#centralità urbana
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enzopizzolo · 2 years ago
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Galasso: “FenealUil al fianco di Comune, Università di Bari, Stilmarmo e Mapei per valorizzare il marmo di Apricena e tracciare nuovi processi di sviluppo sostenibile”
 
La proposta del sindacato: “ridare centralità al Consiat nell’ambito dei processi di valorizzazione culturale e di recupero della memoria storica”
 
“La FenealUil Foggia fornirà pieno supporto e totale adesione ai percorsi sinergici attivati tra il Comune di Apricena,  Politecnico di Bari, “Stilmarmo” e “Mapei”  per l’attivazione di corsi universitari specialistici sulla pietra di Apricena e  per implementare le attività di ricerca, di sviluppo e di innovazione di un comparto di strategica importanza per il territorio”.
Così Juri Galasso, Segretario Generale Territoriale FenealUil Foggia,  in merito agli importanti processi concertativi che hanno come loro fulcro la pietra di Apricena e che vedono tra i protagonisti il Comune di Apricena, il Politecnico di Bari, e aziende leader come “Stilmarmo” e “Mapei”.
“Giudichiamo positivamente le azioni poste in essere. Il loro impatto potenzialmente positivo avrà ricadute importanti sotto il profilo della ricerca accademica e della valorizzazione del marmo di Apricena ma anche della creazione di nuove competenze professionali, di percorsi di rigenerazione urbana e di sviluppo sostenibile e in definitiva, di piena e buona occupazione”, aggiunge Galasso.
Di qui la proposta ufficiale del Segretario Generale FenealUil Foggia: “Ridare centralità al Consorzio per lo sviluppo industriale dell’Alto Tavoliere (Consiat), permetterebbe di creare un momento di sintesi tra le varie azioni in cantiere e anche a pensare percorsi specifici di “messa in vetrina” e di recupero della memoria storica come mostre e laboratori culturali”.
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virginialunare · 2 years ago
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Fine anno del real estate all'insegna delle Smart Cities
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La stagione degli eventi di settore volge al termine e lo fa con la presentazione del Rapporto sulle Nuove Periferie Lombarde realizzato da Scenari Immobiliari in collaborazione con il gruppo Unipol e in particolare con la società dedicata al tema della rigenerazione urbana Urban Up.
Mercoledì 15 dicembre nella cornice natalizia dell’Hotel Principe di Savoia a Milano, si è festeggiato il fine anno delle ricerche del real estate come di consuetudine con il tema delle Future Cities.
Un tema, quello della città, che è andato a sovrastare quello della competizione tra nazioni e che deve essere inteso al di là dei confini amministrativi delle singole città ed essere esteso ad un sistema di centri urbani collegati ed interconnessi.
In questo scenario la Lombardia è regione che nel corso degli ultimi otto anni ha fatto della rigenerazione e della riqualificazione urbana il cardine del proprio paradigma del real estate. Un periodo relativamente breve se letto con la lente di ingrandimento di questo settore dove le tempistiche sono drammaticamente più dilatate.
L’approccio, come molte volte è stato sottolineato, deve necessariamente prendere forma dall’incastro perfetto di tutte le componenti che caratterizzano la realizzazione di un’infrastruttura immobiliare: dalla sua progettazione fino alla commercializzazione degli spazi. Proprio in questi due capi del processo realizzativo si può nascondere uno dei maggiori rischi di insuccesso, ovvero nel rischio paventato della “cattedrale nel deserto”. Ogni singola opera di rigenerazione urbana, sia anche basata su di un “format”, deve essere necessariamente adattata alla realtà del contesto in cui si inserisce adattandosi come un ambito su misura nel panorama socio-economico di riferimento.
Studio degli aspetti sociali ed economici, del grado di attrattività della location e grado di infrastrutturazione in senso ampio della location rappresentano i punti da cui da partire per immaginare un processo ideale di rigenerazione urbana. A ciò va, inevitabilmente ad aggiungersi, la necessità di dare vita ad un progetto che consenta una flessibilità dell’utilizzo degli spazi.
Come sottolineato poco sopra, il grado di attrattività delle aree dove insistono le aree dismesse tradizionalmente oggetto delle operazioni di rigenerazione urbana rappresenta un driver fondamentale per il successo delle operazioni. E’ indubbio che la vicinanza con centri di eccellenza e buoni collegamenti infrastrutturali possono consentire anche a realtà non prettamente centrali di rappresentare una location ideale per risiedere anche da parte di studenti o giovani professionisti che non potrebbero sostenere il costo di un affitto in centri urbani più cari o semplicemente preferiscono contesti con caratteristiche diverse da quelli della grande città.
Inoltre, anche se la destinazione residenziale sembra rappresentare la naturale destinazione per molti interventi di rigenerazione urbana, in molti casi si assiste ad un mix funzionale che comprende oltre al retail anche l’asset class ricettiva, il direzionale e il coworking e anche tutte le altre tipologie di infrastrutture immobiliari in grado di attrarre persone, minimizzando quindi il rischio del sorgere di quartieri dormitorio tipici delle periferie del secolo scorso.
Dal punto di vista dei numeri, secondo quanto rilevato da Scenari Immobiliari, la rigenerazione urbana sul territorio lombardo nel periodo 2023-2035, per le operazioni censite potrebbe avere un impatto sul mercato immobiliare lombardo di circa 224 miliardi di valore aggiunto a cui fanno eco risvolti che devono essere letti attraverso la lente del paradigma della sostenibilità. In primis, la rigenerazione urbana che oltre rappresentare un consistente risparmio di suolo anche grazie all’evoluzione delle tecniche costruttive, mira ad un efficientamento dal punto di vista ambientale ed energetico. La rinascita di nuove centralità può rappresentare un driver per la sopravvivenza di centri più periferici e soprattutto nel caso di realizzazione di sviluppi residenziali a costo calmierati andare a rispondere ad una domanda crescente e che non sempre trova risposta. Dal punto di vista della Governance, invece, la collaborazione virtuosa tra i diversi attori può portare ad una nuova ridefinizione del rapporto pubblico privato indispensabile per la messa a terra di molteplici interventi.
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senzabarcode · 6 years ago
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S. Maria della Pietà "Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione"
S. Maria della Pietà “Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione”
Riqualificazione del Comprensorio e valorizzazione della funzione pubblica e socio-culturale di padiglioni e parco attraverso il coinvolgimento di cittadini e associazioni del territorio.
(Comunicazione dal Campidoglio). Questo l’obiettivo del Protocollo d’Intesa contenuto nella delibera approvata dalla Giunta capitolina e che sarà sottoscritto nelle prossime settimane. Regione Lazio, Roma…
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danielscrepanti · 5 years ago
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Premetto che ho una grandissima stima del Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti Giuseppe Cappochin. Le poche critiche che gli ho mosso durante il suo mandato, incluse quelle che ho formulato a Camerino in sua presenza durante il Seminario di Architettura e Cultura Urbana, nutrono tutte lo stesso rispetto per il suo impegno e per la sua attenzione ai problemi dell’architettura. Quello della domanda di architettura è sicuramente uno dei temi principali che il Consiglio Nazionale guidato da Cappochin ha scelto di affrontare con una serie di azioni di politica professionale. Forse si tratta del tema centrale nell’agenda delle politiche professionali per gli architetti italiani. Basti pensare che qualche giorno fa, in modo poco ortodosso, la centralità del problema mi è stata chiarita con una certa veemenza da un collega più anziano, con il quale a volte battibecchiamo sui social, ci togliamo l’amicizia e poi ce la richiediamo appena lui mi apprezza per aver scritto qualcosa di intelligente. Il collega ha scritto che la società italiana non capisce nulla di architettura. Sapete tutti che non sono d’accordo. La società italiana capisce di architettura pur non avendo i mezzi culturali per farlo. Perché non li ha? Perché la scuola italiana non educa alla comprensione dello spazio in cui vivono gli uomini. Si studiano gli altri habitat possibili, meno il nostro.
