#Essere madre è un lusso
Explore tagged Tumblr posts
Text
È da stronzi psicopatici borderline e qualsiasi altro criterio diagnostico vi venga in mente se una persona decide, gradualmente, di non volere avere a che fare più con una certa categoria di persone? Me lo chiedo spesso.
La specifica categoria delle persone a cui mi riferisco sono quelle nate dalla parte dei privilegi, delle comodità, della solidità familiare, della sicurezza. Della salute.
Non credo che nessun genitore sia perfetto e che nessuna vita lo sia, ma diciamo che se vivi ed hai vissuto con due persone adulte bene o male decenti e presenti, che ti infondono sicurezza nell’affrontare il mondo e le piccole tragedie quotidiane diciamo che ti è andata già parecchio bene. Ecco, più passano gli anni e più assisto alle chiamate di rito con i genitori dei miei coetanei, più li sento parlare delle vacanze, delle piccole incomprensioni, delle attenzioni, della cura, del “che completo compro per la laurea?” o “che regalo al compleanno di tizio?” - più mi sembra di venire presa a fucilate a entrambe le ginocchia e di sanguinare irrimediabilmente dovendo fingere di stare bene - ché avere due genitori non è una colpa e non lo è nemmeno essere sereni, nemmeno essere mediocri.
Non serve comunque a niente saperlo, quando mi confronto con i problemi medi della gente mi sento un bambino povero di cinque anni che muore di fame, e che fuori il ristorante di lusso vede mangiare le famiglie di gusto mentre congela dal freddo. Niente mi toglie di dosso quella sensazione orrenda di freddo e di disagio, niente mi impedisce di finire al cesso a piangere se vedo un bambino che corre fra le braccia di un padre, di una madre, di un qualsiasi adulto sano, niente mi impedisce di essere incazzata, di provare invidia, di essere sprezzante, cinica, distaccata nei confronti di tutta quella gente nata col futuro spianato. È questo che mi fa sentire miserabile, questo che impedisce di capire. Capire la sofferenza altrui, capire cosa affanna le persone “normali”, capire come cazzo vive, pensa, si sveglia, ama. Cosa posso dire a queste persone? Che vicinanza posso garantire? Parliamo da prospettive esistenziali diverse e inconciliabili. Bisogna essere stati almeno una volta dall’altra parte della barricata, fuori dal ristorante, al freddo, con la fame, per capire. Capire che la condizione che vivo non è umana e dunque non è fatta di sentimenti umani, che sono un lupo, un militare, uno psicopatico, un bambino di cinque anni, tutto assieme, e che voi siete esseri umani, con problemi da esseri umani, con sentimenti da umani e con vite umane, che io non potrò mai capire. Dunque non forzatemi nel farmi capire cosa vi agita, non mi parlate, non mi spiegate, non mi mettete in mezzo alle vostre beghe umane, io sto morendo di freddo e di fame -, voi state male perché siete sazi.
20 notes
·
View notes
Text
𝑫𝒂𝒓𝒌! 𝑺𝒐𝒓𝒓𝒆𝒏𝒈𝒂𝒊𝒍 𝑺𝒊𝒃𝒃𝒍𝒊𝒏𝒈𝒔 𝒙 𝒓𝒆𝒂𝒅𝒆𝒓
𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Fourth Wing
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, prigionia, restrizioni, rapimento, inganno, manipolazione emotiva, squilibrio di potere a danni di Mc, utilizzo di soprannomi da animali, tortura, utilizzo di Veleni, utilizzo implicito di Droga, contenuto Lgbt,
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 2119
In realtà (Nome) non ricordava nemmeno come avesse attirato la loro attenzione. Sapeva solo che Brennan e Mira avevano iniziato quella catena di eventi e che tra i tre Violet è sicuramente quella meno pericolosa.
Aveva notato i troppi sensi di colpa di Violet causati dal trattamento duro che avevano i fratelli nei confronti della (Colore) - non che le avessero fatto così tanto male… all’inizio - e che (Nome) utilizza contro la più giovane dei figli del generale Sorrengail. Poi ha giocato con l’innocente convinzione che aveva notato negli occhi di Violet, quella secondo cui (Nome) non sapesse mentire così astutamente per riuscire a sfuggire ai due Sorrengail più grandi, soprattutto quando non c'erano uno dei due a farle capire i giochi della loro piccola volpe.
Ma ancora, Violet era più piccola persino di (Nome), quindi era crudele qualsiasi di questi comportamenti, anche quando erano fatti per puro terrore e disperazione. Mira gli avrebbe impartito una bella lezione nel caso avesse anche solo capito che (Nome) stesse manipolando la sorellina e Brennan avrebbe ottenuto solo un riscontro psicologico da (Nome) e una buona lezione per la giovane Violet. Violet era davvero troppo piccola e troppo fragile per riuscire a stare al passo con quella caccia folle.
Tuttavia agli occhi inesperti di un ignaro spettatore Violet poteva sembrare la compagnia preferita della (Colore). È sempre stato più facile parlare con lei e convincerla a rilasciare la morsa e il periodo solo con lei era sicuramente uno dei più belli da quando era stata reclusa dai suoi fratelli. Anche quando era sicura che Mira e Brennan la stessero istruendo non è mai riuscita ad avere un vero controllo su (Nome).
Anche se il momento in cui Violet è partita per Basgiath, era davvero il suo preferito. Nessuno le avrebbe fatto cambiare idea. L’anno e mezzo di libertà era un lusso, lo sapeva fin troppo bene. Nessuno avrebbe impedito alle due sorelle di ritrovarla, era questione di tempo.
(Nome) se ne era andata e nessuno aveva cercato di fermarla. Era felice di questo. Il Generale Lilith Sorrengail l’aveva guardata andarsene con i pochi effetti personali che possedeva e a cui si era affezionata e le aveva detto di fare attenzione. A cosa esattamente? Brennan è morto e dubitava seriamente potesse resuscitare, Mira era nell’ala est, e Violet è stata mandata a morire a Basgiath. (Nome) non credeva minimamente che lei potesse farcela, ne era certa. È sempre stata l’anello debole dei tre.
(Nome) se ne andò per la sua strada e così fece Lilith. (Nome) non la reputava necessariamente una cattiva madre. Certo non aveva mai mostrato nulla se non disprezzo e severità nei suoi occhi, ma questo non la rendeva una cattiva madre. Aveva solo i suoi motivi e il fatto che avesse cercato di allontanarla dai suoi figli ha solo alzato il livello di stima di (Nome) - anche quando l’aveva definita un inutile passata mento -. Attraversò per quella che sperava essere vivamente l’ultima volta il cortile sorvolato da draghi con i loro cavalieri. (Nome) era terrorizzata da quegli esseri e prima se ne fosse andata meglio era.
Se qualcuno avrebbe potuto guardarlo dall’estero lo avrebbe ritenuto in un certo senso era ironico. Lei che era terrorizzata dai Draghi, era stata tenuta segregata da persone che in un modo o nell’altro sarebbero diventati cavalieri. Ma in definitiva se ne andò. Raggiunse il primo paesino disperso nelle foreste, un posto dove nessuno avrebbe potuto trovarla così facilmente. Il primo periodo è stato duro, adattarsi ai nuovi ritmi eppure la piacevole sensazione di libertà era qualcosa di impagabile.
È quasi un peccato che questa libertà durerà così poco.
Le sue gambe facevano male mentre correva. Sperava di aver visto male. Sperava vivamente che quel cavaliere non fosse Mira che la stava cercando. Sperava che avesse sbagliato a sentire il nome della persona che quel cavaliere stava cercando. Sperava che fosse tutto un mucchio di coincidenze e che lei non fosse Mira. Perché se veramente fosse Mira magari c’era anche Violet e (Nome) non voleva tornare con loro. Continuava a sperare ma continuava comunque a correre. Se mai sperare non fosse servito almeno sarebbe stata lontana dal villaggio. Corse. Corse. Corse. Corse e Corse. Respirare non poteva essergli più doloroso e difficile di così. Doveva trovare un posto che a rigor di logica fosse difficile da raggiungere per un drago e impensabile per Mira.
Un ruggito freni l’aria e un vento anomalo si alzo. (Nome) maledì la sua scarsa forma fisica e la sua troppa sicurezza nel rimanere così allungo nello stesso luogo. Non voleva fermarsi eppure quando il grande drago atterrò sul suolo erboso a quasi 20 metri da lei non ha avuto altra scelta. Crollo sull’erba verde e si trascinó il più lontano possibile. I polmoni bruciavano come mai prima d’ora e semplicemente non sapeva se sarebbe riuscita a sopravvivere di questo passo. Vide dal drago scendere la figura di Violet. Le sue pelli da volo erano in perfetto condizioni e sul suo viso nessuna traccia di sudore. Ma d’altronde era (Nome) ad aver corso fino ad adesso, a lei è bastato solo restare in groppa del suo drago. Rimosse dagli occhi gli occhiali protettivi così da poter vedere la figura tremante della sua astuta volpe. (Nome) si trascinò con le proprie mani più lontano possibile da lei. Era stanca e forse tremante tuttavia l’adrenalina scorreva ancora vivace nel suo organismo e questo le grida di andarsene il prima possibile. Si voltò dalla parte opposta da cui stava arrivando Violet per correre il più lontano possibile. Mentre correva (Nome) si illuse di avere una possibilità. Una volta raggiunta la foresta solo Violet poteva seguirla, a patto che volessero che (Nome) vivesse.
