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PRIMA PAGINA La Notizia di Oggi martedì, 03 settembre 2024
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Milano “città martire della Resistenza” e del Memoriale della Shoah è da troppo tempo la città dall’aria irrespirabile in cui vengono sfregiati i murales di Liliana Segre e Sami Mondiano, ma in cui il sito dei Giovani democratici organizza un dibattito online dal titolo “Liliana Segre deve condannare Israele?”, il cui senso è criticare “il suo rifiuto a definire il massacro israeliano con l’appellativo di genocidio”. Non s’è mai visto lo stesso stesso ardore per difendere Segre quando viene insultata nei cortei. Però ieri i Giovani dem postavano messaggi odiosi contro “decenni di oppressione e violenza a Gaza” (tutto bene Pd?). Ma tutto si tiene, Milano è anche la città in cui l’Università Statale oggi ospiterà il soi disant “scrittore poeta e militante politico” Filippo Kalomenìdis per parlare del “7 ottobre meraviglioso” e dei “guerriglieri sui deltaplani vento di liberazione”. Ignoriamo se ci sarà anche l’esaltazione degli stupri, ma siamo lì. Va detto che la stessa università in maggio aveva bloccato un incontro della associazione Pro Israele (“gravi rischi”), ma non è mai intervenuta contro le occupazioni. Intanto è cambiato il rettore, c’è una rettora. Ma l’ateneo di via Festa del Perdono resta imperdonabile.
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1.1. Què és el dibuix?
Francis D. K. Ching; dibuix és el «procés o tècnica que es posa en pràctica per a representar alguna cosa —un objecte, un entorn, una idea— traçant línies sobre una superfície» (Ching, 1998/2010, pàg. 1 ). És important recalcar que a més de referir-se a objectes o entorns, Ching puntualitza que el dibuix serveix per a representar idees (Ching, 1998/2010, pàg. 1-2), entre les quals es podrien incloure moltes coses rellevants per al dissenyador gràfic: logotips, maquetacions, interfícies, etc. Quant als processos que operen darrere de l’acte de dibuixar, Ching argumenta que «en el fons de qualsevol dibuix hi ha un procés interactiu de visió, imaginació i representació de les imatges» (Ching, 1998/2010, pàg. 3). Segons aquest autor «la visió és el canal sensorial primari pel qual entrem en contacte amb el nostre món. […] La visió possibilita la nostra capacitat de dibuixar, mentre que el dibuix potencia la visió» (Ching, 1998/2010, pàg. 3). Respecte a la imaginació, Ching diu: La ment, en la seva activa cerca d’estructura i significat, processa, manipula i filtra la informació visual que rep l’ull. L’ull de la ment genera imatges que veiem que són, precisament, les que intentem representar en el dibuix» (Ching, 1998/2010, pàg. 3). | 4 Com a conseqüència, Ching aclareix: El dibuix no es redueix a una mera habilitat manual, sinó que comprèn el pensament visual que estimula la imaginació i, recíprocament, aquesta proporciona ímpetu per al dibuix. (Ching, 1998/2010, pàg. 3). En relació amb l’últim punt; la representació, Ching argumenta: Quan dibuixem fem marques en una superfície per a representar gràficament el que veiem davant nostre o imaginem en la ment. El dibuix és un mitjà natural d’expressió que crea un món d’imatges, independent, però paral·lel, que parla a la visió» (Ching, 1998/2010, pàg. 3). Ching conclou que «l’activitat de dibuixar no es pot separar de la visió ni de la reflexió sobre el que es representa», atès que per a ell «la destresa del dibuix ha d’anar lligat a un coneixement del que ens esforcem a representar gràficament» (Ching, 1998/2010, pàg. 3)…
DIBUIXAR PER A DISSENYAR Carlos Ruiz Brussain
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“Prefereixo dibuixar a parlar. Dibuixar és més ràpid i deixa menys espai per a la mentida” — Le Corbusier
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“El dibuix és només la configuració del que veus”, va escriure Cézanne, i la seva pràctica del dibuix, creia, li va ensenyar “a veure bé”.
