#Blind Alley
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blindalleycomic · 9 hours ago
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Blind Alley No. 323
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kumerish · 10 months ago
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Kaye's Dream
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x-mensirens · 7 months ago
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"It must be a bond we have."
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smashpages · 9 months ago
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Out this week: The Gulf (Tundra Books, $12.99): 
Adam De Souza is the creator of the wonderful, Ignatz-nominated webcomic Blind Alley, which has been on hiatus since November — most likely because he’s been working on The Gulf, his new graphic novel about four friends searching for a commune they read about on an island off the coast of Vancouver.
See what else is arriving at your local comic shop this week
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okaysio · 4 months ago
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@kumerish tee shirt, picked up in 2022 at TOAF! I still treasure this shirt & wear it almost weekly <3
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yourbirthcertificate · 5 months ago
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holy shit so. Shoji Meguro himself notes how Signs of Love and Blind Alley from FES sound alike in the OST comments - (orignal and rough translation)
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very interesting
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automatismascrive · 2 years ago
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Charlie Brown meets the cryptids: Blind Alley
Quando nel consiglio dedicato a what happens next ho fatto il mio cappello vagamente nostalgico sui webcomic, ho citato anche una delle categorie più influenti che oggi traina il genere: fumetti – o graphic novel o qualsiasi altro modo in cui vengono chiamati nel tentativo di ottenere il rispetto della critica letteraria ok la pianto  – disegnati da illustratori professionisti pensati per essere rilasciati in formato cartaceo dopo un certo numero di tavole pubblicate e una fanbase sufficientemente ampia da assicurare delle vendite che permettano di coprire i costi di stampa. Intendiamoci, non è affatto l’unico formato di pubblicazione che oggi va per la maggiore (basti guardare Webtoon e i suoi peculiari formati di impaginazione), ma di sicuro le tavole super dettagliate pensate anche e soprattutto per il formato fisico sono molto più comuni rispetto ad anni fa. Ecco, Blind Alley, scritto e disegnato da Adam De Souza, è sicuramente uno di quei fumetti che nasce per essere stampato in formato fisico e a cui il digitale aggiunge poco o nulla, ma per tutt’altri motivi rispetto a quelli delle pubblicazioni appena citate: giusto per farvi capire senza bisogno di spiegare nulla di più, ecco una delle prime strisce.
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Se vi si è affacciata alla mente una certa Lucy Van Pelt, avete centrato il punto.
Il formato è identico a quei classici fumetti – Peanuts, Calvin & Hobbes, Mafalda, Sturmtruppen e potrei citarne ancora un bel po’ – pubblicati come strisce singole su quotidiani, riviste specializzate come il mio amato Linus o altre pubblicazioni regolari che avevano sezioni dedicate. Tratto minimale, tavole in bianco e nero con le occasionali pagine a colori inserite appositamente per le raccolte delle strip più belle, buildup e punchline esauriti nello spazio di quattro vignette (qualcuno ha detto yonkoma?) e personaggi ricorrenti dal design distintivo e dalla personalità semplice e ben definita; ad una prima occhiata, tutto sembra identico a quei fumetti che hanno segnato in maniera indelebile il panorama del genere fin quasi all’omaggio spudorato. Eppure, striscia dopo striscia, appare evidente che Blind Alley vuole fare anche qualcos’altro: dalla sintetica descrizione del webcomic, che recita “This comic strip is about growing up in the strange and lonely neighborhood of Blind Alley”, ai piccoli elementi lontani dal tono degli scambi tra Lucy e Charlie Brown che compaiono man mano che le strisce aumentano di numero. Infatti per ogni conversazione tra bambini che cercano di capire il mondo degli adulti o che riscoprono accidentalmente qualcosa di universale nel mondano, abbiamo una striscia in cui il genietto dell’informatica scopre telecamere nascoste negli uccelli, o una in cui un bebè manifesta all’improvviso poteri telepatici; nonostante Blind Alley non rinneghi mai la sua anima schultziana, è evidente che si tratta anche di un fumetto che vuole usare tutti quegli archetipi degli urban horror per costruire un’atmosfera a metà tra una striscia di Watterson e un episodio di Welcome to the Nightvale – e sono convinta che fino ad ora ci stia riuscendo piuttosto bene.
