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alessandroiiidimacedonia · 3 months ago
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Recensione articolo: Francesco Sisti "Le proposte di pace di Dario ad Alessandro: fra aneddoto e verità storica" in Rivista di cultura classica e medioevale, Vol. 36, No. 1/2 (gennaio-dicembre 1994), pp. 209-215 (Accademia Editoriale)
Buongiorno a tutti sono Elena e siete su Alessandro III di Macedonia- la tua risorsa su Alessandro Magno e l’Ellenismo! Oggi vi parlo brevemente di un articolo che ho letto di recente: Le proposte di pace di Dario ad Alessandro: fra aneddoto e verità storica di Francesco Sisti in Rivista di cultura classica e medioevale Vol. 36, No. 1/2 (gennaio-dicembre 1994), pp. 209-215 (Accademia…
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La 'Frittura perfetta', un libro ne svela i segreti
Arriva ‘Frittura Perfetta’, nuovo volume della collana Accademia Il Cucchiaio D’Argento che va ad approfondire nel dettaglio alcune tecniche e tipologie gastronomiche. Il libro (Editoriale Domus) raccoglie tutti i segreti per ottenere fritti leggeri e croccanti proponendo 60 ricette che spaziano dall’antipasto ai dolci, passando per secondi di carne, pesce e vegetariani.     Il progetto…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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È l’ora del Manga: a Milano presso la sede de LaFeltrinelli in corso Buenos Aires una giornata dedicata interamente ai manga
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È l’ora del Manga : a Milano presso la sede de LaFeltrinelli in corso Buenos Aires una giornata dedicata interamente ai manga. La mega Lounge che si trova all’interno della libreria LaFeltrinelli in corso Buenos Aires conta quaranta metri quadrati che ospitano gli interventi artistici realizzati appositamente dall’Accademia Europea di Manga: illustrazioni che riproducono tipiche ambientazioni nipponiche ad arredo delle pareti della Lounge, al cui interno sono presenti: i Gashapon, ossia le macchinette che distribuiscono palline contenenti mini action figure dei Manga più famosi, gli espositori di Funko Pop, le celebri statuine in vinile da collezione, una nutrita proposta bibliografica di 3.500 titoli manga tra i “classici” come Dragonball, My Hero Accademia e One Piece più una selezione di manga di ispirazione sportiva come Spokon, Bluelock, The Climber, Dash Kappei, Haikyuu!, Kuroko Basket, Rocky Joe per citarne solo alcuni. It’s Manga Time! prende il via sabato 4 marzo alle 11.30 con la masterclass “Manga: la nona arte del Giappone” di Asuka Ozumi, traduttrice e docente per Feltrinelli Education di un corso sui manga e il lavoro editoriale, che conduce i partecipanti in un viaggio attraverso il variegato mondo del fumetto giapponese: dallo spokon al gekiga, dall'horror ai drammi storici. Si prosegue alle ore 15.30 con il laboratorio di doppiaggio assieme a Emanuela Pacotto e Renato Novara, voci di One Piece, Pokémon e Dragonball che terranno un incontro sul mondo degli anime. Infine, alle 18.30 Bao Publishing e Gastronomia Yamamoto organizzano un laboratorio su curiosità e differenze culturali legati al mondo della cucina orientale, ispirato a La Taverna di Mezzanotte. It’s Manga Time rientra nell’ambito di FANTASYLAND, l’iniziativa dedicata ai mondi fantastici che Librerie Feltrinelli esplora fino al 9 aprile attraverso un vivace palinsesto di appuntamenti realizzati in partnership con Lucca Comics & Games, il community event più significativo d’Europa. Tra gli ospiti protagonisti del calendario di iniziative che animerà le librerie delle principali città italiane: la scrittrice Licia Troisi, autrice delle serie fantasy ambientate nel Mondo Emerso, in uscita con “Poe e la Cacciatrice di draghi” (Rizzoli), gli autori Jacopo Starace, Roberto Recchioni, Cecilia Randall e Moony Witcher. E ancora, tanti progetti speciali come la Blackwater Night, in programma in contemporanea in diverse Librerie Feltrinelli d’Italia il 27 marzo o ancora la vigilia dell’uscita di Pioggia, l’ultimo libro della saga di McDowell pubblicata recentemente da BEAT Neri Pozza, e, per gli appassionati dei giochi di ruolo, le sessioni di gioco a tema Dungeons and Dragons, che si svolgeranno dal 22 al 28 marzo dalle ore 16.00 alle 20.00 in diverse Librerie Feltrinelli d’Italia in occasione dell’uscita sul grande schermo del film «Dungeons and Dragons - L’onore dei ladri». Scopri di più e consulta il calendario di tutti gli appuntamenti su www.lafeltrinelli.it/fantasyland... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 5 years ago
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“Misoginia social club” Di Luca Telese “Esperta di zoccolaggine”. Pensavo che fosse un colpo di sole quello che si è abbattuto su Alessandro Sallusti ieri portandolo ad inveire in maniera scomposta contro Selvaggia Lucarelli. È evidente in queste parole un grottesco accecamento, che per giunta si manifesta sulla scia di una labile pretestuosa polemica modellata sull’eco di una trasmissione televisiva. Ma anche questo obnubilamento merita di essere indagato, e – purtroppo – messo in connessione con una vera e propria tendenza del giornalismo italiano. Dal caso Iotti (“Brava a letto e in cucina”) al caso Raggi (“La patata bollente”), al caso Lucarelli (“Zoccolaggine”), ormai, dato l’affollamento e la sovrapposizione, non si può più dire che siano solo singoli episodi: si tratta di una miserevole nouvelle vague, una sorta di “Misoginia social club” che cerca di imporre il suo canone al mondo come se fosse una nuova accademia di bon ton. (...) se leggi “Basta!” di Lilli Gruber con i tuoi occhi di uomo è possibile che ti resti in mente... una domanda: davvero si può sostenere che le donne in Italia siano metodicamente e socialmente vittime di misoginia? Davvero siamo ancora fermi, come pensa la Gruber, a mezzo secolo fa? (...) Credo che Sallusti dovrebbe essere condannato non a gravi pene pecuniarie, non al carcere, ma a leggere il pamphlet della conduttrice di Otto e Mezzo e a ripeterlo a memoria , dopo essere stato interrogato con rigore penitenziale, davanti a una qualche arcigna commissione di salute pubblica (possibilmente in diretta live, magari proprio da Barbara D’Urso). Anche perché il suo colpo di sole non è più un caso isolato. Mercoledì scorso ero ospite a l’Aria che Tira con Vittorio Feltri. Feltri – la Merlino stava dando questa notizia – è sotto procedimento per un celebre titolo di Libero in cui si definiva “Patata bollente” Virginia Raggi. Il direttore editoriale ha spiegato: “Il titolo non aveva nessun doppio senso sessuale, dire ‘patata bollente’ significa fare riferimento ad un argomento spinoso, e poi il direttore del giornale non sono io: è Pietro Senaldi, che cosa volete da me?”. Era già seccato. (...) sempre in questi giorni, ho visto Pietro Senaldi difendersi lui stesso – stavolta a Tagadà– sulla vicenda incredibile dell’articolo pubblicato (sempre sullo stesso quotidiano) a proposito di Nilde Iotti. E in questo caso Senaldi, esattamente come Feltri dalla Merlino, ha negato ogni cosa, e non ha voluto assumere la sua responsabilità, sostenere quella posizione. È arrivato persino a dire che era un modo per sottolineare il valore “umano” della Iotti: “Ma dove sarebbe lo scandalo? Se qualcuno dice a me che sono bravo a letto io lo prendo come un complimento”. Giuro, ha detto davvero così. Tuttavia io non ho mai visto una prima pagina in cui si titolare su qualunque uomo definendolo “mezza pippa” o “cazzone”. (...) Stereotipi, sessismo e persino difficoltà ad ammettere, prendersi le proprie responsabilità e chiedere scusa. È una lingua che si alimenta di un malinteso senso di sdoganamento, e che dieci anni fa non sarebbe stata possibile: perché l’Italia maschilista degli Cinquanta non sentiva il bisogno di alzare la testa sui giornali nel segno dell’esibizionismo e della goliardia. L’Italia dei maschi fragili di oggi evidentemente vuole compensare: ed è qui che nasce il simpatico e sboccato inconsapevole coro di colleghi che tirano il sasso e nascondono la mano. Avete mai letto Sallusti (o Feltri, o Senaldi) dire di qualche loro avversario (maschio) che è un esperto mettinculo? Che batte? Che ha il cazzo moscio? Che corteggia direttrici per fare carriera? Ovviamente no. Non sono mai stati teneri con nessuno, ovviamente, ma quando si parla di un uomo non si entra mai nella sua sfera sessuale, non si valica il recinto del corpo, non si dice – nemmeno per scherzo – che sia di facili costumi se ha tante fidanzate. Anzi, se ha tante fidanzate, si pensa e si scrive che sia un fico, anche se è un vecchio bavoso avvizzito (gli esempi eccellenti non mancano). Si glorifica la sua fama di conquistatore senza sospettare nemmeno che le spasimanti siano appese al portafoglio (non per rispetto di loro, ovviamente, ma per rispetto di lui). Ed ecco perché non è un paradosso che in tempi non lontani alcuni di questi colleghi glorificassero le olgettine, vere e proprie martiri civili. La cosa divertente è che il “Misoginia social club” pensa di essere molto trasgressivo e anticonformista. Credono che sia piacevolmente provocatorio scrivere “tette”, “culo”, “zoccola” e “patata” se parlano di una donna. La cosa buffa è che si sono convinti di essere moderni e anticonformisti, mentre invece sono obsoleti e (soprattutto) molto prevedibili. Per questo devo fare autocritica: ha ragione Lilli Gruber. Di fronte al “Misoginia social club” bisogna dire e fare solo poche semplici cose: sorvegliare, punire e dire una cosa semplice: “Basta!”.
