#tanto sarebbe capace di fare tutto
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Possiamo far fare tutto a Valentina Romani per favore
#qualsiasi cosa#la voglio ovunque#tanto sarebbe capace di fare tutto#pure la conduttrice televisiva#la voglio a ballando con le stelle#tutto#al tg#a linea verde#a fare ogni fiction#ti amo#mare fuotag
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Andare a Berlino
Voi non capite, lo dico agli amici, mia madre, anche alla psicologa, adesso che ci sono tornata - ed è servito a convincerla a concedermi almeno un mese di appuntamenti. A volte la frase è tanto banale da riuscire ad arrivare al punto, un punto d’interruzione stanca, che ci dovrebbe vedere ricominciare. Voi continuamente mi sopravvalutate, pensate che quello che mi riesce è ciò che posso fare, ma vi sbagliate! Tutto quello che io faccio, anche esistere, è una deroga, sudore e lacrime, il prezzo di questa presunta naturalezza nel successo è la desolazione del mio paesaggio interiore, la depressione che non volete vedere. Però loro non lo vedono davvero, mentre la mia depressione e la violenza della mia direttrice morale mi portano a dimenticarlo, e allora anche io non capisco, non capisco che loro non mi proteggono perché proprio non lo sanno, mi pensano normale e mi fanno discorsi normali, in cui potrei essere chiunque, potrei fare quasi tutto. Non ci capiamo perché parliamo di due persone diverse.
L’altro ieri ho incontrato la professoressa tedesca, finalmente. Volevo discutere con lei del se fosse una buona idea andare lì in visiting, e lei mi ha risposto solo sul come e quando, e ondeggiava per esprimere la contentezza di avermi lì. Questa donna mi ha spezzato il cuore soltanto chiedendomi tu, tu cosa vuoi fare?, e mi è sembrato che nessuno me lo avesse chiesto mai questo. Non ce l’ho avuta una risposta per lei, ma mi è anche sembrato che mi potesse aiutare. Non vediamo cosa puoi fare per noi affinché ti conceda questa preziosa opportunità, ma come posso aiutarti ad avvicinarti ai tuoi obiettivi? Questo di sicuro non me lo avevano chiesto mai.
Quindi adesso cambio casa qui, spendo un quarto di tutto quello che possiedo per l’ennesima sistemazione, il trasloco e quello che ne consegue, ma nel frattempo vado a Berlino, da sola, a lavorare su quello che voglio, come se fossi una persona normale. Come se fossi semplicemente quella che gli altri vedono senza pagarne il prezzo. Come se avessi dei desideri di carriera, o di vita, o quel che è. Sarebbe proprio bello se avessero ragione. Nella confusione generale, poi, le catene che mi è stato comodo mettermi addosso già tirano un sacco ed il mio cane da guardia si lamenta e morde - non le conviene per niente, e sono troppo indipendente, sono sempre stata troppo ferma sulle suole delle scarpe, e allora attacca, ma gioca da sola. Anche questa, immagino, è una conseguenza di apparire quell’altra me. Sembro una capace di combattere, il ché è assolutamente indesiderabile, ma per essere stata messa in questa arena deve anche assolutamente esserci qualcosa di desiderabile in quella me.
Non ho ancora capito se a una di noi due piaccia davvero la libertà, ma so per certo che ne abbiamo bisogno.