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Quando si parla di bambini, soprattutto se molto piccoli (0-3 anni), la prima cosa a cui tutti pensano o della quale si preoccupano è il pianto. Il pianto come fattore di disturbo, il pianto come misuratore di pazienza o ancora il pianto come capriccio. Ci si ritrova, nel corso della vita, ad avere a che fare con persone che guardano al mondo infantile come un semplice arco di tempo in cui il bambino è considerato un mix di instabilità caratteriale e bisogni fisiologici di cui prendersi cura. Se da una parte la gestione di un infante richiede un impegno rilevante, in egual modo se non di più, è importante prestare attenzione alla sua sfera emotiva. Perché un bambino piange? Volendo superare le questioni strettamente legate al sonno, stanchezza e fame; l’adulto deve preoccuparsi di cosa il bambino stia comunicando con quel pianto e come, eventualmente porre rimedio. Qui si nasconde il nocciolo della questione, la comunicazione. Con il pianto il bambino espone un problema, un disagio e richiama l’attenzione dell’adulto. Non ha altro mezzo per comunicare, soprattutto se ancora non ha iniziato a parlare in maniera sufficiente per potersi esprimere efficacemente. Cosa fare quando piange? E’ sicuramente la più grande preoccupazione di genitori ed educatori alle prime armi; come farlo smettere e magari anche nel minor tempo possibile. Una domanda in questa fase sembra cruciale: “è assolutamente necessario farlo smettere nel più breve tempo possibile?”. Prima di preoccuparsi su come interrompere grida e fiumi di lacrime, è importante cercare di capire il reale motivo che ha dato origine a tutto questo. Contestualizzando il momento e cercando di analizzare cosa possa averlo infastidito o agitato, si può giungere a diverse ipotesi che nel giro di pochi minuti passeranno al vaglio del bambino tramite la consolazione ed un confronto. E’ giusto consolare un bambino che piange? Cercando di rispettare le linee guida di una corretta educazione; prima di avviare un confronto è opportuno fare delle valutazioni, per capire come muoversi successivamente. Se il pianto nasce da un bisogno è giusto che l’adulto intervenga tempestivamente; nel caso in cui il pianto sia originato da un capriccio o da un disagio (inevitabile in alcuni casi, vedi l’inserimento nel contesto scolastico/educativo), è consigliabile attuare un approccio differente. Sicuramente rimane importante concedere un momento di sfogo, che permette di liberare mente e cuore da un peso, successivamente si accoglie il disagio esposto. Come accogliere il pianto del bambino? Non c’è un corso universitario per imparare come gestire i momenti di instabilità dei bambini. E’ una predisposizione, prettamente umana e caratteriale, che si affina con il tempo. L’educatore o il genitore in questa fase deve essere predisposto ad ascoltare non solo con le orecchie, ma anche con gli occhi e con il cuore ciò che il bambino sta comunicando. La vicinanza fisica è il primo ponte della comunicazione, permette di sentirsi più vicini, abbassarsi alla sua altezza e avere la possibilità di guardarsi negli occhi lo rassicurerà dimostrandogli che può fidarsi. In un secondo momento, si potrebbe procedere su due linee: Capriccio: questo è un caso in cui il bambino probabilmente sta piangendo perché c’è qualcosa che a lui non sta bene; l’adulto ha il compito di fargli capire cosa è effettivamente giusto. Si deve parlare molto, nel caso dei più piccini, si può accompagnare il discorso da gesti; non importa che il bambino sia troppo piccolo per capire, è importante che veda quanto in quel particolare momento, un adulto stia cercando di instaurare una connessione con lui.Disagio: questa situazione si verifica spesso, ad esempio, quando un bambino affronta la fase della separazione dalla mamma o da una figura importante. Nel caso dell’educatore che si trova a dover gestire questo delicato momento, è fondamentale stabilire un contatto fisico o più comunemente conosciuto come abbraccio.
Quest’ultimo sempre accompagnato da parole che spieghino al bambino cosa effettivamente stia succedendo e come si potrebbe affrontare insieme e al meglio la cosa. Anche questa volta non è assolutamente necessario che il bambino capisca le parole, quello che deve restare impresso nella sua mente è l’immagine di quel qualcuno di cui potersi fidare che cerca di stabilire un contatto. Per la comprensione del linguaggio ci sarà tempo più avanti. Esistono strumenti che possano calmare il bambino? Esistono sicuramente tanti libri e altrettante attività, oggi parleremo del: barattolo della calma. Il barattolo della calma è uno strumento pedagogico ispirato alla pedagogia montessoriana; ha una funzionalità semplice e può essere costruito senza problemi in casa con pochi elementi. Non è necessario che sia per forza un barattolo, va bene anche una bottiglietta in plastica. Come si costruisce: Versare nel barattolo acqua calda fino a riempirlo quasi completamente (lasciare un pochino di spazio); unire all’acqua la colla con glitter colorati. Mescolare per bene e successivamente aggiungere brillantini e mescolare nuovamente. Si può anche aggiungere del colorante alimentare per colorare l’acqua. Il colore che Maria Montessori associava alla calma è il blu. In fine sigillare il barattolo. Come agisce: In un momento di forte stress e di pianto, scuotere il barattolo della calma attirerà l’attenzione del bambino. I colori sgargianti e i movimenti lenti dei brillantini che si muovono all’interno del barattolo sono gli ingredienti magici di questo speciale strumento; osservandoli il bambino si calmerà. Funzionalità del barattolo: Insieme alla sua funzione tranquillizzante, questo strumento aiuta il bambino a scoprire la consapevolezza di sé stesso e delle sue emozioni. L’adulto può contestualmente accompagnarlo in questo processo verso la calma attraverso il dialogo, che in questa fase ha una valenza costruttiva molto importante perché il bambino si sente rassicurato. Il pianto del bambino non va mai ignorato, il dialogo e l’affetto sono le armi più potenti per far aiutarlo nei suoi momenti più delicati.
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Uno che si chiama Paolo Flores d'Arcais e non se ne vergogna, editando un giornaletto di sinistra impegnata non la rivista del gioco del Polo, è davvero convinto che il seguente parto di mente grippata sia scambiabile per una risposta alle osservazioni contro il Green Pass di Cacciari (gli dà del tu come dire che pari sarebbe, hahah, mentre il co-firmatario Agamben vien degnato solo di commento sprezzante, in quanto da tempo si permette di parlar male della ex URSS): "Non hai speso una sola parola di indignazione, vituperio, condanna, per la “pratica di discriminazione” che non consente di guidare liberamente un’automobile (ma eventualmente anche un Tir, se aggrada). E impone di passare per le forche caudine di esami orali e scritti, solo al termine dei quali il cittadino (ma non è ormai così ridotto a suddito?) riceve un “green pass” definito “patente di guida”? Ma di che sa questa?! Neanche in seconda media uno può sperare di prendere la sufficienza nel temino di classe, paragonando il Green Pass da esibire per spostarsi e frequentare umani, a una prova di conoscenze e abilità necessaria per pilotare un mezzo semovente a motore. A meno che, e non lo escludo, non ritenga se stesso un mezzo da pilotare, ovviamente su licenza STATALE. Grazie Flores, hai dimostrato ancora una volta la ANTROPOLOGICA INFERIORITA' dell'imbelle statalista sinistro spregiatore dei più elementari diritti fondamentali dell'individuo. Procedete pure con la TERAPIA SPERIMENTALE che tanto brama.