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italianartsociety · 6 years ago
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By Anne Leader and Jennifer D. Webb
Carlo Ceresa was long believed to have died on 10 February 1670 in Bergamo although, based on his final testament dated to January 30, we know that he died on January 29. The document notes that he left everything in his workshop to his sons who had likely been working alongside him since the early 1650s.
Many of his religious painting are still located in the north Italian churches--like the parish churches of San Gallo and Sant'Antonio Abate near Bergamo--for which they were executed. Ceresa is, however, best known as a portrait painter; he worked extensively for the Vertova family and other north Italian elites. 
Trained in the Late Mannerist style, Ceresa’s style evolved over his career. His biographer, Francesco Maria Tassi, noted the influence that Daniele Crespi’s forms had on Ceresa’s turn to naturalistic forms and use of spiritual light.
Ceresa’s depiction of San Vicenzo depicts the martyr dressed in contemporary clothing and kneeling with upturned eyes. Angels, carrying some of his attributes, frame the central figure and look out at the viewer. At the bottom of the panel and separated from the rest of the composition by a break in the clouds is a view of a section of Bergamo including the San Giacomo gate and the basilica of Santa Maria Maggiore. 
References: Francesco Frangi. “Ceresa, Carlo.” Grove Art Online. Oxford Art Online. Oxford University Press; Davide Bonfatti Ed. Carlo Ceresa (1609-1679). Milan: Silvana Editoriale, 2010.
Image credits: Wikimedia Commons
San Vicenzo, (1645-50). Oil on panel. Chapel of San Vicenzo, Duomo, Bergamo.
A Man with a Child. Oil on canvas. Auckland Art Gallery
Portrait of Camilla Spinola, ca. 1633. Oil on canvas. Musée des Beaux-Arts de Strasbourg
Portrait of Bernardo Gritti, 1646. Oil on canvas, Rijksmuseum, Amsterdam
Portrait of a Friar, 1650-53. Oil on canvas, Accademia Carrara, Bergamo
Further reading: Frangi, Francesco, Giovanni Valagu Simone Fachinetti, Carlo Ceresa (1609-1679): Un pittore del Seicento Lombardo tra Realta e Devozione. Milan: Silvana Editoriale, 2012); Neilson, Nancy Ward. Daniele Crespi. Soncino: Del Soncino, 1996.
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sustainable-art-magazine · 3 years ago
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USA/ITALY Bridging
L’Arte Sostenibile di Arvedo Arvedi e John David Mooney a Palazzo Marino e in Accademia di Brera a Milano
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Da mercoledì 6 aprile a venerdì 8 aprile 2022, sotto la direzione artistica del critico d’arte Marco Eugenio Di Giandomenico, Ethicando Association e ARD&NT Institute (Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano), in collaborazione con il Comune di Milano, hanno organizzato con grande successo alcuni eventi a Milano, che hanno avuto come protagonista l’arte del veronese Arvedo Arvedi e quella dell’americano John David Mooney, l’una figlia dell’altra, tra loro collegate dal leitmotiv della sostenibilità.
Mercoledì 6 aprile e giovedì 7 aprile 2022, presso la Sala Alessi e la Sala degli Arazzi di Palazzo Marino, in piazza della Scala n. 2 a Milano, sono state esposte N. 20 opere dell’artista veronese Arvedo Arvedi e si è svolto un convegno internazionale dal titolo ARTE SOSTENIBILE, nel cui ambito è stato presentato il libro dal titolo ARTE SOSTENIBILE. TRANSMEDIALITA' DELL'ARTISTA ARVEDO ARVEDI, edito da Silvana Editoriale (2022) e curato da Marco Eugenio Di Giandomenico, con vari interventi di esperti d'arte (Massimiliano Marafon Pecoraro, Raffaella Salato, Diana Alessandrini, Riccardo Maria Braglia) e un’intervista a John David Mooney.
Venerdì 8 aprile 2022, John David Mooney e Arvedo Arvedi hanno tenuto una lectio magistralis presso la Sala Napoleonica dell’Accademia di Belle Arti di Brera, diretta dai docenti Domenico Nicolamarino e Marco Eugenio Di Giandomenico, con la partecipazione in presenza e online degli studenti di alcuni corsi dell’accademia, e con l’intervento di varie personalità della cultura.
L’evento, nelle sue variegate declinazioni (espositive, didattiche, scientifiche, artistiche, etc.), ha avuto come fil rouge l’analisi di alcuni aspetti della sostenibilità dell’arte, argomento per sua natura multidisciplinare esplorato da illustri accademici ed esperti. In particolare, sono state indagate le nuove modalità espressive delle arti in chiave sostenibile nell’era delle nuove tecnologie, sia in termini di bridging (ponti) tra i diversi linguaggi creativi, sia in termini valoriali, vale a dire in termini di capacità dell’opera d’arte di farsi portavoce di un messaggio sociale e/o di promozione artistico-culturale sostenibile con ricadute positive sulla collettività e su tutti gli stakeholder coinvolti.
La produzione artistica di Arvedo Arvedi, “discepolo” dell’artista ambientale americano John David Mooney, entrambi presenti all’evento, è stata selezionata, anche in termini retrospettivi, come case history delle più attuali tendenze transmediali sostenibili dell’arte contemporanea.
Sulla tematica sono intervenuti all’evento, tra gli altri, oltre al curatore artistico Marco Eugenio Di Giandomenico, Filippo Barberis, Consigliere Comune di Milano, Roberto Favaro, musicologo e già vice direttore dell’Accademia di Brera, nonché direttore del master SOUNDART dell’ARD&NT Institute, Robert Allegrini, Presidente del NIAF (National Italian American Foundation) di Washington, D.C. (USA), Domenico Nicolamarino (docente all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano), Riccardo Maria Braglia (critico d’arte), Massimiliano Marafon Pecoraro (storico dell’arte), Marzio Dallagiovanna (Vice Presidente e Tesoriere del Comitato Esecutivo del Segretariato Permanente del World Summit of Nobel Peace Laureates), Annaluce Licheri (Presidente Associazione Italia In Testa), Franco Scepi (Responsabile Arte e Cultura della Fondazione Gorbachev), oltre a varie personalità dell’arte e della cultura.
L’evento, che ha goduto delle emozionanti performance musicali del M° Matteo Bensi (voce solista e fisarmonica) e del M° Attilio Rubba (pianoforte) in omaggio a Ennio Morricone e alla musica italiana famosa nel mondo, è stato supportato mediaticamente dalla piattaforma di comunicazione internazionale Betting On Italy (BOI), la quale promuove iniziative culturali e artistiche su temi di valorizzazione e promozione del made in Italy nel mondo.
Si ringraziano Carmela e Rebecca Nicolamarino per il contributo di interpretariato, Elisabetta Migliorini per i servizi fotografici, Paco Palmariggi per il dressing style di alcune personalità intervenute, Eby Elena Toffoloni per i social media, Andrea Baldini per i promo video.
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Per informazioni e prenotazioni:
Associazione ETHICANDO, via Uberto Visconti Di Modrone n. 38 – 20122 Milano
E-mail: [email protected] - www.ethicando.it
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USA/ITALY Bridging
THE SUSTAINABLE ART OF ARVEDO ARVEDI AND JOHN DAVID MOONEY AT PALAZZO MARINO AND BRERA ACADEMY IN MILAN
From Wednesday 6th April to Friday 8th April 2022, under the artistic direction of the art critic Marco Eugenio Di Giandomenico, Ethicando Association and ARD&NT Institute (Brera Academy and the Polytechnic University of Milano), in collaboration with the City of Milan, organised a number of highly successful events in Milan, featuring the art of Arvedo Arvedi from Verona and that of the American John David Mooney, one born from the other, linked by the leitmotiv of sustainability.
On Wednesday 6th April and Thursday 7th April 2022, at the Sala Alessi and the Sala degli Arazzi of Palazzo Marino, in Piazza della Scala no. 2 in Milan, 20 works by the Veronese artist Arvedo Arvedi were exhibited and an international conference was held entitled SUSTAINABLE ART, in the context of which the book entitled SUSTAINABLE ART. TRANSMEDIALITY BY ARTIST ARVEDO ARVEDI, published by Silvana Editoriale (2022) and edited by Marco Eugenio Di Giandomenico was presented, with various contributions from art experts (Massimiliano Marafon Pecoraro, Raffaella Salato, Diana Alessandrini, Riccardo Maria Braglia) and an interview with John David Mooney.