Il Consiglio Nazionale degli Architetti, anche per questo motivo, ma non solo, ha scelto di sviluppare un progetto nelle scuole italiane che si intitola Abitare il Paese. Non ho nulla contro questo progetto e credo di aver votato a favore della sua implementazione nella Provincia di Fermo durante una seduta del Consiglio del mio Ordine. Tuttavia, mi sono sorti dei dubbi relativamente alle attività specifiche che vengono svolte nelle scuole.
I più importanti sono: per creare la futura domanda di architettura occorre far vestire a un bambino i panni dell’architetto? Ossia, è necessario che il bambino costruisca una proposta concreta di città del futuro per capire cosa sia l’architettura?
Non sarà forse possibile parlare ai bambini di architettura senza spiegare loro cosa significhi fare l’architetto?
Non capisco bene perché si debba passare dal non parlare di architettura a scuola, ad abilitare all’esercizio della professione dei minorenni (questa è ovviamente un’iperbole, e serve solo a forzare la riflessione sul punto).
E poi, siamo sicuri che non sia controproducente? Io amavo molto di più l’architettura quando non sapevo neanche lontanamente cosa fosse e facesse un architetto. No, non sono convinto che la domanda di architettura si crei spiegando l’architetto. La domanda di architettura si crea con architetti che offrono ai bambini degli strumenti per vederla l’architettura, anche quella brutta che non finisce sulle riviste. Capire l’architettura non significa necessariamente progettarla. Conosco molti colleghi che hanno progettato e progettano tantissimo, ma di fronte a un paesaggio ordinario non trovano mai le parole. La domanda di architettura è la domanda a cui l’architettura dovrà dare risposte. Ma un bambino deve prima capire le domande a cui l’architettura sta già dando risposte, ogni giorno. Forse, un po’ meno, gli architetti.
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paoloxl · 6 years ago
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Articolo 5 del Decreto Lupi del 2014, Decreto Minniti del 2017 sulla sicurezza urbana, circolare Salvini del 1° Settembre 2018[1]. Tre provvedimenti che sono parte di un unico disegno, con interpreti diversi, che ha il duplice obiettivo di colpire qualunque autonomia sociale e di costruire popolazioni nemiche o da assistere, lasciando intatto il quadro strutturale dei problemi e delle disuguaglianze di accesso alla casa e delle politiche sociali e abitative assenti.
L’ossessione per la sicurezza e la tutela della proprietà privata a prescindere produce paura e povertà, non ha confini né di razza né di colore e non risolve alcun problema. Una volta aperta la diga dell’ordine pubblico, del decoro, della pulizia sociale, della legalità formale, si sa da dove si comincia a colpire (immigrati, neri, rom), ma non si sa dove si finisce. Prima o poi, anche altre parti della popolazione diventeranno oggetto di quelle politiche di repressione, in cui a prevalere è una sola idea: pulire la città e sterilizzare lo spazio pubblico da tutte quelle presenze ed attività considerate indecorose, allontanando la ‘brutta gente’, gli appartenenti alle rinnovate classi pericolose. Persone senza tetto, ambulanti, parcheggiatori senza permesso, artisti di strada, persone che chiedono l’elemosina, occupanti di abitazioni, immigrati presenti nello spazio pubblico o ospiti del sistema di accoglienza sono stati costruiti come soggetti problematici per l’ordine pubblico, da controllare.
Miseria della politica, ingiustizia sociale
Da questo cambiamento di paradigma politico e culturale bisogna muovere per comprendere cosa è avvenuto nel rapporto tra istituzioni e povertà nell’ultimo decennio. Nel dispiegamento della crisi economica in corso dal 2008, la politica ha scelto in maniera ampiamente maggioritaria di colpire chi veniva già investito dai cambiamenti in corso, accompagnando i processi di impoverimento materiale con processi di impoverimento politico ed istituzionale. Alla miseria economica crescente per una parte della popolazione si è associata la miseria crescente della politica, sempre più disinteressata a cambiare le tendenze in corso. E questo è accaduto mentre si sono approfondite le disuguaglianze economiche e sociali, perché non è vero che tutti si impoveriscono. Come ha scritto l’Istituto nazionale di statistica nell’indagine “Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie” pubblicata il 6 Dicembre 2017, mentre tra il 2016 e l’anno precedente si è verificata una “significativa e diffusa crescita del reddito disponibile e del potere d’acquisto delle famiglie”, si è registrato, contemporaneamente, “un aumento della disuguaglianza economica e del rischio di povertà o esclusione sociale”. Dunque, in sintesi: più ricchezza complessiva ma più distanze economiche e, dunque, più poveri, più persone e famiglie a rischio di povertà.
È, questa, una tendenza chiarissima a livello italiano ed internazionale. È quella tendenza che una serie di studiosi e studiose hanno chiamato Robin Hood al contrario: un insieme di meccanismi economici, politici e finanziari di redistribuzione della ricchezza. Però, una redistribuzione dal basso verso l’alto. Togliere ai poveri, impoverendoli sempre più, per dare ai ricchi, rendendoli, così, non solo sempre più ricchi, ma anche sempre più forti. Si scrive “impoverimento” e “disuguaglianza”, si legge ingiustizia sociale ed economica. Laddove, con riferimento alla distribuzione dei redditi individuali equivalenti, il 20% più povero della popolazione dispone solo del 6,3% delle risorse totali, mentre il 20% più ricco possiede quasi il 40% del reddito totale, di cosa parliamo se non di ingiustizia?
La composizione della povertà
Per questo è necessario soffermarsi sul nesso povertà-disuguaglianze e farlo non solo in termini individuali, cioè guardando a redditi e consumi, ma anche in termini collettivi, cioè guardando ai servizi pubblici disponibili, la cui forza o debolezza influenza molto la vita di chi ha redditi più bassi della media.
Può essere utile, allora, mettere in fila anche altri dati. Ad esempio, quelli sull’accesso alle prestazioni sanitarie nei centri di analisi convenzionati, caratterizzati da tempo nelle regioni meridionali dal fatto che ad un certo punto dell’anno le agevolazioni con i ticket si bloccano e tutte le analisi si pagano a prezzo pieno. E i dati sulle politiche abitative pubbliche, praticamente azzerate dalla fine degli anni ’80. E poi ci sono i dati sulle remunerazioni del lavoro. Oltre alle condizioni del pubblico impiego non precario e di una parte delle imprese private, la situazione è molto difficile: sono conosciute le reali condizioni di lavoro e le basse remunerazioni di commesse, badanti, camerieri, addetti ai supermercati, lavoro ambulante e di tanti lavoratori e tante lavoratrici autonome.
Quali sono le popolazioni maggiormente esposte? Al di là di tutte le retoriche populiste e razziste, i dati dell’Istat del 2017 dicono chele aree più a rischio sono le famiglie a basso reddito con stranieri e quelle di anziane sole e giovani disoccupati. In questi tre casi, il rischio di povertà o esclusione riguarda circa la metà delle persone, mentre il valore medio nazionale è 28,7%. Dunque, le famiglie proletarie immigrate e quelle di anziani soli con pensioni basse e disoccupati giovani sono le più esposte all’impoverimento. Questo quadro si aggrava, poi, per le famiglie con più di 5 componenti e in Italia meridionale e nelle Isole. Il rischio di povertà in queste aree d’Italia è molto più alto della media, interessando in maniera rilevante, qui, anche le famiglie a basso reddito di italiani.
