#voglio solo essere meglio. in qualcosa. una cosa sola
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I think that the main source of my problems is that I consider myself and act as I'm the main character when I should realize I'm really just background. idk
#forse non sono tagliata e basta#in generale#qualcun altro avrà il posto da protagonista e la storia da protagonista#però che cazzo. perché gli altri e non io#ci starei benissimo#ma non è per me evidentemente okay#destino eterna seconda ig#sono assurdamente mediocre in tutto quello fhe faccio è incredibile#voglio solo essere meglio. in qualcosa. una cosa sola#di chi non so#ma va bene
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Molti mi definiscono “diversa”, io semplicemente, penso di essere “rara”; ho dei difetti, ne ho parecchi, ma ho anche dei pregi, forse pochi.
Sono una persona di cuore, lo sono troppo. Non do mai tanto quanto gli altri danno a me, se posso e se voglio do tutta la mia vita. E no, non me ne pento mai, se c’è una cosa che voglio lasciare dentro una persona è il mio bel ricordo. Amo lottare per chi penso possa valerne la pena, e non mi tiro indietro al primo problema, anzi, abberei muri e cancelli.
Lascio agli altri la libertà di farmi del male, non sono stupida e nemmeno una fifona, purtroppo vedo del buono anche nelle brutte persone provando a tirar fuori il loro meglio, vorrei davvero che le persone fossero come realmente le vedo io. Sono un’ingenua, basterebbe solo aprire un po’ di più gli occhi. Le brave persone, quelle che ti amano soprattutto, non ti farebbero mai lo sgambetto.
Sono testarda, quando mi impunto non c’è verso che io cambi idea, ho bisogno di sbattere contro un palo e di cadere 1000 volte, per far sì che ascolti i consigli degli altri. Non ho paura del giudizio altrui, anzi non mi tocca minimamente, ma voglio sbagliare e camminare con le mie gambe, voglio poter capire da sola quali sono le cose che ostacolano il mio cammino e non mi lasciano passare.
Sono impulsiva, maledettamente impulsiva. Se c’è qualcosa che odio sono le bugie e le doppie facce. Ho bisogno di dire tutto ciò che penso, non riesco a trattenermene una. A volte questo mio lato viene “condannato”, non a tutti piace la verità sbattuta in faccia, eppure penso si vivrebbe meglio. Viviamo in un mondo fatto di menzogne.
Odio il grigio, o è bianco o è nero, le mezze misure non mi piacciono. Quando chiudo una porta, butto via la chiave, non torno indietro, tendo a farmene una ragione sin da subito.
Sono la persona più paziente al mondo in assoluto, sopporto fino a quando non scoppio, ma quando mi incazzo non mi trattengo.
Sono una romanticona, mi piace l’amore, io amo l’amore. Odio le sdolcinatezze, non mi si addicono per niente (sono quasi una scaricatrice di porto). Preferisco il cinema alla discoteca, un film con una pizza piuttosto che una cena a lume di candele al ristorante. CHE IMBARAZZO!! Sono passionale, mi piace fare l’amore con la persona per la quale mi batte il cuore. Sono una sognatrice, mi piace immaginare cose che per la maggior parte delle volte non accadono, però mi fanno star bene, meglio di niente, no?
Mi chiudo a riccio quando non conosco qualcuno, sono sfiduciosa verso il genere umano, ma quando prendo confidenza divento logorroica e inizio a parlare di tutto il mio albero genealogico e della mia vita dalla mia prima parola.
Sono insicura, non sempre mi convincono le decisioni che prendo e spesso, tendo a cambiare idea facilmente anche mentre la sto cambiando, mi sento una pazza!!
Sono folle, mi piacciono le pazzie, d’amore...
Sono una persona gelosa, non morbosa ma controllata, so cosa è giusto e cosa è sbagliato, nei limiti.
Sono complicata, è vero, ma non chiedo né pretendo nulla da nessuno, sono questa PRENDERE O LASCIARE
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Mesi fa mi sono resa conto di non riuscire a immaginare un futuro in cui io fossi felice.
Da settimane invece mi sono resa conto di non riuscire ad immaginare proprio un futuro. Oggi pomeriggio ero nel letto, sentivo l'odore del ragù che ho messo su ore fa, sentivo il rumore dei vicini che litigavano e sentivo squillare il cellulare perché lui ha provato a chiamarmi, ma non riuscivo mentalmente ad affrontare l'ennesima discussione. Non è solo stanchezza, è proprio consapevolezza che non ne valga la pena, perché tanto non si risolverà niente. Ho accettato l'ennesimo lavoro in cui non mi sento valorizzata, perchè non se ne esce e purtroppo funziona così per tutti. La sola cosa che lui riesce a fare è ribadirmi costantemente quanto io ai suoi occhi sia una persona da compatire: nel giro di sei mesi ha ottenuto un lavoro in cui viene pagato il doppio e riconosciuto il triplo, il tutto ammettendo di avercela fatta grazie al mio aiuto, all'aiuto della sua famiglia che è migliore della mia, all'aiuto della sua laurea che ha potuto prendere proprio perché i suoi gli hanno pagato l'università privata senza battere ciglio. Io invece sto sprofondando sempre di più perché sento di provare estrema invidia nei suoi confronti e per il fatto che a lui la vita stia solo riservando sorprese positive. "Da quando ti conosco la mia vita va sempre meglio" mi dice "vorrei poter fare qualcosa per te".
Vaffanculo.
Lascio squillare il telefono perché sarà l'ennesima buona notizia che non voglio sentire; sono stanca di dire "sono felice per te". Vorrei essere felice per me.
Alzo lo sguardo e vedo la mia camicia sulla sedia: la mettevo così quando studiavo e avevo ancora speranza di trovare una soluzione a tutto questo fastidio costante nella mia testa. Da quando lavoro getto le cose direttamente in lavatrice.
All'estremità sinistra della mia visuale, una mia foto da neonata.
Non se ne esce.
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Ieri notte ho pianto un po'. Dovrebbe essere una bella notizia, dato che non lo faccio mai per colpa del mio cervello che mi obbliga a reprimere tutte le emozioni perché devo per forza essere forte e basta. Sarà forse stato il ciclo, che anche stavolta mi è arrivato dopo 40gg, forse (ancora) per colpa dello stress del lavoro.
Ultimamente mi sento sola e dimenticata dal mondo e a volte penso che morire qui sarebbe perfetto per sparire nel nulla facilmente. Tanto chi mi verrebbe a cercare? Nessuno. Basterebbe fare in modo che nessuno trovi il mio corpo e lasciare che marcisca così che nessuno possa essere avvisato e sparirei senza lasciare traccia.
