#Carlo Sperduti
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14 febbraio, roma: "l'ordine sostituito" @ tic, piazza san cosimato
◐ Mercoledì 𝟭𝟰 𝗳𝗲𝗯𝗯𝗿𝗮𝗶𝗼, ore 18:30, Tic – Libri e cose fantastiche / Spazio OFF, piazza di San Cosimato 39, 𝗥𝗼𝗺𝗮: presentazione in anterpima dell’antologia 𝙇’𝙤𝙧𝙙𝙞𝙣𝙚 𝙨𝙤𝙨𝙩𝙞𝙩𝙪𝙞𝙩𝙤, una collezione di scritture altre provenienti dal multiperso.✑ Con le autrici e gli autori Giovanni Blandino, Luigi Di Cicco, Marco Giovenale, Emanuele Muscolino, Eda Özbakay, Francesca Perinelli, Antonio Francesco…
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#antologia#Antonio Francesco Perozzi#Carlo Sperduti#Damiano Torre#déclic#Eda Özbakay#Emanuele Muscolino#Francesca Perinelli#Giovanni Blandino#L&039;ordine sostituito#Luigi Di Cicco#Marco Giovenale#prosa#prosa breve#prose brevi#scritture altre#scritture eslege#Tic
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da "spostamenti" (2) / carlo sperduti. 2022
da “spostamenti” (2) / carlo sperduti. 2022
Spostamento Questo è ; : , . È tra i siti discussi in questo articolo; ti sta cercando: una nave da sub molto ben organizzata, quello che dice hola quando fa silenzio. È in grado di offrire ai nostri ospiti una grande varietà di scelta; è registrato con il numero: l’unica nave in circolazione in Sudan che ha una camera di ricompressione a bordo, chiude la pagina. È un semplice programma per…
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Violeta Parra. Gracias a la vida
https://www.unadonnalgiorno.it/gracias-a-la-vida/
Violeta Parra è stata la più importante cantautrice cilena, pioniera del movimento politico e culturale degli anni 70, Nuova Canzone Cilena.Musicista, poeta, artista autodidatta, aveva un timbro acuto, graffiante, che scivolava facilmente nel lamento. Una voce capace di spunti teneri e ironici, capace di diventare un grido lacerante.Fortemente osteggiata dal potere per il contenuto politico delle sue opere, ha avuto una vita difficile sin dall’inizio.Nata il 4 ottobre 1917 a San Carlos, in una famiglia povera, erano dieci tra figlie e figli, suo padre era un maestro di musica, passione trasmessa anche a loro. Suonava la chitarra sin da bambina e presto lasciò la scuola per cercare di guadagnare qualcosa cantando e suonando insieme ai fratelli per le strade, nei treni, nei circhi e persino nei bordelli.Ha iniziato a comporre canzoni quando aveva dodici anni ma poi venne folgorata dalla ricerca delle tradizioni. Con un magnetofono e una chitarra percorse i luoghi più sperduti per riscattare il folclore dimenticato dal suo popolo con l’obiettivo di raccogliere direttamente dalle voci dei vecchi contadini le miriadi di canzoni popolari che stavano per scomparire dalla memoria collettiva. Il suo è stato un appassionato lavoro di ricerca antropologica che è stata l’essenza e materia della sua ricerca artistica e esistenziale.Ha portato la musica cilena a livelli mai conosciuti prima.Trasferitasi a Santiago del Cile, nel 1937, conobbe il suo primo marito da cui ha avuto Ángel e Isabel, destinati a seguire il suo stesso destino di musicista.
Nel 1949 si è risposata e ha avuto altre due figlie Luisa e Rosita Clara.
Nel 1953, venne notata da Radio Cile dopo un recital a casa di Pablo Neruda. L’anno successivo ha ricevuto il premio Caupolicán che le ha consentito di partire in un tour europeo. Ha vissuto a Parigi per due anni.
Durante i postumi di un’epatite che nel 1959 l’aveva obbligata a letto, aveva iniziato a tessere degli arazzi in iuta e lana in cui riproduceva gli stessi motivi recuperati dalla tradizione. Successivamente dipingeva e creava sculture. Ha fondato e diretto il Museo d’Arte Popolare ed è stata la prima donna latinoamericana a esporre, nel 1964, al Museo del Louvre.
Nel 1960 ha incontrato il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favre, l’amore della sua vita a cui ha dedicato centinaia di canzoni d’amore, l’ultima, la più famosa, è nata quando la loro relazione è finita, nel 1966, Run Run se fue pa’l Norte.