Contro l’ideologia della sicurezza imparare dai movimenti per l’abitare
E le alternative dove sono? Ad esempio, a chi viene sgomberato o subisce il sequestro della merce o dell’attrezzatura per lavorare come ambulante quale possibilità diversa viene proposta? Nessuna. Ai processi di impoverimento si risponde da anni con polizia, vigili urbani e retoriche sicuritarie. Nei discorsi pubblici e dell’azione politica ed amministrativa sono scomparsi gli obiettivi dell’uguaglianza e della giustizia. È rimasto solo lo spazio per l’ossessione per la sicurezza, la quale costruisce una strada senza uscita, che, in un circolo vizioso, chiede sempre più polizia, sempre più controllo, sempre più repressione, all’infinito.
Al contrario, le politiche dovrebbero intervenire per rimediare alla tendenza. Soprattutto per affrontare la deriva della disuguaglianza. È chiaro dai dati presentati che non è sufficiente sostenere la cosiddetta crescita economica. Anzi, la crescita si sta traducendo in un meccanismo che accentua le disuguaglianze. Sono necessari interventi che redistribuiscono la ricchezza ma nel senso della giustizia sociale, dunque dall’alto verso il basso, dalle aree ricche a quelle povere ed impoverite. E, insieme, c’è il tema della questione salariale: come è possibile che tante famiglie, specialmente di immigrati, percepiscano redditi tanto bassi da farle vivere in povertà o a rischio grave di povertà?
Redistribuzione dei redditi e messa in discussione del lavoro povero sono due ambiti da affrontare con politiche pubbliche e azioni sindacali, che rifiutino l’idea che la società italiana debba divenire sempre più una società di diseguali, cioè una società sempre più ingiusta.
Queste politiche possono muovere dal riconoscimento delle capacità di organizzazione delle stesse persone in povertà. È un esempio chiaro quello di chi vive in occupazioni. Invece di penalizzare questa parte della popolazione, come ha fatto l’articolo 5 del Decreto Lupi nel 2014 e annuncia il Ministro dell’Interno Matteo Salvini citando esplicitamente il Decreto Minniti, si può riconoscere, anche dal punto di vista istituzionale, la ricchezza di queste esperienze e le proposte che esse avanzano.
Una parte della popolazione ha cercato nelle pratiche collettive dei movimenti per l’abitare un’alternativa all’isolamento. L’autorganizzazione di politiche per la casa, anche attraverso il riutilizzo di immobili vuoti, ha proposto soluzioni concrete a parti della società che non possono aspettare. Una parte della popolazione colpita dalla crisi economico-finanziaria e dell’abitare si è organizzata in diverse città italiane per cercare alternative collettive, socializzando la propria condizione e la conoscenza dei problemi abitativi. I movimenti per l’abitare in Italia, come altri movimenti internazionali contro debito e indebitamento, hanno affermato, e continuano ad affermare, la centralità dei bisogni sociali nelle politiche pubbliche, indicando una prospettiva di trasformazione fondata sull’uguaglianza e non sull’incremento delle disparità, dei lavori poveri e delle persone e famiglie senza casa. Essi hanno indicato una prospettiva di giustizia sociale, radicalmente alternativa a quella basata sul nesso indebitamento-povertà-bisogni/diritti sociali negati. La difesa di queste esperienze, in presenza di una esplicita politica repressiva, sarà necessaria non solo per tutelare le persone che vi vivono, ma il diritto di tutte e tutti noi a vivere la propria autonomia sociale, liberi e libere dalla repressione o dalle elemosine di Stato.
Gennaro Avallone
da Effimera
Note.
[1]Il decreto Lupi fu convertito con la legge 80/2014 avente ad oggetto “misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015”: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/05/27/14G00092/sg. Il decreto Minniti è diventato legge 48/2017, con “disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/04/21/17G00060/sg. La circolare Salvini è stata firmata il 1° settembre 2018 dal dottor Matteo Piantedosi, capo gabinetto: http://www.interno.gov.it/sites/default/files/circolare_2018_0059445.pdf.
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latinabiz · 4 years ago
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La critica di Europa Verde Terracina al nuovo piano regolatore approvato dall'Amministrazione
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Gabriele Subiaco Il direttivo di Europa Verde Terracina ha voluto criticare senza se e senza ma l'approvazione del nuovo piano regolatore mettendo in risalto possibili speculazioni edilizie che potranno distruggere per sempre dei simboli del passato della città, come quello che si stava portando avanto sulla “Pro Infantia”. Ecco quello che il direttivo ha inviato alla stampa: “Non entriamo nel merito di un giudizio complessivo sul PTPR recentemente approvato dal Consiglio regionale del Lazio, giudizio che lasciamo a chi se ne occupa politicamente a livello regionale. Quello che però possiamo dire dal punto di vista di un comitato come il nostro che opera a livello territoriale è che il PTPR approvato recentemente non è da solo sufficiente a limitare i danni ad un territorio già devastato da una speculazione edilizia storica. Un territorio, il nostro, con un edificato davvero consistente e con oltre il 30% di abitazioni (seconde case) sfitte, ma che, negli ultimi anni, è, di nuovo, sotto un evidente attacco, come dimostrano sia i numerosi interventi di Rigenerazione Urbana avviati in questo periodo, supportati da un recepimento a livello locale della legge regionale 7/2017 che ha destato molte perplessità, in particolare per quanto attiene sia alla definizione degli ambiti specifici di applicazione tra cui non può certo rientrare la fascia costiera dei 300 metri dalla battigia, che al regolamento e alle delibere per la monetizzazione degli standard urbanistici che contraddicono le stesse prescrizioni di legge e sui quali ci siamo più volte espressi in questi mesi, a cui si aggiungono gli interventi relativi al Programma Integrato di Intervento ai sensi della Legge Regionale n. 22/1997-Adozione variante, con le quattro delibere di Consiglio, del 28.7.2020, che prevedono un volume complessivo di quasi 100.000 metri cubi di nuovo edificato residenziale e in minima parte commerciale, interventi sui quali abbiamo presentato nostre puntuali osservazioni, ancora in attesa di risposta dalla Amministrazione. Tornando al PTPR recentemente approvato, se pensiamo ad esempio a come questo piano tutela le coste della nostra Città (Tavola A40 foglio 414 del PTPR), andando a verificare cosa succede per “i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”, sottoposti a tutela per legge in base all’art. 142 comma 2 del Dgls 42/2004 (cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio), analizzando come questa tutela si declina nel PTPR, scopriamo che essendo il lungomare e gran parte della la costa di Terracina classificata come ambito “Paesaggio degli insediamenti urbani” le norme tecniche di attuazione (NTA) del PTPR consentono per l’uso residenziale interventi di nuove costruzioni o demolizioni e ricostruzioni limitandosi ad “innocue” prescrizioni che riguardano il colore e i materiali degli edifici, le sistemazioni a terra, la vegetazione. A nostro avviso invece, il PTPR, proprio per la sua natura sovraordinata, dovrebbe tenere in conto la storia di questo territorio, con una costa devastata da una storica speculazione edilizia, un consumo di suolo al 12 e passa percento contro una media nazionale del 7%, con una carenza storica di verde, parcheggi e servizi fortemente al di sotto dei 18 metri quadri ad abitante stabiliti dal decreto ministeriale 1444 del 2 Aprile 1968 che ha definito quei rapporti minimi inderogabili di spazi per i