#15 secolo
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ROBERTO SANSEVERINO CONDOTTIERO
"Roberto era pomposamente vestito e l'età avanzata non gli toglieva la forza di bene maneggiar le armi e reggersi sul cavallo; il suo volto presentava tutta la maestà di grande capitano."
Così Sigismondo de' Conti ne le "Storie de' suoi tempi".
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" Mentre per decenni in questo Paese ci si è baloccati sul favoloso assioma «non può esistere antifascismo in assenza di fascismo», abbiamo avuto in ordine sparso: il golpe Borghese, Gladio, il piano Solo, Peteano, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la strategia della tensione, la strage di Bologna, i NAR, l’Italicus, Ordine Nuovo, Terza Posizione, il Rapido 904, la P2, i servizi segreti deviati. Se invece vogliamo guardare al presente più prossimo, una miriade di pimpanti formazioni di ultradestra mai sciolte, partiti di governo la cui ambiguità sul tema è diventata l’identità programmatica e, per non farci mancare nulla, ci è toccato perfino l’assalto alla CGIL a Roma. Nessuna conquista democratica, nessuna Costituzione figlia della Resistenza può dirsi acquisita per sempre e il presente non fa che ribadirlo ogni giorno, per questo sarà meglio cominciare da noi stessi a ricostruire il rapporto con la Storia dell’ultimo secolo. "
Storie di antifascismo senza retorica, a cura di Arturo Bertoldi e Max Collini, prefazione di Francesco Filippi, People editore, Busto Arsizio (VA), 2024¹, p. 15.
#Storie di antifascismo senza retorica#letture#leggere#libri#Offlaga Disco Pax#narrativa#Arturo Bertoldi#Max Collini#golpe Borghese#Gladio#piano Solo#strage di Peteano#strage di Piazza Fontana#strage di Piazza della Loggia#lstrategia della tensione#strage di Bologna#NAR#Italicus#Ordine Nuovo#Terza Posizione#Rapido 904#P2#servizi segreti deviati#Francesco Filippi#memoria#ricordi#partigiane#partigiani#Resistenza#Liberazione
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COME E PERCHÉ È VIETATA LA CANAPA?
👉1. Un ettaro di canapa produce tanto ossigeno quanto 25 ettari di foresta.
👉2. Ripeto, un ettaro di canapa può produrre tanta carta quanto 4 ettari di bosco.
👉3. Mentre la canapa può essere trasformata in carta 8 volte, il legno può essere trasformato in carta 3 volte.
👉4. La canapa cresce in 4 mesi, l'albero in 20-50 anni.
👉5. Il fiore di canapa è una vera trappola per radiazioni.
👉6. La canapa può essere coltivata ovunque nel mondo e richiede pochissima acqua. Inoltre, poiché è in grado di difendersi dagli insetti, non necessita di pesticidi.
👉7. Se i tessuti di canapa si diffondessero, l'industria dei pesticidi potrebbe scomparire completamente.
👉8. I primi contadini usavano la canapa; anche la parola "KANVAS" è il nome dei prodotti di canapa.
La canapa è anche una pianta ideale per realizzare corde, cordoni, borse, scarpe, cappelli.
👉9. Ridurre gli effetti della chemioterapia e delle radiazioni nel trattamento della cannabis, dell'AIDS e del cancro; Viene utilizzato in almeno 250 malattie come reumatismi, cuore, epilessia, asma, stomaco, insonnia, psicologia e malattie della colonna vertebrale.
👉10. Il valore proteico dei semi di canapa è molto alto e i due acidi grassi in esso contenuti non si trovano da nessun'altra parte in natura.
👉11. La canapa è ancora più economica da produrre rispetto alla soia.
👉12. Gli animali alimentati con cannabis non hanno bisogno di sostituzioni ormonali.
👉13. Tutti i prodotti in plastica possono essere fatti di canapa e la plastica di canapa è molto facile da restituire alla natura.
👉14. Se la carrozzeria di un'auto è fatta di canapa, sarà 10 volte più resistente dell'acciaio.
👉15. Può essere utilizzato anche per isolare gli edifici; durevole, economico e flessibile.
👉16. Saponi e cosmetici a base di canapa non contaminano l'acqua; quindi è completamente ecologico.
La produzione era obbligatoria nell'America del XVIII secolo e gli agricoltori che non producevano furono imprigionati. Ora, però, la situazione è ribaltata. DA DOVE?