Non so cosa fare. Né adesso né in futuro. Sebbene lavorare mi ammazzi lo spirito, in teoria non avrei di che lamentarmi: il leader è gentile, il lavoro non è difficile e ingestibile, posso vestirmi come voglio. Eppure mi sembra tutto vuoto. Guardo i dipendenti della multinazionale dove lavoro... saranno ricchi sfondati, eppure sicuramente anche loro avranno da lamentarsi, quindi ha veramente senso fare carriera? Che poi, anche se volessi, in che cosa potrei farmi una carriera? Una parte di me sta seriamente pensando di continuare in questa strada, specializzarmi in qualcosa di tecnico e diventare un'arrivista come tutti gli altri, solo per i soldi. Dall'altra... riuscirei a perseverare in questa decisione, io che non so nemmeno sicura se voglio davvero quello che ho deciso di mangiare a colazione? In questa società non posso servire a niente perché non ho studiato ingegneria, business, finanza, giurisprudenza. Mentre piangevo pensavo a mia madre, la persona che più odio e amo sulla faccia della terra e che una volta mi ha detto:"Perché vorresti dire che i tuoi esami sono più difficili di quelli di tuo fratello?!". Solo perché ho studiato umanistica e non ci sono numeri. Chi studia le materie STEM spesso viene additato e si sente uno sfigato. E invece i veri sfigati siamo noi, perché tanto è tutto facile. Quante volte l'ho sentita dire che mio fratello "ha fatto i sacrifici" - mai sentita una cosa del genere per me, nonostante è dalla triennale quando avevo 20 anni, che mi sveglio alle 6:30 per prendere il bus per raggiungere Napoli, mentre mio fratello andava comodamente in auto senza manco cambiare provincia; mai sentita per me nonostante abbia deciso di andare a studiare fuori, ma quello l'ho deciso io e quindi non vale come sacrificio. In più, ho ricevuto più soldi per vivere fuori - come se qualcuno avesse impedito pure a lui di farlo. Ha fatto tanti di quei sacrifici da non aver mai avuto bisogno di cucinare da solo, lavarsi la biancheria e spazzare a terra. Ora vive già con uno stipendio da pascià, un sacco di ferie, senza pagare quasi niente e lavorando da casa, con l'unico sacrificio di aver studiato 5 anni per laurearsi - come se avesse studiato solo lui. Vabbè ma si sa, ingegneria è più difficile...
Io continuo a fare sacrifici persino oggi, senza che mi venga riconosciuto da nessuno, sola come un cane e senza che io riesca a vedere la fine di tutto questo, mai. E se lo vai a dire a qualcuno, sai che rispondono? Lo hai deciso tu di trasferirti quindi non ti lamentare. Non posso nemmeno pensare: se mi sacrifico tot anni, dopo potrò finalmente riposare e godere dei frutti del mio sacrificio... perché questo supplizio potrebbe non avere mai fine. Solo perché non ho nessuna skill di valore da poter vendere nel mercato del lavoro.
Non mi posso lamentare del lavoro che faccio adesso eppure la sua vuotezza e sterilità mi porterebbe a volerlo cambiare. Ma per cosa? Esistono altre cose per me, laureata di merda senza skills importanti, che sono più stimolanti o quanto meno più remunerative? Forse no e quindi forse piuttosto che fare l'arrivista, sarebbe meglio abbassare la testa e continuare a fare la schiava del sistema.
Un sacco di volte mi sono lamentata del fatto che mi sveglio presto col mio coinquilino italiano e lui ha risposto:"Almeno tu lavori in ufficio, non ti lamentare. Io lavoravo in officina senza aria condizionata d'estate e senza riscaldamento d'inverno". Siamo arrivati a questo, alla guerra tra poveri. Mi devo sentire in colpa pure se non ho lo smartworking.
Tra l'altro sto notando di una cosa comune nella nostra generazione. Infatti lui, come l'altro coinquilino, dopo tot anni di lavoro e di soldi accumulati hanno deciso di venire qui per imparare la lingua e fare una sorta di investimento su se stessi. La mia amica pure, laureata in arte contemporanea, dopo un paio di anni di lavoro in un negozio di abbigliamento, dice che vuole perseguire la sua passione per il disegno e seguire un corso ad hoc.
Se penso a me, nemmeno questa cosa potrei farla. Che corso farei? Quale stravolgimento della vita potrei fare? Nessuno. Non ho altri interessi al di fuori della conoscenza in generale e nessun corso specifico che possa aiutarmi a migliorare la mia situazione o il mio status.
Sono vuota, persa, sola... vedo solo il buio davanti a me.
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Sono profondamente sconfortata.
Ho tante spese, vivere da sola costa e qualunque cosa costa, so di non dire nulla di nuovo.
Ho bisogno di guadagnare di più, ho un part time che mi prende più tempo di quello pagato, ho una scuola di specialità che mi prende un sacco di tempo e non mi dà 1€,ma ok è per la mia formazione e il mio futuro quindi va bene.
Ma non va bene comunque perché sta diventando insostenibili tutto e faccio stronzate come prenotare viaggi in super offerta quando non ho soldi sul conto.
E M. è stupendo e vuole aiutarmi ma io non voglio chiedere aiuto e voglio farcela da sola.
La soluzione è trovare altro lavoro che però non è così semplice dati i limiti del primo lavoro.
Poi ci sono altri progetti in partenza ok, ma ci sono anche contratti che finiscono e non si sa quando riprendano.
Lo so lo so, è un vomitare parole senza un senso. Uno di quei casi in cui mi lamento e non voglio né pacche sulla spalla nè soluzioni.
Ho solo bisogno di scrivere le mie ansie perché ho avuto un attacco di panico a caso, perché mi viene da piangere, perché non riesco a essere positiva per nulla.
Vorrei solo che aver studiato mille anni e studiare ancora per specializzarmi mi aiutasse anche a guadagnare qualcosa. Mi aiutasse a fare meno fatica.
Mi ripeto che andrà meglio ma inizio a fare fatica a crederci
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Un anno se ne va, facendo un resoconto dell'anno direi che qualcosa di positivo c'e' anche stato. Ho conosciuto tante belle persone e alcune belle proprio in tutti i sensi, sto imparando ad amarmi, ultimamente ho ripreso anche ad avere il piacere di vestirmi e di essere in ordine. Prendo solo le piccole cose positive della mia vita altrimenti diventa una cosa pesante e non voglio appesantirvi anche l'ultimo dell'anno con le mie paturnie. Non so cosa mi riserverà il futuro, o meglio spero mi riservi ciò che ho in mente per essere felice e serena. Dovrò usare anche un po' di coraggio non solo affidarmi al destino per poter essere ciò che voglio. In questo lungo e fatico percorso so di non essere sola e questa cosa mi da la forza per andare avanti. Ciao 2023, benvenuto 2024.
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C'è un momento in cui tutto cambia, quando la delusione si trasforma in una costante e il dolore di vedere persone entrare e uscire dalla mia vita diventa insopportabile. All’inizio, ogni legame sembrava sincero, ogni incontro aveva il potenziale di essere qualcosa di vero, profondo. Eppure, con il tempo, tutto si è sempre incrinato. Quelle persone che una volta credevo sincere, che pensavo fossero lì per restare, hanno finito per mostrarsi diverse. Le loro parole vuote, i loro gesti che prima interpretavo come affetto, ora mi appaiono come falsità mascherate da affetto.
Il problema è che non dico nulla. Non riesco a parlare, non riesco a rompere quel legame, anche quando capisco che la verità non è più lì. Non lo faccio perché, nonostante tutto, provo ancora qualcosa per loro. Anche se so che mi stanno deludendo, non riesco a lasciarli andare. E così mi chiudo nel silenzio, sopportando questo tormento interiore, incapace di affrontare la realtà di un legame che ormai è solo un'ombra di ciò che era.
Il silenzio è diventato il mio modo di sopravvivere, di evitare il confronto, ma anche di proteggermi. Ogni volta che sento la spinta a dire la verità, a spiegare come mi sento, qualcosa mi ferma. Non voglio perdere quelle persone, anche se so che non sono più le stesse. Sono stanca di cercare di aggiustare relazioni che ormai sono rotte. È troppo faticoso, troppo doloroso. E, alla fine, mi ritrovo sempre sola, con il peso della delusione che cresce dentro di me.
