#Alfredo Campagna
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lowpop · 8 months ago
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Alfredo Campagna
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delectablywaywardbeard-blog · 11 months ago
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Allarme degli 007, 'campagna ibrida russa contro l'Italia, occhio alle elezioni'
La Russia è l’attore più attivo in campagne ibride “in danno dell’Italia e dell’Occidente intero”. Spionaggio, attacchi cyber, disinformazione, sfruttamento in chiave destabilizzante dei flussi migratori: questo l’arsenale usato, secondo la relazione annuale dell’intelligence presentata oggi alla presenza dell’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, del presidente…
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jacopocioni · 2 years ago
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Tutti gli UFO sopra Firenze dalla guerra ad oggi: 1977 seconda parte
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Ci credete? Non ci credete? Poco importa. Il fenomeno ufologico è vecchio quanto il mondo. Gli avvistamenti, reali, finti, "costruiti" nel mondo sono innumerevoli e su Firenze e provincia non mancano. Questa è un piccola rubrica per citare gli avvistamenti registrati su Firenze e provincia dal 1946 al 1980, se poi qualcuno ha a disposizione anche quelli successivi, e ce li fornisce, potremmo pubblicare anche quelli dal 1980 in poi. Questo l'articolo precedente: Tutti gli UFO sopra Firenze dalla guerra ad oggi: 1977 prima parte Il 4 aprile 1977 nel cielo di Montaione/Gambassi alle 02:00 fu vista una massa scura, lo riporta Testimonianza raccolta dall'E. U. Etruria di Montespertoli (FI) Il signor Baragli Alfredo di anni 30, residente in via Verdi ad Empoli (FI), mentre era in compagnia di una donna in località Boscotondo, una frazione posta tra i comuni di Montaione e Gambassi, ed era intento a chiudere la porta di una casa di campagna, si sentì all'improvviso assalire da una ondata di calore; d'istinto alzò gli occhi verso l'alto, dove vide una massa scura di forma indefinibile che solcava il cielo e che si confuse nella notte con il buio del cielo stellato. Lo strano corpo non faceva rumore e fu visibile per circa 10 secondi. Il Baragli ebbe paura. La notte era serena con assenza di vento. Il 5 maggio 1977 nel cielo di Montespertoli, più precisamente a Martignana alle 23:30 fu visto un bagliore blu, lo riporta Testimonianza raccolta dall'E. U. Etruria di Montespertoli (FI) Baragli Alfredo (vedi caso precedente), mentre si trovava in località Martignana, una frazione di Montespertoli, in compagnia di una donna (non si può dire che non gli piacessero le donne), un bagliore blu illuminò a giorno la zona circostante. Quasi subito, poi, il Baragli vide come una striscia rossa che saliva obliquamente e molto velocemente in cielo. Alla sommità di questa scia non fu notata nessun oggetto che potesse provocarla. La scia scomparve poi nel nulla in direzione di S. Gimignano (SI). Tutto il fenomeno durò 5 secondi. Non fu rivelato nessun rumore. Quella notte tirava vento. A differenza del caso precedente, stavolta il Baragli non provò paura. A quanto dichiarò, su una emittente privata ed al Gazzettino Toscano, avrebbe sentito che altri, nello stesso giorno, avevano avvistato nei pressi di S. Gimignano un oggetto strano. Ad ogni modo, durante l'intervista, è stato appurato che il Baragli è scarsamente credibile per questi suoi racconti, a causa del suo atteggiamento assunto e di alcune sue contraddizioni; questi due casi, pertanto, sono da considerarsi con delle perplessità. Il 30 maggio 1977 nel cielo di Lastra a Signa, più precisamente a Marliano fu visto un oggetto a forma di palla da biliardo, lo riporta Testimonianza raccolta dall'E. U. Etruria di Montespertoli (FI) Lo studente Paolo Agostini di anni 18, residente in via Codilungo 19 a Marliano, frazione del comune di Lastra a Signa, mentre si trovava davanti casa sua, vide nel cielo un ordigno simile ad una boccia da biliardo ed emanante una luce intermittente e di colore arancione. La sfera proveniva da nord e si dirigeva ad est, in maniera discontinua, in quanto, durante il suo tragitto, faceva delle strane evoluzioni. L'oggetto appariva piuttosto in lontananza, non era molto veloce e non faceva nessun rumore. Tutto attorno era tranquillo. L'avvistamento durò circa un minuto, con paura passeggera da parte del testimone. Il cielo era sereno con assenza di nubi. Il 9 agosto 1977 nei cieli di S. Brigida alle 22:40/23:00 furono visti due oggetti grigio opachi, lo riporta Il Giornale dei Misteri n. 80, doc. 1878 I fratellini Gianfranco ed Alessandro Galasso, rispettivamente di anni 10 e 8, domiciliati in via Doccio 57 a S. Brigida, e la bambina Claudia Chirici di anni 10, domiciliata in via Doccio 45, assistettero dalla loro via al passaggio di due oggetti grigio opachi, che sembravano piatti rigonfi nella parte superiore e procedevano in fila indiana. Sull'orlo rivolto verso il basso, avevano delle luci colorate: rossa nel primo e rossa e bianca nel secondo, nel quale si alternavano in senso rotatorio. Le loro dimensioni erano quelle di una moneta da 50 lire, tenuta alla distanza del loro braccio teso dinanzi agli occhi. Gli oggetti provenivano da sud-est con moto rettilineo ma inclinato verso terra; si stagliavano sulle colline poste dinanzi al punto di osservazione. Proseguirono verso la valle del Sasso, dove vi è il santuario della Madonna del Sasso. L'avvistamento durò 10/20 secondi, suscitando sorpresa nei giovani osservatori. Il cielo era sereno e luminoso anche se non c'era la Luna. Read the full article
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personal-reporter · 2 years ago
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Festa della Birra e di San Patrizio 2023 a Grazzano Visconti
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L’associazione Tipico Eventi propone la sesta Edizione della Festa della Birra e di San Patrizio nel pittoresco borgo di Grazzano Visconti, frazione di Vigolzone, in provincia di Piacenza,  il 18 e 19 marzo. Questo evento unisce l'atmosfera della Festa della Birra con il giorno di San Patrizio, celebrando la migliore birra artigianale italiana e internazionale e i partecipanti saranno immersi in una cornice suggestiva e folkloristica, circondati da addobbi a tema e gadget divertenti. Ci saranno molte gamme di birra artigianale, delizioso street food per soddisfare ogni palato, bancarelle di prodotti artigianali e spettacoli di artisti di strada sabato e domenica dalle 14  alle 18. Inoltre, ci saranno due concerti dal vivo, con I Cani della Biscia sabato sera alle 20.30 e Deja Vu  domenica sera alle 18.30. La prima volta in cui viene nominato il paese di Grazzano Visconti, situato a metà strada tra Milano e Piacenza, risale all’anno Mille, in una serie di documenti riguardanti alcune donazioni di terre al Monastero di San Savino di Piacenza. Nel 1414 l’Imperatore Sigismondo concesse a Bernardo Anguissola i castelli della Riva, Montesanto e Grazzano. Il privilegio non ebbe effetto fino a quando nel 1438 non fu confermato dal duca di Milano Filippo Maria Visconti assieme a un diritto di regalie che ne permise l’indipendenza dal Comune di Piacenza. Dopo una serie di controversie, nel 1459, il feudo venne affidato dal duca Francesco Sforza a Giovanni Anguissola e alla sua sposa Margherita Pallavicino. Nel 1576 il castello, con le sue terre e tutti i diritti feudali e giurisdizione, venne