👎-W. Р. Nel 1900, Hearst possedeva giornali, riviste e media in America. Avevano foreste e producevano carta. Se la carta fosse stata fatta di canapa, avrebbe potuto perdere milioni.
👎- Rockefeller era l'uomo più ricco del mondo. Aveva una compagnia petrolifera. I biocarburanti, l'olio di canapa, ovviamente, erano il suo più grande nemico.
👎-Mellon era uno dei principali azionisti della Dupont Company e aveva un brevetto per la produzione di materie plastiche da prodotti petroliferi. E l'industria della cannabis ha minacciato il suo mercato.
👎- Successivamente, il presidente Mellon Hoover divenne Segretario del Tesoro. I grandi nomi di cui abbiamo parlato hanno deciso nei loro incontri che la canapa era il nemico.
Ed è stato eliminato.
Le foreste vengono abbattute per la produzione di carta.
Il numero di avvelenamenti da pesticidi e tumori è in aumento.
Poi abbiamo riempito il nostro mondo di rifiuti di plastica, rifiuti nocivi...
.
UN SALUTO A TUTTI
Marco Corti
wa 3286098633
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Renzo Mongiardino Architettura da Camera
a cura di Francesca Simone
Officina Libraria, Roma 2022, 224 pagine, 21x24cm, ISBN 978-88-3367-194-9
euro 38,00
email if you want to buy [email protected]
Pubblicato nel 1993 da Rizzoli, Architettura da camera si può considerare un classico dell’architettura di interni. A lungo esaurito, viene ora riproposto in una nuova edizione, curata dalla nipote di Mongiardino, Francesca Simone, che mantiene il testo originale ma modifica in parte l’apparato iconografico e la veste grafica per renderli più aderenti al testo. Laureatosi con Gio Ponti nel 1942, dagli inizi degli anni Cinquanta si afferma come architetto realizzando alcune delle case più affascinanti della seconda metà del XX secolo, destinate ad una clientela internazionale e prestigiosa di colti collezionisti e grandi imprenditori tra cui Thyssen, Onassis, Agnelli, Safra, Zanussi, Valentino, Versace, Rothschild e Hearst. Contemporaneamente porta avanti la sua attività di scenografo per il teatro e per il cinema lavorando con Franco Zeffirelli, Peter Hall, Giancarlo Menotti, Raymond Rouleau. Architettura da camera si articola in una serie di lezioni-racconto volte a spiegare metodo e canoni della sua architettura di interni. Riccamente illustrati con riferimenti storici e a dimore realizzate da Mongiardino, i capitoli affrontano ciascuno uno specifico problema (la stanza troppo alta, la stanza lunga) o una questione di gusto, per esempio quello per le rovine, per mostrare come risolverlo prima da un punto vista spaziale e di proporzioni e poi attraverso la minuziosa progettazione di ogni dettaglio, eseguiti dai fedeli artigiani che collaborarono con lui per tutta la sua carriera. Abilissimo creatore di spazi spettacolari, Mongiardino ha saputo accostare oggetti comuni e di antiquariato in un gioco magistrale di tessuti preziosi o dipinti, pannelli scolpiti e non e una gamma di trompe-l’oeil grazie ai quali otteneva capolavori con materiali poveri. Lo “stile Mongiardino” è ormai divenuto leggendario tanto da meritare continue pubblicazioni sulle più importanti riviste di architettura e interni, ma anche su quelle di larghissima circolazione, come il magazine del «New York Times», oltre a numerosi libri.
15/11/24
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La canzone di Marinella
L'immagine di una sconosciuta ha dato vita a una delle canzoni più popolari del 20°secolo.
Lei è Marinella, quella di Fabrizio De André.
Anni '30, Maria Boccuzzi, una ragazza senza storia emigra da Reggio di Calabria a Torino insieme alla famiglia in cerca di fortuna. Un ambiente chiuso retrogrado quello famigliare, a 15 anni scappa con un ragazzo che la lascia poco dopo. Impossibile tornare a casa, orgoglio e dignità compromessi. Così passa da un amore all'altro, prima come ballerina di 3a fila poi finendo sulla strada protetta da tale Carlone.
Nel 1953 Maria ha 33 anni viene ritrovata nel fiume Olona vicino Milano, nei polmoni poca acqua ma sul corpo sei fori di pallottole. Un omicidio con poche righe in cronaca, forse un cliente, forse un monito per una ribellione al giro di prostituzione.