commento mio, quote via https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-green-pass-nbsp-liberta-altro-che-278145.htm
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Aiutare gli animali domestici a rifugiarsi durante l'epidemia di COVID-19
Aiutare gli animali domestici a rifugiarsi durante l'epidemia di COVID-19. La crisi umana che si sta svolgendo durante l'epidemia di COVID-19 è straziante, ma per gli amanti degli animali, la crisi degli animali domestici del rifugio è un ulteriore motivo di preoccupazione. Abbiamo chiesto a Sarah Hodgson di Sarah Says Pets, un'amica di Goodnewsforpets di Goodnewsforpets, una rinomata autrice, addestratrice di cani, volontaria di un rifugio e adottatrice seriale di cani, di condividere i suoi pensieri sinceri e modi per aiutare in questo post sul blog degli ospiti - Lea-Ann Germinder, Editor + Editore. Sei un amante degli animali che ama scorrere siti come Pet Finder e The Dodo? Hai una lista, come me, dei futuri nomi di animali domestici sul tuo comodino? Sei un cane, un gatto o un animale domestico certificabile?
Ebbene, prima di chiudere a chiave le porte per tutta la durata, c'è un settore in crescita della nostra popolazione che ha un disperato bisogno di aiuto: gli animali da compagnia che ora sono lasciati in numero crescente nei rifugi per animali in tutto il mondo. Mentre diversi fattori contribuiscono alla causa - arresti forzati, persone - dal personale, ai volontari ai potenziali adottanti, l'improvviso squilibrio tra gli animali abbandonati e le case per prendersi cura di loro è sconcertante. Per non parlare del crescente numero di arresti del proprietario dovuti in gran parte alla disinformazione tra il virus e la capacità dei nostri animali di trasmetterlo. Il Center for Disease and Control (il C.D.C.) rassicura che gli animali domestici non mostrano alcuna prova di essere in grado di diffondere COVID-19; tuttavia, i numeri aumentano.
Con donazioni a tutti gli enti di beneficenza in declino e gli animali domestici che non sono in grado di sfuggire ai propri confini per partecipare alle adozioni o godersi le uscite a causa dell'attuale crisi sanitaria, questi esseri senzienti avranno meno sostenitori. & Nbsp; & nbsp;
Qui è dove puoi aiutare a essere parte di una soluzione!
Dona piccole cose & nbsp; I rifugi in tutto il mondo hanno un disperato bisogno di tutto; I piccoli gesti contano. Considera l'idea di lasciare cibo, giocattoli, coperte o prodotti per la pulizia. Se non ti senti a tuo agio o non puoi uscire di casa a causa delle attuali linee guida, fai una donazione online in modo che il rifugio possa acquistare ciò di cui ha bisogno. & Nbsp;
Prendi in considerazione l'affidamento & nbsp; In qualità di genitore di animali domestici, accetti di ospitare e nutrire un animale da ricovero per un determinato periodo o fino a quando qualcun altro non adotta l'animale. Il rifugio generalmente assorbe le spese mediche e il cibo viene fornito o deducibile dalle tasse. In qualità di genitore adottivo, sei responsabile delle interazioni quotidiane come l'alimentazione, il vasino e il gioco. Se decidi di allevare un animale domestico e, nel farlo, ti innamori del tuo piccolo orfano, l'adozione è spesso facile da organizzare.
Scegli di adottare & nbsp; Se stai pensando di diventare un genitore di animali domestici e sei disposto ad andare in un rifugio, ci sono molti animali amorevoli alla disperata ricerca di una casa. E i rifugi per animali non sono solo per cani! Puoi trovare tutti i tipi di animali domestici nel tuo rifugio locale, da cani e gatti a uccelli, porcellini d'India e conigli. Alcuni rifugi si prendono cura anche degli uccelli senzatetto. Chiama il tuo rifugio per scoprire cosa ti aspetta. & Nbsp; & nbsp;
Se stai aspettando i mesi più caldi per adottare un animale domestico o che il mondo si raddrizzi di nuovo, fermati a riconsiderare. Ci sono così tanti animali domestici amorevoli e bisognosi nei rifugi in tutto il mondo; tante anime riconoscenti che altrimenti andrebbero perse per sempre. Adotta ora: potrebbe essere il momento migliore in assoluto. & Nbsp; & nbsp;
Supervisionare gli animali domestici intatti. & Nbsp; Con la diffusione radicale del COVID-19, il governo chiede ai veterinari di ritardare i controlli sanitari di routine e interrompere gli interventi chirurgici facoltativi se non ritenuto necessario dal punto di vista medico. Oltre a proteggere i medici e il personale, alla loro comunità viene chiesto di donare e conservare forniture, come dispositivi di protezione individuale (DPI) e ventilatori, alla medicina umana. L'AVMA sta sviluppando linee guida che vengono aggiornate continuamente sul proprio sito.
Ecco come puoi aiutare i rifugi se il tuo animale domestico è intatto. Tieni tutti gli animali domestici intatti sotto supervisione per evitare accoppiamenti accidentali. Quando il divieto viene revocato, pianifica la riparazione del tuo animale domestico. Se il denaro è un problema, contatta il tuo centro di accoglienza locale per trovare cliniche a basso costo nella tua zona. & Nbsp;
Questi sono tempi duri per tutti noi. Mentre la nostra salute dovrebbe essere la nostra preoccupazione numero uno, molti di noi possono diventare un po 'pazzi e avere difficoltà a cercare di rimanere produttivi; perché non trascorrere il necessario isolamento con alcuni compagni a quattro zampe? La gratitudine e il dono si presentano in molte forme: se sei un amante degli animali, forse puoi considerare di aprire le tue porte in questo momento di bisogno.