ceduto ai cugini Teodosio e Alessandro Anguissola, che già possedevano il feudo di Vigolzone. Verso il 1870 la morte di Filippo Anguissola lasciò tutti i beni di famiglia nelle mani della madre Francesca Visconti, che in seguito cedette tutto al nipote Guido Visconti Ma fu il figlio di Guido, Giuseppe, a concepire il progetto di edificare un complesso edilizio in stile quattrocentesco, assieme all’architetto Alfredo Campanini, con cui in soli due anni trasformò in realtà il suo sogno. Il castello, allora dotato di tre torri rotonde e una quadrata, divenne un edificio sviluppato su tre piani, con richiami gotici e varie merlature, mentre il fronte principale venne sormontato da un ingresso ad arco acuto con uno stemma in pietra con le insegne viscontee. Le aree che costituiscono il parco sono sviluppate secondo il modello del giardino all’italiana, con un viale che divide lo spazio in due prati decorati con viali e statue allegoriche, oltre a prati naturali, fontane barocche e un labirinto con all’ingresso due sfingi, mentre sul fondo troviamo un belvedere che si apre sulla campagna. Il borgo fu intermente rimesso a nuovo dal conte Giuseppe, che ne progettò personalmente l’impianto architettonico e la collocazione dei vari edifici. Tutti i muri merlati, cosi come le fontanelle e le varie decorazioni sono cosi ben integrate nel tessuto urbano da far dimenticare che tutto questo risale solo agli inizi del Novecento. Uno dei primi edifici del borgo a essere completato fu l’Albergo del Biscione, noto per la sua insegna in ferro battuto creata dal fabbro di una delle prime officine locali. Seguirono la palazzina dell’Istituzione, le botteghe artigiane, l’edificio delle “Regie poste e telegrafi” e la chiesetta in stile gotico, al punto che già nel 1915 il centro aveva l’attuale topografia. Negli anni successivi sarebbe stata completata la piazza del Biscione con una torre merlata, assieme a una fontana, con un pozzo in cotto e marmo rosa, e il Palazzo Podestarile sopra la palazzina dell’Istituzione. Dal 1946 il borgo fu curato dei figli di Giuseppe, Luigi e Anna Visconti con il marito Adolfo Caracciolo, e in seguito dai nipoti fino a oggi. Read the full article
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schizografia · 4 years ago
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Per tutti gli anni '70 sono vissuto a Casalborgone, in campagna, con la famiglia. Il primo film che ho girato lì si intitolava Definizione dello spazio: il quadrato, ed era appunto la definizione del cortile della mia cascina, dove stava la culla della mia prima figlia appena nata. In fondo era un po' come stare dentro una prigione, ma a quel tempo non la sentivo come tale: i quattro lati che ci avvolgevano erano di natura. A quel tempo si diceva che il privato era politico e io ci ho creduto davvero. Alfredo Leonardi mi scrisse una lettera in cui mi diceva: "Tonino, svegliati, tra poco qui arrivano i fascisti e tu continui a stare nel quadrato del tuo giardino". Ma a me è sempre piaciuto piantare qualcosa, vederlo spuntare e crescere, e poi anche soffocare tra le erbe che lasciavo crescere perchè non curavo la terra.
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Questo in un certo senso mi ha salvato, perchè sono andato avanti credendo che anche l'underground andasse avanti, mentre invece a metà degli anni '70 era già tutto finito.
Tonino De Bernardi, Dalle lontane province
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senzabarcode · 6 years ago
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S. Maria della Pietà "Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione"
S. Maria della Pietà “Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione”
Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione della funzione pubblica e socio-culturale di padiglioni e parco attraverso il coinvolgimento di cittadini e associazioni del territorio.
(Comunicazione dal Campidoglio). Questo l’obiettivo del Protocollo d’Intesa contenuto nella delibera approvata dalla Giunta capitolina e che sarà sottoscritto nelle prossime settimane. Regione Lazio, Roma…
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t-annhauser · 6 years ago
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La Traviata: Atto II, Quadro I: Amami Alfredo
[puntate precedenti: preludio, atto I]
Per gli amici della lirica (seguitemi perché è denso).
Residenza di campagna fuori Parigi. Violetta e Alfredo convivono more uxorio da tre mesi (”Volaron già tre lune dacché la mia Violetta agi per me lasciò, dovizie, onori, e le pompose feste”, lambiccato com’è d’uso in Piave). Il loro amore procede a gonfie vele (”De’ miei bollenti spiriti”), però, c’è un però. Sopraggiunge Annina, la domestica, e interrogata da Alfredo gli comunica che Violetta le ha dato ordine di vendere tutti i suoi beni per provvedere al mantenimento del villino, Alfredo resta di stucco (”Oh mio rimorso! Oh infame!”), innamorato com’era s’era dimenticato di pagar le bollette, 1.000 luigi, provvederà lui (esce di scena).
Inizia il dramma. Giunge alla porta il padre di Alfredo, chiede di parlare con la scostumata (la traviata, cioè Violetta), e con irremovibile cipiglio le fa presente che quella situazione non va bene, lui tiene una figlia, “pura siccome un angelo”, che ha da sposarsi e la relazione di suo fratello con una donna dai facili costumi rischia di mandare a monte il suo matrimonio. Germont padre le ingiunge imperioso: “Deh, non mutate in triboli le rose dell’amor!” (della figlia, non quello di Violetta). 
Germont padre chiede a Violetta di lasciare il figlio, bella e giovane come siete, dice, ne troverete un altro, e poi quando sarete vecchia Alfredo non v’amera più.. ma Violetta reagisce veemente: “Ah, no giammai! Non sapete quale affetto vivo, immenso m'arda in petto?”.
Alla fine, dai e dai, Violetta cede, s’aprono le cateratte degli occhi: “piangi, piangi, piangi o misera!” (con certe stilettate a pieno violino che riecheggiano quelle che ritroveremo nel lacrymosa del Requiem).
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Violetta, sola, scrive un biglietto ad Alfredo dove annuncia l’intenzione di lasciarlo senza apparenti spiegazioni. Alfredo entra allarmato dalla visita del padre, coglie Violetta singhiozzante, lei si getta ai suoi piedi e prima di andarsene le professa il suo amore eterno: Saro' la', tra quei fior presso a te sempre, sempre sempre presso a te...
ALFREDO Perche' piangi?
VIOLETTA Di lagrime avea d'uopo... ...or son tranquilla Lo vedi? ti sorrido Saro' la', tra quei fior presso a te sempre, sempre sempre presso a te... Amami, Alfredo, amami quant'io t'amo... Addio.
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Alfredo non ci capisce più niente (c’è da capirlo), vede un biglietto sul tavolo, un invito a una festa parigina e pensa che Violetta lo tradisca ritornando alla sua vita di sempre, parte d’impulso per Parigi ignorando le suppliche del padre di tornare a casa da lui (“ne' rispondi d'un padre all'affetto?”, e Alfredo,"mille serpi divoranmi il petto!”). Alfredo corre fuori pensando che Violetta lo tradisca col barone Douphol, latore dell’invito alla festa, tramando vendetta.
Fine del quadro I.
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paoloxl · 6 years ago
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La prima immagine ritrae la copertina del ’38 del Corsera, con la scritta «Ieri», sotto il titolo sparato: «Le leggi per la difesa della razza, approvate dal consiglio dei ministri».
