#unghie con alberi di natale
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theladyorlando · 1 year ago
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The Moon Also Rises
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La voce di Johnny Flynn non è più quella di prima: non è la voce spessa dei suoi esordi, quella che ad ascoltarla mi veniva in mente un olio denso, scuro, ben pigmentato, che un pennello stende con caparbietà avanti e indietro. Quella lì era una voce consistente, un timbro caldo e distribuito in maniera uniforme sulla tela. Adesso invece al posto del pennello si sente chiaramente che c'è una mano nuda a dipingere, e che a volte lo fa con le stesse unghie: la voce densa si è spezzata in un urlo, si è graffiata sopra alla tela, ed è bellissima, è sensuale ed è, se possibile, ancora più precisa di prima.
L'autunno me l'ha portata dentro al frutto della sua fatica, la fatica di Johnny Flynn. Lui però mi ha avvisata per tempo, e io così ho avuto modo di vivermi l'attesa, di assaporarla. Insieme al suo amico e scrittore Robert MacFarlane e a un'allegra compagnia di nomadi inglesi -quelli che se ne vanno in giro per boschi e campagne senza scarpe e sotto la pioggia, per capirci- Johnny Flynn ha piantato dei semi che in questi mesi hanno germogliato, e io li ho guardati venire su come ho fatto con tutti gli alberi dietro cui mi sono andata perdendo nell'anno. Un calendario.
Il primo seme è stato "The Wild Hunt": lo ha piantato in terra a dicembre dello scorso anno, e a me è sembrato come di vederlo, Johnny Flynn, mentre infilava le dita nella terra fredda e mi diceva, guardandomi bene dentro agli occhi, che quella era una caccia folle: è una caccia folle la caccia al nome del male, la caccia alla tana, la tana del Primitivo. E così improvvisamente diventa una caccia folle anche quella alle cose scontate, le cose banali che tutto a un tratto ti accorgi di non avere più tra le mani: la competenza dei medici, il giusto ricovero, il pronto soccorso, la cura che ti spetta: il Natale il compleanno la pizza del sabato sera. Quella caccia, vedrai, farà tremare i tuoi amori più certi, farà precipitare l'impalcatura del tuo cielo. Io l'ho ascoltato cantarmela lo scorso anno a dicembre come se dicembre non dovesse mai finire, quando la camelia era l'unica spaventosamente fiorita in giardino come una cosa fuori dalla natura, e il suo, allora, mi è sembrato piuttosto l'urlo di un animale, il grido di una creatura selvatica che non sa dove trovare riparo dalla caccia, non sa più dov'è la sua tana. Oh the wild hunt, the wild hunt: qualcosa di incomprensibile o qualcosa che devo aver frainteso, mi sono detta. E invece il calendario, ormai chiaramente liturgico, è andato avanti con il seme di Pasqua: "Coins for the Eyes". Adesso l'urlo, il graffio sulla tela, si era trasformato in una piccola ballata in tre quarti, dolce, quasi acustica, e la caccia, che in fin dei conti era la mia -inutile continuare a negarlo, non avevo frainteso- aveva trovato la sua proporzione più conveniente, la sua direzione più chiara: guardata da dentro a questa canzone la caccia è una ricerca, e il suo movimento cadenzato insegna la pazienza con cui bisogna condurla. Ora che conosciamo bene il nome urlare non serve a niente, basta praticare l'esercizio, un esercizio di pazienza, di concentrazione, un esercizio di ricerca. Come quando mio padre si stampava le mappe dell'impero romano o della Grecia antica per capire meglio come tradurre una versione contorta, come quando studiava epigrafia e nessuno glielo aveva mai chiesto. Come gli alberi che escono dall'inverno, con pazienza, e mettono i fiori, alcuni addirittura senza foglie. E così in tre quarti abbiamo visto sbocciare i fiori, tutti i fiori, e in tre quarti ci siamo addentrati in quanto ci avanzava dell'anno: a un certo punto inevitabilmente abbiamo riconosciuto i primi sentori dell' impietosa, della temibile estate, finché proprio non la abbiamo vista bene in faccia e le siamo così andati incontro senza opporle resistenza, senza nuove canzoni, senza nuovi semi, con pazienza e in tre quarti. Questa è stata la nostra vera quaresima, il nostro deserto: l'estate. Abbiamo guardato l'estate seccarli, i semi, inaridire la terra, fare scempio dei fiori, spaccare i marciapiedi. Alla fine, giunti nel cuore di quella, la abbiamo vista portarsi via mio padre, e così, in tre quarti, piegati nel nostro esercizio di pazienza, lo abbiamo salutato, con dignità credo.
