#Biglia
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webcrawler3000 · 1 year ago
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Biglia the coke head blue shark
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sons-from-adam · 10 months ago
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Mateo Borgioli, Tute Biglia & Alfredo Troilo in ‘Bienvenidos a la Jarana’ by Juani Sanchez for Alcatraz Argentina (2017) sample of Hunks In Hollywood (on Facebook).
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almostarts · 9 months ago
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J. Colombo - Sormani, "Additional-Systeme Living Set, 1960s - 70s,
Designed by Joe Colombo for Arnolfo Di Cambio,
Painted metal and green fabric,
Comprising four armchairs, a chaise longue and a footstool with ebonized wooden tray holding four Smoke glasses and a Biglia crystal ashtray,
Size of armchairs: H. cm. 65 L. cm. 75 D. cm. 75 ca.
Size of chaise longue: H. cm. 70 L. cm. 75 D. cm. 140 ca.
Footstool size: H. cm. 40 L. cm. 75 D. cm. 75 approx.
Tray size: L. cm. 70 D. cm. 42 approx.
Courtesy: Drouot
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palmiz · 1 month ago
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La realtà è questa :
"CONVERSANDO DI SCIE (su Trento Strana, pagina Fb di qui, finche’ non ci buttano fuori...)
Primo interlocutore:
“ok, e le tue osservazioni hanno un qualche fondamento scientifico?
Non dico un dottorato in fisica o in ingegneria aerospaziale, ma quantomeno sono supportate da fonti certificate?”
“Ti invito a dare una vigorosa rispolverata a cosa sia il METODO SCIENTIFICO.
L'OSSERVAZIONE (documentata fotograficamente nel caso specifico) sta a monte di qualsiasi certificazione. E' la BASE del percorso di conoscenza scientifica.
A seguire (se possibile) c'e' la misura (per dettagliare ed approfondire l'analisi) che pero' richiede strumentazioni alla portata soltanto della Casta Scientifica e quindi condizionata. Se vedo che una biglia rotola non ho bisogno che Galileo Galilei mi certifichi che la biglia rotola. Se vedo che una mela cade non ho bisogno che Isaac Newton mi certifichi che la mela cade. Se vedo che il cielo da due anni e' in queste condizioni e non lo e' mai stato prima non ho bisogno che qualcuno me lo certifichi!
Altra cosa e' formulare delle spiegazioni. Se lo faccio specifico con chiarezza che non sto piu' facendo osservazioni ma che sto facendo ipotesi.
La "cultura della certificazione" e' il capolavoro del Sistema di Potere che VUOLE TOGLIERCI PERSINO IL DIRITTO DI AUTOCERTIFICARE LE EVIDENZE.
In questo modo la realta' che dovremmo accettare sara' quella costruita artificialmente e messa davanti ai nostri occhi dal nuovo Clero degli Esperti”.
Federico
Vogliono creare automi che non si fidino neppure piu’ dei propri occhi.
Neuro/invertebrati belanti che abbiano bisogno che gli si confermino le Evidenze, che gli si certifichi l’Ovvio!
Se un giorno vedrai un Sole verde esso non sara’ davvero verde finche’ la Casta degli Esperti non te lo confermera’.
Esattamente quel che ha fatto la Corte Costituzionale “interpretando” la Carta come doveva essere interpretata..."
Federico per gli Argonauti
p.s Per la cronaca il post da cui il dialogo sopra e’ stato appena rimosso!
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susieporta · 18 days ago
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Sempre a proposito del "suono - senso"...
*
Alessandro Baricco "racconta" Carmelo Bene
Carmelo Bene. Me l'ero immaginato definitivamente ingoiato da una vita quotidiana inimmaginabile, e triturata dal suo stesso genio, portato via su galassie tutte sue, a doppiare pianeti che sapeva solo lui. Perduto, insomma. Poi ha iniziato a girare con questo suo spettacolo anomalo, una lettura dei Canti Orfici di Dino Campana.
L'ho mancato per un pelo un sacco di volte, e alla fine ci sono riuscito a trovarmi una poltrona, in un teatro, con davanti lui. A Napoli, all'Augusteo. Scena buia, solo un leggio. Lui, lì, con una fascia sulla fronte alla McEnroe, e dei segni di cerone bianco sotto gli occhi. Un microfono davanti alla bocca, e una luce addosso. Cinquanta minuti, non di più. Non so gli altri: ma io me li ricorderò finché campo.