Certo, la foresta sarebbe stata la scelta migliore, anzi l’unica, tuttavia alla foresta non arrivò mai per potersi riparare. Un’altro drago atterrò davanti a lei. Una serie di scaglie riflettenti specchiano il suo riflesso malmesso e terrorizzato. Era la prima volta che sentiva questo genere di terrore, ma era anche la prima volta che aveva a che fare con dei draghi in modo così ravvicinato.
Dal drago non scese nessuno.
❝ Grazie Andarna, sei arrivata giusto in tempo. ❞ Oh! Forse (Nome) aveva capito. (Nome) non conosce le dinamiche tra cavalieri e draghi, non ha mai avuto bisogno di conoscerle, tuttavia non ci voleva un genio per capire che anche quel drago fosse suo, insieme al bestione nero con cui aveva avuto un incontro ravvicinato prima. ❝ (Nome), finalmente ti abbiamo trovata. Non immagini nemmeno quanto eravamo preoccupate per te. ❞ (Nome) non vedeva come dovessero preoccuparsi per lei. Lei era felice in quel posto senza di loro, lei è stata felice in tutto l’arco dell’anno e mezzo in cui non era più imprigionata. Ma non si voltò per dirglielo, in realtà i suoi occhi erano ancora fissi sul drago dalle scaglie lucide. No, forse era solo concentrata sul suo riflesso pietoso.
Si sentì sbattere un’altro di ali e Violet con entusiasmo attirò l’attenzione del cavaliere prima di urlare qualcosa che aveva fatto salire il vomito. ❝ La Volpe è qui! ❞ Personalmente era un soprannome che odiava. Glielo aveva dato Brennan quando una delle prime volte che ha cercato di scappare utilizzando Violet. Da una giocosa presa in giro è diventato il suo soprannome di quando non volevano parlare direttamente di lei. O quando sapevano che potevano infastidirla per qualche comportamento subdolo - In particolare Mira -
(Nome) in ultimo scatto, a sorpresa di tutti, persino di se stessa, si alzó in piedi pronta a correre in qualsiasi direzione fosse libera. Si sentiva ancora speranzosa, forse con molta fortuna potrebbe ancora raggiungere il bosco. Mosse solo alcuni passi prima di essere trascinata di nuovo a terra, al suo posto. Due braccia l’avvolsero stretta. ❝ Dove pensi di andare, astuta volpe. È da un po’ che non ci vediamo e ancora di più che non passiamo del tempo insieme. ❞ Mira… Si irrigidì nel suo abbraccio. L’ultima volta che la vide la salutó quasi a stente - che di per se le sembrava davvero impossibile - aveva solo deciso di avere una qualche discussione con il Generale Lilith per poi accompagnare Violet a Basgiath e poi non le vide più entrambe.
❝ Mira fai attenzione non vedi che è terrorizzata. ❞ Un’altra voce di aggiunse alla conversazione. Una voce fottutamente familiare. Una di quelle voci che appartengono a persone morte. ❝ I morti non hanno diritto in questa discussione.❞ La presa di Mira, durante la dubbia discussione, si allentó. (Nome) avrebbe potuto scappare. Certo, quello era il suo pensiero che sfumó con lo stupore e il paio di stivali da volo posizionati di fronte a lei. Chiunque fosse - anche se sapeva benissimo chi fosse - ora è di fronte a lei e (Nome) non aveva la benché minima voglia di alzare lo sguardo per affrontarlo. Lui si inginocchiò di fronte a lei, le alzó il viso con due dita sotto il mento.
❝ Ehy piccola volpe, è da tanto che non ci vediamo. Sei contenta di vedermi? ❞ Il volto di Brennan era adornato da un gentile sorriso mentre le parlava eppure il viso della ragazza era stretto in una espressione di puro terrore e incredulità.
Lei ovviamente sapeva che era lui, tuttavia niente le avrebbe impedito di negare fino all’ultimo. ❝ No… ❞ La domanda di Brennan non imponeva una risposta, ed in effetti non gli ha risposto. ❝ no, no, no, no, no, no, no, no, no!❞ (Nome) scosse il capo in continuazione, da un lato all’altro reggendosela con le mani. ❝ Questo non possibile… ❞
Brennan si è intenerito nel vedere (Nome) bisbigliare e scervellare per capire come lui potesse essere qui, l’insieme dei draghi, della fuga e della loro presenza, le impedivano di ragionare come si deve. Tutto quello che la sua mente le dice era di nascondersi e scappare. ❝ Chi si offre a trasportarla fino ad Aretia? ❞ Mira la teneva ancora stretta per impedirle di scappare, conosceva troppo bene (Nome) per sapere che potrebbe essere capace di scappare fino all’ultimo istante. Intanto si tirò in piedi insieme alla sua confusa volpe. ❝ Dimentichi che salirà mai con noi su un drago, annesso che uno dei nostri draghi si offra di portarla. ❞ Brennan si sfregò il mento pensando ad un modo per trasportare la povera ragazza.
❝ …Forse ho modo… ❞ Violet parlò ma (Nome) non ebbe il coraggio di ascoltare. Stavano parlando di trasporta, (Nome) e draghi tutto nella medesima frase. Non voleva sapere cosa le avrebbero fatto.
Chiuse gli occhi (Colore) mentre vedeva Violet avvicinarsi e sentiva Mira stringerla per tenerla ferma. Poteva ricordare poco altro, oltre alla lotta e alle preghiere per farli fermare. Un liquido le veniva spinto in bocca a forza, un gusto amaro e dolce al medesimo istante. La testa aveva iniziato a girarle e le parole insieme alle preghiere le venivano a meno, mentre loro la reggevano nel suo stato traballante. Basta. È crollata a terra e poi l’oscurità.
(Nome) si è ritrovata ad Aretia. Non sapeva come, ma sapeva che niente sarebbe cambiato da prima.
Brennan era rimasto quello più intelligente. Nessuna fuga sarebbe stata possibile con lui o comunque non sarebbe arrivata molto lontano a meno che lui non lo avesse deciso. (Nome) ha tentato una fuga il minuto successivo ad aver scoperto di essere tornata, le aveva lasciato proseguire la sua fuga. Almeno fino a quando (Nome) stessa non si era accorta di essere finita in un cortile pieno Cadetti in allenamento con i rispettivi draghi. Il terrore fu abbastanza da farla tornare indietro nei suoi passi fino a Brennan fin troppo divertito dal suo terrore. L’avrebbe trascinata in spalla come fosse un peso morto e rimproverando cautamente la (Colore). Si sentiva un cucciolo o una bambina in queste situazioni, ma se si impegnava abbastanza sarebbe riuscita ad ignorarlo. Ma l’imbarazzo di vederlo flarlo di fronte ai cadetti di Aretia mentre passavano per i corridoi era qualcosa con cui non sarebbe mai riuscita a convivere nemmeno dopo mesi.
Mira era invece quella ferrea e implacabile dei tre, come lo era sempre stata. Per lei non esisteva punizione che non fosse applicabile alla loro piccola volpe tremante e disobbediente. Reclusione forzata al buio e l'essenziale per sopravvivere, Privazione di ‘privilegi’ come li avrebbe chiamati lei ed infine nei casi più gravi si arriva a leggere fratture o distorsione. Quando piangeva, urlava e implorava perché il dolore finisse, Mira la rassicurava semplicemente dicendole che era per il suo bene. Ma credeva che tutto questo fosse per il loro piacere più che il suo bene. Anche se la parte peggiore è cercare di capire quando la stesse mettendo alla prova o se avesse davvero intenzione di attuarle. Appena ne ebbe l’occasione fu lei ad offrirsi di ristabilire le regole vecchie ed aggiungerne di nuove. Nuovo posto, nuove regole.
Ed infine Violet… Violet era decisamente e irrimediabilmente cambiata. Essere diventata un cavaliere in quel maledetto college, l’aveva cambiata, in peggio se possibile. Non era più l’anello debole dietro cui nascondersi e che avrebbe ammorbidito anche se di poco le sue punizioni. Non era più quella che le avrebbe tolto le catene e le avrebbe dato un sorso d’acqua in più. No… ora è diventato uno strano mix dei due. Tra il genio di Brennan e l’ implacabilità di Mira. Avrebbe stretto la presa per farla desistere da una fuga mentre la riporta dentro con tenere rassicurazioni. Avrebbe offerto la sua disponibilità dopo che Mira avesse finito, rammaricandosi di non aver mai agito al meglio prima e successivamente le avrebbe raccontato di come, a Basgiath, avesse avvelenato i suoi avversari, per poi fare lo stesso con lei. Ora si era trovata ad implorare pietà piu a Violet che a Brennan e Mira. Non poteva dire di potersi nascondere dietro di loro, ma non erano più i più pericolosi.
Ora come ora è più in gabbia di prima.
Questo era solo il primo di una piccola saga di 5 post sulla famiglia Sorrengail :3.
Nessuno dei capitoli sarà correlato al precedente. Potrete leggerli in che ordine volte e decidere quali leggere e quali no ( Attualmente sono in lavorazione )
BRENNAN ♡ MIRA ♡ VIOLET ♡ LILITH
#yandere x reader#dark stories#dark character#x reader#fourth wing x reader#iron flame x reader#empyrean series#empyrean series x reader#brennan sorrengail x reader#Dark Brennan Sorrengail x reader#mira sorrengail x reader#dark Mira Sorrengail x reader#violet sorrengail x reader#Dark Violet sorrengail x reader#Dark Sorrengail x reader#Dark Sorrengail
20 notes
·
View notes
Text
Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, ha perso il suo ricorso in Cassazione contro i giudici del tribunale del Riesame che, di fatto, confermavano l’ordinanza di misure cautelari nei suoi confronti. I magistrati confermano l’entità delle «condotte distrattive» della donna nel caso dello scandalo Karibu.
