#Ciocca
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Ciocca 1912-2012
Cento anni di storia nel tessile / One Hundred Years of History in the Textile Industry
a cura di Massimo Martignoni
Skira, Milano 2012, 207 pagine, 25X29cm, ISBN 978-88-572-1369-9
euro 50,00
email if you want to buy [email protected]
I primi 100 anni di attività del Calzificio Ciocca, esempio centrale di industria tessile italiana del XX secolo.
Un traguardo importante, i cento anni di attività, è l’occasione per raccontare un percorso aziendale profondamente intrecciato con la vicenda generale del tessile in Italia. Il secolo di vita compiuto dal Calzificio Ciocca corrisponde infatti, per tempi e risultati, a una delle centrali esperienze industriali italiane del ventesimo secolo. Non si celebra tuttavia in questo volume una nostalgica rimembranza di fasti trascorsi. Spinti dall’esempio del fondatore Luigi Ciocca e del figlio Giuseppe, artefice del consolidamento del marchio, i Ciocca della terza e quarta generazione non si trovano impreparati. Le trasformazioni del settore li hanno portati a individuare una più elastica strategia manageriale, non imperniata come nel passato sul processo produttivo, spingendoli al tempo stesso a una riconversione quasi antropologica della loro identità imprenditoriale: aperta alle sollecitazioni del mondo dell’arte contemporanea e della moda, consapevole del proprio agire in uno scenario internazionale. Ciocca 1912-2012. Una storia che continua. Massimo Martignoni, storico dell’arte e giornalista, è autore di numerosi studi e ricerche riguardanti l’architettura moderna e il design. Tra le sue pubblicazioni: La più amata dagli italiani. Scavolini 1961-2011 (Skira 2010); La Triennale di Milano (Skira 2008); Gio Ponti. Gli anni di Stile 1941-1947 (Abitare Segesta 2002).
02/03/24
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Paolo Ciocca
#suitdaddy#suiteddaddy#suit and tie#men in suits#suited daddy#suited grandpa#suitedman#suit daddy#buisness suit#daddy#suitfetish#suit bulge#suited men#silverfox#suitedmen#suited man#Italian man#Italian men#Paolo Ciocca
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HABEMUS NEWS SONO PASSATI 84 ANNI
#MI SENTITE STAPPARE LO CHAMPAGNE#Mimì il principe delle tenebre#Domenico Cuomo#sara ciocca#per diffondere la news
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Il vizietto. La truffa e il parassitismo di lusso hanno fatto Lega.
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Some several days worn Ciocca black ribbed thin socks and Nike TN's in the morning. Anyone wanna have a coffee with me? 😜
#dresssocks#socksoftheday#ribbedsocks#dress socks#ribbed#gaysocks#german gay socks#cioccasocks#niketn#sundaymorning
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Ho voglia di darti un bacio sul collo, quello appena dietro l'orecchio, quello possibile solo dopo aver spostato una ciocca di capelli con le dita, in penombra, delicatamente, sfiorando appena la pelle... ♠️🔥
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20 Novembre - Giornata Internazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza
Mi manca il pane di mia madre
Il suo caffè
La sua carezza
Che cresce con la mia infanzia
Giorno dopo giorno
Amo la vita
Perché se morissi
Non sopporterei il pianto di mia madre!
Accoglimi se un giorno diventero’
Mascara per le tue ciglia
E coprimi le ossa di erbe
Portate dal tuo candido seno¨
E stringimi forte
Con una ciocca dei tuoi capelli
Sperando di diventare un dio
Diventero’ un dio …
Quando tocchero’ il fondo del tuo cuore
E quando tornero’, usami come combustibile
Per rinvigorire il fuoco
Come filo da bucato sul terrazzo di casa
Perché non posso resistere senza le tue preghiere
Sono invecchiato
Ridammi le stelle dell’infanzia
Perché possa condividere coi giovani uccelli
La strada del ritorno
Verso il nido della tua attesa.
Mahmud Darwish
Ph: Alfred Eisenstaedt
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Il coraggio è DONNA! Vedete questa ragazza? Questa foto ha fatto letteralmente il giro del mondo! Sta cambiando il mondo!
Quella nella foto è una ragazza iraniana. Una studentessa di Teheran. La polizia l’aveva fermata perché non indossava il velo obbligatorio all’università. Perché sì nel suo paese le donne vivono in una prigione a cielo aperto: viene detto alle donne cosa fare, come vestirsi, cosa indossare, cosa pensare, chi possono amare. Le donne non sono libere!