On Friday 8th April 2022, John David Mooney and Arvedo Arvedi held a lectio magistralis in the Sala Napoleonica of the Brera Academy of Fine Arts, directed by lecturers Domenico Nicolamarino and Marco Eugenio Di Giandomenico, with the participation - in presence and online - of the students of some of the Academy's courses, and with the intervention of various figures from the world of culture.
The event, in its various forms (exhibition, didactic, scientific, artistic, etc.), had, as its leitmotif, the analysis of certain aspects of the sustainability of art, a topic which, by its very nature, is multidisciplinary and is explored by illustrious academics and experts. In particular, the new modes of expression of the arts in a sustainable key in the era of new technologies were investigated, both in terms of bridging the different creative languages, and in terms of values, such as the ability of the work of art to act as a spokesperson for a social message and/or sustainable artistic-cultural promotion with positive effects on the community and all the stakeholders involved.
The artistic production of Arvedo Arvedi, "disciple" of the American environmental artist John David Mooney, both present at the event, was selected, also in retrospective terms, as a case history of the most current sustainable transmedia trends in contemporary art.
Speakers at the event included, in addition to the artistic curator Marco Eugenio Di Giandomenico, Filippo Barberis, Councillor of the Municipality of Milan, Roberto Favaro, musicologist and former deputy director of the Brera Academy, as well as director of the SOUNDART master course at the ARD&NT Institute, Robert Allegrini, President of the NIAF (National Italian American Foundation) in Washington, D.C. (USA), Domenico Nicolamarino (professor at the Brera Academy of Fine Arts in Milan), Riccardo Maria Braglia (art critic), Massimiliano Marafon Pecoraro (art historian), Marzio Dallagiovanna (Vice President and Treasurer of the Executive Committee of the Permanent Secretariat of the World Summit of Nobel Peace Laureates), Annaluce Licheri (President of the Associazione Italia In Testa), Franco Scepi (Head of Art and Culture at the Gorbachev Foundation), as well as various personalities from the world of art and culture.
The event, which enjoyed moving musical performances by Maestro Matteo Bensi (solo voice and accordion) and Maestro Attilio Rubba (piano) as a tribute to Ennio Morricone and world-famous Italian music, was supported in the media by the international communication platform Betting On Italy (BOI), which promotes cultural and artistic initiatives on issues of valorisation and promotion of Made in Italy around the world.
We would like to thank Carmela and Rebecca Nicolamarino for their interpreting contribution, Elisabetta Migliorini for the photographic services, Paco Palmariggi for the dressing style of some of the personalities who participated, Eby Elena Toffoloni for social media, Andrea Baldini for the video promos.
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For information and reservations:
Associazione ETHICANDO, via Uberto Visconti Di Modrone n. 38 – 20122 Milan
E-mail: [email protected] - www.ethicando.it
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levysoft · 4 years ago
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Evroniani, una necrorecensione16 GIU 2021
Nel 1996 Paperinik esiste già da ventisette anni. Oltre cinque lustri, nel corso dei quali ha cambiato volto diverse volte: è stato un vendicatore mascherato, un eroico avventuriero, un paladino dell’ecologismo. Ha affrontato e sconfitto Gastone, Zio Paperone, i Bassotti, Rockerduck, Spectrus, Inquinator. Nelle storie brasiliane fa stabilmente parte di un gruppo di supereroi comprendente Paper Bat, Super Pippo e Super Gilberto. Un pugno di addetti ai lavori ritiene però che l’alter egosupereroistico di Paperino creato da Guido Martina nel 1969 possieda ancora delle potenzialità non sfruttate.
Da un po’, sulle testate Disney italiane è in atto una piccola rivoluzione silenziosa. A partire dal 1994 Max Monteduro si sbizzarrisce con la grafica delle copertine di Topomistery e Paperinik e altri supereroi. Alberto Lavoradori, in un trittico di splendide storie sceneggiate da Rudy Salvagnini, porta un po’ di Hans Giger sulle pagine di Topolino. Sul mensile Minni & Company si sperimenta la pentacromia. Sotto la guida del Direttore Paolo Cavaglione e del responsabile area artistica Ezio Sisto, il mondo Disney si apre pian piano alle contaminazioni e accoglie in seno molti giovani artisti, gran parte dei quali formatisi nella prestigiosa Accademia diretta da Roberto Santillo.
Come scrisse Victor Hugo, «il Domani compie irresistibilmente la propria opera, e la comincia Oggi», per dire che il rinnovamento grafico e narrativo del personaggio creato da Martina nel lontano (oggi lontanissimo) 1969 è certamente nell’aria. Nella fucina di idee nota come “Progetto PK” vengono coinvolti subito i disegnatori Corrado Mastantuono, Stefano Intini e Alberto Lavoradori e lo sceneggiatore veterano Alessandro Sisti, che dovrebbe ricoprire il ruolo di headwriter della nuova serie.
Uno studio di Lavoradori per i nuovi nemici di Paperinik
Ispirandosi a Giger, al surrealismo organico di Kubin e ai “colori morti” di Oelze, Lavoradori crea gli Evoniani, nemici principali della serie; poco per volta nascono anche il genio Everett Ducklair e le intelligenze artificiali Uno, Due e Tre, la giornalista Clarissa e il teleoperatore Camera 9, il cronista d’assalto Angus Fangus, il Razziatore, il preistorico Urk, i mutanti Xadhoom, Guardia n. 246 ed Esperimento Abominio. Abbandonati la 313-X e gli stivaletti a molla, si assegnano a Paperinik una specie di bislunga “Pkmobile” e uno scudo ipertecnologico, una sorta di enorme e scomodo catafalco di metallo. In una prima fase gli Evoniani hanno dimensioni variabili (alcuni sono addirittura… tascabili!) ma aspetto identico fra loro e un colore tra il marroncino e il verde; Sisti cambierà loro nome in “Evroniani” e le loro proporzioni diverranno più uniformi.
Si definisce il mondo in cui Paperinik, rinominato “PK”, si troverà a vivere. Fioccano nel frattempo le tavole di prova, si studia una nuova disposizione delle vignette e Cavaglione ordina dei colori speciali dal Canada. Il formato della nuova testata sarà simile a quello degli spillati americani. Marco Ghiglioneelabora tre versioni diverse della copertina del primo numero. Nasce la redazione di PKNA, comprendente nomi come Sisto stesso e Monteduro (responsabili del progetto editoriale), Simone Stenti (detto “Il Sommo”) nel ruolo di coordinatore del progetto, Valentina De Poli, Francesco Artibani, Claudio Sciarrone, Stefano Intini: una forma embrionale del successivo PK Team. Anni dopo, qualcuno definirà quelle del PK Team ���delle specie di riunioni di condominio”: c’è grande fermento, fioccano idee, si definiscono mondi e personaggi.
Evroniani, il numero 0 della serie Paperinik New Adventures, vede la luce nel marzo 1996. Il soggetto è firmato a quattro mani da Ezio Sisto e Alessandro Sisti (il ruolo del collaboratore di Cavaglione nella definizione di personaggi, trama e atmosfere è innegabile), mentre la sceneggiatura è del solo Sisti; i disegni sono ovviamente di Alberto Lavoradori, demiurgo dei bellicosi abitanti di Evron. Lo spillato conta 84 pagine totali, misura quanto un fumetto americano, costa 3.300 lire. La copertina, disegnata da Ghiglione, continua nel retro e presenta qualche imprecisione prospettica ma forse proprio per questo risulta incredibilmente affascinante. Il titolo della storia sbuca da un finto strappo sul lato destro. I colori di Monteduro sono meravigliosi.
La fine di Xerba
Già come oggetto, nella propria materialità, Evroniani è qualcosa di mai visto prima. Alto quanto un comic book ma più spesso, con un fascino gotico e inquietante che rimanda forse alle pubblicazioni Image, con la propria estetica generosa e i materiali di eccezionale qualità, il numero 0 trascina il lettore Disney in un campo da gioco completamente diverso rispetto a ciò cui è abituato. Il contenuto non è da meno.
Introdotta da una breve prefazione che, più che spiegare, aggiunge ulteriore mistero al tutto, la prima avventura pikappica comincia con cinque tavole mute, esperimento rimasto un unicum nella serie e nel fumetto Disney in generale. Ci troviamo sul pianeta Xerba il giorno dell’invasione. Le architetture aliene ricordano certi scenari alla Moebius. È una notte chiara: uno sciame di astronavi dal becco di papero cala dal cielo. Gli Evroniani, ora di un deciso colore viola, sbarcano armi in pugno a bordo di avveniristici dischi individuali e sparano a tutto ciò che si muove.
Hanno corpi a triangolo rovesciato, speroni alle zampe simili ad alettoni, un simbolo celeste sul petto e inquietanti serbatoi alloggiati sulle spalle. Il loro design ricorda molto l’Alien di Giger, che Lavoradori ha già trasportato nell’universo Disney nella storia Paperino e la nube cosmica; la tecnologia organica pare rimandare invece al body horror di Cronenberg. Sono feroci e inarrestabili. Le strutture xerbiane vengono invase e fatte saltare in aria, il pianeta ormai deserto viene colonizzato; a pagina 5 un personaggio in penombra, che in futuro conosceremo come Xadhoom ma che per ora ha ancora l’aspetto della dottoressa Xado, grida il suo “Noooo” disperato. E la storia può cominciare.