La signora Soumahoro ha infatti sottratto la modifica cifra di un milione di euro e “non era una semplice segretaria” della coop gestita dalla madre, come sosteneva la difesa. Una pietra tombale sul castello di carta dei garantisti a senso unico della sinistra che leggevano un complotto contro il paladino dei migranti. Non c’erano quindi motivazioni xenofobe, razziste o ideologiche sull’attenzione dei giornali al “diritto al lusso di Lady Soumahoro”: la condotta della moglie dell’onorevole eletto con Fratoianni e Bonelli è stata tutto tranne che onorevole.
Soumahoro tace: la sentenza della Cassazione pubblicata su Latina Oggi
«Da ieri mattina è tutto pubblico, ben stampato sulla prima pagina di Latina oggi – scrive oggi Francesco Storace su Libero – e chissà quanti giornali ne avranno tenuto conto nell’edizione odierna. La vicenda di sfruttamento odioso dell’accoglienza per gli immigrati si “arricchisce” di ulteriori dettagli che è difficile derubricare in distrazioni. Sono reati e non di poco conto, dice la Cassazione nelle sue motivazioni». Come ricorda il quotidiano diretto da Mario Sechi, «lo scandalo Karibu era già passato al vaglio del Gip di Latina con una misura cautelare, confermata dal tribunale del riesame di Roma. L’indagata eccellente aveva fatto ricorso con gli altri imputati in Cassazione e ieri si è appreso perché ha torto, col deposito delle motivazioni dei giudici dell’Alta corte. “Le condotte distrattive sono state poste in essere mentre l’indagata era sottoposta a misura interdittiva per altro procedimento”.
Nello scandalo Karibu, come ricorda il quotidiano, tra i reati contestati, c’è la frode nelle pubbliche forniture, «per aver distratto ed essersi appropriata delle somme erogate dalla Prefettura alla società Karibu» ma anche bancarotta fraudolenta per distrazione con trasferimento su conti correnti esteri. Liliane Murekatete attraverso l’avvocato Lorenzo Borre, sosteneva di «non ricoprire cariche sociali se non quella in una società inattiva da venti anni e avente un diverso oggetto sociale relativo all’organizzazione di matrimoni». La mazzata della Cassazione sul punto è stata netta: «È infondata la doglianza relativa alla non pertinenza del pericolo rispetto alla carica ricoperta in una società avente ad oggetto l’organizzazione di matrimoni».
Come osserva sapidamente Storace, chissà perché «il deputato portato in Parlamento da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni non pronuncia più una parola sull’argomento, che pure dovrebbe essergli “familiare”…».
18 notes
·
View notes
Text
una donna è stata denunciata dalla polizia di Torino per mancanza di assistenza famigliare. avrebbe lasciato il figlio di 6 anni da solo a casa per il tempo di recarsi al mercato. la polizia ha trovato il bambino seduto a cavalcioni sulla finestra di casa e la casa in disordine.
io non so se voi siete cresciutɜ in famiglie bene ma vi posso assicurare che questa scena avrebbe potuto essere una fotografia della mia infanzia (e anche quella dellɜ miɜ compagnettɜ di scuola).
io a 6 anni avevo già due fratelli più piccoli a cui badare. i miei non si potevano permettere unɜ babysitter che ci accudisse mentre loro cercavano di incastrare i turni dei loro lavori, i nostri orari di scuola sempre diversi e le varie attività extrascolastiche che iniziano a prendere piede. non abbiamo mai avuto il lusso di avere vicinɜ di casa giovani che potessero accudire me e i miei fratelli per il tempo della spesa, né nonnɜ che potessero farci compagnia e aiutarci con i compiti nel dopo scuola. la casa era un disastro. io ricordo benissimo di essere sempre stata arrampicata in cima ai mobili per da dove potevo osservare tutta la stanza.
ricordo nettamente quando ci siamo potuti permettere una babysitter. io avevo 12 anni. mi sentivo già adulta, avevo fatto da madre ai più piccoli per tutta la mia infanzia e ora un'altra donna voleva venirmi a dire cosa fare e cosa non fare mentre i miei genitori erano assenti. ricordo che mi sgridò perché sedevo sui mobili, e io non capivo dove fosse il problema.
è facile fare le leggi e giudicare quando si vive nel privilegio. è facile accusare famiglie e genitori di cattiva genitorialità. anche i miei genitori sono stati pessimi da questo punto di vista. eppure hanno fatto del loro meglio per campare e farci campare nel migliore dei modi.
il bambino è stato allontanato dalla famiglia. mi chiedo se anche lui sia stranito perché ai suoi occhi non c'era nulla di strano o pericolo nel dondolarsi dalla finestra come ogni giorno cercando di intravedere la mamma che torna dal mercato e quindi poter correre ad aprirle la porta prima che tirasse fuori le chiavi.
37 notes
·
View notes
Text
Mi piacciono le persone e tutto quel mondo “proletario” che ho vissuto e tutt’ora frequento. Quando uso questo termine non parlo solo di una condizione socio-economica ma di uno stato mentale. Mi piace chi ama mangiare in quelle terrazze di trattorie ombreggiate da pergole di viti dove sui tavoli ci sono tovaglie di carta o quelle plasticate a scacchi bianchi e rossi. Quelle persone che amano rovistare tra bancarelle cariche di cianfrusaglie sperando sempre di trovare un buon affare. Quelle che si siedono a terra intorno a un bel falo' in quelle sere piene di stelle cantando insieme. Mi piace chi non ostenta, chi conosce la misura, chi ha rispetto dei suoi guadagni, chi spende i suoi soldi ma lo fa con quel pizzico di etica pensando che tanta gente non ce la fa nemmeno a mettere insieme un pranzo con la cena. Chi sperpera in sentimenti, sapere e conoscenza. Mi piacciono le persone che aiutano e non discriminano, chi ha il piacere di vivere dentro quel mondo popolare fatto di cose semplici e sentimenti genuini. Forse perché è un mondo che mi ricorda le origini, chi erano i miei nonni e i miei genitori. Quel mondo così umile ma solidale dove il disperato riusciva ad aiutare queĺli piu' disperati di lui. Oggi potrei girar le spalle a quel mondo, potrei ignorarlo, potrei ostentare quel mio status borghese, avere l’orgoglio per le belle cose, le belle case o per qualcosa di gran lusso ma sarei come un pesce fuor d’acqua. Ci devi nascere, devi essere predisposto a fare certe scelte. Quando mia madre faceva enormi sacrifici per farmi studiare pensava sicuramente ad una mia vita migliore della sua ma non credo pensasse a una vita “troppo migliore”. Ma no, non poteva pensarlo perché non la conosceva una vita “troppo migliore”. Lei conosceva quelli di “una vita tranquilla”, quelli ammirava e invidiava. Ecco, si, lei pensava una vita tranquilla, senza disagi economici, una vita dove puoi comprarti il gelato se ne hai voglia e fermarti a mangiare in qualche trattoria senza fare i conti in tasca o fare qualche bella vacanza. Ma il gelato, la trattoria, non l’hotel 5 stelle o il ristorante stellato. E così mi ritrovo con le tasche piene di quel tipo d’insegnamento e non saprei fare diversamente. Seguito contento a stare dentro quel mondo che m'ha dato tanto e ci sto veramente bene.
@ilpianistasultetto
74 notes
·
View notes
Text
TOKYO MEW MEW REWATCH - EP 28
- Ma tu guarda che razza di lavori mi tocca fare per colpa di quella ritardataria!
Per una frazione di secondo ho capito una cosa orribile.
Comunque vai di buchi di trama: come hanno trovato il pelo di gatto se Ichigo si è trasformata chissà dove e non ha messo zampa al Caffè?
Ho sputato un polmone al tentativo di trasformazione in forma felina. Se l'avessero animato tutto sarebbero stati dei geni assoluti.
Critiche sociali contro i genitori cretini che non sanno educare i figli a interagire con gli animali. Gli è andata di lusso che Ichigo sia una paladina della giustizia, un gatto normale avrebbe già cavato gli occhi ai bambocci.
- Voglio invitarti a casa mia, ti offrirò la cena!
Seh seh. I gatti sono rinomati per la loro sottigliezza. Se Ichigo l'avesse seguito, avrebbe avuto una traumatizzante scoperta a base di uncini.
Comunque l'approccio di Francois è agli stessi livelli di Kisshu, mi chiedo perché non sia shippato con Ichigo allo stesso modo. Discriminazioni basate sull'aspetto fisico, senza dubbio.
Bello il siparietto sui genitori di Ichigo, che ci lascia sapere che 1) mentre le Mew Mew combattono c'è la crisi economica e 2) probabilmente questi due avrebbero iniziato una bollente sessione di sesso al telefono se non si fosse messa di mezzo la preoccupazione per la scomparsa della figlia.
- E adesso cosa faccio?
Ti siedi in faccia a Masaya. È quello che farebbe qualunque gatto, no?
Comunque mi fa morire che lei vada nel pallone all'idea di dargli un bacio mentre lui sta palesemente sognando di mettere in pratica con lei tutto il kamasutra che può conoscere un ragazzino di tredici anni.
Bandierina rossa a Ichigo per la reiterata somnofilia comunque.
