#tanto sarebbe capace di fare tutto
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Possiamo far fare tutto a Valentina Romani per favore
#qualsiasi cosa#la voglio ovunque#tanto sarebbe capace di fare tutto#pure la conduttrice televisiva#la voglio a ballando con le stelle#tutto#al tg#a linea verde#a fare ogni fiction#ti amo#mare fuotag
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Giovanissima e senza alcun pudore
Tre estati fa ero a casa del mio fidanzato Giulio per un intero weekend. Ho sempre notato come Valerio, il mio futuro suocero, mi guardasse con diffidenza, sospetto. In poche parole, egli manifestava chiaramente una non-accettazione della mia persona. Eppure erano ormai diversi mesi che io e suo figlio stavamo insieme. Mentre con Rosa, la mia futura suocera, c'era già una certa confidenza, con suo marito esisteva sempre questa barriera invisibile.
Qualcosa che gli impediva di sorridermi o di aprirsi un po’, con me. Quel primo sabato pomeriggio di luglio, subito dopo pranzo Giulio dovette andare in città, alla stazione a prendere Maria, sua sorella, che tornava a casa dall'università per un po’ di giorni. Faceva caldo e Rosa si offrì di accompagnarlo; gli avrebbe tenuto compagnia e al tempo stesso avrebbero chiacchierato. In sostanza, se lo sarebbe coccolato un po’, il figliolo adorato. Tanto, il treno sarebbe arrivato solo dopo forse un'oretta dalla loro uscita da casa.
Valerio quindi era in soggiorno, sdraiato sul divano in calzoncini e camicia a leggere il giornale e sonnecchiare. Io stavo finendo di asciugare i piatti e poi sarei andata a riposare anch'io una mezz'ora. Però cambiai idea in corso d’opera. Finito di rassettare la cucina, passando vicino alla zona tv, come progettato nella mia mente perfida, andai direttamente a sedermi su uno sgabello lì vicino a lui, per cercare di cavare due-parole-due a quel vero musone, comunque un bellissimo uomo. Molto sexy, malgrado l'età. Confesso che mi attraeva non poco.
“allora, musone di un suocero: che leggi di bello, con tanto interesse?”
“il quotidiano…”
“be’ questo lo vedo! Volevo dire… ma io proprio non ti piaccio, vero?”
“sei la ragazza di Giulio, quindi non devi piacere a me.”
“ma io… cos’ho che non ti va?”
“se proprio ci tieni… secondo me tu non vai bene; sei troppo giovane e ingenua: hai ventuno anni appena e Giulio trentatré. Per lui ci sarebbe voluta a fianco una vera donna, una femmina già matura e navigata. Non una bamboccia capace solo di fare i capricci, che non sa come si sta al mondo e come va trattato un uomo adulto, uno che ha già le sue esigenze. Invece lui probabilmente ti dovrà fare da balia in tutto…”
Mi sentii dapprima in imbarazzo. Poi profondamente ferita. Ma come: sapesse quanto gliela faccio sudare e con che gusto mi scopa, il suo ragazzo. Da lui ottengo ciò che voglio: proprio perché tutto sono meno che un'ingenuotta di paese. ‘Sto villano! E comunque, mentre un uomo con la faccia può restare inespressivo, impassibile, il suo inguine non può mai mentire. Avevo già notato che quando m'ero seduta vicino a lui il suo davanti s'era improvvisamente rigonfiato. Indossavo una minigonna mozzafiato, una maglietta leggera strettissima semitrasparente senza reggiseno, che avevo strategicamente tolto in cucina. Infine avevo i capezzoli dritti, ben visibili ed ero profumatissima.
Non avrebbe potuto resistermi un angelo. Quindi, mentre Valerio aveva interrotto la nostra laconica conversazione e ripreso a leggere, non so con quanta vera concentrazione, dispettosissima mi sporsi un po’ in avanti: gli infilai a sorpresa un dito nell'elastico dei calzoncini da mare che portava e con un rapido scatto glieli tirai un bel po’ giù, a mezzo bacino. Abbassò il giornale, sgranò gli occhi e intanto io potetti vedere i suoi peli pubici e la base del suo membro già in parte gonfio. Facendolo, lo guardavo fisso negli occhi sorridendo e col dito in bocca, da monella irresistibile. Sarebbe stato impossibile non sentirsi lusingato da una ragazza che ti stuzzica così.
Infatti, un po’ in imbarazzo disse: “ma che fai? Smettila subito!” Però lo disse con un mezzo sorriso e non mosse un muscolo, né si ritirò su il calzoncino. Allora, tirandomi un po’ indietro sullo sgabello, sollevai la minigonna che portavo a pelle senza slip e gli feci vedere la mia passerina, molto curata e con una strisciolina di peli sopra: gettò il giornale per terra e balbettò qualcosa a riguardo del contegno, della morale. Ma era evidente che non ragionava più. Approfittai del suo spiazzamento e con un gesto veloce ma deciso mi risolsi a tirar giù tutto il suo pantaloncino.
Lui invece di opporsi sollevò le natiche per facilitarmi e così uscì fuori prepotente tutto il suo cazzo già bello duro! Non avevo dubbi: vinco sempre io. Sempre guardandolo negli occhi, poggiai le labbra avide sul suo glande. Iniziai a pomparlo con la bocca, mentre mi diceva che no, non dovevo assolutamente farlo; che non era corretto. Ma intanto mi teneva la testa bloccata con entrambe le mani e godendo come un maiale affondava l'uccello tutto dentro la mia gola. Gemeva di vero piacere. Aveva un membro di tutto rispetto. Non lungo come quello di Giulio, ma decisamente più largo e malgrado l’età durissimo! Sarà che era eccitatissimo da ciò che stava facendo con una giovanissima e bella ragazza.
Devo dire che aveva anche un buonissimo sapore. Sentivo che stava per godere. Allora mi staccai e decisi di salirgli sopra a cavalcioni. Volevo che mi sborrasse dentro, altro che ragazzetta inesperta. Stavo per infilarmi il suo cazzo dentro le labbra gonfie della mia fica già dilatata e pronta, ma lui mi sollevò di peso e mi disse che no: questo a Giulio non poteva proprio farlo. La mia fica infatti era riservata a suo figlio, per godere del sacro vincolo matrimoniale. Valerio si sarebbe quindi “accontentato” (!) di sfondarmi il buco del culo! Accontentato? Accontentatooo? A Giulio ancora non l'avevo mai dato, il mio culo: infatti glielo stavo facendo sudare.
Prima di Giulio frequentavo, di nascosto da tutti, un ricco industriale della zona. Era pazzo della mia fica stretta e mi ricopriva letteralmente di soldi anche se non glieli chiedevo. Per fargli un pompino, senza chiedergli nulla ottenni l’inimmaginabile. Dopo che me l’aveva chiesto per mesi, per permettergli infine di rompere il mio culetto per la prima volta - gli avevo detto che lì ero vergine - ho segretamente ottenuto da lui un ammontare di denaro spaventoso. Che assieme agli altri soldi che m’aveva dato durante l’anno in cui l’ho frequentato prima di conoscere Giulio, ho accuratamente investito. Tramite un’opportuna agenzia specializzata in gestioni patrimoniali. Si, io: quella sprovveduta.
Lui, l'industriale, dopo quella sua prima volta nel mio culo era improvvisamente impazzito d'amore: se fino ad allora potevo in qualche modo gestirlo, subito dopo iniziò a tempestarmi di messaggi, mi copriva di regali, di denaro. Era diventato addirittura geloso. Per scrollarmelo di dosso alla fine ho dovuto minacciare di rivelare tutto alla moglie e ai figli. Poi ero ancora minorenne. Smise all'istante. E Valerio invece adesso mi diceva che si sarebbe “accontentato” del mio culo sodo e perfetto! Quindi mi misi a cavalcioni su di lui, puntai il suo glande contro il mio ano e guardandolo spavalda scesi lentamente inglobandolo tutto.