Torniamo sulla Terra. Ci troviamo a Paperopoli, precisamente di fronte agli studi di 00 Channel dove vengono registrati gli episodi di una soap opera intitolata Patemi. La città dei paperi ripensata da Lavoradori è una metropoli oscura, dai muri sbrecciati, simile per certi versi alla Gotham City di Batman. L’attricetta Paperilla Starry decide di evitare i fan assatanati sbucando da un’uscita secondaria, senza sapere che ciò la esporrà a un’aggressione. Come prevedibile, la star della TV viene rapidamente raggiunta dal paladino della città: un perplesso Paperinik si ritrova così a fronteggiare due misteriosi individui dalla testa avvolta in una sorta di fiamma azzurrina e dotati di strani poteri.
Per la prima volta in ventisette anni di onorata carriera le armi realizzate da Archimede risultano inutili e i due aggressori si ritirano a bordo di un disco individuale evroniano solo perché impreparati ad affrontare imprevisti. Abbiamo qui un Paperinik ancora fallibile, dubbioso e impaurito: anche nell’aspetto Lavoradori lo caratterizza similmente alle sue avventure classiche, tondeggiante nelle forme e comicamente espressivo, quasi un elemento estraneo rispetto ai grattacieli longilinei e agli eleganti alieni viola che presto sarà chiamato a sconfiggere.
Lontano, nello spazio aperto, l’ufficiale Agron si ritrova a fare rapporto al suo “Sublime Superiore”, il generale Zondag nella sua prima versione, qui molto diverso da come apparirà nel successivo Ombre su Venere: si mostra ai lettori attraverso uno schermo, alto e magro, con occhi stretti a fessura e il corpo agile avvolto nelle spire di una lunghissima coda. Incollerito, dal becco del generale si diparte un inedito balloon nero con testo in bianco, un’altra piccola innovazione pikappica. All’interno dell’astronave prevalgono elementi tondeggianti alla Hans Bellmer, con una pavimentazione composta da miriadi di semisfere irregolari simili a grottesche escrescenze che ricordano le strutture di Luna LV-276 del film Alien: Scontro finale, o la segmentazione interna dell’intestino di uno xenomorfo.
I soliti vecchi Paperi? La solita vecchia Paperopoli?
Il giorno dopo si verificano due eventi significativi per Paperino: prima scopre che Brad Van Beck, un attore del cast di Patemi è stato sostituito dal collega Sean Leduck; poi, viene assunto da Zio Paperone come custode di un edificio da lui recentemente acquistato, la Ducklair Tower. Abbiamo qui inoltre un rarissimo – per quanto velato – riferimento alla morte in un fumetto Disney.
Il design della Ducklair Tower (da qui in avanti DT) desta ancora oggi meraviglia. Altissima e caratterizzata da una decorazione superiore palesemente gigeriana, il suo ingresso è rappresentato da una sorta di “bocca” di metallo polimorfo nero: i pavimenti lucidi e le apparecchiature tonde piene di spie e pulsanti richiamano l’interno di un’astronave. Dal momento in cui Paperino scopre nella DT un piano aggiuntivo rispetto ai centocinquanta dichiarati, gli eventi si susseguono senza lasciare respiro al lettore.
Facciamo la conoscenza di Angus, kiwi giornalista certamente ispirato a J. Jonah Jameson, Lyla Lay (in origine Clarissa) e Camera 9, teleoperatore che indossa un’armatura praticamente identica alla bardatura dell’alieno protagonista del mediometraggio Swiss Made 2069 di Giger e Fredi M. Murer. Nel cosiddetto “Piano segreto” Paperinik incontra Uno, l’intelligenza artificiale che dirige la DT e che diverrà il suo alleato più importante nella lotta contro gli alieni – il suo volto sintetico, di un rassicurante color verdino, è la versione ingentilita del viso del suo creatore, Everett Ducklair.
Scopriamo le mire e la storia del pianeta Evron (sono stati ovviamente loro a far sparire Brad Van Beck) e, in un momento di altissima tensione, assistiamo alla trasformazione di Sean Leduck in un Coolflame, come vengono chiamati gli schiavi degli Evroniani. Da qui in poi Paperinik, ormai lentamente maturato in PK, sarà perfettamente padrone della situazione. Dal punto (è proprio il caso di dirlo) di vista estetico il passaggio da Paperinik al supereroe planetario è denunciato anche dalla presenza del punto nei dialoghi, in luogo dell’onnipresente e disneyano punto esclamativo. Come a dire che ora si fa sul serio.
«Momenti disperati richiedono misure disperate», e un PK armato di uno scudo Extransformer dalle linee più semplici, una elegante lastra di metallo con elementi in nero e celeste, saprà farsi onore durante il party di Patemi organizzato su una terrazza della DT, ove si consumerà lo scontro finale con Agron. In questa lunga sequenza d’azione, Lavoradori dimostra di essere uno strepitoso “regista”. A pagina 59 gestisce numerosi elementi scenici con dinamismo e chiarezza, le inquadrature inclinate di pagina 62 con lo scudo che corre in direzione del lettore sono arte pura.
Ritroveremo l’ufficiale evroniano in Ombre su Venere e uscirà definitivamente di scena quando il generale Zondag stanco dei suoi insuccessi lo “spazzerà via”; ma per ora Agron si limita a ritirarsi meditando vendetta. Terminato lo scontro, il regista Sam Plot si risveglia spontaneamente dalla coolflamizzazione, PK fa la conoscenza di Lyla (che avrà un ruolo sempre maggiore nelle avventure successive) e si ritira dopo aver negato agli astanti una spiegazione esaustiva di tutto l’accaduto.
Una nuova costruzione della tavola, al servizio del regista Lavoradori
«Non siamo nei vostri tele-polpettoni, dove tutto si chiarisce nel gran finale!» dichiara – ipocritamente, se vogliamo tener conto della sua infantile passione per gli stessi tele-polpettoni che sta criticando – un PK dall’espressione cupa e determinata. Si tratta forse anche di un momento di riflessione metanarrativa sulle convenzioni del fumetto comico, in cui tutto si risolve e si ristabilisce ogni volta lo status quo. PKNA è diverso, sembra gridare a gran voce il nostro eroe. E infatti.
Dei vari finali alternativi presi in considerazione da Sisti e Sisto per chiudere il numero 0 viene scelto forse il meno consolatorio: PK, distrutto, va a dormire ma gli Evroniani sono tutt’altro che sconfitti e solcano i cieli di Paperopoli a bordo di caccia classe F. L’avventura è appena cominciata, come dimostrano anche le numerose pagine di approfondimento in cui si accenna al Razziatore, alla Cittadella Imperiale Evroniana, a Xadhoom e ad altri elementi che rappresentano la punta dell’iceberg della complessa operazione di worldbuilding che precedette l’uscita di Evroniani.
Come volume in sé, esulando da confronti con capolavori che lo avrebbero seguito, il numero 0 si caratterizza per una sceneggiatura dotata di elevata tensione narrativa, un sottile rimpiattino fra umorismo e inquietudine e alcune battute memorabili («Quando il gioco si fa duro… io vorrei essere da un’altra parte!»). Sisti rende benissimo la progressiva trasformazione di Paperinik nella sua versione 2.0, concentrando i momenti di alleggerimento nella prima metà: per sua stessa ammissione e a differenza di autori intervenuti successivamente, lo sceneggiatore lombardo non ha mai inteso distaccarsi del tutto dal “tono Disney”, come dimostra anche la presenza di Zio Paperone in questa e in altre sue sceneggiature pikappiche. Fino all’incontro con Uno, Paperinik è ancora in parte il nostro amichevole papero mascherato di quartiere. Tuttavia, a pagina 67, Paperinik sceglie un’uscita di scena degna di un teatrante esperto e il suo sguardo è quello di un papero sempre più sicuro di sé. La necessaria trasformazione in super eroe “vero” e adulto è accaduta quasi senza che ce ne accorgessimo.
Del character design e della regia di Lavoradori si potrebbe discutere per ore. Al netto dei debiti che l’artista veneto ha contratto con i surrealisti e con gli xenomorfi della saga di Alien, gli Evroniani restano una delle invenzioni migliori del fumetto italiano degli ultimi anni. I figli di Evron nella loro versione definitiva sono creature terrificanti. Privi di collo e di pupille, implacabili membri di un impero stellare di parassiti emozionali: un popolo di colonizzatori senza pietà totalmente devoto all’imperativo biologico della propagazione della specie.
Le sezioni a tubo o a sfera si ispirano agli ambienti di Alien, come la Camera del Pilota
Vivono su Evron, un mondo-arca vagante, idea che ricorda un po’ Il giorno dell’invasione di Larry Niven e Jerry Pournelle, la saga dei Condannati di Messina di Ben Bova, Orfani del cielo di Robert A. Heinlein o, perché no, l’isola Laputa ideata da Jonathan Swift. In parte animali e in parte vegetali, gli Evroniani sono tendenzialmente privi di emozioni proprie e si nutrono di quelle altrui, che assimilano tramite Evrongun e che immagazzinano temporaneamente nei serbatoi che portano sulle spalle. Per certi versi la loro società ricorda quella dell’antico Egitto, ma la rigida suddivisione in caste rimanda alla cultura indù o anche, come di recente dichiarato da Sisti, agli insetti sociali come api e formiche.
