#tirannia della maggioranza
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Io non sono un Conservatore. Non simpatizzo con la Destra più di quanto non simpatizzi con la Sinistra. Sebbene rifiuti ogni classificazione politica, mi considero una rivoluzionaria. Perché la Rivoluzione non significa necessariamente la Presa della Bastiglia o del Palais d’Hiver. E certamente per me non significa i capestri, le ghigliottine, i plotoni di esecuzione, il sangue nelle strade. Per me la Rivoluzione significa dire «No». Significa lottare per quel «No». Attraverso quel «No», cambiare le cose.
E di sicuro io dico molti «No». Li ho sempre detti. Di sicuro vi sono molte cose che vorrei cambiare. Cioè non mantenere, non conservare. Una è l’uso e l’abuso della libertà non vista come Libertà ma come licenza, capriccio, vizio. Egoismo, arroganza, irresponsabilità. Un’altra è l’uso e l’abuso della democrazia non vista come il matrimonio giuridico dell’Uguaglianza e della Libertà ma come rozzo e demagogico egualitarismo, insensato diniego del merito, tirannia della maggioranza. (Di nuovo, Alexis de Tocqueville…). Un’altra ancora, la mancanza di autodisciplina, della disciplina senza la quale qualsiasi matrimonio dell’uguaglianza con la libertà si sfascia. Un’altra ancora, il cinico sfruttamento delle parole Fratellanza-Giustizia-Progresso. Un’altra ancora, la nescienza di onore e il tripudio di pusillanimità in cui viviamo ed educhiamo i nostri figli. Tutte miserie che caratterizzano la Destra quanto la Sinistra.
Cari miei: se coi suoi spocchiosi tradimenti e le sue smargiassate alla squadrista e i suoi snobismi alla Muscadin e le sue borie alla Nouvel Riche la Sinistra ha disonorato e disonora le grandi battaglie che combatté nel Passato, con le sue nullità e le sue ambiguità e le sue incapacità la Destra non onora certo il ruolo che si vanta di avere. Ergo, i termini Destra e Sinistra sono per me due viete e antiquate espressioni alle quali ricorro solo per abitudine o convenienza verbale. E, come dico ne La Forza della Ragione, in entrambe vedo solo due squadre di calcio che si distinguono per il colore delle magliette indossate dai loro giocatori ma che in sostanza giocano lo stesso gioco. Il gioco di arraffare la palla del Potere. E non il Potere di cui v’è bisogno per governare: il Potere che serve sé stesso. Che esaurisce sé stesso in sé stesso.
di Oriana Fallaci
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alcune frasi asperse da contesto da Cronorifugio, di Gospodinov:
«poi tutto può - e deve - dissolversi» / «quand'è che il quotidiano diventa storia?» / «muoiono sempre gli altri, e noi mai» / «ma come fa un'ora a colmare anni di assenza» / «odore di impazienza, di novità, di deposito e di negozio, odore di gioia» / «e quanto passato può sopportare un uomo?» / «come si salva quello che non si può salvare?» / «se non ci sono mostri, non ci sono nemmeno eroi» / «una lotta epica senza epos» / «continuano a darsi del lei, anche se al momento entrambi non hanno un persona più vicina di quella che sta loro di fronte» / «i suoi dissensi col sistema erano fisiologici» / «senza memoria, nessun crimine» / «se fosse un film, sullo sfondo dello schermo vuoto, mentre passano i titoli di coda, si udirebbe uno sparo» / «sta ricordando, dico, ecco perché piange» / «sembrava il Funes di Borges» / «se accettiamo che le rivoluzioni siano antiquate e romantiche» / «la morbida tirannia di ogni maggioranza» / «tutto quello che non ho il coraggio di fare si trasforma in storie» / «nell'ora della nebbia azzurra» / «come un'isola viola in acque di argento lunare» / «e quale correttezza politica, proprio qui dove ci insultiamo invece di dirci ciao?» / «tentava di accendere la pipa col battifuoco e strofinava il percussore sulla pietra focaia per ottenere una scintilla. c'era qualcosa di tutta la letteratura bulgara e delle fiabe popolari, in quel gesto» / «nulla può risvegliare il passato come il kitsch» / «là dove c'è il buio, sonnecchia sempre un miracolo» / «il deficit di erotismo nel tardo socialismo» / «un giorno nutre un anno intero» / «dovevo subito ubriacarmi di limonata» / «prima o poi ogni utopia si trasforma in romanzo storico» / «Portocalia Portugalova, così la chiamavo» / «il romanticismo non stava più nel frigorifero, la gente voleva ballare e un nuovo sentimentalismo spirava sulle acque del nord» / «un'abitudine piuttosto che una convinzione, le alitava intorno» / «dove ferve la preparazione di un'insurrezione» / «per tutta la vita qualcuno ha abusato del mio caldo cuore sudorientale» / «il mostro innocente del passato» / «la sensazione di riproducibilità tecnica» / «possono proibirti anche di piangere, se ti proibiscono di avere i capelli lunghi»
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RESPONSABILITÀ E DOVERI
di Antonio Gramsci
“ La convinzione che il regime fascista sia pienamente responsabile dell'assassinio del deputato Giacomo Matteotti, così come è pienamente responsabile di innumerevoli altri delitti non meno atroci e nefandi, è ormai incrollabile in tutti. L'indignazione sollevata da un capo all'altro d'Italia dal nuovo misfatto è rivolta non soltanto contro i masnadieri che hanno rapito in pieno giorno, a Roma, l'on. Matteotti per assassinarlo, non soltanto contro i camorristi che, minacciati dalla parola accusatrice del deputato unitario, ne hanno voluto la soppressione, ma contro tutto un metodo di governo, contro tutto un regime che si regge e si difende con organizzazioni brigantesche, che contrappone alle critiche avversarie le sanguinose imprese della sua mano nera, che adopera sistematicamente il bastone o il pugnale o la benzina per far tacere le voci moleste. Il governo tenta disperatamente di respingere da sé ogni responsabilità ed ogni colpa, il fascismo tenta di provare la propria innocenza condannando gli esecutori materiali del delitto. Tentativi puerili. Bisognava non esaltare la balda Gioventú sportiva che organizzò freddamente e compi l'orrenda strage di Torino; bisognava non esaltare e non sottrarre ad ogni punizione i banditi che da due anni terrorizzano l'Italia; bisognava poter governare senza ricorrere ogni giorno al delitto. Ma nella confessione stessa del governo di non poter rinunciare alle proprie bande armate, di non poter restituire una legge al popolo italiano, di non poter vivere senza far pesare sul popolo la minaccia permanente della violenza e dell'arbitrio, di dover sempre esaltare la virtú del ferro e del piombo, è la prova definitiva della colpa del regime. E la coscienza del popolo è insorta contro tutti i colpevoli. Anche i filofascisti, difensori per professione e per definizione di tutta l'opera del governo, hanno dovuto per un certo tratto seguire la corrente; ma il loro scopo era evidente ed è ormai raggiunto: impedire che il regime fosse travolto dalla stessa ondata di indignazione che ha travolto gli assassini. Invece tutti i partiti d'opposizione si sono immediatamente schierati, alla testa delle loro forze, contro il governo, contro il fascismo. Essi hanno compreso, al pari della grande maggioranza degli italiani, che, per eliminare il delitto dalla scena politica, occorre eliminare le cause del delitto, occorre il disarmo delle guardie bianche, la dispersione delle centrali di brigantaggio: la distruzione, cioè, di tutte le forze che tengono in piedi il fascismo. Questa esatta valutazione della situazione e delle necessità dell'ora imponeva ai partiti d'opposizione dei doveri, dei sacri doveri che non sono stati compiuti. Il tragico episodio ha dimostrato che è necessario proteggere la vita e l'incolumità personale dei cittadini seriamente minacciate dal fascismo. Alla commozione di tutto il popolo non è estranea la sensazione precisa di questa minaccia particolarmente grave per gli operai ed i contadini, minaccia che non scomparirà fino a quando il fascismo non sarà eliminato dal governo. Ebbene, che cosa hanno fatto le Opposizioni per raggiungere qualche risultato concreto? Esse si sono irrigidite in una posizione di attesa, con la speranza forse che lo scandalo dilagante sarebbe bastato da solo a colpire a morte il governo fascista. È certo che questa è un'illusione. Il governo fascista è riuscito fino ad ora a rimanere in piedi soltanto per la forza delle sue squadre armate e saranno le squadre armate che lo difenderanno fino all'estremo. L'attesa passiva è dunque una colpa. Se le Opposizioni borghesi non hanno forze organizzate per scendere in lotta, le Opposizioni proletarie possono contare sull'esasperazione di tutta la classe lavoratrice non piú disposta a sopportare una tirannia feroce. Bisogna saper raggiungere, attraverso lo stato d'animo che s'è venuto in questi giorni formando, l'unità della classe lavoratrice, unità indispensabile al raggiungimento della vittoria. “
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Testo dell’articolo apparso senza firma su «Stato Operaio» del 19 giugno 1924.
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Aforismi e citazioni sul Carnevale
Carnevale di Viareggio Aforismi e citazioni sul carnevale. Il termine deriverebbe dal latino carnem levare ("eliminare la carne"), poiché indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima. In particolare il Martedì grasso è il giorno di chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi, dato che la Quaresima nel rito romano inizia con il Mercoledì delle ceneri e si festeggia da Venezia a Rio De Janeiro, tra maschere, travestimenti, dolci e scherzi, ricordando il saggio proverbio che recita "Carnevale guarisce ogni male". Quando inizia e quando termina in Italia il Carnevale 2022 Nella Chiesa cattolica la Domenica di Settuagesima è celebrata circa settanta giorni prima della Domenica di Pasqua e segna l'inizio del cosidetto Tempo di Settuagesima (o Tempo di Carnevale), un periodo di preparazione alla Quaresima, in cui si inizia l'astinenza dalle carni nei giorni feriali. Per il 2022 pertanto l'inizio del Carnevale sarà il 13/02/2022. La prima domenica di Quaresima per il 2022 è il 06/03/2022; l'ultimo giorno di carnevale è pertanto sabato 05/03/2022, 4 giorni dopo rispetto al martedì in cui termina per chi osserva il rito romano. La data della Domenica di Pasqua è diversa ogni anno perchè viene calcolata per mezzo di un calcolo basato sul giorno del primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera (21 Marzo). La Pasqua può quindi cadere tra il 21 Marzo e il 25 Aprile, pertanto la data di inizio del Carnevale può essere compresa tra il 10 gennaio e il 14 febbraio. Il Carnevale termina quaranta giorni prima della Domenica di Pasqua con il Martedì Grasso. Il giorno successivo, conosciuto come il Mercoledì delle Ceneri segna l'inizio della Quaresima, un periodo in cui i fedeli si astengono dal mangiare carne nei giorni feriali. Per il 2022 pertanto il Carnevale finisce il 01/03/2022. Le feste non sono necessariamente trasgressive ... né ricreano necessariamente uno stato di indifferenziazione sociale ... possono avere una funzione distributiva piuttosto che essere motivate da una tendenza allo spreco e alla distruzione ... Lungi dall’essere il caos supposto da alcuni teorici, le feste sono più spesso il culmine dell’attività organizzata in molte società. V. Valeri Oggi più che mai le subdole intenzioni si travestono con atteggiamenti di grande umanitarismo e sincera filantropia e sempre più spesso le atroci intenzioni si nascondono dietro un volto sorridente e dietro una maschera di gentilezza, beh, un momento, aspettate un po', ma Berlusconi, non sorride sempre! Carl William Brown Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, cioè il governo della maggioranza. Perchè, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'essere uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar sé stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà! Ma sicuramente! Oh perchè credi che soffra io? Io soffro appunto per questa tirannia mascherata da libertà... torniamo a casa! Luigi Pirandello Sul palcoscenico del mondo non siamo altro che miseri attori, e talvolta è utile riuscire a mascherare i nostri tristi ruoli. Carl William Brown Mi sono vergognato di me stesso quando ho capito che la vita è una festa in maschera, ed io ho partecipato con la mia vera faccia. Franz Kafka Chi non ride mai non è una persona seria. Charlie Chaplin Durante il carnevale, gli uomini indossano una maschera in più. Xavier Forneret La maschera, che è il mezzo essenziale attraverso il quale ci si fa diversi, indica, nella sua origine etimologica longobarda, i fantasmi notturni dei morti e le larve persecutrici dei viventi. A.M. Di Nola La moderna solidarietà non è che il tentativo di mascherare la propria stupidità facendo esercizi di falsa umanità. Carl William Brown Durante il prossimo carnevale di Rio, Battisti si esibirà con LULA HOP. Renato Reggiani Se il dio della gioia porta sul volto una maschera tragica, forse allora anche il dio della sfiga si copre il viso con l'allegria. Carl William Brown