Senza fare un fiato: lo guardai fisso negli occhi per tutto il tempo. Era pazzo di piacere, sudava e mi toccava le tettine nude sotto la maglietta. Giocava coi miei capezzoli. Lo baciai in bocca giocando a lungo di lingua. Mi pregò di muovermi, perché tra poco sarebbero rientrati a casa Giulio e mia suocera Rosa. Ma io per tutta risposta dopo un po’ mi sfilai e gli feci una sega rapida. Lo feci venire nella mia bocca, tanto per non sporcare e anche per assaggiare un altro nuovo gusto d'uomo. Appena finito, me ne andai a riposare. Da quel momento diventò il mio maggior sponsor.
Con Giulio tutto bene: ci siamo sposati lo scorso autunno e quando litigo con lui, telefono a mio suocero per un consiglio. Anche se in quei frangenti, per la rabbia desidero solo fare mio marito cornuto. Lui mi dice sempre che è meglio parlare di persona. Quindi ci vediamo e mi porta fuori città, in campagna. Dove dopo massimo tre minuti di chiacchiere, mi faccio regolarmente sfondare a lungo il culo e riempire la bocca. Ce l'ho in pugno. Da lui ormai ottengo qualsiasi cosa. Anche perché è crollato del tutto: a volte non ce la fa proprio a mantenere il suo stesso proposito e vuole anche la mia fregna. Me la bacia a lungo, mi fa venire nella sua bocca e infine non resiste: mi scopa come un ossesso.
Mi sta dentro fino a farmi male. Gli devo dire di smettere. Mia suocera di riflesso ha anche lei un inatteso vantaggio, dall'improvviso risveglio dei sensi di suo marito. La fotte ogni sera, lei mi confessa stupita e felice! Mi faccio inculare e fottere da lui anche per farlo star buono, mantenerlo costantemente pieno di passione bruciante per la sua giovane nuora e per tenere in allenamento il mio sfintere anale. Perché ultimamente ho preso la patente e ho intenzione di farmi regalare presto un'auto. Un’utilitaria, niente di troppo costoso, ovviamente. Quindi, se Giulio vorrà finalmente il mio culo dovrà decidersi a comprarmela. Glielo darò per la mia… “prima volta”, fingendo un gran dolore mentre me lo infila ma resistendo stoica, con uno spirito di sacrificio coniugale veramente encomiabile.
Mi amerà ancor più di quanto non faccia già. Infatti, lo faccio scopare e lo pompo spesso. Voglio che goda molto, che si senta sempre più legato a me e non sospetti mai delle mie scappatelle. Non solo di quelle con mio suocero, ovviamente. Perché ogni tanto, un paio di volte l'anno, mi tolgo qualche sfizio di straforo. Sempre con uomini molto maturi: loro mi piacciono tantissimo, perché in fondo sono come dei bambini. Dopo goduto del mio corpo infatti, loro felicissimi mi viziano, mi ricoprono di regali. Contenti di essere considerati ancora maschi validi. E restano regolarmente, letteralmente innamorati di me. Faccio fare loro qualsiasi cosa mi passi per la testa.
E godo moltissimo del mio potere di giovane venere. Per tre o quattro appuntamenti segreti loro tornano ventenni. In quanto la mia passera e il mio buco dl culo hanno un potere enorme, sugli uomini di una certa età. Io però me li scelgo solo facoltosi e intelligenti. Perché loro sanno stare al mondo e quando alla fine dello sfizio io dico di non volerli rivedere più, magari soffrono in silenzio, ma si congedano tutti da me con l'ultimo bacio, un bel baciamano e infine un gioiello, un libro o un mazzo di fiori. Gli amanti maturi mi adorano. E a me piace moltissimo farli impazzire di desiderio e sentirli sborrare felici e contenti, nel mio corpo giovane ed elastico o nella mia gola.
In fondo, io mi considero a tutti gli effetti una benefattrice della terza età. Regalo ai miei stalloni anziani una segreta seconda giovinezza, adorando e succhiando i loro cazzi con grande foga, come fossero gli dei della mascolinità matura. Mi amano, almeno tanto quanto mi adora mio suocero! Tornando a bomba, Valerio ovviamente dovrà contribuire alla spesa della macchina in modo sostanzioso. Con la benedizione di mia suocera Rosa. In fondo, per lei sono solo la giovane nuora accolta in famiglia come una figlia. Un tesoro di ragazza; che va protetta, instradata e un po’ anche vezzeggiata, no?
RDA
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Andare a Berlino
Voi non capite, lo dico agli amici, mia madre, anche alla psicologa, adesso che ci sono tornata - ed è servito a convincerla a concedermi almeno un mese di appuntamenti. A volte la frase è tanto banale da riuscire ad arrivare al punto, un punto d’interruzione stanca, che ci dovrebbe vedere ricominciare. Voi continuamente mi sopravvalutate, pensate che quello che mi riesce è ciò che posso fare, ma vi sbagliate! Tutto quello che io faccio, anche esistere, è una deroga, sudore e lacrime, il prezzo di questa presunta naturalezza nel successo è la desolazione del mio paesaggio interiore, la depressione che non volete vedere. Però loro non lo vedono davvero, mentre la mia depressione e la violenza della mia direttrice morale mi portano a dimenticarlo, e allora anche io non capisco, non capisco che loro non mi proteggono perché proprio non lo sanno, mi pensano normale e mi fanno discorsi normali, in cui potrei essere chiunque, potrei fare quasi tutto. Non ci capiamo perché parliamo di due persone diverse.
L’altro ieri ho incontrato la professoressa tedesca, finalmente. Volevo discutere con lei del se fosse una buona idea andare lì in visiting, e lei mi ha risposto solo sul come e quando, e ondeggiava per esprimere la contentezza di avermi lì. Questa donna mi ha spezzato il cuore soltanto chiedendomi tu, tu cosa vuoi fare?, e mi è sembrato che nessuno me lo avesse chiesto mai questo. Non ce l’ho avuta una risposta per lei, ma mi è anche sembrato che mi potesse aiutare. Non vediamo cosa puoi fare per noi affinché ti conceda questa preziosa opportunità, ma come posso aiutarti ad avvicinarti ai tuoi obiettivi? Questo di sicuro non me lo avevano chiesto mai.
Quindi adesso cambio casa qui, spendo un quarto di tutto quello che possiedo per l’ennesima sistemazione, il trasloco e quello che ne consegue, ma nel frattempo vado a Berlino, da sola, a lavorare su quello che voglio, come se fossi una persona normale. Come se fossi semplicemente quella che gli altri vedono senza pagarne il prezzo. Come se avessi dei desideri di carriera, o di vita, o quel che è. Sarebbe proprio bello se avessero ragione. Nella confusione generale, poi, le catene che mi è stato comodo mettermi addosso già tirano un sacco ed il mio cane da guardia si lamenta e morde - non le conviene per niente, e sono troppo indipendente, sono sempre stata troppo ferma sulle suole delle scarpe, e allora attacca, ma gioca da sola. Anche questa, immagino, è una conseguenza di apparire quell’altra me. Sembro una capace di combattere, il ché è assolutamente indesiderabile, ma per essere stata messa in questa arena deve anche assolutamente esserci qualcosa di desiderabile in quella me.
Non ho ancora capito se a una di noi due piaccia davvero la libertà, ma so per certo che ne abbiamo bisogno.