Nel 1953 De André ha solo 13 anni, poca voglia di studiare e una passione per gli animaletti feriti che raccoglieva per strada, dieci anni dopo rilegge la cronaca di Maria Boccuzzi e così nasce La canzone di Marinella con pochissima fortuna finché non viene cantata da Mina e i proventi (600.000 £) rincuorano De André a continuare sulla strada cantautorale.
Ecco questa di Marinella è la storia vera che scivolo nel fiume a primavera... Come disse Fabrizio anni dopo, non potendo addolcirle la vita ha provato ad addolcirle la morte.
fonte Il Grande Rock italiano
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"Bruna cara,
sono precisamente le sette secondo l’ora italiana, ma a San Paolo devono essere le sei e trenta appena. Devi dormire ancora, e Ti ha disturbato il sonno il mio pensare a Te così mattutino? Se il mio pensare a Te dovesse disturbarTi, non avresti un minuto di pace.
Sento sempre la Tua voce, quella Tua di quella mattina al telefono, mentre stavo per partire. E cerco con gli occhi il Tuo viso, e a volte non riescono a rivederlo com’è, e allora mi stringo con le due mani il viso, e l’accarezzo, e nel mio viso mi rinasce il Tuo nelle mie mani, la più cara cosa, la sola che amo su tutte, l’anima della mia anima, sei l’anima della mia anima, l’ultima forza che mi resta, l’ultima mia poesia, la vera, l’unica vera.
Sono qui al mio scrittoio, in una cabina grande come una piazza. Era per due persone, ma pensano che sono un personaggio tale da meritare d’occupare da solo due letti. Tutto invece, credo, per ricordarmi piuttosto che alla mia età ho il dovere d’essere solo, e anche per rinfacciarmi, forse, con la necessaria ironia, questo mio assurdo atto di scriverTi.
Come hai fatto a entrare così a fondo nella mia vita? Sei d’una sicurezza in quello che fai incredibile, e sei venuta con quella poesia. A dirti la verità, quando sei andata via e l’ho letta, m’è parsa inutile. C’era un’enfasi, c’era un metro in disuso, non so cosa c’era che mi urtava. L’ho ripresa poi a leggere, e vi ho scoperto una grazia, un’onestà, il modo raro d’indovinare il peso, la qualità, la novità, qui e là dei vocaboli, e mi ha toccato, d’improvviso mi ha toccato il sentimento, il dono vero che offre solo la buona poesia, quel dono che illuminava l’ingenuità di quelle strofe un po’ antiquate, che illumina tutto quello che fai. […]
Non sono che un piccolo poeta di questo secolo, nel quale anche i maggiori non possono essere che piccoli poeti; ma anche oggi, nel trambusto, nell’inferno d’oggi, – anche oggi la poesia ha bisogno di essere una persona che si scopre tra la gente – che infonde tanta carità, tanta fede, tanta speranza […]
Io sono ormai troppo vecchio, oltre misura vecchio, quasi un antenato, e non occorre che io sia ancora felice, e non mi pare che sia successo un giorno ch’io fossi felice. Ma l’augurio che Tu abbia lunghi anni felici si avvererà. Nessuno ha mai desiderato con più violenza, con più disperazione che sia felice una persona, e non è mai accaduto, se il desiderio era fortissimo, che non fosse esaudito."
- Giuseppe Ungaretti a Bruna Bianco, 15 settembre 1966
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
IL SACRO NELL' ARTE DEL PRIMO NOVECENTO
Non è la prima volta che il sentimento del "sacro" e le espressioni dell'arte contemporanea s'incrocino nelle mie ricerche critiche.
È stato tema di almeno due conferenze, di un lungo video che lasciato sul mio canale YouTube, di riflessioni sparse nei libri che ho pubblicato.
Non si tratta di teologia: l'arte nasce dall'impulso a rendere contemplabile l'invisibile, le immagini di pensiero, l'anelito verso la forma irrealizzabile, il noumeno, l'archè (ἀρχή).
Ma non basta.
L'indagine scientifica sempre più fitta e profonda, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, seminò dubbi sulla validità dei modelli "causali" tradizionali per introdurre alla conoscenza dell'incorporeo, dell'immateriale, del nascosto.
Questi due elementi, l'antico afflato religioso e l'approccio alla fisica atomica e alla rivelazione di nuove frontiere nella percezione dello spazio-tempo, influenzarono varie correnti spiritualiste come l'antroposofia e la teosofia oltre a movimenti artistici impegnati in un esasperato simbolismo, l'attività dei "Nabis" e così di tutto l'espressionismo che caratterizzò quell'epoca di passaggio - da Munch a van Gogh a Gauguin, da Kandinsky a Mondrian a Malevic - nel contesto generico della febbrile indagine "modernista".