A fianco, c’è la seconda foto: il ministro Salvini che tiene un foglio in mano, che fa riferimento al decreto sicurezza, sopra la scritta «Oggi». Ecco la slide dello scandalo.
A realizzarla sono stati sei studenti del secondo anno dell’istituto industriale Vittorio Emanuele, che hanno prodotto l’elaborato per la giornata della memoria: ragazzi di 15 anni.
IERI COME OGGI, la persecuzione degli ebrei accostata dagli studenti al provvedimento restrittivo sui migranti che sbarcano nel nostro Paese. Troppo, per l’ex provveditorato agli studi di Palermo. Che con una decisione senza precedenti ha sospeso l’insegnate di italiano degli studenti per omesso controllo.
Quindici giorni di stop, senza stipendio per una docente con 40 anni di servizio alle spalle, colpevole di non avere supervisionato l’elaborato dei propri ragazzi.
Un polverone, strumentalizzato in piena campagna elettorale per le europee, ancora più mortificante per chi ha fatto dell’insegnamento una missione di vita.
Da costretta a rimanere a casa da cinque giorni, Rosa Maria Dell’Aira, 63 anni, urla tutta la propria amarezza: «Quanto accaduto lo considero la più grande ferita della mia vita professionale e naturalmente non parlo del danno economico legato ai giorni di sospensione ma al danno morale e professionale dopo una intera vita dedicata alla scuola e ai ragazzi».
LA PROF DI LETTERE E STORIA, che fra un anno andrà in pensione, non ci sta a passare come una «sovversiva anti Salvini»: attorno a lei si stringono studenti e colleghi. La sospensione, con lo stipendio dimezzato è stata attuata al termine di una ispezione cominciata dopo una serie di post sui social. Tutto è nato dopo che un attivista di destra ha lanciato un tweet indirizzato al ministro: «Salvini-Conte-Di Maio? Come il reich di Hitler, peggio dei nazisti. Succede all’Iti Vittorio Emanuele III di Palermo, dove una prof per la Giornata della Memoria ha obbligato dei quattordicenni a dire che Salvini è come Hitler perché stermina i migranti. Al Miur hanno qualcosa da dire?».
Meno di 24 ore dopo, ecco l’intervento dellasottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni su Facebook: «Se è accaduto realmente andrebbe cacciato con ignominia un prof del genere e interdetto a vita dall’insegnamento. Già avvisato chi di dovere».
Sull’ufficio scolastico provinciale dunque le pressioni sono state immediate. Così come il provvedimento. Ma l’insegnante non ci sta a finire nel tritacarne.
«QUEL LAVORO – dice – non aveva alcuna finalità politica né tendeva a indottrinare gli studenti che da sempre hanno lavorato in modo libero, come essi stessi hanno dichiarato anche agli ispettori arrivati in istituto a fine gennaio. Ho soltanto proposto un lavoro sulla base di una serie di letture fatte sia nel corso dell’estate e poi anche il 3 settembre in occasione della Giornata del migrante».
Al suo fianco i ragazzi. «Siamo tutti profondamente dispiaciuti per quanto accaduto e solidali con la nostra insegnante. Nessuno di noi era stato obbligato a partecipare a quel progetto, le immagini inserite nel lavoro in power point non sono state scelte dalla professoressa che ci ha dato solo una mano nella sistemazione del testo sotto il profilo linguistico. Siamo stati noi stessi a notare che in alcune parti il decreto sicurezza lede diritti fondamentali», uno dei ragazzi di ragazzi di 16 anni che ha fatto parte del gruppo di lavoro. A CHIARIRE I CONTORNI del caso è Pietro Corica, uno dei due vice presidi dell’istituto: «Si trattava della presentazione di un progetto, un evento interno alla scuola, nessuna presenza esterna, ed erano coinvolte tre o quattro classi. È possibile, ma non posso esserne certo che tutto nasca dal fatto che quel lavoro non era stato controllato preventivamente, ma francamente il provvedimento mi pare eccessivo».
Tante sono le prese di posizione a favore della prof soprattutto da sindacati e esponenti del centrosinistra che parlano di «censura di Stato», «abuso di potere» o di «macchina della paura». Il sindaco Leoluca Orlando bolla come «immotivato» il provvedimento di sospensione, manifestando tutta la solidarietà della giunta alla prof e la «condivisione» con le critiche espresse dagli studenti al decreto Salvini.
Alfredo Marsala
da il manifesto
Firma la petizione a sostegno di Rosa Maria Dell’Aira (clicca qui)
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rocco84cavalera · 2 years ago
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Venire è un'altra storia il (backstage) from ROCCO CAVALERA on Vimeo.
Venire è un'altra storia il (backstage) Sound Design e Presa Diretta Rocco Cavalera #SampthingDifferent. La campagna abbonamenti U.C. Sampdoria per la stagione sportiva 2017/18.
Credits Designed and Produced: U.C. Sampdoria S.p.a. Subject and Directed: Francesco Bovinò Screenplay: Davide Solinas Scenography: Alessandro Cirri Director of Photography: Maurizio Lorenzetti Editor: Gianluca Paoletti Sound Designer: Rocco Cavalera General Organizer: Raffaele Veneruso Creative Agency: Siks Casting: Nina Abrile Stylist: Martina Calabresi Make-up: Loredana Caldarola Cast: Camilla Boncore, Michele De Paola, Giovanni D'Aliesio, Roberto La Salandra, Sofia Polci, Patrizia Rampone, Carlo Strazza, Alfredo Valle Running commentary: Ivan Grieco
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gregor-samsung · 6 years ago
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Napoli non fu divisa nel corso dell’insurrezione [detta poi delle Quattro Giornate] in «patrioti» e « borbonici » com’era accaduto all’alba del Risorgimento (quei pochi fascisti avevano semmai reso ancor più evidente, nel loro isolamento, la compattezza del popolo) fu unita intorno ai suoi mille e più combattenti. Sulle barricate s’incontrarono i popolani generosi, le umili donne che offrivano cestini di bombe, come la «Lenuccia» (Maddalena Cerasuolo) e gli esponenti della piccola borghesia meridionale: un Tarsia insegnante a riposo, un Fadda medico-chirurgo, un Murolo impiegato.   Parteciparono alla lotta gli studenti del liceo Sannazzaro al Vomero, gli scugnizzi dei quartieri popolari, gli intellettuali come Alfredo Paruta che iniziò il I° ottobre la pubblicazione del giornale «Le barricate»; come gli operai delle fabbriche napoletane. E certo nell’ondata della collera popolare si erano inseriti – qua e là – gli elementi antifascisti consapevoli. Ma l’insurrezione rimase fino all’ultimo un fatto « spontaneo », senza cioè che potessero prevalere in essa gli elementi d’una guida unitaria e anche una chiara coscienza politica dell’accaduto (tant’è vero che il suo ricordo verrà come sommerso dall’occupazione alleata, per poi essere «riacquistato», inserito nella storia cittadina solo nelle lotte popolari del dopoguerra).   Affermare o confermare questa sua «spontaneità» non significa tuttavia diminuirne l’importanza.   L’insurrezione di Napoli non fu tuttavia, malgrado i suoi caratteri d’eccezione, un fatto isolato in sé stesso, fu anzi il primo e più forte contributo portato dal Mezzogiorno alla storia unitaria d’Italia.   Il ricordo di Napoli inciderà profondamente sull’atteggiamento dell’esercito nazista in Italia costringendolo a muoversi con cautela nelle grandi città, a esercitare le sue rappresaglie nei luoghi più remoti della campagna italiana. E d’altra parte sarà sempre presente nelle file della Resistenza poiché è la migliore, la più perentoria dimostrazione della «possibilità» dell’insurrezione cittadina. «Dopo Napoli la parola d’ordine dell’insurrezione finale acquistò un senso e un valore e fu d’allora la direttiva di marcia per la parte più audace della Resistenza italiana [L. Longo, "Un popolo alla macchia", 1947; p.102]».