Non è che si possa scrivere quel che ho sentito. Né cosa, precisamente, lui faccia con la sua voce e quelle parole non sue. Dire che legge è ridicolo. Lui diventa quelle parole, e quelle non sono più parole, ma voce, e suono che accade diventa Ciò-che-accade, e dunque tutto, e il resto non è più niente. Chiaro come il regolamento del pallone elastico. Riproviamo.
Quando sono uscito non avrei saputo dire cosa quei testi dicevano. Il fatto è che nell'istante in cui Carmelo Bene pronuncia un parola, in quell'istante, tu sai cosa vuol dire: un istante dopo non lo sai più. Così il significato del testo è una cosa che percepisci, si, ma nella forma aerea di una sparizione. senti il frullare delle ali, ma l'uccello non lo vedi: volato via. così, di continuo, ossessivamente, ad ogni parola. E allora non so gli altri, ma io ho capito quel che non avevo mai capito, e cioè che il senso, nella poesia, è un'apparizione che scompare, e che se alla fine tu sai volgere in prosa una poesia allora hai sbagliato tutto, e, a dirla tutta, la poesia esiste solo quando diventa suono, e dunque quando la pronunci a voce alta, perché se la leggi solo con gli occhi non è nulla, è prosa un po' vaga che va a capo prima della fine della riga ed è scritta bene, ma poesia non è, è un'altra cosa.
Diceva Valéry che il verso poetico è un'esitazione tra suono e senso: ma era un modo di restare a metà del guado. Se senti Carmelo Bene capisci che il suono non è un'altra cosa dal senso, ma la sua stagione estrema, il suo ultimo pezzo, la sua necessaria eclisse. Ho sempre odiato, istintivamente, le poesie in cui non si capisce niente, neanche di cosa si parla. Adesso so che c'è qualcosa di sensato in quel rifiuto: rifiuta una falsa soluzione. Quel che bisognerebbe saper scrivere sono parole che hanno un senso percepibile fino all'istante in cui le pronunci, e allora diventano suono, e allora, solo allora, il senso sparisce. Edifici abbastanza solidi da stare in piedi, e sufficientemente leggeri da volare via al primo colpo di vento.
È meraviglioso come tutto questo non abbia niente a che fare con l'idea che si ha normalmente della poesia: un poeta soffre, esprime il suo dolore in belle parole, io leggo le parole, incontro il suo dolore, lo intreccio col mio, ci godo. Palle: per anime belle. Tu senti Carmelo Bene e il poeta sparisce, non esprime e comunica niente, l'attore sparisce, non esprime e comunica niente: sono sponde di un biliardo in cui va la biglia del linguaggio a tracciare traiettorie che disegnano figure sonore: e quelle figure, sono icone dell'umano. Le poesie non sono delle telefonate: non le si fanno per comunicare. Le poesie dovrebbero esser pietre: il mare o il vento che le hanno disegnate, sono poco più che un'ipotesi.
Non spiega quasi nulla, Carmelo Bene, durante lo spettacolo. Solo un paio di volte annota qualcosa. E quando lo fa lascia il segno. Dice: leggere è un modo di dimenticare. Testualmente, nel suo linguaggio avvitato sul gusto del paradosso: leggere è una non-forma dell'oblio. Non so gli altri: ma a me m'ha fulminato. L'avevo anche già sentita: ma è lì, che l'ho capita. Scrivere e leggere stretti in un unico gesto di sparizione, di commiato. Allora ho pensato che poi uno nella vita scrive tante cose, e molte sono normali: cioè raccontano o spiegano, e va bene così, è comunque una cosa bella, scrivere. Però sarebbe meraviglioso una volta, almeno una volta, riuscire a scrivere qualcosa, anche una pagina soltanto, che poi qualcuno prende in mano, e a voce alta la pronuncia, e nell'istante in cui la pronuncia, parola per parola, sparisce, parola per parola, sparisce per sempre, sparisce anche l'inchiostro sulla pagina, tutto, e quando quello arriva all'ultima parola sparisce anche quella, e alla fine ti restituisce il foglio e il foglio è bianco, neanche tu ti ricordi bene cosa avevi scritto, solo ti rimane come una vaga impressione, un'ombra di ricordo, qualcosa come la sensazione che tu, una volta, ce l'avevi fatta, e avevi scritto una poesia.
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ambrenoir · 19 days ago
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Alessandro Baricco "racconta" Carmelo Bene
Carmelo Bene. Me l'ero immaginato definitivamente ingoiato da una vita quotidiana inimmaginabile, e triturata dal suo stesso genio, portato via su galassie tutte sue, a doppiare pianeti che sapeva solo lui. Perduto, insomma. Poi ha iniziato a girare con questo suo spettacolo anomalo, una lettura dei Canti Orfici di Dino Campana.