In termini di gestione della tavola il disegnatore “gioca” con vignette lunghe, a incastro, a novanta gradi, e fa spesso uso della profondità di campo. Spesso, quando la tensione narrativa richiede un tono più cupo, il bordo tavola è colorato di nero. Memorabili alcune tavole, come quella in cui Paperinik viene “divorato” dal gargoyle (rifacimento di una tavola di prova realizzata da Mastantuono) o alcune soluzioni come la vignetta di pagina 40 in cui ha inizio la spiegazione di Agron: l’ufficiale inizia il proprio racconto tenendo alta la mano destra, dietro di lui la fiammella azzurra che sprigiona dalla testa di Sam Plot sembra circondare anche la mano di Agron. Meravigliosamente inquietante.
L’impatto del numero 0 di PKNA sull’immaginario collettivo è difficilmente valutabile. Se non avesse avuto successo, la serie non sarebbe probabilmente mai decollata e non sarebbero nati prodotti successivi basati su un simile afflato rivoluzionario, come W.I.T.C.H. o Mickey Mouse Mystery Magazine. Ma questo successo l’ha avuto eccome e, nonostante il PK Team non esista più e Disney abbia rinunciato agli spillati inediti, gli Evroniani sono più vivi e cattivi che mai, oggi come venticinque anni fa.
PK è attualmente protagonista di centodiciannove albi, considerando anche la celebrativa Una leggendaria notte qualunque sceneggiata da Alessandro Sisti e il crossover con DoubleDuck. Non si contano gli spin-off, le parodie e i camei, alcuni dei quali presenti in fumetti non-Disney. Un ricco merchandising è tuttora in circolazione e molto ambito dai collezionisti. Oggi PK viene costantemente ristampato ed è oggetto di un’interessante riscoperta critica. Nuovi e vecchi autori si occupano di realizzare archi narrativi inediti, mentre nuovi nemici si aggiungono all’immenso cast pikappico.
Il fenomeno PK pare ancora destinato a procedere senza fermarsi mai. Parafrasando Victor Hugo potremmo dire «il Domani compie irresistibilmente la propria opera e l’ha cominciata Ieri», vale a dire nei rutilanti anni Novanta in cui una manciata di artisti concepì e realizzò quelle cinque, assurde tavole mute ambientate sul pianeta Xerba.
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cinquecolonnemagazine · 4 years ago
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Poeti in Campania: intervista a Mario Fresa
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Il poeta campano che andiamo ad intervistare è Mario Fresa (Salerno, 1973). Ha compiuto gli studi classici e musicali e si è laureato in Letteratura italiana. Sue poesie sono state pubblicate su riviste italiane, francesi e internazionali: «Paragone», «Caffè Michelangiolo», «Nuovi Argomenti», «Almanacco dello Specchio», «Recours au Poème», «L’area di Broca», «Gradiva» «Quadernario», «Palazzo Sanvitale», «La clessidra», «Semicerchio», «Portique». È presente in varie antologie, pubblicate sia in Italia sia all'estero, da Nuovissima poesia italiana (Mondadori, 2004) alla recente Veintidós poetas para un nuevo milenio, numero monografico della rivista spagnola «Zibaldone. Estudios italianos» (Università di Valencia, 2017). È del 2002 il prosimetro Liaison, con la prefazione di Maurizio Cucchi (edizioni Plectica; Premio Giuseppe Giusti Opera Prima, Terna Premio Internazionale Gatto); seguono, tra le altre pubblicazioni di poesia, il trittico Costellazione urbana (Mondadori, «Almanacco dello Specchio», n. 4, 2008); Luci provvisorie (una triade di poemetti apparsa nel n. 45 di «Nuovi Argomenti», Mondadori, 2009); Uno stupore quieto (Stampa2009, a cura di Maurizio Cucchi, 2012; menzione speciale al Premio Internazionale di Letteratura Città di Como); La tortura per mezzo delle rose (nel sedicesimo volume di «Smerilliana», 2014, con un’analisi critica di Valeria Di Felice); Teoria della seduzione (Accademia di Belle Arti di Urbino, con disegni di Mattia Caruso, 2015); Svenimenti a distanza (prefazione di Eugenio Lucrezi; Il Melangolo, 2018).Tra i suoi libri di saggistica, Il grido del vetraio (Nuova Frontiera, 2005); Le tentazioni di Marsia (Nuova Frontiera, 2006) e La poesia e la carne (La Vita Felice, 2008): tre volumi scritti in collaborazione con il filosofo Tiziano Salari; Come da un’altra riva. Un’interpretazione del Don Juan aux enfers di Baudelaire (Marco Saya, 2014); Le parole viventi. Modelli di ricerca nella poesia italiana contemporanea (La Recherche, 2017); Alfabeto Baudelaire (saggio e scelta di traduzioni, EDB, 2017). Mario Fresa ha dedicato una specifica  attenzione all’attività traslatoria, in particolare nell’ambito poetico, traducendo dal greco moderno (Sarandaris), dal latino classico e medievale (Catullo, Marziale, Seneca, Bernardo di Chiaravalle) e dal francese (Baudelaire, Rimbaud, Musset, Desnos, Apollinaire, Frénaud, Char, Cendrars, Queneau, Duprey). Ha ricevuto, tra gli altri, il Premio Franco Fortini per la saggistica (2011) e, ad honorem, nel 2017, il Premio Internazionale Prata per la critica letteraria. Come ti sei avvicinato alla poesia? Nel periodo dei miei studi musicali, a vent’anni, traducevo i testi dei maggiori liederisti e di alcuni libretti del teatro d’opera (m’interessavano, soprattutto, i principali Singspiele del Sette-Ottocento: quelli scritti da Schikaneder/Giesecke, Kind, Treitschke…); di questi ultimi approntavo anche ingegnose traduzioni isometriche. Continuai a coltivare l’arte della traduzione e passai alla poesia francese dell’Otto-Novecento. Poi, a poco a poco, grazie a questo magnifico, quasi quotidiano contatto a corpo a corpo con la musica e con la poesia, iniziai a scrivere versi in modo autonomo. Nel gennaio del 1999 pubblicai la mia prima poesia, intitolata La sabbia e gli angeli. Era un omaggio a mio padre. Maurizio Cucchi la fece uscire sul settimanale «Specchio della Stampa». C’è stato qualcuno che devi ringraziare per averti dato, che so, dei consigli di come muoverti nel tuo percorso artistico? I consigli più importanti li ho ricevuti dalla lettura e dallo studio diretto dei poeti, in ispecie del secondo Novecento. Che cosa cerchi attraverso la poesia? Qual è il tuo intento? L’ambizione è quella di dare vita, per il tramite di un piccolo inferno linguistico, a uno spazio difficile, impercorribile (diresti: a un buco nero) che conduca a una sorta di interdizione dell’utilitilarismo economicistico della parola. L’intento è quello di creare la proiezione di un abbandono provvisorio che permetta, infine, l’emersione, più oggettiva che soggettiva (e perturbante, più che ricompositiva) di quella dimensione psichica sepolta che il pensiero junghiano definisce ombra. Ma lo scopo è anche un altro; ed è di natura anarchica, perché fondata su di una salutare disobbedienza luciferina che sempre io desidero attribuire alla parola. In tale prospettiva disturbante e ribelle, lo stesso linguaggio impara finalmente a combattere e a corrodere i propri interni e subdoli scopi mercificanti. Così, le nuove immagini proposte, sempre alterate/alteranti, minano la sicurezza reazionaria della comunicazione tradizionale e opportunistica, in modo da offrire un messaggio di trasvalutazione dei valori espressivi “comuni” e di costante opposizione nei riguardi della rassicurante comunicabilità dell’uomo “filisteo” (asservito ai poteri e alle ipocrisie del linguaggio sociale). La tua scrittura segue delle linee o delle correnti culturali specifiche? Lo studio del saggio Totem Art di Wolfgang Robert Paalen mi ha molto influenzato e ispirato. Quali programmi hai in cantiere? Ho finito da pochi mesi (dopo sette anni di lavoro!) di curare un Dizionario della poesia italiana del secondo Novecento (dal 1945 a oggi), la cui pubblicazione è imminente. Sto lavorando anche ad altri quattro o cinque libri che forse, se Arimane vuole, saranno presto pubblicati. Come vivi la cultura, la poesia, nella tua città, nella tua vita? Trovi difficoltà e quali? Ho organizzato, nei tempi passati, molti incontri letterari nella mia città. Adesso sono stufo. Intanto, mancano gli spazi. Qualche anno fa, a Salerno, c’erano decine di librerie. Ora si contano sulle dita di una sola mano. Si moltiplicano i ristoranti, però. Lo sappiamo bene: riempire la pancia è meno faticoso di pensare. Hai mai partecipato a premi letterari? Che opinione hai di essi? Ho molti bei ricordi dei Premi che mi sono stati assegnati. Cito il più caro: nel 2004 ricevetti il Premio Capoverso organizzato da Carlo Cipparrone e dal giovane editore Antonio Alimena. In quell’occasione felice, conobbi il filosofo e poeta Tiziano Salari. Diventammo, a distanza, due “amici stellari”, come dice Nietzsche. Scrivemmo tre libri insieme e fondammo anche una collana editoriale di ispirazione hölderliniana, “Il vulcano e la rosa”. Oggi, con la crisi dell’editoria, pubblicare un volume non è semplice: le grandi case editrici non ti filano se non sei legato politicamente o a risorse