E allora questa ragazza ha deciso di fare una cosa, una cosa semplicemente e pericolosissima: ha voluto ribellarsi. Ha voluto dire NO! Si è tolta il velo, si è tolta i vestiti, ha preso il suo corpo e l’ha sbattuto in faccia al regime: camminando a testa alta di fronte alle colleghe, al regime, al mondo intero. Non si è lasciata intimidire. Non si è lasciata intimorire. Non ha voluto piegarsi, in un paese dove una ciocca di capelli fuori posto può costarti la vita. Coloro che fanno la storia, coloro che hanno fatto la storia sono sempre quelli che hanno trovato dentro di loro il coraggio di dire di no!
E sapete cosa è successo dopo? L’hanno trascinata via a forza, e da allora nessuno l’ha più vista. Sparita! La versione ufficiale è che la giovane «soffrisse di problemi mentali». «Isterica», «pazza» sono le parole più usate per mettere a tacere una donna. Per silenziare la voce di una donna quando dice cose scomode. Quando fa cose scomode.
Non sappiamo chi sia questa ragazza, non conosciamo il suo nome. Io però oggi vorrei soltanto dire una cosa: questa ragazza merita un RISPETTO enorme! Ci si può solo inchinare di fronte a tanta forza e dignità. E sì la sua storia merita di essere ricordata! In un mondo che ha fatto e farà di tutto per metterla a tacere, noi possiamo fare una cosa: diamole voce!
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X
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“ Tina, nome di battaglia Gabriella, anni diciassette, giovane come tante nella Resistenza. Non ho mai pensato che noi ragazze e ragazzi che scegliemmo di batterci contro il nazifascismo fossimo eccezionali, ed è questo che vorrei raccontare: la nostra normalità. Nella normalità trovammo la forza per opporci all’orrore, il coraggio, a volte mi viene da dire la nostra beata incoscienza. E così alla morte che ci minacciava, che colpiva le famiglie, gli amici, i paesi, rispondemmo con il desiderio di vita. Bastava aprire la porta di casa per incrociare il crepitare delle armi, le file degli sfollati, imbattersi nella ricerca dei dispersi; partecipare dell’angoscia delle donne in attesa di un ritorno che forse non ci sarebbe stato: ma le macerie erano fuori, non dentro di noi. E se l’unico modo di riprenderci ciò che ci avevano tolto era di imbracciare il fucile, ebbene l’avremmo fatto. Volevamo costruire un mondo migliore non solo per noi, ma per coloro che subivano, che non vedevano, non potevano o non volevano guardare. E se è sempre azzardato decidere per gli altri, temerario arrogarsi il diritto della verità, c’erano le grida di dolore degli innocenti a supportare la nostra scelta, c’era l’oltraggio quotidiano alla dignità umana, c’era la nostra assunzione di responsabilità: eravamo pronti a morire battendoci contro il nemico, a morire detestando la morte, a morire per la pace e per la libertà. Vorrei che voi sfogliaste insieme a me l’album di ricordi, con i volti dei miei tanti compagni di grandi e piccole battaglie, fotografie scattate nei giorni della pace ritrovata, quando ci riconoscemmo simili. Mi rivedo, ci rivedo, con i capelli ricci o lunghi, barbe più o meno incolte, vestiti a casaccio, e tuttavia qua e là spuntano una certa gonna più sbarazzina, scarpe basse ma con le calzette colorate, un fermaglio su una ciocca ribelle, la posa ricercata di un ragazzo, e tutti insieme a guardare diritto l’obiettivo, tutti insieme sapendo che il futuro ci apparteneva, tutti insieme: questa era stata la nostra forza, la nostra bellezza. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 3-4.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
#Tina Anselmi#Anna Vinci#leggere#letture#partigiane#libri#Storia d'Italia del XX secolo#partigiani#saggistica#Resistenza#intellettuali italiani del XX secolo#antifascismo#pace#passato#staffette partigiane#ragazze#ragazzi#normalità#speranza#guerra di liberazione#responsabilità#fiducia#coraggio#vita#Prima Repubblica#verità#libertà#futuro#dignità#25 aprile
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Al freddo sapore di mela renetta,
in lingua, per tutta la bocca
che succia ed aspetta,
ritorna negli occhi la ciocca
immobile al dolco d’autunno,
sospesa alla voglia — una frasca
di verde cognate a Vertunno
distesa nel latte di vasca.