Sono arrivata a un punto in cui non riesco più a fidarmi. Ho aperto il mio cuore troppe volte, solo per vedere le persone andarsene, una dopo l’altra. Ogni volta che ho provato a esprimere ciò che provavo, ogni volta che ho cercato di raccontare i miei tormenti, sono stata delusa. Le persone ascoltano per un po', ma poi si stancano. Non vogliono farsi carico delle tue paure, delle tue insicurezze. È come se non riuscissero a gestire la profondità delle mie emozioni, e così, alla fine, preferiscono andarsene.
La verità è che ormai non mi interessa più cercare qualcuno a cui raccontare tutto questo. Sono troppo stanca per aprirmi di nuovo, per fidarmi di nuovo. Ho imparato che alla fine le persone non restano. Non importa quanto tu voglia loro bene, non importa quanto pensi che il legame sia sincero. Prima o poi, se ne andranno, o peggio, resteranno, ma con la distanza emotiva di chi non ti capisce più, di chi non è più veramente lì per te.
Ho smesso di sperare che qualcuno possa ascoltarmi senza stancarsi, perché ho visto troppe volte il contrario. Ho visto persone allontanarsi appena iniziavo a parlare dei miei veri tormenti, come se il mio dolore fosse troppo pesante per essere accolto. E così, alla fine, ho scelto il silenzio. Non perché sia meno doloroso, ma perché è più sicuro. Almeno in questo silenzio, non devo affrontare la delusione di vedere l’ennesima persona andarsene.
Non ho più voglia di aprirmi, di raccontare a qualcuno ciò che provo. Non voglio più rischiare di essere ferita, non voglio più sentire il vuoto che rimane quando qualcuno, che credevo importante, si allontana. Forse è meglio così. Forse è meglio rimanere nel mio mondo interiore, dove almeno posso proteggermi. Dove almeno il dolore è mio e solo mio, senza doverlo condividere con nessuno che, alla fine, non sarebbe davvero capace di capirlo o di portarlo con me.
Ho accettato che la fiducia è qualcosa che non posso più permettermi di concedere con leggerezza. Non perché non ci siano persone valide là fuori, ma perché io non ho più la forza di cercarle. Sono troppo stanca di tentare, troppo esausta di dare parti di me stessa a persone che non sanno cosa farne, o peggio, che le prendono e poi le lasciano cadere senza pensarci.
Ora, preferisco il silenzio. Preferisco la solitudine che so gestire, che posso controllare, piuttosto che il rischio di aprirmi e vedere, ancora una volta, qualcuno allontanarsi o restare senza esserci davvero. Non voglio più cercare chi mi ascolti. Non voglio più dare a qualcuno la possibilità di deludermi. Sono stanca, e questo peso che porto dentro è diventato il mio compagno più affidabile. Non se ne va, non mi abbandona. È sempre lì, ma almeno è un peso che conosco, che posso affrontare da sola.
Non voglio più credere nella speranza che qualcuno possa restare. Non voglio più illudermi che ci sia qualcuno in grado di capire veramente ciò che provo. Le persone passano, sempre. Entrano nella tua vita, fanno promesse, ti fanno sentire speciale, ma poi, alla fine, se ne vanno. E io non ho più la forza di affrontare questa realtà. Non ho più la voglia di aprirmi, di mostrarmi vulnerabile, di concedere quella parte di me che, troppe volte, è stata ignorata o ferita.
Forse è meglio così. Forse è meglio chiudere la porta e rimanere con ciò che conosco. Almeno in questo modo, non rischio più di essere delusa. Non rischio più di vedere le persone allontanarsi. Non rischio più di sentire quel vuoto che mi ha accompagnato troppe volte.
E così, scelgo il silenzio.
-Anonimo🖤
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L’idea che la gente possa chiamarmi “troia” per via di OF mi fa stare davvero male. Da piccola, usavo anch’io quel termine in modo superficiale, rivolgendolo a chiunque si facesse un selfie con la scollatura. Ero cresciuta con una mentalità bigotta, secondo cui il corpo delle donne dovesse essere sempre “tutelato,” mentre quello maschile... beh, sti cazzi. Fino a qualche anno fa, probabilmente la pensavo ancora così.
Poi qualcosa è cambiato, ma non perché ho iniziato a spogliarmi o a mettere in mostra me stessa. Ho semplicemente imparato a usare parole come “zoccola” solo per esprimere rabbia o antipatia, e non per giudicare il corpo o le scelte altrui.
Su Tumblr ho scoperto che ci si può mostrare senza essere volgari, ma essendo sensuali e, perché no, anche erotiche. Così ho voluto provare. Ricevere complimenti – non troppo spinti – mi faceva stare meglio con me stessa, anche solo per un po’. Però, alla fine, se non ti vedi bella da sola, nessun complimento altrui potrà mai cambiarti davvero.
Ci sono stati momenti in cui ho accettato il mio corpo e ho iniziato a postare foto come se fossero semplici selfie, perché mi piacevo in quegli scatti. Le attenzioni maschili, alla fine, sono sempre state secondarie (se non proprio irrilevanti). Peccato, però, che qui sia più conosciuta come “quella di OF” piuttosto che per la ragazza triste che sono. Forse è meglio così? Non lo so.
Ammiro chi riesce a fregarsene degli insulti e si spoglia senza problemi. Perché, diciamocelo, è bello essere apprezzate anche da nude, ed è bello fare soldi con il minimo sforzo. Capisco che molti abbiano dei valori, e anche io ne ho, ma ho smesso di giudicare le persone che non fanno male a nessuno con le loro scelte. E, a dirla tutta, chi mi dà della “troia” sta facendo peggio di me: io, spogliandomi, non ferisco nessuno. Peccato che non tutti lo capiscano.
Siamo talmente abituati a consumare contenuti erotici o pornografici che, appena una ragazza comune si mette su OF, scatta subito il giudizio: “troia.” Come se la cosa riguardasse voi. Come se non sapessimo a cosa andiamo incontro (ok, forse le più giovani no, ma comunque). E se un giorno ce ne pentiremo? Sarà un problema nostro, non vostro. Non avrete comunque il diritto di dirci: “Te l’avevamo detto.”
Detto ciò, se solo avessi più autostima, mi vedessi più bella e attraente, non perderei tempo. Sì, cazzo, mostrerei con orgoglio un bel culo sodo o un seno tonico. Vorrei davvero avere la forza di fare quello che voglio con il mio corpo, senza preoccuparmi dei giudizi altrui. Ma, vabbè, ormai.
E poi sono incostante, odio pure messaggiare troppo e solo di sesso, che noiaaaaa.
(per sto post mi sono aiutata con chatgpt, i più attenti capiranno che non è il mio modo di scrivere 👀)
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Mi dispiace tanto che tu ti senta così, e capisco quanto possa essere difficile affrontare questi momenti di disperazione. A volte il peso delle emozioni può sembrare insopportabile e la solitudine, anche quando siamo circondati da persone, può essere schiacciante. Ma voglio che tu sappia che anche se ora tutto sembra buio, il fatto che tu stia esprimendo ciò che provi è un atto di grande coraggio.
Siamo esseri umani, e tutti noi attraversiamo periodi di enorme difficoltà, in cui sembra che nessuno possa comprendere fino in fondo il nostro dolore. Tuttavia, non sei sola, e il fatto che tu abbia il coraggio di cercare parole che possano lenire un po’ la tua sofferenza è già un primo passo verso qualcosa di più luminoso. Anche se può sembrare che nulla cambi, la tua sofferenza non è invincibile e ci sono momenti di ripresa, anche se piccoli e impercettibili.
