#Europa più equa
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Finanza Etica: Più Impegno verso l’Economia Reale e il Benessere Sociale
Il 7° Rapporto sulla finanza etica in Europa dimostra come le banche etiche siano più impegnate rispetto alle banche tradizionali nell’erogazione di credito all’economia reale, dimostrando maggiore solidità e una filosofia orientata a impatti sociali e am
Il 7° Rapporto sulla finanza etica in Europa dimostra come le banche etiche siano più impegnate rispetto alle banche tradizionali nell’erogazione di credito all’economia reale, dimostrando maggiore solidità e una filosofia orientata a impatti sociali e ambientali positivi. Nel contesto di FestiValori, il primo festival dedicato alla finanza etica in Italia, è stato presentato il 7° Rapporto…
#7° rapporto finanza etica#Anna Fasano#attività speculative#banca e ambiente#Banca Etica#banca sostenibile#banche etiche#banche tradizionali#Camel#CIR#cost-to-income ratio#credito bancario#crisi finanziaria#differenza banche etiche e tradizionali#economia civile#economia reale#economia sociale#Europa più equa#FEBEA#FestiValori#finanza alternativa#finanza etica#fondazione finanza etica#GABV#Green Economy#Impatto Sociale#Inclusione sociale#investimenti responsabili.#Investimenti Sostenibili#istituti di credito
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Elezioni Regione Basilicata e i Bonus Lucani (gas e acqua)
Ad un mese dalle elezione delle regionali della Basilicata dove si è confermato il presidente Vito Bardi, in questo post parliamo del bonus gas lucano elargito dalla Regione Basilicata circa un paio di anni fa, più o meno un mese prima delle elezioni politiche del settembre 2022!
Diciamo che l’idea del bonus gas non è stata una brutta idea per un territorio che ha giacimenti fossili, ma come per il reddito di cittadinanza non è stata fatta a dovere ed equamente. Inoltre se il reddito di cittadinanza è stato etichettato come una misura per accalappiare voti, lo stesso si può dire per il bonus gas, unica differenza è che mentre il reddito di cittadinanza era rivolto solo ad una parte della popolazione, i più bisognosi, il bonus gas è stata un’idea più furba perché rivolta a tutti i lucani ricchi e poveri quindi l’intera platea di elettori.
Ma vediamo il perché il bonus gas è stata ed è una misura iniqua o meglio una misura non equa per tutti, semplicemente perché è rivolta a tutti senza limite di reddito. Non ci sarebbe nemmeno bisogno scriverlo, penso chiunque lo capirebbe, lucano o non…lo spero!
Perché, come si dice… la domanda nasce spontanea… Secondo voi chi ha consumato più gas, quindi ha avuto o continua ad avere un contributo maggiore in termine di bonus gas? Chi ha una casa piccola o chi ha una casa grande o villa? Secondo voi chi possiede una casa grande o villa?
Ma comunque bisogna perdonarli, perché probabilmente sia la parte politica che amministrativa non ci hanno pensato che alla fine il contributo non sarebbe stato uguale per tutti, anzi chi ha consumato di più ha avuto di più e chi ha consumato di meno ha avuto di meno, cioè l’anomalia è stata <più consumi ed inquini e più ti premio> dal famoso film <Chi più spende… più guadagna>!
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Premio Internazionale “La Rosa d’Oro” - Donne al Centro
Eccellenze Femminili il 22 febbraio riceveranno da Area Cultura “La Rosa d’Oro” nella sede del Parlamento Europeo presso la Sala David Sassoli a Roma
Il prossimo 22 febbraio dalle ore 17:00, l’associazione Area Cultura terrà la cerimonia di premiazione nella sede del Parlamento Europeo presso la Sala Europa Experience - David Sassoli (Roma), del Premio Internazionale “La Rosa d'Oro” - Donne al Centro, giunto alla sua Terza Edizione. A patrocinare l’evento: Il Segretario d’Aula dell’Assemblea Capitolina, On. Fabrizio Santori; l’ENAC, Ente Nazionale Attività Culturali con il presidente Dr. Maurizio Abbate, il Centro Studi Parlamentari con il Segretario Generale Prof. Gennaro Ruggiero e l’Istituto per la Cultura Italiana con il Coordinatore Generale Dr. Giovanni De Ficchy.
“Intendiamo celebrare e riconoscere l'eccezionale contributo delle donne nei diversi settori della nostra società”, ha dichiarato la presidente di Area Cultura, Angelica Loredana Anton, e ancora ha aggiunto: “Il premio "La Rosa d'Oro" mira a sottolineare il ruolo cruciale che le donne giocano nella costruzione di una società più inclusiva ed equa. Attraverso la celebrazione delle eccellenze femminili, intendiamo ispirare e incoraggiare altre donne a perseguire i propri sogni e a superare ogni ostacolo che possa presentarsi sul loro cammino.”
Questo l’elenco delle eccellenze che saranno premiate:
On. Anna Cinzia Bonfrisco – Parlamentare Europeo.
Prof. Carmela Costanzo – Prof. Di Lettere – Critica Letteraria.
Maria Giovanna Elmi – Storico volto della TV (RAI).
Dr.ssa Sara Spoletini – Sociologa – Cons. Com. le Bellegra - Pres. Ass.ne Chiaramente.
Dr. ssa Isabel Russinova – Attrice e scrittrice.
Dr.ssa Giusy Regalino – Giornalista – Amm.re Unico RTI Calabria.
Dr.ssa Anna Gentilini – Direttore Editoriale - Curcio Editore.
Dr.ssa Catia Acquesta – Giornalista – Scrittrice.
Avv. Rosaria Salamone – Esperta in diritto di famiglia – Scrittrice.
Dr. ssa Rossana Ferraro – Magistrato Settore Penale.
Dr.ssa Maura Ianni – Psicologa – Docente Università Tor Vergata.
Dr.ssa Maddalena Maggi - Sociologa – Pres. Coop. Sociale H-Anno Zero.
Dr.ssa Stefania Cacciani – Psicologa – Criminologa.
Dr. ssa Ping Wei – Ambasciatrice del Turismo dello Shandong (Cina).
Dr. ssa Carmen Di Stasio – Giornalista – Inviata RAI 1.
Avv. Luana Campa – Avvocato – Criminologa Pres. On. Movimento per la vita.
Dr.ssa Johanna Valdez – Fashion Creative Designer.
Dr.ssa Daniela Andreina Terribile – Chirurga Senologa – Pres. Ass.ne Susan G. Komen.
Dr.ssa Cinzia Congia – Generale della Guardia Agroforestale – Imprenditrice.
Dr.ssa Francesca De Luca – Poliziotta – ALLA MEMORIA.
Eccellenze giovani promesse:
Dr. ssa Celeste Silvestro – Docente di Scienze Motorie – Modella e Conduttrice Format.
Desiree D’Amuri – Studentessa – Cantante.
Sara Giovannoni – Cantautrice.
Ilaria Rinaldi – Attrice Teatro – Cantante.
Noemy Longobardi – Studentessa Universitaria – Cofondatrice Medea ODV.
Dr.ssa Ester Del Popolo – Cantautrice – Docente di Canto.
Dr. ssa Giulia Marceca - Cantautrice - Modella e Giornalista Musicale TV.
Dr.ssa Ombretta Melaiu – Ricercatrice presso Università Tor Vergata Roma.
Dr. ssa Antonella Ferrantini – Cooperante Internazionale – Esperta di Genere.
Avv. Milena Castiello – Specializzata in Diritto d’Impresa.
Area Cultura - Presidente Dr.ssa Angelica Loredana Anton
Facebook: https://www.facebook.com/areacultura.online
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UE sull’emergenza della migrazione: “siamo pronti a supportare l'Italia”
UE sull’emergenza della migrazione: “siamo pronti a supportare l'Italia” Critica la situazione a Lampedusa. UE dichiara di essere pronta a supportare a livello operativo l’Italia. Antonio Tajani “L'Europa in questa fase e come in tante altre non è stata solidale con il nostro Paese". La situazione a Lampedusa resta critica, continuano gli sbarchi e aumenta il numero di persone da assistere. Ieri sull'isola sono arrivate altre 172 persone, soccorsi dalla Guardia Costiera. Si parla di 291 minori non accompagnati. Dall’ Europa emergono le prime dichiarazioni "In contatto con la premier, supportiamo l'Italia a livello operativo" ha dichiarato la portavoce della Commissione europea. Confermato che sono in corso contatti tra Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni, e tra la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson e il ministro Piantedosi, per un sostegno operativo, anche finanziario, all'Italia. Il ministro degli Esteri A.Tajani in merito ha dichiarato "L'Europa non è solidale con l'Italia". “Le coste italiane sono le frontiere dell'Unione Europa". Negli ultimi giorni, Francia e Germania avevano deciso di non accettare più i migranti provenienti dal suolo italiano. Secondo il ministro degli Esteri l’UE “ha firmato un memorandum con la Tunisia e ancora non lo sta applicando perché ci sono resistenze soprattutto da parte socialista, che vuole farlo saltare”. Matteo Salvini si espone affermando "La via diplomatica è necessaria, occorre però fare anche altro. Dobbiamo arginare questo flusso con ogni mezzo necessario. E' evidente che oltre alla via diplomatica da seguire, il governo sta ragionando su una via italiana. L' Europa se ne frega di quello che accade a Lampedusa e Ventimiglia. Quindi è evidente che nelle ultime ore il governo italiano, lasciato colpevolmente da solo da una Europa distratta, deve risolvere da solo il problema". "Ci sono istituzioni tedesche che danno milioni di euro a Ong tedesche per portare i migranti in Italia". Si sono susseguite anche le critiche della segretaria del PD Schlein "Pagare i dittatori non ferma gli sbarchi". E.Shlein accusa la gestione dell’emergenza da parte del governo "Il dramma di questi giorni e di questi anni a Lampedusa è la dimostrazione del fallimento delle politiche di esternalizzazione di questo governo. C'è stato un 60% in più nonostante il tentativo di fare un accordo cinico con un Paese che non garantisce i diritti democratici. Ho visto il fallimento della mediazione di Giorgia Meloni con i suoi alleati nazionalisti ungheresi e polacchi, non solo non protesta per la mancanza di solidarietà ma dice che hanno ragione loro". “Noi, ribadisce la leader del PD, continueremo a batterci per una equa condivisione delle responsabilità dell'accoglienza tra tutti i Paesi europei, per aprire vie sicure e legali per l'accesso in modo che Lampedusa e l'Italia non siano lasciate sole”. Intanto, giungono le prime dichiarazioni anche da parte di Francia e Germania. Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin ha indetto un vertice sulla situazione in Italia. Secondo fonti locali "questa riunione avrà come obiettivo una valutazione della situazione in Italia, mappare gli impatti sulla Francia e valutare i dispositivi ai confini che sono stati già rafforzati".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Gartner Inc. e l'informatica quantistica
Gartner Inc. è una società per azioni multinazionale tra le più importanti del settore tecnologico.
