#Asciutto
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primepaginequotidiani · 8 months ago
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PRIMA PAGINA Il Gazzettino di Oggi martedì, 20 agosto 2024
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yourdailyqueer · 8 months ago
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Victoria Black (Demetrio Asciutto)
Gender: Male (she/her in drag)
Sexuality: Gay
DOB: 8 October 1994
Ethnicity: White - American
Occupation: Drag artist, reality star
Note: Is autistic
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miamerosempre · 3 months ago
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Questo cuore ha pianto finchè è diventato asciutto.
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vividiste · 6 months ago
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Se nei mesi freddi trovi un riccio "morto", non seppellirlo, non buttarlo nel cestino...
Potrebbe essere in letargo da novembre a marzo.
Solitamente scavano buche per stare al sicuro, ma abbiamo meno spazi verdi, arbusti o aree boschive in questi giorni ed è sempre più difficile trovare un posto sicuro dove trascorrere l'inverno.
Ecco perché alcuni di loro possono entrare nei vostri giardini in cerca di sicurezza e calore per andare in letargo, altri sono così esausti da guardare che finiscono per dormire in vari posti strani come strade stradali o anche marciapiedi.
Quando sono in letargo, il battito cardiaco e la funzione complessiva del corpo rallentano notevolmente, come modo per conservare energia che può far sembrare il riccio morto.
Nel caso in cui vedessi un riccio fermo, assicurati che sia in un posto sicuro e caldo e possa durare cinque mesi.
Se trovi un riccio in giardino o da qualche parte per strada, scava una buca in una scatola di cartone e in un posto asciutto, sicuro e tranquillo, così può trascorrere i mesi più freddi.
I ricci sono una specie in via di estinzione, sono del tutto innocui e importantissimi nel nostro ecosistema. Mangiano coleotteri, lumache, rane, lucertole, serpenti, ecc.
Distruggono anche i nidi di topi.
Non hanno paura delle api o delle vespe. Il riccio può facilmente distruggere un nido di calabroni e mangiarne gli abitanti ignorando i morsi.
Gli scienziati hanno notato da tempo che i ricci sono immuni ai veleni forti, comprese le punture di insetti. Questo fenomeno antidoto non è ancora noto agli scienziati.
Sappiatelo quando vedete un riccio nei mesi più freddi. Aiutare una piccola cosa così fragile non costa nulla
Siamo gentili con gli animali e soprattutto rispettiamoli ❤️
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Fonte "Mondo Animale"web
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sciatu · 9 days ago
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INFINITO AZZURRO
Il capo gli aveva detto che era un servizio semplice. “Su du turisti: lui ha più milioni che capelli e lei, forse una moglie, ha la metà dei suoi anni ed è senza un soldo. Li prendi a Taormina all’hotel Timeo, li carichi sulla tua Land Rover e li porti al rifugio, poi prendete la teleferica e li porti vicino alla vetta. Gli fai vedere le solite cose: la colata di lava, i canaloni, il piano del bue, ci mugghi quattru fatti e ti metti cinquecentoeuri nta sacchetta e niu, niu, u fattu finiu” E così dicendo batte le mani come se volesse scuoterle da della invisibile polvere. A lui, il capo stava sulla minchia, non perché era una persona cattiva (anche se era sicuro che lui si intascava il doppio di quanto gli dava), ma perché era un capo e a lui, tutti i capi, gli scassavano la minchia al solo aprire la bocca. “Unn’è a fregatura?” Chiese fissando gli occhi tondi e sporgenti da rospo del capo Lui strabuzzo gli occhi rospigni, fece la faccia tonda e innocente di chi non ci colpava “Ma quali frigatura? È na cosa nommali, i pigghi, i potti supra a Muntagna e tinni giri!” “Supra a Muntagna? Ti scuddasti chi c’è un eruzioni e non si po' nchianari?” “ ma si, l’eruzioni, … na cosa i nenti … quanti ne hai viste tu? Ma poi li porti li vicino e gli inventi una scusa, c’è ventu …., ghiovi …., è scuru …., c’è fedu i gas e si mori …. Trova tu u mutivu.” E senza indugio tirò fuori un mazzo di soldi e contandoli velocemente gliene mise davanti una piccola parte “ Cà, cunta, cinquecentu … e centu ci mettu jo di sacchetti mei, picchì jo nun ci vogghiu guadagnari nenti” Ora era sicuro che lo stava fregando. Quando mai aveva pagato in anticipo e in contanti. Ma la Land Rover aveva bisogno di una revisione al cambio e quei soldi bastavano appena a sistemarlo. Senza dire niente prese i soldi e li mise nel taschino del suo giubbotto di jeans. “Me ne servono altri duecento. Ora.” Disse senza muoversi “ Ma chi mi pigghi pu culu? Seicentu tinni desi!” “Me ne servono altri duecento, devo sistemare la macchina se no non arrivo neanche a metà strada. – lo guardò fisso negli occhi acquosi – poi non mi hai mai dato soldi in anticipo e ora me li dai senza che io li chieda e ci metti sopra per regalo una bella pasta da centu: nun ma cunti giusta!!”
Il capo fece lo sguardo cattivo, quello che prometteva una rabbiosa vendetta. Poi rimise le mani in tasca e tirò fuori il rotolo dei soldi “Teni - fece buttando sprezzante i soldi richiesti – ma se non li porti in cima vengo io pissunalmenti e ta brucio sa bagnarola i maghina” E detto questo si alzò chiudendo la riunione disgustato da quella ennesima dimostrazione di ingratitudine umana nei suoi confronti. Prese i soldi e corse a portare la macchina dal meccanico, altrimenti c’ era la seria probabilità che una volta saliti la Land Rover decidesse di morirsene lassù, dopo un ultimo titanico sforzo.
“si sieda qui, respiri lentamente “ Gli sbottonò la tecnologica e costosissima tuta e lo fece appoggiare contro la lava. Sudava freddo anche se erano a 2800 metri in cima la Montagna. “Respiri piano, ha qualche problema, sento che quando respira ha come un sibilo” “Non è niente – disse subito la donna che sorreggeva il vecchio – Gli viene ogni tanto” Lui la guardò. A vederla, sentiva la stessa sensazione di quando guardava quella vipera del suo capo. Anche se la donna era piacevole malgrado fosse in là con gli anni sembrava una maligna, che appena ti giravi te la metteva in quel posto. La sua costosa tuta tecnica, faceva risaltare il suo corpo asciutto dove doveva esserlo e prosperoso dove poteva eccitare i maschi. Si capiva subito che era una abituata a usare il corpo per fregare la gente.