Come si fa a essere così ubriachi da pensare che baciare un gatto sia una buona idea? Questo anime veicola ai bambini messaggi molto diseducativi, cioè che sia possibile limonare coi gatti senza rimetterci il senso della vista.
- Nessuno accetterebbe una denuncia fatta da un gatto!
Quando ero alle medie facevo da assistente a mia madre nella segreteria del tribunale, e credo che se i gatti potessero sporgere denunce, sarebbero più sensate di molte di quelle sporte da umani.
12 notes
·
View notes
Text
Amir Menashe (7 ottobre 1988) è un poliziotto presso Israel Border Police mentre in precedenza era un soldato israeliano nel ruolo di colonnello presso l'IDF e ha origini dalla Libia.
È attualmente single
Breve biografia
Amir Menashe nasce il 7 ottobre 1988 aTel Aviv in Israele da una famiglia ebraica in Libia in cui i suoi nonni stavano rischiando di essere catturati dal regime di Mussolini per essere spediti e uccisi dalla Germania nazista ma questo non accade perché si erano interessati al sionismo e riusciti a fuggire in Palestina britannica e partecipavano all'organizzazione terroristica Irgun, suoi genitori invece vissero in Israele e presero parte dell'IDF come militari per un breve periodo per poi scegliere il loro lavoro che piaceva tuttavia furono sempre discriminati dagli ebrei bianchi che li chiamavano "arabi" a causa del fatto che assomigliavano agli arabi fisicamente.
Amir subisce il bullismo nella sua infanzia perché non assomigliava agli ebrei bianchi askhenazi e si diploma nell'università di Tel Aviv nell'economia e si unisce nell'IDF (Israel Defense Force) come militare all'età di 18 anni e gli fu insegnato anche l'arabo avendo somiglianza fisica agli arabi.
Nel 2013, Amir si trasferisce nella città Kafr Qasim dove abita anche una piccola popolazione araba e ottiene il ruolo di colonnello.
Nel 2023, Amir fu mandato al confine per sorvegliare se arrivano pericoli di Hamas e accettò un alleanza con il neo fascista Felix Foster ma continuò a trattare quest'ultimo con diffidenza sia perché assomiglia fisicamente colui che aveva tentato di rapire e uccidere suoi nonni quindi non sarà mai affidabile per gli ebrei libici riguardo la protezione perché sa che non lo farà e sia perché supporta un partito che non gli piace per niente ed è razzista come il Likud.
Amir continuò ad avere un pessimo rapporto con il suo collega Jacopo Levi essendo un razzista di pelle bianca che continua ad offenderlo e discriminarlo per il suo colore della pelle e perché sembra un arabo.
Il 5 marzo, Amir termina il suo servizio militare presso l'IDF e inizia a lavorare come poliziotto presso Israel Border Police, nello stesso giorno fece un accordo con il suo alleato Felix Foster per questioni di sicurezza e se nota terroristi palestinesi attraversare la Libia.
Il 13 marzo, Amir si allea con l'ex dittatore Adolf Hitler ma solo su questioni di sicurezza e antiterrorismo.
Personalità:
Essere Bilancia ascendente Pesci significa avere predilezione per il lusso e le belle cose della vita. Dolce e gentile fino all'estremo, è incapace a dire di no. Il difetto maggiore, a parte la tendenza a eccedere nel mangiare e bere, sono le sue incertezze che lo rendono titubante nel prendere le proprie decisioni. Tra tutti i Bilancia, è molto probabilmente il più indeciso, e quando si trova di fronte a un bivio, oscilla come una foglia al vento. A volte capita che gli altri devono prendere una decisione al posto suo prima che sia troppo tardi.
Sentimentalmente, l'amore e l'empatia sono essenziali per le persone che presentano questo tema astrologico alla nascita, per cui sembrano sbocciare una volta che hanno incontrato la loro anima gemella. Per paura di rimanere soli tendono a fare amicizia alquanto velocemente, ma a volte con le persone sbagliate.
Informazioni:
Luogo di nascita: Tel Aviv,Israele
Luogo di residenza: Kafr Qasim,Israele
Data di nascita: 7 ottobre 1988
Nazionalità: Israeliano
Etnia: Libico indigeno
Professione attuale: Poliziotto presso Israel Border Police
Professione in precedenza: Colonnello presso Israel Defense Force
Segno zodiacale: Bilancia
Partito politico che vota: The Joint List
Religione: Ebreo ortodosso
Lingue: Ebraico e arabo
Orientamento sessuale: Eterosessuale
Parenti:
Omar Menashe (nonno,deceduto)
Rachele El-Baz (nonna,deceduta)
Yusufu Menashe (padre)
Zubayda Amar (madre)
Prestavolto:
Barel Shmueli
15 notes
·
View notes
Text
ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ⟡ 𝐁𝐈𝐎𝐆𝐑𝐀𝐏𝐇𝐘 ㅤ ﹫ɪɴꜰᴏ ᴘᴏɪɴᴛ ⸝ ꜰʀᴇᴇㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ❤ㅤ ☆ㅤ on game ㅤ ㅤ ㅤ😭ㅤ ☆ㅤ off game ㅤ ㅤ ㅤ 🖇 basics : ㅤ ㅤ ♯ nome: ethan raleigh hughes ♯ prestavolto: david gandy ♯ pronomi: he/him ♯ luogo di nascita: london, united kingdom ♯ vive a: manhattan, new york ♯ sessualità: etero ㅤ ㅤ 🖇 about them : ㅤ ㅤ ㅤ 𝐈ㅤ Diciannove febbraio millenovecentottantaquattro, occhi di giacchio e capelli color della pece sono i colori caratteristici di questo bambino che emette il primo vagito nel silenzio di Eaton Hall, residenza del ducato di Westminster. Trascorre buona parte della sua vita a Londra, città che lo accoglie ogni qualvolta sente il bisogno di isolarsi, e scenario dei suoi studi durante gli anni a Oxford. L'affetto famigliare è però contrapposto ai modi rigidi di una nobiltà inglese che cercano di formare l'animo del piccolo, di plasmarlo in qualcuno che non vuole essere. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈ㅤ Nonostante l'eleganza e il lusso siano di casa, questi non sono mai ostentati mantenendo quel basso profilo che l'uomo sembra prediligere, soprattutto a seguito della sua infanzia non semplice. Nonostante l'appartenenza alla nobiltà britannica da generazioni e i diritti a lui riservati, quest'ultima è stata accantonata dal giovane Hughes (cognome che ha acquisito successivamente) che, quando più ne aveva bisogno, ha affrontato sulla sua pelle l'indifferenza che la caratterizza. Un'infanzia apparentemente idilliaca, trascorsa a Eaton Hall, è quella che costella la vita del giovane che tuttavia, alla morte della madre comincia il più brutto dei suoi incubi. Una madre che viene strappata troppo presto dalla vita, dal suo pargolo in balia di una famiglia in cui l'omertà sembra fare da padrone. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈𝐈ㅤ Crescendo, Ethan sviluppa un temperamento forte, spesso complicato e scostante quando non riesce ad essere razionale, ma sempre educato, gentile con quello charme inglese che diventa quasi la sua firma. Un carattere che si tempra nel corso degli anni, attraverso una vita che l'ha visto protagonista di vicende oscure, vicende che l'hanno segnato talmente nel profondo da essere il risultato delle sue sfide. ㅤ ㅤ 𝐈𝐕ㅤ La laurea a Oxford in psicologia è il trampolino di lancio necessario per volare poi oltreoceano e specializzarsi a Yale in psicologia clinica e disturbi post traumatici. La vita statunitense gli offre di vivere una vita diversa rispetto a quella che gli era stata riservata, aprendo il suo primo studio psicologico, collaborando con la Columbia University in qualità di ricercatore e con associazioni per l'aiuto a vittime di abusi. Allontanarsi dalle sue radici, seppur solo metaforicamente, è la via migliore a suo avviso, mostrando quella freddezza che ormai lo ha caratterizzato. Il suo vero cognome è Grosvenor, e difficilmente ne parla con qualcuno, la vita da nobile è qualcosa a cui non vuole accennare, ma nella sua ricerca di normalità, ammette di usare le influenze per un bene più grande. Hughes è la nuova versione di sé, ma il passato non sempre è clemente. ㅤ ㅤ ㅤㅤ ❚ ᴘɴɢꜱ/ꜰᴀᴍɪʟʏ, quindi 𝗣𝗩 importanti che 𝗻𝗼𝗻 possono essere duplicati: ㅤ ㅤㅤ ㅤ ✦ㅤ gerald grosvenor — ᴘɪᴇʀᴄᴇ ʙʀᴏsɴᴀɴ ( father ) ㅤ ㅤ
1 note
·
View note
Text