L'ho mancato per un pelo un sacco di volte, e alla fine ci sono riuscito a trovarmi una poltrona, in un teatro, con davanti lui. A Napoli, all'Augusteo. Scena buia, solo un leggio. Lui, lì, con una fascia sulla fronte alla McEnroe, e dei segni di cerone bianco sotto gli occhi. Un microfono davanti alla bocca, e una luce addosso. Cinquanta minuti, non di più. Non so gli altri: ma io me li ricorderò finché campo.
Non è che si possa scrivere quel che ho sentito. Né cosa, precisamente, lui faccia con la sua voce e quelle parole non sue. Dire che legge è ridicolo. Lui diventa quelle parole, e quelle non sono più parole, ma voce, e suono che accade diventa Ciò-che-accade, e dunque tutto, e il resto non è più niente. Chiaro come il regolamento del pallone elastico. Riproviamo.
Quando sono uscito non avrei saputo dire cosa quei testi dicevano. Il fatto è che nell'istante in cui Carmelo Bene pronuncia un parola, in quell'istante, tu sai cosa vuol dire: un istante dopo non lo sai più. Così il significato del testo è una cosa che percepisci, si, ma nella forma aerea di una sparizione. senti il frullare delle ali, ma l'uccello non lo vedi: volato via. così, di continuo, ossessivamente, ad ogni parola. E allora non so gli altri, ma io ho capito quel che non avevo mai capito, e cioè che il senso, nella poesia, è un'apparizione che scompare, e che se alla fine tu sai volgere in prosa una poesia allora hai sbagliato tutto, e, a dirla tutta, la poesia esiste solo quando diventa suono, e dunque quando la pronunci a voce alta, perché se la leggi solo con gli occhi non è nulla, è prosa un po' vaga che va a capo prima della fine della riga ed è scritta bene, ma poesia non è, è un'altra cosa.
Diceva Valéry che il verso poetico è un'esitazione tra suono e senso: ma era un modo di restare a metà del guado. Se senti Carmelo Bene capisci che il suono non è un'altra cosa dal senso, ma la sua stagione estrema, il suo ultimo pezzo, la sua necessaria eclisse. Ho sempre odiato, istintivamente, le poesie in cui non si capisce niente, neanche di cosa si parla. Adesso so che c'è qualcosa di sensato in quel rifiuto: rifiuta una falsa soluzione. Quel che bisognerebbe saper scrivere sono parole che hanno un senso percepibile fino all'istante in cui le pronunci, e allora diventano suono, e allora, solo allora, il senso sparisce. Edifici abbastanza solidi da stare in piedi, e sufficientemente leggeri da volare via al primo colpo di vento.
È meraviglioso come tutto questo non abbia niente a che fare con l'idea che si ha normalmente della poesia: un poeta soffre, esprime il suo dolore in belle parole, io leggo le parole, incontro il suo dolore, lo intreccio col mio, ci godo. Palle: per anime belle. Tu senti Carmelo Bene e il poeta sparisce, non esprime e comunica niente, l'attore sparisce, non esprime e comunica niente: sono sponde di un biliardo in cui va la biglia del linguaggio a tracciare traiettorie che disegnano figure sonore: e quelle figure, sono icone dell'umano. Le poesie non sono delle telefonate: non le si fanno per comunicare. Le poesie dovrebbero esser pietre: il mare o il vento che le hanno disegnate, sono poco più che un'ipotesi.
Non spiega quasi nulla, Carmelo Bene, durante lo spettacolo. Solo un paio di volte annota qualcosa. E quando lo fa lascia il segno. Dice: leggere è un modo di dimenticare. Testualmente, nel suo linguaggio avvitato sul gusto del paradosso: leggere è una non-forma dell'oblio. Non so gli altri: ma a me m'ha fulminato. L'avevo anche già sentita: ma è lì, che l'ho capita. Scrivere e leggere stretti in un unico gesto di sparizione, di commiato. Allora ho pensato che poi uno nella vita scrive tante cose, e molte sono normali: cioè raccontano o spiegano, e va bene così, è comunque una cosa bella, scrivere. Però sarebbe meraviglioso una volta, almeno una volta, riuscire a scrivere qualcosa, anche una pagina soltanto, che poi qualcuno prende in mano, e a voce alta la pronuncia, e nell'istante in cui la pronuncia, parola per parola, sparisce, parola per parola, sparisce per sempre, sparisce anche l'inchiostro sulla pagina, tutto, e quando quello arriva all'ultima parola sparisce anche quella, e alla fine ti restituisce il foglio e il foglio è bianco, neanche tu ti ricordi bene cosa avevi scritto, solo ti rimane come una vaga impressione, un'ombra di ricordo, qualcosa come la sensazione che tu, una volta, ce l'avevi fatta, e avevi scritto una poesia.