“No, non ce la fa! stava per svenire. Forse un infarto. E’ meglio tornare indietro” “non è necessario. Si riprenderà subito. Dobbiamo andare in cima” “non possiamo salire, è proibito: c’è un eruzione in corso” “noi abbiamo pagato tanti soldi per arrivare in cima. Il ciccione si è preso i soldi e ha detto che non c’era problema! Ora, o lei ci porta in cima o andiamo dalla polizia” Strillo la MIFL attempata come un’aquila a cui stavano rubando gli aquilotti” “Lei può andare dove vuole. Se suo marito muore a me non faranno più fare la Guida e sarà peggio del carcere” Era vero, Per lui essere una Guida autorizzata, era la sua vita, non tanto per le persone da portare sulla Montagna, ma perché la Montagna, con i suoi dirupi, le valli di cenere, i poggi gialli di zolfo, i boschi di betulle preistoriche, era il luogo dove si sentiva libero e quindi vivo. Si guardarono con odio come due cani che si contendevano un osso.
“scusi, mi permetta - fece il vecchio tossendo e con una voce flebile e il suo accento straniero – posso spiegarle una cosa?” “Prego, mi scusi lei se ho gridato, ma alle volte rinunciare non è un disonore, ma vuol dire salvarsi. E’ questo che la sua signora non comprende” Il vecchio sorrise. “La perdoni la prego. Olga è molto attaccata a me ed io a lei. E’ l’unica persona che mi ama per quello che sono e non per quello che ho, e lei è l’unica persona che amo per quello che è e non per quello che fa. Anzi, ci perdoni entrambi. Nel nostro ambiente i soldi comprano tutto, ma forse nel suo non è così” Tossi qualche secondo “vede, io ho un male incurabile, respiro con si e no mezzo polmone. Questa primavera che è appena iniziata, non la vedrò finire. Quando l’ho scoperto era troppo tardi, potrei fare operazioni complicate e costose, solo per arrivare alla fine soffrendo. Ho deciso di lasciar perdere e di mettere a frutto il poco tempo che mi resta. Lei ha ragione: a volte rinunciare non è un disonore, ma una necessità. La qualità di una vita non dipende dai successi che si ottengono ma dal peso delle rinunce fatte per ottenerli. Io posso essere definito un uomo di successo ma per esserlo ho rinunciato a tante cose fondamentali. Le mie donne le ho comprate con il mio successo e le ho lasciate solo per convenienze sociali, Tutte tranne Olga che ho incontrato quando l’amore e il sesso non avrebbero dovuto avere alcun motivo e che invece mi ha seguito e salvato da me stesso. Io, per il mio egoistico successo, ho rinunciato a tante cose come le ho detto. Non solo gli affetti veri, ma soprattutto alla mia umanità, solidarietà, disponibilità. Ad esempio, ho chiuso fabbriche mandando in rovina centinaia di famiglie e le ho ricostruite in luoghi dove ho fatto distrugge chilometri quadrati di natura per ospitarle. Ho trasformato pacifici contadini in operai a basso costo, sfruttati al massimo con l’illusione della modernità. Per far questo ho corrotto tutti quelli che potevano ostacolare il mio progetto solo per ottenere il mio bonus di fine anno con sei zeri. Ho rinunciato alla mia umanità, perdendo figli, amici, parenti per paura che il loro affetto nascesse solo dall’interesse. Ho rinunciato a tutte le cose che danno peso alla vita per seguire strade oscure, scorciatoie inumane fatte di disprezzo degli altri e del loro sfruttamento.”
Respirò con fatica, stanco del lungo dire. “Ora questa malattia mi ha riportato a rivedermi. Mi ha spaventato mettendomi di fronte a me stesso. Tutto quello che era la mia superiorità sul mondo, scomparirà ancor prima che i miei occhi si chiudano, ed io, di questo mondo, ho conosciuto solo i miei vizi. Nient’altro e quando il mio momento arriverà, guardando dentro di me non troverò nulla che parli di eternità, di bellezza pura. Per questo ho chiesto ad Olga di venire qui, per avere nella memoria lo stupore e la meraviglia di questo posto”. Inghiottì a fatica, mentre la donna lo stringeva contro il suo corpo per dargli calore. “Quando sarà – continuò con voce più flebile – penserò a quello che mi ha fatto vedere: le foreste di betulle antartiche, i tunnel fatti dallo scorrere della lava, la colata di lava con il suo calore, il suo rumore delicato di vetro e il suo avanzare inarrestabile e con esso la grandezza di una natura per cui io sono nulla, malgrado i miei milioni e le mie potenti amicizie. E di essa, di questa immensa natura, tornerò a farne parte, a ritrovare il mio posto in questo universo che pensavo di stringere nel mio pugno. Ma soprattutto voglio ricordare quello che vedrò in cima al vulcano, la terra ai miei piedi, il mare che diventa cielo e il cielo che copre il mondo. Voglio sentirmi sopra una nuvola in paradiso, come tutti gli altri uomini, e guardando l’azzurro infinito, voglio trovare, finalmente, la serenità per andarmene.” Inghiotti e chiuse le palpebre per riaprirle lentamente solo a metà. “E’ per questo voglio andare lassù. … La prego …” E si zitti, ansimando per respirare quanta più aria che poteva. La donna gli spostò un ciuffo di capelli dalla fronte, si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia a rincuorarlo guardandolo preoccupata e triste. La Guida osservò il vecchio senza dire niente. Poi si alzò lentamente come a riflettere, quindi si levò lo zaino da montagna che portava e ne tirò fuori una corda. Guardò la donna. “Ha la bottiglia di fuoco dell’Etna che ha preso giù nei negozi del rifugio? Me la dia” Lei lo guardò sorpresa, poi cercò nel suo piccolo zaino e tirò fuori una bottiglia di un colore rosso fuoco. La guida l’aprì e la porse al vecchio. “Ne beva tre piccoli sorsi, lentamente, è quasi alcol puro e per un momento la tirerà su facendole dimenticare la stanchezza” Si sedette davanti a lui dandogli la schiena e portò le gambe del vecchio davanti alle sue incrociandole. ”Ci leghi – disse alla donna – prima all’altezza del torace, poi leghi le gambe di lui qui davanti.” La donna iniziò a fare quanto gli chiedeva. “Ora la porto su. Staremo cinque minuti, non di più e poi scenderemo dall’altra parte, dove c’è un pendio di cenere e cammineremo velocemente tornando ad una altezza dove potrà respirare normalmente. SI stringa a me. Se si sente male me lo dica, ma pensi solo a respirare regolarmente.”