Nello stesso anno ha registrato il suo ultimo disco: Gracias a la vida diventato un successo internazionale grazie a Joan Baez.
È morta suicida il 5 febbraio 1967 a causa di una forte depressione, non aveva ancora cinquant’anni. Pablo Neruda le ha dedicato la poesia
Elegía para Cantar, in cui la definisce Santa di pura creta.
Nel 1991 è stata creata la Fondazione Violeta Parra che raccoglie tutta la sua opera.
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#leonardo la serie#leonardo rai#leonardo the series#perioddramaedit#leonardo la serie 1x05#giacomardo#leonardo x salaì#leonardo da vinci#salaì#gian giacomo caprotti#tommaso masini#carlos cuevas#alessandro sperduti#aidan turner#my arts#my gifs#BIMBY BELLY#io la prima volta me lo sono letteralmente perso#in questa scena si perde più tempo a inquadrare la faccia di tommaso che ci va in puzza che non a far vedere un bacio come si deve
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Nel mare immenso di galassie e di stelle, siamo un infinitesimo angolo sperduto; fra gli arabeschi infiniti che compongono il reale, noi non siamo che un ghirigoro fra tanti.
Carlo Rovelli, “Sette brevi lezioni di fisica”.
#carlo rovelli#sette brevi lezioni di fisica#mare#immensità#galassie#stelle#minuscoli#angolo#sperduti#infinito#comporre#reale#noi#non essere#ghirigoro#tanti#libri#frasi libri#quotes
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🦠 #SAVETHEDATE >> Carlo Sperduti @ SPINE 🐛 "La chiave degli avvenimenti: deve sembrare altro". Il prossimo Mercoledì 29 Giugno alle 19, il libraio e autore di racconti, microfinzioni e romanziere @carlo_sperduti_carlo, in giro con il tour di presentazioni del suo nuovissimo libro pubblicato da @piedimosca_edizioni, "LE REGOLE DI QUESTI MONDI", arriverà a #Bari e farà tappa da Spine in @officina.degli.esordi per un incontro con l'autore. "Una #regola di #questimondi è non aprire. Non è una legge, è una regola di buon senso..." 🐛INGRESSO LIBERO CHI È CARLO SPERDUTI? È nato a Roma nel 1984 e vive a Perugia, dove fa il libraio. È autore di racconti, microfinzioni e romanzi. Con pièdimosca edizioni ha già pubblicato i romanzi Deriva (2021) e Le cose inutili (2020) e curato l’antologia Quaranta cose inesistenti (2019). È ideatore del blog multiperso. Suoi testi sono apparsi in antologie e riviste cartacee e online tra cui Cadillac Magazine, Costola, L’inquieto, Quaderni del Collage de ’Pataphysique, settepagine, Squadernauti, Il cucchiaio nell’orecchio, La morte per acqua, Pastrengo, Sulla quarta corda. Vi aspettiamo ;) #spinebookstore #Spine #Bari #libreria #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #smallpress #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #booklovers #illustratedbooks #indipendente #independentbookshop (presso SPINE Bookstore) https://www.instagram.com/p/CfJMtN6KYRa/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Il Consorzio ristretto dei sindaci della Provincia di Latina studia un luogo dove collocare gli impianti
Rifiuti Nella mattinata del 3 giugno è tornato a in Provincia il Comitato ristretto dei sindaci, costituito nell’ambito del Tavolo permanente sul Ciclo dei rifiuti: alla riunione erano presenti il presidente Carlo Medicie il vice presidente Vincenzo Carnevale, i sindaci di Latina Damiano Coletta, di Aprilia Antonio Terra, di Maenza Claudio Sperduti, e i delegati dei Comuni di Fondi e Terracina oltre ai presidenti del Consorzio Industriale Roma-Latina Cosimo Peduto e del Consorzio Industriale del Sud Pontino Salvatore Forte. In apertura della riunione il presidente Medici ha sottolineato l’esigenza di richiedere alla Regione la massima flessibilità nella definizione dell’ambito territoriale del futuro Consorzio strategie per la gestione del Ciclo Virtuoso dei rifiuti sul territorio della provincia pontina che dovrebbe essere costituito sulla base della volontà dei singoli Comuni di aderirvi. E sarà proprio la costituzione dell’ambito territoriale ottimale il primo passo del percorso verso la nascita del Consorzio. il cui obiettivo è la progettazione e la gestione coordinata e unitaria del ciclo dei rifiuti in provincia di Latina. I presidenti dei Consorzi Industriali, così come era stato loro richiesto, hanno comunicato la presenza di circa 250 siti dismessi in tutta la provincia che potrebbero ospitare impianti di gestione dei rifiuti – dal trattamento della frazione umida e del secco residuo allo stoccaggio per il trattamento della frazione differenziata - avendo le caratteristiche richieste. Nei prossimi giorni in collaborazione con i tecnici della Provincia tale elenco sarà esaminato al fine di ridurre la rosa delle aree a quelle idonee per caratteristiche urbanistiche e vincoli posti dalla legge. Da parte del presidente Medici e dei sindaci Coletta, Terra, Sperduti e del vicepresidente Carnevale è stata sottolineata la necessità che i territori che ospiteranno impianti saranno destinatari di benefici e ristori economici. In chiusura è stato deciso di convocare per venerdì 12 giugno, l’assemblea di tutti i sindaci: in quella sede si entrerà nel merito della localizzazione indicando le possibili aree individuate dai tecnici e dai Consorzi Industriali come potenzialmente idonee ad accogliere impianti in totale sicurezza. Read the full article
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Sottrazione di Carlo Sperduti è stato il primo libro Gorilla Sapiens Edizioni ad atterrare su Paper Moon, e vi dirò, ogni tanto gli ultimi capitoli me li rileggo, sopratutto per ricordarmi che "Se le cose dovessero svegliarsi, dopo tutto questo tempo, sarebbero affamate."