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In questo ultimo periodo appena ho un momento di stress più o meno forte i sogni sono grossomodo tutti uguali: io che sogno di impazzire, chiedo aiuto e nessuno che vuole aiutarmi. Questa notte chiedevo di essere ricoverata perché avevo bisogno di un calmante e di un antibiotico per l'infezione vaginale – sesso infetto, è un caso? Direi di no – dicevo che sarei stata capace di uccidere "non mi preoccupa tanto il suicidio" dicevo freddamente, tenevo le mani dentro il giubbino di pelle ed il vento mi veniva in faccia, gelido, in una giornata umida e nuvolosa, era una piccola pausa di lucidità in un sogno in cui avevo gli occhi allucinati tutto il tempo e sentivo la rabbia cieca in petto montare violentemente e smorzarmi il fiato; "ma più la possibilità di omicidio". Al solito avevo paura di quello che la mia rabbia poteva fare agli altri e non a me stessa. Gridavo, a pieni polmoni, sentivo la gola graffiarsi ed io che mi portavo le mani ai capelli quasi a volerli strappare. Non grido mai, né da vigile né da addormentata, questo è stato un elemento nuovo. Al pronto soccorso, nel sogno, però non c'era nessuno sebbene prima ci fossero gli infermieri; ne beccai una ma poco dopo scappò via. Non sarebbe la prima volta quella di sognare di non trovare nessuno disposto ad aiutarmi. Forse è il modo di concepire la psichiatra, forse mi sono sentita abbandonata da lei, chissà.
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Lascialo andare
“C’è questa cosa che non avevo mai capito nella vita e l’ho scoperta molto tardi… E che tu ti giochi una buona quantità delle tue possibilità di stare sul pianeta terra, con felicità, te la giochi sulla capacità che tu hai di lasciare andare le cose: hai perso gli occhiali? Lasciali andare… Hai perso un amico? Lascialo andare… Hai vissuto un momento di felicità bellissimo con un amico? Ecco, il pensiero è sempre rivediamoci la prossima settimana… Lascialo andare”
(Alessandro Baricco)
Veniamo al secondo punto che ho messo online in questi giorni, tutto scaturito casualmente da due post micidiali che una mia cara amica ha intercettato (non volendo?) e mi ha rigirato. Sul primo (scegliere tra voler bene o amore) ci tornerò un'altra volta.
Lasciare andare… quando non si ha alternative, quando si è messi dinanzi a un prendere o lasciare è sempre un "lasciare andare". Semplicemente non hai scelta. Non puoi fare diversamente. Non esisti più nella sua vita, o almeno non esisti come ti eri prefigurato fino a qual momento. Soprattutto come nel mio caso, dove entrambi esistevamo, ma camminando su un filo invisibile, un funambulismo di esserci senza esserci, di essere un riferimento per l'altro anche senza esserlo ufficialmente, con uno dei due smaccatamente alla ricerca di una conferma dell'altro e con l'altro (io) che, stupidamente e soprattutto per un malcelato orgoglio, manteneva il punto per non voler (ri)cedere. Non é stato solo orgoglio ma soprattutto paura, maledetta paura di rivivere tutto ciò che c'era stato di pessimo tra noi due e che aveva lasciato alle nostre spalle solo macerie, con cui fare i conti ancora oggi (ad esempio mia figlia: come ho potuto avere piena conferma durante un breve confronto "a cuore aperto" in questi giorni). Lasciare andare non è mai facile. É bello a parole. Bello quando come il signor Alessandro Baricco, scrittore elegante, probabilmente scialacquatore nella vita di amori, occasioni furtive e non, passioni brucianti e bruciate, si permette alla fine della "sua" giostra, di poter dire che ha capito che la miglior teoria da adottare nella vita �� il "lascialo andare". Lo puoi dire e fare, a mio parere, con nochalance quando hai preso tutto dalla vita o quando hai raggiunto la saggezza di un vecchio buddista tibetano e quindi sei in grado di sfoggiare il gusto del distacco per le cose terrene, per le cose belle o brutte che hai vissuto, perché intanto il tuo sguardo è ormai proiettato in avanti. Potrei arrivare a dirlo anche io (chi non ne é capace?) quando ciò di cui si sta discutendo non è la nostra vita ma quella degli altri. Da buon salottiere, semmai con un bel bicchiere di vino in mano, potremmo permetterci di pontificare sulla vita altrui, non su quella nostra, annotare le cose giuste e sbagliate, "consigliare" ciò che andrebbe fatto rispetto a quello che abbiamo fatto. Ma alla fine tutto si riduce ad una lotta impari col proprio sentire, col proprio vissuto, con quello che si è radicato intorno a quella idea di amore (purtroppo a volte è solo un'idea di amore e non l'amore) e della quale non riusciamo proprio a farne a meno. Entrano in ballo ricordi, sensazioni, non sempre positive, parole non dette (questo è un altro tema… "le parole che non ti ho detto") emozioni, tutto un fardello che grava sul cuore, sulla mente e che anche una scissione chirurgica e radicale, operata "all'improvviso" sulla tua vita, non riesce a dissipare, tanto più è stato traumatico l'evento.