Si occupa di consulenza strategica, ricerca di mercato e analisi nel campo della tecnologia dell’informazione insieme ad altri settori, con un portafoglio di oltre 15.000 clienti nel mondo. È considerata anche la più importante fonte d’informazioni strategiche globali dell’IT. L'attività principale di Gartner Inc. consiste nel supportare le decisioni d’investimento dei suoi clienti attraverso la ricerca, la consulenza strategica, il benchmarking (Il benchmark o benchmarking in economia è una metodologia basata sul confronto sistematico che permette alle aziende che lo applicano di compararsi/confrontarsi con le migliori e soprattutto di apprendere da queste per migliorare), gli eventi e le notizie. Gartner supporta i C-Levels nella pianificazione aziendale a prendere le corrette decisioni, attraverso le informazioni sui diversi scenari di mercato, a investire correttamente i propri budget e generare nuove opportunità di business per prosperare e scalare. I clienti di Gartner fanno leva sulla reputazione globale di quest’ultima al fine di elevare la propria affidabilità sul mercato e acquisire un vantaggio competitivo. L’azienda è stata fondata nel 1979 da Gideon Gartner e nel corso degli anni si è espansa fino ad acquisire altre 30 aziende, tra queste Real Decisions, MetaGroup, AMR Research, Burton Group. Nel 1987 apre il primo ufficio in Europa, nel 1990 in area APAC (nel 1993 in Australia e nel 1995 a Tokyo). Tra i suoi successi ricordiamo la creazione dell’indice e della metodologia di calcolo del costo totale di possesso (TCO), e due tipologie di ricerca qualitativa, una di queste è l’Hype Cycle. Il modello Hype Cycle (lett. ciclo dell’esagerazione) è una metodologia sviluppata per rappresentare graficamente la maturità, l’adozione e l’applicazione di specifiche tecnologie. La sede principale è a Stamford, Connecticut, negli Stati Uniti d'America. Ha oltre 19.000 associati (dipendenti), includendo più di 2.500 analisti esperti e consulenti, in oltre 150 sedi a livello mondiale.Fatta questa premessa, partiamo da un dato acquisito. Secondo Gartner, circa il 40% delle grandi aziende avvierà alcune iniziative sul calcolo quantistico entro il 2025. Ciò dovrebbe evidenziare il potenziale dell’informatica quantistica e giustificare la sua nomina a una delle tecnologie più dirompenti del decennio. Di seguito l'elenco delle aziende che hanno aperto la strada allo sviluppo e alla commercializzazione di questa tecnologia. Questo elenco ha registrato una performance del 6.79% nell’ultimo anno. A titolo di confronto, FTSE MIB Index è il 27.62% rispetto allo stesso periodo. Il beta di questo elenco, che è una misura della volatilità, è di Moderatamente alto a 1.09. Il beta dell’elenco viene calcolato usando un beta medio equamente ponderato dei titoli presenti nell’elenco. Questo elenco include il 90.00% delle azioni Tecnologia, il 10.00% delle azioni Beni di consumo ciclici. Le prestazioni dell’elenco vengono calcolate con una metodologia di equa ponderazione. L’elenco viene generato attraverso l’analisi del web e l’uso di algoritmi per far emergere titoli potenzialmente rilevanti per argomento. L’elenco ha finalità didattiche e include titoli che potrebbero essere adatti a una watchlist. Non è destinato a scopi d’investimento o trading. AMAZON.COM, INC. Amazon.com, Inc. offre un’ampia gamma di prodotti e servizi tramite il suo sito Web. I prodotti dell’Azienda includono merce e contenuti che compra per rivendere da fornitori e quelli offerti da terze parti venditrici. Produce e vende anche dispositivi elettronici. Opera attraverso tre segmenti: Nord America, Internazionale e Amazon Servizi Web (AWS). I suoi prodotti AWS includono analitica, Amazon Athena, Amazon CloudSearch, Amazon EMR, Amazon Elasticsearch Service, Amazon Kinesis, Amazon Managed Streaming for Apache Kafka, Amazon Redshift, Amazon QuickSight, AWS Data Pipeline, AWS Glue e AWS Lake Formation. Le soluzioni AWS includono machine learning, analitica e data lakes, Internet of Things, elaborazione dati senza server, contenitori, applicazioni aziendali ed archiviazione. Inoltre, l’Azienda fornisce servizi, come la pubblicità. Fornisce anche Amazon Prime, un programma ad iscrizione che include la spedizione gratuita, accesso allo streaming di vari film e serie TV.Amazon.com Inc. presenta un risultato di +2.51% nell'ultimo mese e -3.62% nell'ultimo anno. ALPHABET INC. ALPHABET INC. è una società holding. La Società detiene partecipazioni in Google Inc (Google). Le divisioni della Società includono Google e Altre scommesse. Il segmento di Google include prodotti per Internet, ad esempio Ricerca, Annunci, Commerce, Maps, YouTube, App, Cloud, Android, Chrome, Google Play e prodotti hardware, tra cui Chromecast, Chromebook e Nexus, che sono venduti dalla Società. L‘infrastruttura tecnica e la Realtà Virtuale sono inclusi nel segmento di Google. Quest’ultimo è impegnato nella pubblicità, vendite di contenuti digitali, applicazioni e servizi cloud, come pure la vendita di hardware di marca Google. La divisione di Altre Scommesse consiste di vari settori operativi e comprende società, quali Access/Google Fiber, Calico, Nest, Verily, GV, Google Capital, X e altre iniziative. Questo segmento denominato Altre Scommesse è impegnato nella vendita di prodotti hardware Nest, Internet e servizi televisivi attraverso Google Fiber e servizi di licensing e ricerca e sviluppo attraverso Verily.Alphabet Inc. presenta un risultato di +7.18% nell’ultimo mese e +8.46% nell’ultimo anno. NVIDIA CORPORATION NVIDIA CORPORATION si concentra su grafica per Personal Computer (PC), unità di elaborazione grafica (GPU) ed anche intelligenza artificiale (AI). Opera attraverso due segmenti: GPU e Tegra Processor. I marchi del prodotto GPU mirano a mercati specializzati, inclusi GeForce per giochi, Quadro per progettisti, Tesla e DGX per scienziati informatici AI e grandi ricercatori di dati; e GRID per utenti dell'elaborazione dati visivi basati su cloud. Il marchio Tegra integra un intero computer in un singolo chip, e incorpora GPUs e unità di elaborazione centrale multi-core per guidare super-elaboratori per giochi mobili e dispositivi d'intrattenimento, come anche robot autonomi, droni e auto. Il processore della Compagnia crea piattaforme indirizzate a quattro mercati: Gioco, Visualizzazione Professionale, Centro Dati ed Automobilistico. L’offerta include NVIDIA DGX AI super computer, la piattaforma di calcolo per auto NVIDIA DRIVE AI ed il servizio per il gioco in cloud GeForce NOW. NVIDIA Corp. presenta un risultato di -4.88% nell’ultimo mese e +142.59% nell’ultimo anno. INTEL CORPORATION Intel Corporation è impegnata nella progettazione e nella produzione di prodotti e tecnologie. I segmenti dell’azienda comprendono Client Computing Group (CCG), Data Center Group (DCG), Internet of Things Group (IOTG), Mobileye, Non-Volatile Memory Solutions Group (NSG) e Programmable Solutions Group (PSG). Il segmento CCG focalizza la sua attenzione sul sistema operativo a lungo termine, sull’architettura di sistema, sull’hardware e sull'integrazione delle applicazioni che consentono di sperimentare il PC. Il segmento DCG sviluppa piattaforme workload - optimized per l’elaborazione, lo storage e le funzioni di rete. Il segmento IOTG sviluppa piattaforme di computing ad alte prestazioni che risolvono le esigenze tecnologiche per i casi d’uso aziendali che si estendono ai settori verticali e ai mercati embedded. Il segmento Mobileye fornisce soluzioni di assistenza alla guida e di guida autonoma. Il segmento NSG fornisce prodotti di memoria e archiviazione basati sulla tecnologia Intel 3D NAND. Il segmento PSG offre semiconduttori programmabili, principalmente FPGA, ASIC strutturati e prodotti correlati. Intel Corp. presenta un risultato di -1.86% nell’ultimo mese e -7.43% nell'ultimo anno. Alibaba Group Holding Limited Alibaba Group Holding Limited è una holding. Attraverso le sue filiali, la società è impegnata in online e mobile commerce attraverso l’offerta di prodotti, servizi e tecnologie che consentano ai commercianti, marchi e altre aziende per trasformare il loro modo di commercializzare, vendere e operare in Cina e a livello Internazionale. Le sue divisioni si occupano di core commerce, cloud computing mobile media e intrattenimento e altre iniziative d’innovazione. Attraverso la partecipata di affiliati, s’interessa anche nella logistica e servizi locali settori del commercio al dettaglio in Cina gestiti dalla stessa società. Alibaba Group Holding Ltd. presenta un risultato di -4.21% nell’ultimo mese e -1.79% nell’ultimo anno.