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Sì, Oliver assomiglia a Charlie Brown. C’è anche una gag che lo associa esplicitamente al nostro pelato preferito, ma questa vignetta mi faceva più ridere.
Questo tipo di pubblicazione funziona molto bene quando funzionano i suoi protagonisti: l’intero formato si regge sulla loro abilità di suonare a tratti più saggi di quello che dovrebbero essere i bambini, e a tratti dei normalissimi ragazzini che parlano di cose da ragazzini e che soprattutto si comportano come tali, anche nei loro modi di fare più insensibili ed egocentrici, in cui si ritrova anche un certo acume che rende gli scambi godibili anche da un pubblico adulto. Sicuramente Souza è molto abile nello scrivere esattamente questo tipo di personaggi, che appaiono insospettabilmente maturi nelle strisce che richiedono una riflessione adulta – pur filtrata da occhi giovani – e adorabilmente (o più spesso, insopportabilmente) infantili nelle loro dinamiche di gruppo; Kay, il maschiaccio che è capace di tenere testa a Ten, il bulletto del gruppo, rappresenta forse il personaggio più riuscito in questo senso, passando in poche strisce da una ragazzina che sfiora con tono ironico alcune verità del diventare adulti e della vita famigliare, ad una bambina che ama giocare a calcio e disegnare piccoli fumettini che vende in un banchetto che di sicuro ve ne ricorderà uno più famoso. Quasi tutti i personaggi, pur nella bidimensionalità della loro personalità richiesta dal formato, con il passare delle strip si evolvono e fanno scoprire al lettore ulteriori lati della loro personalità che sono coerenti con quello visto in precedenza senza rimanere costantemente uguali a sé stessi; si tratta oltretutto di bambini chiaramente cresciuti negli anni duemila, poiché Souza non si limita a riproporre archetipi di ragazzini degli anni ottanta per un fattore nostalgico, ma scrive personaggi che sono chiaramente figli del nostro tempo: ad esempio, Red è un informatico recluso che preferisce i computer agli amici in carne ed ossa, mentreTen e Oliver si scambiano spesso carte Pokémon. I riferimenti alla contemporaneità sono sporadici e molto vaghi, anche per massimizzare sia l’effetto di straniamento che quello di universalità delle dinamiche infantili, ma di certo siamo stati risparmiati dall’effetto di strangerthingificazione di alcuni media contemporanei.
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Pokémon! E una April prima del makeover: è l’unico personaggio a cambiare aspetto in modo significativo nel corso delle strisce.
Anche il character design contribuisce alla naturalezza con cui impariamo a conoscere tutti gli abitanti di Blind Alley: ciascun bambino ha una forma stilizzata immediatamente riconoscibile – con la possibile eccezione di Pip e Red, almeno all’inizio – che con pochi tratti fornisce una rapida impressione della personalità di ciascuno senza scadere in stereotipi triti. Sweetpea e Pod, le gemelle inquietanti con un legame psichico, sembrano uscite da Midsommar; Red indossa una felpa da cui spunta solo il viso perennemente preoccupato, mentre Crane (forse il mio preferito!) se ne va in giro con una costume da scheletro che ricorda un adolescente nel pieno della sua fase goth. Questi personaggi interagiscono in ambienti minimali, strade deserte e nella totale assenza di adulti o altre figure di riferimento – compresi bambini che non facciano parte del loro solitario gruppetto; si tratta evidentemente di un espediente narrativo molto vicino a quello che adottò Schultz nel disegnare le avventure di Charlie Brown, ma in Blind Alley quest’aspetto è utilizzato per creare un’atmosfera lievemente inquietante che aumenta con il passare delle strip, avvolgendo l’intero vicinato in cui i bambini abitano, giocano e passano tutta la loro vita.