In quel crogiolo maturò anche la figura della svedese Hilma af Klint, la prima ad aver concepito la pittura astratta, prima di Wassily Kandinsky, eppure rimasta sconosciuta al pubblico per moltissimi decenni.
Nata nel 1862, perì in un incidente stradale nel 1944.
Lasciò le sue tele, circa 1.200, con la clausola della loro diffusione a distanza di vent'anni dalla sua morte, a un nipote.
Tuttavia, la scomparsa prematura di quest'ultimo depositò su quelle opere la patina silenziosa dell'oblio per altri decenni, fino alla metà degli anni '80 dello scorso secolo.
Al loro apparire, quei dipinti offrirono scorci di uno sguardo intensamente originale, maturato nella congerie di una struggente riflessione artistica: come un respiro bloccato, come desiderio imprecisato, come inquieta esplorazione di forme inattingibili.
Eppure, queste sorgono alla vista.
E affermano per l'arte il suo esserci come segno del "sacro", il "distante" che diviene manifesto dell'impossibile.
- Caos primordiale, n.16, 1906/07; Albero della conoscenza, n.1, 1913/15; Gruppo X, n.1, Pala d'altare, 1915; Caos Primordiale n. 7, 1906/07; Gruppo X, n. 2, Pala d'altare, 1915
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Il libraio di 72 anni (1948), Mohamed Aziz, di Rabat, Marocco, passa dalle 6 alle 8 ore al giorno a leggere libri. Dopo aver letto più di 5000 libri in francese, arabo e inglese, rimane il libraio più anziano di Rabat dopo oltre 43 anni nello stesso posto. Quando gli è stato chiesto del perché lasci i suoi libri incustoditi fuori, dove potrebbero potenzialmente essere rubati, ha risposto che chi non sa leggere non ruba libri, e chi può leggere non è un ladro.
È conosciuto come il libraio più fotografato al mondo. Ha la sua bancarella di libri usati dal 1963 nella Medina, il quartiere più antico di Rabat, la capitale del Marocco. Rimase orfano a 6 anni, provò a fare il pescatore per realizzare il suo sogno di diplomarsi alle superiori, ma a 15 anni lasciò la scuola perché non poteva permettersi i libri di testo, troppo cari per la sua famiglia. Frustrato e senza studi, decise di aprire una libreria, mettendo i libri su un tappeto per terra sotto un albero, e ora da oltre mezzo secolo gestisce il suo negozio, realizzando il sogno di studiare.
La sua giornata dura dodici ore. Prima di aprire la libreria, cerca libri usati in altri negozi per leggerli e rivenderli. Oggi, oltre i settant'anni, dice che con due cuscini e un libro è sufficiente per sentirsi felice. Accumula torri di libri e quando gli chiedono quanti ne abbia, risponde che non ne ha mai abbastanza. Interrompe la lettura solo per pregare, fumare, mangiare e servire e consigliare i clienti interessati a temi specifici. Col tempo la sua libreria è diventata famosa e molti turisti gli fanno visita per comprare qualche libro e scattargli fotografie.
Fonte: web
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Tempio delle Tavole Palatine, Metaponto
I resti del monumento sono situati nell'area archeologica di Metaponto, più precisamente sull'ultima ondulazione dei Givoni, antichi cordoni litoranei, presso la sponda destra del fiume Bradano, eretto sui resti di un antico villaggio neolitico, lungo la strada preistorica proveniente da Siris-Heraclea, a circa 3 km dall'antica città di Metaponto.
Il tempio delle Tavole Palatine, restaurato nel 1961, era stato inizialmente attribuito al culto della dea Atena, successivamente sul frammento di un vaso, trovato nel corso degli scavi archeologici del 1926, venne rinvenuta una dedica votiva alla dea Hera. Fino al XIX secolo le Tavole Palatine erano localmente definite anche "Mensole Palatine" o "Colonne Palatine", probabilmente in ricordo alle lotte contro i Saraceni dei Paladini di Francia. Il tempio era anche chiamato "Scuola di Pitagora", in memoria del grande filosofo Pitagora. Nel medioevo era ancora chiamato "Mensae Imperatoris", probabilmente a ricordo dell'imperatore Ottone II che, nella spedizione contro i Saraceni del 982, si accampò a Metaponto.