Roberto Battaglia, Storia della Resistenza italiana, Einaudi, 1970 (1ª ed.ne 1964); pp. 128-29.
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"Rozzi" I miei genitori mi tenevano lontano dai bambini rozzi che gettavano parole come pietre e indossavano vestiti laceri. Mostravano le cosce agli strappi. Correvano per la strada e scalavano rupi e si spogliavano lungo i ruscelli in campagna. Temevo più delle tigri i loro muscoli di ferro le mani pronte a spingere e le ginocchia puntate sulle mie braccia. Temevo lo scherno volgare e salace di quei ragazzi che imitavano il mio parlare bleso, dietro di me, sulla strada. Erano agili, balzavano fuori dalle siepi simili a cani per abbaiare al mio mondo. Gettavano fango mentre guardavo da un'altra parte, fingendo di sorridere. Ero ansioso di perdonarli, ma loro non sorridevano mai. (Stephen Spender traduzione di Alfredo Rizzardi) #libridisecondamano #ravenna #booklovers ##instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #poesia #stephenspender (presso Libreria Scattisparsi) https://www.instagram.com/p/CSn3B8_DWJQ/?utm_medium=tumblr
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Scrittori di aforismi su Twitter, Alfcolella
Nella sezione Scrittori di aforismi su Twitter l’articolo di oggi è dedicato a @alfcolella (Alfredo Colella). Nella breve nota biografica che mi ha inviato, l’autore scrive di sé: “38 anni, una laurea in filosofia teoretica nel cassetto (al posto del sogno, ognuno fa come può) e una software house da mandare avanti (gli unici programmi che posso permettermi), dopo tanto viaggiare mi sono fermato in Emilia, sulle colline fra Reggio Emilia e Modena”.
@alfcolella è su Twitter dal giugno 2009, ma come ha scritto di recente in un suo tweet “Sono cinque anni che sono iscritto al Twitter. Tre che ci scrivo per davvero. Due che capisco come funziona. Zero che capisco perché”. Sempre a proposito di Twitter l’autore aggiunge: “In effetti, davvero non so perché scrivo su Twitter. Ma non so nemmeno perché non passo il tempo al videopoker in un bar sulla Via Emilia, quindi direi che posso restare agnostico e continuare a tweettare. Ciò che è certo, Twitter mi piace e allo stesso tempo mi atterrisce, come in una sorta di sindrome di Stoccolma. Le sue dinamiche, i suoi personaggi pieni di tic e debolezze malcelate (dai troll alle tweetstar) rendono questo strano universo social simile a una cittadina di provincia, o a un condominio affollato, o addirittura a un cimitero di campagna pieno di storie bizzarre (#spoontwitter). Anche per questo, spesso mi diverto a raccontare il Twitter (obbligatoriamente ‘il’; in quanto luogo molto ben determinato). E forse non è un caso che io abbia iniziato davvero a scrivere su Twitter da quando è nata mia figlia: La colpa è di Nina, che mi chiede ogni giorno di inventarle favole nuove.”
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Ieri mi hanno detto che scherzo troppo. Oggi che sono drammatico. Non vedo l’ora di essere biondo, domani” scrive @alfcolella in uno dei suoi tweet, che nella sua scrittura inconfondibile non è mai troppo scherzoso e al tempo stesso non è mai eccessivamente drammatico. Nella sua timeline l’autore non ha la pretesa di rivelare chissà quale verità (“Che se mai anche io avessi una certezza granitica, la vorrei alla mandorla. Che sapesse di colazione in Sicilia”), semmai accenni di piccole verità. Così il tono del tweet (che in molti altri autori assomiglia a una massima di presunta verità) si abbassa, diventa “minimo”, tocca altri tasti tra cui quello della ironia (mai del sarcasmo), mette la “sordina”. Ciò che resta, spesso, è un “Uhm”, espressione amata dall’autore per racchiudere la costante necessità di pensare e allo stesso tempo l’inevitabile perplessità del pensiero di fronte alle cose o alle persone.
@alfcolella ama ritagliare qua e là piccoli episodi, sensazioni, riflessioni (anche attraverso dialoghi immaginari e giochi di parole), e lo fa sempre con discrezione, quella facoltà fatta di pudore e di intelligenza che cerca nuovi luoghi “meno comuni” e più sconosciuti o semplicemente dimenticati. L’autore non manda nessuno al rogo, o se lo fa, accompagna il tragitto con un sorriso ironico sulle labbra (a tal proposito si veda il mirabile hashtag da lui creato #SpoonTwitter). In tempi di relativismo e di precarietà @alfcolella ci spiega che “Ci vorrebbero meno cose di cui farsi una ragione. E più cose di cui farsi una pazzia” e anche “A quelli che si mostrano sempre sicuri di sé, solo una cosa dico. Più forse, meno farse”.
Presento una selezione di tweet dell’autore
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@alfcolella, Tweet scelti
A prendere posizione, a volte, si perde qualcuno. A non prenderla, a volte, si perde se stessi.
Un brutto incidente, il Twitter. Qui dentro c’è gente che è diva per miracolo.
Il vero sta bene con tutto. Il falso, con tutti.
Più che quelli che raccolgono le provocazioni, mi concentrerei su quelli che le coltivano.
Ci vorrebbero meno cose di cui farsi una ragione. E più cose di cui farsi una pazzia.
Spesso chi suona non è bravo a ballare. Pensa chi scrive d’amore.
Ho scritto un tweet sui divani e mi ha contattato subito uno che li fa. Adesso inizio a capire perché scrivete tweet sui pompini.
La prenderò a sassate, quella stella, pur di fartela cadere. Tu prepara il desiderio, io prendo la mira.
La tempesta è passata. E non ho ancora capito cosa vorrei fare io, da grandine.
Ho di buono che non faccio mai troppe domande. A parte a me stesso, s’intende.
C’è il gioco di parole che è fine a se stesso. E poi c’è quello che è inizio di qualcos’altro. Ecco, è tutta qui la differenza.
Lo spreco di avere cinque sensi. E manco uno da dare alla giornata.
Aspettatela voi, la quiete. Io mi tengo la tempesta.
Che poi forse il problema non è avere un’opinione su tutto. È ridurre tutto a un’opinione.
A quelli che si mostrano sempre sicuri di sé, solo una cosa dico. Più forse, meno farse.
Chissà, prima degli smartphone, a chi sorridevamo seduti da soli al tavolino di un bar.
Vabbé, oggi non ho cambiato il mondo. Però nemmeno lui ha cambiato me. Palla al centro e domani ce la giochiamo di nuovo.
Mi piacciono le cose facili. E gli unicorni.
E comunque, se esiste così tanta gente che ha successo pur non sapendo scrivere è solo colpa di tutta questa gente che non sa leggere.
Non esistono pareri disinteressati. Esistono pareri disinteressanti.
Sbaglierò, ma non invidio chi dice che non sente il bisogno dei propri spazi. Temo che semplicemente non sappia come riempirli.
Defollow di Massa, solo se sei Alonso.