Quanto sono state traumatiche le vicende che mi hanno interessato? In fondo lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. In fondo era un qualcosa che andavamo ricercando entrambi, perchè questo cordone ombelicale invisibile, che ci teneva (che mi tiene) inscindibilmente uniti ormai era diventato ingombrante per entrambi. Non ci faceva vivere (non mi ha fatto vivere), ci teneva saldamente ancorati l'uno all'altro nonostante gli sforzi fatti per staccarsi (lei è stata indubbiamente molto più brava di me e non una sola volta). Ho finito per elevarla a simulacro, un punto irrangiungibile di confronto, che mei fatti solo una persona molto intelligente è riuscita a dimostrarmi, rispetto al quale tutte le persone che ho incontratto successivamente venivano meno. Semplicemente non erano lei. Per cui tutto annunciato, tutto previsto eppure…? eppure mi sono ritrovato per l'ennesima volta impreparato… per la seconda volta ho sentito un sonoro schiaffone arrivarmi in faccia, nonostante io andassi predicando altro. Pensavo davvero di aver raggiunto l'agognato distacco, di essere riuscito a superare il legame, a proclamare un dignitoso distacco ed equilibrio, perché riuscivo a vederla, frequentarla, fare cose con lei senza apparente tensione sessuale e affettiva. Ero orgoglioso di me. Dopo due anni di duro lavoro, anche psicoanalitico, ce l'avevo fatta. Non ero riuscito ad applicare in toto la teoria del "lascialo andare" ma ero convinto di aver instaurato un rapporto dignitoso di mero equilibrio affettivo (assolutamente non amicale come lei in maniera "stupita" è andata affermando dopo). E invece così non è stato: mi sono ritrovato in pochi secondi dall'augurarle tutte le fortune del mondo a morire dentro, ancor più della volta precedente, ma questa volta senza apparente dolore. Ed infatti a ripensarci non è stato dolore: più rabbia e delusione verso me stesso, incapace di nuovo di non saper razionalizzare se non dopo questo lungo excursus di ricordi e pensieri, di non saper accogliere la notizia per quella che era… un "lascialo andare" annunciato e farne un dramma esistenziale, una pseudo tragedia napoletana, tutta vissuta interiormente, in cui ho finito col consumare le residue energie che avevo fin qui accantonato.
Lascialo andare… ah, a saperlo fare. Ma dovrò gioco forza apprendere anche questo: lascialo andare per non perdere ulteriori attimi di felicità.
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il tabacco si è incastrato nella gola e ora non riesco a parlare, quindi scrivo.
il cibo non riesce ad essere relegato in quel luogo scuro e acido che è il mio stomaco. lo sento ribellarsi, dimenarsi.
mi gira la testa e ho gli occhi spalancati. un pittore curioso, un gaugin, ha intinto i polpastrelli nel nero della tavolozza e l'ha messo nelle mie pupille, si sollazza a deturparmi. anche io sto deturpando qualcosa: un libro, delle parole, le sto evidenziando di verde. lolita, mi ha delusa lolita, lo ricordavo meglio.