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In questo ultimo periodo appena ho un momento di stress più o meno forte i sogni sono grossomodo tutti uguali: io che sogno di impazzire, chiedo aiuto e nessuno che vuole aiutarmi. Questa notte chiedevo di essere ricoverata perché avevo bisogno di un calmante e di un antibiotico per l'infezione vaginale – sesso infetto, è un caso? Direi di no – dicevo che sarei stata capace di uccidere "non mi preoccupa tanto il suicidio" dicevo freddamente, tenevo le mani dentro il giubbino di pelle ed il vento mi veniva in faccia, gelido, in una giornata umida e nuvolosa, era una piccola pausa di lucidità in un sogno in cui avevo gli occhi allucinati tutto il tempo e sentivo la rabbia cieca in petto montare violentemente e smorzarmi il fiato; "ma più la possibilità di omicidio". Al solito avevo paura di quello che la mia rabbia poteva fare agli altri e non a me stessa. Gridavo, a pieni polmoni, sentivo la gola graffiarsi ed io che mi portavo le mani ai capelli quasi a volerli strappare. Non grido mai, né da vigile né da addormentata, questo è stato un elemento nuovo. Al pronto soccorso, nel sogno, però non c'era nessuno sebbene prima ci fossero gli infermieri; ne beccai una ma poco dopo scappò via. Non sarebbe la prima volta quella di sognare di non trovare nessuno disposto ad aiutarmi. Forse è il modo di concepire la psichiatra, forse mi sono sentita abbandonata da lei, chissà.
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L’AMORE ALLA LUCE DEL GIORNO.
Buonasera o meglio buonanotte🌙
Benvenuti nel mio blog, sono Alya, un adolescente come tutte, mi piacerebbe molto presentarvi argomenti semplici e comuni, nei lati “alla luce” e nei “lati oscuri”. Il mio scopo è quello di dare una spiegazione, a volte anche scientifica, ai nostri comportamenti e sentimenti, molto spesso mi sarebbe servito, quindi ho intenzione di aiutarvi e darvi, magari, delle dritte per capirvi meglio.
Oggi martedì 19/11/2024, mi incammino con voi in un nuovo percorso…
Per iniziare parleremo di un elemento fondante della nostra vita in questo spezzone di blog: l’amore.
Esso per noi ha tantissime, veramente tante forme. L’amore è l’elemento portante della nostra vita, nasciamo e moriamo amati;
Veniamo concepiti, nella maggior parte dei casi, sotto il senno dell’amore e una volta alla fine del percorso, il nostro ricordo rimane vivo grazie all’amore.
Insomma è difficile immaginare una vita senza amore, anche involontariamente, proviamo sentimenti che possono essere interpretati come tale.
Il tema amore però, nel tempo è diventato una specie di argomento banale, quasi taboo, spesso ignoriamo quello che c’è dietro questo argomento, lasciandoci incantare dalla superficialità. Questo è facilmente comprensibile poiché nessuno mai ci insegna ad amare, ognuno nasce con un particolare modo di provare e donare questo sentimento.
Avete mai sentito dire: “al cuor non si comanda”? Bene, tutti pensiamo sia una stronzata, ma non è per niente così, l’amore o semplicemente un piccolo sentimento, una volta nato è per sempre, quello che tendiamo a fare è semplicemente permettere al nostro inconscio di ignorarlo, proprio come una puntura di zanzara, se smettiamo di grattarci, non pruderà più, ma la piccola cicatrice della puntura rimarrà ancora sulla pelle per un po’.
Cos’è l’amore? La risposta è “boh”, nessuno è mai stato capace di dare una spiegazione logica e sensata, ma per le persone un po’ meno poetiche e più realistiche c’è una spiegazione scientifica, ancor meglio, psicologica:
La teoria di Stenberg la spiega al meglio. Lo psicologo statunitense, negli anni 80’, ha provato a dare un senso e delle leggi al sentimento che, come da detto, non si comanda.
Come un triangolo l’amore ha tre vertici: INTIMITÀ, PASSIONE E IMPEGNO. Sono elementi fondanti, che ci devono essere perforza, magari alcuni più altri, ma senza uno di questi, l’amore non è “completo”, come se non avesse un senso.
INTIMITÀ: rappresenta la vera e propria connessione emotiva, una sorta di bluetooth emotivo, è quella parte di connessione, di calore che c’è tra due persone.
PASSIONE: rappresenta la cosiddetta “attrazione fisica” che sfocia al compimento sessuale. Spesso la passione sovrasta il tutto, per via della passione, si hanno i tradimenti, è l’elemento dei tre che man mano, con l’età e l’avanzare degli anni diminuisce, fino a sparire, spesso per ragioni fisiche.
IMPEGNO: rappresenta un po’ il lato giuridico dell’amore: le richieste formali (matrimonio civile) oppure le richieste a Dio (matrimonio religioso). ATTENZIONE, l’impegno è relativamente importante, si può avere una relazione stabile e vivo sentimento, senza impegno; ma allo stesso modo tanto impegno (matrimonio, figli ecc.) senza però avere un vivo sentimento.
Le tre componenti sono interattive: non dipendono l’una dall’altra, ma interagiscono come se fossero in un processo di azione e reazione, per esempio: con tanta intimità ci sarà probabilmente tanta passione; con tanto impegno, tanta intimità ma probabilmente minore passione.
Questo triangolo possiamo interpretarlo metaforicamente, ma anche geometricamente, perché con varie variazioni, il triangolo cambia.
Mi spiego meglio: per definire il triangolo abbiamo bisogno di altri due dati principali: LA QUANTITÀ DI AMORE e L’EQUILIBRIO. Non c’è tanto da approfondire, ma in termini matematici, la quantità indica l’area del triangolo, maggiore sarà la quantità maggiore superficie sarà occupata dal triangolo. Invece, l’equilibrio, definisce la misura dei lati del triangolo, per intenderci, una relazione equilibrata avrà la forma di un triangolo equilatero.
Per bilanciare il triangolo, Sternberg ha individuato diverse tipologie di relazione, in tutto sono 7: simpatia/amicizia, infatuazione, amore vuoto, amore romantico, amore fatuo, amore complementare, amore vissuto.
Una persona può delimitare più di un triangolo nella vita, la maggior parte delle volte sono due: uno reale, basato sull’esperienza e sulla relazione che si vive, e uno ideale, basato sul nostro sogno e sulla nostra identità.
Con questo posso dire di aver terminato il discorso generale, man mano andremo sempre di più ad approfondire. Vi auguro una buonanotte e un lungo flusso di coscienza💋
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Lascialo andare
“C’è questa cosa che non avevo mai capito nella vita e l’ho scoperta molto tardi… E che tu ti giochi una buona quantità delle tue possibilità di stare sul pianeta terra, con felicità, te la giochi sulla capacità che tu hai di lasciare andare le cose: hai perso gli occhiali? Lasciali andare… Hai perso un amico? Lascialo andare… Hai vissuto un momento di felicità bellissimo con un amico? Ecco, il pensiero è sempre rivediamoci la prossima settimana… Lascialo andare”
(Alessandro Baricco)
Veniamo al secondo punto che ho messo online in questi giorni, tutto scaturito casualmente da due post micidiali che una mia cara amica ha intercettato (non volendo?) e mi ha rigirato. Sul primo (scegliere tra voler bene o amore) ci tornerò un'altra volta.