Si rivolse alla donna. “Prenda il mio zaino e venga dietro di me. Cammini a carponi se necessario, ma non mi perda di vista” Si alzò lentamente e bilanciò il vecchio. Soddisfatto di come i pesi erano distribuiti, iniziò a salire velocemente aiutandosi con le mani che aveva coperto con spessi guanti. La donna lo seguì, ma dopo poco restò indietro cercando di trovare il migliore appiglio per salire. Il vecchio respirava lentamente “lei è bravo, sembra che conosce ogni pietra di questo sentiero” “Respiri. Non parli. Come si sente?” “Bene, quel liquore è fortissimo, mi sento … bene … un po' alticcio…” La guida continuava a salire, lentamente, con un ritmo costante, mentre il vento freddo lentamente scemava e le nubi basse si diradavano. Un sole intenso e caldo prese il posto dell’umidità che li aveva seguiti dal rifugio fino a qualche metro più sotto. La cima della Montagna si fece sempre più vicina, coperta di lava nera e spolverata di neve, con strisce gialle di zolfo. Salirono in silenzio finché il vecchio vide che di fronte a se c’era solo l’altro versante del vulcano, con più in basso, le bocche eruttive da cui arrivavano brontolii ed esplosioni magmatiche. “Mettiamoci qui – fece la guida sedendosi in modo che il vecchio si appoggiasse con la schiena ad una pietra – qui non ci vedranno, siamo al riparo e comunque sul punto più alto”
Restò in silenzio, sentendo il vecchio respirare lentamente. “Laggiù c’è Siracusa e qui sulla destra Catania, Aci e qui a sinistra e laggiù, su quel cucuzzolo, Castelmola.” “È bellissimo - lo interruppe il vecchio – sembra di essere su una nuvola. Il mare sembra finire e il cielo, … il cielo è enorme …” Restò in silenzio ad osservare il mondo ai suoi piedi, si sentiva solo il fruscio del vento ed i boati delle bocche vulcaniche che eruttavano lava. Arrivo la donna ansimando e accasciandosi dalla stanchezza accanto a loro. “Olga, guarda! L’orizzonte è una linea blu tra il cielo e il mare azzurri. Guarda quanto è grande il cielo. – restò a guardare con gli occhi di un bambino che vede per la prima volta qualcosa di meraviglioso – Qui, il tempo … non esiste” La Guida senti che la donna accarezzava il vecchio “È come pensavi? Non è vero?” “No, è più grande, più immenso … più bello …” Restarono in silenzio ad osservare il mondo ai loro piedi che sfumava lontano a diventare liquido e poi, in una striscia blu, a diventare un infinito azzurro.
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caffeacolazione · 9 months ago
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il mio ultimo luglio a Roma 23 - Asciutto in 25 minuti
mon dernier juillet à Rome 23 Sec en 25 minutes
My last July in Rome 23 - dry in 25 minutes
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io-ti-regalo-il-mondo · 11 months ago
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James: Tranquilla, tranquilla, tranquilla, sta tranquilla.
Ci sono io. Ci sono io.
Va tutto ok. Ok. Tutto ok.
È tutto a posto.
È tutto ok. Tutto ok.
Percie, abbiamo qualcosa di asciutto?Io arrivo.
Ruby: Ero molto piccola, mio padre ed io eravamo in barca, il mio orsetto fini dentro l'acqua io mi sporsì così persi l'equilibrio. Papà si tuffo subito, non sapeva nuotare, poi arrivo un'altra barca. È colpa mia se è su una sedia a rotelle 😭
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sottileincanto · 2 months ago
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Nella struttura nella quale lavoro c'è il servizio cucina (non usano il catering esterno) e fra i lavoratori c'è un giardiniere, visto che intorno alla villa c'è un bel parco. In genere verso mezzogiorno si trova il giardiniere in cucina a scherzare con le cuoche mentre rimedia qualcosa per il pranzo. È un bell'uomo, sulla cinquantina, fisico curato e palestrato anche se i tratti del viso a me sembrano un po' duri. Ieri come spesso accade l' argomento di conversazione era il rimorchio e il "Quanto sono bono, ma tu che mi faresti" e le cuoche reggevano il gioco. Entro in cucina per prendere il carrello con le bottiglie d'acqua da portare in sala per il pranzo e una delle cuoche mi fa "Ma tu che gli faresti se lo vedessi per strada? Io gli zomperei addosso!" Io sul vago: "Beh sì è un bel ragazzo, certo... Anche se io sono più per il tipo armadio a quattro ante". Lui non soddisfatto dalla risposta si toglie il maglione e abbassa i pantaloni (sotto fortunatamente aveva un costume da bagno) "Guarda qua che fisico, senti, senti! Tocca, tocca!" battendosi una mano sulla coscia. Pelle depilata e abbronzata nonostante siamo a febbraio, fisico asciutto, muscoli definiti senza essere esagerati. Mi ha fatto lo stesso effetto della vista di un paziente nudo sotto la doccia: temperatura sotto zero. Mi veniva da dire "Che sei un quarto di manzo al mercato per farmi tastare la carne?" però mi sembrava un tantino acida come risposta. Opto per qualcosa di più diplomatico: "Eh no, guardare e non toccare!" ed esco dalla cucina col carrello. Quando rientro per prendere i primi piatti da servire lo trovo sempre lì. "Dai, dì un po', cosa mi faresti nel letto di prima mattina??" Io: "Nel letto di prima mattina? Cornetto e cappuccino!". Temo di aver ferito il suo orgoglio di maschio conquistatore... 🤔
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gregor-samsung · 2 months ago
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" Il cambio di governo avvenuto in Italia al principio del 2021 trova una spiegazione se si pone mente ad un fenomeno lasciato inspiegato dagli organi di informazione: inaspettatamente e fulmineamente il cosiddetto «Recovery Plan» italiano, appena presentato, è stato approvato «a Bruxelles» stans pede in uno. Non viene però chiarito, dalla nostra stampa domestica (scritta e parlata), chi esattamente abbia espresso tale approvazione. Si sapeva che il varo esigeva un molto problematico passaggio: e cioè il placet da parte dei Parlamenti dei 27 paesi dell'UE su ciascun «Recovery Plan» nazionale. Nulla di tutto ciò, a quanto pare, è stato necessario. Come mai? Il passaggio era periglioso e di vitale importanza per andare oltre la fase dei reiterati preannunzi e approdare alla effettiva elargizione dei 209 miliardi, dei quali meno della metà «a fondo perduto» (o quasi). Forse proprio nella inopinata, generosa e drastica «semplificazione» delle procedure di approvazione del nostro «Piano» sta la chiave che aiuta a capire l’instaurazione del governo «del presidente». Il quale, nell'allocuzione a reti unificate del febbraio 2021, giustificò l’investitura di Draghi con l’argomento della impossibilità, per gli italiani, di andare a votare: in controtendenza rispetto a quanto stava accadendo o era appena accaduto in USA, Portogallo, Spagna, Israele ecc. Si temeva che il voto portasse al governo i partiti malvisti «a Bruxelles». L’instaurazione, invece, del governo «del presidente» e la conseguente «adunata dei refrattari» (cioè dei partiti, quasi tutti) sancirono l’accettazione di un asciutto Diktat che possiamo immaginare così concepito: «Se quei quattrini li volete effettivamente e non unicamente sul piano degli annunzi e preannunzi propagandistici, dovete mettere a capo del governo uno dei ‘nostri’, uno di cui ci fidiamo.