servizi pubblici e per la qualità insediativa, di cui tener conto nella redazione dei PRG, che è soltanto la premessa minima per la concreta realizzazione di servizi e l’attuazione di politiche per il miglioramento del benessere dei cittadini. Quello di cui abbiamo immediato bisogno adesso è quindi rivedere la strumentazione urbanistica vigente (PRG, PPE, etc) facendo una ricognizione di quanto è successo in questi 50 anni (il nostro PRG è del 1972) e adeguando gli indici di edificabilità di conseguenza in modo da limitare al minimo il nuovo consumo di suolo e da tutelare gli standard urbanistici, facendo sì che il nuovo PTPR, e il suo regime vincolistico, possa raggiungere l’obiettivo di contenere la crescita urbanistica all’interno di parametri sostenibili e condivisi. Ha dichiarato Gabriele Subiaco co-portavoce di Europa Verde Terracina: “Noi continueremo a batterci, coadiuvati da Europa Verde Lazio e nazionale, per tutelare al meglio la nostra costa ed il nostro territorio e lo faremo cercando di far apporre vincoli sui beni di maggiore pregio, riportando alla sua centralità il vincolo, negli anni svanito, di inedificabilità nei 300mt dalla battigia e cercando di fare in modo che venga rivista la legge 7/2017 (Rigenerazione Urbana) sia a livello regionale che a livello locale. Vogliamo leggi, regolamenti e piani regionali e comunali che garantiscano tutela reale e non agevolino lo sfruttamento del territorio in nome di logiche di interesse, clientelari e politiche, spesso nascoste dietro il paravento dell’esigenza della crescita economica. Il nostro territorio ha invece bisogno di sviluppo e crescita buona, sostenibile, realizzata attraverso una gestione lungimirante, la cura e riqualificazione dell’esistente, la realizzazione di Programmi Integrati di Rigenerazione Urbana e di Piani Strutturali di Sviluppo di interi quartieri ed aree degradate, conciliando le complesse dinamiche economiche e sociali con la tutela ambientale. Ha bisogno di esprimere davvero la sua vocazione turistica con moderne strutture turistiche ecocompatibili, nuove aree verdi ben curate, parcheggi e servizi innovativi. Ha bisogno di sviluppare politiche abitative adeguate attuando la legge 167 sull’edilizia agevolata, di promuovere la riqualificazione energetica e sismica dell’intero patrimonio edilizio pubblico e privato e il risparmio energetico ed idrico. Invece che di mirabolanti “trovate” buone solo a buttare fumo negli occhi ad un elettorato sempre più confuso, come gli Stati Generali dell’Urbanistica (ai quali, a differenza delle altre forze politiche, non veniamo neanche invitati, e questo la dice lunga sul concetto di Democrazia che permea la nostra attuale Amministrazione!) abbiamo bisogno di Piani (PTPR, PRG, PPE, PUA, etc) che consentano di tutelare meglio quel poco di bellezza che è ancora rimasta sulle coste della nostra Città. Abbiamo bisogno di Piani che dettino regole precise che tengano nella dovuta considerazione il consumo di suolo, la consistenza del già edificato, degli standard urbanistici (verde urbano, parcheggi, servizi), piani in grado di distinguere e valutare le condizioni, le specificità, la storia dei territori. Ci impegneremo quindi affinche’ prosegua il tavolo di concertazione della Regione Lazio con il Ministero della Cultura e seguiremo i lavori insieme alla componente parlamentare di FacciamoEco/Europa Verde dell’On. Rossella Muroni, già autrice peraltro di una interrogazione parlamentare sul caso Proinfantia a Terracina e alla componente regionale del Consigliere di Europa Verde Marco Cacciatore, già autore di una interrogazione regionale sul caso della Proinfantia a Terracina. Il PTPR recentemente approvato lascia aperta la possibilita’ di rivedere gli effetti più nefasti della Legge n.7/2017 sulla Rigenerazione Urbana e valuteremo se e come è possibile far valere il vincolo paesistico sui territori costieri compresi in una fascia di 300 metri dalla linea di battigia.“ Ha dichiarato il Cons. Marco Cacciatore (Europa Verde Regione Lazio) Presidente Commissione X Urbanistica, Politiche abitative, Rifiuti Regione Lazio: “Da Consigliere Regionale di Europa Verde mi sto occupando del caso dell’Ex Pro Infantia di Terracina, un cantiere situato in un’area vincolata in pieno spazio costiero – pianificato e poi sottoposto a sequestro - contro cui Europa Verde si batte da tempo. Sono partito con l’ascolto dei comitati e delle associazioni di cittadini, che si stanno mobilitando sul territorio contro il progetto. Ho anche sottoscritto un Ordine del Giorno che impegna la Giunta Regionale a catalogare l’immobile ex Proinfantia come un bene pubblico di notevole interesse storico e culturale e quindi da tutelare. A livello normativo, grazie al PTPR appena approvato in Consiglio regionale, possiamo avvalerci di nuovi elementi di tutela paesaggistica che si potranno applicare anche al caso di Terracina. In forza del Piano, infatti, la rigenerazione urbana potrà essere fatta quando compatibile con scenari di paesaggio e vincolistica, mentre è decaduta la possibilità di compierla in deroga ai vincoli sic et simpliciter. Non è il Piano, ma la legge nazionale e i piani regolatori comunali, a consentire interventi di demolizione e ricostruzione. Tuttavia, a seguito della nuova approvazione del PTPR, possiamo esser certi della maggior tutela per tutte le aree vincolate. Il PTPR poi continuerà l'opera d'aggiornamento, e io continuerò incessantemente, nell'esercizio delle mie funzioni e nel rispetto degli altri ruoli, a proporre atti nel senso della salvaguardia del litorale pontino, a partire da questo caso” - Read the full article
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forzaitaliatoscana · 4 years ago
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Mazzetti: Relazione Cingolani pragmatica e costruttiva
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La deputata di Forza Italia Erica Mazzetti: "Oggi con audizione Ministro Cingolani si è respirata un'aria diversa per il paese grazie ad una relazione pragmatica e costruttiva. Forza Italia ha ribadito avanti con superbonus 110%, stop plastic tax, sì al potenziamento economia circolare, sì a nuovi impianti di smaltimento nel rispetto dell'ambiente" Finalmente abbiamo avuto il piacere di ascoltare dal Ministro Cingolani una relazione pragmatica, razionale e costruttiva che mette l'ambiente fra i temi centrali dell'azione di Governo. Ho avuto modo di intervenire durante la suddetta audizione evidenziando anche tutti i temi cari a Forza Italia, come: il Piano Idrico Nazionale, il Superbonus 110% di cui potenziare l'efficacia nell'immediato, la realizzazione di un Deposito unico delle scorie nucleari, la centralità della rigenerazione urbana, la definitiva cancellazione della assurda tassa sulla plastica introdotta dagli ultimi Governi Conte, il rilancio della economia circolare vero motore trainante dell'Italia, vista la mancanza di materie prime in Italia ed i costi e le modalità complicate per recepirle. Ho rilanciato come Partito, l'idea da me proposta spesso nel recente passato, di un regolamento ministeriale che definisca con chiarezza quando avviene il passaggio da rifiuto a materia prima secondaria per i rifiuti tessili. Basilare inoltre il tema impianti per lo smaltimento dei rifiuti urbani industriali oltre che di quelli speciali. E' Read the full article
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particellaurbana · 5 years ago
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Particella urbana
Unità in grado di configurare nuovi spazi di convivenza, secondo un modello organizzativo del tessuto urbano pensato in primis per i residenti; un’opportunità per favorire la mobilità sostenibile, la produttività e il verde, così come gli spazi di aggregazione.