Sarah Hodgson di Sarah Says Pets sta reinventando il modo in cui viviamo con i nostri animali domestici. Un rinomato autore di oltre dodici manuali di addestramento per cani tra cui "Puppies for Dummies, 4a ed." (Wiley and Sons Press, 2019), "Modern Dog Parenting" (St. Martin’s Press, novembre 2016), Sarah Hodgson è anche una rinomata addestratrice di animali domestici e consulente comportamentale per famiglie amanti degli animali domestici. & Nbsp; Visita Sarah Says Pets per ulteriori informazioni.
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/giornata-internazionale-dellalfabetizzazione/?feed_id=382&_unique_id=6319a872c78e4 %TITLE% L'8 settembre è la Giornata internazionale dell'alfabetizzazione, una ricorrenza istituita il 17 novembre 1965 dall'UNESCO al fine di ricordare alla comunità internazionale l'importanza dell'alfabetizzazione. Non si tratta solo dell'importanza di saper leggere, anche se in molte zone del mondo ci sono ancora vaste fasce di popolazione completamente analfabete, ma di saper analizzare e interpretare correttamente un testo. I diversi livelli di alfabetizzazione Il programma OCSE PISA (Programme for International Student Assessment) riconosce sei livelli di alfabetizzazione principali: 1: competenza alfabetica molto modesta al limite dell’analfabetismo (analfabetismo funzionale grave);2: possesso di un limitato patrimonio di competenze di base (analfabetismo funzionale non grave). Implica saper riconoscere l’idea principale in un testo semplice;3: competenze sufficienti per poter analizzare un testo di cui si ha familiarità;4: buone conoscenze per poter analizzare la maggior parte dei testi;5: capacità riflessive ed interpretative tali da rendere possibile analizzare la quasi totalità dei testi, anche alcuni tra quelli complessi;6: conoscenze elevate o molto elevate che permettono di confrontare ed integrare in maniera dettagliata e precisa più informazioni da più testi complessi. Sotto il livello 1 si può parlare di analfabetismo totale. La maggior parte degli studiosi considerano il livello 3 come livello base per garantire un corretto inserimento nelle dinamiche della vita sociale, economica e occupazionale. Anche nei paesi che riteniamo sviluppati la situazione non è così idilliaca Fonte: https://italiaindati.com/analfabetismo-funzionale-in-italia/ Identikit dell’analfabeta funzionale in Italia Secondo l’OCSE e l’ISFOL, l’analfabetismo funzionale non riguarda una specifica fascia della popolazione italiana; colpisce trasversalmente diverse fasce demografiche. Detto ciò, i dati riescono a fornire un identikit piuttosto preciso di coloro che sono più soggetti a questo fenomeno: Da un punto di vista anagrafico, uno su tre ha più di 55 anni; “solo” un giovane italiano su 6 non comprende a pieno il significato di ciò che legge. Una grande fetta è composta da pensionati;Da un punto di vista professionale, solo il 10% è disoccupato. Tra i giovani tra i 16 e 24 anni sono soprattutto coloro che vivono a casa dei genitori, non studiano, non lavorano e non cercano lavoro, i cosiddetti “Neet”; nella stragrande maggioranza dei casi svolgono lavori manuali e routinari (ad es.: lavori domestici non retribuiti) oppure svolgono lavori in nero o precari, in cui non sono previsti momenti di formazione sul lavoro;Da un punto di vista formativo, in generale sono poco istruiti. Molti hanno abbandonato precocemente il percorso scolastico;Da un punto di vista geografico, il Sud e il Nord-Ovest del Paese sono le regioni con le percentuali più alte; queste aree ospiterebbero più del 60% dei lavoratori non qualificati. Fonte: https://italiaindati.com/analfabetismo-funzionale-in-italia/ Analfabetismo di ritorno L'analfabetismo di ritorno è quel fenomeno attraverso il quale un individuo che abbia assimilato nel normale percorso scolastico di alfabetizzazione le conoscenze necessarie alla scrittura e alla lettura, perde nel tempo quelle stesse competenze a causa del mancato esercizio di quanto imparato. Un analfabeta di ritorno, dunque, dimentica via via quanto assimilato perdendo di conseguenza la capacità di utilizzare il linguaggio scritto o parlato per formulare e comprendere messaggi e, in senso più ampio, di comunicare con il prossimo e con il mondo circostante.[1] Per definizione l'analfabetismo di ritorno differisce dall'analfabetismo, che
è invece determinato dal non avere mai assimilato alcuna competenza di scrittura e di lettura. Il 98,6% degli italiani è alfabetizzato, ma sfiora il 30% la quota di cittadini tra i 25 e i 65 anni con limitazioni nella comprensione, lettura e calcolo. A tal proposito da un’indagine denominata ‘Istruzione e futuro: un gap da colmare’ realizzata per la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli dall’Istituto Carlo Cattaneo emerge che i bassi livelli di istruzione generano ingenti costi di seguito elencati: Costi a livello individuale: esclusione sociale, insicurezza, mancanza di autonomia, precarietà.Costi sociali: scarsa partecipazione al processo democratico, criminalità, maggior spesa per la salute.Costi economici: livello di sviluppo limitato, bassa propensione all’innovazione, scarsa produttività. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Analfabetismo_di_ritorno Quindi? Quindi è importante riflettere su questa situazione, soprattutto perché il potere di voto è dato a chi non è analfabeta funzionale come a chi lo è, e le scelte, i voti, le decisioni influenzano tutti. L'unico modo per risolvere, seppur lentamente, questa situazione è investire sempre di più nell'istruzione.