economiche, e le piccole ti chiedono contributi economici, spesso esosi. Per non parlare poi della poesia che, seppur prolificante, è rinchiusa in “cripte” elitarie. Hai riscontrato difficoltà editoriali durante il tuo percorso, e se sì, per quali motivi? Non ho mai avuto alcuna difficoltà nel pubblicare. Il prossimo libro di poesie, in uscita quest’anno, è nato in occasione di un invito che mi è stato rivolto da un editor di rara competenza. Certo, la poesia e gli stessi poeti sono rinchiusi in “cripte”, come tu dici. Il termine, tristemente funebre, è opportuno. Se chiedi a una persona di media cultura di citare il nome di un poeta italiano contemporaneo, sta’ sicuro che la risposta sarà il silenzio assoluto. Se dovessi paragonare la tua poesia ad un poeta famoso, a chi la paragoneresti? Quale affinità elettive ci trovi con la tua poesia? Ma no, non è possibile. Mi ripeto continuamente, insieme con Gozzano: «Ed io non voglio più essere io». Però non voglio essere nemmeno un altro al quale paragonarmi. Avere un io è già una piccola sciagura. L’attività dell’avere la lascio ai commercianti. Meglio essere che avere. Meglio ancora non essere che essere. La soddisfazione maggiore – se c’è stata – che hai raccolto nel mondo letterario? Soddisfazioni? Quelle le ho soltanto quando dormo un sonno senza sogni. Cosa pensi dei libri digitali? Possono competere con l’editoria tradizionale, cioè con quella cartacea e perché? I libri digitali? Sono utili. Ma non necessari. Qual è il tuo rapporto con la politica? Prego Arimane o Farfarello o Malacoda che mi facciano stare lontano le mille miglia dal fetore etico ed estetico dei nostri governanti. La realtà politica dei tempi correnti è davvero orrenda. Ma la data di origine del disastro è lontana: mi riferisco al 1861, anno di nascita di quella che si soprannominò, in modo più che giusto, Terza Italia o Italietta. Questa Italia fintamente unita fu consegnata con la massima violenza agli orribili Savoia e, da allora, non si è mai più ripresa; ché la sua catabasi – lo si vede con molta chiarezza – è inarrestabile. Siamo passati, in questi anni, dalla volgarità furfantesca del berlusconismo al suicidio annunciato della sinistra, scesa sempre più in basso. Ora è la volta (ahinoi) dei leghisti, dei fascisti e dei risorgenti supercattolici difensori dei “valori” (?) della famiglia (ah, se avessero letto o riletto con attenzione i Tragici greci, o Sigmund Freud, essi avrebbero capito che la famiglia è il luogo di origine di ogni tragedia!). La cultura e la scuola sono state affossate. I nostri governanti sono anti-estetici, illetterati e del tutto incapaci di distinguere un Goya da un Velázquez, o una sonata di Haydn da una sonata di Scarlatti, o un verso di Foscolo da un verso di Leopardi. Ricordo ancora, con orrore, i disastri grammaticali di quella signora con i capelli rosso semaforo che fu nominata, alcuni anni fa, Ministro della Pubblica Istruzione. Ora questo Ministero è stato affidato a un ex allenatore di una squadra di basket. E io che mi lamentavo di Francesco De Sanctis o di Giovanni Gentile. Come vivi la quotidianità? Lavoro; scrivo; amo; veglio. Per fortuna, dimentico tutto con molta facilità: nomi, volti, situazioni. Ma ciò che è essenziale non lo cancello dalla memoria: posso ricordare decine e decine di versi di Baudelaire o l’intera partitura di un concerto mozartiano, dalla prima all’ultima nota. Lo spirituale è nell’arte, non nella vita. Oltre alla poesia, di cosa ti occupi? Musica, disegno, pittura. Se potessi cambiare lo stato comatoso in cui vive oggi la nostra società, quali sarebbero le tue soluzioni, le proposte? Il coma di cui parli è dovuto a una scelta precisa di suicidio. La società capitalistica ha trasformato gli uomini in consumatori-consumati. La cultura è stata disarmata e trasformata in merce o in un continuo e deprimente spettacolo di evasione e di distrazione. Sono contrario a qualsiasi ipotesi cristiana di salvazione o di redenzione, per me e per gli altri; perciò, non propongo nessuna ipotesi di soluzione. Se l’Italietta ha scelto l’eutanasia, si accomodi pure. Io, per me, ambisco a ritirarmi nel bosco, siccome il protagonista del bellissimo libro di Ernst Jünger, Der Waldgang. Qual è la tua ultima fatica editoriale? Puoi parlarcene brevemente? L’ultimo libro è Svenimenti a distanza, edito da il melangolo nel 2018. Sberleffo al perbenismo logico e rassicurante del linguaggio borghese, calcolatore, ipocrita, cattolico, tradotto nella forma di un incubo ininterrotto, felicemente (e innocentemente) crudele. Read the full article
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thebeautycove · 4 years ago
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Viva l’Italia e i suoi profumi. Cosa leggo adesso? L’ultimo libro di Marika Vecchiattini “Manuale della Grande Profumeria Italiana” edito da Silvana Editoriale e patrocinato da Accademia del Profumo. Marika, da grande esperta del settore, rende omaggio a mezzo secolo di eccellenza italiana nell’arte profumiera. Il volume contiene cenni storici, approfondimenti tematici, la cultura del profumo dal medioevo ai giorni nostri, una selezione di 100 fragranze che hanno segnato la loro epoca per innovazione olfattiva e strategie di marketing rivoluzionarie, infine un interessante compendio con settemila creazioni prodotte dai marchi italiani dagli anni ‘70 ad oggi. . Quanta memoria e quanti ricordi sono venuti a galla! Fragranze che riassumono anni indimenticabili. Una in particolare, evidenziata dal segnalibro, conserva una gioia che non si è ancora estinta. È un segreto tra me e lei.
instagram.com/igbeautycove
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jewelryaccessories4u · 4 years ago
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Il primo numero di Virtus Magazine Virtus Magazine, il primo fashion educational magazine in Italia edito da Accademia del Lusso, è un prodotto editoriale indipendente curato interamente dai suoi studenti.
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sfumaturedicipria · 4 years ago
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Come sempre è un onore lavorare ai progetti di @museo_di_palazzo_d_arco @federica_bottoli_official @contimarchetti_studio Grazie davvero per averci coinvolte ancora una volta! Un libro incredibile di ricerca e catalogazione con delle immagini davvero pazzesche!Grazie mille! #Repost @contimarchetti_studio with @get_repost ・・・ Vi presentiamo qualche scatto del nuovissimo e strepitoso progetto “ il Gabinetto naturalistico del Conte Luigi D’Arco” A cura di Fondazione D’Arco in collaborazione con Accademia Nazionale Virgiliana di Scienze Lettere e Arti e Liceo Virgilio di Mantova introduzione: Rodolfo Signorini ideazione e fotografie Federicabottoli assistente fotografie Riccardo Pasciucco styling conti|marchetti studio grafica Giulia Sadler composizioni floreali SFUMATUREDICIPRIA composizioni conchiglie Giulia Bernardelli testi Stefania Accordi, Corrado Benatti, Alessia Goreri, Paola Pavesi, Elena Piazza, Francesca Rapposelli, Chiara Rubini, Silvia Tosetti, Nicola Zanotti realizzazione editoriale Publi Paolini. 🐚🐚🐚🐚🐚🐚@federicabottoli @museo_di_palazzo_d_arco @sfumaturedicipria @bernulia @patedefoiegras (presso Museo di Palazzo d'Arco) https://www.instagram.com/p/CC5jEmcqKU5/?igshid=6jwnvt44leo3
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alessandroiiidimacedonia · 3 months ago
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mezzopieno-news · 6 years ago
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CHIARA GIACCARDI
per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
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Professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dirige la rivista Comunicazioni Sociali. Journal of Media, Performing Arts and Cultural Studies. Membro della Pontificia Accademia per la Vita. Attualmente direttore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio sulla Famiglia del Ministero. Collabora con Avvenire ed è membro del comitato editoriale di��Donne Chiesa Mondo (supplemento mensile dell’Osservatore Romano).
Qual è per lei il ruolo dell'informazione sul benessere della società?
Intanto credo sia importante concordare su una definizione di informazione, il cui significato è tutt'altro che scontato. Quando parliamo di informazione abbiamo in mente la trasmissione di notizie, la diffusione di contenuti, ma io credo che l’informazione sia molto più di questo. L’idea di informazione classica, basata su un modello tra l’informatica e l’ingegneria delle telecomunicazioni, è meccanicistica e dunque riduttiva, perché la comunicazione fra gli esseri umani è molto più articolata: non si tratta solo di far transitare contenuti, ma di entrare in relazione, di ridurre le distanze, e non soltanto attraverso le parole.