Azioni:
traffico all’esterno;
mobilità dolce all’interno
parcheggi sotterranei con accesso sul perimetro
all’interno spazi vivibili
riqualificazione spazi aperti
riqualificazione edilizia
demolizioni
densificazioni
sicurezza
energia
rifiuti
fasi di costruzione 
definizione delle funzioni interne
Azioni e strumenti che servono per ripensare la città, per dotarla di nuovi significati rispetto alle tendenze sociali che sono in continua evoluzione. In questo modo la città ritrova un ruolo responsabile delle sue parti urbane, un senso vero del pensare la città, quale strumento di evoluzione civile, economica, culturale.
Gli spazi interstiziali spesso non significano urbanità, perché occupate da volumi di servizio alla residenza privata, parcheggo…è necessario riconvertire un’architettura della città fatta di garages, dove di fatto la città nel suo significato collettivo e comunitario è inesistente. È necessario ripensare la città nelle sue componenti più piccole come quelle alla scala dell’isolato, le componenti minime ma ancora dotate di urbanità, dove è presente uno stato relazionale tra individui che si riconoscono in un luogo. Ma tutto questo necessita di una struttura fisica e relazionale...
Per questione di dimensione ha grande possibilità di manovra, un alto coefficiente di manipolabilità. I percorsisi vengono assorbiti dall’isolato, si stabilisce continuità dello spazio vuoto, potenzialità della piazza urbana come centralità.
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enzopizzolo · 5 years ago
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Giorgione (Senso Civico): “Per la Capitanata un ruolo nuovo in ambito regionale a partire dall’edilizia”
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Meeting operativo ieri mattina a Bari tra l’assessore regionale all’Urbanistica, Alfonso Pisicchio e Gino Giorgione, candidato al Consiglio Regionale per la lista “Senso Civico”
“Abbiamo discusso della Bozza in via di elaborazione del Decreto Legge – Semplificazione, proposte in materia di edilizia e degli sviluppi in materia di “Piano Casa Puglia e riuso temporaneo di edifici ed aree”, afferma Giorgione che rimarca: “Nell’ambito degli strumenti legislativi pensati dalla Regione Puglia a favore di cittadini e imprese accelerando e semplificando le procedure in materia di edilizia e urbanistica, la Capitanata può e deve recitare un ruolo di primo piano. E io sono già al lavoro con Alfonso per consolidare la centralità della Capitanata in questi processi”.
Per Giorgione “è fondamentale incentivare l'utilizzo temporaneo di edifici ed aree per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico con l’obiettivo di implementare processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e favorire, nel contempo, lo sviluppo di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale.
L’edilizia è stato uno dei settori trainanti della Puglia e della Capitanata. Il rilancio di questo comparto fondamentale passa attraverso un suo ripensamento puntando con convinzione su rigenerazione e riqualificazione”.
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aplustexto · 6 years ago
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Tra rigore, ordine e sobrietà*                                                                               
Progetto: 1998/2001
Luogo: Maia, Porto, Portogallo.
Progetto d’architettura: João Álvaro Rocha
Collaboratori: Alberto Barbosa Vieira, Francisco Portugal e Gomes, António Luís Neves, João Ventura Lopes, Pedro Tiago Pimentel, Sónia Campos Neves.
Modello tridimensionale: Armando Teixeira.
Progetto d’ingegneria strutturale: Rui Fernandes Póvoas.
Progetto degli impianti idraulici: Vasco Peixoto de Freitas.
Progetto degli impianti elettrici: António Rodrigues Gomes.
Progetto degli impianti meccanici: Paulo Queirós Faria.
Progetto di architettura paesaggista: Manuel Pedro Melo, João Álvaro Rocha.
Arredo e interni: João Álvaro Rocha.
Fotografie: Luís Ferreira Alves
Committente: Comune di Maia, Porto
L’intervento di Quinta da Gruta fa parte di un ampio progetto di riqualificazione urbana immediatamente a nord della città di Porto.
Al centro di un’antica area rurale, oramai diventata suburbio, si incontra un piccolo ma interessante edificio costruito agli inizi del XX secolo.
La rapida espansione della città e la trasformazione del territorio obbliga a convertire spazi obsoleti in nuove forme di centralità, il caso di Quinta da Gruta entra a far parte di un programma di sviluppo tendente ad accompagnare attraverso la creazione di nuovi servizi questi inevitabili cambiamenti.
João Álvaro Rocha in questo progetto pretende andare oltre il semplice restauro, riformulando spazi e funzioni attraverso un linguaggio attuale, senza prescindere dalla memoria rurale del luogo. Si tratta in sintesi di ristabilire un equilibrio tra antico e nuovo, tra grande e piccolo, tra pubblico e privato.
L’eleganza e la sobrietà dell’intervento nascondono uno studio approfondito nella scelta e nell’applicazione di materiali e regole: in ogni spazio apparentemente vuoto viene collocato un oggetto o un mobile che, senza distrarre l’attenzione, dinamizza le differenti percezioni visuali.
In modo occulto o evidente Rocha utilizza l’acciaio, sia per le sue caratteristiche di resistenza e durevolezza, che come pregiato componente estetico. Sono d’esempio tutti gli infissi dell’edificio costituiti da barre angolari in acciaio magistralmente occultate all’interno della muratura, oppure le esili mensole della biblioteca che, attraverso un telaio nascosto all’interno di una parete in cartongesso, riescono a raggiungere spessori di pochi millimetri.
Il passaggio tra i due piani della villa avviene attraverso una scala che si inserisce discreta in uno spazio aperto e libero da ostacoli.
Lungo l’esile corrimano tubolare si percorrono i sottili scalini fino a raggiungere il blocco in granito su cui poggia la scala. L’esercizio ludico determinante è infine accostare a rigidezza ed esilità, l’amovibilità di una piccola scatola interamente in acciaio che funge da primo gradino.
La zona destinata ai servizi igienici continua ad essere un abile esempio d’uso dell’inox, una parete apparentemente compatta cela due porte in acciaio in mezzo alle quali si trova uno specchio. Rubinetterie e supporti sono progettati e realizzati in inox.
Tavoli, sedie, armadi e porte, disegnati appositamente per la villa, mostrano o celano  questo incondizionato uso dell’acciaio, mirato a caratterizzare da un lato l’aspetto artigianale del manufatto, dall’altro una ricerca del moderno e del tecnologico.
Risulta eclatante a questo riferimento la scatola dell’auditorio che proietta verso il futuro l’antica silhouette della villa.
La cassa è sorretta da  enormi profili ad U in acciaio posizionati nello spessore delle pareti. Il rivestimento della sala è in legno, mentre l’esterno è costituito da lamine di alluminio e barre d’acciaio, il cui uso riflette la chiara intenzione di riprodurre una “scatola metallica” dall’alto aspetto hi-tech.
Il gioco di superfici trasparenti ed opache viene ripreso con una logica quasi “contraddittoria” nel volume contenente al primo piano la sala riunioni e al piano terra l’ingresso. In questo caso la completa trasparenza del vetro e la massiccia struttura in granito si inseriscono come trait d’union tra presente e passato.
La scatola è un tema ricorrente nel progetto, viene ripreso nelle sue più svariate interpretazioni anche nei piccoli oggetti sparsi nel giardino. Blocchi in pietra fungono da panchine, squadrati parallelepipedi d’acciaio da porta-rifiuti, lo stesso lampione è costituito da un semplice profilo a sezione quadrata.
Si incontrano inoltre alberi le cui radici vengono contenute in capienti cilindri d’acciaio.
La serra infine, nella sua leggiadra figura, nasconde dietro l’opacità dei vetri una struttura composita di tubolari in ferro, tiranti e tensori in acciaio.
L’accostamento tra vecchio e nuovo, tra artigianale e tecnologico sembra essere una delle prerogative nella ricerca linguistica di Rocha, e l’acciaio in questo ambito acquista sempre valore esemplare.