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Blind Alley è un posto un po’ particolare.
Già, perché come accennato poco sopra, questo webcomic sovrappone alle battute fulminanti e alla presentazione retrò ben congegnata un’ambientazione misteriosa, a tratti un filo disturbante, e una pervasiva sensazione che nel vicinato non tutto stia andando come dovrebbe. Accanto alle strip autoconclusive si aggiungono una serie di trame orizzontali che sconfinano nel paranormale: se la prima storia a durare più di una striscia concerne la sparizione di Penny, il cane di Crane, convinta di averlo deluso a causa della sua eccessiva irruenza, quelle successive vedono Red alle prese con un sistema di sorveglianza un po’ troppo invasivo, una misteriosa presenza che si aggira per le fogne e che accetta il cibo che il piccolo Pip gli porge dai tombini, nefasti sogni premonitori che le due gemelle condividono ogni notte… Insomma, per quanto non si tratti certo di un horror pensato per spaventare o scioccare il lettore, lentamente il fumetto tratteggia un mondo ricco di segreti ed entità sovrannaturali con i quali i bambini dovranno fare i conti – con quella naturale accettazione del paranormale e dell’assurdo che accomuna i ragazzini cresciuti in un ambiente tanto bislacco, probabilmente. Mi duole segnalare, ancora una volta, che il webcomic è in corso e che non mi sento di fare predizioni circa quanto gli aspetti più orrorifici e inquietanti prenderanno il sopravvento e quanto la striscia si allontanerà dal canovaccio rodato delle gag wattersoniane per scoprire che cosa c’è sotto (ma anche sopra, negli anfratti polverosi, nel bosco misterioso di) Blind Alley, ma sono convinta che Souza padroneggi il formato abbastanza bene da non deludere le mie aspettative a prescindere dalla direzione che prenderà la storia.
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... Un posto molto particolare. Il povero Red non era preparato a scoprire gli orrori del surveillance state a otto anni.
Sì, si tratta di un consiglio più corto del solito, ma giurin giurello che il motivo non è la mia pigrizia (... via, diciamo non il principale): Blind Alley racconta una storia che funziona talmente bene, al momento, che non ci sono difetti o magagne particolari da segnalare. A differenza di altre segnalazioni in cui ho presentato narrativa insolita e spesso ricca di problemi strutturali, mancanze tecniche o imperfezioni di altro tipo, questo è un fumetto estremamente curato nella presentazione e in tutti i suoi elementi fondamentali; anche per questo la scelta è caduta proprio su di esso, nonostante non ami segnalare prodotti ancora in corso. Insomma, se siete mai stati lettori accaniti di almeno una strip tra quelle con cui vi ho martellato fino ad adesso, o siete affascinati dalle cittadine descritte dagli urban horror senza avere bisogno di sangue e budella a volontà per divertirvi, sono sicura che lo adorerete, quindi buttatevi!
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ravenlynclemens · 2 years ago
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blind alley fanart. read it!
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rgf-populace · 3 months ago
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Adam de Souza, Blind Alley
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spectacles-house-of-horrors · 4 months ago
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Ten: Alright everyone, it's time for kickball! Shirts vs. Skins, everyone get their shirt off we gotta play!
Red:
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maysonislands · 1 year ago
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How is he literally me
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blindalleycomic · 3 months ago
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Blind Alley No. 297
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kumerish · 9 months ago
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Ode to Toriyama. Thank you.
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x-mensirens · 7 months ago
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"How sweet, girlfriend to the rescue."
"You got that right, lady!"
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guessimdumb · 8 months ago
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It's no wonder that this song from their 2nd LP Untouched has been sampled frequently, as the groove is fantastic. Add catchy vocals and great production by Isaac Hayes, David Porter and Don Williams.
Blind Alley / The Emotions
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0fps · 6 months ago
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WUTHERING WAVES ❖ waking of a world
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