Il ruolo dell’informazione perciò è enorme, perché noi siamo esseri e relazionali e comunicativi: comunicare è costitutivo della nostra identità, non una funzione tra le tante. Dentro questa cornice più ampia, in-formare etimologicamente significa “dare forma al mondo”, e il modo in cui diamo forma al mondo da forma anche a noi stessi. Un dare forma capace di aumentare o ridurre aspetti quali le distanze, il disordine (non sempre più informazione vuol dire più chiarezza), la frammentazione.
Il ruolo dell’informazione, in quanto modo di dare forma al mondo e quindi a se stessi, diviene allora cruciale.
Cos'è per lei una buona notizia?
Una buona notizia non è solo un contenuto buono e vero. A mio avviso non possiamo ridurre una buona notizia al suo contenuto; una buona notizia è una notizia consapevole della propria parzialità, che la dichiara.
Ogni notizia non è infatti un riflesso del mondo, ma un discorso sul mondo, a partire da un punto di vista. Questa parzialità, inevitabile, è insieme la ricchezza e il limite: una ricchezza perché abbiamo punti di vista singolari su uno stesso evento, e questo ci arricchisce; un limite perché nessun punto di vista può pretendere di essere assoluto.
Una buona notizia non è quella che dice “Signore e signori, ecco a voi finalmente la verità”, ma è quella che traduce anche nel modo di comunicare una premessa fondamentale che io chiamerei “il paradosso della buona notizia”, che è questo: non potremo mai possedere tutta la verità, ma non possiamo mai smettere di cercarla. Una buona notizia è quella che è consapevole di questo paradosso.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Io penso che possa, ma per farlo deve cambiare. Il giornalismo può aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità nella misura in cui i giornalisti e le testate accettano di svolgere un ruolo di sorveglianza e non di sudditanza rispetto ai poteri economici, politici, tecnocratici. Parresìa (dire anche ciò che é scomodo, disposti a pagarne il costo) e non ipocrisia (dire ciò che fa comodo per compiacere qualcuno e ottenere vantaggi).
La via dell’informazione è quella di essere al servizio non di se stessi o dei poteri forti, ma dei cittadini, soprattutto quelli che non hanno voce.
Un’altra condizione è non concentrarsi solo su un presente di breve respiro, ma coltivare sia la memoria sia il futuro, l’orizzonte delle nostre attese. La lettura del presente si deve dilatare al di là dell’istante, incorporando il passato (altrimenti gli errori si ripetono) e la speranza, l’orizzonte futuro. Un buon  giornalismo sviluppa e promuove uno sguardo intertemporale.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Il contributo modestissimo che cerco di portare, da sociologa ma ancora prima da filosofa, è cercare di mostrare che ‘il vero è un intero’, e perciò  c’è sempre dell’altro rispetto a ciò che appare, che riusciamo a far vedere e a raccontare.
Tenere il riferimento a una totalità, a una complessità che non può mai essere compresa da un unico sguardo e cercare sempre ciò che di questa complessità  non è immediatamente manifesto è per me fondamentale.
Altra cosa che mi sta a cuore è far emergere che ci sono sempre dei presupposti impliciti al nostro modo di rappresentare la realtà. Presupposti che sono epistemologici, prima ancora che ideologici, cioè che riguardano proprio il nostro modo di pensare. Uno di questi è il dualismo, che alimenta un pensiero disgiuntivo, della contrapposizione: per esempio, le relazioni faccia a faccia sono autentiche, quelle sulle piattaforme social no. Questi giorni di quarantena ci mostrano invece come la sinergia tra queste due dimensioni é non solo possibile, ma vitale. Il dualismo separa ciò che è unito e lo presenta come un’alternativa, con una parte buona e una cattiva. Questo però è un modo di banalizzare e impoverire la realtà che è sempre fatta di tensione fra aspetti apparentemente incompatibili, ma che di fatto coesistono. La sfida non è quella di eliminare un polo della tensione, ma di abitare questa tensione, questo paradosso, in modo creativo e umano.
Un altro modo di procedere e di presentare le notizie, spesso implicito ma che andrebbe mascherato, è quello della spazializzazione sulla temporalizzazione. Si tende a presentare le varie posizioni come se fossero una scacchiera dove posizionarsi, secondo la logica dello schieramento, del prendere una parte contro l’altra. Ma questa modalità è molto sterile, perché nella spazialità si vedono solo le distanze. Se si introduce invece la dimensione temporale si vede che la comunicazione, l’ascoltarsi, il comprendere le ragioni dell’altro e il ridurre le distanze può accadere solo nel tempo. Un’informazione che spazializza le posizioni anziché articolare anche la dimensione temporale alimenta solo il conflitto, in modo spesso irresponsabile.
Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?
Vuol dire innanzitutto vedere il bicchiere intero, prima di soffermarsi su una delle parti escludendo l’altra. Vuol dire considerare la parzialità in relazione, dentro un intero. Vuol dire vedere che il bicchiere è insieme pieno e vuoto, e che pieno e vuoto, così come tante altre tensioni che tendiamo a vedere come incompatibili, si richiamano a vicenda, anziché escludersi. Coesistono, si implicano reciprocamente, perché tutto è connesso.
Ancora una volta, dobbiamo imparare a riconoscere queste polarità: non pretendere di risolverle negandone una bensì fare in modo che questa tensione ineliminabile (la più radicale è quella fra la vita e la morte) possa diventare feconda.La tensione ‘abitata’ può essere fonte di un dinamismo positivo e vitale. La riduzione invece è  sempre violenta e mortifera.
Leggi le altre testimonianze per la campagna Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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sciscianonotizie · 6 years ago
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BUSTO ARSIZIO (Varese) – La scorsa settimana è stata caratterizzata, tra l’altro, da un appuntamento info formativo promosso dall’Istituto Comprensivo “Ezio Crespi” di Busto Arsizio (Dirigente Scolastico prof.ssa Cristina Boracchi) con il patrocinio dell’ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani) e dall’Osservatorio della Chicco.
L’evento, tenutosi a Busto Arsizio lo scorso 2 ottobre, presso la sala Magna della Scuola Sant’Anna in via Comerio (Istituto Comprensivo “Ezio Crespi”), è stato incentrato sull’origine, sviluppo e funzione dei giochi da tavolo, in particolare in attività di integrazione e inclusione scolastica.
Hanno relazionato l’ing. Luca Borsa, game designer della Chicco, inventore di giochi da tavolo con cui giocano bambini e adulti di tutto il mondo e relatore presso Istituti Scolastici di Busto Arsizio, Politecnico di Torino e Accademia delle Belle Arti di Brera; la dott.ssa Sara Evangelista, pedagogista; e il dott. Roberto Vicario giornalista e direttore editoriale di “Io gioco”.
La platea ha visto oltre settanta docenti di diversi Istituti Comprensivi di Busto Arsizio prendere parte all’appuntamento che è stato particolarmente coinvolgente anche alla luce degli interventi dagli astanti e dei contatti presi da diversi partecipanti, con i relatori, per por eseguire l’approfondimento del tema affrontato.
Ad aprire la sessione informativa è stata la dott.ssa Evangelista che dell’origine e del senso del gioco, dunque del linguaggio adulto e linguaggio bambino e del come “il gioco” possa “superare” talune difficoltà, il tutto supportato dall’esperienza in ambito consulenziale scolastico della stessa relatrice.
È seguito l’intervento del game designer Luca Borsa che ha fatto una panoramica sull’origine e sviluppo del gioca da tavolo e del come oggi lo stessa abbia raggiunto non solo alti livelli di intervento impiego, con tanto di fiere e premi internazionali che da qualche tempo coinvolgono e rendono protagonista anche l’Italia, ma diventi occasione di recupero dei rapporti interpersonali nonché occasione di crescita/confronto cooperativo. Nel corso del suo intervento Borsa ha anche descritto le caratteristiche e le evoluzioni del gioco da tavolo, o di società, anche e soprattutto alla luce dell’evoluzione dei rapporti e della comunicazione interpersonale, sottolineando la funzione psicologica degli stessi e i correttivi che vengono posti in tal senso.
Roberto Vicario, proseguendo negli interventi, ha posto l’attenzione sul rapporto tra il video game e giochi da tavolo dimostrando come il secondo, affiancando il primo sta portando al recupero della gestione dei rapporti interpersonali e del come si interscambino le evoluzioni al unto che da giochi da tavolo nascono video game e viceversa. La pubblicazione della rivista “Io Gioco” dallo stesso diretta, dimostra come vi sia una particolare attenzione e divulgazione, informazione e formazione sulla nascita (si contano decine di giochi da tavolo nuovi al giorno nel mondo), crescita e diffusione del gioco da tavolo. Esperienze personali dei tre relatori hanno offerto una interessante aneddotica che ha arricchito le loro relazioni, supportate da slide illustrative. Prima del dibattito e della visione di alunni giochi da tavolo portati per l’occasione, la dott.ssa Evangelista ha offerto, con il supporto e il coinvolgimento di Borsa e Vicario, una panoramica su alcune peculiarità dei giochi da tavolo (anche ricorrendo a suggerimenti specifici) per l’intervento integrativo e inclusivo in classe come in altri luoghi che coinvolgano i minori, ma anche i giovani e gli adulti. È stato possibile per gli intervenuti prendere nota di alcuni giochi da tavolo per specifiche esigenze di intervento didattico curriculare o semplicemente di gestione delle attività scolastiche.