Noi di Vortici.it abbiamo fatto emergere, attraverso alcuni esempi, come Gartner, in quanto società di consulenza, ricerca e analisi nel campo dell’Information Technology, sia nata per rappresentare graficamente la maturità, l’adozione e l’applicazione di specifiche tecnologie, in un tempo in cui simili rilievi sono imprescindibili in campo economico. Scopri la nostra sezione Economia Immagine di copertina ed immagini: Freepik.comAltre immagini: Di Gartner, Inc. Pubblico dominio Read the full article
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Tasso di riciclo: ecco le regioni che riciclano di più
Negli ultimi anni, molte regioni stanno implementando strategie e regolamenti per far sì che i singoli cittadini rispettino le corrette modalità di riciclo dei rifiuti. Il nostro paese ha fatto grandissimi progressi nell’ultimo decennio e le prospettive future sono positive. In particolare infatti, secondo quanto emerso dallo studio “Italia che Ricicla 2022” condotto da Assoambiente, Associazione che rappresenta le imprese che gestiscono servizi ambientali e quelle dell’Economia Circolare, l’Italia risulta essere il primo paese europeo per tasso di riciclo dei rifiuti urbani e speciali. L’Italia rispetto all’Europa Il report presentato considera i dati relativi al 2020 e indica appunto che il tasso registrato in Italia è pari all’83,2%, nettamente superiore a quello della media europea di 39,2%. Anche rispetto ai paesi più grandi e sviluppati quali Spagna, Francia e Germania con un tasso rispettivamente del 60,5%, 54,4% e 44%, l’Italia detiene il primato europeo. Il report di Assoambiente ha dimostrato inoltre che, anche dal punto di vista del tasso di circolarità dei materiali (ovvero la percentuale di materiale che viene riciclato e successivamente reimmesso nell’economia) il nostro paese si colloca al secondo posto. Sotto solo alla Francia (22,2%), con una differenza minima dello 0,6%. Questo recupero di materiali ed energia dai rifiuti contribuisce agli obiettivi di efficienza energetica italiani e consente di risparmiare risorse anche evitando emissioni provenienti da impianti alimentati a combustibili fossili. Germania e Spagna invece rimangono distanziate, con rispettivamente il 13,4% e l’11,2%. In generale comunque, il risultato rimane sopra la media europea di 12,8%. Quali sono le regioni dove si ricicla di più? Considerando i dati presenti sul portale “Open” - la piattaforma di Anci e Conai che unisce tutti i dati sulla raccolta differenziata in Italia - il tasso di riciclo delle singole regioni è in aumento in tutto il territorio nazionale. Da notare il miglioramento di performance specialmente nelle regioni del Sud Italia. Tuttavia, analizzando i dati a livello nazionale, risulta esserci una forte disparità tra le regioni italiane. Riportando le prime della classifica, Trento registra la quota più alta di raccolta differenziata, pari al 76,7%. Dunque, a seguire il Veneto (76,1%) c’è la Sardegna (74,3%) e la Lombardia (73,3%). In coda troviamo Sicilia (42,3%), Calabria (48,1%) e Lazio (52%). Le problematiche relative agli impianti di recupero Nonostante i risultati positivi, per poter fare davvero affidamente sull’economia circolare del paese, sono ancora molte le cose da fare. In primis è necessario aumentare il numero di impianti di recupero e distribuirli in maniera equa sul territorio nazionale. A confronto con la Germania con circa 10.000 impianti attivi, l’Italia si posiziona seconda con circa 6.500 impianti di recupero. Sebbene gli altri paesi europei registrano un numero inferiore, quelli in nostro possesso sono principalmente di piccola e media dimensione e collocati quasi esclusivamente al centro-nord, in particolare in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Sebbene siamo primi in Europa in termini di tasso di riciclo dei rifiuti e secondi in termini di circolarità, sono ancora molti i rifiuti urbani e industriali che vengono esportati all’estero e recuperati. Circa 4,2 milioni di tonnellate. Per impedire questo fenomeno a diffondersi, il governo, tramite politiche volte a incentivare investimenti negli impianti stessi, può aumentare il volume dei rifiuti recuperati in Italia e allo stesso tempo aumentare i posti di lavoro. Ad oggi la sfida è dura, principalmente a causa della crisi energetica con la quale si sta registrando un forte aumento dei costi di luce e gas le cui conseguenze ricadono anche sulle aziende del settore. Foto di Ghislain da Pixabay Read the full article
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Francis Fukuyama: “Il liberalismo estende i diritti. La vera minaccia è la Cina”
Non è solo il fuso orario del Pacifico che mette Francis Fukuyama nella posizione di guardare i movimenti sociali in corso da una prospettiva globale. Gioca un ruolo anche il lavoro che ha svolto nel suo ultimo libro, Il liberalismo e i suoi oppositori (Utet), dove ha analizzato le distanze tra democrazie e autocrazie, tra destra e sinistra, tra capitalismo e socialdemocrazia, sempre tenendo fermo, come unità di misura, quel «liberalismo umano» che ai suoi occhi consente agli individui di abitare una società più equa. E che oggi gli fa dire che «la cancel culture è illiberale», che «la Cina fa più paura della Russia», e che per l’Ucraina, «più che l’ingresso in Europa sono importanti le armi».
Professor Fukuyama, che possibilità ha il liberalismo di far emergere una società più equa, nell’era della globalizzazione e delle diseguaglianze? «Non penso che l’ideale ultimo sia quello dell’eguaglianza: ogni essere umano ha un senso morale dell’equità, che va protetto grazie ai diritti. Il fatto che tutti debbano avere il diritto di parlare, di credere, di partecipare politicamente non significa che per ciò stesso tutti siano uguali economicamente e socialmente. Uno dei maggiori problemi nelle società liberali è stata l’ineguaglianza percepita come tradimento di una promessa. Per questo credo che il liberalismo vada integrato, a vari livelli, con la democrazia sociale, così da equilibrare le ineguaglianze create dal capitalismo di mercato. Una formula abbastanza buona è quella di fare iniezioni di democrazia sociale in un tessuto liberale, al fine di ridurre le disuguaglianze».
Dopo anni di neoliberismo sfrenato, la pandemia ha rimesso al centro l’intervento dello Stato. Crede che abbia contribuito a bilanciare le nostre società in senso più liberale? «No, anzi credo sia proprio il contrario. Negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi, più che portare le persone insieme, la pandemia ha stimolato nuovi estremismi. Lo dimostrano i movimenti anti vaccini e la sfiducia nelle autorità che è stata cavalcata da Donald Trump e altri politici conservatori. Anche in Europa sono fiorite le teorie del complotto, la pandemia ha messo le persone in una modalità molto negativa, il distanziamento è diventato quasi un habitus sociale. Penso che la pandemia abbia contribuito a distorcere la scena politica e sociale».
I diritti sono il cuore del liberalismo, che è nato però in un’epoca in cui questi erano prerogativa di maschi bianchi. È il peccato originale del liberalismo? «Non penso sia un peccato del liberalismo, ma delle vedute ristrette di chi nel corso del tempo lo ha applicato. Il liberalismo possiede la cornice entro cui è possibile estendere il raggio dei diritti. Negli Stati Uniti ad esempio, quando fu ratificata la costituzione americana nel 1789, le persone che avevano titolo per definire i diritti civili erano persone che avevano delle proprietà. Poi quel vincolo è caduto, successivamente è caduto il vincolo razziale, dopo ancora quello di genere. L’espansione del circolo di chi era titolato ad avere dignità e rispetto è stato possibile proprio grazie alla cornice liberale. Non è il liberal framework il problema: il problema sono gli uomini».
Come mai società tradizionalmente liberali come quella britannica e americana sono oggi così in crisi? «A causa di due differenti distorsioni. La prima è venuta da destra, dal neoliberismo economico degli anni ’80 e ‘90, con Milton Friedman e la scuola di Chicago che hanno teorizzato un capitalismo sfrenato in cui i problemi sociali rappresentavano nemici da rimuovere, eliminare, abolire. L’altra è venuta da sinistra: l’insistenza sull’inclusione dei diversi gruppi ha portato al paradosso per cui non si può parlare di lavoratori perché bisogna parlare dei neri o delle donne. Il focus cioè è diventato la specifica identità delle diverse categorie. Ora, il liberalismo è un progetto naturalmente inclusivo, ma se l’identità del gruppo diventa più importante dell’identità individuale – e si viene giudicati per appartenenza a una certa razza, religione o genere – ecco che si ricade nell’illiberalità».
Cosa pensa della cancel culture? «È segno della crescente intolleranza. Un ruolo decisivo lo gioca la tecnologia: i social media danno infatti la possibilità di isolare le opinioni, abolire il contesto e abdicare a una conversazione civile. Basta un tweet per trasformare un commento in un’onda anomala».
Un altro pilastro del liberalismo è il merito. Cosa pensa delle tesi di Michael Sandel sulla tirannia della meritocrazia? «Ha ragione quando dice che nel volere il meglio per ciascuno dei nostri figli si finisce per produrre ingiustizie, d’altra parte la meritocrazia è la strada che permette la mobilità sociale, è il modo che la classe media ha avuto di insidiare l’aristocrazia. Nessuna società esiste senza meritocrazia. Guardiamo alla Cina: negli ultimi 25 anni ha investito nella meritocrazia sul piano economico, ma non ha fatto altrettanto sulla formazione dei funzionari di Stato, e il risultato di una grave incompetenza sulla cosa pubblica la vediamo oggi».
Che possibilità ha il liberalismo di conquistare società autocratiche come Russia e Cina? «Penso che il liberalismo diventi attrattivo proprio quando le società autocratiche diventano troppo autocratiche. Guardiamo all’Europa dell’Est, dove le persone hanno abbracciato i princìpi del liberalismo dopo aver sperimentato le dittature comuniste fino al 1991. Cina e Russia usano il nazionalismo per costruire consenso, ma a un certo punto il percorso è destinato a superare il limite e quando le persone capiscono che non c’è più libertà individuale, il liberalismo diventa attraente».
È d’accordo con la divisione del mondo in democrazie e autocrazie? «Nel XX secolo la distinzione era tra destra e sinistra con le democrazie nel mezzo. Oggi vediamo la Russia, che ai miei occhi è un paese fascista, sostenere il Venezuela, che ha la pretesa di essere un paese di sinistra. Cos’ hanno in comune? L’opposizione alle democrazie occidentali. Per cui sì, è giusto che le democrazie si alleino tra di loro. Non penso ad esempio che gli interessi di Russia e Cina siano molto convergenti, ma potrebbero allinearsi proprio nell’ideologia anti-occidentale. Basta vedere cosa sta succedendo in Cina con la politica zero-Covid. Una policy ridicola, una trappola che sta bloccando l’economia e sta rendendo difficili le relazioni fra persone ».
È più pericoloso il modello russo o quello cinese? «Quello cinese. La Russia non è un problema, il problema è Putin, uno che ha commesso errori enormi, mandando truppe in tutto il mondo, dal Venezuela alla Siria, fino a questa assurda invasione di un paese sovrano come l’Ucraina. I cinesi sono molto più consapevoli nell’uso del loro potere e soprattutto hanno un’economia più sofisticata, più tecnologia, più differenziazione, non solo gas e petrolio, e nel lungo termine possono porre più problemi alle democrazie occidentali di quanto non possa fare la Russia».
Che strumenti ha il liberalismo per ottenere e accrescere i consensi? «Le persone non capiscono il liberalismo in astratto, lo capiscono se è calato nella loro realtà. In alcuni casi il liberalismo è diventato troppo cosmopolita, le persone invece hanno bisogno di vedere una connessione con le caratteristiche nazionali. Una identità nazionale deve includere tutte le persone che vivono nella società ma deve anche creare una corrente emotiva. Credo insomma che vadano evitati gli eccessi cosmopoliti e vada compreso che le persone vivono in un determinato spazio, nazione, con una tradizione culturale che va salvaguardata».
Secondo lei l’Europa dovrebbe facilitare l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue o anteporre il funzionamento della comunità alle regole previste per l’ingresso? «Non penso che la cosa più importante per l’Ucraina in questo momento sia l’ingresso nell’Ue. Ha più bisogno di assistenza militare».
Perché anche società tradizionalmente moderate tendono a produrre modelli di leadership estremi? «Perché questo è il tempo del populismo, dove la leadership politica si struttura a partire dalle paure delle persone, esagerandole, proponendo idee ridicole che non hanno senso economico, ma solo quello di conquistare le persone nel breve termine».
Quali autori liberali dovremmo rileggere oggi? «Il mio preferito è Abraham Lincoln, tutti i suoi scritti sono a favore di un liberalismo umano. Tornerei a questo grande classico».