è tutto obnubilato, non vedo. il pittore deve aver deciso di affondare di nuovo le dita nei miei occhi cagionevoli e adesso è tutto rosso.
sangue, forse. chissà se il mio sangue è sempre uguale dappertutto, chissà se è dello stesso colore delle cadute flautate che avvenivano quando acceleravo in discesa con la bici o di quando cadevo dall'albero di nespole del nonno, chissà se è dello stesso colore dei primi tagli, delle rose, della penna che uso per annotare quello che penso in una copia della nausea di sartre, dello smalto sulle unghie.
odio dover mettere lo smalto, odio dover aspettare che si asciughi, non ho pazienza. odio che se non lo faccio mangio e spezzo strati di pelle lì attorno.
non ho mai avuto una cicatrice fino a 12 anni, in quegli anni ero convinta che nessuno avrebbe saputo, mai. ora non m'importa, non sono un segreto, sono l'opposto, una bara profanata.
ci sono e non ci sono, sto scrivendo. quello sì. senza sosta. però non ricordo di aver scritto il paragrafo precedente. gli uomini sono infelici, lo dice pure bernhard. perché un essere infelice continua a procreare?
non mi piace scrivere per rendere le persone felici, non mi piace scrivere per avere un senso, non mi piace scrivere bene. mi piace scrivere e dare fastidio. sei stato male leggendo post precedenti? bene così, quello volevo, devi provare fastidio. che senso ha leggere qualcosa che non infastidisce? se non ti buca il petto perché lo leggi?
ogni tanto penso di scrivere qualcosa che stupri la mente di chi legge. lo farei, ne fossi capace.
incapace, ecco qual è il problema. l'ha detto anche quel ragazzo, ha detto che non prendo seriamente né il bene né il male, né la droga né la terapia.
il pittore si è stufato.
anche gli alcamesi sono stufi, anche gli italiani. non c'è la boheme qui, siamo in un quadro di hopper e forse non ci sono nemmeno bernhard, gaugin e sartre. c'è solo verga. forse non ci sono nemmeno io e forse nemmeno a me frega un cazzo della piega dittatoriale che sta prendendo la rai.
e se la mia sensibilità fosse solo eccentrica ribellione? "ah sì è così che va? e io estremizzo a forza i tuoi sensi, finché non li percepisci tutti, devono essere una scarica elettrica per la tua mente dormiente"
e non importa se la scarica è
così forte da essere letale,
non m’importa se muori. sarebbe il sacrificio di uno zombie.
mentre lo penso il battito cardiaco comincia a fare una maratona, non dovrei fumare tanto ma sono stressata e ho promesso alla psichiatra di non bere e al dottore che non sarei finita di nuovo in overdose, ho l'ansia, se papà scoprisse che volevo se ne andasse?
ho fallito, ogni cosa che pubblico è un fallimento e voi nemmeno lo sapete, quindi va bene, la società non si accorge del fallimento ma acclama lo spettacolo. acclama l'ennesimo scritto disturbante senza chiedersi come una cosa simile sia potuta nascere. "che persona sana di mente concepirebbe una cosa del genere?" nessuna, nemmeno una.
la cosa che non capisco è: perché addolcisco la pillola? perché m'importa di non mettere a disagio sconosciuti con la mia psiche? voglio rimanerti indigesta.
non sono uscita di casa e non ho mangiato per due mesi la scorsa estate, andavo solo al mare e guardavo film, loro non mi fanno sentire plumbea.
"sei un libro aperto, con quel che dici e quel che fai" ne sei sicuro? e anche se lo fossi, non potresti e non vorresti leggerlo comunque
il cuore martella, non riesco a respirare, rivoglio i miei occhi in ordine. nausea. è colpa del tabacco? è colpa del ragnetto che non riesco ad uccidere? è colpa del caffè latte? è colpa di quella volta in cui le coinquiline hanno chiamato troppo presto i soccorsi?