Ma il calendario non era finito: e a settembre infatti è ricominciato quello scolastico. Allora siamo tornati tutti a scuola, come se niente fosse, e lì dentro abbiamo continuato a fare esercizio, a testa bassa. Ad interromperlo è arrivato improvviso l'annuncio: in questi mesi, diceva, anche se da molto lontano e senza scarpe ai piedi, noi abbiamo lavorato, abbiamo fatto un lungo esercizio qui su, un esercizio intorno all'oscurità e alla luce, all' inverno e alla primavera, alla sepoltura e alla rivelazione, a storie tempo stagioni fantasmi e sentieri, amore e fiumi, e tra poco ne consegneremo i frutti a chiunque avrà voglia di ascoltare. Insomma, neanche il calendario di Johnny Flynn si era esaurito, e il primo frutto raccolto ad ottobre, il primo singolo, è stato "Uncanny Valley": quest'estate ci siamo persi tutti in una vallata inquietante, dice, nessuno ha una mappa per uscirne, e c'è un'enorme confusione qui dentro. Forse mi sbaglio, ma mi sembra che Johnny Flynn ora stia ridendo; che urli ancora invece lo sento benissimo: ride e urla che il lutto non è solo una croce, è anche una delizia, è il nostro privilegio e noi dobbiamo penetrarlo, dobbiamo attraversarlo come fosse una vallata dopo aver scalato la più alta delle montagne.
Quello che viene dopo è semplicemente il raccolto: e io che l'ho aspettato come si aspetta una vita che viene al mondo, con un po' di apprensione e insieme con il timido desiderio di riconoscere nei tratti del viso la somiglianza, alla fine l'ho rincosciuta: quando ho ascoltato l'album per la prima volta di notte, nel mio letto, sotto a coperte pesanti, era di nuovo inverno e ho capito subito che in tutti quei mesi Johnny Flynn non aveva mai smesso di guardarmi negli occhi. Lui ha continuato a tirarmi per la manica, a strattonarmi, mi ha richiamata, mi ha scritto, mi ha raccontato: alla fine lui mi ha raccontata, nel suo calendario. Ha raccontato di tutti gli alberi dietro ai quali io ho guidato la mia macchina quest'anno (the beech is lifting me, ash is reaching me), del saluto che mio padre continua a darmi giorno dopo giorno (be not afraid, sing and pray, cry and sway as I enter the shade); di quel dicembre che pareva non volesse mai finire ("A Year-Long Winter"); e poi mi ha raccontato, ancora una volta, "Coins for the Eyes". Vedo però che la semplice ballata in tre quarti è maturata in questi mesi, e da fiore che era in primavera adesso è diventata un bellissimo frutto rotondo, forse un melograno? È diventata un inno, cantato a piena voce, a più voci. Io l'ho ascoltata, nella sua prima e piu dimessa versione, sulla strada che portava al cimitero, il giorno in cui ci hanno consegnato le ceneri e noi le abbiamo riposte nella tomba ancora senza nome. E poi un altro giorno mi è arrivata questa foto, la foto della lapide che era pronta, finalmente. E io a quel punto mi sono chiesta come ci si comporta davanti alla foto della lapide di tuo padre che ti arriva su WhatsApp: è bella, carina, mi piace, grazie mille? In quel momento mi sono costretta all'esercizio del pianto perché quello mi sembrava opportuno, ma non mi è salita nessuna lacrima sinceramente, se non quelle solite, le lacrime della stanchezza. Niente di ciò che ha a che vedere con la morte appartiene a mio padre, mi sono detta come mi ero già detta guardando la bara ad agosto. Questo però gli inglesi lo chiamano denial, e anche se io davvero continuo ostinatamente a credere che lui sia più vivo di me sopra quelle mappe dell'impero romano che vedo con la coda dell'occhio spuntare dalla sua libreria, so bene che negare non è una cosa sana.
