione su S. Eleuterio. Sappiamo che Diego, divenuto sacerdote dopo la morte della consorte, fu accolto nel Capitolo nel 1648[27]. Mentre la nuova chiesa era in costruzione (essendo crollata il 31 gennaio 1649), fu perorata – su iniziativa della Civica Università – l’attribuzione effettiva del patronato alla Madonna del Carmine. Cosicché il 30 aprile 1651, il Capitolo della Chiesa Collegiata, «come in virtù del decreto et Bolla di Papa Urbano di felice memoria», preso atto che la Civica Università di Mesagne aveva «pigliato ed accettato ad Avvocata et Protettrice la gloriosa Vergine Santa Maria del Carmine acciò a suo tempo se ne celebri et solennizzi la festa in conformità di quello che s’ordina nelli detti Decreti pontifici», diede il proprio «consenso a quanto da detta Università era stato conchiuso […] nemine discrepante [corsivo nostro]»[28]. […]
Peraltro, rispetto ad altre Conclusioni Capitolari, questa sembra piuttosto sbrigativa, e il Capitolo, dal numero dei partecipanti – per essere un evento eccezionale – non sembra neanche molto affollato: solo una trentina sui circa 50 titolari. Sembrerebbe quasi che i religiosi capitolari non fossero molto entusiasti. Comunque, tra i Preti, Canonici e Presbiteri partecipanti a detta riunione del Capitolo mancava proprio Diego Ferdinando. Sorge il dubbio che la sua assenza non fosse casuale; che, cioè, Diego non condividesse l’operazione e non avesse partecipato per “motivi di opportunità”.
[…]
Tale dubbio è corroborato da un’altra Conclusione capitolare[29], in cui risulta che, nel mese di aprile del 1660, nel Capitolo (presenti, questa volta, oltre 50 religiosi) si discusse, fra l’altro, una precedente proposta di Diego, che fu accolta:
[il R.do Bartolomeo Leonardo Sasso…] Inoltre propone che il Dr. Fisico D. Diego Ferdinando per rinovare la venerazione de’ Nostri S(an)ti Eleuterio, Corebbo et Antea ne havea fatto fare un Quadro Grande, e desiderava che detto R.do capitolo gli concedesse una cappella per collocarlo, offerendo ducati 100 di capitale a detto Capitolo con obligo di messe e desiderava ancora che l’istesso R.do Capitolo insieme con l’Univ.(ersi)tà comparissero nella Sagra Congregazione in Roma per ottenere che detti s(an)ti ci siano concessi per Compadroni con la Beatissima vergine del Carmine e da tutti parimente fu concluso che citra preiudicium dell’altre concessioni di cappelle che si faranno per essere detto Sig. D. Diego benemerito di Capitali si concedesse detta Cappella [— —] se gli darà l’assenzo di Mons. Ill.mo Arcivescovo e che per l’avvenire non s’intenda con ciò fatto pregiudizio nelle concessioni che si faranno con sì poca somma e gli fu concessa la Cappella all’incontro di quella dov’è collocato il Quadro del S.(acro) Monte che è la 3a à man dritta in ord(in)e nell’entrare dalla Porta Magg(io)re della Chiesa et andare al Presbiterio e che si supplicasse in Roma per ottenere la d(ett)a Compadronanza a spese del med(esi)mo Sig. D. Diego.
Con questa decisione, dunque, fu accolta l’istanza di Diego di dedicare un altare a S. Eleuterio, come anche quella di chiedere alla sacra Congregazione dei Riti che Eleuterio, Antea e Corebo fossero elevati a Compatroni della Città, insieme con la Madonna del Carmine. Curiosamente, però, – sia detto per inciso – una precedente Conclusione Capitolare del 1658 ci informa che il Capitolo aveva accettato anche la nuova proposta dell’Università di proporre S. Oronzo quale protettore di Mesagne[30]. […]
Quanto all’istanza di Diego, non sappiamo se, e come, si sviluppò la perorazione della Compadronanza, ma l’altare di S. Eleuterio fu effettivamente realizzato, come risulta dalla Santa Visita svolta dall’Arcivescovo di Brindisi Francesco d’Estrada[31], che lo ispezionò il 18 ottobre 1660. Esso risulta pure nell’elenco degli altari dichiarati dall’Arciprete Antonio Moranza nel 1744, nella sua relazione consegnata all’Arcivescovo Antonino Sersale durante la Santa Visita[32]:
[…] L’altare di S. Eleuterio martire è della famiglia Ferdinandi, oggi ne tiene possesso il di loro erede il reverendo D. Diego cantore Baccone che ha il pensiero di provederlo di sacre suppellettili.