*testo pubblicato per Acciaio Arte Architettura, Auge Editore.
Stefano Ferracini
Stefano Ferracini (Treviso 1974), Architetto. Dopo anni di formazione e lavoro tra Italia e Portogallo, si stabilisce in Belgio. Insegna architettura d’interni a Esa Saint Luc Bruxelles.
https://sfarchitecture.tumblr.com/
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danielscrepanti · 5 years ago
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La settimana dell’architetto
È iniziata domenica scorsa con una riflessione su Facebook di Gianluca Peluffo suscitata da due recenti concorsi di progettazione: quello per il Padiglione italiano per l’Expo di Dubai e quello per il Parco del Ponte sul Polcevera a Genova (https://www.facebook.com/100008016375909/posts/2447477318862790?sfns=mo).
Analizzando i risultati dei due concorsi, mi pare che Peluffo individui una netta linea di demarcazione tra i progetti che comunicano e i progetti che condividono. Da un lato troviamo quindi i progetti costruiti sulla necessità di semplificazione delle loro proposte spaziali (comunicare significa esprimere qualcosa in un qualche modo che faccia pervenire quel qualcosa a qualcuno), e dall’altro lato i progetti che rispondono soprattutto alla necessità di sintesi spaziale (evitare che tra quei qualcuno a cui perviene qualcosa non ci siano proprio quelli a cui è necessario/doveroso/strategico farlo pervenire). Nei progetti vincitori dei due concorsi di progettazione, secondo Peluffo, ciò che manca è la sintesi spaziale, ed è pervenuta solo l’astrazione comunicativa dello spazio che consente principalmente di arrivare a tutti il più possibile (o perlomeno ai più).
Potremmo dire in altri termini, non riconducibili a Peluffo, che nei progetti vincitori dei due concorsi citati c’è un’evidente stitichezza spaziale di fronte ai grandi problemi da affrontare con il progetto. E lo spazio è il contenuto, il significato del progetto, ciò che si usa e si ammira dopo la sua costruzione, quel qualcosa che incide sulle nostre vite insieme a tre-quattro miliardi e mezzo di altre cose (ma ne dovremo pur tener conto dello spazio ogni tanto, o no?). E poi, in architettura, siamo sicuri che lo spazio sia l’unica cosa che conta? Dovrebbe, ma è pieno il mondo di grandi facitori di spazi che poi non saprebbero convincere neanche la loro mamma a scegliere il loro progetto di cucina al posto di quello fatto dal dipendente Ikea, talvolta laureato in scienze politiche e formato in una settimana di corso intensivo con focus sulle cappe aspiranti. Voglio dire che sebbene il post di Peluffo vada letto e riletto, c’è anche da considerare che purtroppo non è vero che ciò che si comunica bene, in modo efficace e convincente, non sia anche portatore di una sintesi, di un contenuto, di un significato spaziale. Forse, dovremmo spingerci oltre e provare a dire perché quel significato spaziale è secondo noi sbagliato. O perché mancano all’appello dei significati spaziali per risolvere un problema progettuale. Insomma, il punto non è tanto se progetti o comunichi, ma quale progetto comunichi.
E diventerebbe molto chiaro ciò che hanno proposto Boeri&co. a Genova: un monumento che ricordasse chi ha perso la vita quel maledetto giorno, fatto proprio con i mezzi tipici della riqualificazione urbana (parco+ponte ciclopedonale+accrocchi per la sostenibilità) e che si dovrebbe vedere anche dal ponte antimonumentale di Renzo Piano. Detto così e disegnato veramente così, il progetto di Boeri&co. per tutti sarebbe stato un progetto diverso e sarebbe stato diverso pure il giudizio sull’esito del più importante concorso di rigenerazione urbana organizzato in Italia negli ultimi anni. Però, forse, per comunicare diversamente il contenuto del progetto di Boeri, si sarebbe dovuto bandire un altro concorso. Non più un concorso sul tema della rigenerazione urbana ma un concorso per il monumento al tragico crollo del Ponte Morandi. Sarebbe stato allora interessante capire se qualcuno fosse riuscito a progettare un monumento che risolvesse anche i problemi del contesto offrendo qualità al suo intorno, non solo simboliche.
Inutile dire che il problema di organizzare un concorso che si occupa di rigenerazione urbana quando il tema è fare un monumento, nasce perché Piano regala un progetto invece di farsi garante di un processo che doveva offrire un simbolo a tutti per elaborare l’accaduto, anche poco o anti retorico, e riqualificare un territorio. Il simbolo ovviamente poteva anche essere il ponte stesso, o un ponte sotto il ponte, o il parco sotto il secondo ponte sotto il primo ponte o qualsiasi altra cosa... ma se imposti male le basi su cui avviare la trasformazione condizionando tutto con un progetto regalato e poco pensato, ma comunicato benissimo, è chiaro che chi interviene a seguire deve essere un “acrobata” (parola usata da Piano il giorno della posa del primo impalcato del Ponte, rivolgendosi agli operai del cantiere).
La settimana ha poi visto Boeri protagonista mercoledì di una video intervista di la Repubblica “sotto il nuovo ponte” (https://video.repubblica.it/edizione/genova/genova-con-boeri-sotto-il-nuovo-ponte-qui-un-grande-polmone-verde-abbiamo-bisogno-di-alberi/345456/346038). Ricordiamo che il giorno precedente è avvenuta la presentazione pubblica del progetto vincitore del concorso per il parco. Nel video citato Boeri ha parlato di politica e architettura come discipline che “servono a trasformare gli spazi” e ha sostenuto a sorpresa che “il mugugno (...) sarà una delle risorse più importanti del (...) progetto”. Del resto, proprio a Genova, l’architetto milanese conobbe nel 1992 Giancarlo De Carlo. Come riferisce Boeri stesso nell’intervista di la Repubblica, De Carlo “era un grande maestro della partecipazione, ma in un modo molto diverso da qualsiasi banalizzazione”. Infatti, “il problema non era far decidere alla gente, il problema era costruire dei progetti, delle ipotesi, che fossero fondati, che fossero solidi, che fossero costruiti ‘ascoltando’ le opinioni, i pareri, le idiosincrasie, i sogni, gli incubi delle persone. Quei progetti lì venivano poi sottoposti al giudizio dei cittadini, dei comitati”.
Particolarmente interessante sotto questo profilo, è l’articolo di Emanuele Piccardo che è stato pubblicato lunedì su il Giornale dell’Architettura (https://ilgiornaledellarchitettura.com/web/2019/10/07/genova-lanello-magico-di-boeri-rilancera-la-valpolcevera/). Ne cito solo un passo: “Sul fronte progettuale, invece, la scelta d’inserire 20.000 mq di funzioni commerciali in un’area già satura per la presenza di Ikea, Leroy Merlin e dell’ex area industriale Ansaldo (Fiumara), recuperata a centro commerciale e cinema multiplex, necessita di un ulteriore approfondimento da parte dei progettisti, che evidentemente in questa fase preliminare non è stato affrontato.
Ancora una volta è la cronaca recente a evidenziare le dissonanze palesi della giunta Bucci, quando propone di spostare le attività del petrolchimico alla foce del Polcevera: una scelta incomprensibile anche alla luce del masterplan del parco che mira a risanare anche l’ambito fluviale. Così la rinascita del quartiere dipenderà in misura maggiore dalla capacità politica del sindaco Marco Bucci nel definire le condizioni del contesto affinché tutta la città, anche quella parte distratta che non ha partecipato al lutto del crollo, contribuisca, salvando Certosa, a salvare l’intera Genova.”