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Zero. Proprio zero euro di tasse di imposta sul reddito versate in Europa nel 2020. A fronte di 44 miliardi di proventi. Questo ha pagato Amazon in Europa, lo ha scoperto oggi il Guardian. Tutto grazie a qualche poco simpatico artifizio fiscale: dato che l’unità lussemburghese dell’azienda ha messo a bilancio 1,2 miliardi di euro di perdite, hanno beneficiato di credito d’imposta. Risultato: non si versa un euro. Allora vogliamo una battaglia seria non per domani, ma per oggi? Eccovela qui: via i paradisi fiscali dall’Europa. Fuori, basta, capitolo chiuso. E tassazione seria, ed equa, per le multinazionali che son diventate monopoli. Se ne parla da tanto ma è ora il momento di agire, e di farlo in Europa, dimostrando che l’Unione a questo serve: a fronteggiare i giganti che i singoli Paesi hanno difficoltà ad affrontare. Non si può più aspettare. Perché quello zero è un insulto a quei tanti imprenditori che di tali benefici non possono godere. Leonardo Cecchi
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Se nemmeno lo conoscevi
‘’Ma cosa ti importa, perché dispiacerti così tanto, e poi per cosa. Ma se nemmeno lo conoscevi, dai...’’ è un po’ il mantra che mi perseguita da quando la notizia della morte di Lorenzo Orsetti ha raggiunto la mia bacheca facebook. Un’indifferenza arrogante e cattiva che oltre a impaurirmi mi stupisce perché proviene da giovanissimi uomini e giovanissime donne, il futuro direbbero gli anziani, un futuro nerissimo. Da quel giorno, da quel 18 marzo, mossa da una curiosità colpevole di ignoranza, ho iniziato a chiedere, a fare domande, a interrogare gli altri; mi sono interessata alla Siria del Nord, dove Lorenzo era andato a combattere le mostruosità dell’ISIS, alla causa curda, al fenomeno dei nostri ‘’foreign fighters’’ che stanchi di subire continui attacchi di morte al cuore dell’essere liberi (ed europeei), fanno pochi discorsi, prendono uno zaino e partono. Sì, per combatterlo quell’ISIS, in guerra.
Tentare di comprendere la questione siriana, oggi, appare più difficile di quanto si pensi e la responsabilità maggiore di questo vulnus è della mala informazione (che talvolta si trasforma in disinformazione) fatta da tv e giornali. Una narrazione in cui si confondono i confini geografici, le sigle, le date, i nomi. Se non vi fossero sottese maestose ragioni politiche ed economiche, verrebbe ingenuamente da pensare che oggi, i giornalisti si trovano al posto sbagliato, svogliati e disattenti come studenti all’ultima ora del sabato mattina. O, con più lucidità, che si fanno complici di un’ipocrisia che vorrebbe render neutro il parametro con si analizza il nemico.
Lorenzo ‘’Orso’’, la Siria, una guerra lontana: è vero, non lo conoscevo. E allora, mi chiedo, abbiamo il diritto di empatizzare con le scelte altrui solo quando chi le compie è un nostro amico, un nostro parente? Mi sono chiesta più volte perché mai un ragazzo di trentatré anni, cuoco e sommelier, dovrebbe allontanarsi da casa, dagli affetti, per combattere l’ISIS quando gli stessi politici dei nostri giorni, si limitano a condannare la brutalità dello Stato Islamico riuscendo a malapena a combatterlo a parole. Perché, Lorenzo? Perché, Têkoşher, stavi in Siria da un anno e mezzo, arruolato nell’Ypg, l’Unità di Protezione del Popolo? Forse perché la lotta per la libertà non ha confini né latitudini? Perché forse per difendere la società dai suoi pericoli occorre provare un'identificazione che sappia svilupparsi anche nei confronti di chi non conosciamo, di chi è lontano km e km da noi? Mi faccio tutte questo domande e concludo, senza una risposta vera e propria, che siamo diventati una generazione di mostri. Pur non avendo visto la guerra.
Partiamo dai nostro difetti, dal nostro imbarbarimento, dal nostro umanesimo destrutturato: viviamo un'epoca in cui l'individualismo e la soggettività hanno una prevalenza culturale che ha portato allo sgretolamento dei valori di comunità, collaborazione. Arrendersi al presente è il modo peggiore per costruire il futuro. Soprattutto se distruggiamo la particella segreta delle comunità: quel co. Cooperare, confrontarsi, conoscersi, condividere, coprogettare. Imparare a collaborare è la chiave per uscire dal buio. Noi ci siamo dimenticati come si fa. Dovremo guardare ai campi profughi di tutto il mondo, a quelli vicini ad Afrin, dove manca l’acqua pulita e elettricità, dove le malattie si diffondono facilmente e l’ospedale è solo uno in cui i dottori scarseggiano. Per poter sopravvivere qui si collabora, si resiste assieme.
Le comunità più resilienti sono quelle che “ce la fanno” perché nei momenti di crisi si rimodellano ai cambiamenti. La disillusione in cui molto sono caduti, le risposte facili al disagio economico e sociale, lo spaesamento generale ha permesso ad alcuni poteri di far leva sulle fragilità delle persone manipolando ad hoc l'informazione, semplificando, omettendo.
Chi non semplifica, approfondisce, cerca, legge, non si ferma al primo livello di conoscenza. Chi non delega ad altri le proprie scelte, chi non ce la fa più, a sopportare, a subire. La misura già satura di insofferenza è diventata ingestibile, la necessità di un gesto, di una scelta sembrano l’unica strada percorribile. Immagino che Lorenzo Orsetti abbia vissuto sulla propria pelle questa sensazione di insofferenza, di incompatibilità con luoghi e tempi; e abbia deciso che l'unico modo per cambiare le cose fosse partire, scegliere di stare dalla loro parte, di farlo con loro. Le ragioni della rivoluzione socialista del Rojava, la zona del nord della Siria a maggioranza curda, avevano convinto Lorenzo per gli ideali che la ispiravano: una società più giusta più equa, una società per le donne e con le donne, un mondo in cui la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e la democrazia potessero essere le basi da cui partire e non gli obiettivi da raggiungere.
Ma Lorenzo Orsetti è tornato a Firenze in una bara avvolta dalla bandiera dell’YPG. Un partigiano trentatreenne, un partigiano del 2019. Il valore della scelta di Lorenzo oltre al dovere della memoria, porta con sè l'amara consapevolezza che determinate storie non arriveranno mai alla massa, non riempiranno mai i quotidiani nazionali, non diventeranno mai titoli dei tg. A meno che.
A meno che la rivoluzione non parta da noi, dall'oralità, un'arma potente quanto un kalashnikov, affilata quanto un pugnale. L'obbligo morale di non far mai calare l'attenzione dovrà formare una catena di testimoni, pronti ad alzarsi di fronte al gruppo, più o meno numeroso, e iniziare a raccontare una storia. La storia di Lorenzo, la storia dei combattenti italiani in Siria che rischiano la misura della sorveglianza speciale, le storie delle donne curde che combattono un sistema patriarcale nelle file dell’YPJ, le parole di chi è tornato sulle proprie gambe, anche se l'animo lacerato non troverà facilmente posto nell'anatomia dei sopravvissuti. Non smettere mai di dare voce a una rivoluzione che è qui e ora, che ci riguarda da vicino.
Quanta paura può fare un morto? Quanto timore – quale imbarazzo – scaturisce dalle domande sulla morte di Lorenzo? Perché il corpo di Lorenzo ha impiegato così tanto a tornare in Italia? Perché la salma, una volta arrivata all'aeroporto di Fiumicino, è stata fatta uscire da un passaggio diverso rispetto a quello comunicato agli amici che volevano accoglierla? Perché la notizia del rientro del suo corpo a Firenze non passa da alcun tg se non quello regionale? Un pubblico momento di ricordo, il prossimo 24 giugno, si terrà di fronte al piazzale del cimitero delle Porte Sante, dove sarà poi sepolto, una scelta approvata dalla famiglia di Lorenzo suggerita dal Sindaco Nardella. Quello è il cimitero dei partigiani fiorentini, dei giusti. Anche di Lorenzo, d'ora in poi, dopo tutto il limbo che ha dovuto attraversare, anche da morto.
Un limbo dantesco infatti è quello che è toccato a cinque ragazzi italiani che rischiano la sorveglianza speciale, una misura che affonda le radici nel mussoliniano Codice Rocco, e che non ha bisogno di reati, accuse o processi: come Lorenzo, Paolo, Eddi, Jak, Davide e Jacopo sono andati in Siria a combattere, a fianco dei curdi, l'ISIS. Una volta tornati in Italia si sono visti notificare la richiesta di sorveglianza speciale. Perché loro sanno usare le armi, perché sono andati a guerra, dalla parte giusta – ma questo evidentemente non interessa alla Procura. Impostata senza accuse e senza processo, la sorveglianza speciale sottopone a una dura restrizione la libertà individuale dei cinque ex-combattenti sulla base di quella che la Digos ritiene «pericolosità sociale». Se si riflette un attimo sui milioni di uomini che hanno partecipato al servizio di leva obbligatoria o a quelli che ancora fanno parte dei corpi militari, per finire con i detentori di porto d'armi – penso a mio padre, cacciatore di tordi e colombacci da generazioni – dobbiamo seriamente preoccuparci della quantità di soggetti socialmente pericolosi che ci girano attorno.
Quella della sorveglianza speciale è una misura restrittiva di epoca fascista, introdotta dal Codice Rocco e poi rivista nel tempo (l’ultimo «aggiornamento» risale al 2011), che avalla un’inquietante deriva: la limitazione della libertà, da un minimo di un anno a un massimo di cinque, senza un reato, senza un’accusa, senza un processo. In prigione fuori dalla prigione.
In concreto si ha: ritiro di patente e passaporto, divieto di iscrizione ad ogni albo professionale, divieto di incontrare più di tre persone per volta, divieto di uscire dopo le 19 fino alle 7 del mattino seguente,divieto di incontrare persone con condanne (valgono anche occupazioni, picchetti, blocchi stradali…) e infine alcuni obblighi, come quello di presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni stabiliti e ogni qualvolta venga richiesto.
Tutto ciò, oltre a minare pesantemente l'equilibrio privato e personale di giovani donne e uomini, andrebbe a bloccare la grande opera d'informazione che i cinque stanno facendo in giro per lo stivale con incontri nelle facoltà, nella associazioni culturali, nelle librerie. Tutto ciò strizza l'occhio a una valutazione politica che sa di bipolarismo visto che l’Italia considera l’ISIS un gruppo terroristico che porta morte anche in Europa ma colpisce chi è andato a combatterlo, chi ha rischiato la vita.
Entro il 24 giugno, data dell'ultimo saluto al compagno Lorenzo, si avrà una risposta: qualora la richiesta venisse accolta, sarà necessario attivare una mobilitazione nazionale per tutelare tanto la libertà personale di questi partigiani della Mesopotamia che studiavamo alle medie, quanto la reputazione delle forze siriane democratiche. Meno di un mese fa, in una piccola libreria di provincia, in un venerdì qualsiasi, ho sentito dire, dalla voce ferma e calma di Davide Grasso che per lui la cosa più grave sarebbe proprio mancare di rispetto ai caduti, ai combattenti, ai civili che sono ancora là e cercano di portare avanti questa Resistenza. L’altruismo, la quieta fermezza di chi è andato oltre le parole, mi ha portato, a scrivere una mail a un noto programma tv che solitamente informa, denuncia, racconta in modo obiettivo, insomma quando vuole fa giornalismo senza paura. La mia richiesta riguardava la mancanza di informazione sulla situazione degli ex-combattenti, che poteva peraltro tramutarsi in occasione perfetta per una narrazione sulla Siria, da parte di chi è andato là. Ho chiesto di raccontare una storia che rischia di scomparire, e con essa, un bel pezzo della nostra democrazia. Nessuna risposta, nessun servizio. Una delusione. Anche perché il 24 giugno è dietro l’angolo e la copertura mediatica degli eventi arriverà tardi, se arriverà.