In questo momento, prova a concentrarti su piccole cose che potrebbero portare un po’ di sollievo, anche se temporaneo. Un passo alla volta. Non c’è una via giusta o sbagliata per affrontare questo dolore, ma esiste sempre una possibilità di rinascita. Può sembrare difficile da credere ora, ma la tua vita è piena di valore, e non è un peso che devi portare da sola. Parla con qualcuno che possa ascoltarti, anche se pensi che nessuno ti capisca completamente. Ogni parola condivisa può essere un seme di speranza.
La tua sofferenza non è un fallimento. È solo un segno che hai bisogno di aiuto e che è il momento di darti il permesso di riceverlo. Può essere difficile, ma ci sono risorse, persone e supporto che possono aiutarti a uscire da questo buio. Non rinunciare, perché ogni passo, per quanto piccolo, ti avvicina a un cambiamento.
Un abbraccio 🫂
Ho letto e riletto più volte il tuo meraviglioso messaggio e non mi vergogno di dirti che mi ha commossa tanto.
È vero, scrivere mi ha sempre aiutata tanto e questo blog l'ho aperto proprio perché avevo bisogno di un rifugio privato ma allo stesso tempo essere "ascoltata". Perché anche il solo ascolto è segno che anche io esisto.
A concentrarmi sulle piccole cose ci sto provando ogni singolo giorno, a volte vorrei stare di colpo meglio o semplicemente essere come chi dice di sorridere anche quando tutto va male. Ma io non sono così. Alla minima cosa crollo e impiego parecchio tempo per rialzarmi, non sono tanto forte purtroppo. Quando penso di stare meglio basta un ricordo, una parola, una circostanza e crollo. È un periodo oppure è la mia vita, non so.
È vero probabilmente ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di essere abbracciata, compresa e incoraggiata dopo essere stata davvero ascoltata e presa seriamente, che non esagero o sono sempre insoddisfatta. Sapere che anche io esisto e ho diritto di essere felice. Che non sarà così per sempre ma che la svolta è dietro l'angolo, che queste sono le mie ultime lacrime.
Lo spero tanto.
Ti ringrazio davvero tanto, un abbraccio anche a te 🫂❤️
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UN MARE, UN RAGAZZO AL LARGO, LE LACRIME DEL TEATRO, UNA DONNA CHE HA APPENA PARTORITO Ecco tutte le date di aprile. Si comincia da Mesagne e poi per quattro giorni a Milano. Per la maggior parte Caravaggio. In questi giorni faccio fatica a non pensare che tempo è questo per il mondo. Cosa accadrà. Mi chiedo cosa può fare l'arte, cosa le parole. Abbiamo una responsabilità come artisti? L'ultima immagine che vedete in questo post è l'Adorazione dei pastori di Caravaggio. La dipinge verso la fine della sua vita. Mi torna prepotentemente questo dipinto ogni volta che ci penso. Francesco ha scritto nel copione: - non è un’adorazione, è dolore puro: Maria ha appena partorito, è sfinita. È buttata a terra, si appoggia alla mangiatoia di un bue e di un asinello impassibili, lontani. Ha appena le forze di tenere il bambino in braccio. Ha un abito rosso carminio. Giuseppe non sta accanto a Maria, è in mezzo ai pastori, la guarda impotente. Sono tutti impotenti di fronte alla stanchezza di questa povera donna sola, in fuga per salvare il suo bambino: una profuga, una delle infinite profughe che lotta contro persecuzioni, povertà e violenza. Davvero il mondo è tanto disumano? Salvarli dalla brutalità di un tiranno che ha deciso una strage di innocenti, trovarle un riparo durante la fuga, procurarle qualcosa da mangiare è fuori dalle possibilità di questi uomini poveri e senza speranza. È fuori dalle loro possibilità. Non possono. Le aureole si stanno spegnendo. Viene da piangere. - Non so se abbiamo una responsabilità come artisti di fronte a questo momento del mondo. Se non ci viene chiesto in fondo di andare solo in scena meglio che possiamo. Ma guardo, a volte, accetto, sorrido, ringrazio, dentro e fuori, mi commuovo, cerco di essere più accogliente possibile di fronte alla sempre più numerose persone che in teatro, in questo periodo, piangono. Piangono. E vengono a salutare, ringraziare, con le lacrime agli occhi a fine spettacolo. Come se le lacrime oggi fossero un po' più in superfice. Almeno così mi sembra per la mia memoria breve. E qualcosa mi dice che lo spettacolo è solo un pretesto che muove qualcosa che è più profondo. E voglio dirmi che in quelle lacrime non c'è solo paura, no. C'è anche misericordia. Che ancora vive. Aprile 24 mar 2 apr | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗠𝗲𝘀𝗮𝗴𝗻𝗲, Teatro Comunale, ore 21.00 dal 4 al 6 apr, ore 20.30 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼, Teatro Oscar dom 7 apr, ore16 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼, Teatro Oscar mar 9 apr, ore 10 | 𝗭𝗔𝗡𝗡𝗔 𝗕𝗜𝗔𝗡𝗖𝗔 | 𝗣𝗼𝗻𝘁𝗲𝗯𝗯𝗮 (𝗨𝗗), Teatro Italia mer 10 apr, ore 10 | 𝗭𝗔𝗡𝗡𝗔 𝗕𝗜𝗔𝗡𝗖𝗔 | 𝗟𝗮𝘁𝗶𝘀𝗮𝗻𝗮 (𝗨𝗗), Teatro Odeon gio 11 apr, ore 9 e 11 | 𝗭𝗔𝗡𝗡𝗔 𝗕𝗜𝗔𝗡𝗖𝗔 | 𝗦𝗮𝗻 𝗩𝗶𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗧𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 (𝗣𝗡), Auditorium Centro Civico gio 11 apr, ore 21 | 𝗖𝗔𝗠𝗠𝗘𝗟𝗟𝗜 𝗔 𝗕𝗔𝗥𝗕𝗜𝗔𝗡𝗔 | 𝗦𝗮𝗻𝘁𝗼𝗿𝘀𝗼 (𝗩𝗜), Teatro del Centro Giovanile ven 12 apr, ore 21 | 𝗖𝗔𝗠𝗠𝗘𝗟𝗟𝗜 𝗔 𝗕𝗔𝗥𝗕𝗜𝗔𝗡𝗔 | 𝗖𝗿𝗲𝘃𝗮𝗹𝗰𝗼𝗿𝗲 (𝗕𝗢), Cinema Teatro Parrocchiale Verdi dom 14 apr, ore 21 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗚𝗶𝗼𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗼𝗹𝗹𝗲 (𝗕𝗔), Teatro Rossini - 𝘍𝘦𝘴𝘵𝘪𝘷𝘢𝘭 "𝘊𝘩𝘪 𝘦̀ 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘢” lun15, ore 10 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗚𝗶𝗼𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗼𝗹𝗹𝗲 (𝗕𝗔), Teatro Rossini - 𝘍𝘦𝘴𝘵𝘪𝘷𝘢𝘭 "𝘊𝘩𝘪 𝘦̀ 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘢” mar 16 apr, ore 21 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 | 𝗔𝗰𝗾𝘂𝗮𝘃𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗙𝗼𝗻𝘁𝗶 (𝗕𝗔), Teatro Luciani - 𝘍𝘦𝘴𝘵𝘪𝘷𝘢𝘭 "𝘊𝘩𝘪 𝘦̀ 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘢” mer 17 apr, ore 10 | 𝗖𝗔𝗥𝗔𝗩𝗔𝗚𝗚𝗜𝗢. 𝗗𝗜 𝗖𝗛𝗜𝗔𝗥𝗢 𝗘 𝗗𝗜 𝗢𝗦𝗖𝗨𝗥𝗢 |𝗔𝗰𝗾𝘂𝗮𝘃𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗙𝗼𝗻𝘁𝗶 (𝗕𝗔), Teatro Luciani - 𝘍𝘦𝘴𝘵𝘪𝘷𝘢𝘭 "𝘊𝘩𝘪 𝘦̀ 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘢” sab 20 apr, ore 21 | 𝗡𝗢𝗡 𝗔𝗕𝗕𝗜𝗔𝗧𝗘 𝗣𝗔𝗨𝗥𝗔 | 𝗖𝗮𝗹𝗱𝗲𝗿𝗮𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗥𝗲𝗻𝗼 (𝗕𝗢), Teatro Spazio Reno – 𝘌𝘤𝘰𝘧𝘦𝘴𝘵𝘢 2024
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La mia ragazza desidera un intervento al seno, ai miei occhi non ne ha bisogno, io vedo un seno perfetto, ma la decisione é ovviamente: solamente e totalmente sua, io dico solamente che come é, mi piace, ascolto tutte le prove di reggiseni que non riempiono a perfezione e dico che come sarà, mi piacerà, dicendo che porto, pago e appoggio qualsiasi decisione. La tua voglia di essere sola nel viaggio mi ha fatto capire che forse é qualcosa che raggiunta da sola ti da di più in termini di autostima. Voglio fare il meglio per la mia cara e la tua visione mi ha fatto capire qualcosa in più, grazie.