I resti del tempio sono composti da 15 colonne con 20 scanalature e capitelli di ordine dorico. Delle 15 colonne, 10 sono sul lato settentrionale e 5 sul meridionale. In origine le colonne erano 32, poiché il tempio aveva una forma periptera con 12 colonne sui lati lunghi e 6 sui lati corti. Lo stilobate era lungo 34,29 metri e largo 13,66 metri, la cella di 17,79 x 8,68 metri. Il tempio risulta molto degradato, poiché costruito con calcare locale (detto mazzarro)
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Giovanni II Bentivoglio e Roberto Sanseverino. Il rapporto tra i due e la difficile situazione della Romagna nella seconda metà del quattrocento nel libro nel libro “Roberto Sanseverino condottiero del rinascimento italiano tra arte militare e politica”.
#libro medievale#storia medievale#libro storico#sanseverino#condottieri#xv century#15 secolo#quattrocento#rinascimento#sforza#Bentivoglio#bologna
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L'evangelizzazione del Giappone ha una precisa data d'inizio: il 15 agosto 1549, giorno in cui il missionario cattolico Francesco Saverio, fondatore insieme a Ignazio di Loyola della Compagnia di Gesù, sbarcò nell'arcipelago provenendo dalla penisola di Malacca.
Ai gesuiti seguirono i frati francescani, soprattutto italiani. Gli stranieri che al tempo giungevano da sud in Giappone a bordo delle loro navi di colore scuro (kuro hune = nave nera), per distinguerle dalle navi giapponesi realizzate in bambù, generalmente di colore più chiaro, erano definiti Nan Ban (barbari del sud) poiché considerati persone rozze e poco colte, per il semplice fatto di non praticare le usanze e i costumi del paese.
Nel corso del XVI secolo la comunità cattolica crebbe fino a superare le 300.000 unità.
Lo Shogunato Tokugawa, comprese ben presto che i gesuiti, attraverso l'opera evangelizzatrice stavano influendo sulla dinastia imperiale, di fatto esautorata e relegata in una funzione meramente simbolica, per cercare di estromettere lo shogunato e, quindi, interpretò i cristiani nel loro complesso e, i "Nan Ban" in generale, come una minaccia alla stabilità del suo potere.
Nel 1614 lo shōgun Tokugawa Ieyasu, dominus del Giappone, bandì con un altro editto il Cristianesimo e vietò ai cristiani giapponesi di praticare la loro religione. Il 14 maggio di quell'anno si tenne l'ultima processione lungo le strade di Nagasaki, che toccava sette delle undici chiese cittadine esistenti; tutte furono successivamente demolite.
Nel 1644 si ebbe la condanna a morte dell'ultimo sacerdote cristiano rimasto.
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a seguire:
io un po' li capisco...:-)
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𝐋𝐞 𝟒𝟎 𝐫𝐞𝐠𝐨𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐫𝐢𝐭𝐭𝐮𝐫𝐚 𝐝𝐢 𝐔𝐦𝐛𝐞𝐫𝐭𝐨 𝐄𝐜𝐨
1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu. ”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe – o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento – affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.
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Le Nuove Boutique
Neil Bingham
Moda e Design
Idea Books, Viareggio 2005, 192 pagine, 24,5x29cm, ISBN 9788888033310
euro 43,00
email if you want to buy [email protected]
Tra le più importanti case di moda e i più grandi architetti e designer, si è creata una nuova ed esaltante collaborazione: Frank Gehry e Issey Miyake, Rem Koolhaas e Miuccia Prada, Philippe Starck e Jean Paul Gaultier... I media hanno contribuito a porre l'attenzione sull'architettura come strumento di diffusione della moda, rendendo ancora più saldo il legame tra design architettonico, moda e stile. I risultati di queste avventurose collaborazioni presentati in questo volume, tutti rigorosamente appartenenti al XXI secolo, sono stati scelti tra le più significative realizzazioni nelle capitali mondiali della moda: Londra, Milano, New York, Parigi e Tokyo.
15/05/24
#nuove boutique#Frank Gehry Issey Miyake#Rem Kpplhaas Prada#Starck Gaultier#fashion books#designbooksmilano#fashionbooksmilano
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Alla Scoperta della Cisterna di Ezio
La Cisterna di Ezio (Κινστέρνα του Αετίου) rappresenta un capolavoro dell'ingegneria idraulica bizantina del V secolo. Costruita durante il regno di Teodosio II, questa cisterna aveva un'importanza cruciale per fornire acqua ad una Costantinopoli in continua espansione.