#Giornata_mondiale_di...#analfabetismo#analfabetismo_funzionale#Giornata_internazionale_dell_039alfabetizzazione#istruzione#scuola
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[lwptoc skipHeadingLevel="h4"] Quasi 2/3 dei consumatori pensa che le imprese debbano agire sui cambiamenti climatici. Per farlo, ritengono che su debbano fare campagne di comunicazione (green advertising) pensate per spingere verso comportamenti 'green'. No al senso di colpa e sì a trasparenze e autenticità: ecco come parlare di sostenibilità nelle pubblicità. Green marketing e comunicazione: il green advertising Da quanto saremo bravi ad abbracciare la sostenibilità nel quotidiano dipenderà la sopravvivenza del Pianeta e il suo sano sviluppo negli anni a venire. Gli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sono arditi e cambiare le proprie abitudini non è certo facile, ma necessario, lo dicono i numeri e lo dice l’esperienza empirica personale. La buona notizia è che poco meno di uno su tre (29%) dei consumatori globali è già attivamente coinvolto nelle questioni climatiche e sociali quando si tratta del proprio comportamento di acquisto. A rivelarlo è il Sustainability Sector Index di Kantar, leader mondiale di consumer insight per il marketing e la comunicazione. La ricerca, realizzata su 35 mercati, punta a mappare gli atteggiamenti e i comportamenti di sostenibilità dei consumatori rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, e sottolinea come i consumatori più giovani (di età compresa tra 18 e 34 anni) sono più sensibili verso i temi della sostenibilità apportando attivamente modifiche al proprio stile di vita in risposta a problemi climatici, come evitare prodotti che utilizzano quantità eccessive di acqua nella loro produzione, acquistare beni di seconda mano o diventando vegano/vegetariano. Di contro, i consumatori più anziani (di età pari o superiore a 55 anni) sono meno sensibili al green advertising e mostrano più difficoltà nel modificare lo stile di vita esistente. Dal green marketing un aiuto per le aziende ad essere sostenibili Lo studio rivela altresì che il 63% dei consumatori ritiene che le imprese abbiano la responsabilità di agire sui cambiamenti climatici. Uno strumento a disposizione delle aziende per contribuire attivamente a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità è il green marketing che, come dice il termine stesso, spinge a declinare in ottica verde le leve di marketing: packaging ottenuti da scarti, prodotti ad alta percentuale di riciclabilità, comunicazione ispiratrice, sono alcuni dei risultati generati dagli esperti di green marketing / green advertising. Green advertising, parola d’ordine: positività Studiando gli esempi disponibili di green advertising, Kantar - in partnership con Affectiva, pioniere dell’Emotion AI - ha realizzato un’analisi dei migliori e peggiori spot che comunicano su temi sociali o legati all’ambiene, con l’obiettivo di individuare le best practice utili ai marketer per poter trattare il tema della sostenibilità in comunicazione in modo efficace. Da questa analisi sono scaturite cinque semplici regole: catturare la giusta emozione, la speranza trionfa sul senso di colpa e sulla paura; lasciare un sentimento positivo, anche con messaggi seri; essere autentici, fedeli al proprio brand e non pretendere troppo; fare la differenza mostrando in modo tangibile come si può aiutare; agire senza limitarsi a parlare mantenendo le promesse. “La nostra analisi ha messo in luce come il tema della sostenibilità sprigioni forti sentimenti nei consumatori: la chiave del successo dei brand è sfruttare queste emozioni al servizio dei loro obiettivi”, hanno poi commentato al riguardo. Green advertising: i consigli per i brand Approfondiamo ora i primi tre consigli, con alcuni esempi per una green advertising efficace. Catturare la giusta emozione: la speranza trionfa sul senso di colpa e sulla paura. Lo studio rivela che gli annunci contenenti messaggi sociali evocano generalmente forti emozioni positive negli spettatori che vanno dall’orgoglio (+26), all’ispirazione
(+21) all’affetto (+19), ma anche sentimenti negativi come senso di colpa (+18) e tristezza (+17). Secondo i ricercatori ciò che bisogna evitare è proprio di generare emozioni negative poiché, evidenziano, le migliori pubblicità pro-sostenibilità hanno spesso un tono più incoraggiante rispetto a tutte le altre e suscitano reazioni più positive come il sorriso e la gioia. I marketer responsabili della green advertising dovrebbero quindi prediligere un tono speranzoso e positivo per evitare che i consumatori si sentano rimproverati o rifiutino del tutto il messaggio, come realizzato nell’adv di Seventh Generation, un brand di carta igienica inglese, “Trees and Bs”. Lasciare un sentimento positivo, anche con messaggi seri. Secondo lo studio, evocare forti emozioni negative è quasi impossibile quando nella adv si tratta un tema in modo “serio”, il rischio di ciò è quello di generare senso di colpa registrando pessime performance nella comunicazione. Viceversa, lasciare agli spettatori emozioni positive come la fiducia, l’entusiasmo, l’ispirazione e l’orgoglio, nonostante il difficile tema trattato, assicura migliori risultati di green advertising. Un esempio in questa direzione è come Lurpak affronta il problema dello spreco alimentare nell’adv pensata per il canale televisivo “Where there are cooks“. Essere autentici, fedeli al brand e non pretendere troppo. Ispirare ad un comportamento sostenibile senza riportare affermazioni commerciali di carattere ecologico, ma trasmettendo un messaggio sostenibile senza comunicarlo in maniera esplicita, è la strada giusta per creare green advertising efficace. Kantar riporta come esempio lo spot “First Day Out” di Co-op che evidenzia come gli acquirenti possano riciclare la plastica morbida in negozio, concentrandosi sui piccoli piaceri della natura durante il percorso fino allo store. Lo spot sollecita il nostro bisogno psicologico di un piano chiaro su come attuare le buone intenzioni, evitando di indurre sensi di colpa o di rivendicare eccessivamente le proprie caratteristiche green.