Resistere a tutto questo silenzio, trasformarlo in suono: ritrovare la cultura dell’oralità, trasformando noi stessi in rapsodi della memoria, un ingranaggio collettivo, che gira se ciascuno continua a farlo girare. L'unica scelta in grado di offrire la possibilità di immaginare che le cose, la società che c’è intorno a noi - il futuro - cambi a partire dalle nostre scelte, dal nostro scegliersi la parte. Come aveva fatto Lorenzo.
Cosa è accaduto in questo paese perché possa essersi ridotto allo sfacelo che è sotto gli occhi di tutti? Perché ci si è lasciati andare ai sentimenti più infimi inserendo una retromarcia degna del masochismo più efferato? Perché tutto d'un tratto la solidarietà, l'umanesimo, il sentimento di giustizia, addirittura la cristiana carità sembrano valori di un'altro pianeta che sembrano non contare più nulla?
Niente è per caso e quello che oggi avviene nel proscenio della vita sociale e politica è il risultato diretto degli ultimi trenta anni di storia. Un paese che dopo la caduta del muro di Berlino doveva riposizionarsi nello scacchiere geopolitico del mondo, che doveva liberarsi di Cosa Nostra quale agente politico negli equilibri criminali e con cui ha intrattenuto allegri rapporti di scambi di potere. Un paese che non disdegna di mettere a repentaglio la sua storia, il suo patrimonio culturale in nome del "chi arriva primo vince".
Siamo diventati un paese che odia le persone serie e quelle buone, perché sono noiose e ci inducono a pensare e a ragionare. Un paese che ama il potere, anche quando lo esercitano le persone sbagliate, perché rappresenta il nostro desiderio di contare qualcosa, di esercitare una superiorità cafona.
Un paese che ama il capitalismo più sfrenato perché nel suo cuore anche la plebe ha la chance di diventare borghesia, e la borghesia di diventare lussuosa nobiltà, a sua volta cafona.
Ci siamo fatti togliere gli strumenti della critica e dell'analisi. E non siamo più in grado di discernere i cattivi di prima da quelli di oggi, pigri oppositori figli di una social democrazia deviata e affascinati dalle poltrone di comando. Rimestando una debole difesa dei valori costituzionali, lasciano che i privilegi della politica rimangano un caposaldo delle loro intenzioni ultime.
Mi fermo un attimo, osservo tutte queste macerie truccate e imparruccate a festa e penso a Lorenzo, alla sua partenza convinta, piena di fiducia e gioia, verso una speranza chiamata Rojava, verso un lembo di terra che sperimenta il confederalismo democratico in modo brillante, forse utopistico per qualcuno. E capisco la sua scelta, ammirandone la concretezza. Penso anche che se Lorenzo fosse tornato vivo in Italia, oggi sarebbe il sesto in attesa di conoscere il verdetto sulla propria pericolosità sociale. Ci siamo riempiti di parole, frasi fatte, slogan, senza pesarne più il significato. Lorenzo, tutti i combattenti, ci riportano lì, al peso delle parole, che sottendono una scelta, un'idea che si fa tempesta.
“Orso non muore se le sue idee continueranno a vivere nei nostri corpi”. Con il dovere di provare - non è facile, e noi siamo così deboli, così piccoli - a dare un senso alla scelta di chi ha testimoniato che le conquiste sono sempre possibili per chi crede nella loro urgenza, di chi era a pronto a morire «con il sorriso sulle labbra», come scrive Lorenzo nella sua lettera di addio, per trasmettersi di goccia in goccia. E trasformarsi in tempesta.
Con eterna gratitudine.
- Ma perché, tu lo conoscevi Orso? - No purtroppo no…ma lo capisco.
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ASGI esprime soddisfazione per lo sbarco delle persone a bordo della Sea Watch 3 e gratitudine a tutti coloro che, ponendo in primo piano la salvaguardia della vita delle persone, hanno consentito tale risultato.
Allo stesso tempo ASGI ritiene necessario ribadire l’erroneità e la miopia della che la politica del governo italiano, di ottusa ostilità nei confronti delle imbarcazioni delle ONG che conducono attività di ricerca e soccorso nel mare Mediterraneo centrale e di criminalizzazione di coloro che supportano il diritto alla vita ed alla libertà di circolazione delle persone (politica che, iniziata con gli accordi con la Libia ed il cd. “codice di condotta del precedente Governo italiano ha, da ultimo, visto acutizzarsi gli effetti repressivi con l’incostituzionale d.l. 53/2019 approvato dall’attuale Consiglio dei Ministri - che auspichiamo non venga convertito in legge).
Sbagliata in quanto non considera che l’attività di ricerca e salvataggio in mare da parte di organizzazioni umanitarie e di privati cittadini è la conseguenza della dismissione delle politiche pubbliche italiane ed europee in materia. Infatti, come è evidente, a partire dalla conclusione dell’operazione Mare Nostrum, non esiste oggi alcun efficace programma di ricerca e salvataggio delle persone in nel mare Mediterraneo centrale nonostante l’acuirsi dei motivi delle migrazioni di gran parte delle persone e, in particolare, quanto avviene in Libia.
Sbagliata, in quanto omette costantemente di affermare che, salvo ipotesi da considerarsi marginali, non esiste alcun concreto meccanismo di ingresso legale in Italia, sia per i richiedenti asilo politico che per i cittadini stranieri in generale. Dunque i viaggi attraverso il mar Mediterraneo in condizioni di estrema precarietà e rischio sono una necessità determinata dalla politica di chiusura delle frontiere.
Miope, in quanto il luogo unico per affrontare le vicende connesse agli ingressi di cittadini di Paesi terzi in Europa è l’Unione europea stessa e le sue istituzioni. Se il problema lamentato dal Governo italiano è l’ingente numero di richiedenti asilo che graverebbe sull’Italia (numero che, invero, non è mai stato eccezionale nella storia della Repubblica italiana, tanto meno negli ultimi anni, tanto è vero che da quando è drasticamente diminuito i problemi demografici italiani si sono ulteriormente acuiti) è evidente che l’unico modo per affrontarlo è la riforma del Regolamento UE n. 604/2013, cd. Regolamento Dublino, ovvero la normativa che regola i criteri di competenza degli Stati membri della Unione nel decidere sulle domande di asilo presentate da cittadini stranieri.
La riforma è necessaria per cambiare la norma in base alla quale le persone sono costrette (salvo casi eccezionali) a chiedere l’asilo nel primo Paese in cui arrivano e devono di fatto restare in tale Paese.
Il Governo non dice che il Parlamento europeo ha approvato un testo di compromesso di riforma del Regolamento Dublino che, per quanto migliorabile, individuava criteri innovativi di determinazione dello Stato competente secondo un principio di redistribuzione delle persone tra i diversi Stati dell’Unione (tenendo conto anche dei legami significativi delle persone) e che il Movimento 5 Stelle ha votato contro tale proposta ed i deputati della Lega si sono astenuti.
Evidente che sia il voto contrario che l’astensione rappresentano la non volontà di questi due partiti, oggi al governo, di riformare il sistema Dublino per una più equa distribuzione in tutta l’Unione europea dei richiedenti asilo.
Non è quindi credibile che, oggi, l’Italia ponga reiteratamente la questione preliminare della redistribuzione nell’Unione europea quale condizione dello sbarco delle persone salvate in fuga dalla Libia e potenzialmente richiedenti asilo, giacché la permanenza della rigidità dell’attuale Regolamento Dublino è responsabilità anche di questi partiti di governo.
L’ipocrisia che caratterizza la propaganda governativa costringe le persone salvate in mare ed in fuga dalle atrocità subite in Libia (“certificate” anche dalla giustizia italiana) a diventare merce politica e a subire ulteriori umiliazioni e mortificazioni della loro dignità.
Miope, in quanto l’attuale politica del governo manifesta di non avere alcuna prospettiva credibile per affrontare la questione sul lungo periodo, perché si basa su accordi con Stati fantoccio o in preda alla guerra civile (la Libia, ma non solo), ai quali ha delegato il compito di respingere i migranti in cerca di fuga dai propri Paesi, così garantendo la permanenza della filiera criminale che conduce le persone (come merci) nei centri di detenzione ove sono vendute, torturate, stuprate ed uccise.
Nello specifico degli accordi con la Libia, questi seguono criteri di convenienza ed espongono l’Italia e l’Europa al continuo ricatto da parte di miliziani e dittatori, esaltati ad interlocutori istituzionali.
A chiusura di questa ennesima vicenda, ASGI invita a monitorare sulle condizioni di accoglienza dei migranti sbarcati a Lampedusa all’interno del locale hotspot, considerato che troppo spesso, anche negli ultimi mesi, si sono accertate palesi violazioni dei diritti delle persone trattenute illegalmente e senza adeguata assistenza.
ASGI esprime solidarietà e vicinanza alla Comandante della nave Sea Watch 3, Carola Rackete, sbeffeggiata senza pudore da chi dovrebbe rappresentare le più alte istituzioni italiane, con un accanimento che trova spiegazione nella bassa cultura della violenza, anche solo verbale, rivolta ad una donna, svilendo il ruolo pubblico che ella riveste.
ASGI auspica che la magistratura italiana voglia correttamente inquadrare la posizione giuridica della Comandante della Sea Watch3 e sappia adeguatamente considerare la responsabilità che la stessa, per 17 giorni, ha dovuto accollarsi per fare fronte alle carenze degli Stati dell’Unione europea: Carola Rackete ha salvato delle persone destinate ad affogare e dunque ha rispettato un obbligo giuridico universale.
ASGI, nel contempo, sollecita l’avvio di una rigorosa inchiesta sulle eventuali responsabilità, anche in sede penale, della condotta tenuta, a diversi livelli, dalle autorità italiane in relazione al rispetto delle norme internazionali in materia di soccorso in mare e per avere rallentato ed ostacolato in ogni modo le operazioni di soccorso dei naufraghi una volta che la Sea Watch3 ha fatto ingresso nelle acque territoriali.
Non vanno confusi il diritto alla vita ed i principi di solidarietà umana e sociale, compresi in precise norme giuridiche, con i desideri e le ipocrisie del potere esecutivo di turno.
I diritti delle persone vanno rispettati sempre ed ovunque, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” (art. 3 della Costituzione).
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(...) come Mario Monti, (...) parte di quelli che interpretano attivamente la linea di un europeismo che definirei irriflessivo. Una linea espressa da molti altri personaggi illustri prima di lui, ( i quali) pensavano che l'Italia si potesse salvare solo aggrappandosi a un vincolo esterno. Si tratta di una tradizione tutta italiana che deriva dalle nostre debolezze storiche. (...) la potremmo chiamare "linea Guicciardini". E dall'altra parte che cosa c'è? Dall'altra parte c'è quella che potremmo definire "linea Machiavelli", cioè quella che all'epoca voleva un "imperatore" italiano e oggi vuole semplicemente restituire la piena sovranità all'Italia. La linea di Fubini del Corriere e compagnia è quella che ha portato l'Italia e la stessa Europa alla deflazione, la Grecia alla spoliazione. E' una linea composta da un concentrato di economia che da scienza sociale si trasforma tragicamente in aritmetica, oggi rinnegata anche da Juncker e dalla Merkel che fanno finta di essere pentiti perché hanno paura di quanto può accadere alle prossime elezioni europee.