Marco Baldini è noto per il suo sodalizio con Fiorello, ma anche per la sua dipendenza dal gioco d’azzardo. È stato vittima di usurai legati alla Banda della Magliana e al clan dei Casamonica. Poi ha detto che la ludopatia era tutta un’invenzione per coprire investimenti sbagliati. Oggi, sostiene in un’intervista al Corriere della Sera, ha 29 euro sul conto corrente in banca. Nel periodo d’oro «arrivavo a quasi un milione di euro all’anno, stavo sugli 800 mila. Ancora oggi mi stupisco che mi pagassero così tanto per fare il cretino», confessa a Renato Franco. Il passato Il suo passato, dice, lo insegue: «Mi guardano — aggiungo, giustamente — con sospetto. Con il passato che ho avuto e con quello che è stato scritto su di me la gente ci pensa non due, ma venti volte a darmi una mano. E alla fine dicono di no». E non hanno torto: «Ho imparato una cosa: non è mai colpa degli altri, è sempre colpa tua, nel bene e nel male. Se sono arrivato a questo punto non incolpo nessuno, l’errore è stato mio che per pararmi da un guaio peggiore — e qui non posso andare molto oltre — con il mio avvocato ci inventammo la storia del gioco d’azzardo compulsivo, che era l’unica scappatoia». Dal 2022 Baldini ha fatto sapere che la sua dipendenza dal gioco d’azzardo e dalle scommesse sui cavalli era una bufala. L’altra verità «Non sono mai stato ludopatico, era una copertura da guai più gravi. Ero finito in un giro di malavita. Guadagnavo cifre esorbitanti grazie ad alcune persone che dopo due anni hanno avuto bisogno di investire una cifra più importante per realizzare un complesso immobiliare di case di lusso», è l’altra verità lasciata alle cronache. Anche se sulla ludopatia ha scritto un libro: «Chiesi sei mesi di tempo, in realtà mi dovevo documentare perché ne sapevo poco o niente e facendolo ci sono caduto dentro, però non ai livelli enormi di cui si parla. Ci hanno fatto anche un film e così tutta Italia si è convinta che io fossi un giocatore compulsivo». Metodo Stanislavskij Insomma, sarebbe tutta colpa del metodo Stanislavskij: «Ripeto, ci sono cascato nella ricerca di essere credibile in quello che raccontavo: se ti avvicini troppo al fuoco poi ti bruci». Ha parlato di certe cifre «per giustificare l’uscita di quelle grosse somme di denaro». Mentre giocare ai cavalli «sì, mi piaceva, ma i miei racconti erano esagerati». E non ha mai perso 40 milioni in una giocata: «Il grosso ormai l’ho fatto, con Fiorello: grazie a Il più grande spettacolo dopo il weekend abbiamo superato i 13 milioni di spettatori. Oggi sbarco il lunario, metto a disposizione quello che so fare. Una volta alla settimana sono a Lazio Tv, con Morena Rosini, la cantante dei Milk and Coffee, che se dici ex cantante dei Milk and Coffee si incazza: conduciamo Vizi capitale , un salottino che ospita varia umanità. E poi lavoro a Radio Roma Sound dove mi diverto a fare le mie solite minchiate. Con queste piccole cose tiro su uno stipendiuccio che mi dà modo di poter vivere con la mia famiglia». Fiorello Con Fiorello ogni tanto si sentono. Ma una reunion con lui è «impossibile. E ho sbagliato io. C’è stata un’epoca in cui ero fuori dal mondo, vivevo in condizioni molto precarie, ho dormito anche in macchina, e ho fatto errori imperdonabili. Lui mi ha aspettato un sacco di tempo, poi quando ha visto che non c’era più ciccia ha detto basta». Tutta colpa di un’intercettazione: «Nel periodo in cui ero fuori di testa stavo parlando a un tizio che mi chiedeva dei soldi, eravamo intercettati e offesi Fiore, ma avrei potuto offendere mio padre, mia madre, mia sorella… avrei potuto offendere chiunque, perché ero fuori controllo. Feci un errore grosso, usai parole cattive (tra le altre cose disse che non lo pagava abbastanza e che «quelli intorno a lui hanno preso le briciole», ndr ), e a quel punto una persona fa giustamente fatica a fidarsi di chi parla di te in un certo modo». Il futuro Adesso, a 65 anni, il futuro lo vede così: «Non penso né al passato né al futuro, penso al presente. Penso a crescere bene mio figlio Leonardo, le ristrettezze economiche ci sono e sono tante, ma la mia compagna — che ha 26 anni meno di me — è la mia ancora di salvezza». Per un reality si sente «anziano. Non posso farmi vedere la mattina che mi sciacquetto al Grande Fratello. All’ Isola dei famosi con la sfiga che ho al salto dall’elicottero beccherei l’unico scoglio dell’oceano». Ha capito i suoi errori: «Da anni rigo dritto». Ma lo stigma «rimarrà per sempre». Read the full article
0 notes
Text
Quando è morta mia madre avrei voluto che il mondo intero si fermasse, che nessuno mi chiedesse di fare cose, avrei voluto semplicemente mettermi a letto e starmene lì a vedere i giorni trascorrere lenti. Mi sono dovuta sdoppiare per andare avanti, all’improvviso ero io “la donna di casa”, tuttavia ero ancora tanto figlia, ma infondo con una madre depressa figlia non lo sono mai potuta essere davvero. Ero abituata a prendermi cura di lei, ora cambiava solo che dovevo dare le attenzioni a mio padre. Dopo tre mesi mi sono laureata, la mia prima laurea, una tesi pensata e dedicata totalmente a mia madre, speravo che così mi avrebbe detto di essere orgogliosa di me e invece lei non c’era più. Una tesi sulla depressione post parto, quella da cui ho sempre pensato, lei non fosse mai uscita. Quando c’è stato il covid per me è stato un sollievo, che lusso, ero legittimata a fermarmi, eravamo tutti fermi, non lo ero solo io, una consolazione così non l’avevo mai avuta. Il tempo scorreva lento, si poteva dormire, ci si poteva fermare. La pace era anche nella mia testa finalmente. Forse dal covid avremmo dovuto imparare a dare a tutti un giorno mondiale di riposo, che so la domenica ? Il giorno legittimato per non fare niente. Infondo pure Dio sì fermo il settimo giorno no?
0 notes
Text
ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ⟡ 𝐁𝐈𝐎𝐆𝐑𝐀𝐏𝐇𝐘 ㅤ ﹫ɪɴꜰᴏ ᴘᴏɪɴᴛ ⸝ ꜰʀᴇᴇㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ❤ㅤ ‧‧‧ㅤ on game ㅤ ㅤ ㅤ😭ㅤ ‧‧‧ㅤ off game ㅤ ㅤ ㅤ 🖇 basics : ㅤ ㅤ ♯ nome: liv eira torgersen ♯ prestavolto: josephine skriver ♯ pronomi: she/her ♯ luogo di nascita: oslo, norway ♯ vive a: manhattan, new york ♯ sessualità: etero ㅤ ㅤ 🖇 about them : ㅤ ㅤ ㅤ 𝐈ㅤ E' il due gennaio duemilauno, a Oslo, in Norvegia, quando Liv viene alla luce, figlia di due personalità di spicco: sua madre, Astrid Dahl, è una stilista norvegese di fama internazionale che ha scalato il mondo della moda fino a diventare direttrice creativa della maison Dior. Suo padre, Henrik Torgersen, è un brillante avvocato conosciuto come uno "squalo" per la sua tenacia nelle aule di tribunale e la capacità di piegare ogni caso a suo favore. L’infanzia di Liv tuttavia, è un mix di lusso e solitudine, un misto di sensazioni spesso contrastanti. Cresce tra atelier di alta moda e studi legali, osservando i genitori brillare nei loro rispettivi mondi, ma spesso sentendosi invisibile in mezzo alla loro carriera frenetica. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈ㅤ L'assenza emotiva genitoriale ricopre un ruolo fondamentale nella vita di Liv, la quale si ritrova a seguire la strada della lettura e conseguentemente della scrittura. Si rifugia così in un modo in cui la fantasia predomina, ma soprattutto un modo in cui riesce a sviluppare una forte empatia per tutti quei personaggi di cui legge. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈𝐈ㅤ A 18 anni, Liv lascia Oslo per trasferirsi a Manhattan e studiare letteratura inglese alla prestigiosa Columbia University. Il suo trasferimento rappresenta un mix di fuga e opportunità: fuggire dalle aspettative opprimenti dei genitori e trovare la sua voce lontano dal peso della loro eredità. Manhattan la affascina e la spaventa allo stesso tempo. Vive in un loft nei pressi del college, l'ultimo anno diventa il più arduo e la scrittura della tesi diventa il chiodo fisso di una carriera che potrebbe naufragare ancor prima di cominciare. ㅤ ㅤ 𝐈𝐕ㅤ Frequentatrice assidua di caffè letterari, librerie e biblioteche, Liv ha sempre vissuto all'ombra delle aspettative dei genitori, i quali hanno proiettato su di lei i loro desideri e ambizioni. La madre ha sempre visto nella giovane, il volto perfetto per la moda, per un modo fatto di apparenze, e nonostante lei stessa ci abbia provato, Liv è ancora troppo titubante ad accettare un ruolo in cui deve mostrare qualcosa che probabilmente non esiste. Henrik, d’altra parte, ha sempre visto Liv come una versione più giovane di sé, intelligente e ambiziosa. Ha cercato di guidarla verso una carriera rispettabile, forse nell’editoria o nel diritto, ma senza mai chiedersi cosa volesse davvero. La loro relazione è formale e spesso distante, con Henrik che tende a giudicare le scelte della figlia come "sogni immaturi" anziché aspirazioni legittime. Ad oggi non ha ancora chiaro che cosa voglia fare della sua vita, ma nel frattempo il college è la sua casa. ㅤ ㅤ ㅤㅤ ❚ ᴘɴɢꜱ/ꜰᴀᴍɪʟʏ, quindi 𝗣𝗩 importanti che 𝗻𝗼𝗻 possono essere duplicati: ㅤ ㅤㅤ ㅤ ✦ㅤ henrik torgersen — ʀᴏʙᴇʀᴛ ᴊᴏʜɴ ʙᴜʀᴋᴇ ( father ) ㅤ ✦ㅤ astrid dahl — ᴋᴇʟʟʏ ʀᴜᴛʜᴇʀғᴏʀᴅ ( mother ) ㅤ ㅤ
1 note
·
View note
Text
Albergo Etico e l’Accademia dell’Indipendenza: Inclusione e Turismo Etico
Il mondo del turismo si sta evolvendo rapidamente, e l’Albergo Etico rappresenta un faro nel settore dell’ospitalità inclusiva. Questo progetto non è solo un albergo, ma anche un’opportunità unica per favorire l’autonomia e l’inclusione lavorativa di giovani con disabilità, grazie a un percorso formativo di tre anni chiamato Accademia dell’Indipendenza.