è colpa mia?
ogni tanto ho lo stesso impulso del protagonista di fight club, quello di rovinare l'arte, distruggerla.
cancellare le poesie, coprire mondrian di nero, decapitare il david, giocare a calcio tra le rovine del tempio dorico di taranto, ricoprire di graffiti la loggia del lionello di udine.
scrivere dell'arte solo per ucciderla.
tutto è un gioco, io sto avendo un attacco di panico da cinque minuti e tu te lo sei pure letto, scusami, non volevo.
voglio una seconda chance, non voglio intimorire, voglio che mi capiscano. voglio che qualcuno si innamori delle mie parole, voglio ammaliare per la magnificenza che può portare il disastro.
sento il fumo in bocca, ho il fumo in bocca. voglio toglierlo, non lo voglio più.
voglio chiedere al pittore maldestro di non deturparmi, voglio smetterla di sentirmi di troppo, voglio che qualcosa mi stupisca invece di anticipare sempre tutto, non voglio che gli altri mi diano un'occhiata e abbassino subito lo sguardo. non voglio parlare e far sentire gli altri stupidi. voglio riuscire a studiare e parlare del perché ami così tanto il mio corso di università e voglio degli amici che amino qualcosa, che amino tutto, che riescano ad amare, voglio dare un'altra possibilità agli stoici e la loro pantomima sulla disciplina.
voglio voglio voglio,
voglio un'altra sigaretta
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OFMD Ficlet - XIII
Birds of a feather Edward
Anche se le notti di Edward Teach cominciavano tutte in modo diverso, quando il sonno finalmente lo prendeva finivano tutte per assomigliarsi.
Tutte erano fatte di risvegli improvvisi e di strani sogni dalle lunghe spire, di sudori freddi e angosce piene di schegge che gli blindavano il respiro in scatole sempre più piccole, finché stanco di dibattersi non si rialzava in cerca di qualcosa da fare, di qualcosa da mordere, di un modo qualsiasi per zittire il lamentarsi delle ossa il contrarsi dei muscoli e l'infiammarsi del cervello.
///
Edward non era stato un bambino difficile.
Solo un po' piagnucoloso, quando era davvero molto piccolo; solo un po' pauroso, un po' irrigidito dal freddo della casa dove non c'era mai un fuoco, dove ogni passo doveva essere in punta di piedi e dove era meglio non parlare troppo forte, non occupare troppo spazio.
Una volta sola sua madre l'aveva picchiato; ma doveva essere proprio piccolo, perché lo ricordava appena.
Ricordava il pavimento umido, il muro gelido contro le vertebre, la fronte premuta sulle ginocchia mentre urlava che voleva lo lasciassero solo; e poi, non appena otteneva che la porta si chiudesse sulla stanza vuota, ricordava le urla che gli laceravano la gola per la paura di rimanere solo. Ricordava il buio, gli occhi di sua madre quando alla fine, esasperata, gli aveva dato il ceffone che l'aveva poi zittito.
Ma dopo quella volta, tutto era andato liscio come l'olio; Edward aveva smesso di urlare e scalciare e di volere cose opposte contemporaneamente, suo padre era morto, lui era fuggito sulla prima nave che lasciava il porto. Solo molto tempo dopo aveva saputo che era morta anche sua madre.
Tutto liscio come l'olio.
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Una! Cosa! Sola!
Una sola rotta! Una e precisa!
Una linea dritta, pulita come una lama di coltello!
Guarda! Come tutto diventa chiaro! Quando vuoi! Una! Cosa! SOLA.
Le tempeste gli sono sempre piaciute, non è vero!? Perché devi fare UNA COSA SOLA ed è non scivolare, non finire in mare, perché è tutto così chiaro e netto, non è vero!?