E così la scorsa settimana, tornando al cimitero per vederla, questa famosa lapide montata, ho ascoltato la nuova versione di "Coins for the Eyes", l'inno: il melograno. Pare che almeno una canzone di quest' album la abbiano registrata dentro a una tomba antica, che il coro che sento in questi ritornelli pieni di vita, pieni di voce, di tante voci veramente, venga proprio da una sepoltura. Quando l'ho raccontato a mia madre lei mi ha detto, prendendomi in giro, che ci vuole pure un po' di leggerezza nella vita, dai, e questi non ce l'hanno per niente. Ma lei non sa che se veramente è questa la canzone, e voglio pensare che sia proprio questa, io sulle sue note sono arrivata alla tomba e l'ho trovata piena, piena di gente scalza, gente che si sgola, che canta a squarciagola, canta la vita stupenda di mio padre tra i tanti padri che se ne sono andati. Quest'inno è così lontano dalla pesantezza che mi sembra proprio il suo esatto contrario: al punto che questa canzone mi ha riconciliata con quel paese dove mio padre ora è tornato e dove io da piccola ho passato le più noiose e pesanti domeniche di bambina. Un paese dove tutti sembrano avere due sole cose a cui pensare: sposarsi o morire. Un paese che è come costruito intorno al suo cimitero, pare proprio invitare al cimitero, così mi è sempre sembrato. Che lo abbia sempre invitato al cimitero, a mio padre. Beh oggi sento di andarci quasi leggera, al cimitero da lui, mi sento invitata, e quelle canzoni che vengono da così lontano, da un altro luogo, un altro anno, da un'altra fatica, risuonano perfettamente per le strade del paese dove mio padre riposa in questo momento. Io amo tutto di lui e non voglio vivere nella negazione: non mi nego niente, le mappe e la bara, la vita e la morte: è un mio diritto, la mia delizia, il mio privilegio. E me lo ha raccontato Johnny Flynn, urlandolo a volte, a volte ridendo e cantandolo con leggerezza, a volte facendone un inno gioiso e a più voci: il calendario di un anno che abbiamo trascorso insieme, e io non lo sapevo.
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universodonna-official · 3 years ago
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NAIL ART CON PAESAGGI INVERNALI
NAIL ART CON PAESAGGI INVERNALI
LE MIGLIORI NAIL ART CON PANORAMI INVERNALI PER LA TUA PROSSIMA MANICURE! (849) Pinterest (849) Pinterest Una delle nail art invernali per eccellenza sono i meravigliosi scenari campestri innevati: colline, montagne, casette e alberi ricoperti di neve!Puoi riproporre un magico scorcio innevato di una casetta di legno con il bosco sullo sfondo, così come un piccolo albero di Natale addobbato a…
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margiehasson · 5 years ago
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Unghie Natalizie 2019: Le nail art più belle da sfoggiare
Natale non significa solo addobbare casa ma significa anche addobbare le nostre nail art. Ogni donna durante le feste Natalizie vuole apparire curata e perfetta.
Le feste si avvicinano e le nostre nail art non possono non essere colorate. Quindi per  tutte le appassionate e non di manicure, eccovi le più belle nail art per Natale.
1. Parola chiave ROSSO .
Questa è la prima opzione che consiglio alle donne mature, alle donne in carriera o semplicemente alle donne che non amano delle nail art troppo festose. Il rosso è il colore principale del Natale, perciò anche se non ti ami le unghie colorate almeno per le feste fai un’ eccezione.
Photo Credit Pintarest: @womenpicworlds.com
  2 . Classiche ma con un tocco in più . 
Se il rosso non fa per te, se nessun colore fa per te. Non lasciare la tua nail art al naturale. Scegli un color carne o un rosa cipria e per abbellire il tutto, disegna in fondo dei rami natalizi con delle palline color rosso! Le tue unghie saranno delicate dando però un tocco di festosità.
Photo Credit Pintarest :blog.xuzinuo.com
  3. Bastoncino di zucchero . 
Se davvero non riesci a decidere la tua nail art, dai libero sfogo alla tua fantasia! Opta per i glitter e i disegni natalizi come i fiocchi di neve e i bastoncini di zucchero.
Photo Credit Pintarest: @modrenvilla.org
   4. Ornamenti e colori Natalizi . 
Gli ornamenti non sono solo per l’ albero e per l’intera casa ma anche per le tue nail art. Se ami i colori del Natale, nessuno ti può fermare. I colori principali sono: rosso, verde e anche qualche strass non fa mai male!
Photo Credit Pintarest: @ladiesways.com
  5. Magical Christmas .
Il Natale è magia, il Natale è neve! Il color argento con abbinato il  glitter è la nail art perfetta. Per rendere tutto ancora più festivo ricrea dei piccoli alberi di Natale e fiocchi di neve.
Photo Credit Pintarestpopsugar.com
  Questi sono soltanto alcune ispirazioni. Per il periodo più bello è magico dell’anno un solo Natale non ci basterebbe, perciò ricrea quella più adatta a te!
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ultra-lucia-zago-blog · 7 years ago
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le unghie natalizie più belle da copiare per le feste
Renne, ghirlande, stelle e alberi di Natale: dai social arrivano le decorazioni più fantasiose per le tue mani durante le feste. Per unghie davvero cool Se ami le unghie decorate, le feste sono il momento migliore per sbizzarrirti con disegni colorati e fantasiosi. Renne, ghirlande, fiocchi di neve e alberi di Natale: sono solo alcune delle tematiche più gettonate. Ammettiamolo: in questo periodo…
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