QUI la recensione.
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29 mag 2020 17:36
WALTER TOBAGI: UNA STORIA ORDINARIA DI VIOLENZA ROSSA – IL GENERALE DALLA CHIESA SOSTENNE CHE “TRA I SOSTENITORI DEL COMMANDO DELLA ‘BRIGATA XXVIII MARZO' CHE LO UCCISE C'ERANO DEI GIORNALISTI”. MARCO BARBONE, FIGLIO DI UN DIRIGENTE EDITORIALE DELLA SANSONI, GRUPPO RCS. E PAOLO MORANDINI, FIGLIO DI MORANDO, CRITICO CINEMATOGRAFICO DEL GIORNO. ANCHE FERRUCCIO DE BORTOLI HA PARLATO DI "ZONA GRIGIA…"
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Massimiliano Scafi per “il Giornale”
Cinque colpi di pistola, sparati da un gruppo di ragazzi della buona borghesia milanese. Storia ordinaria di violenza rossa, roba di quarant' anni fa, un agguato contro un giornalista di una sinistra diversa, liberale, e il Corriere della Sera che rimane sullo sfondo. La Federazione della stampa e il Comune oggi gli hanno dedicato una panchina della memoria. Ma perché lui?
Perché Walter Tobagi?
Semplice. «Perché era un democratico - spiega Sergio Mattarella - un riformatore, e questo risultava insopportabile al fanatismo estremista».
Insomma, «rappresentava ciò che i brigatisti volevano cancellare, un giornalismo libero e senza stereotipi».
Anni duri. Tobagi indagava in quel mondo, sosteneva che i terroristi «non sono samurai invincibili», però spesso trovavano sponde anche nei quotidiani. Racconta il suo amico fraterno Massimo Fini: «Walter ed io, con Franco Abruzzo, spezzammo il fronte socialcomunista che reggeva il sindacato. Per noi liberali e socialisti, quella con la destra di Autonomia fu un' alleanza dolorosa ma necessaria. Lui divento il presidente dell' Associazione lombarda dei giornalisti e da quel giorno, per una certa sinistra vicina al Pci, siamo diventati i nemici.
Walter subì minacce per questo». Un clima che, secondo il Psi dell' epoca, unito al profilo professionale di Tobagi e al suo modo di scavare nell' eversione, ha favorito la sua morte.
L' estremismo, l' editoria, i contrasti in redazione, il partito armato. Bettino Craxi ci vedeva un nesso stretto. Carlo Alberto dalla Chiesa, in un' intervista a Panorama, sostenne che «tra i sostenitori della Brigata XXVII c' erano dei giornalisti».
Due dei membri del commando appartenevano in qualche modo all' ambiente. Marco Barbone, figlio di Donato, dirigente editoriale della Sansoni, gruppo Rcs. E Paolo Morandini, figlio di Morando, critico cinematografico del Giorno. Che dire poi della rivendicazione?
Troppo precisa, troppo piena di particolari della vita professionale di Tobagi per non destare sospetti. Anche Ferruccio de Bortoli ha parlato di zona grigia. «Il terrorismo si nutri dell' ignavia di parte della cultura, del giornalismo che ne subirono il fascino perverso».