Mela renetta che mordo,
in questo riposo di festa,
adagio, come un ricordo
di dolcezza manifesta.
Una mi basta: nel gusto
di quell’instante, di quel morso,
rivedo all’ombra obliqua del fusto
passare il blù come un chiaro discorso.
Tutto abbandono in disparte.
Figliolo di terra ed erede
d’incontrastabile parte
il Dio mal creduto mi vede.
Mia la foglia che strappo odorando
le dita — ma più la discesa
che rifarò, tra poco, pensando
a me, sotto l’aria che pesa.
Mia tutta, la campagna, in quel sapore
che maturamente si distrugge e si disfà,
mio l’odore, l’afrore
dell’imprecisa immensità.
Nessuno godrà quel che presi
con la docile calma de' minuti,
masticando le frutta di tanti paesi
ricchi al sole e da me sconosciuti.
Ma nel termine d'ogni più fine dolcezza,
nella più persa dimenticanza,
un'acida puntura d'amarezza,
rompe ogni sacra alleanza.
Io e me, nati al medesimo istante,
consegnati ad una sorte,
ritroviamo, in un ritmo andante,
passi e sussurri di morte.
Al largo, nell'ombra dell'acqua
più zitta, ove il colpo del remo
l'erba marina risciacqua,
stretti assieme affonderemo.
Ma oggi, nell'ansia tranquilla
di questa giornata che affretta
la sera, non lascio una stilla
del sugo di sole di mela renetta.
Giovanni Papini, da Opera prima, 1917
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Amo queste temperature perche mi concedono di bere il caffè in giardino, seduta accanto al mio limone in fiore . Un leggero venticello sposta un pó qualche ciocca di capelli. Il gatto si struscia sulle gambe per avere la sua dose di coccole. Il cielo nuvoloso sembra quasi osservarmi. Qualche attimo ancora di silenzio ed eccole lì le rondini che danzano e cantano. Ne seguo il volo , potessero portarmi via.
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La decisione di escludere la carne di maiale dalle mense di Lodi è stata presa per rispettare le raccomandazioni dell’Agenzia di tutela della salute della città metropolitana di sostituire gli insaccati con altre fonti proteiche per garantire il più possibile una dieta equilibrata. Alla luce di quanto appena visto il commento dell’europarlamentare della Lega Angelo Ciocca – “Alla fine sono i bambini italiani, che vorrebbero mangiare carne come hanno sempre fatto, a essere discriminati” – andrebbe riconosciuto come tutt’al più come un grottesco tentativo di manipolazione emotivo.
Dall'articolo "A Lodi le mense tentano un’alimentazione più sana, ma per la Lega favoriscono i musulmani" di Luca Venturino
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - From the Empire
WITCH HUNT - Capitolo 3
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
“Qui è dove i nostri cammini si separano, Eris.” Annunciò Abel.
Era già passato il tramonto, ma la Stazione Centrale brulicava ancora di viaggiatori in arrivo o in partenza dalla città.
“Sorella Louise ti accompagnerà per il resto del viaggio. Per piacere, comportati bene.”
“Molto piacere di conoscerti, Eris.” Disse gentilmente Sorella Louise.
Eris si limitò a fissare la mano della giovane suora sorridente, tesa verso di lei. Poi si voltò verso Abel lanciandogli un’occhiata contrariata. Ma il prete non stava guardando verso di lei, sembrava perso nei suoi pensieri.
“Ma tu… non vieni?” Gli chiese.
“Purtroppo ho ancora del lavoro da fare... e devo farlo da sol—ahi!”
Eris iniziò a guardarsi intorno, ignorando il prete che saltellava tenendosi lo stinco che lei aveva appena preso a calci. “C’è per caso un bagno qui vicino?”
“Ci saranno le toilette a bordo del treno.” Rispose Abel.
“Ma non riesco a farla quando il treno si muove!” Piagnucolò la ragazzina.
Il prete guardò il viso imbronciato di Eris e si dichiarò sconfitto.
“Sei sempre la solita. Sorella Louise, a che ora è il treno? Alle otto e dieci? Binario 5? Bene, allora Eris andiamo. Ho visto che ci sono dei bagni laggiù.”