A fine incontro, durato due ore, gli intervenuti, per il tramite di Luca Borsa, hanno omaggiato la Scuola dell’Infanzia “Villa Sioli” dell’Istituto Comprensivo “Ezio Crespi” di Busto Arsizio di diversi giochi da tavolo per i propri alunni, nonché è stato distribuito ai partecipanti un fascicolo sulla natura e funzione del gioco da tavolo redatto dall’Osservatorio della Chicco in collaborazione con l’Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani.
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Oltre 70 docenti all’incontro “Vieni a giocare con me!?” alla Scuola Sant’Anna (I.C. Crespi) lo scorso 2 ottobre 2018 con Borsa, Evangelista e Vicario BUSTO ARSIZIO (Varese) – La scorsa settimana è stata caratterizzata, tra l'altro, da un appuntamento info formativo promosso dall'Istituto Comprensivo "Ezio Crespi" di Busto Arsizio (Dirigente Scolastico prof.ssa Cristina Boracchi) con il patrocinio dell'ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani) e dall'Osservatorio della Chicco.
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“Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide”. Alla ricerca delle radici europee nel sessantennale della firma dei Trattati di Roma
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“L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.”      Robert Schuman
Strano scherzo della storia: mai come nell’anno della celebrazione della sessantesima ricorrenza della firma dei Trattati di Roma, l’appeal dell’Europa unita, pur rimanendo abbondantemente al di sopra del 50%, ha raggiunto il suo minimo da sempre.
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La Brexit, l’elezione di Donald Trump, l’affermarsi dei populismi euroscettici e l’invasione delle cavallette, tutto fa pensare che all’orizzonte si stia profilando la tempesta perfetta. Ma davvero il nostro continente potrebbe tornare a dividersi? Per molti solo immaginare un evento del genere equivale a un incubo, per altri a una liberazione. Non volendo dare giudizi di merito, crediamo che la vera sfida sia quella di individuare dei percorsi culturali capaci di interpretare gli orizzonti dello sviluppo; comprendere i fondamenti di ciò che è stato e soprattutto di quello che sarà.
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Per questo vogliamo invitarvi a percorrere insieme a noi un interessante progetto di ricerca storica e di narrazione multimediale promosso dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli insieme alla Fondazione Gramsci e Accademia Nazionale di Santa Cecilia
“La grande trasformazione” ha l’obiettivo di documentare attraverso libri, immagini, manoscritti e fonti di archivio i principali passaggi che dall’inizio del Novecento fino all’alba della seconda guerra mondiale vanno a costruire e definire l’identità collettiva europea. L’indagine inizia da una dichiarazione di Paolo Rumiz che tenta di rispondere a una semplice domanda che ha attraversato e segnato il corso di tutto il secolo scorso: che cos’è la Patria?
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In punta di click possiamo muoverci facilmente per le varie sezioni tematiche.   Dai “La lampi di storia” una serie di filmati-intervista sui punti di svolta degli eventi principali, accompagnarti in questo percorso da David Bidussa, storico e responsabile editoriale della Fondazione.
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Alla biblioteca virtuale, strumento fondamentale di accesso diretto ai documenti che  possono  essere liberamenti scaricati in formato .pdf o .epub.
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Dal capitolo sul linguaggio  della trasformazione dove con attento esame semantico si dà alle  parole lo stesso peso dei fatti perché esprimono un modo di guardare, di far guardare o di distrarre ed indicano preoccupazioni, passioni, paure i cui significati restano anche dopo, a evento concluso, fino a diventare senso comune.
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Per finire con la possibilità non da poco, di sfogliare la ricca collezione di periodici contenuti nell’emeroteca digitale.
Non male per una mostra virtuale, ma se non siete ancora sazi potete visitare di persona la Fondazione Feltrinelli nella nuova sede, e se poi non potete proprio fare a meno di sfogliare la carta, cliccate qui per avere tutte le informazioni sulla  consultazione dei testi.
Per chi è interessato alle celebrazioni ufficiali consigliamo di dare un’occhiata al calendario ospitato dal sito del Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che per ricordare le principali tappe dell’Unione, ha organizzato la mostra interattiva: L’Italia in Europa – l’Europa in Italia.
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Volete approfondire l’argomento? Venite a trovarci nelle nostre biblioteche e prendete in prestito: “La società europea” di Cavalli e Martinelli.
Un grande affresco della società europea, incentrato sui temi decisivi che ne hanno caratterizzato la storia: le popolazioni e le migrazioni; i confini e i nazionalismi; l’integrazione economica e il mercato. Ma l'interrogativo fondamentale con cui si confrontano gli autori riguarda ciò che il Vecchio Continente vorrà e potrà essere negli anni a venire. 
Che dire oltre? Buona lettura.    
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sustainable-art-magazine · 3 years ago
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Il convegno  dal titolo "IL MITO DEL GRAAL. Riflessioni sugli Attuali Drammi Sociali" è organizzato dal Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche (Università degli Studi LA STATALE di Milano) e da Ethicando Association, in media partnership con Betting On Italy (BOI), con il patrocinio dell'ARD&NT Institute (Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano), presso la Sala Lauree della Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali  dell'Università Statale di Milano (UNIMI), in via del Conservatorio n. 7 -  20122 Milano, lunedì 28 marzo 2022, ore 09:30-13:00.
Nell'era della pandemia e di nuove tensioni geopolitiche mondiali il convegno vuole analizzare il significato contemporaneo del Graal, come ricerca di quei valori umani e spirituali che possano riequilibrare i rapporti di convivenza sociale.
Viene presentato il libro dal titolo "Il racconto del Graal. Un mito universale fra storia, culture e simboli" (Jouvence Editore, Milano, 2021), in cui illustri studiosi e accademici analizzano il mito del Graal, sia in termini di ricostruzione storiografica e di produzione artistica, sia in termini di percezione sociale di un fenomeno polisemico, che interessa tutt'oggi varie confessioni religiose.
Intervengono (in ordine alfabetico): Federico Boni (UNIMI), Alessandro Coscia (MIC - Pinacoteca di Brera),  Marco Eugenio Di Giandomenico (Critico d'Arte Contemporanea), Mariolina Graziosi (UNIMI), Robert Mercurio (Presidente Arpa), Giacomo Maria Prati (MIC - Lombardia)
Direzione scientifica dell'evento: Marco Eugenio Di Giandomenico e Mariolina Graziosi.
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Piattaforma TEAMS collegamento on line: https://bit.ly/36F5CvN
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IL RACCONTO DEL GRAAL. UN MITO UNIVERSALE FRA STORIA, CULTURE E SIMBOLI è un libro edito da Editoriale Jouvence (2021), a cura di Giacomo Maria Prati e  Alessandro Coscia, con contributi editoriali di:
Sara Ferrari, Francesco Benozzo, Alessandro Coscia, Francesco Zambon, Giacomo Maria Prati, Aniello Sgambati, Roberto Roveda, Marina Montesano, Stefano Giuliano, Alberto Castaldini, Giulia Baldassarri, Carlo M. Donà, Nuccio D’Anna, Andrea Augello, Silvia De Laude, Richard Taschsler, Giulia Boitani, Elisabetta Tortelli, Nella Coletta, Francesca Cani, Monica Ruset Onca, Marco Bighin, Ezio Albrile, Umberto Bertolin, Marco Eugenio di Giandomenico, Marco Candida, Andrea Aromatico.
Dal Conte del Graal di Chrétien de Troyes al Parsifal di Wagner, fino ad arrivare al Pendolo di Foucault di Eco, il tema del Graal non ha mai smesso di ispirare poeti, scrittori e musicisti. Da sempre infatti questo oggetto metamorfico, dalla natura sfuggente, ha affascinato l’uomo fino a diventare una vera e propria leggenda. Questo libro offre una visione complessiva del dossier Graal con contributi di storici, filologi, antropologi, filosofi, storici dell’arte e delle religioni, archeologi, con un punto di vista scientifico e rigoroso: condurre il lettore in un viaggio nelle sfaccettature del mito del Graal è l’ambizione di questa raccolta di scritti multidisciplinari. Accurati nelle fonti e nella ricostruzione, i saggi si rivolgono non solo a un pubblico di studiosi specializzati, ma anche a curiosi e appassionati che vedono nella ricerca del Graal sia una sfida intellettuale che la storia di un’evoluzione interiore.
Nell'ambito del convegno IL MITO DEL GRAAL. RIFLESSIONE SUGLI ATTUALI DRAMMI SOCIALI,  Giacomo Maria Prati  (studioso di simbolismi, miti e iconologia, funzionario del Ministero della Cultura), Alessandro Coscia (archeologo, responsabile dell'ufficio mostre ed eventi della Pinacoteca di Brera) e il critico d'arte Marco Eugenio Di Giandomenico  presentano il volume IL RACCONTO DEL GRAAL. UN MITO UNIVERSALE FRA STORIA, CULTURE E SIMBOLI (Editoriale Jouvence - 2021): https://www.jouvence.it/catalogo/il-racconto-del-graal/ .
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Per informazioni:
Associazione Ethicando, www.ethicando.it, e-mail: [email protected]
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