Non mi piacciono i falsi. Non mi fido dei modesti. Figuratevi i falsi modesti.
La vita è quella cosa che, in teoria, faccio pratica.
A volte scrivete tweet talmente acidi che mi dispiace per voi. E vorrei darvi una pH sulla spalla.
Non fidatevi di chi vi dice che, in fondo, il Twitter è solo un gioco. Sta cercando di vincere.
Tutti a cercare di ritrovare la forma. Io che sono ancora fermo alla sostanza.
Ogni volta che lascio perdere, perdo un po’ di me stesso.
Nessun uomo è un’isola. E se lo è, assomiglia a Ibiza a ferragosto.
“Ufficio Oggetti Smarriti, cosa ha perso?” “Ogni convinzione.” “Ne è certo?” “No.”
Il vuoto fa paura solo a chi vuole riempirlo a tutti i costi. Io, lo rispetto.
La sottile differenza fra quando non servono scuse e quando le scuse non servono.
Eh, la vita. Chi l’adora, la vince.
Torniamo a rifugiarci nei giochi di parole soprattutto quando ci sfugge il senso. Almeno lo inseguiamo per divertimento, non per necessità.
Oggi sono cinque anni che sono iscritto al Twitter. Tre che ci scrivo per davvero. Due che capisco come funziona. Zero che capisco perché.
Chiedere come va. Rispondere come viene.
Chi capisce in fretta sa quando agire lentamente. Chi agisce in fretta, invece, spesso non ha capito.
Ieri mi hanno detto che scherzo troppo. Oggi che sono drammatico. Non vedo l’ora di essere biondo, domani.
Ogni volta che cadiamo, c’è chi bestemmia, chi si lamenta, chi piange, chi si commisera. Dovremmo prendere esempio dalla neve.
Tutto passa. A parte le ultime due del girone. #Mondiali2014
Ogni volta che qualcuno di quelli che scrivono bene retwitta qualcuno di quelli che scrivono male, ecco, io guardo le pic.
Vorrei iscrivermi a un social network di parrucchieri solo per vedere che cosa scrivono del lunedì.
Se i pensieri si facessero più lenti e i chilometri più veloci. Se.
Il telefono fisso, quella cosa che le telefonavi a casa e rispondeva il padre. E in un secondo dovevi decidere se presentarti o riattaccare.
La vera sfida non è spaccare il mondo. Ma riattaccare i cocci.
Non abbiate paura delle banalità. Abbiatene terrore.
Milioni di follower, del Twitter fu il re. Al suo funerale, col prete eran tre. #SpoonTwitter
Fra vene, parole e sguardi siamo fatti di incroci. Troppi per seguire la retta via.
Legami ricuciti strappandosi sorrisi: bisogna avere stoffa.
Scrivere le stesse cose, facendole sembrare diverse. Scrivere cose diverse, che sembrano tutte uguali. Scrivere bene. Scrivere male.
Se volevo essere fragile, nascevo piatto di porcellana dipinto a mano con gattini da appendere in cucina. Pure se volevo essere inutile.
I lucchetti, solo se il vostro account è quello di Moccia.
Amo i tweet che, nella loro brevità, sanno essere lunghi abbastanza da stringermi la gola. Che hanno il nodo della sintesi.
Per essere partiti da un Addio, ne abbiamo fatte di cose assieme.
La realtà va nella direzione opposta alla fantasia. E io non capisco come faccia a superarla.
In quanto a creare aspettative, sono secondo solo al temporale che sta per iniziare. Da ieri pomeriggio.
Per capire, servono i dati. Mica gli avuti. Perciò, diamoci. Poi capiremo.
Non amo la gente poco sensibile, che ha un’alta soglia di tolleranza al dolore. Degli altri.
“Tu sei il diavolo. E me l’hai tenuto nascosto.” “Vabbé. Son dettagli.”
Peggio di chi scrive male, c’è chi scrive male degli altri. Ma pure chi scrive degli altri e basta, farebbe bene a farsi i fatti propri.
(Per aprire possibilità, le parentesi non vanno chiuse.
E domani sera, prima di tenere per l’Italia, chiediti se l’Italia tiene a te.
Ogni volta che vi fate un’idea di me e che io mi faccio un’idea di voi, mi chiedo perché non ce le scambiamo. Ci guadagneremmo tutti.
“Si dice vividi, non lividi.” “Dipende dai ricordi.”
Non capisco perché in questo momento Antonacci sta alla radio e io sto a un tavolino che mangio una piada fredda. L’evoluzione ha fallito.
Forse non moriremo di “Come stai”. Ma di sguardi già distratti prima che arrivi la risposta.
Certe volte non pensare è una difesa. Altre volte un lusso. Altre ancora, un gioco. L’importante è che sia sempre una scelta.
Possiamo fare finta di niente. Mica di tutto.
Le prime a naufragare sono le persone fragili. Che vanno mareggiate con cura.
Che poi il difficile è non capire quanto sia facile non capirsi.
Congiuntivo: che congiunge, che unisce. Ecco perché non lo usa più nessuno.
Che se mai anche io avessi una certezza granitica, la vorrei alla mandorla. Che sapesse di colazione in Sicilia.
“Le droghe leggere vanno legalizzate.” “Tutto fumo. Niente arresto.”
È quasi finito l’anno e non ho ancora capito chi è che vince, quando due persone si lasciano perdere.
Comunque il tasto Ignora è per chi non sa Ignorare. Mi pare ovvio.
Avrei voluto smettere di fumare in maniera graduale. Tipo, ogni mese, un tiro in meno. Una roba così.
A noi uomini non sfugge mai niente. A parte le donne.
Non ho tempo per le cazzate. Però ho spazio. Lasciale pure qui, grazie, che poi vediamo.
Siate affamati. Siate folli. Ma poi non pretendete che io vi inviti a cena.
“Io con te vorrei raccogliere frutti di bosco e farci marmellate, buone per giochi di notte e colazioni al mattino.” “Andiamo. A more.”
Ho fatto una gara a chi ha più difetti. E ho vinto. Ora mi merito un pregio.
Le cose finiscono in silenzio, senza disturbare. Prendi l’inverno. Nessuno che l’abbia salutato, qui sul Twitter. #iostoconlinverno
Attento alle ragazze acqua e sapone. Dicono un sacco di bolle.
“Sono l’ultimo dei romantici.” “Nel senso che non ne sono rimasti altri?” “No. Che gli altri arrivano sempre prima di me.”
Dovrei fare ordine nei miei pensieri. Ma in fondo, chi se ne frega. Non aspetto ospiti.
La sottile differenza fra scrivere ciò che si è, ed essere ciò che si scrive.
Qui gatta ci prova.
“Tu giochi con le parole.” “E tu con i sentimenti.” “E non possiamo giocare insieme?” “No, non a questo gioco. Così Impari.”
Sostituire la lettura serale con il Twitter non va bene. Ma ciò che è peggio, è avervi tutti sul comodino.
Lo chiamano chiodo fisso. Invece è un martello.
“Guarda, figlio, un giorno tutto questo sarà tuo.” “Ma io non vedo nulla…” “Lo so, erediterai la mia immaginazione. E quel giorno vedrai.”
Non ho ancora capito se sono gli opposti che si attraggono, o i simili che si cercano, o è tutto alla cazzo
Quasi mai, vi invidio le parole. Quasi sempre, la facilità con cui le usate.
Mi aspetto troppo. Da una vita.
“Buongiorno, lei chi è?” “Sono l’ultimo dei romantici.” “Ah, finalmente. I suoi compagni sono già tutti in classe, per il corso di cinismo.”
