#Lo Spazio Bianco
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Exploring the New World of Chris Reynolds by Emilio Cirri (interview from 4 March 2020 - Lo Spazio Bianco) - "Chris Reynolds was one of the most awaited authors at BilBolBul 2019. We therefore took the occasion to discover his work, his career and his future plans..." (read more here)
#Chris Reynolds#The New World#interview#Emilio Cirri#Lo Spazio Bianco#Mauretania Comics#Un Mondo Nuovo
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“a silent story” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Il bosco di betulle, ai piedi della montagna, si ergeva come un santuario silenzioso, un luogo dove il freddo inverno si abbandonava alla grazia candida della neve. Alle dieci di quel mattino, il sole cercava di penetrare tra i rami spogli delle betulle, gettando un bagliore argenteo sui sentieri di neve intonsa. Non c'era un suono tranne il leggero fruscio delle foglie secche cullate dalla brezza.
Guido, un uomo di mezza età con una cicatrice profonda sul viso e gli occhi che portavano il peso di troppi inverni, camminava solitario tra gli alberi. Il suo respiro si trasformava in nuvole vaporose nell'aria gelida. Vestito con un cappotto logoro, con lo sguardo assorto, era un intruso in quel regno di pace e silenzio.
Le betulle si stagliavano come figure spettrali e la loro corteccia bianca risplendeva sotto il tocco del sole invernale. I rami sottili si intrecciavano come dita ossute, protese verso il cielo. La neve, immacolata e incontaminata, scricchiolava sotto i passi di Guido, un suono delicato che sussurrava i segreti di una terra dimenticata.
Nel cuore del bosco si fermò. Poco distante notò uno spazio aperto dove la neve si adagiava come un manto soffice. Si avvicinò e si sedette su un tronco caduto, osservando la vastità del paesaggio innevato. Il silenzio del bosco era sospeso nel tempo, un'armonia serena che avvolgeva ogni pensiero.
Un cervo, timido e maestoso, fece la sua comparsa ai margini del bosco, i suoi occhi si fissarono su Guido. I loro sguardi si incrociarono per un istante, un legame silenzioso tra l'uomo e la creatura selvaggia. Poi il cervo si allontanò, scomparendo tra gli alberi come un fantasma della foresta.
Guido si alzò lentamente, sentendo la solitudine del bosco penetrare nelle pieghe della sua anima. Era come se il silenzio avesse rivelato la fragilità della vita, la bellezza effimera di un momento invernale. Con un'ultima occhiata alle betulle, al loro bianco splendore, si diresse lentamente verso il sentiero di neve, lasciando il bosco alle sue spalle.
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1) Gli uccelli non fanno la pipì.
(Dal punto di vista biologico non possono, mancano di vescica, escrescono liquidi e solidi allo stesso tempo)
2)I cavalli e le mucche dormono mentre sono in piedi.
3)Il pipistrello è l'unico mammifero che può volare. Le ossa della gamba di un pipistrello sono così sottili che nessun pipistrello può camminare da solo sulle sue zampe posteriori
4) Anche quando un serpente ha gli occhi chiusi, può ancora vedere attraverso le sue palpebre.
5) Nonostante l'aspetto bianco e soffice della pelle dell'orso polare, in realtà ha la pelle nera.
6) La mosca domestica media vive solo 2 o 3 settimane.
7) Per ogni essere umano nel mondo ci sono un milione di formiche.
😎 Una piccola quantità di alcool messa in uno scorpione lo farà impazzire e si pungerà a morte!
9) Alligatori e squali possono vivere fino a 100 anni.
10) Un'ape ha due stomaci: uno per il miele, uno per il cibo.
11) Gli elefanti pesano meno della lingua di una balena blu. Il cuore di una balena blu è grande quanto un'auto.
12) Le balene blu sono la creatura più grande che mai vaga sulla Terra.
13) Uno scarafaggio può sopravvivere per una settimana senza la testa prima di morire di fame.
14) Quando un delfino è malato o ferito, le sue grida di angoscia richiamano l'aiuto immediato di altri delfini, che cercano di sostenerlo in superficie affinché possa respirare.
15) Una lumaca può dormire per 3 anni.
16) L'uccello più veloce, il velocista con la coda spina, può volare veloce come 106 km/h. (Il falco pellegrino è in realtà 174 km/ora o 108 km/h)
17) Una mucca dà quasi 200.000 bicchieri di latte nella sua vita.
18) La sanguisuga ha 32 cervelli.
19) Il gatto medio solo all'aperto ha una vita di circa tre anni. Solo i gatti in casa possono vivere per sedici anni e più.