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longplaydevourer · 2 years ago
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Ovlov - Am (2013)
Gli Ovlov sono un quartetto statunitense che naviga in un mare popolato da distorsioni abrasive, voci rotte dall'emozione, muri di suono invalicabili e una nostalgia generazionale che penetra l'animo dell'ascoltatore come un coltello rovente nel burro.
Andiamo a scoprire il loro album di debutto.
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Già dal primo impatto, la copertina evoca un ricordo sbiadito di chissà quale estate afosa e adolescenziale. Un sapore pastoso che si sfalda sul palato come una pillola dolceamara.
Forti della loro muscolarità Slacker Rock e DIY Punk, gli Ovlov non hanno paura di mostrare gli artigli: l'opener Grapes ci mette subito in sella su una cavalcatura indomita e ferale; pur non avendo un'andatura così veloce, la sezione ritmica ha un impatto sferzante e contrasta in maniera agrodolce con le linee vocali sempre emotive, che danno l'impressione di potersi rompere in un pianto sincero e disilluso da un momento all'altro.
Mentre si tenta di domare l'onda di Fuzz e bassi plettrati, arriva chiaramente alla mente una reminescenza novantiana tipica di giganti come Dinosaur Jr. , My Bloody Valentine , Polvo e Sonic Youth. La produzione è compatta, satinata e a tratti quasi strafottente.
Il leviatano sinusoidale evocato dagli strumentisti, tuttavia, non soffre di errori di songwriting (che tutto sommato ci si aspetterebbe da una band Punk al suo esordio ufficiale). Dalla lunga e sognante The Great Alligator alla concisa e galvanizzante Really Bees, tutto scorre come un unico flusso di note e ritmi, tanto criptico e allusivo nelle parole quanto dannatamente chiaro ed impattante nell'immediatezza emotiva.
Il viaggio di questo quartetto ci trasporta attraverso mulinelli di sensazioni ed esperienze giovanili con una parola d'ordine: melodia. Ogni strofa, ogni ritornello, persino ogni assolo che vortica come una biglia impazzita è discernibile e cantabile, che sia durante un arpeggio da lacrimoni nella toccante Where's My Dini? o durante le andature seghettate mid-up di Nu Punk.
In sintesi, ascoltate questo LP. Probabilmente, senza nemmeno accorgervene, sarete arrivatə al quarto shuffle di fila e sarete intrappolatə in questo gorgo del quale, in fondo, è bello non intravederne la fine.
Valutazione personale: 9/10
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blogoslibertarios · 1 month ago
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Especialistas questionam veto a bets e não loterias
A decisão do Supremo Tribunal Federal de ratificar a proibição imposta pelo governo Lula (PT) a beneficiários do Bolsa Família de apostarem nas “bets” suscitou a discussão em torno da gigantesca arrecadação da Caixa, um banco público, com as loterias e Mega Sena. O advogado Gustavo Biglia, especialista em regulamentação de jogos, questiona: “em nenhum momento o governo federal veda o cidadão em…
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scienza-magia · 6 months ago
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Materia e antimateria repulsive e energia oscura
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Arrampicandosi sulle cime dello spaziotempo. Con l'antimateria è possibile fare a meno dell'energia oscura? I risultati ottenuti l’anno scorso al Cern con l’esperimento Alpha-g hanno dimostrato l’esistenza di attrazione gravitazionale fra materia e antimateria, mettendo così in crisi le teorie sull’antigravità. Ma uno studio pubblicato su Annalen der Physik da uno scienziato dell’Inaf, Massimo Villata, prova a concedere un’altra chance alla gravità repulsiva ipotizzando uno spaziotempo invertito.