Ci sono molti modi di dirsi Addio. Tutti sbagliati.
“Dottore, soffro della sindrome di Peter Pan. Le responsabilità mi terrorizzano. Cosa posso prendere?” “Prenda tempo.”
Quando il gioco si fa duro, i puri non sanno mai come giocare.
“Ho appena scoperto che il 20 marzo si festeggiava la felicità.” “Eh, pure quest’anno non ci hanno invitato.”
Voler capire è il peggiore dei passatempi.
Ricordarsi di farle causa quando smetterà di farmi effetto.
Questa cosa che la gente ha un pensiero, lo scrive sul Twitter, e si convince che nessun altro possa pensarlo, boh. Manco fosse il Cern.
“Le strade ancora da percorrere sono come persone di spalle viste da lontano. Si assomigliano tutte.” “Finché non si girano.”
Certe cose, poche ma importanti, non vanno divise con nessuno. Perché spartire è un po’ come morire.
Sulle mezze misure, non saprei cosa dire. Non ho un mezzo metro di giudizio.
Sul Twitter. A Capodanno tutti parlano male del Capodanno. A Natale tutti parlano male del Natale. Il giorno dei Morti è un casino.
Un quarto di luna, un quarto di vino, un quarto di ora, per quel quarto che manca a completare un semplice Tutto.
Ho una regola infallibile per capire che è ora di cambiare lavoro. Deve essere appena prima che lui cambi me.
E comunque, nel mio epitaffio, vorrei essere ricordato come uno che ha espresso più desideri che giudizi. #SpoonTwitter
Prendi un ovviamente. Togli la parte ovvia. Lascia la mente. Aggiungi ghiaccio a piacere. Raffredda. Bevi. Dimentica. Dimentica. Dimentica.
A tempo debito, saremo a credito.
Nota: qui troverai molti aforismi che vengono utilizzati dal blogger, https://fredericlecort.tumblr.com/, ma li rappresentano come loro perché non elencano la fonte nei loro post.(questi sono quelli le cui lettera sono più scure) Non è decente usare la proprietà intellettuale di qualcun altro come propria.(Mi scuso per il pessimo italiano perché uso Google Translator.)
Fonte: QUI
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senzabarcode · 7 years ago
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Piano di Recupero urbanistica Selva Candida
Urbanistica, Selva Candida rinasce grazie ad alleanza con cittadini. Concluso processo partecipato, priorità a opere pubbliche e infrastrutture.
La collaborazione fra Uffici centrali e periferici, l’ascolto di tutti i portatori di interesse e la presenza di una comunità attiva di cittadini sono gli ingredienti fondamentali per la rinascita e il miglioramento del territorio. Questo lo spirito che…
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carol-agostini · 4 years ago
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Rosavite Rosato Terre Degli Osci IGT Cantine Terresacre. 🔴La tradizione molisana vive di devozione, ma da qualche anno di un determinato sviluppo territoriale, tra pazienza e una profonda conoscenza di tutti i segreti della vite e dell’olivo, in un panorama di campagna e colline del basso Molise, che da sempre sono a fondamento anche del lavoro di Terresacre. 🔴La Tenuta si divide in 25 ettari di terreno dedicati alla coltivazione di Montepulciano, Trebbiano, Merlot e Sangiovese, Falanghina e Tintilia, mentre in altri 25 ettari, maestosi alberi di olivo lasciano maturare i propri frutti, in una posizione privilegiata che riceve la benefica influenza del clima marittimo, dato che il Mare Adriatico non dista molto dalla tenuta. 🔴Alfredo, caro amico e famiglia coniugano le conoscenze e i segreti della tradizione vinicola e olearia molisana, alla passione e alla volontà di ottenere prodotti di qualità, che soddisfino anche i palati più raffinati, in cerca dei sapori tipici. 🔴La cantina Terresacre, moderna struttura nata nel 2006, è una delle più interessanti realtà nel mondo vitivinicolo molisano, che sto conoscendo attraverso i vini di questa azienda, consacrata al rispetto delle tradizioni e della cultura di questa antica terra. 🍇L’attenta selezione delle uve, la cura riposta in ogni processo produttivo e la sensibilità per l’ambiente, sono i fattori di uno sviluppo costante che in poco tempo ha permesso all’azienda di inserirsi nel novero dei produttori DOC, con autentiche delizie. 🔴Accanto alla struttura della cantina sorge un grazioso agriturismo di proprietà pronto ad accogliermi appena potrò uscire dalla Regione Veneto, per poter godere dei prodotti della Tenuta. 🍷👃Un rosato piacevole ed deciso, al naso chiari profumi di rosa e fiori delicati, mughetto, frutta rossa tra fragola e bacche di goji, rosa canina, pesca e ribes rosso; pepe rosa e cardamomo, leggera nota di pomodoro e peperone rosso; basilico e maggiorana fresca. 👄In bocca è fresco e sapido, pulito ed intenso, setoso ed elegante, fragole con limone, sapore di marmellata di fragoline di bosco, bergamotto, peperone rosso e giallo, mandarino e pepe rosa. #wine #food #life (presso Agriturismo Il Quadrifoglio) https://www.instagram.com/p/CPSYjRCtMXd/?utm_medium=tumblr
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Caro alle Muse: Luigi Marti da Ruffano a Pallanza
di Paolo Vincenti
  Il poeta salentino Luigi Marti nasce nel 1855 a Ruffano da Pietro ed Elena Manno. La sua era una famiglia della media borghesia delle professioni ma tuttavia indigente a causa dell’alto numero dei suoi componenti. Dovevano infatti pesare non poco sul magro bilancio famigliare quindici figli, come apprendiamo da alcune memorie inedite di Pietro Marti(1863-1933)[1], l’ultimo e il più noto dei suoi fratelli. Pietro infatti fu storico e giornalista, fondò e diresse molte riviste letterarie, ad alcune delle quali collaborò lo stesso Luigi. Esperto di arte e di archeologia, fu Direttore della Biblioteca Provinciale “Bernardini”di Lecce e nonno del famoso poeta Vittorio Bodini[2].
Altri fratelli furono: Donato, il primogenito, Giuseppe, Francesco Antonio, nato nel 1856, Maria Domenica Addolorata, nel 1858, Caterina, Raffaele, nato nel 1859, Pietro Efrem (che morì dopo 3 mesi) nel 1861. La loro fu una famiglia di letterati, a partire da Giuseppe, per il quale Pietro Marti, nelle sue memorie, ha parole di grande lusinga ed ammirazione, sebbene le condizioni di estrema povertà impedirono anche a lui di spiccare il volo verso la gloria artistica. Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti cit., p.33.
Luigi trascorre gli anni della fanciullezza a Ruffano proprio sotto la guida del fratello maggiore Giuseppe, che però scompare prematuramente. A lui il poeta era molto legato, tanto da dedicargli la sua opera Un eco dal Villaggio. Dopo lo smembramento della famiglia (Pietro e Raffaele, per esempio, vennero condotti a Lecce in un orfanotrofio), Luigi, insieme ad Antonio e altri fratelli, si trasferisce a Maglie per gli studi ginnasiali presso il Liceo Capece e poi a Lecce presso il Liceo Palmieri, nel cui Convitto entra con la qualifica di “Prefetto di Camerata”[3], dove consegue il titolo di Dottore in Lettere. Oltre all’amore per la storia e lo scavo erudito, ha una notevole inclinazione per le arti visive, in particolare per il disegno, che però non estrinseca se non in bozzetti che restano manoscritti e nelle illustrazioni di alcune sue opere, arabescate da ornati e volute e piccoli quadrettini. L’amore per il disegno però si riflette nelle sue composizioni poetiche e nei romanzi, in cui si avverte una potenza espressiva che ha la stessa forza del colore sulle tavole pittoriche, specie nelle descrizioni paesaggistiche e degli spettacoli della natura, come dalla critica del tempo gli viene unanimemente riconosciuto. I suoi principali referenti letterari sono il Foscolo e il Carducci.