Anni terribili. Walter Tobagi oggi avrebbe 73 anni e, secondo molti, sarebbe stato il direttore perfetto per il Corriere. Invece era il bersaglio perfetto, come tanti altri personaggi moderati, di frontiera: Giugni, Casalegno, Bachelet, Biagi. Resta, dice ancora il capo dello Stato, «il simbolo di un giornalismo che non si piega». E una panchina.
LA PREFAZIONE DI FERRUCCIO DE BORTOLI AL VOLUME SU WALTER TOBAGI
Ferruccio De Bortoli su Facebook
La mia prefazione per il volume "Poter capire, voler spiegare. Walter Tobagi quarant’anni dopo", a cura di Giangiacomo Schiavi, in edicola da mercoledì 27 maggio con il «Corriere»
Quando venne ucciso, Walter aveva 33 anni. Oggi ne compirebbe 73. Sei più di chi scrive. Che cosa avrebbe fatto se la sua vita non fosse stata lasciata lì, sull’asfalto bagnato di via Salaino, a Milano, in un freddo e piovoso 28 maggio del 1980? Me lo sono chiesto tante volte.
Due anni prima, quando Sandro Pertini venne eletto alla presidenza della Repubblica, nel veemente discorso inaugurale del settennato disse che al suo posto avrebbe dovuto esserci Aldo Moro, assassinato dalle Brigate rosse pochi mesi prima. Tobagi sarebbe stato un ottimo direttore del «Corriere della Sera» e avrebbe potuto ripercorrere, sul versante cattolico e socialista, la traiettoria che segnò, dal lato liberale e repubblicano, la carriera politica di Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio non democristiano nel 1981.
Walter era un moderato per cultura ed educazione. Arrivò al successo professionale in un’epoca di estremismi ciechi. Anche tra i suoi colleghi. Sbagliò secolo. Quel figlio del Novecento si sarebbe trovato maggiormente a suo agio oggi e avrebbe ricevuto consensi trasversali in questo nostro tempo. Un tempo nel quale una figura come la sua — analista senza pregiudizi della società e interprete delle sue viscere — è rara e preziosa. Ci mancano i tessitori inclusivi, i compositori di frammenti sparsi, gli esploratori degli umori nascosti. Lui lo era. Tobagi, nei miei ricordi personali, aveva un carattere dolce. Era sempre disponibile. Con tutti.
Anche e soprattutto con i colleghi più giovani, inesperti e percorsi (io per primo) da troppi fremiti ideologici. Un carattere dolce, certo, ma inflessibile sui principi di onestà e rettitudine che già allora apparivano non così diffusi (ma poi sarebbe stato peggio). Era un mediatore raffinato ma, nello stesso tempo — facemmo parte insieme dell’organo sindacale del «Corriere» — un negoziatore abile e risoluto. Un leader dalla forza tranquilla. Non aveva bisogno di alzare la voce per farsi ascoltare.
In questi anni la sua figura professionale e umana ci ha accompagnato nella vita di tutti i giorni. È stato per me come avere un angelo custode. Ho visto crescere e affermarsi i figli, di cui Walter sarebbe stato fiero. Benedetta, all’epoca dell’assassinio, aveva tre anni.
Ha seguito le orme del padre ed è autrice di libri di successo. Come mi batte forte il tuo cuore (Einaudi) è un bellissimo ricordo. Luca, il figlio maggiore, è uno dei più apprezzati analisti finanziari e asset manager. Come il padre (ha il suo stesso modo di intercalare il discorso, il medesimo uso dei tempi lunghi) ama e sa scrivere.
Ha tre figli. Stella, la mamma e vedova di Walter, li ha accuditi ed educati con silenziosa determinazione, superando anni di grande dolore e difficoltà. La sua voce al telefono conserva i tratti giovanili. Il suocero Ulderico, ex ferroviere e padre di Walter, quel mercoledì di maggio, arrivò sul luogo del delitto. Gridò: «Figlio mio». Tentò di nascondere alla nuora la vista del marito sbattuto sull’asfalto. Un gesto che non avrei più dimenticato.
Fabio Felicetti, nell’edizione del «Corriere» del giorno successivo, scrisse un pezzo asciutto e privo di retorica. La penna di Walter era schizzata via dal taschino, l’ombrello caduto, la mano sembrava ancora muoversi. Il direttore Franco Di Bella e il suo vice Gaspare Barbiellini Amidei, affranti e disorientati. Gli sguardi increduli e addolorati del questore Antonio Sciaraffia e dell’editore Angelo Rizzoli. E noi, suoi colleghi, eravamo lì. Impietriti. Sperduti.