non ho capito bene: sarai tu a pagarle l'intervento? su questo punto vi consiglierei di ragionarci un attimo. proprio per una questione di autoaffermazione io ho deciso di fare tutto con i soldi che ho guadagnato, in modo da non dover essere in debito con nessuno. sono sicura che non le rinfacceresti mai di averle pagato tu questa cosa, ma creerebbe un legame invisibile di sudditanza
inoltre sempre per una questione di indipendenza, la soddisfazione di ottenere qualcosa a cui hai pensato per anni solo grazie alle tue capacità e alla tua pazienza è incalcolabile. ti riappropri di te stessa per davvero, anche con un stupido intervento al seno ma per cui non hai dovuto chiedere il permesso o il prestito a nessuno
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A GIORGIO PECORINI - MILANO.
Barbiana, 7.4.1967.
Caro Giorgio, stiamo ora correggendo le bozze della Lettera a una professoressa. L’autore è Scuola di Barbiana. L’editore Libreria Editrice Fiorentina. Il prezzo circa 500 lire. Te ne mando una copia dattiloscritta perché tu la legga se puoi e tu la faccia leggere a chiunque ti possa parere utile per il lancio pubblicitario. La destinataria è all’apparenza una professoressa, ma il libro è inteso per i genitori dei ragazzi bocciati e vuol essere un invito a organizzarsi. […] Mi ero fatto fare una prefazione dall’architetto Michelucci (stazione di Firenze, chiesa dell’Autostrada ecc.) che è come me un maniaco dell’arte anonima e del lavoro d’équipe. Parlava per es. dei maestri comacini, dei mosaicisti cristiani, delle cattedrali gotiche, delle ferrovie e dell’Autostrada (ponti ecc.), tutte opere di scuola e non di autore. E poi del cinema in cui tutti sono abituati a vedere decine e decine di nomi di cui nessuno riesce esattamente a scindere cosa ha fatto ognuno (registi, soggettisti, dialogo, fotografia, musica, costumi, attori…): in conclusione si ricorda forse il nome del regista, ma è per esempio pacifico che il soggetto cioè il contenuto cioè talvolta il più non è suo. Ora la prefazione di Michelucci è risultata troppo difficile per i lettori che noi vogliamo e così ho chiesto a quel sant’uomo se potevo non metterla. Resta però il problema che per me è fondamentale. Io sono in pessime condizioni. Non solo sono a letto da un anno, ma da mesi sono disteso orizzontale e dormicchiante. Stamani colgo un raro momento in cui riesco a star su per scriverti. Se i lettori maliziosi potessero vedermi capirebbero subito che anche in letteratura si può lavorare in équipe come in cinema e in architettura. Ma non possiamo insistere sul patetico. Mi occorre dunque che un giornale o due diano per scontato che questo è un lavoro dei ragazzi. Che è un modo nuovo di scrivere e che è l’unico vero e serio. Quello che sembra lo stile personalissimo di don Milani è solo lo stare per mesi su una frase sola togliendo via via tutto quello che si può togliere. Tutti sanno scrivere così purché lo vogliano. È solo un problema di non pigrizia. Su questo libro potevamo stare ancora dei mesi e farlo diventare opera d’arte fino in fondo, ma son cose che invecchiano troppo presto e così abbiamo deciso di buttarlo fuori così. Se vuoi maggiori chiarimenti sulle tecniche del lavoro d’équipe dimmelo. Ma devi far qualcosa per me. Prima di tutto perché è vero quello che ti dico cioè che il lavoro è tutto dei ragazzi salvo la mia regia (ma regia da povero vecchio moribondo). Poi perché non voglio morire signore cioè autore di libro, ma con la gioia che qualcuno ha capito che per scrivere non occorre né genio né personalità perché ci sono regole oggettive che valgono per tutti e per sempre e l’opera è tanto più arte quanto più le segue e s’avvicina al vero. Così la classe operaia saprà scrivere meglio di quella borghese. È per questo che io ho speso la mia vita e non per farmi incensare dai borghesi come uno di loro. O peggio per far dire ai maliziosi che ho fatto firmare ai ragazzi per evitare le complicazioni dell‘imprimatur. Insomma io non so se son riuscito a spiegarti cosa voglio perché come ti dicevo sono addormentato dalla mattina alla mattina, ma se puoi fare qualcosa per me in questo senso te ne sarò grato. Se non hai capito bene vieni per piacere a rifartelo spiegare a voce. Ci tengo sopra a ogni cosa. È un dovere che ho verso i ragazzi. Un abbraccio, tuo
Lorenzo
[Il libro esce i primi di maggio o poco dopo.]