Aforismi, citazioni, massime e frasi sulle maschere e il Carnevale La miglior dote dei peggior politici è l'ipocrisia; quella dei peggior giornalisti è di mascherarla. Carl William Brown La vita è come il carnevale... non puoi sapere che scherzo ti farà! Aida Nasic Ogni persona non è che una "maschera teatrale"; un attore che recita il proprio ruolo e che assumendo così la propria personalità contribuisce ad arricchire la comica teatralità dell'umana stupidità. Carl William Brown Il volto è servile e servizievole, la maschera è dispotica e intransigente. Il volto ti viene dato, e si esprime su un unico piano orizzontale; la maschera si impone, ed è verticistica anche quando sempre piana. Aldo Busi Esistono spiriti liberi, audaci, che vorrebbero nascondere e negare di essere cuori infranti, superbi, immedicabili; e talvolta la follia stessa è la maschera per un sapere infelice troppo certo. Friedrich Nietzsche La maschera è antica quanto la stessa umanità ed è il simbolo della trasformazione dell'uomo in un altro Io. O. Eberle A Carnevale va a ruba il costume da Schettino; il coniglio di mare. Anonimo Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti. Luigi Pirandello La quaresima viene dopo il carnevale per ricordarci che siamo polvere e non coriandoli. Franco Lissandrin Il bene e il male sono questioni di abitudine, il temporaneo si prolunga e la maschera, a lungo andare, diventa il volto. Marguerite Yourcenar Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi sotto la sua protezione, frapporre qualcosa tra il mondo e me, camuffare le mie ferite, imparare, insomma, a usare la maschera. Emil Cioran Un bambino con una gamba sola va dalla mamma, e piagnucolando dice: "Mamma, a Carnevale posso avere il costume di Spider-Man?". E la mamma: "Ma come, quello da ghiacciolo non ti piace più?". Funcool88 Guardiamo i lati positivi della cosa: chi l'anno scorso si era vestito da barbone per carnevale, con lo stesso vestito quest'anno può vestirsi da ceto medio. Marco Vicari Tra un pò sarà carnevale, ma certa gente la maschera ce l'ha tutto l'anno! Carl William Brown Carnevale, va a ruba il costume da comandante Schettino. Non era più adatto a Halloween? Lia Celi Ogni spirito profondo ha bisogno di una maschera: e più ancora, intorno a ogni spirito profondo cresce continuamente una maschera, grazie alla costantemente falsa, cioè superficiale interpretazione di ogni parola, di ogni passo, di ogni segno di vita che egli dà. Friedrich Nietzsche Il Carnevale è una festa di contestazione, di rottura, di rigenerazione sociale vissuta in un tempo ciclico di morte e di resurrezione, d’annientamento e di rinascita, il Carnevale esprime anche la voce dei gruppi sociali inferiori e l’opposizione della cultura popolare alle forme e alle immagini della cultura ufficiale. P. Camporesi In questo mondo la grande categoria dei saggi è composta da saggi folli, tra i saggi che rimangono dobbiamo ulteriormente distinguere tra i veri saggi ed i folli mascherati, quest'ultima piccola categoria dei veri saggi è poi inficiata dai saggi che si vendono e che quindi lavorano in realtà per la più grande e potente categoria dei folli. Carl William Brown E' meglio essere odiati per ciò che siamo, che essere amati per la maschera che portiamo. Jim Morrison Ma è vero che Lapo a carnevale si traveste da Biancaneve....e i sette Nasi. Simone
Maschere Bergamasche Per Shakespeare l'uomo non è che un semplice attore, che si agita freneticamente sul palcoscenico di una vita senza senso interpretando il più delle volte un ruolo triste. Se dunque trovate di una certa verità l'analisi del grande drammaturgo consolatevi almeno con il motto di Giordano Bruno che soleva appunto dire "In tristitia hilaris, in hilaritate tristis." E si, è proprio vero, il dio della gioia porta sul volto una maschera tragica." Carl William Brown Per Carnevale pensavo di vestirmi da Giovanardi, ma il marrone non mi dona. M. Cristina Di Canio Ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' di attenzione, a distinguerla dal volto. Alexandre Dumas La stupidità è il rovescio e il ‘basso’ della verità ufficiale dominante; essa si manifesta soprattutto con una assoluta incomprensione delle leggi e delle convenzioni del mondo ufficiale e con l’evasione da esso. M. Bachtin L'intelligenza e la bontà preferiscono entrare in scena senza maschera. A. Schnitzler Ogni persona non è che una "maschera teatrale"; un attore che recita il proprio ruolo e che assumendo così la propria personalità contribuisce ad arricchire la comica teatralità dell'umana stupidità. Carl William Brown Avete fatto caso che l’ultima domenica di carnevale i cimiteri sono un mortorio? Toto' Se è vero che il Dio della gioia ha sul volto una maschera tragica è pur vero anche il contrario. Carl William Brown Oggi sono triste, ma è solo perché ho riso troppo ieri, e poi quando sono felice faccio sempre il serio. Si sa infatti che il Dio della gioia porta sul volto una maschera tragica. Carl William Brown Nessuno può portare a lungo la maschera. Seneca Ricordo quella volta che mio padre mi comprò i coriandoli. Fu un carnevale bellissimo, mi divertii un casino. Fu l'unica volta, perché l'anno dopo mio padre non mi volle più comprare i coriandoli. Mi rimproverò che l'anno prima li avevo buttati tutti. Mauroemme Il carnevale infrange le leggi del quotidiano, rese coattive dalla grammatica e dalla sintassi del pensiero comune e conformista, pertanto si configura come contestazione sociale e politica. Carl William Brown Carnevale mio, vi’ che mbruoglie / stasera maccaruni e craie fuoglie. / Carnevale mio, che combini / ogge cavatieddi e craie cipuddini. Canto irpino, XVIII sec Sul palcoscenico del mondo non siamo altro che miseri attori, e talvolta è utile riuscire a mascherare i nostri tristi ruoli. Carl William Brown Il fine di uno scherzo non è quello di degradare l'essere umano ma di ricordargli che è già degradato. George Orwell Verso la fine della vita avviene come verso la fine di un ballo mascherato, quando tutti si tolgono la maschera. Allora si vede chi erano veramente coloro coi quali si è venuti in contatto durante la vita. Arthur Schopenhauer E dopo tutto cos'è una bugia? Solo la verità in maschera. George Byron Siamo tanto abituati a mascherarci di fronte agli altri, che finiamo per mascherarci anche di fronte a noi stessi... Francois De Larochefoucauld Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero. Oscar Wilde Nascondi chi sono, e aiutami a trovare la maschera più adatta alle mie intenzioni. William Shakespeare
Maschere italiane e carnevale La maschera incarna il principio della vita stessa. Michail Bachtin Una maschera ci dice di più di una faccia. Oscar Wilde Il mio amico Agapito Malteni ci provava costantemente con la sua collega Liuzza, ma lei non ci voleva assolutamente stare. Un giorno ha comprato un cappello carnevalesco a forma di membro maschile, lo ha indossato, e quando ha visto la collega entrare in bagno l'ha seguita e si è chiuso dentro con lei. Lei lo ha guardato ed ha esclamato: "Che cazzo ti sei messo in testa?!?". Friss Il carnevale scorso ero a casa di una coppia di amici quando si è presentato il loro bambino di dieci anni vestito da cow boy. Era tutto eccitato perché aspettava gli amici per andare a giocare. Ad un certo punto, è suonato il campanello. Fuori dalla porta c'era una marea di ragazzini e hanno chiesto se il loro figliolo poteva uscire a giocare con loro a indiani e cow boy. Erano tutti vestiti da indiani. Mauroemme Tutto ciò che è profondo ama mascherarsi; le cose più profonde odiano l'immagine e la similitudine. Friedrich Nietzsche Chi guadagna bene sappia che ciò è reso possibile dal fatto che gli altri guadagnano male, o non guadagnano affatto. Chi guadagna troppo a spese degli altri non può essere un filantropo, in verità è solo un ipocrita misantropo mascherato. Carl William Brown Carnevale 2012: va a ruba il costume da Schettino. E' quello da scoglione. Micro Satira Ci sono donne che a carnevale si vestono da San Francesco per parlare agli uccelli. Roba Da Maschi Odio il Carnevale. Ci provi con una principessa Disney e ti ritrovi a letto con un camionista di Brembate. Anonimo Se è giovedì grasso, nessuno problema. Se è martedì grasso, va benissimo, figurati. Se sono grasso io, tutti a rompere i coglioni. Periferia galattica Perché a carnevale i computer non funzionano piu' bene? Perché gli interrupt sono tutti mascherati! Anonimo "Pronto, mi scusi maestro. Ebrei, musulmani, cristiani, indù, buddisti, scintoisti: quando potremo riunirci tutti insiemi in unica grande chiesa?". Quelo: "A carnevale?". Corrado Guzzanti Una volta, per un veglione di carnevale, mia madre ebbe la bella idea di mascherarmi da pagliaccio. Mi riconobbero subito tutti. Mauroemme A carnevale tutto il mondo è giovane, anche i vecchi. A carnevale tutto il mondo è bello, anche i brutti. Nicolaï Evreïnov Tutta la vita umana non è se non una commedia, in cui ognuno recita con una maschera diversa, e continua nella parte, finché il gran direttore di scena gli fa lasciare il palcoscenico. Erasmo da Rotterdam Per tutta la vita avrei voluto piangere ed invece ho dovuto ridere o al limite rimanere serio; per tutta la vita ho dovuto portare una maschera come il Dio della gioia che ne aveva sul volto una tragica. Carl William Brown Il mio scopo è quello di insegnarvi a passare da un'assurdità mascherata a quella che è palesemente tale. Ludwig Joseph Wittgenstein Non mascherare i tuoi difetti con le virtù acquisite. Preferisco i difetti: sono simili ai miei. Kahlil Gibran Il volto è una vera maschera che ci è concessa per celare i nostri pensieri. Oscar Wilde L'anno scorso ho partecipato al concorso per il miglior costume, ma non ho vinto. E dire che il mio era perfetto: ero travestito da Uomo Invisibile! Marco Bernardini
Citazioni, aforismi e frasi sul Carnevale e le Maschere Per quanto riguarda invece il discorso dei proverbi di Carnevale, dobbiamo sottolineare che se da un lato evidenziano il lato festaiolo, irriverente e mangereccio della festa, dall’altro lo mettono in relazione ad altri appuntamenti nel corso dell’anno (soprattutto Pasqua e Natale) per “predire” il futuro o per capire chi si ha di fronte. Naturale è il paragone tra il Carnevale e la Quaresima che inizia il giorno dopo il martedì grasso: da un clima di festa all’ennesima potenza si passa a una dimensione più mesta, sottolineata anche dal rito delle ceneri. A Carnevale ogni scherzo vale. Non c’è Carnevale senza la luna di febbraio. A Carnevale tutto è lecito. Natale stizzone, Carnevale solleone. Quando il padre fa Carnevale, ai figlioli tocca far Quaresima. Tutti i cibi in Quaresima fan male, a chi abusò di tutti in Carnevale. Amore nato a Carnevale, muore a Quaresima. A Carnevale ogni scherzo vale, ma che sia uno scherzo che sa di sale. Chi è nato di Carnevale, non ha paura di brutti musi. A Carnevale si conosce chi ha la gallina grassa. Chi non gioca a Natale, chi non balla a Carnevale, chi non beve a san Martino , è un amico malandrino. Da san Luca (18 ottobre) a Natale, tutti studiano uguale; da Carnevale a Pasqua, chi studia e chi studiacchia. A Carnevale, il povero va a zappare. Carnevale a casa d’altri, Pasqua a casa tua, Natale in corte. Carnevale al sole, Pasqua al fuoco, Carnevale al fuoco, Pasqua al sole. Fa’ carnevale in maniera di poter fare pure una buona Pasqua. Carnevale col sole, Pasqua molle. Il carnevale al sole, la Pasqua al fuoco. Carnevale e Quaresima, per me è sempre la medesima. L’amore di Carnevale muore in Quaresima. Carnevale in casa d’altri e Natale in casa tua. La Quaresima è dopo il Carnevale. Natale senza denari, Carnevale senza appetito, Pasqua senza devozione si fanno male. Per approfondire l'argomento potete anche leggere: Storia e interpretazioni del Carnevale Citazioni spiritose sul carnevale https://www.youtube.com/watch?v=6NSDVz4lvI4 https://www.youtube.com/watch?v=M1Oc_resvL4 Aforismi per argomento Aforismi per autore Pensieri e riflessioni Read the full article
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What's Left ... And What's Left? A (probably-doomed) attempt at a bit of clarity. Cos'è la Sinistra... E cos'è la Sinistra? Un tentativo (probabilmente fallito) di fare un po' di chiarezza.
AURELIEN
13 DIC 2023
Il saggio della scorsa settimana ha scatenato (non per la prima volta) una grande discussione sulla "sinistra", sul fatto che certi partiti e certe idee possano essere considerati "di sinistra" e sul fatto che abbia importanza. Alcune persone sono state così gentili da suggerirmi di esprimere alcune riflessioni sull'argomento, per cui ecco qui.