Lasciare andare… quando non si ha alternative, quando si è messi dinanzi a un prendere o lasciare è sempre un "lasciare andare". Semplicemente non hai scelta. Non puoi fare diversamente. Non esisti più nella sua vita, o almeno non esisti come ti eri prefigurato fino a qual momento. Soprattutto come nel mio caso, dove entrambi esistevamo, ma camminando su un filo invisibile, un funambulismo di esserci senza esserci, di essere un riferimento per l'altro anche senza esserlo ufficialmente, con uno dei due smaccatamente alla ricerca di una conferma dell'altro e con l'altro (io) che, stupidamente e soprattutto per un malcelato orgoglio, manteneva il punto per non voler (ri)cedere. Non é stato solo orgoglio ma soprattutto paura, maledetta paura di rivivere tutto ciò che c'era stato di pessimo tra noi due e che aveva lasciato alle nostre spalle solo macerie, con cui fare i conti ancora oggi (ad esempio mia figlia: come ho potuto avere piena conferma durante un breve confronto "a cuore aperto" in questi giorni). Lasciare andare non è mai facile. É bello a parole. Bello quando come il signor Alessandro Baricco, scrittore elegante, probabilmente scialacquatore nella vita di amori, occasioni furtive e non, passioni brucianti e bruciate, si permette alla fine della "sua" giostra, di poter dire che ha capito che la miglior teoria da adottare nella vita é il "lascialo andare". Lo puoi dire e fare, a mio parere, con nochalance quando hai preso tutto dalla vita o quando hai raggiunto la saggezza di un vecchio buddista tibetano e quindi sei in grado di sfoggiare il gusto del distacco per le cose terrene, per le cose belle o brutte che hai vissuto, perché intanto il tuo sguardo è ormai proiettato in avanti. Potrei arrivare a dirlo anche io (chi non ne é capace?) quando ciò di cui si sta discutendo non è la nostra vita ma quella degli altri. Da buon salottiere, semmai con un bel bicchiere di vino in mano, potremmo permetterci di pontificare sulla vita altrui, non su quella nostra, annotare le cose giuste e sbagliate, "consigliare" ciò che andrebbe fatto rispetto a quello che abbiamo fatto. Ma alla fine tutto si riduce ad una lotta impari col proprio sentire, col proprio vissuto, con quello che si è radicato intorno a quella idea di amore (purtroppo a volte è solo un'idea di amore e non l'amore) e della quale non riusciamo proprio a farne a meno. Entrano in ballo ricordi, sensazioni, non sempre positive, parole non dette (questo è un altro tema… "le parole che non ti ho detto") emozioni, tutto un fardello che grava sul cuore, sulla mente e che anche una scissione chirurgica e radicale, operata "all'improvviso" sulla tua vita, non riesce a dissipare, tanto più è stato traumatico l'evento.
Quanto sono state traumatiche le vicende che mi hanno interessato? In fondo lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. In fondo era un qualcosa che andavamo ricercando entrambi, perchè questo cordone ombelicale invisibile, che ci teneva (che mi tiene) inscindibilmente uniti ormai era diventato ingombrante per entrambi. Non ci faceva vivere (non mi ha fatto vivere), ci teneva saldamente ancorati l'uno all'altro nonostante gli sforzi fatti per staccarsi (lei è stata indubbiamente molto più brava di me e non una sola volta). Ho finito per elevarla a simulacro, un punto irrangiungibile di confronto, che mei fatti solo una persona molto intelligente è riuscita a dimostrarmi, rispetto al quale tutte le persone che ho incontratto successivamente venivano meno. Semplicemente non erano lei. Per cui tutto annunciato, tutto previsto eppure…? eppure mi sono ritrovato per l'ennesima volta impreparato… per la seconda volta ho sentito un sonoro schiaffone arrivarmi in faccia, nonostante io andassi predicando altro. Pensavo davvero di aver raggiunto l'agognato distacco, di essere riuscito a superare il legame, a proclamare un dignitoso distacco ed equilibrio, perché riuscivo a vederla, frequentarla, fare cose con lei senza apparente tensione sessuale e affettiva. Ero orgoglioso di me. Dopo due anni di duro lavoro, anche psicoanalitico, ce l'avevo fatta. Non ero riuscito ad applicare in toto la teoria del "lascialo andare" ma ero convinto di aver instaurato un rapporto dignitoso di mero equilibrio affettivo (assolutamente non amicale come lei in maniera "stupita" è andata affermando dopo). E invece così non è stato: mi sono ritrovato in pochi secondi dall'augurarle tutte le fortune del mondo a morire dentro, ancor più della volta precedente, ma questa volta senza apparente dolore. Ed infatti a ripensarci non è stato dolore: più rabbia e delusione verso me stesso, incapace di nuovo di non saper razionalizzare se non dopo questo lungo excursus di ricordi e pensieri, di non saper accogliere la notizia per quella che era… un "lascialo andare" annunciato e farne un dramma esistenziale, una pseudo tragedia napoletana, tutta vissuta interiormente, in cui ho finito col consumare le residue energie che avevo fin qui accantonato.
Lascialo andare… ah, a saperlo fare. Ma dovrò gioco forza apprendere anche questo: lascialo andare per non perdere ulteriori attimi di felicità.
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il tabacco si è incastrato nella gola e ora non riesco a parlare, quindi scrivo.
il cibo non riesce ad essere relegato in quel luogo scuro e acido che è il mio stomaco. lo sento ribellarsi, dimenarsi.
mi gira la testa e ho gli occhi spalancati. un pittore curioso, un gaugin, ha intinto i polpastrelli nel nero della tavolozza e l'ha messo nelle mie pupille, si sollazza a deturparmi. anche io sto deturpando qualcosa: un libro, delle parole, le sto evidenziando di verde. lolita, mi ha delusa lolita, lo ricordavo meglio.
è tutto obnubilato, non vedo. il pittore deve aver deciso di affondare di nuovo le dita nei miei occhi cagionevoli e adesso è tutto rosso.
sangue, forse. chissà se il mio sangue è sempre uguale dappertutto, chissà se è dello stesso colore delle cadute flautate che avvenivano quando acceleravo in discesa con la bici o di quando cadevo dall'albero di nespole del nonno, chissà se è dello stesso colore dei primi tagli, delle rose, della penna che uso per annotare quello che penso in una copia della nausea di sartre, dello smalto sulle unghie.
odio dover mettere lo smalto, odio dover aspettare che si asciughi, non ho pazienza. odio che se non lo faccio mangio e spezzo strati di pelle lì attorno.
non ho mai avuto una cicatrice fino a 12 anni, in quegli anni ero convinta che nessuno avrebbe saputo, mai. ora non m'importa, non sono un segreto, sono l'opposto, una bara profanata.
ci sono e non ci sono, sto scrivendo. quello sì. senza sosta. però non ricordo di aver scritto il paragrafo precedente. gli uomini sono infelici, lo dice pure bernhard. perché un essere infelice continua a procreare?
non mi piace scrivere per rendere le persone felici, non mi piace scrivere per avere un senso, non mi piace scrivere bene. mi piace scrivere e dare fastidio. sei stato male leggendo post precedenti? bene così, quello volevo, devi provare fastidio. che senso ha leggere qualcosa che non infastidisce? se non ti buca il petto perché lo leggi?
ogni tanto penso di scrivere qualcosa che stupri la mente di chi legge. lo farei, ne fossi capace.
incapace, ecco qual è il problema. l'ha detto anche quel ragazzo, ha detto che non prendo seriamente né il bene né il male, né la droga né la terapia.
il pittore si è stufato.
anche gli alcamesi sono stufi, anche gli italiani. non c'è la boheme qui, siamo in un quadro di hopper e forse non ci sono nemmeno bernhard, gaugin e sartre. c'è solo verga. forse non ci sono nemmeno io e forse nemmeno a me frega un cazzo della piega dittatoriale che sta prendendo la rai.
e se la mia sensibilità fosse solo eccentrica ribellione? "ah sì è così che va? e io estremizzo a forza i tuoi sensi, finché non li percepisci tutti, devono essere una scarica elettrica per la tua mente dormiente"
e non importa se la scarica è
così forte da essere letale,
non m’importa se muori. sarebbe il sacrificio di uno zombie.
mentre lo penso il battito cardiaco comincia a fare una maratona, non dovrei fumare tanto ma sono stressata e ho promesso alla psichiatra di non bere e al dottore che non sarei finita di nuovo in overdose, ho l'ansia, se papà scoprisse che volevo se ne andasse?
ho fallito, ogni cosa che pubblico è un fallimento e voi nemmeno lo sapete, quindi va bene, la società non si accorge del fallimento ma acclama lo spettacolo. acclama l'ennesimo scritto disturbante senza chiedersi come una cosa simile sia potuta nascere. "che persona sana di mente concepirebbe una cosa del genere?" nessuna, nemmeno una.
la cosa che non capisco è: perché addolcisco la pillola? perché m'importa di non mettere a disagio sconosciuti con la mia psiche? voglio rimanerti indigesta.
non sono uscita di casa e non ho mangiato per due mesi la scorsa estate, andavo solo al mare e guardavo film, loro non mi fanno sentire plumbea.