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Mentre Ilary era a Sabaudia con i figli, Totti era a casa di Noemi Bocchi e i figli di lei
Mentre Ilary era a Sabaudia con i figli, Totti era a casa di Noemi Bocchi e i figli di lei
L’ex Capitano è stata paparazzato di nuovo a casa di Noemi Bocchi, non si può parlare più di gossip “Ci son cascato di nuovo”, questo famoso verso di Achille Lauro descrive alla perfezione le foto che mostrano Francesco Totti uscire dalla casa di Noemi Bocchi. Ormai non si può più parlare di gossip: i nuovi scatti … Read MoreVipToday
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3 mag 2021 16:57
GIULIETTA DEGLI SPIRITI (ANIMALI) – I TERRIFICANTI SFOGHI DELLA MASINA AL FARFALLONE FELLINI: “MA CHE SEI 'N OMO TU? SEI 'N OMO TU CHE NON ME TOCCHI DA OTTO ANNI? O SEI UNO CHE SE FA TUTTE, MA PROPRI TUTTE L'ARTRE? PENSI CHE NUN TE VEDO? NON FAI CHE MANEGGIÀ CHIAPPE DI QUESTA E DI QUELLA! CHE DEVE FA 'NA POVERACCIA COME ME? CHE ME NE FREGA CHE TU SEI UN ARTISTA, SE SEI SOLO 'NA PARVENZA D'OMO? A ME NON M’INCANTI, SAI? DOVE SEI STATO A ARZA’ PORVERE? DIMMELO!”
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Estratto da “La Cartomante di Fellini - L’uomo, il genio, l’amico”, di Marina Ceratto Boratto, ed. Baldini+Castoldi
All’improvviso si attaccò a una misteriosa bottiglia con l’etichetta di un frantoio. Finsi di non vedere, aiutandola a portare i piatti a tavola…. Giulietta mi impedì di tornare in sala da pranzo. Continuava a tossire e a fumare. E riprese a raccontare.
«Sai che appena sposata con Federico e incinta, so’ caduta giù dalle scale? Ho abortito. Poi e arrivato Pier Federichino, vissuto solo tre settimane... poi, poi... per lui, nun so’ esistita più, intendo come donna... te rendi conto? Sembrava un marito tanto devoto invece ha cominciato ad andare in camporella.»
Non mi piaceva la piega che stava prendendo la serata. «Guarda Giulietta che è un marito affettuoso, dice su di te cose sublimi.» «Ma va là, ma a chi la racconti?» Come rassicurarla, nel silenzio spiccava il ticchettio di una sveglia, messa lì forse per la cottura dei suoi piatti. Dopo circa un quarto d'ora Federico fece il suo ingresso trionfale festeggiato da tutti.
Tutti tirammo un sospiro di sollievo, avrebbe ripreso con il suo stile e la sua autorità il controllo della situazione. «Chi ha telefonato Giuliettina? Non hai fatto le polpette, sai che mi piacciono tanto…» chiese mellifluo e aggiunse: «Ah, questo film, quanti problemi!»
«Ndò sei stato Ninì?» gli domandò lei, senza rispondergli.
«Per un piccolo sforamento del badget sono stato a parlare tutto il tempo con Fracassi, pessimista ma risolutivo come sempre», replicò soffiando ansia per troppo lavoro e aggiunse: «Qualcosina mangiucchio, forse solo la carne e il dolce! Che begli amici, che allegra brigata, raccontatemi tutti qualcosina di voi! Che bello ritrovarvi. Come sei in forma, Caterina! Ciao Marina bella! Lucia, che occhi magnifici da assassina».
«E già, eri con Fracassi o co `na mignotta, Ninì? Torni sempre con gli occhi bassi sul piatto e te metti a mangià e non dici mai niente di dove sei stato. Ma in realtà hai già mangiato...» continuò ostinata. Arrossimmo tutti.
«Su, Giuliettina, sai che è un film complesso, ho continue grane. Rogne spaventose con Rizzoli. Devo elencarti tutte le difficoltà, giorno per giorno? Dovresti essere contenta che te ne tengo fuori, te le evito, vivi qui beata, fra boschi e ruscelli, in compagnia dell'ottimo Salvato. E voi invece cosa avete fatto, avete sparlato del sottoscritto?»
Mentiva o diceva la verità sulla sua serata fuori casa? Lucia ci aveva avvertito che era un bugiardo congenito, comunque nessuno dei presenti voleva indagare, desideravamo solo che tornasse un po' di pace e leggerezza. Era uno spettacolo triste vedere una moglie sbottare a quel modo. Non immaginavamo certo che lei e Federico fossero due sposini in viaggio di nozze, ma che fossero a questo punto, mai.
Poi Giulietta, quasi con gli occhi iniettati di sangue, si scagliò a parole contro Federico, dimostrando un temperamento degno di una popolana di Roma e un talento drammatico superiore a quello della Magnani.