Cos’è l’Accademia dell’Indipendenza?
L’Accademia dell’Indipendenza è un programma di formazione intensivo che dura tre anni, progettato per aiutare i giovani con disabilità a raggiungere una vera autonomia. Questo percorso unisce teoria e pratica, con attività che coinvolgono i partecipanti in tutte le operazioni dell’albergo, dal ricevimento alla gestione del ristorante.
La metodologia dell’Accademia si ispira al modello della vita accademica e militare: gli allievi indossano una divisa, lavorano insieme in un ambiente strutturato e gerarchico, e condividono momenti di socializzazione come i pasti, creando un forte senso di appartenenza. Questo approccio è progettato per responsabilizzare i partecipanti, insegnando loro non solo le competenze tecniche necessarie, ma anche le abilità sociali e organizzative fondamentali per affrontare il mondo del lavoro e della vita quotidiana.
Un Turismo Etico e Sostenibile
L’Albergo Etico è molto più di una struttura ricettiva: è un progetto che promuove un nuovo modello di turismo etico e sostenibile. Ogni ospite che sceglie di soggiornare in una delle strutture, situate in diverse città italiane e internazionali, contribuisce a sostenere un’iniziativa che offre opportunità concrete ai giovani con disabilità.
Tra le sedi principali, spiccano quelle di Asti, Roma, Fenis, Cesenatico, e persino in Argentina e Albania. Queste strutture offrono un’ospitalità impeccabile, con camere moderne, tecnologie avanzate e un’attenzione particolare alle esigenze di ogni cliente, rendendo il soggiorno un’esperienza inclusiva e arricchente.
Formazione e Autonomia nel Turismo
Il programma dell’Accademia dell’Indipendenza include la possibilità per i partecipanti di vivere all’interno dell’albergo, separandosi gradualmente dall’ambiente famigliare. Dormire nelle stanze dedicate al personale rappresenta un passo cruciale verso l’indipendenza. Durante questo periodo, i ragazzi imparano a convivere con i colleghi, a gestire autonomamente le loro attività quotidiane e a superare sfide personali.
Questo modello di turismo inclusivo non solo arricchisce l’esperienza degli ospiti, ma stimola anche la collettività a riflettere sull’importanza dell’integrazione lavorativa e sociale. La presenza dei ragazzi in divisa diventa un simbolo di inclusione e un invito alla riflessione per tutta la comunità.
L’Erasmus dell’Inclusione
Le storie di successo legate all’Albergo Etico sono molteplici. Una madre svizzera, dopo l’esperienza del figlio Guglielmo nell’Accademia, l’ha paragonata a un Erasmus, descrivendola come un’opportunità per il ragazzo di acquisire nuove competenze e una maggiore fiducia in se stesso. Questo spirito di apertura e crescita è il cuore pulsante del progetto, che mira a creare un turismo consapevole e umano.
La Rete degli Alberghi Etici
L’Albergo Etico è presente in diverse località, ognuna con le sue peculiarità:
Asti, nel cuore della città, offre un’esperienza confortevole e tecnologica, perfetta per i viaggiatori interessati al patrimonio culturale.
Fenis, in Valle d’Aosta, propone un soggiorno immerso nella natura, ideale per un turismo rilassante e rigenerante.
Roma combina lusso e accessibilità, con camere dotate di ogni comfort e attenzione alle esigenze dei diversamente abili.
Cesenatico, sulla Riviera Romagnola, accoglie gli ospiti con camere moderne e una piscina, creando un’atmosfera unica e accogliente.
Argentina e Albania, dimostrano come il modello di inclusione possa essere replicato con successo a livello internazionale, contribuendo a diffondere il concetto di turismo etico in tutto il mondo.
Un Modello di Turismo da Imitare
L’Albergo Etico dimostra che il turismo può essere un potente strumento di inclusione sociale. Offrendo opportunità lavorative e formative, questa rete di alberghi non solo migliora la qualità della vita dei partecipanti al programma, ma sensibilizza anche la società sull’importanza di sostenere progetti che promuovano l’autonomia e l’inclusione.
Scegliere l’Albergo Etico significa non solo vivere un’esperienza di soggiorno unica, ma anche contribuire a un futuro in cui il turismo diventa sinonimo di solidarietà, crescita e umanità.
Albergo Etico
Leggici su Linkedin
Indicaci come contattarti
#arcobaleno#associazione#associazioneculturale#associazioni#associazionimondovi#cooperativaarcobaleno#eventi#eventiperilsociale#mondovi#monregalese#onlus#sociale#socialemondovi#oltrearcobaleno#turismo#disabilità#solidarietà#mondo#world#turismoetico#viaggio#viaggiare#bellestorie#argentina#albania#inclusività#fenis#storia#inclusione#tirana
0 notes
Text
Concedimelo
io ti chiedo di concedermelo. concedimi, per favore, di essere un tuo rimpianto. concedimi, per favore, di guardarti allo specchio, pensare alla tua vita e a chi meriteresti accanto, e concedi a te stesso il mio vago nome che alleggia.
perché non accadrà in questi tempi e in questa vita, lo sai bene, di stare così, io e te, come ho desiderato molte volte io e di tanto in tanto hai contemplato anche tu.
non accadrà più, o meglio, non mi permetto di concedermi il lusso e la bassezza di svegliarmi tra le tue braccia, a guardarti i riccioli sul viso, a godere della tua dolcezza; tutto in te è profondo ma è effimero, tutto in me è effimero ma profondo. mi dai tutto ciò che cerco in due ore, calma, sicurezza, un porto sicuro e mi saldo al pensiero che sia tutto effimero, non ci posso cascare, perché è il tuo modo di essere così dolce e accudente che mi lacera il petto, non come un coltello ma come un ago, e sento il corpo stringersi e il cuore ingrandirsi, mi secco e rompo, ma dentro sono di sangue vivo. tutto in me è diverso, ho la testa tra le nuvole ma colleziono gocce di pioggia, non so dove sono, ma tutte le pietre che sono state toccate dai miei passi le ricordo, tutte le tue parole sussurrate le ho respirate, tutti i tuoi pensieri ripensati. con me c’è la leggerezza di salire sulle nuvole e poi aprire gli occhi e rendersi conto di essere nelle viscere della terra, ma con lo sguardo al cielo, ed essere rimasti fregati. non mi importa, mi dissocio, ma chissà come, ricordo tutto. concedimi il mio diritto, concedimi l’immortalità, perché la posso avere solo non stando mai con te, se la tua mente torna a me ogni tanto, a pensare che non mi meritavi e che sarei stata troppo per te. non fartene una colpa però, ti direi, ma egoisticamente vorrei che ti dispiacesse, vorrei che fossi sveglio abbastanza da capire che non è un gioco e che valgo, mi guardi, mi vedi, ma cosa vedi? non mi hai mai risposto, forse vedi un frammento di tua madre, lei, donna che non ha potuto incontrare tutti i tuoi bisogni e che ricerchi in tutte, ma dell’affetto non ricevuto non fargliene una colpa, vorrei dirti tra le altre cose. e quali altre cose? ti chiederei di lasciarci andare. scriverei saggi di parole per raccontare quel poco che so di te, fiumi in piena limpidi, ma non ti meraviglieresti lo so, ti piacciono i miei occhi mi hai detto la prima sera, con la luna piena che palpitava, ma ciò che veramente apprezzavi era il mio sguardo, che tu ricambiavi in modo profondamente effimero.
non mi troverai in nessun altra donna, in nessun altro spirito, in nessuna voce che risuona come la mia. ma io troverò te in altre persone, in vaghi ricordi lontani, tra gli sguardi incrociati sui mezzi e nei miei occhi più scuri e profondi dei tuoi. ti terrò sempre stretto a modo mio, da lontano, sarai messo via tra le pagine di un libro che ripesco volentieri, un personaggio che ha avuto del potenziale ma non ha potuto applicarsi. indelebile perché non sei mai stato scritto, indimenticabile perché sempre sulla punta della lingua.
(20 ottobre alle 4 del mattino circa)
a L.
-blodosleya
0 notes
Text
The Bear 2: se possibile, ancora più bella
La prima stagione di The Bear è ambientata nella cucina di un ristorante, ma in realtà è girata come fosse un film di guerra. La tensione e il livello di stress della brigata sembrano molto simili a quella dei soldati in trincea. Siamo a Chicago, nella paninoteca The Original Beef of Chicagoland, attività a conduzione familiare. Quando il titolare, Mikey (Jon Bernthal), si suicida, è il fratello minore, Carmy (Jeremy Allen White), a prendere in mano la situazione. Nonostante sia uno chef rinomato, quel posto per lui diventa la cosa più importante: salvare The Beef è il suo modo di affrontare il trauma. Se vi state chiedendo se sia necessario prendere dei tranquillanti anche dopo la visione dei nuovi episodi della serie, sappiate che la vera domanda è: la qualità di scrittura e recitazione è rimasta la stessa? La risposta è di quelle che non arrivano spesso: The Bear 2 è, se possibile, ancora più bella della prima.