La struttura si presentava con una pianta rettangolare di circa 244 x 85 metri e una profondità massima di 15 metri, poteva contenere oltre 300.000 metri cubi d'acqua. Possiamo immaginarla come una specie di lago artificiale. Ecco, cerchiata, la sua posizione nell'antica Costantinopoli.
Nel corso dei secoli, la cisterna ha subito molteplici trasformazioni fino a quando non smise di essere utlizzata. Durante l'epoca ottomana, il luogo viene chiamato “çukurbostan” (orto in un fossato, in una depressione), utilizzata per la coltivazione di ortaggi. Successivamente, il sito è stato trasformato in uno stadio per il Karagümrük Sports Club, fino alla metà del XX secolo. Questa foto risale agli anni '30 e si possono notare gli spettatori assiepati lungo le mura che delimitavano l'antica cisterna.
In questa foto come si presenta l'attuale campo sportivo. Le frecce indicano le mura della cisterna.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città.
Scrivi una e-mail a: [email protected]
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Storia di Musica #287 - Tool, Lateralus, 2001
Ho scelto di dedicare la serie di album di Agosto ad un pensiero che nella musica popolare (nel senso più puro del termine) spesso non è il primo sentimento che passa per la testa dell’ascoltatore. Sto parlando di album “impegnativi”, che capisco benissimo che come concetto è qualcosa di aleatorio, ma che nella mia idea di scelte questa volta vogliono rappresentare un certo stato dell’arte dal punto di vista tecnico musicale, e spero che da queste scelte ne possa scaturire un bel dibattito al riguardo. Il primo di oggi ci porta negli Stati Uniti ad inizio anni ’80. Maynard James Keenan nato a Ravenna (quella in Ohio) e che era compagno di corso all’Università di Grand Rapids con il padre di una mia pen friend americana, è un tipo dai mille interessi, fa due anni a West Point, la prestigiosa accademia militare americana. Li con il termine tool si intende un cadetto che segue senza nessuna esitazione qualsiasi tipo di ordine dai superiori, che spesso li usavano anche per episodi di nonnismo. Scelse Tool come nome della band che fondò nel 1990 per il principio che avrebbe fatto sempre e solo quello che gli piaceva. Inizia così il percorso di una delle più incredibili realtà musicali degli ultimi anni, capaci di rinnovare e sperimentare almeno tre generi: l’heavy metal, il progressive e la musica sperimentale. Insieme al chitarrista Adam Jones (che è anche un grande esperto di effetti visuali e scenici, e ha lavorato in pellicole come Jurassic Park), dal bassista Paul D'Amour (prima) e in seguito dal britannico Justin Chancellor (dal 1995) e dal batterista Danny Carey (quest’ultimo uno dei più incredibili e bravi batteristi di tutti i tempi) pubblica Undertow nel 1993, che pur rimanendo in un solco heavy metal elettrico ha già degli spunti interessanti, si prendano come riferimento le adesso iconiche Prison Sex e la lunghissima Disgustipated. Nel 1996 l’album della consacrazione. Ænima è infatti un disco tutto giocato sul concetto della catarsi junghiana (ascoltate la lunga Third Eye o andatevi a rileggervi la storia che riguarda questo disco) ma che ha ancora momenti di puro e durissimo hard rock (la seminale Stinkfist) e rock progressive del ventunesimo secolo (H., Forty Six & 2). Per problemi con la casa discografica passeranno oltre 5 anni per il lavoro successivo. Keenan tra l’altro non si perde d’animo ed inizia il suo progetto parallelo degli A Perfect Circle, dove cura più la sua anima heavy metal, ottenendo tra l’altro grande successo. Nel 2001, dopo aver per mesi parlato di un album intitolato Systema Encéphale, il 15 maggio esce Lateralus. Il titolo è un riferimento sia al muscolo vasto laterale (Vastus Lateralis che ci permette di piegare le gambe) sia al pensiero laterale, definizione dello psicologo Edward De Bono, che individua soluzioni non di logica sequenziale, risolvendo il problema non partendo dalle considerazioni che sembrano più ovvie, ma cercando punti di vista alternativi per trovare la soluzione. Le fotografie interne fanno capire ancora più a fondo il percorso musicale di questo album: un viaggio nella mente umana, nelle sue passioni, nelle più profonde fratture, in cerca di risposte, anche di tipo politico, religioso, spirituale con il chiaro intento di arrivare alla perfezione, quindi ad un incontro con la divinità. Musicalmente è come proiettare i Van Der Graaf Generator o i King Crimson, scontratisi con il grunge e la musica industriale, negli anni 2000. Ne esce fuori un capolavoro assoluto, dalle infinite sfaccettature musicali.