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In primo piano, rappresentazione della curvatura dello spaziotempo in corrispondenza di grandi masse. Crediti: Esa/C. Carreau Complici gli exhibit di tanti festival scientifici, siamo ormai abituati a immaginare lo spaziotempo come un telo elastico punteggiato qua e là da avvallamenti, depressioni e pozzi, laddove un buco nero o qualche altro oggetto massiccio – interpretato di solito da una pesante biglia – ­lo affossa. Ma potrebbero esserci anche innalzamenti, nel tessuto dello spaziotempo? Picchi, rilievi e montagne? Forse sì, o almeno questa è l’opinione di chi ritiene che la gravità – un effetto, o meglio, una manifestazione, secondo la relatività generale, della curvatura dello spaziotempo – abbia anche una controparte repulsiva, una sorta di antigravità. Chi la eserciterebbe, questa repulsione? Cosa sarebbe in grado di “sollevarlo”, lo spaziotempo, invece d’affossarlo? Secondo alcuni fisici teorici, ad avere questa controintuitiva proprietà sarebbe qualcosa di ben noto e – per quanto non in abbondanza – presente ovunque attorno a noi: l’antimateria. E come funzionerebbe? Per rimanere nell’analogia del telo elastico, immaginiamo di poter guardare “da sotto” per vedere come apparirebbe l’altro lato del telo: in corrispondenza degli affossamenti vedremmo innalzamenti. E viceversa: laddove nello spaziotempo invertito un “anti buco nero” crea una profonda depressione, ecco che sul nostro versante d’universo ci ritroveremmo un picco. Vale a dire, una regione di spaziotempo che respinge tutto ciò che le si avvicina. Va detto che si tratta di ipotesi confinate nel regno della matematica (almeno per ora), ma se le cose stessero effettivamente così materia e antimateria potrebbero non subire una reciproca attrazione gravitazionale, anzi: si respingerebbero. Con alcuni gradevoli corollari. Per esempio, potremmo forse fare a meno dell’energia oscura, perché magari basterebbe questa repulsione a spiegare l’espansione dell’universo. E non avremmo più l’imbarazzante problema di dover giustificare la scomparsa dell’antimateria dopo il big bang, visto che si potrebbe ancora trovare in qualche regione del cosmo. Meraviglioso, no? C’è però almeno un problema: i dati sperimentali. Gli esperimenti condotti l’anno scorso al Cern dalla collaborazione Alpha, osservando il comportamento di atomi di anti-idrogeno in caduta libera, hanno dimostrato che materia e antimateria si attraggono, come previsto dal principio di equivalenza, e che l’antimateria è soggetta alla stessa accelerazione gravitazionale – o quasi – della materia ordinaria.
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Rappresentazione schematica delle due soluzioni proposte da Villata al conflitto tra la gravità CPT e i risultati dell’esperimento Alpha-g. Nel primo caso (a sinistra), la gravità repulsiva su larga scala sarebbe data dall’interazione con la materia PT-trasformata (e non con l’antimateria) in un universo dominato dalla materia. Nel secondo caso (a destra), l’intera CPT si conserva, dando luogo a una gravità repulsiva materia-antimateria. Ma la minuscola quantità di antimateria immersa nel nostro spazio-tempo non può essere PT-trasformata. Crediti: M. Villata, Annalen der Physik, 2024 Ma c’è chi non si dà per vinto: Massimo Villata, ricercatore associato all’Inaf di Torino da tempo impegnato nelle ricerche sulla gravità repulsiva, ha pubblicato lo scorso aprile su Annalen der Physik – la stessa rivista sulla quale uscirono nel 1905 i quattro articoli storici di Einstein, e nel 1916 quello celebre sulla relatività generale – uno studio, disponibile in open access, nel quale propone due soluzioni (vedi schema a fianco) per salvare l’ipotesi della gravità repulsiva nonostante i risultati ottenuti al Cern. Com’è possibile? I fisici della collaborazione Alpha avrebbero forse commesso qualche errore? «No, non credo che ci siano errori sperimentali», dice Villata a Media Inaf, «e quindi qui sulla Terra abbiamo attrazione tra una materia dominante e le minuscole briciole di antimateria che riusciamo a produrre. Posso sinceramente dire che me lo aspettavo, perché quell’esigua quantità di antimateria non può invertire il proprio spaziotempo, immersa com’è nel flusso temporale della pervasiva materia che la circonda. Sarebbe come gettare controcorrente una fogliolina in un fiume impetuoso e pretendere che possa risalire la corrente. Ma quel valore che trovano di 0.75 g (invece di 1 g), sebbene abbia una grande incertezza, potrebbe essere un indizio del tentativo della foglia di opporsi al fluire del fiume». Se qui sulla Terra non possiamo apprezzarne gli effetti, dove bisognerebbe dunque andare, per misurare sperimentalmente l’antigravità? In quale luogo dell’universo si nasconderebbe, tutta questa