Maestro elementare a Lecce, con i fratelli Pietro e Raffaele fonda nel capoluogo nel 1884 una scuola privata, che era uno dei due ginnasi privati leccesi insieme a quello del Collegio Argento[4].
Nel 1880 pubblica una delle sue opere più apprezzate e conosciute: Un eco dal villaggio[5]. Quest’opera viene positivamente recensita dallo Stampacchia, da Nicola Bortone, ecc.  “In quei versi freme l’animo e l’ingegno di un giovane, che sente profondamente gli affanni del proletariato, e li rende in una forma, alcune volte, rude, ma sempre efficace e solenne”, scrive La Direzione (probabilmente il fratello Pietro Marti) nelle note biografiche del libro Il Salento[6]. L’opera è dedicata “alla memoria di mio fratello Giuseppe morto giovanissimo vissuto a bastanza per conoscere e patire”. Raccoglie poesie di alto impegno civile, in cui l’autore affronta temi come le raccomandazioni, i debiti contratti con gli usurai (“L’obligazione”), la prostituzione minorile, le sperequazioni della giustizia che si dimostra debole con i forti e forte con i deboli (“Ladro di campagna”), il riposo del contadino (“Il villano”). Nell’Introduzione, “A chi legge”, scritta dallo stesso autore, Marti fornisce dei cenni esegetici della propria poesia, alla quale è dedicata la liminare lirica della raccolta (“Alla Poesia”).
Egli è anche un apprezzato giornalista ed assidua è la sua collaborazione ai giornali diretti dal fratello Pietro Marti; in particolare la sua firma compare spesso su “La Voce del Salento”, insieme a quella dell’altro fratello, Raffaele, storico e scienziato, col quale condivide gli interessi eruditi[7]. La musa della poesia invece lo accomuna al fratello Antonio, autore di pregevoli opere liriche[8]. Nel1889, pubblica La Verde Apulia[9]. Nella raccolta, che si compagina di dodici sonetti, insieme ai versi, sono presenti molte note archeologiche, geografiche e storiche, sui luoghi che via via i componimenti toccano, e inoltre disegni illustrativi di mano dello stesso autore, sicché questo libro può essere considerato una summa del talento e delle conoscenze del Nostro. Canta di Leuca e del suo Faro, di Otranto, “Niobe delle città marittime”, di Maglie, dove erano sepolti un fratello ed il padre, di Lecce, “l’Atene delle Puglie”, di Brindisi, con le sue vestigia romane e il suo porto a testa di cervo, di Taranto, di Gallipoli, “molle Sirena’ del mar Jonio”, dei grandi personaggi che hanno illustrato il Salento, come il Galateo, Liborio Romano, Giuseppe Pisanelli. Sono versi che dai critici vengono accostati al Byron e al Foscolo per la loro vigoria ed icasticità.
Nel 1889 pubblica un’altra raccolta poetica, intitolata Liriche[10]. Nella prima pagina è riportato il titolo della Prima sezione, ovvero Odi (Strofe libere), con alcuni versi in epigrafe tratti dalle “Egloghe”(IV) di Virgilio: paulo maiora canamus. Si tratta di componimenti di carattere civile, dall’intonazione sostenuta, che si rivolgono ai principali protagonisti della scena pubblica italiana dell’epoca, a cominciare da Umberto I di Savoia, cui è dedicata l’esordiale lirica, occasionata dall’epidemia di colera che si verificò nel 1884, passando per Victor Hugò (“Nel giorno della sua morte”), Garibaldi (in “Monumento a Caprera. Visione”), e Giosuè Carducci, cui è dedicata “Per i caduti in Africa”. Seguono liriche di argomento salentino, dedicate a Castro, ai Martiri di Otranto, et alia.  Si apre poi la seconda sezione, Sonetti, fra i cui versi compaiono ancora personaggi di spicco dell’Italia postrisorgimentale, Garibaldi, Giuseppe Libertini, Giovanni Prati, ma anche personaggi ai quali l’autore si sente evidentemente consentaneo, come Giulio Cesare Vanini, che omaggia con due poesie, Antonio De Ferrariis Galateo, Liborio Romano e Giuseppe Pisanelli.
Accanto alle opere poetiche, produce opere di erudizione varia e disparati argomenti, come Ricordi delle conferenze del R. Provveditore agli Studi Francesco Bruni sulla Ginnastica Educativa, stampata a Lanciano, presso Rocco Carraba, nel 1881, in cui riprende le conferenze tenute dal Provveditore agli Studi della Provincia di Lecce Bruni, che in apertura di libro gli scrive una lettera gratulatoria.  Fra le altre opere: Umberto I di Savoia, che è una lunga lirica al Sovrano (nella copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, sulla prima pagina è scritta una dedica, di mano dell’autore: “Al chiarissimo Dottore Gaetano Tanzarella per stima ed affetto”)[11]; e poi ancora A Vittor Hugò[12], L’Africa a Giosuè Carducci[13], Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri,[14]Umberto I e la Verde Apulia[15], Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza[16], Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo[17]. Per motivi di insegnamento da Lecce si trasferisce a Pallanza, in provincia di Novara, dove si sposa e comunque non interrompe la sua attività letteraria.
 Nel 1891 esce Un secolo di patriottismo[18]. Nel 1896 è la volta di Il Salento. Poemetto lirico[19]. Questa sua fatica letteraria è pubblicata nella collana “Il Salotto Biblioteca tascabile”, edita da Salvatore Mazzolino e diretta da Pietro Marti, il quale in Appendice scrive delle Annotazioni in cui commenta i vari sonetti con approfondimenti storici e cenni di critica letteraria. Si tratta di un excursus storico sull’antico Salento, scritto in versi: l’autore tocca le città di Lecce, Brindisi, Taranto, Otranto, evocando le antiche vestigia e la gloriosa storia di queste città, e non mancano riferimenti a personaggi illustri del passato quali Vanini, Liborio Romano e Galateo.
Nel 1902 pubblica il poema Dalle valli alle vette Cantiche[20]. La copia conservata presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, reca sull’antiporta una dedica autografa dell’autore a Cosimo De Giorgi, mentre la dedica a stampa recita: “A te che mi aleggi d’ intorno”. In epigrafe, subito dopo la dedica, è scritto: “Ho cercato alla profonda quiete delle valli, alla pura sublimità de le vette, il vigore necessario a spogliarmi delle vecchie consuetudini ed aprir l’anima a la nuova fede. Nelle Cantiche che pubblico, si riflette, con le impressioni della natura e della vita, il divenire della mia coscienza”. E la raccolta infatti si apre con “La mia arte”, quasi manifesto programmatico della poetica dell’autore. Il poema è diviso in sezioni: Valle Ossola, Valle Anzasca, Pestarena, Macugnaga, Ascensione, Tra i ghiacci, Valle del Mastellone, Riti e costumi, Valle Canobina, Emigrazioni, Valle Diveria, Ancora in alto, Inno alla natura, per un totale di 68 liriche.