Come tutti questi saggi, anche questo è principalmente un tentativo di spiegazione. Non sono interessato a polemizzare sul perché la mia definizione di sinistra sia migliore della vostra, né ad assegnare un voto su dieci a partiti o ideologie per quanto sono di sinistra. Tra l'altro, non sono uno storico né (fortunatamente) un politologo. Ma penso che ci siano alcune cose utili e pragmatiche da dire su questa questione che potrebbero aiutare a dissipare un po' la confusione. Strutturerò questo saggio stabilendo i punti su cui credo che la maggioranza delle persone sia d'accordo, per poi esaminarne le conseguenze pratiche.
In primo luogo, possiamo concordare sul fatto che negli ultimi due secoli è esistita una tendenza politica chiamata sinistra. Le origini del termine sono interessanti, perché ci danno un indizio sulla natura della sinistra stessa. Come tutti sanno, è apparso all'epoca della Rivoluzione francese, quando i membri dell'Assemblea nazionale che sostenevano la continuazione della monarchia e dello status quo sedevano generalmente alla destra del Presidente, mentre quelli che sostenevano la Rivoluzione, nel senso più ampio del termine, sedevano a sinistra. La stessa distinzione di massima fu utilizzata negli anni confusi e conflittuali che seguirono, anche se i confini precisi si spostarono un po'.
Questo ci ricorda che la distinzione originaria tra Sinistra e Destra emerse da una lotta sulla futura forma di governo del Paese e sulla conseguente distribuzione del potere. A destra, i puristi ritenevano che la distribuzione del potere dell'Ancien régime (essenzialmente una monarchia assolutista con alcuni poteri regionali e locali di contrasto) fosse perfetta e non dovesse mai essere cambiata, perché ordinata da Dio. Col passare del tempo, i membri più pragmatici della Destra erano ancora desiderosi di mantenere il sistema, ma erano disposti a fare qualche modesto accomodamento, per condividere il potere in modo un po' più equo. La sinistra si estendeva da coloro che erano favorevoli a una monarchia costituzionale sul modello britannico, a coloro che volevano una Repubblica con il potere nelle mani delle classi medie, fino a coloro che volevano mettere tutto il potere nelle mani della gente comune. Con la rapida evoluzione del sistema politico, emerse una nuova classe di "moderati" o "centristi", che ritenevano che la Rivoluzione si fosse spinta abbastanza in là, o anche un po' troppo in là, e che le cose dovessero ora fermarsi al punto in cui erano. Queste distinzioni pragmatiche, in gran parte indipendenti dalla teoria, avrebbero plasmato la natura della politica per più di un secolo. La questione fondamentale della politica collettiva era allora (e lo è ancora, direi): chi ha il potere? A seconda di dove fosse il potere, quindi, etichette come Sinistra, Destra e Centro erano sempre relative e potevano spostarsi parecchio.
In secondo luogo, è stato solo nel corso del tempo che questi modelli ideologici hanno effettivamente prodotto partiti politici formati. (In ogni caso, i partiti politici formati in assenza di elezioni sono un po' superflui). Le lotte politiche precedenti erano state contese tra diverse forme di organizzazione politica: la famosa trilogia di tirannia, oligarchia e democrazia in Grecia, la lotta tra le grandi famiglie e i repubblicani a Firenze, e così via. Anche in Grecia e a Roma, dove esistevano istituzioni politiche rappresentative, il concetto di partito, o addirittura di carriera politica professionale, non era ben sviluppato. In Gran Bretagna, dove le cose sono successe prima e dove il Parlamento è sempre stato un centro di potere indipendente, già nel XVIII secolo esisteva qualcosa di simile ai partiti politici organizzati, ma essi rappresentavano costellazioni di interessi più che idee politiche astratte. Paradossalmente, è stato solo con l'avvento di un ragionevole livello di democrazia, nonché con lo sviluppo della tecnologia e quindi di una classe operaia industriale urbana, che i partiti di massa organizzati della sinistra sono diventati effettivamente realizzabili, spesso, anche se non sempre, con "socialista" o "comunista" come parte del loro nome.
In terzo luogo, la distinzione originaria tra sinistra e destra non riguardava solo chi avrebbe avuto il potere, ma anche chi avrebbe dovuto averlo (cioè l'ideologia) e questo vale ancora oggi. Ecco perché le lotte della Rivoluzione francese, e delle altre che l'hanno seguita, riguardavano essenzialmente il miglior sistema di governo. Per molti francesi comuni nelle campagne, dove viveva la stragrande maggioranza, il sistema in vigore era quello ordinato da Dio e basta. Si sollevarono quindi in difesa di un sistema divinamente ordinato e contro coloro che consideravano poco meno che atei. I loro eserciti improvvisati combatterono con lo slogan "Per Dio e per il Re", sottolineando che stavano difendendo una particolare posizione ideologica. A sua volta, il governo rivoluzionario inviò le truppe per reprimere sanguinosamente le rivolte, in nome della propria ideologia, con conseguenze che si sono protratte fino ai giorni nostri.
Ciò contribuisce a spiegare il paradosso (apparente) delle persone che sostengono un partito politico quando i loro interessi economici suggerirebbero di sostenerne un altro. Le opinioni profonde sul tipo di società che si desidera sono spesso più potenti della promessa di benefici economici immediati. Molto spesso, inoltre, le persone sostenevano i partiti di destra perché temevano il cambiamento: il presente poteva non essere perfetto, ma il futuro, se la sinistra avesse preso il potere, avrebbe potuto essere peggiore. Dopotutto, non c'è nessuno più reazionario dell'individuo che è riuscito a salire un po' di livello sociale e ora guarda con disprezzo i suoi ex-uguali. La paura di perdere il piccolo vantaggio acquisito, o il timore di non essere più in grado di distinguersi facilmente dalla classe operaia, sono potenti incentivi a votare per la destra, poiché ciò preserva la situazione, e quindi il proprio piccolo vantaggio.
Quindi le ragioni per cui le persone hanno storicamente votato per la sinistra o per la destra (a prescindere dalle etichette transitorie dei partiti) non sono necessariamente finanziarie, e in effetti il potere finanziario e quello politico non sono sempre andati di pari passo. È stato così finché la ricchezza era legata più o meno esclusivamente alle rendite derivanti dalla proprietà della terra, ma lo sviluppo di una classe media urbana e l'avvento della rivoluzione industriale hanno fatto sì che in molti Paesi il potere dell'aristocrazia (spesso relativamente povera) fosse sempre più contestato, a volte in modo violento. È inoltre riconosciuta la tendenza dei proprietari di immobili in qualsiasi Paese a votare in modo sproporzionato per la destra, perché si identificano psicologicamente con le tradizionali strutture di potere basate sulla proprietà. (È interessante notare come la qualificazione della proprietà sia stata uno dei passi intermedi verso la piena democrazia in alcuni Paesi).
In quarto luogo, come sarà ormai evidente, la sinistra è necessariamente una festa mobile, e in qualsiasi momento esisterà in forme diverse con opinioni diverse su come esattamente il potere dovrebbe essere distribuito e chi dovrebbe avere cosa. Inoltre, poiché la sinistra è stata storicamente una forza insurrezionale che cercava di sconvolgere lo status quo, c'era molto spazio per le discussioni sul modo migliore per promuovere una più ampia distribuzione del potere. In linea di massima, questo si risolse in un conflitto tra i gradualisti, che credevano in riforme frammentarie e nel vincere lentamente la battaglia delle menti e delle idee, e i rivoluzionari che credevano che il sistema nel suo complesso non potesse essere riformato e dovesse essere rovesciato. Per un certo periodo, e soprattutto dopo il 1945, sembrava che i gradualisti avessero la meglio, anche se oggi questo sembra meno chiaro.
Era ovvio che entrambe le politiche non potevano essere perseguite allo stesso tempo, e che anzi erano in contrasto l'una con l'altra. Soprattutto dopo la Rivoluzione russa e la fondazione dell'Internazionale comunista, le due tendenze si scannarono a vicenda. Ciò ebbe conseguenze disastrose: L'insistenza di Stalin sul fatto che la sinistra non comunista ("socialfascisti" era uno dei termini più gentili) fosse di fatto uguale alla destra, impedì qualsiasi cooperazione tra partiti comunisti e socialisti. Questo fu un problema soprattutto in Germania, dove i comunisti si rifiutarono di sostenere la Repubblica di Weimar, accelerando così la sua caduta e tutto ciò che ne seguì. Quando Stalin cambiò idea nel 1936, era già troppo tardi e in ogni caso, dove era importante, come in Spagna, i comunisti passarono gran parte del loro tempo a spazzare via la concorrenza di sinistra.
Pertanto, la sinistra sarà intrinsecamente divisa sia sugli obiettivi strategici che sulle tattiche, poiché non esiste una formula matematica concordata per calcolare la distribuzione ideale del potere, né un modo sicuro per raggiungerla. Storicamente, i partiti di sinistra hanno quindi spaziato da quelli che cercano un cambiamento politico ed economico radicale, senza escludere la violenza, a quelli che credono che il sistema attuale possa essere catturato e fatto funzionare meglio. Si va da coloro che aborriscono qualsiasi forma di potere centralizzato e favoriscono la democrazia diretta, a coloro che credono che se le persone giuste controllano il sistema esistente, questo può essere fatto funzionare nell'interesse generale. Storicamente, ciò che univa la sinistra era la convinzione che il potere fosse concentrato nelle mani sbagliate, e a volte questo era tutto ciò che la univa. Oggi la situazione è più complicata, come vedremo tra poco.
In quinto luogo, una volta che i partiti di massa della sinistra si sono organizzati, sono stati inevitabilmente guidati e gestiti in modo sproporzionato da socialisti di formazione borghese. Sebbene ci fossero molti leader della classe operaia di spicco, gran parte del lavoro passava inevitabilmente nelle mani di coloro che avevano il tempo libero, l'istruzione, le capacità organizzative e professionali e che potevano operare efficacemente in parlamento e con i media. Questo aspetto fu notato molto presto da Robert Michels, un funzionario del Partito Socialista Tedesco, che scrisse di quella che chiamò "Legge di ferro dell'oligarchia", secondo la quale in qualsiasi organizzazione poche persone finiscono per dominare. In effetti, negli anni Cinquanta, la maggior parte dei partiti di sinistra era in pratica guidata a livello nazionale da leader della classe media con formazione universitaria, mentre a livello locale la maggior parte del potere era ancora detenuta dai membri dei sindacati, il cui sostegno era essenziale per mantenere una base politica di massa.
Questo non era necessariamente un problema, perché la maggior parte dei dirigenti della classe media condivideva un impegno genuino per rendere il mondo un posto migliore: Hugh Gaitskell, probabilmente il miglior Primo Ministro che la Gran Bretagna abbia mai avuto, era figlio di un prospero industriale, ma si era convertito al socialismo dopo aver visto le condizioni miserevoli della classe operaia intorno a lui. Il problema si è aggravato con la massiccia espansione dell'istruzione universitaria a partire dagli anni Sessanta, che ha prodotto una nuova classe di membri del partito con una laurea, che svolge un lavoro da "colletti bianchi", spesso nel campo dell'istruzione, dei media o in ambiti simili, e che è fisicamente e intellettualmente molto lontana dalla base tradizionale del partito. Con il passare del tempo e la progressiva deindustrializzazione dei Paesi occidentali, queste persone hanno iniziato a dominare. Erano meno preoccupati degli obiettivi tradizionali della sinistra - dopo tutto, negli anni Sessanta la società era diventata molto più equa, il potere era molto più diffuso e la povertà e la disoccupazione appartenevano al passato - e molto più preoccupati delle questioni etiche e dei problemi del mondo. Nella maggior parte dei Paesi si sono fatti strada con la guerra del Vietnam, dopodiché hanno iniziato a fare campagne su temi come l'ambiente, l'apartheid in Sudafrica e la povertà nel mondo: cause che, pur con tutte le loro virtù intrinseche, non erano le principali preoccupazioni della loro base elettorale. Inoltre, tendevano ad avere opinioni socialmente molto più liberali di quelle della base operaia naturalmente conservatrice del partito.
A sua volta, il potere nei partiti politici, rispetto all'apparato di governo, era spesso ancora detenuto dai tradizionali leader sindacali. Ciò è avvenuto soprattutto in Gran Bretagna, dove la conferenza annuale del Partito Laburista era dominata dai sindacati e la politica del partito era, almeno in teoria, dominata dal voto di blocco di milioni di iscritti esercitato dai leader sindacali. Questo ha prodotto un'enorme instabilità e divisioni all'interno del Partito Laburista: James Callaghan, l'ultimo Primo Ministro laburista prima di Blair, paragonò le riunioni settimanali del Comitato esecutivo nazionale del partito a un "calvario". I leader dei sindacati si resero impopolari, anche presso i loro stessi iscritti, con i loro interventi spesso maldestri in politica, e la loro cattiva immagine pubblica tendeva a minare il Partito Laburista e a oscurare gran parte del buon lavoro che i sindacati effettivamente svolgevano. I tentativi del governo di Harold Wilson negli anni Sessanta di porre le relazioni industriali su una base giuridica adeguata furono sconfitti dall'opposizione dei sindacati: la prima tappa del suicidio della sinistra britannica. Con il precipitoso declino del potere dei sindacati a partire dagli anni '80 e la scomparsa della base di massa del partito, la presa dei colletti bianchi su tutti gli aspetti del partito è necessariamente aumentata.