E adesso che non c'è più NESSUNO - GUARDA - hai UNA! SOLA! COSA! - da fare, adesso, devi solo continuare sempre dritto come un colpo di pistola - sì, la senti ancora, nelle gengive dietro gli occhi l'esplosione breve enorme alle tue spalle ah, sei stato un figlio di puttana fino alla fine, a rendermi le cose più difficili proprio adesso, ma chissà, chissà se poi ci avessi provato, chissà adesso di chi sarebbe il cervello schizzato giù nel fondo della nave mmh? (Volevo che lo facessi oh no non volevo che lo facessi volevo fermarti volevo che mi fermassi volevo volevo volevo volevo -) AH, UN ULTIMO SFORZO, UNA! COSA! SOLA! - ed è smuovere questa fottuta bocca di cannone - perché figurarsi, se uno solo di questi idioti ha un briciolo del fegato di Izzy - ma la luce nera negli occhi di Jim sembra promettente ti sembra promettente ti ricorda qualcosa ti ricorda qualcuno e ti ricorda che quando hai una sola cosa da fare tutto diventa così fottutamente facile, tutto fottutamente liscio come l'olio, come il ponte di una nave nella burrasca, come il sangue del tuo secondo che dilaga a terra come la traiettoria di un proiettile -
*BLAM*
"HAH..! PICCOLO INDISTRUTTIBILE BASTARDO!"
E poi
- ah, ecco che finalmente scivoli; perché non sei stato capace - non sei mai stato capace di fare una, sola, cosa; non sei capace di volere abbastanza una, sola, cosa, e alla fine tutto ti sfugge; tutto corre via come la pioggia che cade dritta e tu rimani lungo disteso a terra e forse era questa, fin dall'inizio, proprio questa quell'una, sola, cosa, e forse ci hai messo così tanto a capirlo perché non sei stato mai capace di guardarla in faccia; ma adesso eccoti, alla resa dei conti, eccoti scivolare via mentre la notte si disfa in rivoli lunghi d'acqua scura, e guarda un po', se alla fine non è proprio Jim.
"Finalmente."
///
#ofmd ficlet in italiano#ah shit here we go again#ofmd spoilers#our flag means death spoilers#ofmd s2#i mean not really ma se leggeste sarebbero spoiler quindi better safe than sorry
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Mi capita quest'anno del centenario di attraversare ancora di più l'Italia per raccontare di Don Milani e la scuola di Barbiana. Sabato accadrà in un posto che mi hanno sempre detto speciale, la Fraternità di Romena Onlus, nel Casentino, e sarà emozionante farlo dopo aver ascoltato Francesco Guccini, ospite come me, come Sandra Gesualdi, Antonia Chiara Scardicchio. Pare che saremo in buona compagnia. Non ho mai avuto un rapporto speciale con i preti. Sarò stato sfortunato. Non lo nascondo nemmeno ogni volta che faccio lo spettacolo e ai preti generosi e cari che mi invitano per farlo. Lo dichiaro da subito. Eppure che sia stato un prete a dire che gli toccava amare i suoi ragazzi "come le maestre e le puttane" mi porta ogni volta un mistero che va oltre le tonache, i ruoli, la politica. E' roba di sangue che circola e batte nel senso più nobile e alto del termine. Nessuno mai è stato capace di dire così tanto. C'è tutto lì. Appena ieri lo spettacolo era in scena ad Acquaviva delle Fonti organizzato dal Liceo "Don Milani" della Città. Dal mattino alla sera l'ho replicato 3 volte davanti a studenti, professori, genitori, politici. Una ragazza al mattino mi ha chiesto cosa sentivo durante lo spettacolo perché lei aveva provato una forte emozione. Si chiedeva se accadesse anche a me. Le ho detto che sono quasi 