Per l’architetto la settimana si è conclusa con le notizie che provenivano dalla Valle D’Aosta, dove si è tenuto il Convegno di studi “Progettare il Paese - dare futuro alle città e ai territori in cui viviamo” (https://www.facebook.com/142418565860494/posts/1932494363519563?sfns=mo). Qui è stata presentata la Proposta di Legge per le Città degli architetti italiani. Effettivamente, il post di Peluffo da cui siamo partiti parla di due battaglie a cui gli architetti italiani sono chiamati a dare un contributo di forza e idee: “la prima normativa-culturale (legge dell’architettura, concorsi, qualità delle giurie), la seconda progettuale-culturale, relativa ai contenuti”. Fanno dunque bene il Presidente Cappochin e tutto il Consiglio Nazionale degli Architetti a stanare la politica e i colleghi illustri su questo contenuto progettuale: “la necessità di pianificare, progettare, realizzare, gestire un contesto che non ha più la centralità nell’espansione, quanto piuttosto in una politica in gran parte fondata sull’integrazione all’interno di un tessuto urbano e sulla rigenerazione”.
Per concludere, c’è la foto della settimana che ho scattato ieri pomeriggio sul lungomare nord di Porto San Giorgio, nella spiaggia attrezzata per disabili inaugurata questa estate. Durante l’inaugurazione, Giuseppe Catalini, Presidente del Consiglio Comunale, ha detto: “è un fazzoletto di sabbia che diventa architettura, perché diventa spazio organizzato, e quindi accessibile. Accessibile a disabili con motori in carrozzina, accessibile a tutti, ai passeggini, a chi abbia difficoltà di movimento e non solo. Questo è il senso dell’inaugurazione, cioè proporre alla città un suo lembo che forse veniva dai più ignorato”.
Ciao architetto, alla prossima settimana
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Articolo 1 e Partito Socialista sostengono Massimo Vannuccini alle Amministrative di Agliana 2019
In vista delle elezioni amministrative che si terranno la prossima Domenica 26 Maggio, a sostegno della candidatura a Sindaco di Massimo Vannuccini, si aggiunge il sostegno del Partito Socialista e di Articolo 1. L’appoggio alla candidatura di Vannuccini nella coalizione di centro sinistra composta dalla lista del Partito Democratico e dalla lista civica Agliana Insieme, nasce dal confronto sulle proposte per Agliana che ha portato alla definizione di un programma concreto e realizzabile ma allo stesso tempo ambizioso per il rilancio del territorio. “Nelle scorse settimane, prima della consegna delle liste e del programma elettorale abbiamo lavorato – dichiara Vannuccini – per ricostruire un campo politico di centrosinistra largo, con l’obbiettivo di rispondere tutti insieme all’avanzare della destra anche su Agliana, con una proposta politica forte, popolare e inclusiva; grazie a tutte le persone e le forze politiche che si sono messe in gioco, superando divisioni e steccati del passato”.
Per ART1-MDP le elezioni amministrative sono un appuntamento fondamentale per promuovere l’unità di tutte le forze civiche e progressiste, per contrastare l’affermazione nei territori di una destra reazionaria e regressiva. Ad Agliana, ART1 appoggia la lista civica Agliana Insieme a sostegno del candidato Massimo Vannuccini, per la centralità che nel programma viene data ai temi fondativi del pensiero politico di ART1: la questione sociale e l’ambiente. La lista civica Agliana Insieme prevede azioni importanti di contrasto alla povertà e di sostegno alle persone che vivono condizioni di marginalità e fragilità sociale, e mostra grande sensibilità al tema dell’ambiente proponendo  politiche di riqualificazione urbana, di riduzione di tutte le fonti inquinanti e di recupero e riuso dei beni per la riduzione dei rifiuti. ART1 quindi, appoggia le forze in sostegno del candidato Massimo Vannuccini, perché partendo dai territori si possa riportare in seno alla sinistra la questione sociale, e si possano avviare percorsi di cambiamento, anche culturale, per la tutela dell’ambiente attraverso lo sviluppo di pratiche ecosostenibili.
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latinabiz · 5 years ago
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Il Comune di Formia accreditato al Servizio Civile Nazionale
Logo Il Comune di Formia ha ottenuto l’accreditamento al Servizio Civile Universale (SCU), con il decreto del Dipartimento delle Politiche giovanili della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il riconoscimento rappresenta un’importante tappa del percorso intrapreso dall’Amministrazione Comunale nell’ambito del programma dell’ Assessorato alle Politiche giovanili che ha come obiettivo quello di offrire un’opportunità di formazione e crescita professionale e personale per i giovani dai 18 ai 28 anni che possano dedicarsi tramite più ampi progetti al servizio alla comunità. Ha sottolineato l’Assessore alle Politiche giovanili Alessandra Lardo: “La novità principale di questo accreditamento  riguarda la centralità del comune che ha sottoscritto i contratti di rete con le varie istituzioni scolastiche comunali per poter attuare progetti non solo nei settori dell’assistenza e del Sociale, ma anche, tra gli altri, quello della formazione, dello sport, del turismo sportivo e culturale, della riqualificazione urbana e decoro nonché dell’agricoltura sociale e biodiversità. Questo risultato deriva dalla preziosa collaborazione degli uffici comunali con il CSV Lazio sede Sud Pontino, verso il quale l’amministrazione è riconoscente per il supporto fornito con particolare riguardo alla preziosa figura di Mariarosaria Scognamiglio” #Politica Read the full article
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uispciclismo · 5 years ago
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Non abbiamo rinunciato neppure a Bicincittà
https://bit.ly/3dr2Ubg
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learninganthropocene · 5 years ago
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​DALL’URBANO ALLA CITTA’ DIFFUSA
Tradizionalmente urbano VS rurale: spazio abitato ad alta densità VS spazio abitato a debole o a bassa densità.
Tendenza osservata nei paesi ad economia avanzata di espansione dell’urbano nel rurale urbanizzandolo, ma senza sopprimere del tutto alcune caratteristiche rurali (es. persistenza di aree e strutture produttive per l’agricoltura).
RURBANO: territori un tempo rurali urbanizzati
PERIURBANO: idem ma se si supera una certa densità
URBAN SPRAWL: processo di dispersione edilizia caratteristico dei paesi ad economia avanzata= trasformazione dei paesaggi. Quando il tasso di consumo del suolo proprio dell’Urban Sprawl supera quello della crescita della pop= città diffusa (la bassa densità di popolazione e l’alta concentrazione di capannoni, villette unifamiliari, centri commerciali). Altri costi per la collettività: investimenti in reti fognarie, elettriche, telefoniche, uso dell’auto (inquinamento), aumento suoli impermeabilizzati, riduzione della relazionalità sociale.
FUNZIONI DELLA CITTA’
Attività (politica, amministrativa, commerciale, industriale, finanziaria, ricerca) che fornisce il contenuto delle relazioni di una città con l’esterno.
RAGGIO D’AZIONE o portata di una funzione: ampiezza territoriale (misurabili con l’area o con il numero di persone) interessate o servite da una certa funzione. Attenzione: una funzione non interessa sempre tutti gli abitanti!! Il raggio d’azione cambia secondo la funzione. Importanza di una città dipende dal numero delle funzioni. 
Funzioni e tipi di città (secondo la funzione preminente):
 Città commerciali (commercio + finanza);
 Città capitale (funzioni di governo nazionale);
 Città fortezza (sacre-religiose);
 Città industriale/minerarie/ della pesca;
 Città universitarie;
 Città d’arte;
 Città del turismo.
CITTA’ GLOBALI
Nascita di città che, pur essendo necessariamente delle megalopoli, acquistano una posizione preminente in virtù della concentrazione di attività di comando, della finanza, ricerca e tecnologia(quaternario).