"sei un libro aperto, con quel che dici e quel che fai" ne sei sicuro? e anche se lo fossi, non potresti e non vorresti leggerlo comunque
il cuore martella, non riesco a respirare, rivoglio i miei occhi in ordine. nausea. è colpa del tabacco? è colpa del ragnetto che non riesco ad uccidere? è colpa del caffè latte? è colpa di quella volta in cui le coinquiline hanno chiamato troppo presto i soccorsi?
è colpa mia?
ogni tanto ho lo stesso impulso del protagonista di fight club, quello di rovinare l'arte, distruggerla.
cancellare le poesie, coprire mondrian di nero, decapitare il david, giocare a calcio tra le rovine del tempio dorico di taranto, ricoprire di graffiti la loggia del lionello di udine.
scrivere dell'arte solo per ucciderla.
tutto è un gioco, io sto avendo un attacco di panico da cinque minuti e tu te lo sei pure letto, scusami, non volevo.
voglio una seconda chance, non voglio intimorire, voglio che mi capiscano. voglio che qualcuno si innamori delle mie parole, voglio ammaliare per la magnificenza che può portare il disastro.
sento il fumo in bocca, ho il fumo in bocca. voglio toglierlo, non lo voglio più.
voglio chiedere al pittore maldestro di non deturparmi, voglio smetterla di sentirmi di troppo, voglio che qualcosa mi stupisca invece di anticipare sempre tutto, non voglio che gli altri mi diano un'occhiata e abbassino subito lo sguardo. non voglio parlare e far sentire gli altri stupidi. voglio riuscire a studiare e parlare del perché ami così tanto il mio corso di università e voglio degli amici che amino qualcosa, che amino tutto, che riescano ad amare, voglio dare un'altra possibilità agli stoici e la loro pantomima sulla disciplina.
voglio voglio voglio,
voglio un'altra sigaretta
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OFMD Ficlet - XIII
Birds of a feather Edward
Anche se le notti di Edward Teach cominciavano tutte in modo diverso, quando il sonno finalmente lo prendeva finivano tutte per assomigliarsi.
Tutte erano fatte di risvegli improvvisi e di strani sogni dalle lunghe spire, di sudori freddi e angosce piene di schegge che gli blindavano il respiro in scatole sempre più piccole, finché stanco di dibattersi non si rialzava in cerca di qualcosa da fare, di qualcosa da mordere, di un modo qualsiasi per zittire il lamentarsi delle ossa il contrarsi dei muscoli e l'infiammarsi del cervello.
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Edward non era stato un bambino difficile.
Solo un po' piagnucoloso, quando era davvero molto piccolo; solo un po' pauroso, un po' irrigidito dal freddo della casa dove non c'era mai un fuoco, dove ogni passo doveva essere in punta di piedi e dove era meglio non parlare troppo forte, non occupare troppo spazio.
Una volta sola sua madre l'aveva picchiato; ma doveva essere proprio piccolo, perché lo ricordava appena.
Ricordava il pavimento umido, il muro gelido contro le vertebre, la fronte premuta sulle ginocchia mentre urlava che voleva lo lasciassero solo; e poi, non appena otteneva che la porta si chiudesse sulla stanza vuota, ricordava le urla che gli laceravano la gola per la paura di rimanere solo. Ricordava il buio, gli occhi di sua madre quando alla fine, esasperata, gli aveva dato il ceffone che l'aveva poi zittito.
Ma dopo quella volta, tutto era andato liscio come l'olio; Edward aveva smesso di urlare e scalciare e di volere cose opposte contemporaneamente, suo padre era morto, lui era fuggito sulla prima nave che lasciava il porto. Solo molto tempo dopo aveva saputo che era morta anche sua madre.
Tutto liscio come l'olio.
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Una! Cosa! Sola!
Una sola rotta! Una e precisa!
Una linea dritta, pulita come una lama di coltello!
Guarda! Come tutto diventa chiaro! Quando vuoi! Una! Cosa! SOLA.
Le tempeste gli sono sempre piaciute, non è vero!? Perché devi fare UNA COSA SOLA ed è non scivolare, non finire in mare, perché è tutto così chiaro e netto, non è vero!?
E adesso che non c'è più NESSUNO - GUARDA - hai UNA! SOLA! COSA! - da fare, adesso, devi solo continuare sempre dritto come un colpo di pistola - sì, la senti ancora, nelle gengive dietro gli occhi l'esplosione breve enorme alle tue spalle ah, sei stato un figlio di puttana fino alla fine, a rendermi le cose più difficili proprio adesso, ma chissà, chissà se poi ci avessi provato, chissà adesso di chi sarebbe il cervello schizzato giù nel fondo della nave mmh? (Volevo che lo facessi oh no non volevo che lo facessi volevo fermarti volevo che mi fermassi volevo volevo volevo volevo -) AH, UN ULTIMO SFORZO, UNA! COSA! SOLA! - ed è smuovere questa fottuta bocca di cannone - perché figurarsi, se uno solo di questi idioti ha un briciolo del fegato di Izzy - ma la luce nera negli occhi di Jim sembra promettente ti sembra promettente ti ricorda qualcosa ti ricorda qualcuno e ti ricorda che quando hai una sola cosa da fare tutto diventa così fottutamente facile, tutto fottutamente liscio come l'olio, come il ponte di una nave nella burrasca, come il sangue del tuo secondo che dilaga a terra come la traiettoria di un proiettile -
*BLAM*
"HAH..! PICCOLO INDISTRUTTIBILE BASTARDO!"
E poi
- ah, ecco che finalmente scivoli; perché non sei stato capace - non sei mai stato capace di fare una, sola, cosa; non sei capace di volere abbastanza una, sola, cosa, e alla fine tutto ti sfugge; tutto corre via come la pioggia che cade dritta e tu rimani lungo disteso a terra e forse era questa, fin dall'inizio, proprio questa quell'una, sola, cosa, e forse ci hai messo così tanto a capirlo perché non sei stato mai capace di guardarla in faccia; ma adesso eccoti, alla resa dei conti, eccoti scivolare via mentre la notte si disfa in rivoli lunghi d'acqua scura, e guarda un po', se alla fine non è proprio Jim.
"Finalmente."