Uno al quale possiamo ‘abbonare’ le forche caudine dell'approvazione parlamentare da parte dei 27 soci nonché lo scrutinio rigoroso del vostro ‘Piano-verbiage’ da parte di qualche ufficio europeo ad hoc predisposto. Uno che, governando per investitura dall'alto e da lontano e non vincolato perciò da un mandato elettorale, saprà senza tentennamenti attuare quella disciplina che prima o poi dovrà costituire la contropartita della elargizione effettiva (se mai ci sarà)». Dunque non è forse un puro caso se di recente si è incominciato a prospettare una fiction in cui a votare non ci si va più («Corriere della Sera», 21 ottobre 2021, p. 1), mentre il proprietario del quotidiano «Domani» sprona, con l’abituale sicumera, acché prosegua sine die il congiunto governo dei due «fuoriclasse» e suggerisce anche lo strumento: un voto a sorpresa per un Mattarella bis nella seduta parlamentare congiunta. "
Luciano Canfora, La democrazia dei signori, Laterza (Collana: i Robinson / Letture), gennaio 2022.
[Libro elettronico; corsivi dell'autore]
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paginedifarfalle · 1 month ago
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Te ne sei andata, ho visto i tuoi occhietti a bottoncino spegnersi piano piano, il nasino asciutto e il tremolio delle zampette di quando sogni non esserci più.
lo so, però, che non te ne sei andata davvero. La tua anima si é soltanto fusa con le nostre, con quelle di chi ti voleva bene. Ha solo lasciato quel corpicino che proprio non ce la faceva più a tirare avanti ma tu ci sei. Sei qui.
Ti vedo ogni volta che mi volto a casa.
Ti vedo nella cuccia vicino al mio letto, nel maglioncino lasciato a terra, nel peluche che prendevi in bocca, nella flebo attaccata allo sportello, nelle ciotole sul pavimento e in tutti quei peli che girano per casa e chissà per quanto ancora ci dovremo combattere.
Amore mio, sei parte della mia anima, sei un pezzo della mia vita, sei la mia infanzia e la mia adolescenza.
Mi hai strappato un pezzo di cuore e lo hai portato via con te, tienilo. Custodiscilo. lo te lo lascio.
Ti penserò, forse con dolore a volte, ma per la maggior parte sarai la ragione dei miei sorrisi. Non ti dimenticherò mai. Tu vivrai per sempre, te lo prometto.
Vivrai in ogni mattina, che dopo mezz'ora essermi alzata aspetterò per tutta la vita il suono delle tue zampette venire in cucina.
Vivrai in tutti i nostri racconti, di quando rompevi gli annaffiatoi, di quando scappavi dal recinto o delle tue posizioni particolari mentre dormivi.
Vivrai in ogni ricordo, per quando mi leccavi le mani mentre non riuscivo a respirare dal pianto, quando ti addormentavi su di me, quando ti imboccavo perché non riuscivi a mangiare.
In ogni risata, per quando non facevi altro che russare, o quando la notte mi svegliavi per far la pipì, oppure quando spargevi tutto il cibo in giro invece di mangiarlo.
Ci hai amato, ci hai devastato, esaurito, fatti arrabbiare, piangere, ci hai fatti felici e vivi.
Mi hai fatta sentire amata, che quando nessuno mi voleva tu eri a casa ad aspettarmi al cancello. Perché sapevi benissimo l'orario in cui tornavo da scuola.
Mi manchi amore mio, fa male la tua assenza ma vivrò per te.
Ciao Chicca, fai buon viaggio, tanto ci rivediamo. Non sarà mai un addio.
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Cini Boeri architetto e designer
a cura di Cecilia Avogadro
SivanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2004, 168 pagine,168 ill., 16,8x24cm, Brossura con alette, ISBN 9788882156404
euro 90,00
email if you want to buy [email protected]
Il volume è la prima monografia esaustiva dell’opera dell’architetto e designer Cini Boeri. Pubblicazione non convenzionale, il libro ospita un’ampia intervista, nella quale l’architetto racconta la sua vita in modo asciutto, generoso e autoironico, dall’infanzia nella Milano degli anni venti, ricordando la guerra, gli studi e le prime esperienze di lavoro fino alla libera professione, passando per il ‘68, e senza mai dimenticare la famiglia, la politica, la poesia e l’arte. Segue, nel volume, un apparato scientifico composto da un saggio di Cecilia Avogadro, una raccolta di testi di e su Cini Boeri, il regesto delle opere e la bibliografia. I progetti di Cini Boeri hanno sempre convinto per la loro geometria familiare e per i materiali raffinati. Uniti a una forma dettata dalla funzione, essi rappresentano una sintesi tra sensualità ed efficienza.
19/04/24
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unbiviosicuro · 3 months ago
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sulla grande distesa della Pietra non c'è quasi nessun'altro. salendo un rumore stranissimo, lo senti? forse è l'erba secca che sfrega piano, mossa dal vento. salendo ancora si capisce che no, non è alcunché di vegetale: è una leggerissima grandine, la più piccola mai vista, che scende con questo gradevole rumore e copre tutto. la resa all'udito è quasi di minuscoli rivoli d'acqua sotto il terreno più superficiale, una cosa mai sentita. è bello. i piccoli granelli di ghiaccio asciutto si posano dappertutto, sulla mia giacca, sui miei capelli, nei fazzoletti di terra scura, a contrasto, e rimangono lì. spostandosi sulle rocce, proprio quelle dove tanta gente viene ad ammazzarsi con violenza, piccoli uccellini camminano saltellando senza timore. tira il vento e gonfiano le piume per farsi riparo nel loro stesso corpo. penso che vorrei avere le piume anche io. poi tutti i colori sono molto belli, anche se avrei potuto dirlo di qualunque palette cromatica ci fosse stata; ma comunque è stata di verdi e di grigi tenui, con aperture di cielo negli orizzonti lontani: un giallino luminoso quasi soprannaturale, e un azzurro misto rosa: sono le alpi quelle là così in fondo, illuminate, con tanta neve? forse.
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aroundtable · 2 months ago
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Oggi rispondiamo alla domanda "a che gioco stiamo giocando", con the Shadow Theater, board game per due giocatori che ci permetterà di rivivere la leggenda cinese del re scimmia, gioco dalle grafiche e componenti meravigliosi che abbiamo scoperto assieme domenica scorsa e che per tutti questi elementi non potevo lasciare su sugli scaffali delle novità di Hirtemis, ma solo oggi scopriremo effettivamente com'è questo gioco da tavolo.