antimateria respingente? La risposta che s’incontra nell’articolo di Villata è quasi ovvia: se cerchiamo qualcosa che respinge la materia, conviene andare a vedere anzitutto là dove la materia non c’è, o quanto meno scarseggia. Luoghi del genere nell’universo esistono: si chiamano vuoti cosmici. «Sono regioni ben note ad astronomi e cosmologi, immense “bolle” nell’universo dove la materia è quasi assente», spiega Villata. «E manifestano un notevole effetto repulsivo sulle galassie che le circondano. Sarebbero “isole” di spaziotempo invertito, alternate nel cosmo alle isole di materia occupate dagli ammassi di galassie». Poiché dei vuoti cosmici, per lo meno di quelli più grandi dell’universo visibile, non solo sappiamo che esistono ma ne conosciamo anche la posizione in cielo, viene a questo punto naturale chiedersi perché non siamo mai riusciti a osservarla, tutta questa antimateria teoricamente in essi presente. «Non la vediamo», suggerisce Villata, «proprio perché emetterebbe radiazione cosiddetta “anticipata” (cioè l’altra soluzione delle equazioni di Maxwell nel vuoto, rispetto a quella della radiazione che ben conosciamo), per la quale non abbiamo (ancora) strumenti capaci di rivelarla. Basti pensare che i fotoni emessi dall’antimateria verrebbero nel nostro spaziotempo “percepiti” come fotoni emessi dal rivelatore per raggiungere l’anti-stella che li ha prodotti, cioè con un cammino spaziotemporale invertito. Quindi, là dove vediamo il buio nell’universo non sappiamo per ora dire se c’è il vuoto oppure antimateria». Per saperne di più: Leggi su Annalen der Physik l’articolo “Antimatter Gravity and the Results of the ALPHA-g Experiment”, di Massimo Villata Read the full article
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siciliatv · 7 months ago
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Etna Comics 2024: la lista degli ospiti
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Etna Comics 2024: sono già stati confermati gli ospiti che saranno presenti al Festival del Fumetto ospitato dalla città di Catania. Etna Comics 2024: il countdown per l’inizio del Festival del Fumetto ospitato dalla città etnea è ormai iniziato. Infatti, mancano ormai poche settimane all’avvio dei giorni di festa per gli amanti del genere, che si riuniranno a Catania per l’Etna Comics. Oltre alle attività previste per l’evento, saranno anche diversi gli ospiti presenti nei giorni del Festival. Etna Comics 2024: le date e il luogo dell’evento Come ormai noto,  la location dell’Etna Comics anche per quest’anno sarà il polo fieristico de “Le Ciminiere” di Catania, che ospiterà l’evento e i numerosi fan che occorreranno. Nello specifico, le date dell’Etna Comics saranno quelle della prima settimana di giugno: infatti, i giorni in cui Le Ciminiere ospiteranno varie persone saranno quelli dal 1° al 4 giugno 2023. Etna Comics 2024: gli ospiti Anche per questa edizione, gli ospiti presenti all’Etna Comics 2024 saranno moltissimi e provenienti da mondi professionali diversi tra loro, offrendo una varietà non indifferente. Di seguito, ecco l’elenco dei nomi degli ospiti confermati fino a questo punto, come riportato sul sito ufficiale dell’evento: Itziar Ituño Julia Loky Genevieve Marie Cosplay Bliss Afk Alis Cosplay Federic NiRo Giampcomic Giacomo Giaquinto Paolo Barbieri Il CIRCO DI GIÒGIÓ Mogik Michele Monteleone Maxem Kizazu Fiore Manni Stefano Mirti Spartaco Albertarelli Emilio Cozzi Nadia Lauricella Nanowar of Steel Loremon Le Ventose Fallimenti critici Paolo Tinnirello Isabella Mazzanti Mattia Surroz Marco Rizzo Francesca Mazzoleni Federica Busa Laura Libera Russo Mion Mario Sturniolo Agnese Innocenti Dario Moccia Francesco Centorame Sedia a 2 gambe ThePruld PlayerInside Kirio1984 Dimitri Tosi PotterStage Fabrizio Corselli Roberto Arduini Sdrumox Poldo Jeff Emdy Giulio Mosca Riccardo Suarez Rossa Caputo Andrea Seth Marino Maurizio Rosenzweig Nina Castiglia Luca Perri Pasquale Ruju Tito Faraci Val Romeo Jordi Bernet Luca Bonora Cristina Fabris Clizia De Rossi Serena Riglietti Florinda Zanetti Luana Belsito (Wally Pain) - Stefano Biglia - Giulio Rincione - Edym - Matteo Curte Cortini Jacopo Schiavo Davide Romanini Alberto Dal Lago Alessandra Valenti TeOoh! (Matteo Boca) Ester Cardella Liang Azha MorgenGabe Marco Gervasio Alessandro Pastrovicchio Paolo Mottura Fabio Celoni Flavio Parenti Andrea Piparo Davide Paratore Riccardo Nunziati Giovanni Timpano Stefano Caselli Pasquale Del Vecchio Gianluigi Gregorini Luigi Siniscalchi Giampiero Casertano Charles Vess Mirka Andolfo Darick W. Robertson Zerocalcare Read the full article
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kenzonet · 8 months ago
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WE MOVE AS ONE - Six Invitational 2024 from Histeria! on Vimeo.