Quante volte ci era capitato di assistere a una scena del genere. In quegli anni era la normalità. Quasi ogni giorno al mattino squillava il telefono in redazione. Un attentato, una bomba o, come si diceva con termine bruttissimo, una «gambizzazione».
Noi cronisti uscivamo, ci precipitavamo sul posto. Routine. Ma quella volta sotto il lenzuolo bianco, sporco di sangue e intriso di pioggia, c’era un nostro collega e amico. Mi vergognai del cinismo e del distacco di quelle troppe altre volte.
Come si scrisse allora, Tobagi era caduto sulla frontiera della lotta al terrorismo che insanguinò quegli anni. La violenza politica sembrava un male inestirpabile. Dilagante. Anche grazie a una diffusa zona grigia di accondiscendenza borghese alla protesta con le armi. Come se fosse lo Stato a produrre quell’eruzione di violenza e non a subirla. Tobagi però non fu un eroe civile (definizione che non gli sarebbe piaciuta). Bensì un combattente della normalità del dovere. Walter cadde mentre andava, privo di qualsiasi scorta, a prendere la propria auto. Meta: via Solferino, la sede del «Corriere».
Altri persero la vita allo stesso modo, continuando a vivere come ogni comune cittadino: alla fermata dell’autobus, al rientro a casa o dopo aver accompagnato i figli a scuola. Nella ripetitività dell’agenda quotidiana, nel rispetto dei propri impegni lavorativi e familiari.
Eppure erano tutti, come Walter, soldati civili schierati lungo un’invisibile trincea della legalità. Sapevano di essere esposti. Non se ne curarono. Non pensarono a sé stessi. Nelle retrovie qualcuno tifava per l’eversione o, più subdolamente, se ne lavava le mani.
Il terrorismo degli anni di piombo si nutrì a lungo dell’ambiguità iniziale di partiti e sindacati, dell’ignavia di parte della cultura e del giornalismo che in qualche caso ne subirono il fascino perverso.
L’attacco estremista allo Stato democratico si concentrò soprattutto sui moderati, sulle figure cerniera tra classi e correnti ideologiche. Bersagli scomodi perché non facilmente individuabili come nemici del proletariato. E Tobagi, come Carlo Casalegno, Vittorio Bachelet, Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona, Roberto Ruffilli, Marco Biagi e altri, era uno di questi.
Walter cercò di capire fino in fondo le ragioni intime della violenza estremista, le cause sociali, le derive dei movimenti, le personalità contorte dei leader. Ma, così facendo, li mise a nudo nelle proprie contraddizioni. Non erano «samurai invincibili». Tutt’altro, erano fragilissimi.
Tigri di carta, come si diceva nella retorica antimperialista. Erano persone accecate dall’odio ideologico anche se mossi da una perversa idealità rivoluzionaria. La verità su quella stagione di sangue non ce l’hanno raccontata tutta nemmeno oggi. Tobagi li mise, con i suoi articoli, sul lettino dello psicanalista o davanti allo specchio non deforme della propria devianza criminale e della propria residua coscienza. Ribaltarono il lettino, ruppero lo specchio e lo crivellarono di colpi.
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Descendants 3 (2019)
Cliccare QUA per il film su AKvideo
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Descendants 3 USA, 2019 Genere: Fantasy Regia di Kenny Ortega Con Sarah Jeffery, Dove Cameron, Jedidiah Goodacre, Sofia Carson, China Anne McClain, Dylan Playfair, Keegan Connor Tracy, Cameron Boyce… TRAMA DEL FILM: Mal, Evie, Carlos e Jay, i figli adolescenti dei cattivi Disney più famosi, ritornano sull’Isola degli Sperduti…
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4-6 ottobre: déclic a napoli
Campania Libri Festival. Da domani, venerdì 𝟰 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲, a domenica 𝟲 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲, DÉCLIC sarà al Palazzo Reale di 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶, in Piazza del Plebiscito 1, allo 𝘀𝘁𝗮𝗻𝗱 𝟱𝟭, con i sei titoli usciti da febbraio a settembre e, in anteprima, le prossime due uscite del 18 ottobre e del 15 novembre: 𝙋𝙤𝙬𝙚𝙧 𝙋𝙤𝙨𝙚 di Michele Zaffarano e 𝘼𝙘𝙧𝙤𝘽𝙖𝙩𝙞𝘾𝙖 di Ezio Sinigaglia.◐ Domani, venerdì 𝟰 𝗼𝘁𝘁𝗼𝗯𝗿𝗲, alle 19:00 alla Sala…
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#AcroBatiCa#Antonio Vangone#Bosco#Campania Libri Festival#Carlo Sperduti#déclic#déclic edizioni#Ezio Sinigaglia#Massimo Gerardo Carrese#Michele Zaffarano#Palazzo Reale#Power Pose#prose brevi#prose:#Resli Tale#scritture sperimentali#SpuntiSunti#stand 51
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da "spostamenti" (1) / carlo sperduti. 2022
da “spostamenti” (1) / carlo sperduti. 2022
Spostamento Io è , . ; : Roba bollente, la chiave. La prima voce del mondo; il posto migliore per una vacanza: più difficile, meglio. Il tuo host per viaggi e prenotazioni su internet; il corpo vulcanicamente più attivo del sistema solare: un ambiente interattivo e tridimensionale, molto piccolo. Desiderato; in alto a destra dello sfogo: sicuramente uno dei più insoliti, lento. Un raccolta di…
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Vittorio G. Rossi è il nostro Joseph Conrad, lo scrittore che sfida gli elementi. Ripubblicatelo!