The Shadow Theatre è un gioco da tavolo che appartiene da una categoria che io apprezzo in maniera particolare quelli che hanno un game design immediato, asciutto ed estremamente chiaro sin dalla prima lettura del manuale, ma nonostante ciò durante le primissime partite, non ho trovato il gioco particolarmente affascinante. Questo giudizio, però, è figlio del consiglio che vi dà il regolamento,m per giocare le prime partite, ovvero eliminare un aspetto fondamentale del gioco: le tessere pergamena.
Il game design di the Shadow Theater prevede un'azione obbligatoria durante il nostro turno da scegliere tra due ed una opzionale da svolgere ad inizio turno; un'azione ci consentirà di ritirare tutte le scimmie da un singolo luogo, l'altra invece ci consentirà di piazzare quelle che abbiamo nella nostra riserva in un luogo ed ottenerne i benefici specifici, con l'azione opzionale potremmo adoperare le carte arma dei drago, se le abbiamo; a seconda dei luoghi le azioni ci consentiranno d avere le risorse che ci consentiranno di fare punti e vincere i round. La partita si conclude al meglio dei tre round! In questa maniera, però, i round risultano abbastanza piatti, ripetitivi, senza particolare mordente, cosa che cambia totalmente con l'uso delle tessere pergamena, elemento di game design che introduce varietà, imprevedibilità: le tessere pergamena cambieranno le regole del gioco durante il round oppure nel calcolo del punteggio e verranno sostitute round dopo round con tessere nuove dando la possibilità ai giocatori di cambiare strategia.
The Shadow Theater è un board game che va giudicato a partire dalla versione completa, non lasciandosi ingannare dalla versione didattica che consiglia il manuale, e che vi conquisterà con le sue due versioni avanzate. Nelle versioni avanzate la vittoria della partita si otterrà sommando il punteggio dei singoli round aggiungendo bonus specifici a seconda del round vinto, se questo cambiamento di game design rende The Shadow Theater un board game diverso, permettendo strategie di lungo termine, è la gestione delle tessere pergamena che ne cambia ancora una volta l'aspetto: nella prima versione a partire dal secondo round potremo scegliere una nuova tessera, che si aggiungerà alla precedente, combinando le due avremo un'evoluzione delle strategie sul tavolo. Nella terza versione invece potremo anche gestire tutto ciò, perché potremo scegliere 3 fra 5 tessere e decidere turno dopo turno quale scoprire per affiancare le altre ottenendo nuove possibilità!
The Shadow Theater è un board Game per due giocatori con una durata stimata di 30 minuti a partita consigliato da 10 anni in su creato da Cédric Lefebvre e Florian Sirieix, con le illustrazioni di Julien Rico edito in Italia da Asmodee Italia!
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mystandthemoon · 4 months ago
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Drago, volpe, corvo - cap. I
For @danmei-december, Set Gold, day 2, Lan Xichen (I'm late so what)
If this keeps going beyond the first chapters I'll probably translate it to English.
Titolo: Drago, volpe, corvo - cap. I: caduta
Rating: pg 13ish
Personaggi: Meng Yao, Lan Xichen, Wen assortiti
Genere: AU, fantasy, avventura, animali mitologici. In sostanza mi serviva una scusa per scrivere la mia versione di dragon!chen e fox!yao
Wordcount: 2718
Lan Xichen, un drago celeste in fuga dal Clan Wen, allo stremo delle forze cerca rifugio nella foresta. Meng Yao, che assiste alla sua fuga, decide di aiutarlo.
"Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe."
Con un ringraziamento a @yukidelleran per il confronto e il betaggio!
Capitolo I - caduta
Uno strato di nubi basse offuscava la luce del sole, ancora alto sopra l’orizzonte del grigio cielo invernale. Il vento aveva l’odore asciutto e pungente che precede una nevicata.
Meng Yao si arrampicò su una roccia che sporgeva dal limitare del bosco. Da lì, lo sguardo spaziava sulla valle sottostante e sui tetti già mezzi ricoperti di bianco della cittadina di Yunping. Il cielo a est si era fatto livido e una cortina grigia oscurava l’orizzonte. Presto, avrebbe iniziato a nevicare anche lì.
Chiedendosi se sarebbe riuscito a rientrare a casa prima di venire sorpreso dalla neve, Meng Yao fece per ridiscendere verso il folto degli alberi, quando il vento gli portò un distinto odore di bruciato. Si voltò di scatto - forse veniva dal centro abitato, pensò, ma non vide nulla al di fuori dell’ordinario sopra i tetti di Yunping. Allora, il suo sguardo ansioso spaziò sulla distesa di alberi attorno a lui, senza però notare nulla che potesse allarmarlo ulteriormente, fino a che non lo scorse: un guizzo di fumo, uno sbuffo bianco contro il grigio delle nubi. 
Meng Yao aguzzò la vista, ma l’aveva perso. No, eccolo, era ricomparso, era… non era fumo. Si contorceva fuori e dentro le nuvole, e andava facendosi sempre più vicino e più grande. Era inseguito da quelle che sembravano fiamme, fiamme nel cielo…
Meng Yao sentì il pelo rizzarglisi sulla schiena. 
Fiamme con le ali - fenici dalle piume scarlatte, avvolte da lingue di fuoco, che guizzavano intorno alla sagoma sinuosa di un drago dei cieli. Il suo corpo era dello stesso colore delle nuvole, ricoperto di scaglie opache che non riflettevano la luce del sole. Pur nella disperazione della sua fuga, il drago fendeva il cielo con eleganza tale che pareva dare forma al vento.
Le fenici lo circondavano e lo ghermivano con becchi e artigli. Di nuovo, l’odore acre di carne bruciata e sangue raggiunse il naso di Meng Yao.
Nonostante la velocità del volo del drago, questo non riusciva mai a distanziare a sufficienza i suoi inseguitori. Cercava di allontanarli con gli artigli, ma tra le zampe anteriori sembrava stringere qualcosa, ed era chiaro che la sua priorità era quella di seminarli. Le fenici - sei, ne contò Meng Yao - però, non demordevano. 
Stavano perdendo altitudine e, per un istante, Meng Yao li vide piombare su Yunping, ma il drago si risollevò all’ultimo, riguadagnando quel poco di altezza che gli consentì di non rovinare tra le case, per puntare poi diritto verso il bosco.
Una delle fenici, troppo intraprendente, gli calò sulla fronte e cercò di beccargli gli occhi, ma il drago si liberò di lei con uno schiocco di fauci. Dal cielo iniziarono a piovere cenere e piume scarlatte, che si disfacevano in sbuffi di fumo.