Six Invitational is coming to São Paulo for the FIRST time in history! As the diehard fan runs through the streets of São Paulo, Rainbow Six legends breach reality itself, bringing the best memories and histories of SI to life until all converges at the iconic Ginásio Ibirapuera!
We were thrilled to be invited by Ubisoft, BLAST, and Rainbow Six Esports to create this INSANE animated film! High-tech visuals, grunge urban vibes, a mix of action and motion, and the best of São Paulo's street culture - it's all packed with the best track "We Move as One" by Ego Kill Talent (ft. Andreas Kisser and Rob Damiani)!
RB6 2024 - Six Invitational Theme Song “We Move as One” Ego Kill Talent (ft. Andreas Kisser and Rob Damiani)
Client: Ubisoft / BLAST Game: Rainbow 6 Event: Six Invitational 2024 Clients: Marcio Soares, Nelson Garcia, Lucas Reis, Leandro Estevam, Victor Niergue, Faye Marlborough, Chrystina Martel, Stig Debois, Matt Bundy
Produced by Histeria!
Director: Jan Xavier Story by: Jan Xavier and Ubisoft Executive Producer: Marcelo Moreno Producers: Tatiana Sato and Lívia Quintanilha Social Media: Sibelle Lobo
Art Directors: Igor Muniz, Victor Tchaba Art Supervisors: Igor Muniz, Victor Tchaba Concept Art: Igor Muniz, Victor Tchaba, Gabriel dos Anjos, Guilherme Lascasas Storyboard/Animatic: Tony Neto Concept Character: Victor Tchaba, Jeff Biglia, PJ Kaiowá, Shun Izumi e Flávia Passos (Estúdio Casa Locomotiva) Layout Character: Victor Tchaba, Jeff Biglia, Fábio Perez, Guilherme Olivieri, Marcos Kenji Uchima, Rodrigo Yokota Layout FX: Jeff Biglia, Mateus Pitta Design: Igor Muniz, Jeff Biglia, Rafael Nascimento (Escaphandro), Victor Tchaba Layout 3D: Jan Xavier, Igor Muniz 3D Generalist: Carol Fiorito, Cláudio Marques, Igor Muniz 3D Lookdev, Light and Comp: Cláudio Marques, Igor Muniz Background Simulation: Cláudio Marques Matte Painting: Gabriel dos Anjos, Guilherme Lascasas, Igor Muniz, Jeff Biglia
Animation Directors: Jan Xavier, Felipe Simões Rough/Tiedown/FX Supervisor: Felipe Simões Clean Up/Color Supervisor: Mila Queiroz 2D Rough/Tiedown: Breno Licursi, Bruna Santana, Catarina Niéro, Geovani Angelo, Lena Franzz, Lucas Franci, Matheus Fernandes, Robb Reis, Rodrigo Yokota, Thiago Geremias, Ton Presley, Viviane Guimarães 2D Clean Up/Color: Carol Caporrino, Denis Bargos, Francine Gonzales, Giovanna Jahjah, Juliana Gouvêa, Louise Bonne, Lucas Franci, Luiz Alvares, Mila Queiroz, Pedro Spaolonzi, Ton Presley, Viviane Guimarães 2D FX: Lucas Franci, Natália Faria Cardoso, Mateus Pitta
Post Production Director: Gabriela Zaneti Motion Graphics Supervisor: Gabriela Zaneti Compositing Supervisors: Gabriela Zaneti, Renato Montoro Motion Graphics: Gabriela Zaneti, Samantha Oda, Vinícius Ricardo, Ricardo La Bella Simonetti Compositing and Post Production: Gabriela Zaneti, Renato Montoro, Samantha Oda, Vinícius Ricardo, Ricardo La Bella Simonetti, Saulo de Castro, Tamires Campos
Audio
Musical Director: Samuel Ferrari Music Producer: Samuel Ferrari Original Music by Ego Kill Talent, Rob Damiani & Andreas Kisser Electric Guitars: Theo Van Der Loo, Niper Boaventura Electric Bass: Raphael Miranda Drums: Raphael Miranda Surdos: Raphael Miranda Vocals: Emmily Barreto, Rob Damiani Synths: Samuel Ferrari, Niper Boaventura Music Programming & Beats: Samuel Ferrari Alfaias: Samuel Ferrari Electric Guitar Solo: Andreas Kisser Anvil: Glauber Coelho Choir As One: Lucas Reis Pereira, Maria Paula Bonino, Jeniffer L. Ramlov, Mayara Abou Jaoude, Maite Fernanda Lorente Henrique, Lucas Miguel Cunha Silva, Diego Chagas Corrêa, Heitor Augusto Coelho Galceron, Maria Eduarda Maccagnan Avella Recording Engineers: Hugo Silva, Otavio Bonazzi and Cauê Del Grande at Dissenso Studio PreProduction: Clovis Vilela, Samuel Ferrari Vocal Production: Steve Evetts Mix: Steve Evetts Master: Maurício Gargel Executive Production: Samuel Ferrari, Glauber Coelho SFX Film: Glauber Coelho Produced at mdois Studios (mdois.tv)