Giulio Sapelli intervistato da Affaritaliani, http://www.affaritaliani.it/cronache/europa-italia-sapelli-intervista-582565.html?refresh_ce
Il punto di questa intervista non è perorare una visione piuttosto che un’altra (Machiavelli rispetto a Quisling, ooops, volevo dire Guicciardini). Il punto, che per me nuovo NON E’, è stabilire una PARI DIGNITA’ INTELLETTUALE tra le due posizioni. E vinca la migliore, la più convincente o meglio, la più darwinianamente ADATTA .
E se chi vince non funzona, che succede? Che moriremo tutti, come ci ammaestrano i Phastidio da vent’anni a questa parte, indipendentemente da chi governi? Succede che c’è Darwin: il perdente viene rimpiazzato, punto e fine della storia (è successo alla Gioiosa Macchina da Guerra, ricapiterà anche ad altri).
In altre parole, è lo smentire i troppi convinti che dopo di loro il Diluvio, che esista un fantomatico divide sociale, ignoranti diqquà e saputoni dillà, è dar la sveglai a chi non si renda conto, o finga, che la distribuzione del cretino come del saggio sia statisticamente equa: ad ogni Toninullo corrisponde un Martina, per un Costa c’è un Orlando etc.etc.; del resto, è esattamente come in ogni azienda e reparto.
Eppure, com’è difficile affermarlo e testimoniarlo, oh! Del resto viviamo in un Paese educato, diciamo, al contradaiolismo irrazionale curvasud che di identitario ci ha solo l’ululato, tanto che ogni aggregato si microspacca ...
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il gioco delle parti (intime)
...e poi c’è il tremendo sospetto, che alla fine a pestare così sull’acceleratore delle bigottaggini veronesi la ratio sia ben precisa: far scattare il riflesso pavloviano dei loro avversari. provocarli perchè si ricompattino, riprendano forza nella santa difesa di cio che è “giusto ©“ (anche se giusto lo è davvero), nella sacra battaglia della difesa del diritto individuale, nella sacra battaglia della minoranza, nella sacra battaglia che come tutte le altre sacre battaglie che l'han preceduta hanno innalzato i cuori e perso nelle urne. Si parte - a memoria mia, ma magari si va ancora più indietro - dall’antiberlusconismo del popolo viola, i girotondi, #nonunadimeno, #restiamoumani, i diritti green, lgbt, il relativismo culturale delle grandi città, veganismo e storia della filosofia sanmarinese. Tutte le battaglie da Silos culturali - come le definisce Mark Lilla in maniera graffiante e precisa - continuano ad avere un grosso, enorme limite: perdono. E non è una questione di “concessione culturale“ allo spirito del tempo, come la interpretava Renzi! “alla gente piace la D’Urso quindi vado a fare il coglione dalla D’Urso” (che poi pure Fassino prima, e D’Alema e lo chef Vissani...) E’ proprio che la battaglia mono issue non viene mai declinata in modo da essere inclusiva, e trasversale.
Avrei un lungo discorso sulla lotta #nonunadimeno nello specifico ma qui è alle monoidentità di sinistra nel loro complesso che mi voglio rivolgere. Senza un discorso globale, una veduta di insieme, una coerenza programmatica del complesso è difficile stabilire una connessione emozionale con la maggioranza. Non serve “fare gli stupidi per parlare con gli stupidi”, ma decisamente abbandonare il ditino alzato per moralizzare la “massa di idioti paffinchè si comportino in maniera buona e giusta (secondo la mia bussola morale)” è l’unica via se si vuole conquistare consenso a sufficenza per cambiare la situazione.
La famosa battaglia culturale per far cambiare il paese parte di qua, parte da noi, prima che dai bigotti di Verona. Perchè i bigotti di Verona stanno trovando un consenso nel Paese. Lo trovano non perchè il paese vorrebbe la donna “troia nel letto ma solo col marito e madre in cucina e suora in strada”, lo trovano perchè nelle loro stupidaggini fanno appello ad un senso di mancanza (come direbbero quelli dello Stato Sociale), quella mancanza che deriva da un tessuto sociale andatosi disgregandosi dagli anni 80 in poi, grazie all’opera di edonismo commerciale e consumistico Reaganiano e Tahtcheriano, che ha contemporaneamente sconfitto sia la comunità comunista che quella cattolica, le due grandi famiglie socio-culturali del nostro Paese (ma anche di molto occidente). Quella mancanza figlia di uno Stato che è andato ritraendosi nei servizi e di un universo lavorativo con sempre meno sicurezze e prospettive, in generale ad una vita con sempre meno opportunità e appigli sicuri a cui reggersi in caso di difficoltà. O anche senza difficoltà, che la vita sa essere dura pure in modalità default. Paradossalmente la sinistra ombelicale si trova a lottare notte e giorno per difendere le conquiste culturali di quella disgregazione messa in atto dai propri avversari, invece di insistere su una soluzione a quei danni, una società realmente più equa, che possa dare quella sicurezza e coraggio coi quali anche la più antiquata delle casalinghe di Voghera può ridere in faccia a Fontana&co. Purtroppo questa primavera va di moda il greenwashing perchè porta un saccodi voti in Baviera e nel nord europa (dove il PIL pro capite è il doppio) e quindi niente, dal medio evo proviamo ad uscire l’anno prossimo.
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Pnrr: si sta lavorando per la totale implementazione del fascicolo sanitario elettronico
Pnrr: si sta lavorando per la totale implementazione del fascicolo sanitario elettronico Nell'ambito del Pnrr, che mette in campo risorse che puntano sull'innovazione e la digitalizzazione, si sta lavorando per la totale implementazione del fascicolo sanitario elettronico, dapprima in ambito nazionale, poi con successiva possibile interoperabilità nel territorio dell'Unione Europea. Lo dice il ministro della Salute Orazio Schillaci, in un intervento-video inviato in occasione dell'incontro "La tutela della salute a livello europeo: una scommessa per il futuro", che si svolge presso Esperienza Europa "David Sassoli" a Roma, organizzato dall'ufficio in Italia del Parlamento europeo ed a cui è intervenuto il responsabile dell'ufficio Carlo Corazza. "La pandemia - spiega il ministro - ha dimostrato il valore dell'universalità dei servizi sanitari, anche nel contesto europeo, e come la salute pubblica debba essere considerata un investimento fondamentale per il benessere delle persone. E ha insegnato che la salute ha una dimensione globale. Con questa consapevolezza l'Italia è impegnata con gli altri Stati dell'Unione Europea a rafforzare i sistemi sanitari e a lavorare per garantire un'assistenza sanitaria equa ed accessibile a tutti. Nonostante le difficoltà economiche e la crisi energetica, il governo italiano ha aumentato le risorse destinate alla sanità nel triennio 2023-2026 e grazie ai fondi del Pnrr siamo impegnati a rendere il servizio sanitario nazionale più resiliente e pronto ad affrontare le future sfide". "Il piano - prosegue Schillaci - investe in maniera significativa sull'innovazione e la digitalizzazione. La sanità digitale può assicurare una svolta innovativa per l'intero sistema salute, favorendo un'assistenza personalizzata e centrata sulla persona e azioni di promozione, prevenzione e programmazione sanitaria in linea con i bisogni di salute della popolazione. In particolare stiamo lavorando per arrivare nei prossimi mesi alla totale implementazione del fascicolo sanitario elettronico, dapprima in ambito nazionale, poi con successiva interoperabilità speriamo nel territorio dell'Unione Europea. La sfida da vincere è quella di creare un ambiente in cui i dati sanitari possano essere condivisi e utilizzati in modo sicuro nella tutela della riservatezza dei dati stessi di ogni cittadino".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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NON CI SARA' A BREVE NESSUNA PATRIMONIALE SUI CONTI CORRENTI!
Di fronte alle tante domande che riceviamo in questi giorni, vogliamo rassicurarti, non ci sarà a breve nessuna patrimoniale sui conti correnti, anche perché nella situazione attuale, in cui la giacenza di conto viene tenuta per vivere e per gestire le esigenze di cassa di un periodo tanto buio, sarebbe una misura estremamente impopolare. Casomai a breve ci saranno aiuti di vario tipo da parte dello Stato, non certo prelievi forzosi o una patrimoniale sui conti correnti. Forse, come reazione è naturale (non logico, ma solo naturale) che ci si preoccupi sempre solo troppo presto o troppo tardi, quando si è oramai potenzialmente o direttamente davanti al problema. In ogni caso è comprovato che, per difesa o scaramanzia o guasconeria, si tende sempre a minimizzare i fatti e i potenziali avvenimenti quando li si vedono lontani o per converso a ingigantirli quando ci sembrano vicini. Sembra quasi che il mondo “dei fatti” venga osservato con un cannocchiale, alternativamente impugnato dalla parte della lente grossa o della lente piccola o viceversa o girato e rigirato con ansia e frenesia, fino a che non ci si capisce più niente e non si avverte più se ciò che si sta vedendo e vivendo è la realtà vera o quella immaginata o temuta. Di cosa sto parlando? Ci sarà una patrimoniale sui conti correnti? In questi giorni di “reclusione forzosa” per il Coronavirus sto ovviamente sentendo o video-chattando con varie persone: amici, parenti, conoscenti, clienti, professionisti (avvocati, commercialisti, consulenti aziendali, medici), ma soprattutto rispondo alle domande dei prospect, cioè di quei potenziali clienti, incerti sul “cosa fare, e come e quando?”.