RETE URBANA GLOBALE: relazioni che collegano le città globali tra loro.
Sociologia delle città globali: eterogeneità della composizione sociale e culturale, complessità delle relazioni tra tali componenti.
Città globali come vettore della diffusione della globalizzazione, dove si vanno a concentrare aziende con politiche neoliberali. Capitali politiche e regionali: dalla centralità territoriale alla centralità di rete= competizione internazionale per attirare attività di rango superiore del quaternario e del turismo.
Principali indicatori:
Livello riconosciuto di potere e di influenza politica, spesso per la concentrazione di funzioni di governo o istituzionali (es. ONU, Banca Mondiale);
Produzione di conoscenza e informazione, da parte di soggetti pubblici o privati (es. documenti governativi, ricerche universitarie, lavori di importanti società finanziarie o imprenditoriali)
Integrazione nell’economia globale;
Volume delle interazioni con le altre città mondiali;
Presenza di un importante aeroporto internazionale;
Offerta di servizi professionali avanzati (contabilità, servizi finanziari, assicurazioni, settore legale);
Livello di infrastrutturazione tecnologica (es. fibra ottica, reti wireless);
Presenza di forza lavoro altamente qualificata, mobile e multiculturale;
Presenza di una struttura della forza lavoro a due livelli, con la fascia di livello superiore impiegata nel settore dei servizi (es. dirigenti delle società finanziarie e custodi);
Presenza di un’offerta culturale di alto livello.
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tmnotizie · 5 years ago
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MACERATA – Conclusa l’ultima fase della gara europea per l’affidamento dell’intervento di riqualificazione del Foro Boario di Villa Potenza, denominato “Progetto O.R.T.I. Occupazione, Rigenerazione, Territorio, Innovazione. Un polo per l’innovazione e l’Agrifood al Foro Boario di Macerata” .
Al termine della procedura di gara, iniziata lo scorso luglio, in cui la commissione ha analizzato in ogni dettaglio le proposte tecniche presentate dai sei operatori partecipanti, sulla base di un progetto di particolare estensione e complessità come quello del Foro Boario, si è arrivati alla selezione dell’impresa che effettuerà i lavori.
La procedura di gara è stata aggiudicata al raggruppamento di imprese che fa capo alla Francucci Srl (le altre ditte del raggruppamento sono Development srl, Edilflorio Srl, Pagano & Ascolillo Spa, Prefabbricati Morri srl).
“Quella del recupero del Foro Boario è un’opera pubblica fondamentale per la città e per tutta la vallata del Potenza – interviene l’assessore all’Urbanistica Paola Casoni -: un finanziamento statale che abbiamo conquistato con un’idea progettuale innovativa e difeso ad ogni costo dal precedente governo Lega-5Stelle che voleva quei fondi dirottati altrove. Grazie alle alte professionalità dei nostri tecnici è stata completata la progettazione nei tempi strettissimi previsti dalla convenzione e si entra ora, con la scelta dell’operatore aggiudicatario, nel vivo della sua realizzazione. C’è tanta soddisfazione sia per l’ottima partecipazione alla gara d’appalto, che ha visto la partecipazione di tante ottime proposte progettuali, sia per il raggruppamento scelto, che come capogruppo una ditta del territorio, oltre a imprese di importanza nazionale”.
Il progetto O.R.T.I., che riparte dalla tradizione fieristica del Centro Fiere, completamente risanato, aggiungendo altre funzioni integrate e complementari tra loro, si divide varie parti e prevede innanzitutto la riqualificazione degli attuali due padiglioni centrali, che saranno potenziati per accessibilità, sicurezza, funzionalità e igiene. In particolare, accanto alla bonifica delle coperture in amianto, verrà data una nuova veste architettonica con rivestimento in vetro e acciaio, mentre tutta l’area verrà dotata di servizi di connettività avanzati. I due padiglioni saranno collegati tra loro, e con un terzo spazio contenente uffici, aule seminariali e didattiche.
“Abbiamo scelto che le risorse destinate dal bando periferie fossero rivolte a una delle più decisive potenzialità di crescita della nostra Città: il centro fiere di Villa Potenza” afferma il sindaco Romano Carancini ”A quasi 50 anni dalla sua inaugurazione sono stati assegnati i lavori di rigenerazione e riqualificazione a un gruppo di imprese guidate da un’azienda locale.
Tredici milioni di investimento per 500 giorni di lavoro, a partire dal giugno del 2020, vuol dire la svolta per la  ripartenza di quella struttura così strategica per la città di Macerata.
Le caratteristiche di questa rigenerazione urbana saranno in grado di motivare il territorio e gli operatori d’impresa riportando fiducia in una vallata – quella del Potenza – troppo spesso dimenticata. Abbiamo, infatti, convinzione che da questo intervento non solo ne trarrà giovamento la frazione di Villa Potenza, ma esso costituirà il punto di inizio della riscossa di un’intera vallata, rappresentata nello stesso tempo dalla fiera identità agricola del nostro territorio provinciale e dal talento creativo riconosciuto nel mondo ad aziende di diversa vocazione produttiva.
Il campus scolastico Alighieri-Mestica, il collegamento viario via Mattei-Campogiano Corridonia, ed ora il centro fiere di Villa Potenza, senza pure considerare le risorse del futuro ospedale alla Pieve-Sforzacosta, segnano quattro punti cardinali per un investimento totale di circa 74 milioni di euro che cambieranno la città di Macerata e un pezzo del territorio provinciale verso una crescita sostenibile e una migliore qualità di vita per la comunità”.
O.R.T.I. mira a favorire lo sviluppo innovativo di aziende esistenti e l’avvio di nuove imprese start-up legate al comparto agricolo attraverso la creazione di una piattaforma aperta dedicata ad aziende, associazioni e aspiranti imprenditori per raccogliere idee, modelli, processi, prodotti e servizi di innovazione nel settore agrifood.
Nelle aree di proprietà comunale e dell’Ircr saranno avviati progetti di agricoltura urbana, orti urbani e agricoltura sociale finalizzati alla realizzazione di una filiera a chilometro zero con vendita dei prodotti in locali destinati al commercio. All’interno del complesso principale sono previste aree per la vendita diretta di produzioni biologiche e/o di qualità, affiancandole a un’area di ristorazione a filiera corta e a “botteghe didattiche” a tema, con annessa foresteria polifunzionale.
Il tema ambientale è forte anche nell’impostazione del progetto mirata all’autosufficienza energetica, affiancata a un’ottica di sensibilizzazione verso le nuove generazioni attraverso l’allestimento di un laboratorio didattico dedicato alle fonti rinnovabili. L’area prevede inoltre la realizzazione di un’arena polivalente per concerti e spettacoli, la creazione di aree verdi polivalenti lungo la sponda del fiume Potenza e di un percorso pedonale con arrivo nell’area archeologica di Helvia Recina, punteggiato da pannelli che ne raccontino la storia, creando una forte connessione tra le due centralità.
L’intervento, una riqualificazione a zero consumo di suolo e zero volumetria aggiunta, prevede oltre alla ristrutturazione dei padiglioni fieristici il completo rifacimento dell’edificio direzionale che diventa traino per l’intero centro: qui saranno ospitati oltre ai servizi propedeutici al polo fieristico, aule polifunzionali, sede delle associazioni di Protezione Civile, spazi espositivi, sale conferenze e manifestazioni, aree per il commercio e la ristorazione.
L’inizio dei lavori di riqualificazione è previsto per la prossima primavera, al termine della stagione fieristica, che culmina come ogni anno con la rassegna RACI- Radici, Agricoltura, Cibo, Innovazione, organizzata dal Comune di Macerata.
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