[…]
Tirando le somme, possiamo affermare che, per Diego Ferdinando, la magnificenza di Mesagne è soprattutto fondata sia sulle antiche (ma pretese) glorie messapiche che su quelle, religiose, dei proto-martiri Eleuterio, Antia e Corebo. Diego ritrova tali glorie nelle fonti letterarie, nei monumenti, nei documenti; i quali tutti attestano, nella sua concezione, che la magnificenza di Mesagne risaliva a ben prima della vendita della Terra di Misagne ai baroni (Beltrano nel 1522, Albricci nel 1591, De Angelis nel 1646). Sembra proprio questo il filo conduttore di tutta l’opera, sebbene non esplicitamente dichiarato.
[…] In conclusione, questa Historia Messapiae è una vera e propria miniera; scavandola ne possono venir fuori sassi, scorie, ma anche molti gioielli (e sono tanti). A tal proposito, segnalo soltanto alcuni brani interessanti:
Un gioco dei fanciulli con le monete
[carta 23r] «… Da ciò l’antica usanza dei fanciulli, ed il gioco di lanciare in alto i denari, e di presagire la sorte scegliendo o “testa” o “Nave”, genera in noi non poca fiducia nell’antichità. La moneta così contrassegnata, [come dice] Macrobio nel primo libro, capitolo 7 dei Saturnali, anche oggi è avvertita nel gioco dei dadi, quando i fanciulli, gettando in alto i denari, esclamano “Testa” o “Nave” in un gioco [che è] testimone dell’antichità».
L’Artopticus: La “frisa” ai tempi di Diego
[95v] «… quello che noi [chiamiamo] Arton, gli stessi Romani lo denominano Pane. Da ciò Artopta in Plinio nel libro 18, cap. 11, o Artopta in Plauto, [vocabolo] con cui chiamavano la donna fornaia, o il vasellame in cui veniva cotto il pane abbrustolito detto Artopticus».
La Vuttisciana
[carta 135v] «Da ciò [gli eruditi] sembrano spiegare la ragione di quella parola [vedi in appresso Vuttisciana], di cui ci serviamo non solo in Messapia, ma in tutta la Regione; vale a dire il giorno in cui non ci asteniamo per nulla dalle attività, poiché Giano, sia che fosse istruito da Saturno che accolse come ospite, oppure che fosse animato dal suo stesso genio e dalla [sua] saggezza, fu promotore dell’[attività] di piantare e seminare, e coltivare i campi la ragione, ed insegnò gli altri lavori per il vantaggio degli uomini, e per la coltivazione della terra. Perciò il giorno, in cui si fanno tutte queste cose, veniva chiamato Vuttisciana, vale a dire, “giorno di Giano”, o “ritratto [la personificazione] di Giano”.»
Il primo stemma di Mesagne
[carta 136v] «Inoltre, si vedrà l’effigie del Sole posta tra le spighe di frumento e scolpita su una pietra quadrata in una delle torri che, dal lato Meridionale, racchiudono le mura della nostra Città; e le spighe, poste sotto il Sole da entrambe le parti, che – si pensa – [siano] tra gli antichi simboli di Messapia [Mesagne], vogliono significare che anticamente i Messapi adoravano il Sole.»
Il castello Orsiniano di Mesagne
[205v] «Giovanni Antonio del Balzo Orsini […] A Mesagne, in verità, presso cui era solito recarsi spesso per via dell’aria più salubre e per diletto, costruì una Fortezza o grande Torre nei pressi del Castello vecchio [Castrum vetus] …».
[167v] «E, da una cerchia più grande, forse di tre miglia (da cui prima era recinta) fu ristretta ad una di un miglio, trincerata da fossati, mura, torri e munita di una Fortezza nel lato Boreale ed occidentale. Di questa Fortezza (che era chiamata Castello Vecchio [vetus Castrum]), la parte boreale, subìta la forza del tempo, crollò, ed il Principe dell’Avetrana volle abbattere negli anni passati <1630> la parte occidentale, in verità provvista di archi e fornici…».
Le distruzioni di Mesagne
[117r] «Soprattutto le Città di Messapia [Mesagne] e di Oria, che [si trovano] in mezzo all’Istmo tra Brindisi e Taranto, furono prese con la forza da Annibale e nel contempo date alle fiamme» [nel 212-211 a.C.];
[152v] Totila nel 547;
[166r] I Saraceni nel 914;
[239r-240r] I Francesi nel 1528-29.