Nonostante alcune differenze di qualità di linguaggio e quantità di parole, gli argomenti trattati sono però stati insolitamente gli stessi, e giungendo tutti fino al più o meno velato o malcelato timore della patrimoniale sui conti correnti o del prelievo forzoso dai conti correnti o ai temutissimi: blocco dei conti correnti o contingentamento dei prelievi in cassa o al bancomat e consolidamento dei Titoli di Stato. Seppur esposti e condivisi con una sequenza differente in funzione dell’esperienza e dell’indole personale, i temi sono stati gli stessi. Si è partiti ovviamente dall'analisi generale del problema dal punto di vista della malattia, perché nonostante tutto è assolutamente auspicabile di uscirne indenni: “ma chissà da dove è venuto questo virus?”; “Ma saranno veri i dati di contagio nostri e degli altri Paesi?”; “Chissà quando arriverà il vaccino?”; “Io comunque non esco di casa e ...” speriamo che me la cavo”; “Primo obbiettivo: non ammalarsi!” ecc....ecc.... A seguire, giorno dopo giorno, sta sempre più montando la ragionata preoccupazione per la situazione economica: “Certo che se non si interviene in fretta alla fine farà più vittime la crisi economica del virus stesso”; “Non ci sono parole sul comportamento di “questa Europa”; “Ci vorrebbe un nuovo Piano Marshall che sempre più, da più parti, lo si chiama (o auspica) già “Piano Draghi”!! ecc....ecc.... E, come è umano o naturale che sia, si è atterrati poi sul piano squisitamente personale finanziario. Perché, non nascondiamoci dietro ad un dito, alla fine di ogni ragionamento scatta sempre una naturale difesa del proprio orticello. Ecco che allora le domande e le preoccupazioni finali che mi son sentito chiedere, sono state: “E se alla fine metteranno una patrimoniale, magari a scaglioni a seconda dell’entità?”; “E se attueranno un prelievo forzoso sulle disponibilità in conto?”; “E se limiteranno o addirittura bloccheranno i prelievi di contante in cassa o al Bancomat?”; “E se arriveranno al consolidamento dei Titoli di Stato”. Con al temine una domanda diretta, espressa in funzione del grado di confidenza: “Lei pensa Dottore” oppure “Walter tu pensi”, che possano davvero arrivare a bloccarci i conti, o mettere un Patrimoniale o fare un prelievo forzoso dai conti o contingentare i prelievi dal bancomat o consolidare i Titoli di Stato? In realtà poi, continuando il dialogo, nessuno ha preteso una sicura risposta ad una tal così scomoda previsione. Parlando e confrontandosi ognuno giungeva infatti alla sua personale auspicata conclusione, riassumibile i tre gruppi ben identificati. Due posizioni estreme e una filtrata da un mediale buonsenso. Quelli assolutamente contrari e/o che ce l’hanno sempre e comunque con il Governo di turno: “Ma con tutto quello che mangiano “quelli là” se la devono proprio prendere con me che da solo non conto niente?” Quelli che si approcciano in modo rassegnato o comunque accettano il “mal comune mezzo gaudio”: “Se proprio sarà la definitiva manovra necessaria, speriamo sia equa e sopportabile! “ Quelli che si reputano cittadini consapevoli della gravità della situazione (o comunque di ogni situazione di portata nazionale o internazionale): “Se proprio deve essere uno sforzo di tutti per salvare e poi rilanciare il nostro Paese, ben venga!” Poi, nel prosieguo della chiacchierata, in tanti, ma direi pressoché tutti, mi han richiesto di allargare il ragionamento e spendere qualche parola in più sul “cosa avremmo potuto fare per non trovarci impreparati al verificarsi di eventuali simili provvedimenti, soprattutto se saranno onerosi e duri, quali la Patrimoniale sui conti correnti o il prelievo forzoso dai conti correnti o addirittura il blocco dei conti correnti o contingentamento dei prelievi in contanti in cassa o al bancomat o il consolidamento dei Titoli di Stato”? Ecco, da questo punto di dialogo, in poi, qualcosa ho potuto dire. Capite anche voi che, nel rispondere a questa domanda, ho rischiato di apparire banale e ovvio o simile ai soliti genitori quando puntano il dito e dicono “...te l’avevo detto...”, o ricordando anche il detto contadino “inutile chiudere la stalla quando i buoi sono scappati”. Sì perché, l’unico approccio alla risposta di una così importante domanda non poteva non partire dal ribadire che i problemi, sia se percepiti come reali, sia anche se solo temuti, essendo in ogni caso sovente imprevedibili soprattutto nel timing del verificarsi, non vanno guardati “col cannocchiale verso e retro” di cui dicevo sopra (adesso mi sembrano vicini...no no mi sbaglio sono lontani..no no guarda bene che sono vicinissimi, stanno per succedere), non vanno quindi affrontati con ansia o al contrario con supponenza, ma vanno semplicemente anticipati! Per analogia di discorso mi riappaiono i ragionamenti fatti con alcuni clienti nel corso della mia professionale con la salma del de cuius ancora calda sul “ma perché non ci ha pensato prima e non ha fatto testamento. Va che situazione che ha lasciato qui...”. O quando di fronte al verificarsi di avvenimenti aleatori “ah...se avessimo fatto una Polizza Assicurativa”. Son consapevole che sono ambiti diversi ma la matrice del problema è la stessa: meglio prevenire che curare!! Ad ognuna delle persone con cui ho parlato, conoscendo effettivamente le loro storie ed esperienze di vita e professionale, ho potuto ricordare fatti che nel corso del tempo ci avevano già portato a porci analoghe domande. Quindi: in questo caso? Succederà davvero che possa/debba essere introdotta una patrimoniale sui conti correnti? Che possa avvenire un prelievo forzoso sui conti correnti? Che possa essere contingentato o persino bloccato il prelievo in contanti in cassa o il bancomat? Ma come farò anche solo per fare la spesa tutti i giorni? Che possano essere consolidati i Titoli di Stato? Onestamente non so né cosa succederà davvero né posso prevedere o auspicare che succeda una cosa o l’altra. E, non è mio compito “qui” dissertare e sviscerare la questione sul piano tecnico. Da cittadino so che dovrò accettare quel che sarà, dovrò sperare che sia la mossa giusta, dovrò auspicare che qualsiasi intervento serva al bene del Paese, consapevole che dovrò dare comunque il mio contributo a favore del Paese, almeno come contributo di solidarietà. E se proprio non sarò d’accordo con gli interventi adottati, me ne ricorderò in cabina elettorale. Se però guardo la situazione e il problema dalla posizione e ruolo che ricopro nella società: per es. professionista, titolare di attività (quindi “posti di lavoro”), padre di famiglia, è sì corretto che mi ponga la domanda “come avrei potuto o dovuto fare per mettere in protezione, per salvaguardare anche solo parte del patrimonio e della liquidità, al fine di dare continuità all’impresa, attività o famiglia, proprio per non rischiare di dover interrompere bruscamente sia la funzione sociale del mio ruolo, sia, seppur un po’ egoisticamente, il tenore acquisito. Beh, avrei solo potuto, e dovuto, pensarci per tempo e.…sempre ricordando i saggi adagi contadini, per esempio, “mai mettere tutte le uova nello stesso paniere”. Pe esempio. Giusto per citare la cosa più semplice possibile, avrei potuto diversificare territorialmente il conto corrente e conto titoli, anche magari solo con una parte dei miei averi. Il buon vecchio e tanto combattuto, quasi vituperato, Conto in Svizzera, oramai da un lustro è lecito e regolare detenerlo, sia per le Autorità di Vigilanza e Controllo che per il Fisco. Sembra uno slogan, ma io lo dico stesso: per decenni il conto in Svizzera era il conto della vergogna, del black e dell’illecito; da qualche anno è il Conto diversificazione, tranquillità, sicurezza. È forse una colpa mettere in sicurezza i propri beni? Dal conto in Svizzera si può poi accedere anche all’investimento in alcune categorie di titoli, soprattutto obbligazionari, il cui acquisto dall’Italia non è possibile. Per onestà intellettuale è corretto dire, o meglio immaginare, che probabilmente potrebbe anch’esso essere colpito, aggredito da interventi così unici e straordinari, ma per analoga onestà di ragionamento si può certamente convenire che, qualora dovesse essere proprio così, lo sarà con una dilazione temporale quindi con tutti i vantaggi connessi alla variabile tempo, e comunque limitatamente alle disponibilità liquide in conto alla data di riferimento. Dopo tutta questa dissertazione, stemperata un po’ l’emotività e la giustificata paura derivante dalla straordinarietà del momento, abbiamo quindi ripreso a ragionare sul vero tema in questione: la Protezione e Salvaguardia del Patrimonio. Argomento questo che comporterebbe una nuova e ben più ampia analisi. Ma, in questo frangente, mi sono limitato a ricordare alcuni possibili strumenti, quali: - il primo è veramente facile, sia da comprendere che da realizzare, da mettere in pratica. Si tratta dell’apertura di Conto in una Banca Svizzera direttamente intestato al reale titolare effettivo dei denari o titoli, sul quale viene conferito incarico di gestione Gestione Patrimoniale Personalizzata, nei parametri rigidamente scelti dal cliente dopo peraltro essere stato opportunamente “profilato”, a Goodwill Asset Management, società a ciò specificatamente autorizzata. Questa modalità è quella più rapida ed immediata per ottimizzare l’obbiettivo di diversificare gli investimenti territorialmente e settorialmente; - le Polizze. Ma su questo tema, che qui cito per ovvia necessità di elenco, forse avrebbe senso scrivere appositamente; - mentre, per situazioni Patrimoniali più significative e adeguate alla portata del servizio, vi è uno specifico Istituto, che qui mi sento di ricordare e rappresentare: il Trust. In tal senso, per approfondire meglio i parametri ottimali di utilizzo del Trust, ne parleremo con la Dott.ssa Sabrina Numa... Read the full article
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La nascita del Welfare State
La nascita del Welfare State segue il principio di responsabilità dello Stato verso i cittadini più fragili. Nella Germania ottocentesca iniziano a farsi strada i cosiddetti diritti sociali che esplodono in tutta la loro forza con la seconda rivoluzione industriale. L'avvio di politiche per il lavoro, la salute, l'abitazione e la famiglia segnano l'ingresso nell'era moderna degli Stati che le hanno adottate. Che vuol dire Welfare State? Il termine Welfare State nasce nel Regno Unito negli anni Trenta del Novecento grazie allo studioso Alfred Zimmern. Fu il primo a utilizzarlo con un'accezione positiva per caratterizzare gli Stati democratici moderni. Il concetto di benessere sociale, infatti, era già nato in Germania in epoca bismarckiana. Wohlfahrtsstaat significava letteralmente Stato del benessere e indicava la responsabilità dello Stato nel garantire ai cittadini i diritti sociali come il diritto al sostentamento e al lavoro. L'idea, però, non era piaciuta alla destra rivoluzionaria ai tempi della Repubblica di Weimar. A partire dal 1942, con il piano Beveridge, entrò nel linguaggio comune del Regno Unito e poi di tutta Europa per sancire la differenza tra gli Stati democratici e quelli totalitari. Quali sono le caratteristiche principali del Welfare State? Il Welfare State comprende una serie di provvedimenti volti ad assistere i cittadini in determinati momenti della loro vita proteggendoli dai rischi e favorendo il loro benessere sociale ed economico. Le politiche welfare si ispirano ai principi di equa distribuzione delle ricchezze tra i cittadini, di pari opportunità e di responsabilità pubblica verso i più fragili. Non è possibile dare una definizione unica di Welfare perché ogni Stato lo adatta al proprio contesto e alla propria storia. Nel corso degli anni, inoltre, il mutare delle condizioni economiche e sociali di un Paese ha reso necessario modificare le politiche relative al Welfare. Possiamo inquadrarne, però, gli ambiti di azione: maternità, istruzione, abitazione, vecchiaia, infortuni, malattia, invalidità. Quando è nato lo Stato Sociale? Il Welfare State, o in Italiano lo Stato Sociale, nasce alla fine dell'Ottocento in un contesto sociale ben preciso: la seconda rivoluzione industriale. L'avvento delle macchine e dell'elettricità diede un forte impulso al passaggio da un'economia prettamente agricola a un sistema industriale. Passaggio che determinò un cambiamento irreversibile non solo nel settore produttivo ma più in generale nel tessuto sociale. Le città si popolarono anche per effetto di un sensibile rialzo demografico, nacque la classe operaia, e con lei il movimento operaio, e soprattutto si crearono nuove sacche di povertà e fragilità sociale. I primi provvedimenti erogati furono, infatti, legati agli infortuni sul lavoro. Nel Novecento, nel periodo tra le due guerre mondiali, il Welfare crebbe in misura notevole. Stavolta fu la risposta ai danni subiti dalla guerra e, negli Stati Uniti, dalla crisi del 1929. La nascita del Welfare State in Italia In Italia il Welfare State nasce in concomitanza con gli altri Paesi europei, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, quindi sotto il Regno d'Italia da poco costituitosi. I primi provvedimenti riguardarono le pensioni sociali volontarie contro gli infortuni. Misure come la pensione statale e l‘assicurazione pubblica contro la disoccupazione nacquero invece dopo la prima guerra mondiale. Con l'avvento del regime fascista, il sistema di leggi e di istituzioni per il welfare venne consolidato a favore del settore previdenziale trascurando quello sanitario. Per la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, infatti, bisognerà attendere il 1978. Durante il governo di Mussolini nascono l’Istituto Nazionale Fascista per la Previdenza Sociale, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, e Istituto Nazionale Fascista per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Compaiono gli assegni familiari. Il boom economico impose l'introduzioni di nuovi strumenti che stavolta riguardavano la famiglia. Fu riconosciuta la parità di diritti tra i coniugi, approvate le leggi su divorzio e aborto. Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta, la situazione economica fortemente condizionata da stagnazione e inflazione rese necessario limitare i benefici erogati dal Welfare. Le riforme successive hanno avuto come scopo ridurre la spesa pensionistica ed espandere le politica di assistenza sociale. In copertina foto di Anna da Pixabay Read the full article
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Gli ambiti riguardanti la politica bassa, prima della Rivoluzione francese erano molto meno sviluppati, mentre lo erano maggiormente l’esercito e la diplomazia (ambiti della politica alta). Questo nesso, considerato binomio tra guerra e stato ha avuto un ruolo fondamentale.