20) Gli squali sono gli unici animali che non si ammalano mai. Sono immuni a tutti i tipi di malattia, incluso il cancro.
21) La proboscide di una zanzara ha 47 bordi affilati sulla punta per aiutarlo a tagliare la pelle e persino strati protettivi di vestiti.
22) Il cervello umano ha uno spazio di memoria di oltre 2.5 milioni di petabyte, che è di 2.500.500 gigabyte
* La conoscenza è la chiave *
*Qual è il fenomeno biologico che appare nella graduale perdita di massa muscolare, forza e funzione umana quando crescono? **
Questa è conosciuta come *Sarcopenia*!
La *Sarcopenia* è una perdita graduale di massa muscolare, forza e funzione... perdita di massa muscolare scheletrica e forza dovuta all'invecchiamento... La situazione può essere terribile, dipende dall'individuo.
Esploriamo e analizziamo diversi modi per prevenire la *sarcopenia* così:
1. Sviluppa l'abitudine, se riesci a stare in piedi... Semplicemente non sederti e non andare a letto se puoi sederti!
2. Ogni volta che una persona anziana si ammala e viene ricoverata in ospedale, non chiederle più riposo, o di andare a letto, rilassarsi e/o non alzarsi dal letto... Non aiuta. Aiutali a fare una passeggiata... A meno che non abbiano perso resistenza per farlo.
Andare a letto per una settimana causa perdita di almeno il 5% di massa muscolare! E purtroppo gli anziani non riescono a recuperare la perdita di muscoli!
Di solito la maggior parte degli anziani e degli anziani che assumono assistenti perde muscoli più velocemente degli attivi!
3. *La sarcopenia* è più spaventosa dell'osteoporosi!
Con l'osteoporosi, bisogna solo stare attenti a non cadere, mentre la sarcopenia non solo influisce sulla qualità della vita ma provoca anche un alto livello di zucchero nel sangue a causa della massa muscolare insufficiente!
4. La perdita più rapida dei muscoli (atrofia) è attraverso l'ozio dei muscoli delle gambe...
Perché quando sono seduti o sdraiati, le gambe non si muovono e la forza dei muscoli delle gambe è direttamente influenzata... Questo è particolarmente importante per prestare la massima attenzione!
Salendo e scendendo le scale... camminare, correre e bicicletta sono tutti ottimi esercizi, e possono aumentare la massa muscolare!
Per una migliore qualità della vita alla vecchiaia... Muoviti... E non sprecare i tuoi muscoli!
L'invecchiamento inizia dai piedi in alto!
Mantieni le tue gambe attive e forti!!
▪️ Man mano che cresciamo quotidianamente, i nostri piedi devono essere sempre attivi e forti.
Se non muovi le gambe per sole 2 settimane, la vera forza della tua gamba diminuirà entro 10 anni.
Quindi *allenamenti regolari come camminare, bicicletta, ecc. sono molto importanti*
I piedi sono una sorta di colonne che sopportano tutto il peso del corpo umano.... Quindi...
*_Cammina tutti i giorni! _*
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"Non sono buona ad aspettare. Aspettare senza sapere è stata la più grande incapacità della mia vita. Nell’attesa ho avuto lo spazio per costruire enormi impalcature di significato, e dieci minuti dopo farle crollare, per mia stessa mano. Poi riprendere da un punto qualunque, correggere il tiro di qualche centimetro per rendere la costruzione immaginata più solida. Vederla crollare di nuovo. […] Io non so aspettare e non voglio farlo, nell’attesa i mostri prendono forma e si ingigantiscono, mangiano le ore per crescere e mangiarmi."
Valeria Parrella - Lo spazio bianco
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Mi manchi
ma non te lo faccio più sapere,
dirigo le mie nostalgie altrove adesso,
uso la musica come cerotto,
ho scoperto che le canzoni
sono in grado di bloccare un'emorragia
che la poesia funziona come garza
nasconde a tutti la ferita coprendola di bianco,
come ad insegnare che da lì in avanti
presto ci sarà spazio per scrivere sopra un'altra storia,
la poesia è una garza che fa' da scudo
ai colpi di chi vive una vita in prosa
mi manchi
ma non te lo faccio più sapere ora,
mi sono aperto al mondo invisibile
mi confido con il bosco, mi apro agli insetti,
le api ora non mi pungono più
conoscono le mie frequenze
e mi trattano come fossi un fiore,
un fiore con alle spalle
più autunni che pollini
uso il mare come disinfettante adesso,
ho scoperto che il mare d'inverno
ha una laurea in psicologia,
le onde sono specializzate in ascolto,
gli scogli sono l'attestato,
adesso il mio diario segreto è l'alta marea,
ah, se solo questi tramonti potessero parlare
e tu mi manchi
ma non te lo faccio più sapere,
che la tua assenza
non porti più via il mio presente.