Lo stesso è accaduto nella maggior parte dei Paesi occidentali, soprattutto con il declino dei partiti comunisti, prima potenti e ben organizzati, dopo la Guerra Fredda. La natura naturalmente frammentaria dei partiti di sinistra, unita alle tensioni economiche degli anni Settanta, aveva già iniziato a spaccarli. L'esempio più catastrofico si ebbe, ancora una volta, in Gran Bretagna, dove gran parte dell'élite borghese del Partito Laburista, stanca dei sindacati e stufa delle frange trotzkiste e delle loro tattiche di ingresso, se ne andò in fretta e furia per fondare il Partito Socialdemocratico, che non fu mai in grado di ottenere una grande rappresentanza in Parlamento, ma riuscì a distruggere le possibilità del Partito Laburista di formare esso stesso un governo per tutti gli anni Ottanta e la maggior parte degli anni Novanta, finché alla fine si disintegrò a sua volta.
Mi soffermo un attimo su questo esempio, perché la vittoria dei conservatori alle elezioni del 1979 viene spesso considerata come l'inizio di uno spostamento a destra a livello mondiale e di un rifiuto del consenso economico del dopoguerra. Le politiche del governo conservatore della Thatcher, così come erano, furono rapidamente riprese altrove, con il sostegno entusiasta dei ricchi, di gran parte dei media occidentali e dei sistemi bancari e finanziari, in quanto promettevano ricchi guadagni dalla privatizzazione dei beni pubblici e dalla progressiva distruzione del settore pubblico. Ad esempio, quando François Mitterrand fu eletto primo Presidente socialista della Quinta Repubblica nel 1981, le sue politiche sensate e impeccabili di consenso postbellico si scontrarono con il muro di mattoni che si stava frettolosamente costruendo sulla base della vittoria della Thatcher e, più che altro, sul senso di disperazione e di sconfitta che si era rapidamente impadronito dei partiti di sinistra di tutto il mondo negli anni Ottanta.
Ma tutto questo non era necessario. Nel 1979, la Thatcher ottenne una vittoria casuale, essenzialmente grazie a un voto di protesta. Un lungo e rigido inverno, costellato da vertenze industriali e scioperi, e un governo incerto e con una maggioranza risicata si combinarono per produrre un'elezione imprevista e una risicata maggioranza conservatrice. Ma un'elezione nell'ottobre 1978, che James Callaghan era stato fortemente consigliato di tenere, avrebbe probabilmente portato a un Parlamento senza maggioranza complessiva, o con una maggioranza risicata per la Thatcher. La decisione di non indire le elezioni fu probabilmente il più grande errore della politica britannica del XX secolo. Tuttavia, la catastrofe economica provocata dalle politiche economiche dei conservatori avrebbe dovuto portare alla vittoria dei laburisti nel 1983, e lo avrebbe fatto, se non fosse stato per la scissione appena descritta, che in pratica equivaleva al taglio della gola da parte della sinistra britannica.
Quindi l'apparente trionfo della destra e l'apparente sconfitta della sinistra, in Gran Bretagna e altrove, è stata in gran parte contingente e persino in parte un'illusione ottica. L'opinione pubblica della maggior parte dei Paesi occidentali si è in realtà spostata a sinistra negli anni '80, se intendiamo il termine "sinistra" nel senso tradizionale qui utilizzato di ricerca di una più equa distribuzione del potere e della ricchezza. Sondaggio dopo sondaggio è emerso che, quando si chiedeva ai cittadini occidentali non quale partito sostenessero o quale etichetta gradissero, ma quali politiche favorissero, le politiche tradizionali della sinistra rimanevano popolari presso la maggioranza dell'elettorato.
È proprio a questo punto, però, che la sinistra tradizionale si è arresa ed è diventato sempre più difficile trovare partiti che sostenessero effettivamente una società migliore e più giusta. Alla fine, la sinistra non ha opposto una vera e propria resistenza, né tantomeno ha reagito. Coloro che hanno controllato sempre più la sinistra a partire dagli anni '80 hanno commesso due errori. Hanno scambiato un momento politico transitorio per un grande cambiamento strutturale nel pensiero dell'elettorato, si sono arresi completamente e si sono sdraiati nel fango davanti al rullo compressore aspettando rassegnati di essere schiacciati. (Qui, ovviamente, vediamo il tradizionale masochismo della sinistra e il suo amore per le sconfitte). All'epoca c'era un mercato considerevole in vari Paesi per i libri che sostenevano che la sinistra era finita, che non avrebbe mai più avuto il potere e che il meglio che poteva fare era emulare la destra, ma con un volto leggermente meno disumano. Questa generazione di sinistra era molto più influenzata dall'opinione dell'élite, dai media e dalle persone che conoscevano socialmente che non dal comune gregge di elettori, che continuava ostinatamente a sostenere le idee tradizionalmente associate alla sinistra. Ricordo una figura tipica dell'epoca che riteneva che la sinistra dovesse cambiare in questo modo: Martin Jacques, esponente del partito comunista e redattore di Marxism Today con un dottorato in economia, che per tutti gli anni Ottanta scrisse una serie di articoli autolesivi sulla fine della sinistra in Gran Bretagna, prima di cambiare idea dopo la vittoria laburista del 1997.
Il secondo errore fu di immaginazione. All'inizio del suo regno, la Thatcher era una figura talmente divisiva e per molti versi ridicola (era soprannominata "Attila la gallina" a Whitehall per i suoi scatti d'ira) che sembrava impossibile che potesse durare a lungo. E in effetti, se non fosse stato per una grande dose di fortuna e per l'assoluta incompetenza dell'opposizione, non ce l'avrebbe fatta. Quando i suoi nemici politici si sono resi conto che lei e la sua cricca facevano sul serio, la macchina era ormai sciolta e si stava scatenando nel Paese, distruggendo tutto e invadendo altri Paesi.
In sesto luogo, le idee della sinistra non sono la stessa cosa delle idee del liberalismo, e non lo sono mai state. In passato, questa distinzione non avrebbe sorpreso né la sinistra né i liberali, che spesso erano acerrimi nemici. La differenza fondamentale è che la sinistra si è sempre interessata al bene della società nel suo complesso, mentre il liberalismo si concentra sugli interessi del singolo. Il liberalismo è sorto prima dell'era della democrazia di massa - anzi, è antipatico ad essa - e l'argomentazione di alcuni liberali secondo cui la somma dei diritti individuali può sommarsi a un diritto collettivo è chiaramente errata. La maggior parte dei "diritti" sono in realtà rivendicazioni sul tempo e sul denaro di altre persone, e inevitabilmente coloro che hanno più successo nel far valere queste rivendicazioni saranno quelli che hanno il potere e il denaro. Filosofi come John Rawls, che hanno tentato di costruire società liberali ideali - ad esempio basandosi sulla sua ipotesi del velo di ignoranza - stanno in realtà scrivendo fantascienza, piuttosto che teoria politica.
Il liberalismo è nato, dopo tutto, come risposta della classe media al potere della monarchia in vari Paesi. Non è stato concepito come un movimento politico di massa e non ha mai avuto l'intenzione di svilupparsi. (Un movimento politico di massa di individualisti in competizione è comunque un concetto curioso). Era contro la concentrazione del potere in troppe poche mani e contro l'idea di un governo forte e capace, ma molto favorevole all'idea di ottenere più potere per sé. In effetti, possiamo definire la differenza tra le idee della sinistra e quelle del liberalismo in senso lato come la differenza tra democrazia e oligarchia. Montesquieu lo notò nel suo famoso inno alle virtù del sistema politico britannico. Il potere in Gran Bretagna, sosteneva, era condiviso tra le diverse parti dell'establishment, in modo che nessuna parte diventasse troppo potente, come era diventata la Corona in Francia. Ma è proprio nella differenza tra separazione dei poteri e diffusione del potere che si trova il contrasto tra questi due sistemi di pensiero.
Per fare una semplice analogia, consideriamo una società gestita dai liberali come una famiglia di classe medio-alta che discute su cosa fare della casa dei genitori, che comincia ad avere bisogno di manutenzione e potrebbe essere venduta. Un figlio, forse, è un politico, un altro un banchiere, un altro lavora nei media, un quarto è un avvocato, un quinto è un medico. Quindi potrebbero commissionare uno studio a un architetto o a un costruttore per aiutarli a decidere, ma non si sognerebbero mai di chiedere il parere del giardiniere o della donna delle pulizie. Pertanto, i principali partiti liberali della storia hanno sempre avuto un problema strutturale nell'attrarre un elettorato di massa. Non era ovvio perché la classe operaia dovesse votare per partiti che diffidavano dell'azione e della spesa del governo (tranne che per la polizia e i tribunali) e predicavano le virtù della libertà economica, che ovviamente avvantaggiava i più forti. (Come ha osservato il grande socialista britannico RH Tawney, "la libertà per il luccio è la morte per il pesce piccolo"). Inoltre, quando le due tendenze entrarono in collisione, i liberali, in quanto movimento fondamentalmente elitario, si schierarono con la destra. È il caso più noto della Francia del 1871, quando il governo repubblicano di Adolphe Thiers, appena insediato, inviò l'esercito a massacrare i comunardi che avevano preso il controllo di Parigi e tentato di instaurare una vera democrazia.
In una certa misura, questo conflitto fu celato da un grado di interesse comune con la sinistra che non è del tutto morto. Per esempio, i partiti liberali in Europa tendevano a opporsi a un ruolo politico della religione organizzata (anche se era pragmaticamente utile per tenere i poveri al loro posto), tendevano a essere favorevoli a un certo grado di istruzione, perché avevano bisogno di una forza lavoro istruita per le fabbriche e gli uffici, tendevano a essere contrari alle guerre e al militarismo, in quanto spreco di risorse pubbliche, e in generale erano felici di aumentare la percentuale di popolazione che poteva votare, almeno fino a un certo punto. Sostenevano una tassazione più elevata per i ricchi, perché non erano essi stessi molto ricchi. Col tempo si sono convertiti a un ruolo più ampio dello Stato (ad esempio in settori come la sanità e l'istruzione) perché hanno potuto constatare che ciò contribuiva a rendere i loro Paesi più competitivi dal punto di vista economico. Inoltre, data la vacuità ideologica del liberalismo stesso, i liberali tendevano spesso ad assumere la colorazione politica dell'epoca. Nel XIX secolo, in alcuni Paesi i liberali furono fortemente influenzati dalla religione evangelica, con il suo impegno per il benessere sociale, e in Francia adottarono le idee repubblicane, compresa l'uguaglianza. Per gran parte del XX secolo hanno seguito i concetti socialdemocratici prevalenti, tanto più che temevano le attrattive elettorali dei partiti comunisti. Inoltre, molti liberali appartenevano a quella comoda classe media che si considerava moralmente superiore ad altre parti della società, e molti frequentavano la chiesa o si impegnavano in attività benefiche. Nella mia giovinezza, essere un politico liberale era quasi un sinonimo di "simpatico", anche se in definitiva inefficace, e dalla stessa parte, in definitiva, dei partiti di sinistra. È solo nell'ultima generazione o giù di lì, quando tali accomodamenti non sembrano più necessari, che i guanti sono stati tolti.
Inoltre, i liberali avevano, e in gran parte conservano, il grande vantaggio politico della custodia della parola "libertà". Dopo tutto, chi non vorrebbe essere "libero"? Chi potrebbe ragionevolmente votare per un partito che promette di rendervi meno liberi? Ma come Tawney aveva notato, e come George Orwell sottolineava spesso, "libertà" è un concetto molto scivoloso. (È un utile esercizio retorico sostituire "incontrollato" o "non regolamentato" con "libero" in un discorso liberale e osservare i risultati). La sinistra, d'altra parte, ha sempre sottolineato che la "libertà" normativa o dichiarativa non ha alcun valore se non vengono messe in atto misure specifiche per garantire che la libertà teorica diventi effettiva e che non venga poi abusata dai ricchi e dai potenti. Perciò qualcosa come gli accordi di Schengen, parte della "libera circolazione dei popoli" tanto amata dall'UE, è una classica misura liberale. In teoria tutti sono liberi di viaggiare ovunque, anche se in pratica la maggior parte degli europei va all'estero meno di una volta all'anno, e solo per le vacanze. Molti non lasciano mai il proprio Paese di nascita. D'altra parte, Schengen facilita il trasferimento dei lavoratori, non da ultimo degli immigrati non qualificati, da un Paese all'altro verso il luogo in cui i datori di lavoro hanno bisogno di loro: non è tanto la libera circolazione dei popoli quanto la libertà di spostare i popoli. Ma nulla di tutto ciò è davvero sorprendente: come aveva acutamente osservato Anatole France qualche tempo prima, in una società liberale "la legge proibisce a ricchi e poveri di dormire sotto i ponti, di chiedere l'elemosina per strada e di rubare pagnotte".