guerra - stato capitale - capitalismo
Guerra come una delle spiegazioni più plausibili allo sviluppo capitalista in Europa (ripercussioni enormi nell’industrializzazione). Gli stati europei sono quelli che mettendo insieme capitale e guerra hanno raggiunto una forma di supremazia a livello globale. Charles Tilly, 1990 riflette sullo sviluppo di sistemi coercitivi in europa legati alla guerra e al capitale. Nella prima modernità si afferma questo gap tecnologico tra l’europa e il resto del mondo. “Coercizione capitale e stato europei”
Soldi e organizzazione sono alla base della guerra. Sviluppo di sistemi fiscali capaci di drenare risorse dalle province verso le capitali: bisogno di centralizzare la riscossione delle tasse. Per organizzare le forza armate bisogna portare le bande missionarie armate ad avere un singolo padrone, per questo la necessità di soffrire una paga più alta. Fiscalità e militare sono due ambiti che per la popolazione rappresentano possibilità di carriere —> alleanze tra élite di paese e monarchie.
Apparato statale desideroso di essere fedele a questo imperativo di coercizione. La coercizione è uno degli strumenti attraverso il quale lo Stato può esercitare il potere sulla sua popolazione ma non può essere l'unico, nemmeno nelle forme di governo tiranniche.
Forza militare —> espansionismo, colonizzazione
Ad oggi questo ha innescato un'alleanza particolare tra Stato sovrano come organizzatore della fiscalità e capitalismo - guerra.
Ricostruzione che mette al centro la riflessione capitalismo-guerra sottolinea importanza delle manifestazioni pubbliche. L’uso dello spazio pubblico per la messa in scena dello Stato che riguarda più settori della società che vengono invitati a far parte della rappresentazione. Pratiche culturali che si appoggiano su certe istituzioni che hanno a che vedere con storie e miti sullo stato. La storia concorre alla produzione di ciò che è Stato, crea analogie e continuità temporali. Narrazioni condivise che fanno parte di pratiche discorsive che concorrono a formare uno Stato. Dimensioni escluse dalla spiegazione economico- capitalista prima citata.
Studiosi che si occupano dei discorsi che presuppongono che l’istituzione parla in nome di un collettivo di cui ascoltatore farebbe parte. La politica attuale sul sovranismo nazionale ne è un esempio. Il ‘noi, gli italiani’ è una produzione discorsiva, poiché parla di gruppi diversi con cornici diverse e alle volte contraddittorie, in opposizione. Le regolazioni morali sono i tentativi da parte dello Stato a rappresentarsi imparziali come rappresentante di una popolazione unica. Tentativi di accumunare parti di società diverse tra loro.
Momento di rovesciamento: la politica bassa prende il posto della politica alta in quanto a importanza. Processo molto lungo che storicamente prende inizio tramite due istituzioni: i tribunali e le imposte (fiscalità e giustizia). Nel corso del XVIII secolo il numero di queste istituzioni aumenta al punto da parlare di un vero ribaltamento del sistema che conviene nella creazione di una bio politica da parte della politica bassa. Passaggio da potere dispotico basato sulla coercizione verso un potere infrastrutturale basta su consenso e disciplinamento.
Sorveglianza: controllo sociale. Tutte le società caratterizzate da un forte potere infrastrutturale non permetto spazi di resistenza non controllate/monitorate dalle istituzioni. Non ricorre alla coercizione ma tutte le informazioni le forniamo noi popolazione volontariamente.
Informazioni —> controllo
Alcuni parlano di pacificazione interna invece di controllo sociale (connotazione neutra). Storicamente il ribaltamento e sempre maggior importanza della politica bassa avviene in un contesto politico economico sociale caratterizzato dalla diffusione di forme di povertà nella campagna e in città, inurbamento, l’industrializzazione. Tre fenomeni considerati come aumento del ceto proletario, forme di povertà che non trovano supporti materiali nel lavoro. L’aumento della popolazione induce gli Stati a sviluppare forme di istituzioni la cui missione è quella di educare questa massa di diseredati. (Workhouse)
Queste infrastrutture cambiano nel tempo. In modo particolare tutte le istituzioni legate allo stato sociale; il Welfare State. Lo stato sociale ha a che vedere con tutte le forme di servizi detti sociali in quanto assicurati gratuitamente ai cittadini di uno stato (istruzione, sanità, previdenza). L’emergere di queste istituzioni è legato all’aumento della povertà e delle insicurezze sia nelle città che nelle campagne. Campo di azione istituzionale proprio delle economie miste di stato caratterizzate dalla presenza del capitalismo. La nascita el Welfare State è una strategia per far fronte alla nascita del comunismo. Un compromesso politico tra le classi dirigenti e la popolazione che soffre povertà. Questo non nega il fatto che altre forme di solidarietà ante litteram. (Es leghe socialiste, …) Data di inizio storica è quella della grande crisi del 29 ed il New Deal di Roosevelt.
Economista che teorizzava che lo stato avesse la necessità di intervenire per sostenere la domanda interna attraverso politiche ad oc. Questo intervento era più necessario nei momenti di crisi economica, poiché la domanda interna crolla e quindi lo Stato deve invitare lavori per le persone che avranno soldi che spediranno per aumentare la domanda interna. Epoca in cui le economie erano veramente internazionali (es. politiche coloniali)
Oggetto di studi perché nella nostra parte di mondo è diventato cifra comune di tutti gli Stati nelle sue varie declinazioni. Alcuni parlano di regimi di servizi sociali e distinguono tre regimi:
conservatori-corporativi che privilegiano non tanto ossessione dell’efficienza di mercato ma cercano di mantenere le differenze tra le classi sociali, ma che cercano di offrire a tutti o stesso servizio in modo universale. Germania, Italia, Francia, Spagna paesi in cui c'è una cultura religiosa che indirizza ed aumenta i servizi del ws verso la famiglia (benefit per le coppie, benefit per chi si riproduce..)
Liberali che non danno sussidi universali ma dividono l’attenzione (spesso considerate pratiche caritatevoli) verso quei settori più svantaggiati della società. Questo per ridurre il costo. Forte etica del lavoro e beneficare di questi servizi non incondizionatamente ma in base all’impegno nella ricerca di un lavoro.
Social-democratici basato sulla diffusione di un’alta qualità di servizi. Caratterizzato da un'individualizzazione del benefit, non riconosce quindi il nucleo famigliare, vi è al contrario l’idea di socializzare la prevenzione dalla nascita, considerando qualsiasi individuo come portatore del diritto all’assistenza sociale.
In un’economia capitalistica le risorse dello stato sociale dipendono effettivamente dai lavoratori. Quindi è scopo del Welfare State quello di creare lavoro e risorse. Indebitamento in seguito delle guerre <— abbandono del controllo del Welfare State Il principio originario è quello di fornire dei servizi a TUTTI i cittadini di uno stato, ovunque essi si trovino. Diffusione equa ed universale dei servizi del Welfare State. Principio della giustizia spaziale-sociale.
-Attaccato da chi sostiene che il debito pubblico sia causato dal WS. Diminuzione della somministrazione di servizi sociali attraverso la nascita di attori privati che vanno a sostituire gli interventi statali. Un attore privato però non si preoccupa del raggiungimento della giustizia spaziale e sociale. La localizzazione o il senso di giustizia di un ente privato non ha nulla a che vedere con quelle pubbliche. Quindi il WS inizia a ragionare attraverso principi diversi, ad esempio quelli del neoliberismo.
-Attacco di fatto concomitante è quello della nascita del neoliberismo che propone un altro modus operandi: capovolgere l’approccio, se in una certa zona non ci sono abbastanza utenti per rendere economicamente funzionante una certa struttura allora eliminare la struttura. Quindi è l'utente che usufruisce della struttura che decide di cambiare domicilio per spostarsi più vicino alla struttura di interesse. (Metafora: È simile il principio di Shopping: l’utente si muove verso certi negozi che offrono i prodotti di suo interesse.)
Questo approccio neoliberista funziona maggiormente nei Paesi anglosassoni, mentre nell’Europa continentale l’approccio è avvenuto tramite il progressivo restringimento del numero di beneficiari dei servizi sociali, che diventano perciò orientati solamente verso i più bisognosi.
L’etica del lavoro dei regimi liberali è estate adottata progressivamente anche dai regimi conservatori- corporativi e social-democratici.
Dagli anni ’80 in poi il modo in cui tutte le forme di benefit sono sempre più connesse ed influenza dalla ricerca di lavoro. In Francia fino a pochi decenni fa chi perdeva il lavoro beneficiava della disoccupazione. Con delle riforme recenti questo sussidio si riduce progressivamente in seguito al prolungarsi nel tempo di ricerca di lavoro.
Quindi Welfare State —> Work State Le persone devono dimostrare di potersi guadagnare questo benefit, attraverso le prove di una ricerca di affrancamento.
Crescita dei vincoli di somministrazione dei benefit sociali. Si rafforza l'idea che il lavoro, qualsiasi esso sia, dovrebbe essere la norma sociale per tutti. Nel contesto sociale in cui imperativo dell’innovazione un lavoratore deve tenersi continuamente formato e al passo con le nuove invenzioni. Quindi si deve dimostrare di lavorare per essere preparati alle richieste del mondo del lavoro.
Politiche su scala nazionale che non hanno preso in considerazione le differenze locali e territoriali. Nelle città è più aleatorio, dipende dal tipo di sviluppo che sta subendo la città stessa ed i suoi quartieri.
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