Making of
Making of Produced by: Rockfilmes Production: Lucas Rocha Director: Lucas Rocha Director of Photography: Felipe Bezerra Audio operator: Willian Sassano
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luigifurone · 9 months ago
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46. (Riverbero)
Sono capace appena
poco più
dei miei peccati
e tu che riverberi,
tu non smetti.
Una biglia accendi dopo l’altra
sul biliardo del respiro,
che tema nessuna
di dissiparsi agendo,
come un riverbero anzi
soffio su soffio diventa tifone.
Ora è il tuo volto,
acceso qui sul muro,
ora il tuo indice puntato,
fruga come non sai,
l’armonia che ritrovi
scomposta sull’assito,
e abbracciati gli echi, germinanti,
d’un carnevale ora è tutta
la tua voce.
Frughi dentro ai miei occhi,
riverberi,
oscura e luminosa,
trapassi la carne del mondo
e la mia,
e così te ne stai.
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eduardomarin90 · 11 months ago
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McDonald’s | Coffee Day | Postlaunch from RUN ZËBRA RUN on Vimeo.
4th film for the National Coffee Day Campaign for McDonald's McCafé.
Production Company: Asteroide Film Directors: Giuliano Batista and Guilherme Pau y Biglia Art Direction / Design: Gabriel Russo and Luis Villanova Motion Graphics: RUN ZËBRA RUN Post Coordinator: Leonardo Scholz Account Manager: Leonardo Brodsky Agency: We Are Unlimited CCO: Toygar Bazarkaya ECD: Max Geraldo CD: Bruno Guimaraes CD: Brandon Crockett Group Account Director: Melanie Behling Account Director: Sarah Stahurski Assistant Account Executive: Mallory McDonald Social Strategist: Becca Toth Executive Producer: Jon Ellis Producer: Kelsey Barrentine Integrated Producer: Otto Linwood Audio Company: Canja Audio Culture Producer: Lucas Sfair, Filipe Resende, Pedro Osinski VO: Pete Stacker
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lavozdelquequen893 · 11 months ago
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toponomasticafemminile · 11 months ago
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Il fondo degli oceani non è una scodella
ITA: Sapete chi è stata la prima persona ad aver disegnato le carte dei fondali oceanici? È stata una donna, Marie Tharp. Laureata prima in inglese e musica e poi in matematica, non perde l'occasione di lasciare un lavoro noioso e candidarsi per un posto alla Columbia University dove inizia a disegnare i fondali del globo.
🖊️: Sabina Di Franco
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ENG: Do you know who was the first person who drew maps of the ocean floor? It was a woman, Marie Tharp. Graduated first in English and music and then in mathematics, she quitted a boring job and obtained a position at Columbia University where she started to map the seabed of the globe.
🖊️: Sabina Di Franco
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whisperinglines · 11 months ago
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Un fratello è uno a cui si rende l'ultima biglia che gli si è appena vinta.
- J. Joffo, Un sacchetto di biglie
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