Il contributo dei Mesagnesi alla difesa di Otranto dai Turchi, nel 1480
[222v] «Durante questa guerra, inoltre, che fu combattutta da parte loro contro i Turchi per riconquistare Otranto, i Cittadini di Mesagne pagarono cento fanti col pubblico denaro; e per i Viveri dell’Esercito inviarono molti moggi di farina, botti di vino e moltissimi animali, come leggiamo in alcune lettere Regie, che i Mesagnesi conservano. In esse, come dicono, il Re ordinò che i Cittadini di Mesagne non venissero afflitti da pagamenti straordinari, poiché [avevano dato] tutte queste cose di cui sopra …. [4 puntini di sospensione] <si vedano le lettere Regie in Archivio e se ne riportino esempi>».
Da rilevare, infine, il ricorso frequente all’etimologia (latina e greca), tanto per rafforzare i concetti espressi e/o argomentarli più compiutamente (emblematico il caso testé accennato di vuttisciana), quanto – invece – per escludere o confutare ipotesi e interpretazioni ritenute erronee. Ancora una volta, il nostro si avvale, per quelle che considera vere e proprie dimostrazioni, della letteratura specifica accreditata ai suoi tempi, tra cui Isidoro di Siviglia e Aldo Manuzio il Giovane (oltre che della propria vastissima erudizione). Sono spunti suggestivi, ovviamente; ma anche su questo specifico aspetto dell’opera di Diego Ferdinando, non c’è che da auspicare l’attenzione e il giudizio degli specialisti.
[…]
  Note
[1] Sulla ricezione di Virgilio in ambito meridionale, cfr. almeno F. Tateo, Virgilio nella cultura umanistica del Mezzogiorno d’Italia, in Atti del Convegno Virgiliano di Brindisi nel bimillenario della morte (Brindisi 15-18 ottobre 1981), Università di Perugia 1983.
[2] Cfr. almeno, V. Costa, Natale Conti e la divulgazione della mitologia classica in Europa tra Cinquecento e Seicento, in Ricerche di antichità e tradizione classica (a c. di E. Lanzillotta), Tored 2004, pp. 257sgg.
[3] Ms. D/8 in Bib. “A. De Leo” (Brindisi).
[4] Iohannis Baptistae Casmirii, Epistola apologetica ad Quintum Marium Corradum, (a cura di R. Sernicola), edizioni Edisai, 2017.
[5] A. Laporta, Introduzione, in I. A. Ferrari, Apologia paradossica della città di Lecce, Cavallino, Capone 1977, p. XIV.
[6] Ms. D/3, in Bib. “A. De Leo” (Brindisi).
[7] A. Musi, Storie “nazionali” e storie locali, in Il libro e la piazza. Le storie locali dei Regni di Napoli e di Sicilia in età moderna, Manduria, Lacaita, 2004, pp. 13 sgg.
[8] A. Lerra, Un genere di lunga durata. Le descrizioni del Regno di Napoli, ivi, pp. 27 sgg.
[9] A. Spagnoletti, Ceti dirigenti e costruzione dell’identità urbana nelle città pugliesi tra XVI e XVII secolo, in A. Musi, Le città del Mezzogiorno nell’età moderna, Napoli 2001, p. 37.
[10] Vedi soprattutto Musi, Storie “nazionali” e storie locali, in Il libro e la piazza…, cit., p. 20.
[11] Alcuni si sono fortunatamente salvati e si possono apprezzare in Storia e fonti scritte: Mesagne tra i secoli XV e XVIII: Documenti della Biblioteca Comunale «Ugo Granafei» (a c. di F. Magistrale, M. Cannataro, P. Cordasco, C. Drago, C. Gattagrisi, S. Magistrale), Fasano, Schena Editore, 2001.
[12] Vedi Martyrologium Romanum Illustratum Sive Tabulae Ecclesiasticae Geographicis tabulis et notis historicis explicatae…, Authore RP Augustino Lubin Augustiniano…, Lutetiae Parisiorum…, 1660, p. 180.
[13] L. Pepe, Il Cieco da Forli, cronista e poeta del secolo XVI, Napoli, Tip. dell’Accademia reale delle scienze, 1892.
[14] Il rif. è alla raccolta dei documenti, ovvero Libro Rosso, in cui erano trascritte le concessioni, esenzioni, etc., statuite dai Regnanti in favore delle città demaniali. Quello di Lecce, ad esempio, fu pubblicato da Pier Fausto Palumbo in due volumi, nel 1997 e ‘98. Quello di Mesagne, invece, fu disperso, o distrutto, e non ha avuto la fortuna di essere tramandato.
[15] D. Urgesi, Epigrafi latine da Mesagne nelle opere di Aldo Manuzio il giovane, in corso di stampa.