“In che senso andiamo? Dove pensi di andare tu?”
“Andremo insieme così non ti caccerai nei guai. Sorella Louise, potrebbe aspettarci al binario? Grazie.” Annunciò Abel, afferrando la ragazzina ancora riluttante per un braccio e trascinandola con sé attraverso la lobby affollata. Shuttle mandati dagli hotel a raccogliere i turisti in arrivo, ragazzini che pulivano le scarpe per pochi centesimi e venditori di ogni tipo continuavano ad intralciarli. Abel e Eris si fermarono davanti ad un chiosco che vendeva ninnoli per bambini. Abel scelse un portachiavi che aveva attirato la sua attenzione e lo acquistò, nonostante le sue poche liquidità.
“Ecco a te.” Disse.
“E’ per me?” Chiese Eris sorpresa.
Era un piccolo gatto nero di peluche. Abel attaccò il portachiavi allo zaino della ragazzina. “Un regalo di addio. Ti piacciono i gatti, vero?” Chiese.
“Mi piacciono un sacco! Grazie mille!” Esclamò, genuinamente felice.
“Prego.” Le sorrise il prete.
Abel riprese a camminare, con la sua solita aria goffa. Aveva sul viso un’espressione più dolce del solito, e guardava la folla che si agitava intorno a lui con occhi che esprimevano amore per tutto il mondo.
“Hai mai avuto gatti?” Chiese, cercando di avviare una conversazione.
“Un tempo ne avevo tanti, quando i miei veri genitori erano ancora vivi.”
Il sorriso del prete scomparve per un momento.
Eris si rese conto di quello che aveva appena detto e cercò di sdrammatizzare. “Non è niente. E’ successo molto tempo fa.” Lo rassicurò.
“Mamma e papà… si sono suicidati.” Continuò mentre schivava una signora paffuta che vendeva succhi di frutta.
“Un suicidio?” Chiese Abel sorpreso.
“E’ stato un doppio suicidio, ma suppongo si possa dire che sono stata io ad ucciderli.”
Abel era definitivamente confuso. Non ha appena detto che si era trattato di un suicidio? Non chiese nulla di ciò che gli stava passando per la mente, ma continuò semplicemente a camminare a fianco della ragazzina.
“Mi dispiace.” Mormorò.
“Ti ho detto che non è niente. Non ti preoccupare.” Rispose lei, rivolgendogli un sorriso smagliante, scostandosi una ciocca di capelli dorati. “Non sono il tipo da scoraggiarmi per così poco.”
“Allora sei una persona molto forte.”
“Se non fossi stata così, non sarei potuta sopravvivere. Sarei stata una facile preda per chiunque. Ma suppongo che chi vive una vita tranquilla all’interno di una chiesa non possa capirlo.”
“Mi spiace.” Era tutto quello che il prete riusciva a dire.
“Il mondo è pieno di nemici. Se mostri debolezza verrai ucciso.” Concluse Eris come parlando tra sé e sè, con sguardo duro.
Abel la guardò con aria triste. Qualunque parola di conforto le avesse rivolto, l’avrebbe respinta. “Eris, tu non sei sola. Ci sono io dalla tua parte.” Le disse dolcemente.
“Che intendi dire?” Chiese lei, sorpresa da quelle parole.
“Non devi farti nemico il mondo, e non sei sola. Non finché ci sarò io al tuo fianco.”
Eris alzò gli occhi verso il prete alto e goffo che camminava accanto a lei con uno sguardo di disprezzo. Poi un sorriso ironico le si formò sulle labbra.
“Stai per caso provandoci con me?”
“Uh? C—cosa?” Balbettò Abel impallidendo. “No. Uh, no. Io.. ehm… sono… ehm… un prete. Non mi è permesso provarci con nessuno. Non ci sto provando con nessuno.” Continuò a balbettare guardandosi intorno imbarazzato.
“Uff, che palle.” Ribatté Eris, mettendogli il broncio con il sorriso malizioso di un gatto che gioca col topo. Poi allungò delicatamente un dito e lo andò a posare sulla fronte di Abel.
“Per un po’ sono stata felice, Padre, quindi…”
“Quindi?” Ripetè lui curioso.
“Mi spiace davvero.” Disse Eris con il suo solito tono malizioso.
Il mondo del prete piombò improvvisamente nell’oscurità.
“Ugh.” Grugnì Abel.