The Grudge parla del mito di Saturno che divora i suoi figli, ed è una scalata strumentale incredibile, spezzata da un urlo di Keenan che supera i 20 secondi, citando anche La Lettera Scarlatta, romanzo del 1850 di Nathalien Hawthorne. The Patient inizia lenta e sognante ma poi finisce in una contorsione ipnotica. Schism, uno dei capolavori del disco (e Grammy per la miglior canzone metal del 2002, sebbene sia una costrizione bella e buona definirla tale), cambia il ritmo per 47 volte, inizia con un tempo di 12/8, poi passa prima a 7/8 e poi a 5/8, e parlando di scismi religiosi, effettua musicalmente uno scisma metrico (che geni…). Ticks & Leeches è uno dei più incredibili brani di batteria, grazie anche alla maestria diabolica di Carey, un gigante dello strumento, e che è rabbiosa e allucinata nel canto di Keenan, che dedica la canzone a tutti coloro gli hanno succhiato il sangue dalle vene. Mantra è uno di quei giochi musicali per cui sono famosi: è la registrazione lavorata come si deve dei miagolii di uno dei suoi gatti siamesi (i primi ascolti ipotizzavano fosse una donna che in trance dicesse I Love You). Parabol\Parabola sono due brani che si fondono in uno, con una natura da cantata funebre tibetana, mistica e struggente ed una seconda di rock maestoso. La triade finale che è da considerarsi come una super suite in tre parti è formata dalle splendide Reflection, Triad e da Faaip de Oiad (che in lingua enochiana, la lingua degli angeli, significa Visione di Dio) che sono lunghe, ipnotiche e dimostrano la maestria assoluta di questi musicisti (i duelli ritmici basso batteria, la chitarra affilata come una lama di Jones, un fenomeno). Menzione speciale però ha Lateralus, una canzone che ha affascinato i fan sul significato ma soprattutto per la sua struttura: Keenan canta parole le cui sillabe seguono la successione di Fibonacci (1,1,3,5,8…), per una musica ed un testo che non seguono un andamento lineare, ma a spirale (la canzone finisce con i versi Spiral out, keep going…). La copertina, realizzata da Alex Grey, è composta da strati trasparenti con la figura di un busto umano, e man mano che si sfogliano le pagine si penetra al suo interno così da vedere in successione i muscoli, lo scheletro, gli organi ed infine, voltata la penultima pagina, si trova la chiave di accesso al mondo spirituale, nell'ultimo strato è nascosta nel cervello la parola "GOD". Quella che ho postato all'inizio è la prima ristampa europea del 2003, molto più bella della prima in assoluto, che per dovere di cronaca posto adesso:
La copertina Digitale è ancora più bella, e da collezione è il picture disc olografico per l’edizione celebrativa del 2005. Dopo altri 5 anni ritorneranno con 10.000 days, che è molto meno fantasioso e mistico, ma che mantiene un ottimo livello generale. Ne passeranno addirittura 13, quando nel 2019 uscirà Fear Inoculum (da cui dovete andare ad ascoltare 7empest che racchiude un po’ l’essenza della musica Tool) la cui title track da 10 minuti e 21 secondi è citata nel Guinness dei primati per la canzone più lunga mai entrata nella classifica di Billboard. Tutta questa carne al fuoco tra musiche elaborate, testi dalle mille citazioni e dai mille simbolismi, le grafiche dark e potentissime dei dischi (tra l’altro, per riallacciarci alle storie di Luglio, le prime copie di Undertow furono censurate per le foto di donne nude che c’erano a corredo dell’album), sono facili da spiegare le tentazioni dei più maliziosi alle immancabili allusioni magiche ed occulte; resta il fatto che sono uno dei più grandi e riusciti tentativi di modernizzare la musica contemporanea degli ultimi 30 anni. E come sempre possono piacere o meno, ma resta la novità stilistica dei linguaggi e soprattutto della musica. Ascoltateli. Ne vale la pena.