200 volte che ho fatto questo spettacolo e che ogni volta che arriva il brivido lungo le braccia mi stordisce e mi interroga allo stesso tempo. Ricordo che con Fabrizio Saccomanno, l'amico e regista dello spettacolo, fu una lotta dura su questo. Una lotta che capisco solo ora. Ieri ad Acquaviva c'era un'intera comunità ad ascoltare in una giornata degna di un "parlamento". I brividi delle 3 repliche hanno attraversato i corpi di tutti? Non lo so. Cambieranno il mondo quei brividi? No. Come dice una vecchia storia che cito spesso, se va bene, serviranno a fare in modo che il mondo non cambi me. E' il dono più intimo che mi ha portato questo spettacolo. Chi salva chi? Ci sarebbe da parlarne a lungo. Sul libretto che hanno stampato ad Acquaviva per l'occasione è riportato, "sono stato solo furbo. Ho saputo toccare il tasto che ha fatto scattare i loro più intimi doni. Io ricchezze non ne avevo. Erano loro che traboccavano e nessuno lo sapeva". Don Lorenzo Milani Il programma di questo sabato alla Fraternità di Romena Onlus: https://www.romena.it/events/event/convegno-sperare-insieme/
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Ho sempre saputo che c’era qualcosa di speciale fra di noi, molto più che con chiunque altro. Quando mi sono alzata dopo il sogno è ho letto sul tuo blog che mi avevi sognata pure te mi è sembrato surreale. Io non credo molto a queste cose psichiche ma a volte le coincidenze mi sembrano troppo strane.
Che non è la stessa cosa me ne rendo conto soprattutto ora che cerco di andare avanti.
Pensavo fosse così per tutte le persone con cui ti trovi bene, che dopo un po’ che ti frequenti si crea quella chimica di due persone che si conoscono profondamente. Invece mi sto rendendo conto che non è così.
Che niente mi viene naturale come mi veniva con te, che fare sesso è bello, ma amarsi e godere insieme è un’altra cosa. E soprattutto lo vedo non nell’atto stesso ma dopo, quando siamo stesi a letto e siamo vicini e ognuno ha i propri pensieri, in quel momento i nostri erano gli stessi
Tu non saresti mai stato al telefono in una giornata insieme e io credevo fosse normale. Invece mi è stato detto che sono pesante “non posso mica darti attenzioni per tutto il giorno, ogni tanto mi serve un’oretta per farmi i fatti miei al telefono”. Con te passare un pomeriggio non è mai stato pesante, il tempo insieme è sempre stato la cosa più preziosa che avevamo, forse perché non era scontato.
Le mie caratteristiche che te apprezzavi non si incastrano in una nuova relazione e io faccio fatica a reggere il confronto di te rispetto a una persona nuova. Pensavo forse che sarebbe stato più semplice dimenticare il fatto che non ci sei più e mi sento anche in colpa per averci provato, forse è stato un errore. Forse avevo bisogno di più tempo. Ma quanto? Non sarò mai capace di cancellare chat , foto , video.
Pensavo che fosse naturale sentirsi così tranquille a girare nude per casa, a mostrare i miei difetti senza aver paura di essere giudicata, pensavo che fosse per tutti normale in una relazione poter dire tutto, qualsiasi cosa e sapere che l’altro capisce, proporre cose nuove e parlarne insieme.
I confronti che faccio rendono tutto ancora più pesante. E non lo noto solo io, è chiaro a tutti che da quando non ci sei ho perso una parte anche di me, è chiaro persino a mia mamma che ieri mi ha chiesto quanto mi mancavi. Tanto, ho detto.