Dove sono? Si chiese, trovandosi di fronte ad una porta di acciaio alla fine di un lungo corridoio. Fino ad un momento prima era…
Cercò di schiarirsi la voce e parlare, ma non uscì alcun suono decifrabile. Non ricordava nulla. Ma quella porta di acciaio aveva qualcosa di familiare… qualcosa di spiacevole. Ma anche quei ricordi sembravano essere scomparsi dalla sua memoria.
Dalle finestre del corridoio si vedeva un paesaggio blu. Siccome il cielo era pieno di stelle, ipotizzò che fosse notte. Ma il pavimento sotto di lui emetteva una luce abbagliante.
Sentì il suo cuore aumentare i battiti.
Sotto i suoi piedi si estendeva un’enorme sfera blu. Un bellissimo pianeta con sfumature di marrone e verde contro un meraviglioso blu cobalto. Bianche scie di nuvole lo ricoprivano in alcuni punti, muovendosi lentamente.
Guardò verso la porta di acciaio e fece un profondo respiro. C’era qualcosa dentro di lui che scalpitava per uscire. Una presenza scura ed incredibilmente sinistra aveva iniziato a muoversi, rompendo il sigillo che teneva chiusi i suoi ricordi del passato.
Abel appoggiò delicatamente la mano sulla porta, che brillava debolmente. La porta si aprì silenziosamente e la luce fu sostituita da un’infinita oscurità.
“Ciao, Abel. Sei in ritardo.” La figura di un uomo alto si voltò verso di lui.
Nell’oscurità, Abel non riusciva a distinguerne il viso, ma lo riconobbe lo stesso. Sapeva che sotto i capelli biondi si nascondeva un volto di una bellezza di porcellana e con un sorriso gentile. Ma cos’era quell’odore soffocante di sangue? E cosa teneva in mano l’uomo?
“Dovresti essere contento. L’elemento negativo è stato eliminato.” Porse ad Abel qualcosa perché lo vedesse. L’odore di putrefazione si fece più intenso. “Ora non rimane più nessuno ad ostacolare il nostro piano. Il traditore non è più in vita.”
Quando la luce illuminò cosa teneva in mano l’uomo, Abel scoprì che si trattava della testa di una dea dai capelli rossi e la pelle scura—
In quel momento, dalla gola di Abel scaturì un urlo silenzioso…
“E’ successo qualcosa, Padre?”
“”Eh?”
Abel sbatté gli occhi, trovandosi davanti un grassottello impiegato della stazione che lo stava guardando con aria preoccupata. “C’è qualche problema? Non si sente bene?”
“Sentirmi bene?” Ripetè Abel. Aveva la fronte imperlata di sudore. Era confuso ed aveva la nausea.
Intorno a lui c’era lo stesso trambusto di poco prima: un flusso intenso di persone che andavano e venivano. Ma alcuni di loro si erano fermati a guardarlo, chiedendosi cosa stesse succedendo.
“E’ molto pallido.” Insistette l’impiegato. “Vuole che la accompagni al punto di primo soccorso?”
“Ah, no. Sto bene. Mi scusi.”
Scosse violentemente la testa, come per liberarsi da ragnatele invisibili. Ricordava Eris che lo toccava sulla fronte, e poi era diventato tutto nero.
Dov’era Eris?
“Eris?!” Gridò.
Abel si guardò intorno in preda al panico, scandagliando freneticamente la stazione in cerca della ragazzina, ma di Eris non c’era traccia.
#abel nightroad#trinity blood#sunao yoshida#rage against the moons#trinity blood novels#traduzione italiana#eriswasmayer#thores shibamoto#witch hunt
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Some Ciocca OTC ribbed socks ... so delicious and thin 😋
#dresssocks#ribbedsocks#socksoftheday#dress socks#ribbed#otc#otcsocks#gaysocks#german gay socks#cioccasocks#blacksocks
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Si fatica per anni a sciogliere i nodi, a dare un'immagine favolosa a una ciocca illeggibile di segni perduti.
Leonardo Sinisgalli
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La competenza istituzionale di gente come l'eurodeputato leghista Ciocca (quello della indegna sceneggiata con cartellino rosso all'europarlamento): pur di attaccare il sindaco di Milano lo accusa di mancanze che in realtà sono caratteristiche dell'ineffabile Piantedosi.
E i beoti mononeuronali lo votano.
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