Gio Evan
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Jean Cocteau La rivincita del giocoliere
Peggy Guggenheim Collection
Kenneth E.Silver, saggio di Blake Oetting
Marsilio Arte, Venezia 2024 , 176 pagine, 20,5x26,8cm, ISBN 978124631676
euro 40,00
email if you want to buy [email protected]
«L’opera di Cocteau ci lascia una sensazione perdurante di felicità, non perché escluda la sofferenza, ma perché in essa nulla è rifiutato, rimpianto o crea rancore. La felicità è un segno di saggezza, più affidabile di quanto si creda, e forse lui ne ha più di altri…» Wystan Hugh Auden, poeta
Brillante, sorprendente e poliedrico. È Jean Cocteau (1889-1963), artista francese che ha lasciato un segno come disegnatore, regista, scenografo, muralista, designer di gioielli e di abiti. La poesia, tratto fondante del suo inconfondibile stile, è caratterizzata da atmosfere mitologiche e circensi e da una scrittura spiazzante che accompagnerà sempre la sua infinità di creazioni nei campi più disparati. In occasione della prima retrospettiva in Italia dedicata all’artista, allestita alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, esce per Marsilio Arte il libro Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere di Kenneth E. Silver, con un saggio di Blake Oetting (Orfeo, due e più volte: i riverberi queer di Jean Cocteau). Lo spazio espositivo è anche un omaggio all’amicizia che legò l’artista a Peggy Guggenheim. Fu lui, infatti, a incoraggiare la giovane collezionista ad aprire nel 1938 la galleria londinese Guggenheim Jeune. Guggenheim ricambiò il sostegno ospitando più opere di Cocteau, all’epoca amico e consulente artistico di Marcel Duchamp. Da quel momento l’artista iniziò a frequentare la casa della mecenate newyorchese a Venezia, a Palazzo Vernier dei Leoni, innamorandosi della città. Guggenheim ribadì più volte che la parola era un mezzo di espressione che Cocteau utilizzava con virtuosismo da acrobata. La rivincita del giocoliere è un richiamo alla sua abilità di riuscire ad attraversare gli ambiti più disparati con uno sguardo trasversale, capace di cogliere e mettere in relazione l’estetica e la storia. Nel suo primo libro, La spaccata, lo stesso Cocteau si dice affascinato dagli artisti delle giostre e del circo, tanto che più avanti, a carriera avviata, inserirà due acrobati e un prestigiatore cinese nel libretto del balletto Parade, e il mago Merlino in I cavalieri della tavola rotonda. Fonte inesauribile di creatività e visioni, il genio di Cocteau si manifesta nei romanzi, tra cui Il libro bianco, in film come Il sangue di un poeta, con Lee Miller nei panni di una statura greca che prende vita, e nella Macchina infernale, rivisitazione dell’Edipo Re, solo per citare alcuni dei suoi capolavori. Cocteau stesso si racconta definendosi «una menzogna che dice sempre la verità»: nella sua opera si serve regolarmente del mito per presentare una storia e allo stesso tempo «riempirla di codici, costringendo il pubblico ad andare alla ricerca di ciò che è nascosto, come giocasse a nascondino».
05/05/24
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Un piccolo e silenzioso angolo al di fuori del tempo.
Nel nostro mondo esistono piccole sacche che resistono all’incedere del tempo, piccole faglie in cui tutto sembra scorrere in maniera consueta, dove il giorno passa ma il tempo non avanza, luoghi in cui è possibile vivere quelli che io chiamo “piccoli momenti neorealistici”.
È in una frattura del nostro tempo quella in cui vi voglio portare oggi, nella scalinata di un vecchio palazzone romano situato dentro un vivace quartiere popolare, un piccolo spazio in bianco e nero.
Il fresco dell’androne permetteva di riprendere fiato dal caldo soffocante del piazzale esterno. In quello spazio riparato dal sole anche il caldo vento estivo si raffrescava, per un attimo i suoi leggeri abiti parevano essere troppo sottili, la pelle candida delle esili braccia reagiva creando delle piccole collinette e andando ad imitare la briosità d’animo della giovane ragazza.