Tuttavia, l'assenza di una vera e propria filosofia liberale che non sia la ricerca della gratificazione dell'ego produce un curioso paradosso: un'ideologia che si presume sia incentrata sulla libertà personale consiste, in pratica, in infinite regole e norme come modo per riempire il vuoto esistenziale. Al posto della religione organizzata - o delle opere di Marx, se preferite - abbiamo organismi di diritto contrattuale. Un esempio di ciò è stata l'effettiva criminalizzazione della vita quotidiana: la sostituzione dell'abitudine, della tradizione, delle buone maniere e del buon senso con norme infinitamente dettagliate e complesse per regolare il comportamento personale (si veda una qualsiasi università occidentale). La maggior parte delle varianti del pensiero di sinistra, invece, enfatizza la necessità e i vantaggi del fatto che le persone elaborino e applichino le proprie regole, come hanno fatto storicamente i sindacati e i circoli di lavoratori.
Un'ultima, ma sostanziale, differenza è che la sinistra ha generalmente ripreso e attuato la parte dell'"uguaglianza" della rubrica della Rivoluzione francese, che non significa tanto che le persone debbano essere uguali (un'effettiva impossibilità), ma piuttosto che devono essere trattate in modo uguale, e quindi che le regole, le leggi e i diritti devono essere universali. Il liberalismo, invece, cerca di universalizzare il proprio insieme di assunti in gran parte aprioristici sulla libertà personale incontrollata, non solo a livello nazionale ma ovunque abbia il potere di farlo, e di cercare di contenere il caos che ne deriva attraverso regole e leggi sempre più dettagliate e coercitive. In altre parole, il liberalismo è bloccato nella contraddizione senza speranza di promuovere la libertà teorica di ognuno di essere diverso, mentre in pratica costringe tutti a essere gli stessi attori economici robotizzati che massimizzano i valori, tutti con lo stesso insieme limitato di opinioni accettabili. A differenza della tradizione della sinistra, che vede i diritti come universali, il concetto liberale di "diritti", la cosa più vicina a una religione per il liberalismo, porta inevitabilmente al conflitto tra gruppi identitari autodefiniti che chiedono un trattamento speciale, di solito sulla base del fatto che non sono stati "uguali" in passato.
Riassumendo, e parlando della "sinistra" in generale, piuttosto che di gruppi, tendenze o ideologie specifiche, possiamo dire che la sinistra cerca una società in cui il potere e la ricchezza siano ampiamente distribuiti, e in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile alla gente comune, nell'interesse della società nel suo complesso, e non di qualche gruppo contraddistinto da ricchezza, posizione o identità. Queste idee non sono nate nel vuoto e sono state collegate a concetti di come sarebbe stata una società migliore (anche se non necessariamente ideale) e i movimenti politici sono stati fondati per contribuire alla realizzazione di tale società. Ma poiché la sinistra si occupava essenzialmente della direzione che la società avrebbe dovuto prendere, piuttosto che dei dettagli del percorso e della destinazione, ci furono molte discussioni su dove andare esattamente e sulle tattiche migliori per arrivarci, che ebbero l'effetto di indebolire la sinistra nel suo complesso. Inoltre, le tensioni interne si sono sviluppate man mano che i partiti della sinistra perdevano la loro base operaia e la loro leadership originaria, per essere sempre più controllati da professionisti con una formazione universitaria e altre priorità. Questo processo tendeva a oscurare le profonde e importanti differenze tra il pensiero di sinistra e il liberalismo, nonostante alcune coincidenze di interesse: un problema che esiste ancora più fortemente oggi.
Per questo motivo, oggi viviamo in una società che ha poco a che fare con le aspirazioni e i valori tradizionali della sinistra e, soprattutto, in cui nessuno dei principali partiti politici occidentali abbraccia veramente l'idea di una politica redistributiva, né di una società e di un'economia gestite a beneficio di tutti. Piuttosto, il governo è diventato più distante, meno capace ma più potente, e nuovi attori non eletti come l'Unione Europea e vari tribunali nazionali e internazionali si sono inseriti in ciò che rimane dei processi democratici. Sebbene la ricchezza non conferisca automaticamente potere, abbiamo comunque assistito a un aumento senza precedenti delle disparità di ricchezza nella maggior parte delle società occidentali. Inoltre, gran parte di questa ricchezza è concentrata nelle mani di attori commerciali che svolgono un lavoro che un tempo era svolto dallo Stato e quindi, in pratica, nessuno è effettivamente responsabile nei confronti dell'elettorato per la corretta fornitura della maggior parte dei servizi che rendono possibile la nostra vita. Il concetto di diritti universali è stato disaggregato in una serie di "diritti" asseriti per qualsiasi gruppo che si autodefinisca tale. (Non esistono "diritti degli omosessuali", per esempio: esiste il diritto universale degli omosessuali di essere trattati in modo uguale agli altri e quindi di non essere discriminati). Infine, "libertà" e "tolleranza" sono state reinterpretate per significare coercizione e intolleranza, nel caso in cui lobby politicamente potenti trovino qualcosa di cui lamentarsi.
Obiettivamente, nulla di quanto descritto corrisponde alle preoccupazioni e agli obiettivi tradizionali della sinistra: non si tratta di un giudizio di valore, poiché è evidente che molte persone e molti partiti politici sono di fatto soddisfatti di tutto ciò, e sosterrebbero che è giusto e necessario, ma semplicemente di un fatto pragmatico. Nella misura in cui esistono ancora partiti politici che sostengono l'idea tradizionale che le decisioni debbano essere prese il più vicino possibile al cittadino comune e il più possibile nell'interesse generale, essi si trovano per lo più in quella che viene definita la destra, se non l'estrema destra. Tuttavia, probabilmente non è una buona idea entusiasmarsi troppo per questo, o cercare di erigere teorie ambiziose sulla base di esso. Dopotutto, i partiti tradizionali della sinistra, ora gestiti da politici manageriali di comodo, di formazione universitaria e benpensanti, quasi del tutto separati dalle preoccupazioni del mondo reale ma fortemente influenzati dalla teoria, si comportano semplicemente come ci si aspetterebbe da loro, un po' come i gestori di fondi speculativi che hanno rilevato un'azienda di famiglia. In effetti, è utile pensare ai partiti tradizionali della sinistra come a famose aziende (forse la Disney?) rilevate e rovinate da estranei che ne traggono solo vantaggi. In effetti, la lunga lotta tra la sinistra e il liberalismo è stata ormai vinta, con il secondo che si è infiltrato nel primo come un parassita, mantenendo però alcuni dei punti di riferimento e dei discorsi esterni. Non ha senso, quindi, dire che "la sinistra controlla le università". Tutto ciò che si può forse dire è che lo fanno gruppi spesso identificati con partiti che un tempo erano di sinistra ma ora non lo sono più. Questi sono i partiti che ho sempre descritto come la Sinistra fittizia.
Temo molto che la vera sinistra possa rivelarsi una fase irripetibile nell'evoluzione delle società politiche. Si basava su ingiustizie chiare ed evidenti che dovevano essere affrontate, su obiettivi politici ed economici chiari ed evidenti che dovevano essere attaccati, su una base operaia di massa, su comunità organizzate intorno al posto di lavoro, su un discorso di solidarietà di classe e di giustizia economica, su sostenitori della classe media e su politici vicini alle preoccupazioni della gente comune. Tutto questo oggi non esiste.
Il che non significa che il liberismo senza palle di oggi abbia "vinto" in un senso importante. Anzi, la sua intrinseca incoerenza e la sua inevitabile guerra interna fanno sì che venga messo da parte dalla prima forza organizzata che lo affronterà. È abbastanza chiaro che questa forza sarà un tipo di populismo radicale, forse nozionalmente identificato con la destra, semplicemente perché la sinistra fittizia si rifiuterà di avere a che fare con essa. Ma coloro che rendono impossibile la vittoria della sinistra, renderanno inevitabile la vittoria della destra. Spero che saranno contenti del risultato.
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L’informazione è potere, ma la controinformazione è consenso parte 4
C’è vita fuori dallo stato, ma non si deve dire, non si può dire perchè si deve abbracciare il nuovo sistema sponsorizzato dai salvatori. Si deve anche votare! Si deve votare perchè ci vuole il consenso al sistema e ci sono persone che devono spingere gli altri al voto perchè tengono al loro giardinetto e se lo vogliono continuare ad avere devono svolgere bene il loro compito. Si infiltrano nei social e dappertutto, e con un linguaggio spesso aulico, si dichinarono sinceri, ammettono le loro appartenenze politiche o le loro collaborazioni, c’è chi addirittura ammette di essere un massone, perchè così, la massa penserà: “Almeno lui è sincero, lo dice, è più onesto di molti altri, tra il marcio e la muffa…” e così molte persone finiscono con l’essere ingannate.
Non si deve prendere consapevolezza del fatto che lo stato non è altro che un meccanismo di oppressione e tirannia, un vero e proprio apparato coercitivo. Questi sistemi alternativi che esistono da tempo immemore insegnano che i popoli non hanno bisogno dello stato per vivere e fanno paura. Ma non si deve sapere. Se si prova a fare questi discorsi si viene stroncati sul nascere, si viene tacciati di pessimismo perchè chi sta dall’altra parte o non ha argomenti oppure preferisce, come detto prima la pappa pronta. Perchè svegliarsi sul serio e capire certi meccanismi e metterli in pratica quando hai il ciarlatano di turno che ti vende i BRICS, le CBDC o il QFS giocando sul fatto che i suoi adepti non sanno cosa rappresentino davvero queste cose? (Se qualcuno ha piacere, può leggere l’articolo dedicato al QFS qui sul blog intitolato “La disinformazione attorno al presunto sgancio dal dollaro e il Quantum Financial System – la nuova arma di controllo globale). E non si deve sapere che il 15 aprile del 2023 è stata coniata la Single Global Currency, la moneta unica universale, che si legherà in futuro proprio al QFS (Ne abbiamo parlato in diversi articoli del blog, ivi compreso quello sui BRICS). Riproponiamo il link ad una trasmissione americana postata su YouTube dove se ne parla, attivate i sottotitoli e scoprirete che la maggioranza della popolazione mondiale non è a conoscenza di tutto ciò, ossia un passo decisivo nell’implementazione dell’Agenda Mondialista (non globalista).
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Che cosa sono il “privilegio delle maggioranze” e “la dittatura delle minoranze”? Dal Tgcom24.
Che cosa sono il “privilegio delle maggioranze” e “la dittatura delle minoranze”? Dal Tgcom24.
Ho risposto ad alcune domande di Valentina Vergani Gavoni, giornalista to-be, per Tgcom24, sui concetti di “Privilegio delle maggioranze” e “Dittatura delle minoranze“, sulle dinamiche e conflitti che si creano all’interno di questi gruppi e sul perchè si creano, nonchè sulle conseguenze inevitabili nella nostra società. Argomenti di un certo spessore e rilevanza, a cui è necessario dare…
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La democrazia, mio caro, la democrazia, cioè il governo della maggioranza. Perchè, quando il potere è in mano d’uno solo, quest’uno sa d’esser uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar sè stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà.
