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tu sei il fuoco e l’acqua che lo spegne.
sei il narratore, il protagonista e la spalla.
sei chi racconta la storia e la storia raccontata.
sei il qualcosa di qualcuno, ma sei anche il tuo te.
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is somebody taking care of all of the mess I’ve made?
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and I wished you had hurt me harder than I hurt you and I wish you wouldn’t wait for me but you always do
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if I could go back to the day we met,
I probably would just stay in bed.
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Eppure nessuno, quanto lui, tormenta il mio cuore.
William Shakespeare; Romeo e Giulietta (via itsvittoriahere)
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Antonio Canova, Cupid & Psyche, 1788-1793
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“Che farai senza di me?” “Mangerò, forse di meno.” “E poi?” “Fumerò, forse di più.” Strinse i pugni e abbassò gli occhi. “Non avresti mai dovuto incontrarmi.” “Non avresti mai dovuto sorridermi.” “Come facevo a non sorriderti?” “Come facevo a non innamorarmi?” La stazione era buia, vuota, eravamo rimasti solo noi lì dentro. In lontananza si cominciava a sentire il rumore dei binari calpestati. “Dai, vado via. Altrimenti perderai il treno.” “Che importa? Quello più importante l’ho già perso.” “E’ colpa tua.” “E’ colpa di questa fottuta distanza.” Attaccai le mie labbra al suo orecchio sinistro e gli sussurrai piano. “Ma adesso siamo vicini.” “Si. Siamo vicinissimi.” “Dimentica i chilometri, ricordati delle emozioni.” “Il treno su cui non vorrei mai salire sta per arrivare. Non c’è più tempo per ricordarmi delle emozioni.” “Allora ricordati di me quando guarderai fuori dal finestrino.” “Se ti bacio ricordo meglio.” E le nostre guance si sfiorarono con le lacrime incastrate fra le ciglia, e le sue mani tremarono nei miei capelli come quando si raccoglie un oggetto prezioso caduto a terra che non si è rotto, e la sua fronte premette forte sulla mia come per schiacciarmi i pensieri, e il rumore del treno si faceva sempre più intenso. “Eccolo lì. Mi sa che devo…” “Si. Devi…” Raccolse lo zaino a terra. “Non mi ricorderò di te quando guarderò fuori dal finestrino. Mi ricorderò di te quanto ti volterò le spalle e ti lascerò qui e starò in pensiero perché non potrò seguirti con lo sguardo mentre mi allontano. Mi ricorderò di te quando in treno ci saranno altri cento posti liberi e a me basterebbe la tua presenza per riempirlo. Mi ricorderò di te quando prenderò la bottiglina d’acqua, e l’altra mano non sarà legata alla tua. E mi ricorderò di te quando…” “Il treno è qui…” Gli dissi con un filo di voce. Lui corse verso le porte che si stavano per chiudere, mi guardò ancora una volta. Dietro quei vetri trasparenti lo vidi sedersi, incrociare le gambe e abbassare la schiena. Il treno era partito. Si allontanava velocissimo, e in quel momento lo invidiavo così tanto, perché stava portando con sé la cosa più cara che avevo. Raccolsi anch’io la borsa a terra. Ma… c’era un bigliettino affianco. Doveva essergli caduto dallo zaino. Lo aprii. “…E mi ricorderò di te quando tornerò a casa, e non mi sentirò più a casa senza di te.”
cassandrablogger (via cassandrablogger)
Reblog a vita.
(via fragileepiccola)
Una delle note più belle in questo sito
(via vjntage)
La cercavo da tantissimo, reblog per sempre
(via sbagliataperquestomondo)
Bellissima.
(via ituoiocchisonoimiei)
Stupenda.
(via sediciottobre2013)
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Senza di lui le mie giornate erano vuote, era come vivere senza senso, non c'era più uno scopo per il quale avevo la forza di alzarmi la mattina e addormentarmi la sera. Non avevo più nessuno da stringere sotto le coperte quando faceva freddo, nessuno con cui giocare a palle di neve rincorrendoci come bambini.
Passarono i giorni, ed erano sempre più tristi e insignificanti.
Non uscivo mai di casa, stavo lì, davanti al fuoco a fissare le braci ardere fino a sgretolarsi, come era successo alla mia vita da quando se n'era andato. Semplicemente a pensavo a lui e a quello che eravamo noi. Ogni tanto sorridevo, ricordandomi del suono della sua risata, la luce nei suoi occhi che amavo tanto, le sue fossette sulle guance. Mi chiedevo se anche lui mi pensasse, se non ero solo io a sperare che, una volta tornato, saremmo riusciti a dimenticare tutto il dolore e ad amarci come se la nostra separazione fosse servita solo a renderci più forti e a rafforzare il nostro legame.
Certe notti lo sognavo, mi svegliavo nel bel mezzo della notte e mi giravo per guardarlo, ma non lo trovavo accanto a me. In alcuni giorni, mi mancava un po’ di più e le lacrime scendevano più facilmente.