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Testo tratto da:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 273-275. (Corsivi dell’Autore)
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Sono le otto di sera di una domenica qualunque, fuori fa freddo e dentro è umido. Il week end è quasi giunto al termine, come vorrei non dovermi svegliare presto domani. Sono giorni che penso a dove sono, da dove sono partita, a tutte le aspettative che avevo e che sono state disattese. La vita è sorprendente. Sono arrivata qui con un’idea che è ora più lontana che mai. Era un salto nel vuoto, l’avevo scelto io, per una volta. Non essere obbligata a seguire un piano, vivere senza un disegno. Fra pochi giorni saranno quattro mesi, eppure sembra ieri. Il tempo scorre troppo velocemente, mi sembra di non averne affatto. Quante cose voglio fare, quante – sadicamente – penso che avrei già dovuto aver fatto. Imparare lo spagnolo, prendere il C1 di francese, studiare meglio la domanda di dottorato, dare gli esami per l’insegnamento. E’ tutto così banale. Non sono soddisfatta. Non è una novità. C’è sempre qualcosa di sinistro nella mia insoddisfazione, qualcosa di drenante. Uno pensa che l’insoddisfazione sia un incentivo, un motore in procinto di accendersi o di esplodere, ma per me non è così. Non provo alcun sentimento di rivalsa verso la mia insoddisfazione. Finisce che mi lascio inglobare da essa, prosciugare. Mi svuota, rende tutto insignificante. Riesce a rovinare persino le cose che amo, anche se alla fine sono quelle che mi salvano. Ora faccio un lavoro che non mi piace e scopro, non sorprendentemente, che non sono brava coi compromessi. So che non è solo questo: è la mia solitudine. Ogni volta me la prendo con lei, comincia a sembrare una scusa. Vorrei esserne certa, dopo ventitré anni ancora non lo sono. Non ho energie, non ho le forze di fare le cose più semplici, non so quanto tempo è che non esco di casa da sola se non per andare a lavorare. Non trovo la voglia di andare al cinema o di vedere una mostra; non ho amici, ma pensare di infilarmi in un locale per socializzare mi lascia indifferente, addirittura quasi mi stanca. Non so che succede. Non è l’indifferenza, non potrei essere meno indifferente. Non è la prima volta che mi sento così, ma non credo di essermi mai sentita così per così tanto tempo. Mi sento costretta, in qualche modo e da qualcosa. Spero che lasciare il mio lavoro sia l’inizio di una risposta. Dicono che la vita a un certo punto risponde. Non so quanto tempo ci vorrà, e questo mi atterrisce. Non voglio vivere così, ma – al solito – non so cosa fare. Mi sto piangendo addosso. Direi che non è da me, ma non è completamente vero. Ci sono lati di me tremendamente inerti e statici; questo è uno di quelli. La mia perenne insoddisfazione mi paralizza: se una cosa non funziona allora anche tutto il resto perde di senso. Non è la semplice incapacità di godersi le cose, è molto di più: è non trovare cose che valgano la pena di essere godute. Di solito questo è l’inizio di una spirale decisamente più drammatica. Dovrei sforzarmi, costringermi a fare ciò che non vorrei fare, lo so. Ieri Jesus ha detto una frase che mi ha colpita: è importante fare le cose quando non si ha voglia, aiuta a creare un ritmo. Mi chiedo perché io non riesca mai a costringermi. E’ un circolo vizioso o un cortocircuito su cui non ho il minimo controllo. L’avrò scritto mille volte: per me il benessere è euforia e la tristezza disperazione. Quando sto bene non ho freni, mi sento invincibile, piena di vita, irrefrenabile; non devo obbligarmi a fare nulla, e ho scoperto che riesco a tentare persino le cose per me più difficili. Pensavo fossero progressi indelebili. Il mio analista mi ripeterebbe che il progresso non è lineare, ed io so che ha ragione, ma non lo sopporto. Questo indietreggiamento, questa vigliaccheria. L’ho fatto una volta – mi dico – posso farlo di nuovo. Eppure non succede. Succederà di nuovo, ma sarà come ricominciare tutto da capo. Sono esausta, vorrei piangere, ma non accade neanche quello.
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25
Sono quasi 25 anni, il 4 Novembre per l'esattezza, che ho intrapreso questo viaggio alla ricerca di mondi sonori diversi e magari una band con cui svoltare, questo era il pensiero iniziale, che poi sia andata com'è andata pazienza poteva andarmi peggio. Questa notte ho fatto un sogno che racchiudeva un pò tante persone che ho conosciuto lungo il percorso, amici periodici che mi dispensavano consigli utili, amori perduti, vecchi amici incontrati, luoghi e situazioni che risiedono nei miei ricordi. Strano sogno. Non ricordo tutto tutto come spesso capita, alcune immagini e qualche frase, una su tutte quella dell'amico Martines che incontrai un giorno a Venezia, era in vacanza con la fidanzata ospite dall'ex di Stefano, ricordo che per l'occasione li invitai a cena, però nel sogno avevo il pc che all'epoca non avevo ancora e mi chiedeva di fargli ascoltare qualcosa di musica che avevo fatto, beh suonavamo assieme, ma quando aprivo la cartella dei brani si riapriva la cartella precedente, come una sorta di loop, al che lui mi fa "Va bè poi mi fai sentire, ma concentrati su una cosa sola", di tutto il sogno questa è la frase che mi è rimasta più impressa. Ho sempre cercato di fare più cose contemporaneamente, cioè dividere la giornata per fare diverse cose, ma alla fine era sempre la musica a prevalere, forse inconsciamente voglio solo concentrarmi su di essa e chi meglio del maestro Martines mi può bacchettare per spronarmi a fare quello? Ieri infatti ho completato il setup dello studio, devo solo mettere a punto la posizione dei pedali che deve essere millimetrica, ho anche deciso che il tastierino midi controller lo prendo perché ha la sua importanza in questa salita verso nuovi mondi sonori, aspetto la paga se no che lavoro a fare.
Riprendere tutte quelle micro routine che collegate fanno da sfondo alla creazione musicale, object writing in testa che serve a aprire il varco alle parole che stagnano dentro la testa, piccole cose che portano tutte assieme al concepimento e alla realizzazione dei brani, in parole povere riprendere come si deve, come una volta, certo adesso ho la gap lavorativa di 4 gg settimanali per mezza giornata, ma si può fare visto che è fino a fine Agosto. Detto questo mi sistemo la schiena, faccio gli esercizi e poi musica per il resto della giornata, tranquilli vi farò sentire qualcosa, sperando che la cartella si apra :D
Ecco il Micro Studio completato, forse devo alzare l'ampli di sinistra, farò una pila di libri, si quelli sotto l'ampli di destra sono libri in estone e inglese sulle pipe antiche estoni, lavoro che fece la mia compagna con una tizia curatrice di un museo e stamparono non so quante copie e ne vendettero poche, nella foto non si vedono perché sono dietro il tavolo, ne ho una carrettata, perché proprio li? Perché il tetto spiovente serve a poco ma è ottimo come magazzino.
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Un sabato di ottobre, ore 12:30
Ieri sera sono uscita dal lavoro e sono tornata a casa, volevo passare una serata tranquilla, ma ero agitata al pensiero della sera dopo, così per calmarmi sono stata costretta a masturbarmi un paio di volte con il vibratore che le mie amiche mi hanno regalato quando sono andata a vivere da sola.
Stamattina mi sono dedicata alla ricerca di quello che mi serve, in modo da aver tempo di prepararmi.
Ieri sera, mentre rincasavo avevo pensato a cosa mettermi. Dovevo andare in un club privé, quindi non era necessario che l’abbigliamento nascondesse quello che c’era sotto, era fin troppo evidente cosa andavamo a fare. Lungo la strada mi era venuto in mente che da qualche parte dovevo avere un paio di stivali che arrivavano subito sopra al ginocchio e con un vertiginoso tacco, che non avevo mai messo perché non li trovo adatti a me. Dopo colazione sono scesa in cantina e in effetti li ho trovati. Sono perfetti.
Poi sono uscita e sono passata in un negozio di intimo che conosco, dove ho trovato quello che cercavo: avendo già un’idea di quello che voglio indossare sopra ho scelto un completo bianco, con reggiseno e perizoma; ho preso anche due paia di calze autoreggenti anch’esse chiare, ma con una bellissima balza di pizzo nero in contrasto.
Un sabato di ottobre, ore 20:30
Ho passato il pomeriggio a rilassarmi sul divano, finché non è venuto il momento di prepararmi. Ho già scelto come vestirmi. Ho pensato che non mi interessa molto se avrò un aspetto da troia, anzi, forse è meglio così. Ho optato per una camicia bianca piuttosto stretta (sono abbastanza minuta nella parte superiore del corpo, seno piccolo e ventre piatto) e una gonna nera che evidenzia le mie curve.