Il drago e i suoi inseguitori sfrecciarono sopra la testa di Meng Yao, facendo stormire i rami degli alberi alle sue spalle e arruffandogli la coda. Qualche istante dopo, si udì lo schianto, la confusione di rami spezzati e lo stridere delle fenici.
La volpe si voltò. Un attimo dopo, sparì nel sottobosco.
❄️❄️❄️
Per un po’, le fenici rimasero a osservare la devastazione provocata dall’impatto, volando in cerchio come uno stormo di avvoltoi. Il drago si era schiantato sulla foresta, lasciando dietro di sé una scia di tronchi divelti, che si assottigliava fino a sparire nel fitto degli alberi. Della bestia, però, non c’era alcuna traccia.
Si appollaiarono sui rami ancora interi di un alto pino, scrutando le ombre al di sotto delle chiome. Ora che non erano avvolte dalle fiamme, il loro piumaggio era di un color mogano scuro, screziato di riflessi dorati. Erano una vista lugubre, con i colli sottili arcuati e le lunghe code che si allungavano tra le sagome dei rami spezzati, scuri contro il cielo sempre più plumbeo.
“Tu, tu e tu,” stridette il capo, indicando col becco i tre sotto di lui. “Setacciate il sottobosco. Quando lo trovate, lanciate un segnale in aria.”
Le tre fenici prescelte calarono a terra. A toccare il suolo, però, non furono i tre uccelli dal piumaggio scarlatto, ma tre uomini dalle lunghe vesti color rosso porpora, con un motivo di soli dorati lungo gli orli. I loro lunghi capelli corvini erano trattenuti sulla nuca da fermagli alti e dorati, appuntiti come lingue di fiamma. Ai loro fianchi pendevano i foderi di spade lunghe, anch’essi decorati d’oro.
Con fare deciso, iniziarono a perlustrare la confusione di corteccia e fronde, muovendosi con attenzione per non rimanere impigliati nei moncherini dei rami che sporgevano ovunque. 
“Ancora niente?” La voce risuonò arrogante nel bosco muto, ancora frastornato dallo schianto. L’uomo più massiccio dei tre si guardò attorno con disprezzo. Sarebbe stato praticamente impossibile trovare tracce del drago in quel disastro.
“Qua!” Gli altri due compagni richiamarono la sua attenzione e lui si mosse per raggiungerli, prendendo a male parole le ramaglie del sottobosco che intralciavano i suoi passi e suscitando la reazione irritata degli altri. 
“Wen SuZhang, chiudi quel becco! Ci sentirà arrivare.”
Wen SuZhang non badò al richiamo, osservando con una smorfia di derisione il ritrovamento. Era una scaglia perlacea, grande come una mano, insozzata di fango e sangue.
“E se anche fosse? Non andrà tanto lontano, conciato com’è.” 
I tre si rimisero a frugare, finché non si imbatterono in un lembo di terra ancora imbiancata di neve intonsa. In bella vista, in mezzo all’erba secca, c’erano delle inconfondibili orme di stivali, imperlate di sangue ancora rosso.
Con un ghigno soddisfatto, Wen SuZhang e gli altri le seguirono a passo svelto, utilizzando la spada per sfalciare le fronde e i rampicanti secchi che gli impedivano l’avanzata.
Dopo poco tempo, raggiunsero un piccolo torrente. I bordi erano ghiacciati ma, al centro, la corrente fuggiva veloce su un fondo di ciottoli scuri. Le orme finivano sulla sponda. Bastò una ricognizione veloce per capire che non riprendevano nelle immediate vicinanze, sulla riva opposta.
“Maledetti i Lan e la loro ossessione con le acque gelide,” ringhiò Wen SuZhang, rifiutandosi di entrare in acqua e bagnarsi i piedi.
Gli altri due, che avevano perlustrato quel tratto di torrente al suo posto, scrollarono le spalle.
“Dovrà uscirne, prima o poi,” commentò uno dei due. “Noi seguiremo la corrente, tu esplora a monte. Il primo che lo trova lanci un segnale.”
Wen SuZhang grugnì un assenso e si voltò dall’altra parte. Se avesse trovato il drago, avrebbe potuto benissimo affrontarlo da solo. Sicuramente anche il fuggitivo avrebbe dovuto mantenere la sua forma umana per continuare a nascondersi nel folto del bosco e, ferito com’era, non aveva dubbi che avrebbe avuto la meglio su di lui.
Riprese le sembianze di fenice, Wen SuZhang spiccò il volo. Sopra il corso del torrente gli alberi si aprivano, lasciando spazio sufficiente alle sue ali. In quella forma, sarebbe stato più efficiente nella perlustrazione e, soprattutto, avrebbe evitato di insudiciarsi ulteriormente le vesti nel sozzume del sottobosco. Fosse stato per lui, avrebbe appiccato fuoco a tutto per dare bella ripulita a quel posto e per stanare il drago, come già avevano fatto una volta.
Volava basso, completamente concentrato a scrutare gli argini del torrente sotto di lui per localizzare le orme del drago - doveva pur uscire da quel rigagnolo presto o tardi! - perciò si avvide solo all’ultimo momento dell’improvviso guizzo nel sottobosco al suo fianco.
Intuì appena, con la coda dell’occhio, la sagoma fulva che gli balzò addosso,  mandandolo a schiantarsi contro la sponda ghiacciata del torrente. Sentì una fitta lancinante al collo e il sapore improvviso del sangue che gli riempiva la gola. Istintivamente, avvampò di fiamme, ma non ebbe nemmeno la soddisfazione di sentire un lamento di dolore da parte del nemico, prima che tutto diventasse definitivamente nero.
❄️❄️❄️
Meng Yao soffocò un guaito, ritraendosi dalla fenice avvolta dalle fiamme. Affondò il muso nell’acqua gelida del torrente e si forbì il naso, mentre osservava il fuoco finire l’opera che lui aveva iniziato. Non sapeva se era più sgradevole l’odore del suo stesso pelo appena strinato che gli riempiva le narici o il sapore del sangue del maledetto Wen che aveva ancora sulla lingua.
In ogni caso, era uno di meno, considerò mentre osservava le fiamme spegnersi, tramutandosi lentamente in una pila di ceneri fumanti.
Si davano tante arie, questi Wen, e agivano sempre come se tutto fosse loro, ma anche la loro arroganza, alla fin fine, si riduceva a un mucchietto di polvere.
Le ceneri erano ancora calde quando Meng Yao ci affondò le zampe. Incurante del fastidio, si dedicò a scavare di buona lena, spargendo tutto quello che restava della fenice nel torrente alle sue spalle, lasciando che venisse trascinato via dalla corrente.
Risorgi dal fango, se ci riesci, pensò Meng Yao, calpestando gli ultimi resti nella fanghiglia che si era creata sulla riva, dove il fuoco aveva sciolto il ghiaccio.