Le gambe agili si arrampicavano sulle scale di graniglia, la calda e bianca mano contrastava con il freddo e nero ferro battuto del corrimano, la salita si trasformava in una gioiosa e vivace corsa, era in atto un infantile e romantico gioco di ruolo.
Lei rideva, i cristallini suoni della sua voce riecheggiavano per le scale,”fai piano, ci scopriranno”, il cesto di vimini cadeva sul pianerottolo, ma la corsa non si arrestava, fino a quando con il cuore allo spasimo per la salita e la gioia i suoi occhi non vennero lambiti dai raggi del sole.
Lei adesso è in piena luce, il cielo è limpido e candide lenzuola ondeggiano al vento, il suo casto vestito nero si muove accarezzato da invisibili mani, i suoi lunghi capelli corvini seguono lo stesso destino, sono sul pontile di un vascello.
Lei sorride ma lo sguardo è diventato serio, è lo sguardo di chi chiede una muta promessa, “sì”, le due ombre proiettate sulla tela lentamente si uniscono, il vento riempie le profumate vele, il palazzo sembra navigare, tutto si muove, tutto è vita.
La schiena è cullata dal tepore del pavimento, gli occhi sono rivolti al cielo, lei indica un minuscolo puntino volante in aria, “cos’è?”, il sole riflette su di una splendente fede, il tempo è andato avanti.
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I suoi disegni. Disegna solo con la penna o la matita dura, il foglio è spesso bucato, strappato. Le curve sono dure, senza morbidezza né dolcezza. Mi sembra che per lui una linea sia un uomo: lo tratta da pari a pari. Le linee spezzate sono aguzze e conferiscono al disegno - grazie anche alla sostanza granitica e paradossalmente attutita della matita - un’apparenza brillante. Diamanti. Ancora più diamanti grazie al modo di usare i bianchi… Il risultato sono degli straordinari gioielli - pensiamo agli acquerelli di Cézanne - grazie a questi bianchi, dove è sottinteso un disegno invisibile, la sensazione dello spazio è ottenuta con una forza tale da rendere questo spazio quasi misurabile… Gioielli cesellati in modo straordinario. Ed è il bianco - la pagina bianca - che Giacometti avrà cesellato.
Jean Genet
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Jordan Wolfson
Jeim no pedti, 2005
at T293 Napoli
Inaugura il nuovo spazio della galleria T293 con la personale di un giovanissimo artista, statunitense di origine ma europeo di adozione. Jordan Wolfson (New York, 1980) vive tra New York e Berlino e ha all’attivo alcune mostre personali di un certo interesse tutte in Europa: tra Parigi, Zurigo e Stoccolma, dove ha studiato all’Arts and Krafts College. Il suo lavoro combina l’uso di diversi media linguistici: film, video, animazione, dispositivi meccanici e musica, ed è caratterizzato da interventi minimi e di grande delicatezza ma ricchi di slittamenti concettuali. Per il piccolo ambiente completamente bianco della galleria l’artista ha realizzato un’installazione sonora. Un’opera da ascoltare e da ‘camminare’. La madre dell’artista esegue in modo approssimativo ed esitante il componimento di Erik Satie (1866-1925) intitolato Gymnopédie n°1 (Ginnastica dei piedi), termine a sua volta distorto dall’artista nel titolo della mostra, Jeim no pedti. Guidati dalla musica si è indotti a percorre lo spazio della galleria lasciando tracce più o meno evidenti del proprio passaggio. Il pavimento della galleria, trattato in modo non uniforme, con una particolare vernice bianca che assorbe lo sporco, non verrà pulito per l’intera durata della mostra. In questo modo si crea una sorta di mappa di deambulazione, una corrispondenza visiva tra il brano suonato e il comportamento del pubblico. La suonata diventa il sottofondo e lo stimolo effettivo a compiere la nostra ‘ginnastica dei piedi’ in modo per così dire amatoriale, come fa la stessa madre dell’artista nell’interpretazione del brano, aprendo lo spazio all’errore e alla casualità.
Il difetto formale e l’approssimazione diventano dunque le categorie estetiche portanti di questo progetto, e generano una reazione a catena tra gli elementi linguistici coinvolti. Un percorso tra gli altri lavori dell’artista. In Nostalgia is Fear (2004) lo spettatore si trova davanti ai fari di una Porsche mentre una macchina si aziona casualmente producendo una nevicata artificiale sulla sua testa. In un’ installazione presentata alla Kunsthalle di Zurigo nel 2004, intitolata Dreaming of the dream of the dream l’artista seleziona una serie di sequenze, tratte da diversi cartoon, che hanno come elemento comune l’acqua. Il film, proiettato in loop, degrada progressivamente fino a un deperimento definitivo dell’immagine, motivo ripreso nell’opera Star Field(2004). Jordan Wolfson crea dispositivi che innescano processi emozionali e che riflettono in modo ironico sul rapporto tra media e realtà. E per rendere lo sguardo sul reale più veritiero l’arte inciampa nell’errore. E la distorsione, il fluire non direzionato, il carattere di contingenza e il lento deperire dell’opera pongono questioni ancora attuali.