L. Pirandello
In foto Il mercato romano degli schiavi
Jean-Léon Gérôme, 1884
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(..) Sull’autobus che mi porta alla metro salgono tanti ragazzi, tutti senza mascherina. Come me, del resto. In Svezia nessuno porta la mascherina a meno che non voglia, perché magari si sente più sicuro. Nessuno glielo impedisce, ma nessuno impedisce a me di non portarla, anche al chiuso. E io non la porto mai. È uno dei motivi per cui mi sono preso una pausa dal delirio italiano folle e insensato. In tv lo dicono chiaramente; lo spiegano coi loro medici (...): la mascherina non serve a nulla (...) perché bisognerebbe cambiarla almeno 4 o 5 volte al giorno. Serve di più la distanza di sicurezza per difendersi dal possibile contatto col Covid-19. (...) Il governo di Stoccolma, al contrario di quello italiano che minaccia di chiuderci in casa, invita la gente a uscire per stare in contatto con la natura, fare passeggiate, corse, andare in bici. In città tutto è aperto; nessuno si sognerebbe mai di fare il lockdown nazionale; prima di tutto è incostituzionale e poi (...) è più dannoso a livello psicologico del virus. C’è un’altra cosa, fondamentale e che differenzia un Paese civile come la Svezia da un postaccio da quarto mondo come l’Italia e il suo attuale governo di fuorilegge. Lì, ogni passaggio viene fatto attraverso il Parlamento. (...) Nessuno lì a Natale o a Capodanno si è sognato di entrare nelle case delle persone. Hanno raccomandato, certo, un numero limitato di ospiti per casa. Ma nessuno ha imposto divieti. (...) Noi abbiamo passato il giorno di Natale all’aria aperta (tipo a 0 gradi), sotto una nevicata furiosa, a mangiare Corv (il tipico salsicciotto svedese), perché due coppie di genitori anziani non se la sentiva di passarlo in casa con noi (eravamo almeno una ventina fra 50/40enni e 20enni). (...) Negozi, bar, ristoranti, tutto aperto. L’alcol era vietato dopo le 20 (lì hanno lo spettro dei ragazzi che si ubriacano di brutto). (...). Fatto sta che i mass media, italiani in particolare, che hanno tenuto in piedi questo governo di falliti – che ha fallito su tutta la linea nella gestione del virus e che si è rivelato tirannico a livelli indecenti – hanno tentato in tutti i modi di far sembrare la gestione svedese del virus irresponsabile e incosciente; le masse, indottrinate dagli show di Casalino, ci hanno creduto. Ma ci hanno creduto perché, come si dice a Roma, in fondo in fondo rosicano perché lì si fa ancora una vita quasi normale. Mentre noi siamo agli arresti domiciliari per via di un manipolo di virologi incapaci, di un CTS fatto dalla maggioranza di scienziati col numero di pubblicazioni più basse del mondo (...). Una ultima annotazione. La Svezia ha gestito male le sue case di cura, dove c’è stato il maggior numero di morti fra gli anziani e lo hanno riconosciuto. Ed è su quello, non su altro, che a Stoccolma si è avuto un dibattito intenso. Ma all’interno della fascia di popolazione più a rischio il virus è circolato come negli altri Paesi, con la stessa incidenza, grado di letalità e diffusione. Il che dimostra, inequivocabilmente, che i lockdown non funzionano, che le mascherine non funzionano, ma generano “un falso senso di protezione” (come ricordato dall’OMS in tempi non sospetti). E che i danni psicologici delle chiusure sono molto più gravi di quelli del virus. E poi ricordiamolo sempre. L’Italia, con tutte le sue chiusure e con tutta la sua tirannia sanitaria, ha in proporzione il peggior numero di morti di tutta l’Europa. Il governo Conte/Casalino/Pd ha fallito. E in qualsiasi Paese civile dovrebbe andare a casa.
https://www.atlanticoquotidiano.it/rubriche/vi-racconto-la-svezia-alle-prese-con-il-covid-non-quella-mistificata-dei-media-mainstream/
Confermo ogni singola parola.
Là (1) sono in meno e con una forte identità, quindi la democrazia è resiliente alla boccaloncrazia, e (2) sono attentissimi alle conseguenze psicologiche (suicidi) prima che economiche; queste due cose li han salvati.
E si, hanno “esperti” meno cialtroni dei nostri, ma è una conseguenza non un motivo: il problema non è il Covid ma come lo gestisci politicamente. Nel senso di METODO che applichi cioè di strategia, non di tattichette inconsistenti corri-corri e poi cambia come i colori delle regioni.
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La lezione di Hannah
Giorno n°16 del confinamento
Il mondo di oggi è assolutamente irriconoscibile se comparato a quello che conoscevamo e vivevamo solo poche settimane fa. In meno di un mese e dopo pochi decreti abbiamo accettato di sottometterci all'autorità del potere e abbiamo rinunciato alla più elementari libertà di cui abbiamo sempre goduto.
Abbiamo imparato più in fretta di quanto potessimo immaginare a rinunciare alla nostra libertà di movimento. Blindati in casa come reclusi, usciamo di casa solo se muniti di un giustificativo valido per le autorità, ma pieni di sensi di colpa, rientriamo subito dopo aver fatto il pieno di pasta e carta igienica.
Abbiamo rinunciato alla libertà di esprimere un’opinione contraria, non dico critica, ma almeno diversa rispetto a quella diffusa della narrazione dominante. Rinchiusi in casa trascorriamo giornate intere, identiche a se stesse, davanti a schermi che, con la pretesa di tenerci informati, ci terrorizzano e ci angosciano con un flusso incessante e mastodontico di informazioni ingestibili per chiunque.
Abbiamo rinunciato alla nostra libertà di associazione e alla possibilità di ritrovarci ed esprimere la nostra socialità attraverso insalubri ma necessarie interazioni umane a base di alcool e sigarette. Neanche il lavoro ci salva. Immobili davanti a quegli stessi schermi luminosi cerchiamo inutilmente di lavorare, distratti senza sosta dalle notifiche di almeno tre social network attivi contemporaneamente, poi cerchiamo di mantenere una parvenza di socialità con i nostri amici e i parenti, vicini eppure lontanissimi. Infine, mettiamo in scena tristi aperitivi davanti ai PC o inquietanti flashmob sui balconi, prima di ordinare le nostre cene online su UberEat e alcolizzarci mestamente su divani ormai informi.
Abbiamo saputo mettere da parte tutti i nostri valori e il nostro modo di vivere a tempo indeterminato senza opporre nessuna vera resistenza, senza opporci, senza obiettare. Premier, Ministri, sindaci ci hanno imposto di stare a casa, sportivi, attori e cantanti ci hanno ricordato quanto è importante rinchiuderci nella nostra intimità domestica per impedire la propagazione di un virus letale e noi abbiamo obbedito, La stragrande maggioranza degli italiani sta continuando a rispettare le restrizioni, da un articolo de Il Post.
Docili e mansueti siamo diventati massa amorfa nei confronti delle inevitabili circostanze che un virus ha imposto alla nostra vita quotidiana. Siamo diventati una massa sfiduciata nei confronti del sistema politico dei suoi partiti tradizionali. Ma ci siamo scoperti obbedienti alle indicazioni del potere politico, scevri ad ogni spirito critico e atomizzati nelle nostre prigioni domestiche. Abbiamo accettato placidamente decisioni che precludono le nostre libertà vitali. Il totalitarismo necessita di masse senza la scintilla dell'individualità, ci ricorda Hannah Arendt nel suo Le origini del totalitarismo, pubblicato nel 1948.
Allora mi domando Che aspetto avrebbe un regime totalitario oggi ? Sapremmo riconoscerlo se dovesse prendere piede nelle nostre vite quotidiane?
Timothy D. Snyder è uno storico americano, insegna all’università di Yale, ed è specialista della tragica storia dell’Europa centrale e dell’est et dell’Olocausto. Nel 2017, subito dopo l’elezione di Donald Trump, ha pubblicato un illuminate pamphlet di 128 pagine intitolato On tyranny, Sulla tirannia. Il testo è stato concepito per essere una sorta di prontuario di resistenza umana e culturale destinato ai cittadini delle cosiddette democrazie evolute dell’Occidente, intorpidite da un decennio di crisi economica e sedotte dai populismi emergevano nel panorama politico mondiale. Venti capitoli, venti lezioni di storia provenienti direttamente dalla storia del secolo più violento e feroce che l’umanità abbia mai conosciuto, il Ventesimo. Credo di utile ricordarci quanto sia facile scivolare verso qualcosa che non è la libertà, ma è qualcosa di diverso
Non obbedire in anticipo alle pretese del potere.
Difendi tutte le istituzioni.
Opponiti al monopartitismo.
Prenditi la responsabilità dell’aspetto che ha il mondo (“Se noti svastiche e altri simboli di odio cancellali”).
Ricorda l’importanza dell’etica professionale.
Tieni d’occhio i paramilitari.
Usa la testa se per lavoro vai in giro armato.
Non aver paura di distinguerti (“Può sembrare strano dire o fare qualcosa di diverso” dalla massa, “ma senza quel disagio non c’è libertà”).
Tratta bene la tua lingua (“Evita le frasi che usano tutti. Fa’ uno sforzo per staccarti da internet. Leggi i libri”).
Credi nella verità (“Se niente è vero, allora nessuno può criticare il potere, perché non c’è una base su cui farlo”).
Indaga (“Dedica più tempo agli articoli lunghi e di approfondimento. Abbonati ai giornali di carta”).
Guarda le persone negli occhi e parlagli.
Fa’ politica con il corpo (“Esci di casa. Porta il tuo corpo in luoghi sconosciuti e tra gente sconosciuta”).
Difendi la tua vita privata.
Sostieni economicamente le cause giuste.
Impara dalle persone che vivono in altri paesi.
Fa’ attenzione alle parole pericolose, “come estremismo e terrorismo, emergenza ed eccezione”.
Mantieni la calma quando succede l’impensabile.
Cerca di essere patriottico, “che non vuol dire essere nazionalista”.
Cerca di essere il più coraggioso possibile.
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Prendesse fuoco tutto.
Le nuvole che si incastrano le une con le altre, i carrelli cigolanti, le porte a scorrimento che fanno entrare e sputano persone, come un utero automatizzato immolato alla sacralità dei consumi. Ragazzi padre, la media borghesia sempre più ideologicamente misera, la sinistra politicamente corretta ed edulcorata da qualsiasi pulsione aggressiva. E io, a pensarci, non sono tanto meglio. Mentre mi aggiro per via Gramsci con fare spettrale, il passo è quello degli invisibili che di notte si coprono con i giornali sui cui titoli è esaltata l’Europa, l’erasmus generation e la sicurezza che la stessa pretende sotto casa, mi fermo a guardare il nero che fuori dalla coop aiuta una signora a caricare la spesa. Guardo gli occhi del nero, un ragazzo con troppi muscoli addosso perché si possa ancora avere pietà di lui, nonostante la stanchezza con cui muove le braccia definite suggerisca che non mangi abbastanza, probabilmente mangia meno lui in un anno che qualche americano in un mese, sorride alla signora che di risposta lo guarda di traverso, seguendo ogni singolo movimento del ragazzo, come per sventare il rischio che le prenda una bottiglia d’acqua dalle tre casse che ha comprato in offerta, e tenta di coprirsi dei tremendi orecchini in corallo anni ‘50 e un crocifisso pacchiano che le pende dal collo. Per la ventesima volta il nero ha scaricato della spesa senza prendersi una moneta più pesante dei dieci centesimi, ma sorride sempre, con la dentatura bianca che si mostra in tutta la sua invidiabile, naturale perfezione. E io, figlio della propaganda liberale, dell’educazione borghese che ammira sconcertata le barricate, che si indigna, non provo in realtà rabbia, ma solo rassegnazione e tristezza. Perché una cosa devo purtroppo riconoscerla, che la società dei consumi ha avuto questa maledetta capacità, avvicinare sempre di più, fino a fonderle, le classi sociali, e ne è uscito un pandemonio, un turbine nero generatore di caos: la borghesia si arrabbia per non annoiarsi, le classi popolari si indignano contro il vicino di casa che vive medesima condizione di disgrazia, il mercato dei lavoratori prezzati come agnelli (e allo stesso modo destinati al macello), la precocità delle ragazzine, il dogmatismo liberale, l’omogenizzazione delle esigenze percepite… La lotta è ormai solo un passatempo, che il politico di turno condanna senza timore di una condanna da parte delle forze antisistema, della minoranza, la maggioranza che è silenziosa da almeno venti anni e la gente muore soffrendo, o peggio, soffrendo vive. La rabbia, l’ardente brama distruttiva che pervase Achille costringendolo a violare la sua parola, la distruzione necessaria per la palingenesi con cui si conclude Amleto, è stata bandita con decreto. Ogni esigenza distruttiva ricondotta a più soddisfacibili velleità. La rabbia o si sfoga, con danni per sé e per altri, o ti consuma. La rassegnazione e la tristezza operano un logoramento più lento, attutito anche dai passeri che girellano sopra un melograno, dalla vittoria di un bambino sul cancro che i telegiornali esaltano in tv, da un bacio conquistato contro ogni previsione. Non fate casino, fate quello che vi pare, ma non fate casino, nemmeno se siete convinti di lottare per qualcosa di giusto. Questa è la libertà di oggi, che ha relegato il dominio della lotta, per i pochi disgraziati che non riescono a estinguere questo fuoco interiore, a lotta contro sé stessi, ad abnegazione lavorativa, alla famiglia come traguardo ineluttabile di una vita. Però la tristezza è inevitabile, se non altro perché abbiamo dimenticato la lezione della cultura classica, di questo feticcio di cui ormai si sono appropriate le classi dirigenti, gli imprenditori-precari e i neofascisti: “Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis cum procul obscuros collis humilemque videmus Italiam. Italiam primus conclamat Achates, Italiam laeto socii clamore salutant.” (Ed ormai l'Aurora, fugate le stelle, rosseggiava, quando lontano vediamo colli oscuri e bassa l'Italia. Italia per primo grida Acate, l'Italia salutano i compagni con lieto clamore). Aveva ragione Moravia al funerale di Pasolini: dopo di lui non c’abbiamo capito più un cazzo, si è spento l’impegno civile, la poesia è ridotta a na roba per scopà, tutto è dato e impacchettato e non si fatica più, a livello intellettuale dico. Perché chi a fine giornata ha le braccia lacere e le mani gonfie dalla fatica c’è, come il nero del carrello, che ora è solo e si appoggia al muro per provare a rubare, stavolta si, un po’ del caldo che il cemento può aver trattenuto in questo pomeriggio di nuvole. Dove cena il nero? Cena con altri quattro italiani che in silenzio, come me quando entro a casa di notte dopo aver fatto il coglione in giro, sono scivolati sotto la soglia della povertà assoluta, cenano con una ragazzotta polacca che alterna prostituzione e frugate tra i rifiuti dei negozi. Ma queste cose non le puoi dire perché dipingi un quadro tragico. Ma un’analisi complessa non la puoi fare che subito diventa benaltrismo, buonismo e altri mille paroloni bellissimi che sicuramente alimenteranno il welfare per gli anni a venire. “Ciò che implica tristezza, esprime un tiranno”. Altri figli della cultura occidentale, altre meteore che attraversano lo spazio sopra di noi, viste da pochi, udite praticamente da nessuno. La tristezza non è il male delle generazioni venture per caso, perché hanno scoperto i videogiochi, il porno, il food-delivery e altre mille attrattive episodiche, questi sono solo alcuni dei sintomi di un male che imperversa incontrastato e si innerva sui nostri animi intimiditi e fragili: la tirannia dei consumi. Cioè ci pensate? Consumare. Che significa distruggere, rendere inutilizzabile, per poi rimpiazzare subito l’oggetto della nostra perversione. Siamo bambini con i canini aguzzi ma nutriti attraverso degli imbuti, come oche per il foie gras, con le manine piene di gingilli usa e getta, senza ricevere uno schiaffo per ogni rifiuto che ci lasciamo alle spalle. La società che ha educato a fregarsene dell’impatto, il dogma della deresponsabilizzazione innalzato sull’altare del relativismo: lo psicologo che ti rassicura che alla fine è normale, va tutto bene, la pacca sulla spalla che ti dice non è colpa tua quanto invece dovresti piangere e graffiarti le braccia. Il male del nostro tempo è che nessuno razionalmente dovrebbe accettare questa condizione e invece sta bene un po’ a tutti, perché garantisce la tranquillità, la fedina penale pulita, il parco sotto casa sempre in silenzio e gli universitari che fanno tre lavori ma alla fine si laureano tutti. La ninna nanna con cui nasciamo ha le note ferree del giustizialismo da linciaggio e manca dei toni della compassione. Della compassione, che significa [attenti tutti!] soffrire insieme, capito? Soffrì! Dovete sta’ male per compatire che sennò ve sta solo a fa schifo quello che vedete o al massimo vi dà acidità di stomaco. Il nero del carrello è senza tiranni però e sorride. Morirà prima di me. Beato lui.