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LA FURIA DI ISRAELE, IL RANTOLO DELL’IRAN
Torniamo per un attimo agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso. I padri e i nonni degli odierni Hezbollah, scampati alla Nakba e alla Guerra dei Sei Giorni, prima accolti con ostentata solidarietà da Re Husayn di Giordania ma poi repressi per aver addirittura tentato di rovesciarlo, si sono rifugiati nel sud del Libano. Si tratta di circa 120 mila persone, 15 mila delle quali armate e aderenti prevalentemente all’OLP, che nutrono per Israele ed ebrei un odio smisurato.
Presto dal sud del Libano questi rifugiati armati incominciano a organizzare incursioni in territorio israeliano. Ma i Fedayyn (letteralmente «I Devoti») non paiono proprio degli impavidi, tanto meno degli eroi. Salvo rarissime occasioni, non prendono mai di mira i soldati, ma soltanto i civili israeliani, ricorrendo a metodi terroristici repellenti.
Sconfinando in Israele, entrano nelle case massacrando intere famiglie, sparano nei mercati, assaltano scuolabus che trasportano bambini uccidendoli a colpi di kalashnikov. A volte i bambini li prendono come ostaggi per coprirsi la fuga. Ma intercettati dall’IDF si fanno saltare in aria insieme a loro, non appena intuiscono di non avere più scampo. È
l’inconfondibile stile di Monaco ’72.
In preda ad una inspiegabile euforia, quando trovano noioso lanciare razzi Katyusha al di là del confine, partono in gommone dalle coste libanesi per approdare sulle spiagge israeliane e massacrare bagnanti, facendo attenzione a non discriminarli per età e sesso.
Tanti piccoli «7 ottobre» che indicano a Israele che la misura è colma. Di qui gli interventi in territorio libanese: 1978, 1982 e 2006. Lo scopo è creare un’ampia zona cuscinetto che renda lo Stato ebraico non raggiungibile dall’artiglieria e dai razzi di Hezbollah, che nel corso degli anni ha inferto un vulnus alla sovranità del Libano, dando luogo ad uno stato nello stato foraggiato dall’Iran, ormai unico paese in Medio Oriente, insieme alla Siria, a propagandare la distruzione di Israele.
Risultato: decine di migliaia di morti, in buona parte civili libanesi che non sono riusciti a scappare, e qualche centinaio di soldati israeliani. Problema, però, tutt’altro che risolto.
A partire dal pogrom del 7 ottobre, i razzi lanciati da Hezbollah sul nord di Israele sono stati migliaia. Oggi l’attacco israeliano vuole menomare la capacità militare di Hezbollah, consentendo così ai 70 mila sfollati del nord di ritornare nelle loro case. La natura difensiva della reazione di Israele appare incontestabile.
Del resto, le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza ONU sulle precedenti guerre libanesi avevano imposto il ritiro di Israele senza nemmeno discutere sulla legittimità dei suoi interventi, chiaramente improntati a legittima difesa. Ma avevano imposto anche il totale disarmo e lo smantellamento di Hezbollah e delle altre milizie jihadiste, affidando il relativo compito al Libano, che di fatto non è mai riuscito a combinare nulla. Con la conseguenza che ogni volta che Israele si ritirava, in breve tempo tornava a materializzarsi il solito incubo per gli abitanti dell’alta Galilea.
Profondamente umiliato da Israele con gli omicidi mirati utilizzando missili che arrivano nelle camere da letto del nemico, oltre che con la manomissione di migliaia di cercapersone esplosi all’unisono tra le mani degli Hezbollah all’arrivo di un messaggio canzonatorio, ieri l’Iran ha portato su Israele un attacco missilistico pressoché insignificante, preceduto dai soliti anatemi ma ancor meno incisivo di quello di aprile, già ampiamente annunciato ma agevolmente sventato da Tel Aviv con l’aiuto degli USA.
Un attacco, però, che pur concretandosi in una chiara manifestazione di debolezza, equivale ad una dichiarazione di guerra, che se accolta da Israele non potrà che portare grossi guai sia a Hezbollah che a Teheran, che a quel punto non potrà più denunciare la violazione della propria sovranità.
Dopo questa mossa incomprensibile dell’Iran, potrebbe dedursi che a Teheran non esista più un potere consolidato. Non si conosce se all’interno del regime degli Ayatollah sia in corso una partita letale o se stia prevalendo, su adeguata contropartita, la scelta di lasciare al proprio destino Hezbollah, già azzoppato e chiaramente infiltrato dal Mossad.
A. Tomarelli.
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