The Bear 2: una scena
Avevamo lasciato Carmy e Sydney (Ayo Edebiri, sempre più brava) pronti a trasformare The Beef in The Bear, ristorante con ambizioni da Stella Michelin. Un'impresa, come scopriamo all'inizio di The Bear 2 praticamente disperata. Come la vita personale del protagonista, è tutto da ricostruire: l'impianto elettrico, le pareti piene di muffa, il menù. Per non parlare dello staff: per essere competitivi non basta più sapere fare i pancake, bisogna alzare il livello di gioco.
La metafora sportiva qui è d'obbligo: se infatti la prima stagione è girata come fosse il resoconto di una una battaglia, la seconda si trasforma in un racconto quasi sportivo. Non è un caso che venga costantemente citato il libro di Coach K, molto famoso in America, Leading With the Heart: a tutti i protagonisti è affidato un ruolo preciso, che aiuta tutta la brigata, proprio come fossero una squadra. Con uno spunto simile a quello di Ted Lasso, la cucina e lo sport sono in realtà un pretesto: al centro di The Bear 2 c'è la domanda delle domande. Qual è il senso della vita?
Il senso della vita in un cannolo
The Bear 2: un momento della serie
Chiamati a mettere ordine nelle proprie esistenze e a migliorarsi per riuscire a essere competitivi e aprire il nuovo locale in soli tre mesi, tutti i protagonisti devono necessariamente fare i conti con se stessi. A soppesare i propri punti di forza, gli errori, le debolezze. C'è chi ancora non si è ripreso da un divorzio, chi ha la madre malata, chi è incinta e non l'ha detto a nessuno. Qualunque sia il tormento personale dei personaggi, tutti arrivano a farsi la stessa domanda: qual è il mio scopo? Se lo chiede per primo Richie (Ebon Moss-Bachrach), che si definisce da solo "un uomo senza qualità". Eppure, investito di responsabilità e fiducia da Carmy, anche lui troverà il suo talento. Così come Marcus (Lionel Boyce), protagonista di uno degli episodi più belli, quello a Copenaghen, dove va per imparare i segreti della pasticceria.
The Bear 2: una foto di scena
Se inizialmente la risposta più facile alla domanda sembra essere quella di seguire un sogno con tutte le proprie forze, i personaggi, e in particolare Carmy, scoprono che il vero segreto della felicità è saper bilanciare la propria esperienza con quella degli altri. Un lusso per chi, come il protagonista, pensa di non meritarla e per questo anestetizza ogni desiderio, sacrificandolo sull'altare del successo. Quando però incontra di nuovo Claire (Molly Gordon), il grande amore della sua vita, a cui non ha avuto mai il coraggio di dirlo, tutto viene messo in discussione.
E proprio quando pensavamo che The Bear fosse diventato più introspettivo e rilassato, ecco che torna la guerra, esattamente a metà: l'episodio numero 6, Fishes, di un'ora, il doppio della durata classica, è un doloroso e sfiancante flashback, in cui assistiamo a una cena di Natale della famiglia Berzatto. Ci sono tutti: Carmy e i suoi fratelli, Mikey e Nat, i cugini, gli zii, Richie. E soprattutto mamma Berzatto, Donna. Non vi svelo l'incredibile cast chiamato a interpretare i parenti di Carmy (così come altre due guest star di enorme pregio presenti in altre puntate), ma siate pronti a emozioni forti. È qui che scopriamo perché il protagonista odia i cannoli siciliani. E una volta compreso, sarà un viaggio emozionante capire come se ne riapproprierà, con l'aiuto della famiglia che si è scelto, la sua brigata.
The Bear: tra le migliori serie degli ultimi anni
Di serie scritte e interpretate in modo magistrale ce ne sono diverse: Succession e Better Call Saul sono forse sul podio delle migliori viste negli ultimi anni. Ma The Bear non è da meno. Anzi: empatizzare con criminali e miliardari è una sfida che, da spettatori, si accetta. È un gioco. Vedere invece sullo schermo persone esattamente come noi, che vivono di piccole delusioni e felicità quotidiane, cercando di migliorarsi nonostante i fallimenti, può essere molto più destabilizzante: diventa quasi terapia.
The Bear 2: un'immagine della serie
La variegata umanità che vediamo nella serie creata da Christopher Storer è viva, vera, pulsante: impossibile non riconoscersi in almeno una delle fragilità che vediamo raccontate con una naturalezza e un realismo quasi spietato. A seconda delle esperienze personali e delle capacità individuali, il cammino di una persona può prendere svolte imprevedibili, su cui si ha pochissimo controllo. Un pensiero che terrorizza. E, di fronte al caos che è la vita - o la cucina di un ristorante -, per quanto si provi a darsi regole e obbiettivi la cosa più importante in assoluto è lo scambio con gli altri. Soltanto dalla condivisione può nascere qualcosa di bello e vero. Che sia un cannolo rivisitato o un rapporto, non necessariamente romantico, che ci cambia in meglio e ci fa capire che si può sempre ricominciare, reinventarsi. Se c'è la voglia di cambiare e di fidarsi di altre persone spaventate esattamente quanto te.
Conclusioni
In conclusione The Bear 2, la seconda stagione della serie con protagonista Jeremy Allen White è ancora più bella della prima. Il livello di scrittura arriva al livello della perfezione, il cast è sempre più affiatato e convincente. Senza svelare nulla, c'è poi una lunga serie di guest star di livello altissimo, che impreziosisce ancora di più questi nuovi dieci episodi. Se The Bear era quasi un bollettino di guerra, The Bear 2 diventa un racconto sportivo, in cui la brigata di Carmy si trasforma in una vera e propria squadra. Vero, sincero, quasi spietato nel suo realismo. Tra le serie migliori degli ultimi anni.
👍🏻
La scrittura praticamente perfetta.
La bravura di tutto il cast.
Le incredibili e numerose guest star.
La colonna sonora.
👎🏻
È veramente difficile trovare dei difetti a quella che è una delle migliori serie degli ultimi anni. Un deterrente potrebbe essere l'ansia che può derivare dalla visione in sequenza di più episodi.
#the bear#the bear fx#the bear season 2#the bear season 3#sydney adamu#carmy berzatto#disney plus#disney+#series review#review#recensione#recensione serie
1 note
·
View note
Video
Chiara Ferragni, la moglie di Silvio Campara scopre tutto: “Erano amiche” Da giorni non si fa altro che parlare del flirt tra l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni e l’imprenditore Silvio Campara. Secondo un’indiscrezione la moglie del CEO del brand di scarpe di lusso avrebbe scoperto tutto e ne sarebbe derivato un confronto durissimo. Le due donne sarebbero amiche da diverso tempo e scoprire della presunta relazione è stato uno shock. Chiara Ferragni, Giulia Luchi Campara scopre tutto: “Loro erano amiche” La presunta storia d’amore tra Chiara Ferragni e Silvio Campara continua a far parlare di sé. Dopo diverse indiscrezioni in merito al presunto flirt tra i due imprenditori, fino ad ora mai commentata direttamente dai diretti interessati, arrivano delle ricostruzioni fatte da Gabriele Parpiglia. Il giornalista su Instagram ha aggiunto dei particolari clamorosi per ricostruire la relazione. Secondo il giornalista inizialmente sarebbero state l’influencer e Giulia Luchi Campara, moglie di Silvio e madre dei loro due figli, ad essere molto amiche. “L’amore di Ferragni e Campara non nasce da una precedente amicizia tra i due. No. Le prime a conoscersi e ad avvicinarsi sono le due donne“, ha fatto sapere Gabriele Parpiglia. I due si sarebbero incontrati a Forte dei Marmi grazie a degli amici in comune. “Sin da subito Giulia tende una mano a Chiara, che come ben sappiamo, si trovava nel pieno del Pandoro-gate“, ha proseguito il giornalista. Giulia avrebbe aiutato Chiara sia emotivamente che concretamente, ovvero cercando di metterle a disposizione un entourage che potesse risollevarla dal disastroso momento. L’incontro a Forte dei Marmi però, improvvisamente “scivola” via e l’amicizia tra Chiara e Giulia passa in secondo piano Secondo il giornalista Silvio Campara non starebbe attraversando un periodo semplice. L’imprenditore avrebbe dovuto concludere una vendita milionaria del marchio Golden Goose, ma la trattativa si è improvvisamente bloccata. Quando Silvio incontra Chiara, in lei vede una sorta di via di uscita dal suo momento no. Insomma: mentre la Ferragni scriveva alla moglie Giulia, contemporaneamente messaggiava con Silvio. Il dramma esplode quando la Ferragni è a Capri e si lascia sfuggire una frase: “Lui me lo prendo” e lo fa mostrando le foto che scambiava col neo-fidanzato, seduta a un tavolino Qualcuno avrebbe riferito la loro telefonata a Giulia Luchi Campara che avrebbe cercato un confronto diretto con la Ferragni. Ne sarebbe seguita una telefonata durissima e una serie di messaggi. L’imprenditrice digitale non si sarebbe tirata indietro e avrebbe confessato il suo interesse. Sembrerebbe che il prossimo quindici di agosto la coppia dovrebbe partire alla volta del Perù, e se dovesse essere così ci sarebbe la prova definitiva della loro relazione.