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I 70 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Apartheid: la tirannia del razzismo fatta legge. Squatter a Winterveld, a nord di Pretoria. Nel Sudafrica dominato dai bianchi, alla gente nera sono negati i diritti umani e politici basilari. Nel 1982 quasi uno milione di loro è stato costretto a emigrare nello Swaziland senza nessuna altra opzione. Questa è la tirannia dell'apartheid, del razzismo reso legge, di un sistema sotto il quale una piccola minoranza bianca detiene tutto il potere economico e politico e stabilisce come e dove la grande maggioranza nera deve vivere, lavorare e morire. È questo sistema di discriminazione razziale istituzionalizzata che sfida i principi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ad aver messo il Sudafrica in rotta di collisione con il resto del mondo. Molti neri sudafricani, in cerca di lavoro e che non hanno trovato case nelle townships, o che non vogliono vivere separati dalle loro famiglie, sono diventate abusivi e vivono sotto la costante minaccia di essere sgomberati con la forza
1985 - Johannesburg, Sud Africa
- Foto n. 61578
Fotografia di © courtesy UN Photo/Marc Vanappelghem
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LA LIBERTA’ DI OPINIONE CONTRO L'OBBLIGO DI FEDELTÀ!
Sono sempre più frequenti i provvedimenti disciplinari da parte delle aziende contro lavoratori/trici e delegati sindacali che esprimono opinioni pubbliche dentro e fuori i luoghi di lavoro che concernono le condizioni lavorative, le vertenze le ristrutturazioni o sui problemi di sicurezza e appalti.
Diventano più frequenti anche le sentenze con cui la magistratura conferma la legittimità del cosiddetto “obbligo di fedeltà” nei confronti dell'azienda.
L’articolo del codice civile che ne parla è il 2105. Il titolo di questo articolo è infatti proprio “Obbligo di fedeltà”. Il testo dell’articolo però elenca precisamente i casi in cui varrebbe questo obbligo. Infatti, esso così recita: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, né divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio”.
Questo articolo, tante volte richiamato per giustificare licenziamenti individuali di lavoratori, non impone un generico dovere di fedeltà verso il datore di lavoro, ma si limita a stabilire per i lavoratori e le lavoratrici il divieto di concorrenza ed il divieto di divulgazione delle notizie riguardo l’organizzazione dell’impresa. Ossia vieta comportamenti che possono pregiudicare la competitività dell’azienda sul mercato a vantaggio del lavoratore stesso o di una specifica impresa concorrente. Non c’è traccia di limitazione della libertà di opinione né tanto meno di quella sindacale (garantite tra l'altro dalla Costituzione). E' evidente quindi come la stragrande maggioranza dei licenziamenti che si appellano al presunto "obbligo di fedeltà" siano licenziamenti politici e atti di intimidazione contro chi intendesse mobilitarsi attivamente contro lo strapotere aziendale.
DA PARTE DELLA CASSAZIONE VI E’ STATA QUINDI UNA INGIUSTA E IMMOTIVATA INTERPRETAZIONE ESTENSIVA DI QUESTA NORMA CHE AUSPICHIAMO SIA AL PIU’ PRESTO SOTTOPOSTA AL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE.
Il metodo del defunto Marchionne, santificato solo poche settimane fa, non ha lasciato solo schemi organizzativi di produzione che “portano a valore” anche i tempi perduti per i bisogni fisiologici, ma la totale supremazia degli interessi del profitto, perfino sul pensiero di chi lavora.
L’OBBIETTIVO SEMBRA ESSERE QUELLO DI STERILIZZARE ANCHE LE CAPACITA’ DI RIFLESSIONE, DI ELABORAZIONE CRITICA DEI MODELLI PRODUTTIVI E FINANCHE LA POSSIBILITA’ DI DISCUSSIONE TRA I LAVORATORI.
L’idea che si esca dalla “crisi”, dando mano libera agli interessi di impresa, è il presupposto per cui tutto deve contribuire agli utili. Tutto, compreso il “welfare”, deve portare profitto alla stessa.
La motivazione che viene anche usata come giusta causa nei provvedimenti disciplinari, è che niente deve disturbare la creazione del profitto, nulla deve nuocere.
Denunciare l’organizzazione del lavoro di una azienda che si ingegna ogni giorno per strappare quote sempre più marginali di profitto tanto da compromettere la salute dei dipendenti è quindi ...lesiva!
Criticare a torto o a ragione le condizioni in cui versano i lavoratori è “denigratorio e lesivo dell’immagine aziendale”, mentre risulta sempre più accettabile che si possa sottopagare un lavoro, non applicare i contratti, appaltare e sub appaltare, non rispettare le leggi su sicurezza igiene negli ambienti di lavoro ecc... Il fine ultimo non è il benessere dei cittadini (come hanno tentato di farci credere per anni con la formuletta profitto=sviluppo=benessere) bensì prima gli utili…altro che prima gli italiani!
Perciò, in questo schema autoritario, un dipendente, in quanto tale non può esprimere la sua opinione se non VUOLE incappare sempre più spesso nella repressione padronale, volta non solo a tacitare la voce stonata CON ATTI SANZIONATORI ma ‘PIEGARE’ E SOTTOMETTERE ANCHE SOTTO IL PROFILO PSICOLOGICO QUALSIASI ESPRESSIONE, PENSIERO O COMPORTAMENTO RITENUTO OSTILE ALLE ASPETTATIVE AZIENDALI.
È PARADOSSALE CHE IN TEMA DI LIBERTA’ FONDAMENTALI, QUALI QUELLO DI PENSIERO E DI PAROLA, IL CITTADINO ‘DIPENDENTE’ SIA SOTTOPOSTO A UN REGIME RIDOTTO – BEN OLTRE IL CONTENUTO DELL’ARTICOLO 2105 – RISPETTO AI DIRITTI RICONOSCIUTI ALLA GENERALITA’ DEI CITTADINI.
Viceversa anche quando il tema sono i morti sul lavoro: si può far esprimere liberamente nelle interviste dei TG nazionali un padrone, o un caporale, i quali ci spiegano perché “siano costretti” ad avvalersi di lavoro nero, sottopagato e senza alcuna tutela immediata e posticipata, in quanto altrimenti non avrebbero abbastanza margine per essi stessi, se a parlare e denunciare è il lavoratore allora è leso l'obbligo di fedeltà.
Questa è la sintesi di una dicotomia che si espande in ogni ambito nella società con il principio “prima di tutto i profitti”. Chi come noi invece denuncia da tempo la sottovalutazione delle conseguenze di tale principio, non si RASSEGNA ALLA strage perpetua DEI 13.000 morti sul lavoro in 10 anni, ai disastri ferroviari, ai ponti che cadono, ai tetti delle scuole o delle chiese che crollano MA VUOLE INCIDERE SULLA REALTA’ ANCHE CON LA VOCE CHE ARRIVA DIRETTAMENTE DAI LUOGHI DI LAVORO perché SIAMO PIENAMENTE CONSAPEVOLI E viviamo tutti i giorni questa politica in cui non si investe sulla sicurezza, sul benessere, sulla salute delle persone SE NON dove si possa attendere una remunerazione e UN PROFITTO.
Questa non è una qualsivoglia società civile, ma barbarie!
Per chi come noi ha saggiato la rancorosa reazione padronale per essere riottosi all’obbligo di fedeltà verso i datori di lavoro, ma molto più propensi alla fedeltà verso i nostri colleghi, ai mandati di salvaguardia di diritti, salario, salute e sicurezza che essi ci consegnano in qualità di delegati o attivisti sindacali, è naturale aderire alla campagna contro i licenziamenti di opinione a partire dai 5 operai di Pomigliano che sono solo la punta di iceberg ben più profondo e pericoloso, innanzitutto per la democrazia in questo paese.
La democrazia nei luoghi di lavoro è fondamento per uno stato di diritto e che si voglia in qualsiasi accezione democratico, la libertà di parola in ogni forma è precondizione necessaria in uno stato di diritto, tutto il resto è tirannia da combattere.
Non a caso il ripristino di garanzie nell’occupazione cozza con i piani di precarietà e supremazia del profitto di chi ci vuole fedeli solo al nostro sfruttamento più sfrenato.
Mentre anche negli ordinamenti militari si riconosce la possibilità di non obbedire ad un ordine ritenuto sbagliato, un datore di lavoro vorrebbe la totale accondiscendenza dei suoi dipendenti sull’altare del profitto.
Crediamo che uniti possiamo opporci e invertire questa tendenza alla barbarie e a partire dai luoghi di lavoro ricostruire una società degna di essere vissuta. Fatta di solidarietà, attenzione al più debole, possibilità di un futuro. Contrapposta alla giungla di sopraffazione odio e guerra al più povero.
A partire da noi auspichiamo alla creazione di una rete di supporto, solidarietà e cooperazione per difendere la libertà di opinione contro l’obbligo di fedeltà.
Ottobre 2018
Augustin Breda - operaio Electrolux RSU licenziato e reintegrato
Riccardo De Angelis – RSU TIM spa
Dante De Angelis - Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Ferrovie
Gian Paolo Adrian – Rsu operaio Fincantieri
++++++
Augustin Breda: operaio RSU licenziato dall’Electrolux nel giugno 2017 per la sua attività sindacale utilizzando un pretesto da parte dell’azienda che ha anche assoldato un detective privato per seguirlo e cercare appigli al licenziamento per uso “scorretto” dei permessi. Appigli inesistenti tanto è che dopo una battaglia legale e sindacale è stato riammesso in fabbrica dal Tribunale di Pordenone, e alle elezioni dei nuovi delegati RSU ha stravinto con 140 preferenze.
Riccardo De Angelis: RSU per cui la Tim aveva chiesto il licenziamento per presunte dichiarazioni “lesive” dell’azienda durante una audizione parlamentare per colpire la vertenza aziendale condotta dal CLAT (comitato lavoratori autoconvocati telecomunicazioni) che andava avanti da 8 mesi: grazie ad una campagna portata avanti insieme da tanti lavoratrici e lavoratori, anche di altre vertenze, l’azienda è stata costretta a retrocedere mantenendo però una sospensione disciplinare.