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L'inizio
“A poco a poco devi creare intorno a te una nebbia; devi cancellare tutto ciò che ti circonda, finché non si possa dare più nulla per scontato, finché più nulla è certo o reale…”
Questa frase, giunta chissà da dove, gli trapanò la testa in un nanosecondo e invase il suo cervello a ranghi compatti, come una falange dell’antica Roma.
Fortunatamente il foro prodotto permise anche alla musica, che proveniva dal potente impianto stereo poggiato sulla libreria, di entrare e ricamarsi il suo spazio, con un subitaneo effetto benefico.
“C’è un tempo per andare dritti giù all’inferno, c’è un tempo per tornare a saldare il conto…”
La musica e le parole che gli fecero drizzare i peli delle braccia e allargare il cuore, erano quelle della Gang, uno dei suoi gruppi preferiti. Il migliore nella vasta costellazione delle band italiane. Li aveva sempre amati, fin dal loro esordio, oramai molti anni prima. Li aveva ascoltati crescere, passo dopo passo, aveva approvato e condiviso senza riserve la scelta di passare dall’inglese all’italiano per la scrittura dei testi, anche se, lo sapeva con certezza, non sarebbero comunque mai arrivati a tutti con la dovuta forza. Peccato. E peccato anche non averli mai incontrati di persona. Chissà, forse le cose sarebbero potute andare diversamente. Chissà!
“Quando un uomo decide di fare una determinata cosa, deve andare fino in fondo, ma deve prendersi la responsabilità di quello che fa. Qualunque cosa faccia, deve prima sapere perché lo fa e poi deve andare avanti con le sue azioni senza dubbi o rimorsi…”
Queste invece erano le parole del Libro. Dischi e libri insieme. Mescolati tra loro, impastati col suo stesso sangue, a formare un unico corpo con la consistenza del cemento armato e l’elasticità di una tela di ragno.
A ciò stava pensando l’uomo intento a radersi, ben piantato di fronte allo specchio del bagno. E radersi, per lui, non era una semplice operazione quotidiana di pulizia, che so, come lavarsi i denti o farsi la doccia,ma un vero e proprio momento catartico, una pulizia, vero, ma quasi più interiore che esteriore. Del resto anche la stanza da bagno somigliava più ad un luogo di meditazione e purificazione, piuttosto che al luogo che tutti conosciamo e vogliamo che rimanga. Era amplissima e luminosa, bianca, completamente bianca, muri, maioliche, sanitari, cornice dello specchio e la lunga mensola che correva su tre lati delle pareti: tutto rigorosamente bianco. Le uniche concessioni al colore e che davano carattere al luogo erano: la sedia a dondolo in bambù ed una stampa raffigurante l’Urlo di Munch; poste una di fronte all’altra.
“Bruciami l’anima, fammi ridere il sangue nel cuore, bruciami l’anima…”
Questo era il disco.
“C’è di male che una volta che ti conoscono, tu sei una cosa data per scontata e, da quel momento in avanti, non sarai più capace di rompere i legami dei loro pensieri. Io personalmente amo la libertà ultima di essere sconosciuto…”
Questo invece era il libro.
“E passala sta cazzo de palla, Salvato'! E’ vero che l’hai portata tu, ma ci dobbiamo giocare tutti! Cazzo!”
Questa era una voce nuova! E non proveniva né dal libro, né dal disco.
L’uomo terminò di radersi, si risciacquò il viso con abbondante acqua fresca e si affacciò sul vicolo sottostante. Un gruppo di una decina di ragazzini stava giocando al calcio in strada. Era una partita vera, cinque contro cinque, chi arriva prima ai dieci goal segnati, e i maglioni gettati in terra erano le porte regolamentari. La scena lo commosse e lo riportò indietro nel tempo, in un’altra galassia. Anche lui, secoli prima, era stato uno di quei monelli e si era battuto come un leone con i suoi coetanei, nei vicoli del suo paese, così simili a quelle vie della vecchia Roma che, in senso lato, erano diventate la sua nuova dimora.