Ho finito di preparami, mi sono truccata, mi sono sistemata e ho aspettato Filippo, che è arrivato dopo poco. Gli ho mostrato il mio abbigliamento e l’ho visto trasalire e ho capito di aver fatto centro.
Un sabato di ottobre, ore 22:30
Siamo partiti subito, anche se Bologna da Firenze si raggiunge in meno di un’ora, mi ha detto che saremmo andati a cena prima e comunque il posto è in provincia e quindi serve un po’ di tempo per raggiungerlo.
Abbiamo girato attorno alla città e ce la siamo lasciata alle spalle, inoltrandoci nella pianura a nord. Abbiamo mangiato qualcosa in un locale carino ma senza troppe pretese e ne ho approfittato per mandare giù un po’ di alcool. Ho detto che mi fido di Filippo ed è vero, ma la situazione mi sta comunque innervosendo. E’ tutto nuovo per me e sono agitata. A casa mi sono preparata un paio di spinelli, sapevo che mi sarei agitata e avrei avuto bisogno di calmarmi.
Siamo usciti nel freddo della sera autunnale, la campagna piatta inizia da essere avvolta dalle prime nebbie dell’autunno. Ho tirato fuori uno spinello e me lo sono acceso, dopo essermelo fumato stavo decisamente bene. Ho guardato Filippo e gli ho detto che ero pronta, potevamo andare.
Un sabato di ottobre, ore 23:00
Siamo arrivati. Da fuori non si capisce molto, ma dentro è chiaro di che genere di locale si tratta. Moltissimi uomini da soli, diverse coppie, nessuna donna non accompagnata. Beviamo qualcosa, intanto mi guardo attorno. In diversi mi hanno messo gli occhi addosso. Mi si nota. Non sono molto alta (con i tacchi arriverò si e no a 1,73), e non c’è molta luce, ma il mio abbigliamento, adesso che ho tolto la giacca e sono rimasta solo con la camicetta bianca aderente e la gonna, fa un certo effetto. Ho lasciato i capelli sciolti che mi cadono sulle spalle, ho messo un rossetto rosso acceso, un trucco piuttosto leggero e mi sono messa lo smalto nero sulle unghie. Ho adocchiato uno sgabello davanti al banco del bar che potrei usare per mettermi in vista, non ho ancora deciso cosa voglio fare, ma credo che non me ne andrò senza fare nulla. Mi alzo e vado a sedermi, accavallo le gambe in modo che si vedano le calze. Filippo mi raggiunge e mi chiede se ho deciso cosa fare. Avvicino la bocca al suo orecchio e gli dico che vorrei scopare con lui e altri due uomini. Mi dice di rimanere lì e farmi vedere, mentre lui fa un giro per vedere se trova qualcuno di adatto.
Una domenica di ottobre, ore 00:00
Uno l’ho trovato. E’ alto, forse oltre 1,90, bel fisico, capelli castani chiari tagliati corti. Gli ho fatto segno di avvicinarsi e lui mi ha raggiunto. Si chiama Paolo. ha 30 anni e un accento stranissimo. Nel frattempo è tornato Filippo. Il suo ospite è un uomo di circa 60 anni, con una pancia piuttosto prominente e i capelli radi. Mi fa un po’ schifo da vedere, ma decido di fidarmi di lui. Andiamo al piano di sopra dove ci sono le stanze. Filippo ne sceglie una con delle finestre che danno sul corridoio e mi chiede se mi va di farmi vedere. Accetto ed entriamo.
Una domenica d’ottobre ore 00:15
Siamo tutti e tre nella stanza. Filippo mi fa inginocchiare e lentamente inizio a slacciargli i pantaloni. Gli altri due guardano, ma vedo che si stanno nervosamente toccando il pacco. Inizio a succhiarlo, mentre con le mani li tocco. I due si spogliano in fretta e in breve tempo, per la prima volta in vita mia mi trovo con tre membri maschili a mia disposizione. Sinceramente non so come muovermi. Tenendo in bocca quello di Filippo, inizio a masturbare gli altri due. L’anziano (che nel frattempo ho scoperto chiamarsi Maurizio) si toglie i vestiti e poi si sposta alle mie spalle, presto imitato da Filippo; davanti a me rimane solo il gigante che mi porge il suo membro da succhiare. Sento quattro mani che mi abbassano la zip della gonna e me la sfilano, scoprendo il mio sedere. Poi Maurizio inizia a toccarmi la figa, mentre Filippo si dedica alla mia camicetta che dopo poco vola via. Mi hanno lasciata con solo l’intimo addosso. Filippo si avvicina al mio orecchio e mi chiede se va tutto bene. Rispondo di si e lui mi slaccia il reggiseno, mentre Maurizio mi sfila il perizoma. Ora sono sono in una stanza con tre uomini, quasi completamente nuda, con indosso solo le calze e gli stivali. La situazione si sta decisamente scaldando. Filippo guida il gioco e questo mi fa sentire sicura. Mi dice di sdraiarmi supina su una specie di pouf. Lancia a Paolo, il gigante, un preservativo; lui lo indossa, mi apre le gambe e inizia a scoparmi. Filippo mi mette un dito in bocca, mentre le mie mani stanno masturbando altrettanti cazzi. Il dito viene rapidamente sostituito dai sessi turgidi di Maurizio e Filippo, che si infilano alternativamente nella mia bocca. Filippo si avvicina di nuovo al mio orecchio e mi dice che adesso avrebbe aperto le tende delle finestre sul corridoio. Ho un brivido. Dopo pochi secondi sono in vetrina. Paolo mi scopa e sto succhiando Maurizio, mentre tutti possono vedermi. Filippo si avvicina con un preservativo e mi dice di metterlo a Maurizio. Lo incappuccio per bene e lo perdo di vista quasi subito. Dopo pochi minuti davanti alle vetrate c’è una piccola folla di avventori che guardano l’orgia nella stanza, orgia della quale sono la protagonista assoluta.
Per un attimo penso di fermarmi, poi intravedo un uomo piuttosto grasso, sulla cinquantina che, davanti alle finestre, ha iniziato a masturbarsi. Mi sento troia più che mai. Tre uomini mi stanno prendendo e un gruppo di dimensioni imprecisate mi guarda attraverso i vetri. Filippo si avvicina e dice a Paolo di sdraiarsi a terra, poi mi guida sopra di lui. Lascio partire un sospiro di piacere e inizio a cavalcare. Filippo si avvicina e mi prende il viso tra le mani, mi guarda e non dice nulla. Poi capisco tutto quando sento il sesso di Maurizio che cerca di farsi strada nel mio culo.
A Marco il sesso anale non piaceva e lo abbiamo fatto pochissime volte. Di fatto il mio culo era vergine o quasi quando ho conosciuto Filippo, che si era rivelato fin dall’inizio un estimatore dell’articolo e se lo era preso più volte. Maurizio sputa sul mio buchetto, ci infila un dito e poi inizia a penetrarmi, prima piano, poi sempre più a fondo. Filippo è in un angolo guarda i due che mi stanno prendendo e quelli fuori che mi guardano. Il suo membro è duro ed eretto, lo tiene in mano e non so cosa voglia fare. La situazione è eccitante oltre ogni mia immaginazione. Maurizio mi ha spinto il busto in avanti e adesso si è messo alle mie spalle e sento il suo sesso che mi possiede il culo. Godo. Un forte orgasmo mi squassa, mentre i due continuano a prendermi in tandem.