La vendetta, sul corpo di Vittorio G. Rossi – la G sta per Giovanni – si consumò tardi, postuma, che vigliaccheria, e fu inesorabile. A Vittorio G. Rossi, scrittore d’impareggiabile talento nato l’8 gennaio 1898 a Santa Margherita Ligure, non perdonarono due cose. La prima è d’ordine estetico, diciamo così; la seconda è di stampo politico. Parto dalla seconda. Vittorio G. Rossi fu fascista, come molti; nel 1925 firmò, come tanti – tra cui: Malaparte, Ungaretti, Marinetti, D’Annunzio, Pirandello, Soffici – il “Manifesto degli intellettuali fascisti” redatto da Giovanni Gentile. Nel 1944 gli fu assegnato il Premio Mussolini, ma l’allora Ministro della Cultura popolare dell’RSI, Fernando Mezzasoma, poi fucilato a Dongo, decise di far virare l’alloro sul capo di Marino Moretti, antifascista. Come Moretti, per altro, Vittorio G. Rossi visse a lungo, fino al 4 gennaio 1978. I suoi romanzi, dai titoli icastici – Tropici, Teschio e tibie, Sabbia, Nudi o vestiti, Cobra, Fauna, Maestrale – vengono pubblicati, da Mondadori, dagli anni Sessanta, in una collana specifica: “I libri di Vittorio G. Rossi”.
*
In realtà, era conteso, Vittorio G. Rossi. I suoi libri, colti e avventati, di opalescente bellezza, se li giocavano Mondadori, Bompiani, Garzanti. Era un poligrafo. Vendeva. Fu inviato speciale del “Corriere della Sera” e di “Epoca”, girò il mondo – “Più di venti volumi documentano e narrano, sullo sfondo dei più svariati orizzonti (Senegal o Andalusia, Camerun o Amazzonia, Cina o Giava, Capo Kennedy o Antartide) le numerosissime tappe… delle più svariate peregrinazioni e del vastissimo mondo esplorato”. La sua vita pare calcare quella di un Joseph Conrad: “appena diplomato capitano di lungo corso all’Istituto Nautico di Camogli, s’imbarcò giovanissimo, per la prima volta, su un vecchio tramp e compì in seguito innumerevoli viaggi sui più diversi natanti – mercantili, barche da pesca, velieri, navi da guerra – svolgendo la sua carriera, prima di capitano di lungo corso durante la guerra mondiale 1915-18, poi di giornalista o inviato speciale, sempre animato dallo spirito forte di navigatore appassionato, instancabile” (Ada Ruschioni). Oggi, Vittorio G. Rossi è scrittore da bancarelle, nel mercato sotterraneo dei libri usati, salvati dal macero, se avete la fortuna di trovarlo. Nessuno ha più l’ardore di pubblicarlo.
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Al di là delle frivolezze politiche. Vittorio G. Rossi è stato esiliato dal canone ordinario della letteratura italiana per una semplice ragione. Scrive di avventure. Indaga il rapporto conflittuale tra l’uomo e la natura. È audace. Parla di prova e privazione più che di borghesia e proletariato. Insomma, non ha interesse all’impegno sociologico, non indaga i ricami del ‘nostro tempo’, non gli importano i rigurgiti della psiche. Vittorio G. Rossi – diciamolo sussurrando – è il nostro Conrad, è il nostro Hemingway, ma quelli sono esaltati quanto lui è umiliato. Perché? La nostra letteratura nasce raccontando un viaggio reale – pur tempestato di fantasticherie –, quello di Marco Polo, e un viaggio oltremondano, quello di Dante. Di questo, però, ci siamo scordati: così Emilio Salgari resta un narratore di seconda fascia rispetto, chessò, a Giovanni Verga – un genio, ovvio, ma malauguratamente storpiato, ridotto in sorbetto per dirci della ‘questione meridionale’ – e la robustezza di Carlo Sgorlon premia meno della leggerezza di Italo Calvino. Troviamo frivolo lo sconfinato, forse, e restiamo, decadenti, letteratura di provincia – guardate i giornali: gli esteri hanno uno spazio irrisorio rispetto agli interni, alziamo a mala pena lo sguardo oltre la trincea dei fatti nostri.