Altre opere creative sono: Conflitto d’anime (Romanzo) e Verso Roma (Nuove cantiche), sulle quali non abbiamo ottenuto ancora riscontri. Inoltre scrive Orazioni, Discorsi, articoli, pubblicati in riviste e volumi miscellanei.
Da Pallanza, per motivi di lavoro, si trasferisce a Salerno, dove muore prematuramente all’età di 56 anni[21]. Questo, appena tracciato, è solo un primo parziale profilo bio-bibliografico del poeta di origine ruffanese, in attesa di ulteriori doverosi approfondimenti.
  Note
[1] Alfredo Calabrese, Le memorie di Pietro Marti, in “Lu lampiune” n.1 Lecce, Grifo, 1992, pp.27-34.
[2] Sulla figura dell’erudito Pietro Marti (1863-1933) esiste una cospicua bibliografia. Tra gli altri: Carlo Villani, Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei, Trani, Vallecchi, 1904, p.578 (nuova edizione Napoli, Morano, 1920, pp-137-138); Domenico Giusto, Dizionario bio-bibliografico degli scrittori pugliesi (dalla Rivoluzione Francese alla rivoluzione fascista), Bari, Società Editrice Tipografica, 1929, pp.187-188; Aldo de Bernart, Nel I centenario della nascita di Pietro Marti, in “La Zagaglia”, Lecce, n. 21, 1964, pp.63-64; Pasquale Sorrenti, Repertorio bibliografico degli scrittori pugliesi contemporanei, Bari, Savarese, 1976, pp.375-376; Ermanno Inguscio, La civica amministrazione di Ruffano (1861-1999). Profilo storico, Galatina, Congedo, 1999, pp.174-175; Paolo Vincenti, Pietro Marti da Ruffano, in “NuovAlba”, dicembre 2005, Parabita, 2005, pp-17-18; Aldo de Bernart, In margine alla figura di Pietro Marti, in “NuovAlba”, aprile 2006, Parabita, 2006, p.15; Ermanno Inguscio, Vanini nel pensiero di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XX, Lecce, Argo, 2009, pp.137-148;Idem, Pietro Marti direttore di giornali, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a. VII, n. 39, 2010, p. 6; Idem, L’attività giornalistica di Pietro Marti, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXI, Lecce, Argo, 2010-2011, pp.227-234;Idem, Il giornalista Pietro Marti, in “Terra di Leuca. Rivista bimensile d’informazione, storia, cultura e politica”, Tricase, Iride Edizioni, a.VIII, n.40, 2011, p.7;Idem, Liborio Romano e le ragioni del Sud nel periodo postunitario. Il contributo di Pietro Marti sul patriota salentino, in “Risorgimento e Mezzogiorno. Rassegna di studi storici”, n.43-44, dicembre 2011, Bari, Levante, pp.147-161; Idem, Pietro Marti e la cultura salentina. Apologia di Liborio Romano, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXII, Lecce, Grifo,2012, pp.164-185; Aldo de Bernart, Cenni sulla figura di Pietro Marti da Ruffano, Memorabilia 35, Ruffano, Tip. Inguscio e De Vitis,2012; Ermanno Inguscio, Pietro Marti, il giornalista, il conferenziere, il polemista, in “Note di Storia e Cultura Salentina”, Società Storia Patria Puglia, sezione di Maglie, n. XXIII, Lecce, Argo, 2013, pp.40-58; Idem, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013.
[3] Aldo de Bernart, Il Salento nella poesia di Luigi Marti, in “Nuovi Orientamenti”, Gallipoli, marzo-aprile 1984, n.85, p.25.
[4]Ermanno Inguscio, Pietro Marti (1863-1933) Cultura e giornalismo in Terra d’Otranto, a cura di Marcello Gaballo, Fondazione Terra D’Otranto, Nardò, Tip. Biesse, 2013, p.34.
  [5] Luigi Marti, Un eco dal villaggio, Lecce, Tip. Scipione Ammirato, 1880.
[6] Luigi Marti, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896, p. 4.
[7] Raffaele Marti (1859-1945) fu autore di moltissime opere, quali: Foglie sparse, Taranto, Tip. Spagnolo, 1907; Gli acari o piaghe sociali. Dramma in quattro atti e cinque quadri, Lecce, Tip. Conte, 1913; Le coste del Salento Viaggio illustrativo, Lecce, Tip. Vincenzo Conte, 1924; Lecce e suoi dintorni. Borgo Piave, S. Cataldo, Acaia, Merine, S. Donato, S. Cesario ecc., Lecce Tip. Gius. Guido, 1925. L’estremo Salento, Lecce, Stabil. Tipografico F.Scorrano e co., 1931. Su Raffaele si rinvia a Paolo Vincenti, Un letterato salentino da riscoprire: Raffaele Marti in “Il Nostro Giornale”, Supersano, giugno 2019, pp.41-43.
[8] Fra le opere di Antonio Marti (1856-1935): Povere foglie, Lecce Tip. Editrice Sociale- Carlino, Marti e Cibaria, 1891, e Scritti vari –Novelle e Viaggi, Intra,Tipografia Bertolotti Paolo e Francesco,1893.
  [9] Luigi Marti, La Verde Apulia Lecce, Stab. Scipione Ammirato, 1885.
[10] Idem, Liriche, Lecce Tip. Garibaldi, 1889.
[11] Idem, Umberto I di Savoia, Lecce, Editrice Salentina, 1884.
[12] Idem, A Vittor Hugò, Lecce, Editrice Salentina, 1885.
[13]Idem, L’Africa a Giosuè Carducci Lecce, Stab Tipografico Italiano, 1887.
[14] Idem, Manfredi nella Storia e nella Commedia dell’Alighieri Lecce, Tipografia Salentina, 1887.
[15] Idem, Umberto I e la Verde Apulia, Lecce, Editrice Salentina, 1889.
[16] Idem, Manfredi nella Divina Commedia: Conferenza, Lazzaretti, 1889.
[17] Idem, Bonaparte e la Francia: nella mente e nelle opere di Ugo Foscolo, Pallanza, Tipografia Verzellini,1892
[18] Idem, Un secolo di patriottismo, Pallanza, Tipografia Verzellini, 1891.
[19] Idem, Il Salento. Poemetto lirico, Taranto, Mazzolino, 1896.
[20] Idem, Dalle valli alle vette Cantiche, Milano, La Poligrafica, 1902.
[21] Aldo de Bernart, op.cit.,p. 26.
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rocco84cavalera · 2 years ago
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Venire è un'altra storia campagna abbonamenti from ROCCO CAVALERA on Vimeo.
Sound Design Rocco Cavalera Music Vittorio Giannelli La campagna abbonamenti U.C. Sampdoria per la stagione sportiva
Credits Designed and Produced: U.C. Sampdoria S.p.a. Subject and Directed: Francesco Bovinò Screenplay: Davide Solinas Scenography: Alessandro Cirri Director of Photography: Maurizio Lorenzetti Editor: Gianluca Paoletti Sound Designer: Rocco Cavalera General Organizer: Raffaele Veneruso Creative Agency: Siks Casting: Nina Abrile Stylist: Martina Calabresi Make-up: Loredana Caldarola Cast: Camilla Boncore, Michele De Paola, Giovanni D'Aliesio, Roberto La Salandra, Sofia Polci, Patrizia Rampone, Carlo Strazza, Alfredo Valle Running commentary: Ivan Grieco
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