Filippo bussa con la nocca contro il vetro e fa segno a due fuori di avvicinarsi e guardare. Con la coda dell’occhio vedo che il pubblico è aumentato, ora ci sono almeno 4 o 5 uomini appoggiati ai vetri con i loro membri turgidi in mano che mi guardano. Dopo pochi secondi anche la mia bocca è occupata dal membro di Filippo che succhio avidamente. Gli altri due continuano a possedermi assieme. L’occhio mi cade sulle vetrate e mi accorgo che il pubblico aumenta, ora c’è anche qualche donna.
Ora Filippo toglie il suo membro dalla mia bocca, si avvicina, mi bacia e mi chiede se sono pronta per il finale. Dico di si. Va davanti alla vetrata, guarda una donna fuori, bionda, capelli lunghi, sui 40 anni e le fa segno se vuole entrare. Solo lei, niente uomini. La bionda accetta e dopo poco è dentro la stanza con noi. Vedo Filippo sussurrarle qualcosa all’orecchio e lei fare cenno di si con il capo. E’ vestita solo con una guepiére nera, delle calze e un perizoma. Nel frattempo i due porci sono riusciti a procurarmi un nuovo orgasmo.
Filippo gli dice di fermarsi, quelli escono da me e lui mi prende per mano e mi porta davanti alla vetrata. Vedo quelli fuori che mi guardano, mi appiccico al vetro per qualche istante per farmi vedere e poi, come ordinatomi da Filippo mi metto alla pecorina davanti al vetro, in modo che tutti possano vedermi bene. Ho già goduto due volte, ma quella sensazione di essere lì, esposta alla vista di tutti mi eccita ancora. I due ospiti si sono tolti il profilattico e i loro membri sono davanti alla mia bocca, che inizia a succhiarli. Filippo va alle mie spalle e senza alcuna difficoltà me lo mette in culo. La bionda è di fianco a me e mi accarezza la schiena e il seno. Adesso sento i colpi decisi di Filippo, che mi dice di far venire nella mia bocca i due tizi. Li succhio uno alla volta, muovo la pelle avanti e indietro, mentre la penetrazione anale mi sta facendo impazzire e la bionda ogni tanto mi bacia tra una leccata e l’altra.
Maurizio è il primo a venire, gorgoglia qualche parola senza senso, mi mette una mano dietro alla testa e la sua crema calda inonda la mia bocca. La bionda raccoglie con la lingua le gocce che cadono e dopo pochi istanti è la volta di Paolo che mi afferra con decisione per i capelli e mi riempie la bocca e il viso con il suo sperma. Godo di nuovo mentre la bionda, come prima, ripulisce quello che esce dalla mia bocca, anche perché in tutto questo Filippo sta continuando a scoparmi il culo. Infine tocca a lui. Lo sento che sta per venire e improvvisamente un getto di sperma caldo riempie il mio ano, poi ancora e ancora. Si toglie e la bionda va rapidamente a raccogliere lo sperma che esce dal mio buchetto, mentre Paolo e Maurizio le toccano la figa e i seni. Lecca accuratamente il mio ano e il cazzo di Filippo e raccoglie tutto lo sperma, finché stimolata dalle mani dei due e dalla situazione anche lei non ha un orgasmo . Io mi sono accasciata con i gomiti sul pavimento, sono esausta, quando lei arriva e mi bacia. Non ho più la percezione della realtà le nostre lingue si attorcigliano scambiandosi i sapori di quei tre uomini. Poi guardo fuori e vedo che almeno tre uomini si sono masturbati guardandoci.
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Spiazzata. Un po’ vuota. Non capisco. Dovrei essere arrabbiata, triste, delusa, in realtà mi sento indifferente. Non riesco a leggermi. E’ un’emozione nuova, non ho mai fatto i conti con queste cose. Le emozioni, è tutta una lotta con il cervello.
E’ veramente questo essere adulti? Voglio tornare ad essere piccola, ancora protetta dal mondo esterno.
Ti amo perché sei la persona di cui mi fidavo. Ti detesto perché continuo ad amarti, nonostante faccia male da morire. Non voglio cancellare ciò che è stato, tu continui a farmi promesse, io continuo a crederci. Non so cosa pensare, in questo momento verità e bugia si sono fuse in un’unica miscela che fa a botte nei miei pensieri.
Non so che fare. Ho svuotato il mio cassetto delle lacrime, ieri sera sono scoppiata mentre ti stavo chiamando, perché i miei sentimenti sono così forti e impossibili da gestire che non riesco ad esprimerli. Pensa a te stessa.
I giorni a Bergamo ti hanno fatto solo del bene, lontano da tutto e da tutti. Ciò che hai sempre voluto, alla fine stai bene da sola. Come ti senti da sola? Indipendente? Libera? Oppure sola e basta?
Domani tornerai alla tua vita, alla tua quotidianità. Cerca di restare in piedi, non pensarci troppo, non entrare nello stato di inemotività, quello stato in cui una persona vedendoti ti domanda ��che hai?” e l’unica cosa che vorresti fare sarebbe gridare o piangere; mentre tutto ciò che fai è rispondere con un semplice “niente” e finirla lì, dove non è neanche incominciata.
Bergamo ha una luce diversa quando sei triste. In un qualche modo diventa più bella, si notano tutti i suoi dettagli, non è monotona come pensavo. O forse le città sono più belle quando fuori splende il sole?
Il solito baretto, in città alta, è stato il mio posto in questi giorni. Sotto il sole, i raggi del sole che mi baciano la faccia, mentre bevo il mio solito caffè macchiato. I piccoli uccellini che ronzano intorno alle briciole sui piattini ormai vuoti, lasciati sui tavolini bianchi; io circondata da turisti, mezzi inglese e mezzi tedeschi, (forse anche un po’ ubriachi alle 10 di mattina) e dalle signore sulla ottantina, di un certo ceto, vestite anche in una certa maniera, con un cane legato al proprio braccio, che si riuniscono tutte le mattine al solito tavolino, a parlare delle loro vite e dei loro nipoti.
“E’ andato in Francia per migliorare il francese e non è più ritornato.” “Ho il nipote che non parla, ha quasi due anni, ma niente, speriamo cresca in fretta.” “Su instagram, mi hanno seguito delle donne, sai, quei profili con le donne nude, io le ho bloccate subito.”
Il loro accento mi entra dentro, non capisco se mi piaccia oppure no. Mi sembra di essere quella riga nera sulla pagina di un libro che devi rileggere tre o quattro volte perché non si capisce molto bene il significato delle parole. Vorrei sapermi leggere meglio.
Anche tua mamma al telefono ti ha sentita distante, svuotata. « Mamma non farmi piangere, sono in mezzo alla gente » con le lacrime ormai copiose sulle guance, come se in quel momento era più importante l’apparire bene.
In mezzo a queste persone felici e con in mano una tazza di caffè o una sigaretta, mi sento un pesce fuor d’acqua. Qui, seduta in un tavolino, al centro e accecato dal sole, io sono in cerca di qualcosa, forse di aiuto, da me stessa. Mi sento fuori dal mondo. Non ho voglia di restare lì, ma allo stesso tempo voglio, perché mi fa del bene.
Vorrei solo sparire, non ho più certezze. L’unica cosa che faccio è sospirare, prendere i soldi per pagare il caffè e chiamare Alice, per sentirmi ascoltata e forse per sentirmi meglio.
Ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me, perché io non ho il coraggio di farlo.
Dove sei?
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