Ma non aveva tempo per affogare nel miele dei ricordi. Con uno schiocco della lingua li ricacciò indietro e tornò alle sue faccende. Ammirò per l’ultima volta allo specchio il suo lavoro, approvò con un accenno di sorriso il disegno perfetto del pizzetto e si passò ripetutamente il palmo della mano sui corti capelli neri a spazzola. Gli sarebbe piaciuto rasarli a zero, lo aveva anche fatto tempo prima, molto tempo prima, ma si era accorto che dava troppo nell’occhio. Troppe persone lo notavano e non poteva permetterselo; così aveva optato per quel taglio anonimo.
Era vero che, negli ultimi due o tre anni, i pelati erano tornati di moda ed erano cresciuti in maniera esponenziale. E anche se le teste rasate erano ancora ben lungi dal raggiungere il numero delle teste di cazzo, si poteva tranquillamente affermare che la forbice si era ristretta.
Andò in camera ed iniziò a vestirsi. Erano le otto di sera di un bel sabato di fine settembre. L’aria era fresca e pulita e lui aveva un appuntamento cui non poteva mancare. Indossò il suo impeccabile vestito nero, comode ed eleganti scarpe di pelle, anch’esse nere, infilò la pattada sarda nella tasca interna della giacca e fece poi scivolare la sua trentotto special nella fondina ascellare perfettamente nascosta dal taglio dei suoi abiti. Infine spense la luce ed uscì in strada. Il lupo era sceso dalla montagna. La caccia era iniziata.
“Il mondo è un luogo misterioso. Specialmente al tramonto.”
Era di nuovo il libro a far udire la propria voce.
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“quiet warmth” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Il sole invernale illuminava delicatamente le rive di lungo Dora, gettando un bagliore argenteo su ogni superficie. Una donna, con l'impermeabile bianco, camminava con passo tranquillo insieme al suo cane dello stesso colore. Lui le girava attorno con entusiasmo, sfruttando al massimo lo spazio concesso dal guinzaglio. La vista della Mole Antonelliana si stagliava maestosa sullo sfondo, una presenza silente che osservava ogni passo della donna.
Mentre avanzavano lungo il fiume, il rumore della città sembrava attenuarsi, lasciando spazio al fruscio dell'acqua, al lontano suono dei passi delle scarpe sull'asfalto e a qualche urla di gabbiani. Ogni tanto la donna si fermava per accarezzare il suo cane guardandolo negli occhi con affetto.
Attraversarono il Ponte Bologna e il cane si fermò un attimo per annusare l'aria con la coda agitata. La donna controllò rapidamente il telefono, si appoggiò alla balaustra e guardando il fiume che scorreva placido sotto di loro mormorò: "Sai, la vita ha modi strani di metterti alla prova."
Il cane fece un leggero grugnito, come se capisse il peso delle parole della sua padrona. Si rimisero in cammino, e il loro percorso li portò vicino alla riva, dove l'acqua lambiva dolcemente le sponde.
Sedendosi su un muretto la donna prese il suo cane sulle gambe e, guardando il riflesso della Mole nell'acqua, sospirò: "Nonostante tutto questa città ha un certo fascino, non trovi?"
Il cane posò la testa sulle gambe della donna, come cercando conforto. Per un momento, entrambi rimasero lì, immersi nei loro pensieri, il mondo intorno a loro era in pausa.
Proseguirono il loro percorso fino a fermarsi proprio di fronte alla Mole Antonelliana, la sua silhouette imponente era finalmente illuminata dai raggi del sole che stavano facendosi largo tra gli strati di nuvole. "Chissà cosa ci riserva il futuro," sussurrò la signora guardando il cane.
Il cane abbaiò, come se volesse dire che, indipendentemente da ciò che avrebbe portato il domani, era pronto ad affrontarlo insieme alla sua padrona.
Con quella promessa silenziosa, la donna e il suo cane camminarono fino a scomparire, lasciando dietro di loro il fiume e la Mole che, come una vecchia amica, li osservava da lontano, sempre presente ma mai veramente vicina.
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La vita di ognuno di noi è come un fumetto: le vignette che lo compongono possono essere lette da tutti, oppure da chi vogliamo che legga o meriti questo privilegio. Tra una vignetta e l'altra esiste, però, uno spazio bianco. In esso sono contenuti silenzi e segreti che nessuno avrà mai il privilegio di leggere; i nostri dolori e le nostre gioie; le nostre sofferenze e i nostri valori. Nonostante tutto, c'è chi crede di poter conoscere anche ciò che non gli apparterrà mai e di cui non sarà mai a conoscenza e quindi, crede di poter raccontare agli altri il nostro spazio bianco; il deposito dei segreti, tra le vignette della vita. Illusi..