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#ofmd ficlet in italiano#ah shit here we go again#ofmd spoilers#our flag means death spoilers#ofmd s2#i mean not really ma se leggeste sarebbero spoiler quindi better safe than sorry
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Mi capita quest'anno del centenario di attraversare ancora di più l'Italia per raccontare di Don Milani e la scuola di Barbiana. Sabato accadrà in un posto che mi hanno sempre detto speciale, la Fraternità di Romena Onlus, nel Casentino, e sarà emozionante farlo dopo aver ascoltato Francesco Guccini, ospite come me, come Sandra Gesualdi, Antonia Chiara Scardicchio. Pare che saremo in buona compagnia. Non ho mai avuto un rapporto speciale con i preti. Sarò stato sfortunato. Non lo nascondo nemmeno ogni volta che faccio lo spettacolo e ai preti generosi e cari che mi invitano per farlo. Lo dichiaro da subito. Eppure che sia stato un prete a dire che gli toccava amare i suoi ragazzi "come le maestre e le puttane" mi porta ogni volta un mistero che va oltre le tonache, i ruoli, la politica. E' roba di sangue che circola e batte nel senso più nobile e alto del termine. Nessuno mai è stato capace di dire così tanto. C'è tutto lì. Appena ieri lo spettacolo era in scena ad Acquaviva delle Fonti organizzato dal Liceo "Don Milani" della Città. Dal mattino alla sera l'ho replicato 3 volte davanti a studenti, professori, genitori, politici. Una ragazza al mattino mi ha chiesto cosa sentivo durante lo spettacolo perché lei aveva provato una forte emozione. Si chiedeva se accadesse anche a me. Le ho detto che sono quasi 200 volte che ho fatto questo spettacolo e che ogni volta che arriva il brivido lungo le braccia mi stordisce e mi interroga allo stesso tempo. Ricordo che con Fabrizio Saccomanno, l'amico e regista dello spettacolo, fu una lotta dura su questo. Una lotta che capisco solo ora. Ieri ad Acquaviva c'era un'intera comunità ad ascoltare in una giornata degna di un "parlamento". I brividi delle 3 repliche hanno attraversato i corpi di tutti? Non lo so. Cambieranno il mondo quei brividi? No. Come dice una vecchia storia che cito spesso, se va bene, serviranno a fare in modo che il mondo non cambi me. E' il dono più intimo che mi ha portato questo spettacolo. Chi salva chi? Ci sarebbe da parlarne a lungo. Sul libretto che hanno stampato ad Acquaviva per l'occasione è riportato, "sono stato solo furbo. Ho saputo toccare il tasto che ha fatto scattare i loro più intimi doni. Io ricchezze non ne avevo. Erano loro che traboccavano e nessuno lo sapeva". Don Lorenzo Milani Il programma di questo sabato alla Fraternità di Romena Onlus: https://www.romena.it/events/event/convegno-sperare-insieme/
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Ho sempre saputo che c’era qualcosa di speciale fra di noi, molto più che con chiunque altro. Quando mi sono alzata dopo il sogno è ho letto sul tuo blog che mi avevi sognata pure te mi è sembrato surreale. Io non credo molto a queste cose psichiche ma a volte le coincidenze mi sembrano troppo strane.
Che non è la stessa cosa me ne rendo conto soprattutto ora che cerco di andare avanti.
Pensavo fosse così per tutte le persone con cui ti trovi bene, che dopo un po’ che ti frequenti si crea quella chimica di due persone che si conoscono profondamente. Invece mi sto rendendo conto che non è così.
Che niente mi viene naturale come mi veniva con te, che fare sesso è bello, ma amarsi e godere insieme è un’altra cosa. E soprattutto lo vedo non nell’atto stesso ma dopo, quando siamo stesi a letto e siamo vicini e ognuno ha i propri pensieri, in quel momento i nostri erano gli stessi
Tu non saresti mai stato al telefono in una giornata insieme e io credevo fosse normale. Invece mi è stato detto che sono pesante “non posso mica darti attenzioni per tutto il giorno, ogni tanto mi serve un’oretta per farmi i fatti miei al telefono”. Con te passare un pomeriggio non è mai stato pesante, il tempo insieme è sempre stato la cosa più preziosa che avevamo, forse perché non era scontato.
Le mie caratteristiche che te apprezzavi non si incastrano in una nuova relazione e io faccio fatica a reggere il confronto di te rispetto a una persona nuova. Pensavo forse che sarebbe stato più semplice dimenticare il fatto che non ci sei più e mi sento anche in colpa per averci provato, forse è stato un errore. Forse avevo bisogno di più tempo. Ma quanto? Non sarò mai capace di cancellare chat , foto , video.
Pensavo che fosse naturale sentirsi così tranquille a girare nude per casa, a mostrare i miei difetti senza aver paura di essere giudicata, pensavo che fosse per tutti normale in una relazione poter dire tutto, qualsiasi cosa e sapere che l’altro capisce, proporre cose nuove e parlarne insieme.
I confronti che faccio rendono tutto ancora più pesante. E non lo noto solo io, è chiaro a tutti che da quando non ci sei ho perso una parte anche di me, è chiaro persino a mia mamma che ieri mi ha chiesto quanto mi mancavi. Tanto, ho detto.
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01.47
L'ansia è una lingua di fuoco che dall'ombelico sale lenta e costante verso il torace, il cuore, la gola, per divampare nella testa, al centro degli occhi. All'inizio, fiamma trasparente, quasi invisibile, si annida in fondo al ventre aspettando il momento propizio per palesarsi. È un fastidio che inizia dallo stomaco, come un prurito, un pizzicorio impossibile da spiegare a parole. C'è qualcosa, dentro, che si muove a sproposito e non sapresti dargli un nome. È questo che rende l'ansia unica: l'incapacità di nominarla, di disegnarle addosso dei confini certi, ripercorribili. È come il fuoco, appunto, intoccabile, indefinibile, in costante ed imprevedibile movimento. Ma torniamo a quella fiamma sul punto di nascere. Pian piano il pizzicorio si fa dolore, risale lungo il tubo digerente ed inizia ad annidarsi nel torace. Senti qualcosa che ti pesa addosso mentre cammini, parli, addirittura sorridi distrattamente. Il fuoco si espande a macchia d'olio sul tuo petto e senti di fare fatica a muoverti come prima, pensare come prima. Quel fastidio si fa sempre più opprimente, ti tocchi il petto, quasi a volerci indovinare un peso reale dimenticato lì per caso. Ti sfiori, lo fai davvero, senza che nessuno se ne accorga. Sorridi nervosamente. Credevi davvero di trovarci qualcosa? Ovviamente no, ma ci speravi. Intanto quell'oppressione non ti lascia, ti sembra quasi di non saper più respirare. È proprio così, non è che non ci sia aria o qualcosa t'abbia bloccato le vie respiratorie. No, è che non sai più respirare, non sei più capace di alternare inspirazione ed espirazione. Vedi? O meglio, senti? Lo senti come non sei più capace di farlo? L'aria sembra diminuire ogni attimo di più all'interno dei polmoni. È quel fuoco maledetto che brucia tutto, si prende ogni ultima briciola d'ossigeno, divampa. Il pensiero di non poter più respirare, di non farcela più a rubare un ultimo sorso d'aria al mondo inizia ad insinuartisi in mente. Che assurdità sarebbe morire così, di niente. Eppure sembra l'ipotesi più reale. Così distante e così tangibile, quasi l'unica ipotesi possibile. Intanto senti che quel fuoco, col gran fumo che deve sprigionare, sta invadendo anche le braccia, le gambe. Formicola tutto, il tuo intero corpo è come in preda ad un blackout inspiegabile. Eppure fuori nulla trapela, continui a parlare, forse più lentamente, ma lo fai, rispondi, non perdi un colpo. Potresti morire ora, in questo momento, mentre il petto ti scoppia e il fuoco, non contento, si dirige verso la gola. Non gli bastano i tuoi polmoni, vuole toglierti la parola, annodarti le corde vocali. All'improvviso smetti di parlare, vorresti farlo, chiedere aiuto, ma non ne esce niente. E poi, se anche riuscissi, cosa potresti mai dire? Sto andando a fuoco? Non ci crederebbe nessuno, riderebbero soltanto di te. Così rimani immobile, ammutolito, ti sfugge anche la penna che avevi tra le mani e neppure te ne accorgi. Investi un passante mentre cammini, t'inveisce contro, ma tu non lo senti. Non lo senti perché non ci sei, sei corpo vuoto, involucro assente. Dentro ormai è solo fuoco e fumo e aria irrespirabile. Continui a camminare ma le tempie pulsano, mentre non senti più neanche di avere un corpo. Il tuo corpo è solo quel dolore alla testa, costante, snervante. È così che si muore, di niente? Si può morire senza neanche aver potuto dire un'ultima parola, chiedere scusa, ringraziare? Sì che si può, certo che si può. Stai morendo ora, stai morendo in solitudine senza poterlo comunicare a benché anima viva, perché nessuno ti capirebbe, lo sai anche tu, nessuno. E smettila di sudare freddo, non serve a niente. Hai perso il controllo, e presto tutti se ne accorgeranno, ma tanto sarà troppo tardi. Sarà troppo tardi, lo sai no? Morirai e sarà già troppo tardi.