[16] Il medico-filosofo G. M. Moricino (1560-1628) era stato, per tre anni, insegnante di Epifanio Ferdinando per le materie di Retorica, Logica e Geometria. Vedi Profilo, Vie, piazze, vichi e corti…, cit., p. 243; R. Jurlaro, Prefazione, in Andrea della Monaca, Memoria historica dell’antichissima e fedelissima città di Brindisi, Rist. An. Bologna, Forni, 1972 dell’ed. Lecce, Pietro Micheli, 1674.
Per la sua bio-bibliografia, cfr. anzitutto Biblioteca Napoletana, et apparato a gli huomini illustri in lettere di Napoli, e del Regno, delle famiglie, terre, città, e religioni, che sono nello stesso Regno. Dalle loro origini per tutto l’anno 1678. Opera del Dottor Nicolo Toppi Patritio di Chieti, in Napoli, appresso Antonio Bulifon All’insegna della Sirena, 1678, p. 349. Inoltre, cfr. almeno E. Pedio, Il manoscritto di Giovanni Maria Moricino e la Storia di Brindisi del P. della Monaca, in «Rivista Storica Salentina», VI, 1904, pp. 364-74; Dizionario biografico degli uomini illustri [ma chiari] di Terra d’Otranto, cit., pp. 375-76; R. Jurlaro, Prefazione, in Andrea della Monaca, Memoria historica dell’antichissima …, cit; G. Jacovelli, Medici letterati brindisini tra 1500 e 1600, in «Brundisii Res», XV (1983), pp. 40-42.
[17] P. Cagnes – N. Scalese, Cronaca dei Sindaci di Brindisi, 1529-1787 (a cura di R. Jurlaro), Brindisi, Ed. Amici della «A. De Leo», 1978, p. 75 e p. 87.
[18] F. Scalera, Dialettismi e volgarismi nella Messapographia di Diego Ferdinando.
[19] F. Campennì, Le storie di città: lignaggio e territorio, in Il libro e la piazza…, cit., pp. 69 sgg.
[20] Ivi, pp. 87-93.
[21] Sull’argomento, vedi anzitutto M. A. Visceglia, Territorio, feudo e potere locale. Terra d’Otranto tra Medioevo ed età moderna, Napoli 1988, pp. 199 sgg., con la sua ampia bibliografia.
[22] Segnaliamo che una prima, fertile, incursione in codesto campo fu compiuta da Luigi greco, in Storia di Mesagne in età barocca, vol. I: I sindaci, l’università, i feudatari, Fasano 2000.
[23] Emendata dagli errori del lapicida, così recita: IN HONOREM SANCTORUM OMNIUM COLLAPSUM MESSAPIA RESTITUIT MDCLIII.
[24] Cfr., in proposito, M. Spedicato, L’identità plurima: i santi patroni nel Salento moderno e contemporaneo, in «L’Idomeneo» n. 10 (2008), pp. 145 sgg.; Id., Santi patroni e identità civiche nel Salento moderno e contemporaneo, Galatina 2009, pp. 9-18.
[25] F. Lanzoni, Le diocesi d’Italia al principio del secolo VII (an. 604), vol. I, Faenza 1927; G. Antonucci, Il martirio di S. Eleuterio, in Curiosità storiche mesagnesi, Bergamo 1929; L. Scoditti, S. Eleuterio e Mesagne (datt.), 1957; D. Urgesi, Una correzione all’iconografia mesagnese: Eleuterio, Anzia e Corebo non furono martirizzati a Mesagne, in Studi Salentini, LXX (1993).
[26] Interessanti, in merito, le considerazioni di F. Campennì, Le storie di città: lignaggio e territorio, cit., p. 102.
[27] Cfr., per tutti, Profilo, Vie, Piazze…, cit., p. 95.
[28] Archivio Capitolare di Mesagne, Conclusioni Capitolari, Cartella R/2, anno 1651, 30 aprile; v. anche A. C. Leopardi, Il Carmine nella realtà mesagnese, Bari 1979, pp. 70-71; e T. Cavallo, Il Santuario della Vergine SS. del Carmelo e i Padri Carmelitani nella storia di Mesagne, Fasano 1992, p. 74.
[29] A. C. M., Conclusioni Capitolari, ivi, anno 1660, 10 aprile.
[30] Ivi, anno 1658, 6 ottobre.
[31] L. Greco, in Storia di Mesagne in età barocca, vol. III: L’architettura sacra nella storia e nell’arte, Fasano 2001, p. 273.
[32] Ivi, p. 296.
  Per la prima parte leggi qui:
Libri| Mesagne e la sua storia di Diego Ferdinando (I parte)
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