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La critica non è stata generosa con Rossi – d’altronde: scriveva di australi e piaceva al pubblico – definendolo “colorista e viaggiatore di buon umore” (Piero Pancrazi), insomma, sostanzialmente, un solido naif. Tra i libri più belli di Rossi scelgo Oceano. Vinse un Viareggio, nel 1938, insieme a Enrico Pea (con La maremma). La mia copia è del 1970, Bompiani, edizione numero 17, tra “I più famosi libri moderni”. Questa è la descrizione delle Fär-Oer: “Quando farò l’inventario dei miei peccati, se il conto sarà grosso, tornerò in quelle isole. Neri lugubri blocchi di basalto sperduti nell’oceano frigido; nebbie che si palpano con la mano come stoffa, lente calano, lente tentacolose si posano come il polpo sui sassi del fondo marino, e tutto affoga in quel pastone di cenere fradicia; ma una raffica di vento a filo di rasoio, gelata e vitrea, fende la nebbia, e d’un colpo la nebbia è spazzata fino all’ultimo straccio; un sole, se è ora di sole, macilento e infelice si distende pieno di diffidenza sul cupo basalto, il grigio reumatico delle casette un po’ di ravviva, è la febbre pomeridiana dei tisici: s’intoppa il vento, l’aria torna immobile, e il coperchio di nebbione ricala, lento pesante ricala affogando isole uomini acque”.
*
Mi pare sfiziosa, col senno di poi – nel 1938 Hemingway ha pubblicato Avere e non avere, Sonzogno pubblica la propria versione di Lord Jim, firmata da Alfredo Pitta, che segue quella di Mario Benzi del 1929 – la struttura narrativa di Oceano. Procede per sketch, rompendo la linearità narrativa, seguendo la vita di bordo sul “Piroscafo Galatea, norvegese”. La scrittura è semplice, va per brandelli epici – “Si fece buio, la notte cadde a blocchi di tenebra, una tenebra compatta pesante avvolse il mondo” – con il gusto per il primordiale, la gioia della sfida, il sano destino del racconto esaltato dal fuoco.
*
Il confronto con gli elementi, divinità innocenti e mai innocue, grada la grandezza dell’uomo e la sua mistica miseria (come nei romanzi di Conrad). “L’uomo vuole durare, sopravvivere a se stesso, vincere il tempo. La terra gli dà questa illusione. Tutto si consuma, si tarla, s’infradicia, si spezza; anche la pietra più dura si logora. Ma tutto ciò si compie più lentamente della vita dell’uomo, il quale così chiude gli occhi convinto di lasciare un segno durevole del suo passaggio nella vita. Il mare è una roccia che nessun ferro può incidere. Sul mare la morte è definitiva. Il mare è l’incertezza, l’instabilità, l’imprevedibile. Sul mare non esistono profeti… L’instabilità del mare spiega l’umore gaio del marinaio. L’imprevisto è il sale della vita. Serba la giovinezza dello spirito. L’uomo e la terra vivono in armonia. L’uomo si riposa, e la terra lavora per lui. Il grano cresce anche quando il contadino dorme. Il mare invece contende all’uomo i suoi frutti. Sul mare l’uomo va a preda. Le virtù del pescatore sono la pazienza e la scaltrezza – la scaltrezza del ladro. Chi manovra la vela gioca d’astuzia col vento”.
*
Questa scrittura setacciata nel sale, dove l’uomo vive alla luce della prova e non c’è approdo di fama – poiché le gesta non sono ammesse nella gestazione dell’oceano – ha un fascino screziato e spavaldo. Riconquistiamola. (d.b.)
*In copertina: Vittorio G. Rossi (coi capelli al vento) e Giuseppe Saragat, nel 1965
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SANT’ELPIDIO A MARE – La stagione di Prosa proposta dall’Amministrazione Comunale e dell’Amat con il contributo di MiBACT Direzione Generale dello Spettacolo e Regione Marche arriva al suo terzo appuntamento. Giovedì 16 gennaio va in scena “Non è vero ma ci credo”, una delle commedie più divertenti di Peppino De Filippo, con la regia di Leo Muscato ed Enzo Decaro.