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Sto pensando tanto ultimamente.
Penso a tutte le cose che vorrei dirti. I pensieri, le emozioni che non ho il coraggio di trasformare in parole, a cui non riesco a dare un suono che arrivi dritto a te.
So già quale sarebbe la conseguenza di tutto ciò. So già che ti perderei per sempre.
Sono in questo limbo, da una parte sempre più propensa ad espormi, a raccontarti tutto, esausta da tutta questa situazione, esausta dal fatto di averti a pochi centimetri da me, ma non riuscire mai a raggiungerti; dall’altra parte spaventata dall’idea di farlo, di sentirmi dire quelle parole, di dover concretizzare e metabolizzare la dura verità, di rompermi in mille pezzi, di buttare via tutti i progressi fatti in questi ultimi due anni, di sprofondare di nuovo nel mio pozzo nero e, questa volta, non uscirne più.
Suonerò tragica, me ne rendo conto. Ma le emozioni che provo sono così forti che perderti sarebbe come un lutto per me. Non riesco ad immaginarmi la mia vita senza di te. Anche solo come amico. Sei ormai una presenza fondamentale nella mia vita, in ogni aspetto.
L’altro giorno al supermercato guardavo questa coppia fare la spesa. Lei con una mano trascinava verso di se il piccolo cestino e lui le stava a fianco, mentre sceglievano la tipologia di biscotti da acquistare. Li guardavo in quel momento così semplice, routinario, quotidiano, noioso anche, se vogliamo. Li guardavo e pensavo a come sarebbe bello condividere con te momenti così semplici. Condividere la vita non solo nei momenti di euforia, ma anche in quelli ordinari, ripetitivi, banali. Mi immaginavo tu che mi prepari la tua tanto rinomata pizza e io li che ti osservo con stupore mentre stendi l’impasto lievitato, sulla teglia. Oppure guardarti mentre riposi, dormi al mio fianco nel letto, sentire il tuo respiro, vedere il tuo volto disteso e rilassato.
Quando ti guardo, fantastico su tutto questo. Ti guardo e penso che tu sia bellissimo. Sei bellissimo. Dentro e fuori. Mi piaci da impazzire. Ti guardo e voglio memorizzare ogni tuo tratto, ogni tua caratteristica, ogni tua sfumatura. Ti guardo e penso a tutti i momenti che abbiamo passato insieme, tutte le parole che ci siamo detti, i segreti confidati, le risate strappate l’uno all’altro, le ore passate insieme anche solo in macchina a parlare del più e del meno. Quando ti sono vicina, respiro e il mio naso viene invaso dal profumo della tua pelle. Quanto mi piace, sa di pace e di un posto da cui non vorrei mai andarmene.
Ma sono solo fantasie, illusioni che non troveranno mai riscontro nella realtà.
E più ci penso, più sto male e più mi sento confusa.
So benissimo che la cosa migliore per me sarebbe dirti tutto, una volta per tutte. Vedere la tua reazione. Prenderne atto e agire di conseguenza.
Ma non ne sono capace. Ti voglio talmente tanto bene che il grande dolore che provo ad averti vicino ma non nella mia vita, riesco a sopportarlo solo grazie al pensiero di poterti comunque vivere in qualche modo.
È un gran bel casino. Un casino enorme.
E io non so che diamine fare.
Non so fino a quando riuscirò ad andare avanti così.
Non so neanche cosa mi succederà se e quando ti perderò.
Anche questa sera provo ad addormentarmi, con la testa che macina pensieri su pensieri e con le lacrime agli occhi.
Stringo a me il tuo maglione che mi hai regalato. Vorrei abbracciare te al suo posto. Vorrei poterti dare un bacio sulle labbra, uno sulla fronte, sussurrarti buonanotte ed addormentarmi vicino a te.
Notte notte jujubes
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Che paura che terrore che prospettive vuote vacue micce grigie spente insopportabili.
Vorrei gridare, saltare, strapparmi i capelli e la pelle dal corpo. Vorrei urlare fino a che non mi fanno male i polmoni e piangere singhiozzando senza alcun ritegno.
Perché mi sento così? Perché sono così? Perché esisto?
Sarebbe così facile fare un giro su me stessa e ritrovarmi esattamente allo stesso posto nello stesso modo ma esperendo tutto il contrario.
Una realtà luminosa piacevole e carica di possibilità, esperita da una me stessa che è esattamente uguale a me, ma si sente potente e capace di fare ciò che desidera.
Vorrei piegare la realtà circostante al mio piacere, questa cosa raramente mi riesce.
Sono svuotata dal mio potere e le persone se ne accorgono e per questo non mi amano.
Sono fissata con l'amore anche se poi non amo nessuno, neanche mia mamma e mio papà.
Sento che c'è un pozzo profondissimo e oscuro dentro di me e quando mi allontano da questo soffro.
Più sono vicina al resto del mondo e meno sento la profondità del pozzo, tanto lontana da me, e più sto male, pensare a quella profondità mi fa venire da piangere così come contemplare il resto del mondo e il mio riflesso in esso mi ottunde e mi fa sentire più ardentemente l'inutilità del tutto.
Vorrei vivere in fondo a quel pozzo.
12-01-25
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Prospettiva di oggi, #156
È tutta la giornata che piove su Berlino, io non sono andata a lavoro. Volevo pulire casa, pulirmi la testa, non lo so, magari uscire per fatti miei. Ho fatto tutto questo, ho fatto anche la spesa, senza il cappotto verde lunghissimo che mi fa sentire al posto giusto, ma con quello, ancora più caldo, che ho preso dall’armadio di mio padre. Quando sono andata via da lavoro, ieri, la mia collega decisamente perfetta per questo ufficio mi ha chiesto che programmi avessi per la serata, avevo il contratto da festeggiare. Io le ho detto che non lo sapevo, ma che la mia novella coinquilina aveva menzionato l’idea di aprire una certa bottiglia di vino insieme. Lì ho visto uno sprazzo di come sono dall’esterno - una delle cose che sono - una roba che certamente ho pensato spesso, ma vista nei suoi occhi e letta nelle sue parole si è fatta di nuovo reale, all’improvviso. Non so come fai ad essere sempre così cool, prima esci a bere birra con la professoressa indiana, poi bevi vino con quella brasiliana. Il fatto, e gliel’ho detto, è che avrei volentieri degli amici come lei, della mia età, se a qualcuno di loro andasse di vedersi ogni tanto fuori dall’ufficio. Il fatto è che prima ero come lei, non avevo spazio per nessuno e niente, ero concentrata sulle cose che avevo da fare. Non lo sono più: non faccio che perdermi, vado dove mi capita.