Passarono i mesi, avevo poche notizie di lui. Solo ogni tanto ricevevo una sua lettera in cui mi diceva semplicemente che stava bene e che non vedeva l'ora che quell'orrore finisse.
Un giorno ero seduta in giardino, avevo i capelli raccolti in una coda disordinata e stavo leggendo. Sentii il rumore di un motore, ma non alzai la testa pensando che si trattasse del postino. Poco dopo, avvertii una presenza alle mie spalle, l'erba che veniva calpestata, mi girai. Era lì, non era cambiato niente, stessi capelli, indossava una maglietta che gli avevo regalato io.
Mi fermai a guardarlo, senza parlare. Lo abbracciai forte singhiozzando.
“Mi sei mancata tanto.”
“Anche tu, non sai quanto.”
“Sì, lo so.”
Alzai la testa e lo guardai negli occhi, erano colmi di lacrime, ma questa volta notai la luce che aveva una volta. Mi baciò, le sue labbra avevano lo stesso sapore di vaniglia che amavo tanto.
“Ti cercavo in mezzo alla gente, in qualsiasi luogo affollato, senza di te mi sentivo solo.”
“Ma tu mi pensavi quando guardavi il cielo? Mi pensavi quando faceva freddo? Speravi che quando ti saresti svegliato mi avresti trovata vicino a te? Mentre leggevi un libro mi trovavi tra quelle righe? Beh io sì.”
“Facevo fativa ad addormentarmi sapendo che non di non averti tra le mie braccia, di non poterti accarezzare capelli, sentire il tuo respiro sul collo. E sì, lo facevo anche io.“
Fu così che ci rincontrammo, non era cambiato niente tra di noi, il filo invisibile che ci legava non si era spezzato.
La sera ci trovammo abbracciati sul divano, a guardare un film, mi addormentai con la testa appoggiata al suo petto sentendo il suo cuore battere. Mi svegliai dopo poco. Mi prese per mano e mi portò al piano di sopra. Si sdraiò sul letto, io feci lo stesso e appoggiai la testa al suo petto stringendolo forte.
Era tanto tempo che non mi sentivo in quel modo, era semplicemente casa.
Mi svegliai il mattino seguente, ma lui dormiva ancora, così iniziai ad accarezzargli i capelli. I suoi occhi si aprirono.
“Buongiorno..” sussurrai.
Si girò e mise la testa appoggiata al mio mento. Mi guardò negli occhi e mi baciò.
Era tutto esattamente come prima.
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Era un'altra mattina di un altro inverno rigido, fuori faceva freddo e la neve continuava a cadere. Ero seduta sul letto sfatto con addosso solo una sua felpa e un paio di calzettoni di lana, quando il campanello suonò. Lo trovai tremolante sulla soglia con i vestiti bagnati, lo feci entrare e solo quando lo guardai negli occhi vi lessi tanta malinconia e capii che qualcosa non andava. Si tolse il giaccone e si gettò fra le mie braccia, senza temere. Lo strinsi forte come se fosse la cosa più preziosa del mondo e per me, in effetti, lo era. Sentii i suoi singhiozzi premere sulla mia spalla ed era come se mi stesse trasmettendo la sua tristezza, emozione che con lui non avevo mai provato, dato che era la prima persona che non falliva mai nell'eliminarla dalla mia anima. Alzò la testa e i suoi occhi ghiaccio colmi di lacrime incontrarono i miei. “Cosa succede, tesoro?” gli chiesi asciugando una lacrima che gli aveva appena solcato la guancia rosea. “Me ne devo andare, è giunta l'ora.” Mi bloccai, era come se mi avessero sferrato un pugno allo stomaco. Non riuscii a trattenere le lacrime. “Ti hanno chiamato?” dissi con ancora una speranza nel cuore. “Ieri sera è arrivata la lettera.” “Non andarci.” “Non posso, è contro la legge.” “E io non posso lasciarti andare a morire.” affermai senza dubbi. “L'unica cosa che puoi fare è pregare per me.” ”Lo farò, ogni giorno.” I suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime e lo stesso accadde ai miei. “Tornerò, promesso.” Mi baciò, come sempre, ma era amaro il sapore delle sue labbra. Iniziò a fissare la collana con la sua iniziale che mi aveva regalato tempo prima. Sentivo il suo respiro sbattere sul mio collo. Le sue labbra erano bagnate e socchiuse, così, senza pensarci due volte, ci posai le mie. “L'ultima cosa che vorrei è stare senza di te.” Aggiunse con la voce rotta dal pianto. Si rimise il giubbotto e si diresse verso la porta. Si voltò e con le guance rigate dalle lacrime mi guardò per l'ultima volta, prima di sparire nella neve. Continuai a cercarlo nel paesaggio bianco, ma era inutile, se n'era andato. Lo lasciai andare, sperando che sarebbe sopravvissuto e che saremmo tornati ancora insieme. Pregai per lui, tutti i giorni. Piansi tante lacrime quante ore stetti senza di lui, ma non potevo sapere che le nostre vite erano intrecciate e, per quanto avessimo potuto anche cercare di stare lontani, non ci saremmo mai riusciti.
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