«Ma che sei 'n omo tu? Sei 'n omo tu che non me tocchi da otto anni? O sei uno che se fa tutte, ma propri tutte l'artre? Pensi che nun te vedo? Non fai che maneggià chiappe di questa e di quella! Che deve fa 'na poveraccia come me? Che me ne frega che tu sei un artista, se sei solo 'na parvenza d'omo? A me non m’incanti, sai? Dove sei stato a arzà porvere? Dimmelo!»
Stranamente Giulietta non tossiva più. Guido Alberti si alzò da tavola e si schiarì la voce, sembrava un tribuno: «No, vi prego non fate così, dovete andare d'accordo, avete dato dei capolavori al cinema mondiale e ne darete altri, così ci rendete infelici stasera, dovete far pace, perché voi due... voi due siete immensi... siete entrambi una risorsa per il mondo», Fellini si alzò e abbracciò Guido.
«Guidone che farei senza di te?» Ma Giulietta continuò imperterrita. «Infame! Perché te sei ridotto così? Perché quando l'ho sposato me voleva bene, sapete? Era normale, allora! Adesso è un mezz'omo.» Federico sembrava accettare rassegnato tutto ciò che usciva da quella bocca, rimproveri e insulti, ossessionato dai complessi di colpa o forse altrove, serafico.
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“Non vedo un legame tra la crescita del debito di oggi e il Superbonus”, dice Tridico. Non si sa se sorprende di più la mancanza di buon senso o il fatto che a parlare sia un professore di Economia. Perché sostenere che il Superbonus, che con i suoi 160 miliardi di costo è la peggiore misura di finanza pubblica della storia italiana, non ha alcun legame con l’aumento del debito è come affermare che la Terra è piatta. In questi anni, e per i prossimi, l’Italia spenderà decine di miliardi all’anno per pagare il Superbonus e questa è la principale ragione per cui il rapporto debito/pil crescerà anziché diminuire. È scritto, a chiare lettere, nel Def del governo, ma anche nei rapporti e nelle analisi della Commissione europea, dell’Fmi, della Banca d’Italia, dell’Upb e di chiunque sulla faccia rotonda della Terra sappia fare di conto. Il fatto che per difendere la scellerata misura del governo Conte un economista, per quanto militante, debba ricorrere al terrapiattismo economico dà la misura di quanto irragionevole sia stato il Superbonus. Da un lato è un sollievo che Tridico non sia più presidente dell’Inps, ma dall’altro preoccupa che sia ora presidente della sottocommissione per le questioni fiscali del Parlamento europeo. Un piccolo passo in avanti per l’Italia, un grande salto indietro per l’Europa.
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Senza di lui le mie giornate erano vuote, era come vivere senza senso, non c'era più uno scopo per il quale avevo la forza di alzarmi la mattina e addormentarmi la sera. Non avevo più nessuno da stringere sotto le coperte quando faceva freddo, nessuno con cui giocare a palle di neve rincorrendoci come bambini.
Passarono i giorni, ed erano sempre più tristi e insignificanti.
Non uscivo mai di casa, stavo lì, davanti al fuoco a fissare le braci ardere fino a sgretolarsi, come era successo alla mia vita da quando se n'era andato. Semplicemente a pensavo a lui e a quello che eravamo noi. Ogni tanto sorridevo, ricordandomi del suono della sua risata, la luce nei suoi occhi che amavo tanto, le sue fossette sulle guance. Mi chiedevo se anche lui mi pensasse, se non ero solo io a sperare che, una volta tornato, saremmo riusciti a dimenticare tutto il dolore e ad amarci come se la nostra separazione fosse servita solo a renderci più forti e a rafforzare il nostro legame.
Certe notti lo sognavo, mi svegliavo nel bel mezzo della notte e mi giravo per guardarlo, ma non lo trovavo accanto a me. In alcuni giorni, mi mancava un po’ di più e le lacrime scendevano più facilmente.
Passarono i mesi, avevo poche notizie di lui. Solo ogni tanto ricevevo una sua lettera in cui mi diceva semplicemente che stava bene e che non vedeva l'ora che quell'orrore finisse.
Un giorno ero seduta in giardino, avevo i capelli raccolti in una coda disordinata e stavo leggendo. Sentii il rumore di un motore, ma non alzai la testa pensando che si trattasse del postino. Poco dopo, avvertii una presenza alle mie spalle, l'erba che veniva calpestata, mi girai. Era lì, non era cambiato niente, stessi capelli, indossava una maglietta che gli avevo regalato io.
Mi fermai a guardarlo, senza parlare. Lo abbracciai forte singhiozzando.
“Mi sei mancata tanto.”
“Anche tu, non sai quanto.”
“Sì, lo so.”
Alzai la testa e lo guardai negli occhi, erano colmi di lacrime, ma questa volta notai la luce che aveva una volta. Mi baciò, le sue labbra avevano lo stesso sapore di vaniglia che amavo tanto.
“Ti cercavo in mezzo alla gente, in qualsiasi luogo affollato, senza di te mi sentivo solo.”
“Ma tu mi pensavi quando guardavi il cielo? Mi pensavi quando faceva freddo? Speravi che quando ti saresti svegliato mi avresti trovata vicino a te? Mentre leggevi un libro mi trovavi tra quelle righe? Beh io sì.”
“Facevo fativa ad addormentarmi sapendo che non di non averti tra le mie braccia, di non poterti accarezzare capelli, sentire il tuo respiro sul collo. E sì, lo facevo anche io.“
Fu così che ci rincontrammo, non era cambiato niente tra di noi, il filo invisibile che ci legava non si era spezzato.
La sera ci trovammo abbracciati sul divano, a guardare un film, mi addormentai con la testa appoggiata al suo petto sentendo il suo cuore battere. Mi svegliai dopo poco. Mi prese per mano e mi portò al piano di sopra. Si sdraiò sul letto, io feci lo stesso e appoggiai la testa al suo petto stringendolo forte.