Muscato, regista molto apprezzato fra i nuovi talenti ed erede alla direzione artistica della compagnia di Luigi De Filippo, nella quale – ventenne – aveva mosso i primi passi nel mondo del teatro, ha deciso di inaugurare un proprio nuovo corso artistico partendo dal primo spettacolo fatto con lui. “Ho mosso i primi passi nel mondo del teatro – racconta – quando avevo poco più di vent’anni. Rimasi con lui per due stagioni. Ci siamo rivisti ventidue anni dopo, pochi mesi prima che morisse”.
Non è vero ma ci credo è una tragedia tutta da ridere, popolata da caratteri che sono versioni moderne dei personaggi di Molière che De Filippo amava. L’avaro imprenditore Gervasio Savastano ha l’ossessione di essere vittima di iettatura. Gli si presenta in ufficio un tal Sammaria, giovane in cerca di lavoro. Sembra intelligente, gioviale e preparato, ma Savastano è attratto da un’altra qualità: la sua gobba.
“Peppino De Filippo – prosegue Muscato – aveva ambientato la storia nella Napoli oleografica degli anni ‘30. Luigi aveva posticipato l’ambientazione una ventina d’anni più avanti. Noi seguiremo questo sua intuizione avvicinando ancora di più l’azione ai giorni nostri, in una Napoli un po’ tragicomica e surreale in cui convivevano Mario Merola, Pino Daniele e Maradona”.
Con Decaro saranno sul palco gli attori Giuseppe Brunetti, Francesca Ciardiello, Lucianna Defalco, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo. Le scene dello spettacolo, prodotto da I Due della Città del Sole, sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Chicca Ruocco, le luci di Pietro Sperduti.
I biglietti sono in vendita alla biglietteria del Teatro Cicconi, in Corso Baccio, a 20 euro per la platea (ridotto 17 euro) e 17 euro (ridotto 12 euro) per la galleria il giorno di spettacolo dalle 18.
Informazioni e prenotazioni: Teatro Cicconi 320/8105996 – 0734/859110, AMAT 071/2072439 Comune di Sant’Elpidio a Mare Ufficio Turistico 0734/8196407 (Corso Baccio 91) Call Center dello spettacolo delle Marche 071/2133600. Vendita online al sito www.vivaticket.it Inizio ore 21,15.
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SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca
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SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca
SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca
SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca Lente Locale
R. & P.
L’Associazione Culturale “SLC”, visti gli ottimi risultati degli altri convegni organizzati in altri centri emarginati e sperduti della Locride come Natile, Benestare e Platì, ha ritenuto opportuno fare tappa anche a San Luca, dove saremo impegnati nel quarto appuntamento sul tema della burocrazia e dell’abbandono del territorio. L’iniziativa si terrà giovedì 28 novembre prossimo alle 17,00 nella sala Consiliare del Comune.
Credo sia stato molto istruttivo poter avere come Relatore il Dott. Carlo Tansi, che ringraziamo come tutti gli altri relatori che si sono fin qui succeduti nei precedenti convegni, che da Geologo ed ex capo della Protezione Civile ci ho potuto illustrare in modo molto esaustivo i problemi dovuti al dissesto idrogeologico e presentarci le proposte che potrebbero essere realizzate sul fronte della prevenzione in funzione anche di creazione di posti di lavoro. Si parlerà anche di burocrazia e abbandono del territorio, come da oggetto del convegno, con gli altri Relatori che saranno, oltra al Dott. Carlo Tansi, il Dott. Francesco Rao, che relazionerà sulla formazione giovanile e Gianfranco Riccelli, Cantautore, molto attento ai problemi del territorio e della Cultura in Calabria. Modererà il dibatto Pietro Sergi, Presidente dell’Associazione “SLC”, organizzatrice dell’evento.
Pietro Sergi, Presidente
Anna Zappia, Vicepresidente
Katia Rocca, Segretario Associazione Culturale “SLC”
SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca Lente Locale
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R. & P. L’Associazione Culturale “SLC”, visti gli ottimi risultati degli altri convegni organizzati in altri centri emarginati e sperduti della Locride come Natile, Benestare e Platì, ha ritenuto opportuno fare tappa anche a San Luca, dove saremo impegnati nel quarto appuntamento sul tema della burocrazia e dell’abbandono del territorio. L’iniziativa si terrà giovedì 28 […]
SPIRITI LIBERI CALABRESI Giovedì il convegno a San Luca Lente Locale
Gianluca Albanese
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