Finito il lavoro, la volpe drizzò orecchie e naso, sempre sull’attenti, ma il bosco era tranquillo. Quando aveva lasciato la scia di impronte nella neve, aveva scommesso sul fatto che si sarebbero divisi al torrente. Quanto avrebbero perseverato gli altri due nella loro ricerca a valle, prima di ritornare indietro?
Avrebbero senz’altro notato i segni di colluttazione sulla sponda del torrente, ma, con un po’ di lavoro, Meng Yao poteva trasformare quei segni nelle tracce dell’inseguito che usciva dal torrente. Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe.
❄️❄️❄️
Lan Xichen riaprì gli occhi. Sapeva di aver perso conoscenza per qualche tempo, ma non capiva per quanto a lungo.
La luce si era offuscata, complice il tramonto ormai prossimo e la neve che aveva iniziato a scendere. Sotto di lui, il terreno era duro e gelato. Lentamente, cominciò a muovere le membra intirizzite per alzarsi in piedi, puntellandosi contro la parete rocciosa che gli aveva dato rifugio fino a quel momento.
Come si mosse, venne attraversato da fitte di dolore. Le sue vesti candide erano stracciate in più punti, annerite da bruciature, lerciume e sangue, ma era ancora vivo e, soprattutto, ancora libero.
Non si era allontanato poi tanto dal luogo in cui aveva terminato la sua caduta, era strano che gli Wen non l’avessero ancora trovato. Forse, con il calare della notte, avrebbe avuto una possibilità di allontanarsi e far perdere le sue tracce…
Un fruscio dietro di lui, e Lan Xichen si voltò di scatto in quella direzione, la fedele spada Shuoyue in mano, tutti i muscoli tesi.
Quando si rese conto di chi aveva causato il rumore, però, la sua espressione si ammorbidì. Gli occhi scuri di una volpe lo sbirciavano dal sottobosco, le orecchie ritte sopra il muso fulvo. 
“Vai via, piccolo amico,” disse, con voce rauca ma gentile. “Non è posto per te.” 
La volpe sembrò capire, perché abbassò le orecchie ai lati della testa e scomparve.
L’istante dopo, dall’altra parte, provenne un improvviso tramestio di foglie, e due voci maschili spezzarono il silenzio della nevicata.
“Maledizione a questa neve, finirà col coprire tutte le tracce. Quei due faranno meglio a trovarli in fretta, sia il drago che Wen SuZhang.”
“Quel SuZhang fa sempre di testa sua.”
“Meglio che mi porti la testa del Lan, o sarà la sua a cadere.”
Lan Xichen si appiattì contro la parete. A giudicare dai rumori, i due Wen stavano venendo proprio verso di lui, forse attirati dal riparo offerto dalla roccia. 
Lan Xichen fu loro addosso prima che potessero rendersi conto della sua presenza.
La lama di Shuoyue balenò e si conficcò nel petto del primo Wen, che cadde riverso con un rantolo soffocato. Prima che Lan Xichen potesse ritrarla per affrontare il secondo, però, questo lo attaccò con furia. 
Per un soffio, Shuoyue sviò l’affondo del nemico, ma Lan Xichen subì il contraccolpo, barcollando all’indietro. Solo l’impatto con la parete di roccia alle sue spalle gli impedì di cadere ma, ora, non aveva più spazio di manovra. Fece appena in tempo a rendersene conto che si ritrovò la punta della lama del guerriero Wen a un soffio dalla gola.
“Dimmi dove hai nascosto quello che hai rubato, e ti concederò una morte rapida,” gli ringhiò quello in faccia.
Lan Xichen deglutì, fissando di rimando il nemico da sotto le ciocche di capelli che gli si erano incollati al volto. Poteva prendersi la sua vita, ma non quello che aveva portato in salvo da Gusu. 
“Non posso rubare ciò che già appartiene al mio clan.”
“Quello che ancora non avete capito,” sibilò l’altro, premendo la lama contro la gola di Lan Xichen, che avvertì distintamente il metallo graffiargli la pelle, “è che se gli Wen decidono che qualcosa è di loro proprietà, questa lo diventa.”
“Dovrai impegnarti a cercarla, allora,” rispose Xichen, gelido come la nevicata.
Il viso del guerriero Wen si contrasse in una smorfia di rabbia. L'istante dopo, i suoi occhi si dilatarono improvvisamente. 
Lan Xichen sentì il rumore soffice di una lama che affondava nella carne e l’odore del sangue che sgorgava, accompagnato da un rantolo e da un’improvvisa sensazione di bagnato sulle vesti. Solo quando il guerriero Wen si afflosciò di fronte a lui, si rese conto che non era stata la sua gola ad essere tagliata.
Al posto del suo nemico comparve un ragazzo snello, di bassa statura, avvolto in una veste color sabbia. Il nuovo venuto osservò il guerriero rantolare qualche istante ancora e poi rimanere immobile ai suoi piedi. Allora sollevò gli occhi su Lan Xichen e si produsse in un profondo inchino, le mani che ancora stringevano il pugnale sanguinante unite di fronte a sé.
“Vi chiedo umilmente perdono per avervi sporcato le vesti con il sangue del vostro nemico.”
Lan Xichen sbatté le palpebre, colto alla sprovvista. Istintivamente, allungò una mano per sfiorare il gomito del giovane e bloccarlo.  
“Come potrei fartene una colpa?” Lan Xichen lanciò un’occhiata ai suoi vestiti, ora quasi completamente scarlatti. “Se non fosse stato per te, sarei ricoperto nel mio, di sangue.”
Rialzando lo sguardo, incontrò quello del suo salvatore. Aveva due grandi occhi neri, che lo scrutavano intenti. Si rese conto di aver già visto quello sguardo, ma mentre cercava di capire dove, venne colto da un giramento di testa.
Fu l’altro, ora, ad afferrarlo per i gomiti per non fargli perdere l’equilibrio e guidarlo mentre appoggiava la schiena alla parete.
“E’ tutto a posto, devo solo recuperare le forze,” ma la sua voce risuonò debole alle sue stesse orecchie.
Il ragazzo si voltò a guardare il bosco attorno a loro, e Lan Xichen ebbe l’impressione che fiutasse il vento.
“Con tutto il rispetto, penso che dovremmo andare via da qui al più presto,” disse, tornando a rivolgersi al drago con il capo chino ma con una certa urgenza della voce. “Se vorrete seguirmi, conosco un posto sicuro; non è lontano.”
Lan Xichen annuì, rendendosi conto di stare usando Shuoyue per puntellarsi e rimanere in equilibrio. Un’improvvisa debolezza gli aveva pervaso tutto il corpo e gli rendeva difficile anche soltanto tenere gli occhi aperti.