Era tanto tempo che non mi sentivo in quel modo, era semplicemente casa.
Mi svegliai il mattino seguente, ma lui dormiva ancora, così iniziai ad accarezzargli i capelli. I suoi occhi si aprirono.
“Buongiorno..” sussurrai.
Si girò e mise la testa appoggiata al mio mento. Mi guardò negli occhi e mi baciò.
Era tutto esattamente come prima.
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Bruno Munari, Sculture da viaggio [Esculturas de viaje], 1958
Cartulina. Fondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Danese, Milán. Foto: © Roberto Marossi, cortesía Fondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Danese
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Els napolitans utilitzen molt la mímica per comunicar-se, així que Munari va estudiar les diferents formes de “parlar” sense dir ni una sola paraula.
🙅Per exemple, com podem dir “no”?
👉Llevant les celles i desviant la mirada, aixecant el cap per empènyer-la cap enrere, posant els dits sota la barbeta i movent-los cap amunt, mirant a l'objecte i mantenint la mà davant seu com per frenar-lo, aixecant la mà al cap i movent-la de dreta a esquerra, donant l'esquena a l'interlocutor o girant lleugerament la part superior del cos.
1️⃣D'esquerra a dreta: diners, temps passats, afirmació, estúpid, bé, espera un moment, caminar enrere, robar, banyes, demanar.
2️⃣La mà es pot mantenir immòbil o agitar-se més o menys violentament cap amunt i cap avall, segons el grau d'impaciència expressat. Molt comú a Nàpols.
3️⃣Es col·loquen els dits índex i cor estesos com si se sostingués una cigarreta invisible. Per a més èmfasi, es poden acostar els dits als llavis.
4️⃣Un gest protector per evitar una maledicció o el mal dull. Els dits índex i petit assenyalen cap avall, com per prohibir el mal a la terra.
5️⃣Un moment! Aquest gest crida latenció per afegir una explicació o plantejar una objecció.
6️⃣Dona a entendre que dues persones han arribat a un acord en secret, o que estan quedant en privat.
7️⃣Aquest gest es va originar a Torí a finals del segle XIX per demanar el famós vermut amarg.
8️⃣Amenaça. La mà oberta, amb el palmell cap avall, fent un moviment horitzontal ràpid a la gola, suggerint un ganivet.
9️⃣Robar. Es van tancant els dits un per un, començant pel petit.
🔟La ràbia pot expressar-se mossegant el nus d'un dit, normalment l'índex. No cal mossegar fort.
🤷Fes servir algun d'aquests gestos en el teu dia a dia? Coneixies el significat de tots?
🖼️Visita l'exposició “Bruno Munari” per conèixer més sobre aquest artista. A la nostra seu madrilenya fins al 22 de maig.
#MunarienlaMarch #BrunoMunari #Munari #art #design
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Torniamo a parlare dei diritti naturali dei bambini e, in particolare, oggi riflettiamo sul DIRITTO ALLA STRADA a giocare in piazza liberamente, camminare per le strade. Camminando per le nostre strade di città, vedo tanti bambini di ogni età ed etnia e, la maggior parte, sono “imbrigliati” a causa della nostra viabilità caotica, affollata, frenetica e poco sicura. Oggi voglio riflettere su come possiamo migliorare sotto questo aspetto e far sì che i bambini, gli uomini e le donne di domani, possano riappropriarsi in modo sicuro delle strade. Sarebbe anacronistico sperare in un ritorno al passato dove le strade erano il luogo di gioco e di socialità per eccellenza; ma è certo che qualche cosa possiamo e dobbiamo fare. Per iniziare con il piede giusto, dobbiamo insegnare ai bambini, anche molto piccoli, (a partire già dai due anni) come vivere la nostra viabilità in sicurezza e lo possiamo fare con dei giochi pensati per loro: → “caccia alle strisce pedonali”: con questa semplice attività invitiamo i bambini a cercare le strisce pedonali più vicine a noi per poter attraversare in sicurezza e a norma di legge. → “di qua e di là”: con questa invece insegnamo ai bambini a guardare a destra e a sinistra prima di attraversare; possiamo farlo fare anche se il bimbo è sul passeggino. → “il ballo del pedone a colori”: facciamo focalizzare l’attenzione del bambino sui semafori e proviamo ad insegnare loro come controllare il colore del semaforo prima di attraversare. Per un bambino queste sono attività divertenti da fare insieme, si possono anche proporre se si viaggia in auto. Bisogna sempre tenere presente che, per il bambino, il mondo dell’adulto è un mistero dove lui deve interpretare ogni cosa, e ogni cosa (a volte anche pericolosa) è fonte di distrazione; con questi giochi di facile realizzazione riuscirete a far focalizzare al bambino, per brevi ma importanti momenti, oggetti e simboli per interpretare la strada. Una cosa da tenere sempre presente quando si cammina con un bambino, è che per lui/lei tutto è scoperta e anche se fate spesso la stessa strada per loro sarà sempre diversa essendo, per loro natura, sempre alla ricerca di qualche cosa di mai visto o non notato nei giorni precedenti. Un consiglio: almeno una volta al giorno fate una passeggiata seguendo i tempi del vostro bambino e scoprirete anche voi qualche cosa di nuovo che non avevate notato prima sulla “solita” strada. Per i bambini la strada è come un viaggio! “In viaggio la cosa migliore è perdersi. Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, e solamente allora che il viaggio comincia.” Nicolas Bouvier HOP! Al prossimo salto!
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