0 notes
Text
Dante e il suo fantastico viaggio 1: Un incontro speciale
Arrivato in Paradiso, Dante incontra uno spirito beato, è quello di Cacciaguida Degli Elisei; un cavaliere crociato suo lontano parente. A parte qualche documento risalente agli inizi del 1200, le poche notizie su di lui che abbiamo, sono proprio quelle che ci dà Dante sulle pagine del Paradiso. Insignito cavaliere da Corrado III di Svevia, Cacciaguida fece al suo fianco la Seconda Crociata in Terra Santa (1147-1149), dove trovò la morte. Quando lo spirito incontra Dante, gli parla subito di un suo bisnonno, tale Alighiero, che ancora vessa in Purgatorio per scontare un peccato di superbia. Lo invita dunque a pregare per lui così da abbreviargli il soggiorno in quel luogo e velocizzargli l’espiazione. Lo spirito si presenta al Sommo poeta come suo trisavolo dicendogli: “Tu sei la fronda nuova dell'albero di cui io fui la radice…”, prosegue raccontando a Dante che ai suoi tempi Firenze era solo quella compresa nella cerchia delle antiche mura, di cui ora resta solo l'abbazia. Parla di una Firenze pacifica, sobria, onesta e dalle semplici abitudini. Non c’erano i palazzi che conosce Dante, sproporzionati ai reali bisogni dei cittadini.
Firenze era una città dove la nascita di una figlia non era considerata una preoccupazione per la famiglia. Il padre sapeva che avrebbe fatto sposare la ragazza ad un’età giusta, fornendola di una dote ragionevole, che non avrebbe compromesso le finanze familiari. Nel medioevo invece la nascita di una figlia era spesso vista come una sventura. Questo lieto evento comprometteva l’economia di una famiglia mettendola spesso in crisi. Non tutti infatti potevano offrire una ricca dote, dunque la scelta era tra la rovina finanziaria, o la condanna ad una figlia al nubilato. La città non era ancora stata infettata da quella depravazione sessuale mirante al solo piacere personale, responsabile di un forte decremento delle nascite. Una città che aveva raggiunto la prosperità e il lusso e che rapidamente già precipitava verso la decadenza. I cittadini, anche quelli più nobili racconta Cacciaguida, si accontentavano di indumenti semplici, non appariscenti, mentre loro donne erano riservate e pudiche, filavano la lana, governavano la casa e non portavano monili, diademi o gonne ricamate, tantomeno erano vanitose o appariscenti. Non vivevano poi nella preoccupazione di poter essere abbandonate a se stesse da un marito condannato all’esilio per motivi politici. Insomma una città tranquilla, dove tutta la popolazione si distingueva per essere pura ed onesta, dalla persona più nobile a quella più umile e dove i politici si impegnavano con il loro potere esclusivamente per la prosperità dei concittadini, senza perpetrare imbrogli, soprusi, o pretendere tangenti per arricchirsi. Una città dove un politicante corrotto o una donna scostumata sarebbero stati una vera e propria eccezione.
Cacciaguida racconta poi a Dante della sua vita, di essere nato nel sestiere di Porta San Pietro nel 1091 tra i dolori del parto della madre, che sofferente invocava l’aiuto e la benedizione della Madonna. Racconta di essere stato battezzato a San Giovanni e di aver avuto due fratelli: Moronto ed Eliseo. In seguito ricorda di aver sposato Alighiera, una donna ferrarese della famiglia Aldighieri. Uno dei figli, Alighiero, fu tanto virtuoso da renderlo fiero per il suo operato presso la corte dell'imperatore Corrado III, lo stesso che fece cavaliere Cacciaguida e con il quale partì per la crociata in Terra Santa per poi rimanere ucciso. Ma la sua morte gli fece raggiungere la beatitudine e un posto in Paradiso, come ricompensa per aver preservato e difeso i valori cristiani in battaglia dagli infedeli. Dante manifesta al lettore tutta la sua gioia nel conoscere il suo progenitore con cui può parlare in fiorentino antico. In questo confronto avviene qualcosa di insolito, Dante da del “Voi” al suo avo in segno di rispetto, usanza ci racconta, nata tra gli antichi Romani, per esprimere reverenza nei confronti di un personaggio di caratura. Il primo a beneficiare di questo onore fu Giulio Cesare, omaggiato in questo modo per le sue vittorie e la sua grandezza. Cacciaguida tornerà poi a suo sfogo, che vuole condividere con il suo discendente, lamentandosi che la decadenza della città è la diretta conseguenza dell’immigrazione e della mescolanza tra fiorentini e gente esterna come quella di Campi di Certaldo, di Figline, o delle borgate di Galluzzo e di Trespiano. Tra loro, indica gente come Baldo da Aguglione della val di Pesa o Fazio da Signa, persone opportuniste e senza scrupoli che hanno portato con loro in città la decadenza. Con amarezza lo spirito rivela che Firenze sarebbe rimasta la città pura che era se non si fosse mescolata con queste genti che l’hanno imbarbarita ed imbastardita per poi trascinarla inevitabilmente verso la rovina. Si rammarica poi dell’atteggiamento della chiesa che si comporta come una matrigna invece che come una buona madre. Ostacolando l’impero ha creato ulteriore caos politico e divisione tra i concittadini. Ricordati, dice Cacciaguida a Dante “ Che un toro cieco cade prima di un agnello cieco, e che spesso una sola spada colpisce più e meglio di cinque. Fra due stati egualmente privi di saggezza, crollerà prima quello con la popolazione più numerosa ed arrogante. Una cittadina piccola è più compatta e unanime, è più forte di una moltitudine confusa e senza senno…” Così è accaduto anche a molte grandi famiglie che Cacciaguida elenca. Tra loro: Berti, Bellincione, Ardinghi, Bostichi, Donati, Cerchi.
Interessante è l’aneddoto raccontato sui Buondelmonti e gli Amidei. Buondelmonte de’ Buondelmonti mancò di presentarsi il giorno convenuto per le nozze con una giovane degli Amidei. A peggiorare le cose il giovane optò per sposare la figlia di Forese Donati di cui si era innamorato. Così Buondelmonte il giorno di Pasqua del 1215 mentre si recava verso il duomo per sposarsi con la sua nuova fiamma, fu assalito e ucciso da alcuni componenti della famiglia oltraggiata. Questa bega famigliare divenne la scintilla per quella che diverrà una vera e propria guerra civile. Fu infatti questo per Dante il prodromo che portò la cittadinanza a dividersi in due fazioni: i Guelfi e i Ghibellini. E pensare che Buondelmonte poco tempo prima era quasi annegato nel fiume Ema vicino al castello di val di Greve, evidentemente il destino volle altrimenti. Cacciaguida poi con amarezza rivelerà a Dante che presto dovrà lasciare Firenze. Sarà colpito da accuse infamanti ed ingiuriose che seppur false lo porteranno ad essere esiliato. Responsabile del suo destino sarà anche Bonifacio VIII, pessimo papa, dedito più a fare mercato della religione e della chiesa che esserne il rappresentante e il protettore. Tramerà affinché i Guelfi Bianchi siano sconfitti dai Neri e cacciati dalla città. Dante come sappiamo, dovrà lasciare la sua amata Firenze, accusato addirittura di essere stato d'accordo con i tuoi nemici! Ma sarà ben accolto dal signore di Verona: Bartolomeo della casata degli Scaligeri, che si dimostrerà oltre che un protettore, suo grande amico. Bartolomeo cercherà sempre con molto tatto, di alleviare il peso della sua situazione del suo protetto, senza fargli mai pesare la sua condizione o fargli mancare niente. Dante avrà però così la grande fortuna di conoscere Cangrande, lo rincuora il suo avo, il fratello di Bartolomeo, uomo dalle straordinarie capacità che diventerà signore di Verona nel 1312. Un anno infausto, perché vedrà anche Clemente V favorire la discesa in Italia di Arrigo VII per una missione imperiale, che si rivelerà però del tutto fallimentare. Cacciaguida facendosi sempre più luminoso nella sua beatitudine, inviterà Dante a raccontare quanto ha saputo da lui, senza preoccuparsi della reazione di chi lo ascolterà: “Chi ha la rogna si gratti” gli dice e aggiunge: “Si vergogni chi ha motivo di farlo”. La voce di Dante dovrà colpire le cime più alte e denunciare i vizi dei più potenti, permettendogli così di riflettere, redimersi e di poter tornare sulla retta via. L’esilio di Dante durerà ben vent’anni, dal 1301 al 1321 quando morirà a 56 anni a Ravenna per essere sepolto nella basilica di San Francesco. Nel 1396, nel 1428 e poi nel 1476 i fiorentini, forse pentiti della condanna inflitta a Dante, reclameranno i resti del poeta ma sempre senza successo. Neanche con Leone X e con Clemente VII entrambi papi fiorentini, Firenze riuscirà a riavere le spoglie di Dante. Anzi, nel 1519 Leone X fu addirittura beffato; dopo aver fatto costruire da Michelangelo un monumento funebre per il poeta, il papa scoprì che all'interno del sarcofago consegnatogli erano sparite le ossa del Sommo poeta, trafugate dai frati francescani ravennati che le tennero ben nascoste nel loro convento fino al 1677. Quando nel 1810 i frati a causa di un editto napoleonico dovettero lasciare il convento, nascosero le spoglie in una porta murata del Quadrarco di Braccioforte. Queste furono ritrovate poi per caso nel 1865 e deposte definitivamente a Ravenna in quella che oggi è conosciuta come tomba di Dante. Neanche da morto Dante coronerà il sogno di tornare alla sua Firenze.
Riccardo Massaro Read the full article
0 notes