Poi è vero anche che coi cinquanta-sessantenni vado forte. La brasiliana mi ha detto che aveva intenzione di cambiare casa quando ha saputo del mio arrivo, anche perché quella in cui siamo è lontana, ma adesso vuole restare, perché le piace molto la mia compagnia. Io le offro le sigarette segrete, le cucino torta e castagne, pulisco da capo l’intera casa perché lei proprio non ne ha l’attitudine. La faccio sentire libera di essere se stessa. Allora mi confessa che si è inscritta ad una certa app di incontri, mi parla della sua vita. L’indiana ha un regalo per me, me lo porterà quando ritorna. La persona che sento di più in assoluto, ancora, è lo zio di Valerio: alla penultima terapia intensiva che abbiamo condiviso abbiamo realizzato che è più grande di come lo sarebbe mio padre. Queste persone parlano con me come io parlo con loro, ed io parlo con loro come parlo con tutti, anche quei tre amici che mi restano. Io, lo so, piaccio alle persone. Il commesso del negozio di casalinghi che stamattina ha dovuto gestire il suono dell’antitaccheggio provocato dal mio tentativo di andare via ha provato a scherzare con me, metà in inglese e metà in tedesco, metà parlando e metà cantilenando. A quanto pare esiste una parola in questa lingua astrusa che ha a che fare con le forbici e che significa qualcosa del tipo “ritagliare la sagoma”. Non stavo capendo un cazzo e quindi non ho colto bene, ma dopo pensandoci ho immaginato che volesse dirmi: Non ho avuto alcun dubbio che si trattasse di un errore, perché hai il profilo da personcina per bene. A volte è difficile ricordarmi che se suona l’allarme non è necessariamente perché ho fatto qualcosa di male. Eppure dovrebbe essere la prima spiegazione plausibile: non faccio mai deliberatamente qualcosa di male, e sono davvero una bella persona. Il cappotto di mio padre è mezzo monito di quanto posso essere capace di relazionarmi col prossimo e mezzo testimone di una condanna antica a cui non potrò mai sfuggire. Un esempio pratico: sono cresciuta sentendomi dire che sono una disordinata patologica incapace di contribuire alla gestione della casa. Adesso che papà è morto la narrazione si è ribaltata, e per mia madre quando entro in casa sua è arrivata la suocera ipercritica delle condizioni igieniche in cui vive. In comune a tutte le narrazioni c’è una cosa sola, la solita: io non vado bene, questo mio modo sbagliato di essere rende gli altri mie vittime.
Io piaccio a tutti perché non piaccio alla mia famiglia, oppure è più sensato dire nonostante? Nel frattempo, comunque, raccolgo sempre i frutti di questa scuola di inaccettabilità, ed è forse anche questo nel telos, anche questo mi ha portato ad essere qui, chissà dove altro mi porterà, finché resisto e ancora mi perdo.
#l’app di incontri comunque mi è ancora inaccettabile#proprio come per mia madre#magari però posso perdermi meglio e capitarci per sbaglio#non stupirebbe nessuno più di quanto stupirebbe me#nemmeno mia madre#pdo
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Oggi boccheggio, non respiro, le lacrime scendono prepotenti sul mio viso. Oggi avresti compiuto 70 anni, se quel maledetto incidente non ci fosse stato, stasera ti staremmo tutti festeggiando, davanti a un piatto di risotto alla crema di scampi e poi davanti a una torta al caffè, quella che ti piaceva tanto. Ti avrei preso dei fiori e magari qualche regalo d’argento che avresti snobbato, perché non eri capace ad accettare e basta, i regali se non ti piacevano lo facevi capire bene. Non mi sarebbe importato, avrei borbottato per un po’ ma poi t’avrei presa a ridere. Non siamo mai stati una famiglia numerosa, o meglio all’inizio lo eravamo ma poi col passare degli anni una ad una ve ne siete andate via, lasciandomi senza una figura femminile di riferimento. Sono passati dieci anni, il mio cuore non si abitua però, fare i conti con tutto questo pesa sempre di più. Tra tre mesi saresti diventata nonna, la nonna del nostro Mattia. Forse anche mio figlio sarà un piagnucolone come me, e questa tradizione di piangere i morti si tramanderà? Spero di no, spero di poter spezzare questo cerchio. Auguri mamma, ovunque tu sia.
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Esatto se devo fare un bilancio zielinski ha retto molto bene considerando che anche lui sta riprendendo da un infortunio e quindi gia a priori mi aspettavo il cambio, poi grazie a dio un'altro che tira i rigori (mi sono emozionata😂).
La partita di ieri é la fotografia perfetta di questo inizio stagione.
Non siamo gli stessi dello scorso anno e questo messaggio deve arrivare a TUTTI. Che non si inventino campioni d'italia di qua e di là é evidente. Siamo forti si, però ci sono delle lacune ben evidenti esempio: fase difensiva (dalla prima partita) superficiale e non attenta, creiamo tante occasioni ma facciamo molti meno gol di quanti dovremmo farne, "scelta" delle partite da giocare BENE.
Pavard non ha iniziato bene ma vedo che si sta riprendendo, il problema é tutta la fase difensiva e questo comprende anche altri giocatori. Comunque non lo avrei toccato ieri ecco a maggior ragione se il motivo é un cazzarola di cartellino giallo, questa roba qua DEVE cambiare anche perché un po'di esperienza la ha non mi sembra un bambino che non é capace di controllarsi.
Dumfries gia tanto che ha fatto gol per carità di dio subito dopo quello lo avrei sostituito al volo con darmian perché so che in quella fase di partita dove viene fuori anche la stanchezza mi devo coprire il culo e lui non lo fa. Accoppiata con bisseck sul finale di partita é micidiale (adoro bisseck eh però ci sono fasi di partita in cui non mi fido al 100%) al massimo lo avrei messo al posto di bastoni sull'altro lato che magari viste le sue caratteristiche dava una mano anche in avanti. Con i se e i ma non si va da nessuna parte e tanto quello che diciamo non cambia le cose però fa molto strano che noi da casa notiamo certe cose e chi sta li e viene pagato ci arriva sempre troppo tardi a volte.
Io davvero non mi capacito di questa difesa terribile però sai che stavo leggendo i dati negli ultimi anni e praticamente, a parte ovviamente lo scorso anno, abbiamo sempre fatto numeri del genere nelle prime partite? tipo due anni fa nessuno se lo ricorda davvero perché okay che siamo arrivati in finale di champions e whatever ma abbiamo avuto una fase difensiva da cani. Quindi è un problema che ci portiamo dietro e probabilmente lo scorso campionato è girato tutto bene per una condizione fisica migliore e un gioco più organizzato in generale (perché anche la mancanza di filtro a centrocampo fa tantissimo). Purtroppo lo scorso anno abbiamo settato standard così alti e non voglio dire "falsati" perché alla fine che significa, eravamo sempre noi...così come penso che comunque rimaniamo *sulla carta* i più forti. Ma purtroppo se il calcio fosse così semplice non sarebbe lo sport che è, abbiamo lacune gigantesche che non abbiamo mai colmato visto che in pratica a parte pavard e la cifra relativamente irrisoria di sommer non abbiamo speso nulla sui titolari.
Dumfries è questo e lo sappiamo...in premier farebbe faville 😭 Spinge, sbilancia, non si può dire che lo ricorderemo per la tecnica ma c'ha la fisicità per fare comunque qualcosa ma dietro se qualcuno non gli para il culo finisce malissimo e s'è visto con Bisseck insieme 😭 Purtroppo è stato un problema di incastri, dovendo per forza sostituire pavard per le sue fisime inzaghi non è che avesse altra scelta, l'unica era tenere dimarco in campo ma non so se fosse possibile...e quindi darmian a sinistra e bisseck a destra 🙄 Sì comunque è l'unico in europa a fare sta roba con i cartellini sistematicamente😭
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