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MARZAMEMI
Abbiamo lasciato il Gelsomineto per andare a mangiare. La Figlia mi chiede se conosco qualche trattoria li vicino. Le sorrido e le dico di chiamare un ristorante a Marzamemi. A Marzamemi, dopo le casette e le strade simili a tanti paesini sulla costa, ci abbraccia serena e luminosa la grande piazza che nasconde il mare, con la piccola chiesa, gli edifici dell’antica tonnara trasformati in ristoranti e negozi. È tornare indietro nel tempo, quando il mare era color corallo per il sangue dei tonni e le case accoglievano i pescatori , gli attrezzi per le gabbie in cui intrappolare i tonni e le nere Parascalmi, le barche su di cui ai lati della camera della morte, si eseguiva la rituale, drammatica mattanza (“sangu pi sangu”, sangue per avere sangue, come diceva mia nonna quando uccideva gli animali da cortile per nutrire tutti noi). La chiesa in piazza, non è un ornamento, ma il nodo tra la vita e la morte per cui Marzamemi è nata, l’incrocio tra il dolore e la vita, l’ultima certezza prima degli incerti giorni di un tempo. Ora invece il tempo sembra fermarsi nella solare serenità della piazza e che questa serenità contagia ogni persona che l’attraversa. I tavoli sulla piazza del ristorante prenotato sono vuoti. La Figlia, mi guarda preoccupata. “Vieni” le dico e la porto sul di dietro del ristorante dove, dopo un vicolo pieno di fiori, c’è una grande terrazza sopra gli scogli del mare. La terrazza è coperta da canne e la luce filtrando tra loro, assume una luminosità dorata. Intorno scuri scogli usurati dalle onde, bianca schiuma, il blù del mare, l’azzurro perfetto del cielo. I piccoli tavoli sono coperti da antiche tovaglie siciliane ricamate o fatte all’uncinetto mentre forchette e coltelli sono di quelli grandi e pesanti delle grandi occasioni. I bicchieri colorati ed i vecchi piatti siciliani, rendono quel luogo familiare alla memoria e unico tra tutti quei locali, che seguono temporanee mode e tendenze. Alla destra abbiamo una famiglia olandese con la madre che non starà zitta per tutto il pranzo mentre il marito, dirà solo due parole, “Pane prego” per fare la scarpetta nel salmorigghiu del pesce. Alla sinistra abbiamo una coppia francese, non più giovane che si guardano da innamorati e che parlano sottovoce dicendosi frasi che li fanno sorridere e riempiono i loro occhi di complicità e malizia. Scrivono nell’aria versi che nessun poeta potrà mai copiare e che restano intrappolare tra le canne del tetto e trai petali dei fiori. Arriva il responsabile di sala, in realtà un ragazzo con i capelli ricci e i baffetti alla Domenico Modugno che ci porta un menù colorato. Ordiniamo poche cose tra cui un calice di Grillo perché per raggiungere Marzamemi ho attraversato le terre dove nascono il Grillo e l’Inzolia. Terre bianche, secche, aride, bruciate dalla calura e mi stupisce come i vini di quella terra possano essere così profumati, sapendo di fiori e di vento. Forse nell’uva la vite mette i suoi sogni, quel suo voler essere nell’arida terra, fiori e bellezza e sono questi sogni che sentiamo nel vino e che alla fine donano ebrezza. Mangiamo ascoltando il mare, la brezza che attraversa le canne, osservando l’andare e venire di invisibili camerieri che percepisci solo per le gustose emozioni che lasciano sui tavoli. Lentamente mangiamo guardando i colori dei fiori, gli sguardi amorevoli degli innamorati, la gioia delle famiglie, il soffice silenzio in cui tutto si perde tra il profumo dei fiori del bianco Catarrato e la dolcezza assoluta della cassata. La lentezza con cui viviamo una necessità come nutrirsi diventa piacere, ci libera da ogni ansia donata dal correre dei minuti, ci da un senso di libertà che le grandi città ci hanno rubato. Così ci riprendiamo lo spazio e il tempo per essere felici, per dimenticare affanni, credere nella serenità e inventare nuovi sogni. In fondo, è questo Marzamemi. ( andando via l’olandese si ferma a guardare il mare che urta gli scogli. La moglie lo raggiunge e lo abbraccia osservando il mare con la sua testa appoggiata alla spalla del marito. Sono già ammalati di nostalgia).