Dante De Angelis: RLS macchinista in forza al deposito locomotive di Roma S. Lorenzo due volte licenziato per aver esercitato il diritto di critica come rappresentante della sicurezza sul lavoro e due volte reintegrato a seguito di mobilitazioni e campagne pubbliche di solidarietà visto il suo impegno contro possibili disastri ferroviari.
Gian Paolo Adrian: RSU di Fincantieri di Monfalcone licenziato “per motivi disciplinari” contestandogli un uso “scorretto” dei permessi.
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“ «Chi sono i Padri Ignoti e che cosa vogliono?» attaccò Maksim. Ci fu un brusio generale, evidentemente non se l'aspettavano. «I Padri Ignoti» rispose il Dottore «sono un gruppo anonimo di abilissimi intriganti, quel che resta del partito dei golpisti dopo una lotta ventennale per il potere che ha visto sfidarsi militari, politici e finanzieri. Hanno due scopi, uno principale, l'altro fondamentale. Quello principale è mantenere il potere. Quello fondamentale è trarre dal potere la massima soddisfazione. Tra di loro ci sono anche persone non cattive a cui piace credersi benefattori del popolo, ma la maggioranza è composta da arraffoni, sibariti, sadici, tutti egualmente avidi di potere... Le basta?». «No» disse Maksim. «Lei mi ha spiegato semplicemente che si tratta di tiranni. Questo lo sospettavo anch'io... Ma il loro programma economico? La loro ideologia? La base su cui poggiano?». Tutti tornarono a scambiarsi un'occhiata. Tagliaboschi fissava Maksim a bocca aperta. «Il programma economico...» rispose il Dottore. «Lei pretende troppo da noi. Noi siamo più per la pratica che per la teoria... Ma quello su cui poggiano glielo posso dire. Sulle baionette. Sull'ignoranza. Sulla stanchezza del Paese. Una società più giusta non la costruiranno, non ci pensano nemmeno... E non hanno alcun programma economico, non hanno niente, a parte le baionette, e non vogliono nulla, eccetto il potere... Per noi conta soltanto che ci vogliano annientare. In realtà, lottiamo per la nostra vita...». E si mise a caricare la pipa, irritato. «Non volevo offendere nessuno» disse Maksim. «Volevo semplicemente capire. La tirannia, l'avidità di potere... di per sé significano poco». Avrebbe illustrato volentieri al Dottore i fondamenti della teoria della consequenzialità storica, ma non gli bastavano le parole. “
Arkadij e Boris Strugackij, L'isola abitata, con una postfazione di Boris Strugackij, traduzione e saggio critico di Valentina Parisi, Carbonio editore (collana Cielo stellato n° 42), 2021¹; pp. 140-141.
[1ª Edizione originale: Обитаемый остров, versione censurata sulla rivista letteraria sovietica Neva nel 1969, numeri 3, 4 e 5]
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Democrazia Impossibile
Democrazia Impossibile, corruzione e mercato. Democrazia impossibile e attuali parlamenti. La democrazia parlamentare attuale è una bagarre chiassosa di politici al potere, spesso neppure votati democraticamente, dove vince chi risponde al motto “chi grida di più vince la mucca!”. Lottano metallurgici e magistrati, ferrovieri e professori universitari, tranvieri e ufficiali di marina, e, perfino i pensionati dello Stato, perfino gli scolaretti delle scuole secondarie contro lo sfruttamento che eserciterebbero sopra di essi i loro maestri. Lo Stato è concepito come una lotteria, alla quale tutti giocano e nella quale si può vincere studiando un libro meno mistico di quello della Cabala, facendo chiasso sui giornali, agitandosi, minacciando e premendo su deputati e ministri. Benedetto Croce Ma la causa vera di tutti i nostri mali, di questa tristezza nostra, sai qual è? La democrazia, mio caro, cioè il governo della maggioranza. Perchè, quando il potere è in mano d'uno solo, quest'uno sa d'essere uno e di dover contentare molti; ma quando i molti governano, pensano soltanto a contentar sé stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà! Ma sicuramente! Oh perchè credi che soffra io? Io soffro appunto per questa tirannia mascherata da libertà... torniamo a casa! Fu Mattia Pascal di L. Pirandello La democrazia è il governo del popolo, il lavoro del popolo, la beffa del popolo, la miseria del popolo. La democrazia è tutto, è soprattutto burocrazia e demagogia. E' una grande industria economico finanziaria i cui principali azionisti sono però i potenti oligarchi del mondo. Carl William Brown La manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini e delle opinioni organizzate delle masse è un elemento importante nella società democratica. Coloro che manipolano questo meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è il vero potere dominante del nostro paese. Siamo governati, le nostre menti sono plasmate, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, in gran parte da uomini di cui non abbiamo mai sentito parlare. Edward Bernays Poiché in una democrazia è il popolo che decide, i potenti uomini dell'industria e dell'economia si mobilitano per istruire la società affinché scelga e decida in modo assolutamente autolesionista. Carl William Brown È un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina. Henry Ford Poiché in una democrazia è il popolo che decide, i potenti uomini dell'industria e dell'economia si mobilitano per istruire la società affinché scelga e decida in modo assolutamente autolesionista. La satira talvolta è utile ai regimi demoplutocratici (governo dei ricchi) perché crea nel popolo, grazie al suo pseudoumorismo, l'illusione di vivere in democrazia; invece di creare proteste, crea il consenso che viene così elargito ai monarchi della stupidità. Carl William Brown "Ho la paura della perdita della democrazia, perché io so cos'è la non democrazia. La democrazia si perde pian piano, nell'indifferenza generale, perché fa comodo non schierarsi, e c'è chi grida più forte e tutti dicono: ci pensa lui" "È così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi". "Quelli che fanno versare la maggiore quantità di sangue sono gli stessi che credono di avere dalla loro parte il diritto, la logica, e la storia. Non è dall'individuo, ma dallo Stato che oggi la società deve difendersi". Albert Camus Una serie di paradossi aritmetici dimostra come, in molti casi, il risultato delle elezioni non rispecchia le preferenze degli elettori. Non solo: negli Stati Uniti, patria della democrazia e della libertà, raccogliere più voti rispetto all’avversario non garantisce la vittoria. La soluzione? Probabilmente non esiste... Riconosciamo che il vero nemico della democrazia e della libertà, in una società così diversa dalle precedenti per struttura, cultura e livello tecnologico, è la democrazia stessa, almeno nella sua forma attuale. Stiamo assistendo ad un tranquillo e sereno suicidio, ma non vogliamo ammetterlo o non ce ne rendiamo conto perché tutto avviene in maniera silenziosa e non violenta, con il consenso di un mondo che fatica ad intuire quel che sta accadendo. Sabino Acquaviva Con il governo, si sa, non vai mai d’accordo nessuno. Ma com’è possibile, visto che dovrebbe essere uscito vincitore da un’elezione libera e democratica? In realtà, se siosservano con attenzione i numeri, si scopre che la maggior parte dei cittadini potrebbe non aver votato per il candidato che è stato poi effettivamente eletto. Non c’è dastupirsi: è uno dei paradossi matematici dei sistemi elettorali di tutto il mondo messi in luce da Ian Stewart in un recente articolo pubblicato sulla rivista New Scientist. "Garantire elezioni libere" afferma l’autore, "spetta alla legge, ma assicurare che siano eque e algebricamente corrette è compito dei matematici, che da sempre cercanodi mettere a punto meccanismi che combinino le esigenze aritmetiche con quelle politiche, per esempio garantire al governo una certa stabilità e la possibilità di governare". E dopo secoli di studio siamo ancora molto lontani dalla perfezione. Vincenzo Galasso Il mercato compra e vende milioni, forse miliardi, di informazioni perfettamente inutili che inquinano il mondo della conoscenza e dell'informazione, rendendo impossibile una scelta, anche politica e democratica, non ubriacata e vanificata dall'insalata russa dominante. Sabino Acquaviva Il mondo così com'è non può produrre cose molto diverse da quelle che produce. Almeno per ora non sembra capace di ridurre in maniera consistente il numero di quanti fanno la fame, non può non confinare nelle stazioni, nelle metropolitane delle grandi metropoli del pianeta, nei quartieri più degradati, centinaia di migliaia di barboni, emarginati, sconfitti, pazzi. E come potrebbe non creare gli dei dell'informatica, i Bill Gates padroni del mondo, di fronte ai quali spesso si inchinano i potenti della terra? Come impedire che si moltiplichino a decine di migliaia i giornalisti lacchè del potere disposti a vendersi, pur di far carriera e essere presenti sul palcoscenico dei media sul quale si recita ventiquattro ore al giorno? Come non assistere allo scandalo di centinmaia di milioni di affamati, di popoli miserabili che si massacrano senza pietà e dei ricchi della terra che passano il tempo negli imperi della finanza? Questa società non è radicalmente riformabile, va reinventata, ma senza utilizzare le anticaglie ideologiche e politiche che hanno lastricato di milioni di morti la storia degli ultimi due secoli. Certamente, è vero che la democrazia, come diceva Churchill, è il peggiore dei sistemi, naturalmente ad eccezione di tutti gli altri, che sono peggio. Ma è anche vero che questa democrazia apparente, quasi virtuale, ormai divenuta il sistema politico dominante, accettato quasi da tutti, si sta trasformando nella più grande truffa politica della storia. Perché non ammettere che questo sistema, insieme al progresso tecnico-scientifico, consente ad una piccola "entità", in gran parte impersonale, di detenere tutto il potere? Che, aggravante della situazione, il potere politico si sottomette, forse per necessità, agli imperativi dell'economia finanziaria, delle tecnologie avanzate e della scienza? Che la mole delle transazioni finanziarie è cinquanta volte superiore a quella dei trasferimenti di beni e servizi? E' chiaro che ormai la presunta democrazia si associa in maniera indiscutibile alla disarticolazione dello stato sociale. Basta pensare ai dogmi imposti dal potere economico finanziario all'Unione Europea e accettati da tutti. E non dimentichiamo che questi fenomeni si associano alla marea montante della corruzione. La grande povertà dei diseredati della terra e la grande esclusione dovuta al progresso tecnologico, si sommano alla mondializzazione, all'informatizzazione e alle strategie dei grandi dominatori del pianeta che operano in uno spazio in cui l'impresa diventa una rete transnazionale di unità semiautonome interconnesse telematicamente. Di qui un immenso flusso intercontinentale di produzione materiale e immateriale nel cuji ambito l'intelletto tende a diventare la forma dominante della forza lavoro. Si tratta di un processo di trasformazione ancora in corso che tuttavia, salvo eventi imprevedibili, anche politici, molto probabilmente si concluderà con la formazione di uno stato mondiale del mercato: un impero senza imperatore, una dittatura senza dittatore, una monocrazia senza monocrate, una società gestita da un partito unico virtuale in cui i partiti sono dei fantasmi con poco potere. Sabino Acquaviva Per approfondire l'argomento potete anche leggere: Democrazia impossibile e aforismi Aforismi e citazioni sulla democrazia Riflessioni sulla democrazia Read the full article
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Difficile esternare affermazioni categoriche che eludano i percorsi del pensiero imperante nell’opinione pubblica. I filosofi del passato sapevano bene che la conoscenza nasce dal discrimine e dal discernimento. Non è bastato Benedetto XVI a ricordarlo, scagliandosi contro la dittatura di quel relativismo assoluto e imposto dai media, dalla scuola, dalla modernità e dalla globalizzazione intesa come categoria di pensiero. Al contrario, oggi il relativismo è sostenuto pure da molti vescovi e sacerdoti, in questo modo il pensiero debole è diventato un nuovo comandamento, siamo passati dal “cogito ergo sum” al “dubito ergo sum” e all’incapacità di approfondire in coscienza qualsiasi argomento, dal senso della vita al concetto di verità e natura, fino al significato della sofferenza e al bisogno di Dio. Oggi vale la tirannia del “secondo me” e del “dipende”, concetti fumosi che dominano incontrastati, la conseguenza è che ogni ricerca della verità risulta preclusa fino dalle origini, lasciando regnare il liquidume dell’indeterminatezza. Non posso discernere, perciò non posso stabilire i confini e le differenze, tutto è basato sull’arbitrio e sulla maggioranza del consenso. È vero quello che è politicamente corretto e che pensa la maggior parte della gente, attraverso idee inculcate alla massa. Nulla è sicuro e nulla è conoscibile, ma tutto diventa materia di discussione soggettiva. La verità cambia in base alla latitudine e alla moda, la verità diventa un abito da indossare in base alle occasioni. Attenzione perciò, non pensiamo che il naufragar sia così dolce in questo mare di niente, relativo e indeterminato. Il bene e il male sono solo categorie mentali, modificabili dalla storia? Non credo, e la risposta è chiara, sotto i nostri sguardi distratti e assenti, assuefatti dagli orrori che devastano la quotidianità e che continueranno a stordirci, lasciandoci in balia del nulla a cercare risposte su qualche motore di ricerca, migrando da un consumo all’altro, da un capriccio a una precostituita certezza, bellamente servita già pronta.
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