“Dovremmo prima liberarci di questi due corpi. Sarebbe saggio bruciarli, ma il fumo e il fuoco attirerebbero l’attenzione degli Wen rimasti. Li nasconderò, se avrete la pazienza di attendermi. La neve coprirà le nostre impronte,” stava dicendo il suo salvatore, e Lan Xichen lo sentiva affaccendarsi là attorno, impegnato a rovistare nei cespugli, forse per trovare un nascondiglio consono.
Quando l’altro giovane gli passò davanti per andare a prendere uno dei due corpi, Xichen si allungò per sfiorargli una manica e richiamare la sua attenzione.
“Ascoltami, c’è… c’è una cosa…” ma le parole gli vennero meno tra le labbra. Ebbe appena la consapevolezza di un braccio che gli circondava la vita, prima di ripiombare nell’incoscienza.
❄️❄️❄️
Lan Xichen si risvegliò qualche tempo dopo, avvolto dal buio e dal tepore.
Nonostante non riuscisse a vedere nulla, ebbe la netta impressione di trovarsi in un posto molto angusto. La sensazione, però, non era spiacevole, anzi, gli dava un senso di sicurezza.
Su di sé sentiva il peso confortante delle coperte e avvertiva distintamente qualcosa di caldo premuto contro il suo fianco. Allungò una mano, con cautela - tutti i suoi sensi erano offuscati dal dolore e dalla stanchezza - fino a che le sue dita non sfiorarono una folta pelliccia. Ne seguirono il contorno tracciando un cerchio, indovinando il contorno aguzzo di un paio di orecchie abbassate.La volpe del bosco, pensò Lan Xichen nel dormiveglia. Rasserenato da quella conclusione, si riaddormentò, cullato dal buio e dal tepore.
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miciagalattica · 5 months ago
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Una giornata iniziata male…
L’incontro
Una giornata storta come tante altre, lo s’intuisce da come ti alzi, appena poggi il piede a terra. Vai in bagno per lavarti e l’acqua non esce dal rubinetto, vai a prepararti un caffè e ti accorgi che ne sei rimasta senza. Inizi a smadonnare, ti vesti frettolosamente per andare a fare colazione al bar e quello vicino casa lo trovi chiuso. Pensi che sarà una giornata terribile e i tuoi nervi saranno messi a dura prova. La sfiga continua a perseguitarti anche al lavoro. Non ne puoi più e allora chiedi un permesso per uscire a fare quattro passi al fine di scaricarti un po’. Che fai? vai al centro commerciale per distrarti guardando le vetrine dei negozi. Prendi la scala mobile e mentre stai in cima prossima al piano …patatrack ...si rompe il tacco, perdo l’equilibrio e mi vedo già ruzzolare per le scale …e proprio in quel mentre la sfiga si distrae e mi sento afferrare da dietro da due mani forti. Il mio cuore batte all’impazzata per lo scampato pericolo. Ringrazio il signore che mi ha salvata e lo invito a prendere un caffè al bar. Era il minimo che potessi fare. Seduti al tavolo mentre sorseggiavo la mia spremuta di arancia, iniziai scrutarlo. Aveva un fisico asciutto, atletico, occhi penetranti, non aveva un filo di barba, belle mani curate, anche se si potevano vedere che le usava per lavoro. Curato nell’accostamento dei colori, aveva gusto. Incuriosita, le chiesi che lavoro facesse. Mi ha risposto che era un parchettista. Oddio pensai …la sfiga giornaliera mi aveva persa , sarà andata a tormentare qualcun'altra. Non ero in me, non sapete da quando ne cercavo uno, merce rarissima. Le ho chiesto se fosse libero per un lavoro da fare in casa. Da molto tempo si era formata una bolla sotto il parquet e poiché non riuscivo a trovare nessuno mi ero quasi rassegnata a tenermela. Lui accettò e sfoderò un bellissimo sorriso. Allora ci siamo scambiati il numero di telefono e abbiamo fissato un appuntamento, per un sopralluogo per il giorno seguente. Ero felice come una Pasqua. Tornai al lavoro e tutte le nuvole nere furono dipanate.
Il giorno seguente
Il campanello suonò, uno strano stato di agitazione iniziò a pervadermi, sinceramente non lo capivo. Aprii ed entrò, lo vidi ancora più bello di come me lo ricordassi. Ero vestita con una tuta da casa, non mi ero minimamente preparata, lungi da me entrare negli stereotipi classici della casalinga che accoglie l’idraulico.
Gli mostrai il danno, ci pensò un po’ e mi disse che si dovevano togliere un bel po’ di listelli e poi il tutto andava levigato e poi verniciato. Mi chiese se avessi dei listelli di riserva. Purtroppo non ne avevo, mi disse di non preoccuparmi poiché se ne sarebbe occupato lui. Fece un rapido preventivo a dir il vero un po’ salato, credevo che me la sarei cavata per molto meno, ma comunque era un lavoro che andava fatto.
Ad un certo punto mi accorsi che il suo sguardo si poggiava sul mio piccolo rigonfiamento, solo in quel momento si accorse che ero una trans. Questo provocò in me una forte eccitazione e il rigonfiamento divenne più accentuato. Lo vidi arrossire in volto quasi gli mancavano le parole, il respiro divenne corto, annaspava e con un filo di voce mi chiese se poteva andare in bagno per sciacquarsi la faccia e ricomporsi. Questa sua timidezza mi ammaliò, lo seguii e attesi che uscisse. Lo affrontai subito e gli chiesi se per lui era un problema lavorare per me.
Mi rispose timidamente di no.
Continua…
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mtonino · 9 months ago
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The Deluge (2002) Bill Viola2
In The Deluge numerosi passanti camminano con tranquillità davanti a un edificio appena restaurato, nella luce limpida dell’equinozio autunnale, impegnati in attività quotidiane, ma l’accelerazione crescente dei movimenti delle persone si accompagna poi alla sensazione di catastrofe imminente. Un fragore precede la discesa a precipizio delle scale degli abitanti della casa che cercano di evitare una cascata torrenziale che erompe dalle porte e dalle finestre, travolgendoli. Gli ultimi, infatti, hanno atteso troppo nella sicurezza delle case e devono correre per salvarsi, mentre il diluvio si abbatte con forza sul loro mondo privato. Poi la violenza e la furia si placano e l’acqua lentamente si ritira, lasciando l’edificio intatto e la strada pulita: quando tutto è finito il sole risplende sull’asfalto asciutto.
Viola evoca, con questa seconda sequenza di Going Forth By Day esposta in mostra, i cicli pittorici del passato e l’archetipo mitico del diluvio biblico, utilizzando la monumentalità e il suono per condurre lo spettatore a meditare sulla condizione umana.
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