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GLI ANZIANI
"Siamo nati nel 40-50-60".
"Siamo cresciuti negli anni 50-60-70".
"Abbiamo studiato negli anni 60-70-80".
"Ci frequentavamo negli anni 70-80-90."
"Ci siamo sposati e abbiamo scoperto il mondo negli anni 70-80-90".
Ci avventurammo nell'80-90.
Ci stabilizzammo negli anni 2000.
"Siamo diventati più saggi negli anni 2010".
E stiamo andando con decisione verso ill 2030.
"Si scopre che abbiamo vissuto OTTO decadi diverse..."
"DUE secoli diversi..."
DUE millenni diversi...
"Siamo passati dal telefono con operatore per le chiamate interurbane alle videochiamate in qualsiasi parte del mondo, siamo passati dai cinema a YouTube, dai dischi in vinile alla musica online, dalle lettere scritte a mano alle email e WhatsApp".
"Dalle partite in diretta alla radio, alla TV in bianco e nero, e poi alla TV HD".
Siamo andati al Video Club e ora guardiamo Netflix.
"Abbiamo conosciuto i primi computer, schede perforate, dischetti e ora abbiamo gigabyte e megabyte in mano sui nostri telefoni cellulari e IPad".
Indossammo pantaloncini per tutta la nostra infanzia e poi pantaloni lunghi, stringate, bermuda, ecc.
"Abbiamo evitato la paralisi infantile, la meningite, l'influenza H1N1 e ora il COVID-19".
Abbiamo guidato su pattini, tricicli, auto inventate, biciclette, motorini, auto a benzina o diesel e ora guidiamo ibridi o elettrici al 100%.
"Sì, ne abbiamo passate tante ma che bella vita abbiamo avuto!"
Potrebbero classificarci come “essenziali”; persone nate in quel mondo degli anni Cinquanta, che hanno avuto un'infanzia analogica e un'età adulta digitale.
"Siamo una specie di "Yaa seen-it-all - già visto tutto "
La nostra generazione ha letteralmente vissuto e testimoniato più di ogni altra in ogni dimensione della vita.
È la nostra generazione che si è letteralmente adattata al “CAMBIAMENTO”.
Un grande applauso a tutti i membri di una generazione molto speciale, che sarà UNICA".
*🏹🏹*IL TEMPO NON SI FERMA*
"La vita è un compito che ci siamo portati a fare a casa._
Quando guardi... sono già le sei del pomeriggio; quando guardi... è già venerdì; quando si guarda... il mese è finito, quando si guarda... l'anno è finito; quando si guarda... sono passati 50, 60 e 70 anni!
Quando guardi... non sappiamo più dove sono i nostri amici.
Quando guardi... abbiamo perso l'amore della nostra vita e ora è troppo tardi per tornare indietro.
Non smettere di fare qualcosa che ti piace per mancanza di tempo.
Non smettere di avere qualcuno al tuo fianco, perché i tuoi figli presto non saranno tuoi e dovrai fare qualcosa con quel tempo rimanente, dove l'unica cosa che ci mancherà sarà lo spazio che può essere goduto solo con i soliti amici. Quel tempo che, purtroppo, non torna mai..."
È necessario eliminare il "DOPO"...
"DOPO"...
Ti chiamerò.
"DOPO"...
Io faccio.
"DOPO"...
lo dico.
"DOPO"...
Io cambio.
Lasciamo tutto per *Dopo*,
come se il *Dopo*
fosse migliore...
Perché non lo capiamo...
"DOPO"...
il caffè si raffredda
"DOPO"...
la priorità cambia,
"DOPO"...
il fascino è perso
"DOPO"...
presto si trasforma in tardi,
"DOPO"...
la nostalgia passa,
"DOPO"...
le cose cambiano,
"DOPO"...
i bambini crescono
"DOPO"...
la gente invecchia,
"DOPO"...
il giorno è notte,
"DOPO"...
la vita è finita
Non lasciare niente per *Dopo*,
perché in attesa del *Dopo*,
puoi perdere
i migliori momenti,
le migliori esperienze,
i migliori amici,
i più grandi amori.
Ricorda che *Dopo* potrebbe essere tardi.
*Il giorno è oggi!*
*NON SIAMO PIÙ IN UN'ETÀ PER RIMANDARE NULLA.*
Spero che tu abbia tempo per leggere e poi condividere questo messaggio... oppure lascialo per *Dopo* e vedrai che non lo condividerai mai!
Sempre insieme
Sempre uniti
Sempre Fratelli
Sempre amici
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