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01.47
L'ansia è una lingua di fuoco che dall'ombelico sale lenta e costante verso il torace, il cuore, la gola, per divampare nella testa, al centro degli occhi. All'inizio, fiamma trasparente, quasi invisibile, si annida in fondo al ventre aspettando il momento propizio per palesarsi. È un fastidio che inizia dallo stomaco, come un prurito, un pizzicorio impossibile da spiegare a parole. C'è qualcosa, dentro, che si muove a sproposito e non sapresti dargli un nome. È questo che rende l'ansia unica: l'incapacità di nominarla, di disegnarle addosso dei confini certi, ripercorribili. È come il fuoco, appunto, intoccabile, indefinibile, in costante ed imprevedibile movimento. Ma torniamo a quella fiamma sul punto di nascere. Pian piano il pizzicorio si fa dolore, risale lungo il tubo digerente ed inizia ad annidarsi nel torace. Senti qualcosa che ti pesa addosso mentre cammini, parli, addirittura sorridi distrattamente. Il fuoco si espande a macchia d'olio sul tuo petto e senti di fare fatica a muoverti come prima, pensare come prima. Quel fastidio si fa sempre più opprimente, ti tocchi il petto, quasi a volerci indovinare un peso reale dimenticato lì per caso. Ti sfiori, lo fai davvero, senza che nessuno se ne accorga. Sorridi nervosamente. Credevi davvero di trovarci qualcosa? Ovviamente no, ma ci speravi. Intanto quell'oppressione non ti lascia, ti sembra quasi di non saper più respirare. È proprio così, non è che non ci sia aria o qualcosa t'abbia bloccato le vie respiratorie. No, è che non sai più respirare, non sei più capace di alternare inspirazione ed espirazione. Vedi? O meglio, senti? Lo senti come non sei più capace di farlo? L'aria sembra diminuire ogni attimo di più all'interno dei polmoni. È quel fuoco maledetto che brucia tutto, si prende ogni ultima briciola d'ossigeno, divampa. Il pensiero di non poter più respirare, di non farcela più a rubare un ultimo sorso d'aria al mondo inizia ad insinuartisi in mente. Che assurdità sarebbe morire così, di niente. Eppure sembra l'ipotesi più reale. Così distante e così tangibile, quasi l'unica ipotesi possibile. Intanto senti che quel fuoco, col gran fumo che deve sprigionare, sta invadendo anche le braccia, le gambe. Formicola tutto, il tuo intero corpo è come in preda ad un blackout inspiegabile. Eppure fuori nulla trapela, continui a parlare, forse più lentamente, ma lo fai, rispondi, non perdi un colpo. Potresti morire ora, in questo momento, mentre il petto ti scoppia e il fuoco, non contento, si dirige verso la gola. Non gli bastano i tuoi polmoni, vuole toglierti la parola, annodarti le corde vocali. All'improvviso smetti di parlare, vorresti farlo, chiedere aiuto, ma non ne esce niente. E poi, se anche riuscissi, cosa potresti mai dire? Sto andando a fuoco? Non ci crederebbe nessuno, riderebbero soltanto di te. Così rimani immobile, ammutolito, ti sfugge anche la penna che avevi tra le mani e neppure te ne accorgi. Investi un passante mentre cammini, t'inveisce contro, ma tu non lo senti. Non lo senti perché non ci sei, sei corpo vuoto, involucro assente. Dentro ormai è solo fuoco e fumo e aria irrespirabile. Continui a camminare ma le tempie pulsano, mentre non senti più neanche di avere un corpo. Il tuo corpo è solo quel dolore alla testa, costante, snervante. È così che si muore, di niente? Si può morire senza neanche aver potuto dire un'ultima parola, chiedere scusa, ringraziare? Sì che si può, certo che si può. Stai morendo ora, stai morendo in solitudine senza poterlo comunicare a benché anima viva, perché nessuno ti capirebbe, lo sai anche tu, nessuno. E smettila di sudare freddo, non serve a niente. Hai perso il controllo, e presto tutti se ne accorgeranno, ma tanto sarà troppo tardi. Sarà troppo tardi, lo sai no? Morirai e sarà già troppo tardi.
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Sto pensando tanto ultimamente.
Penso a tutte le cose che vorrei dirti. I pensieri, le emozioni che non ho il coraggio di trasformare in parole, a cui non riesco a dare un suono che arrivi dritto a te.
So già quale sarebbe la conseguenza di tutto ciò. So già che ti perderei per sempre.
Sono in questo limbo, da una parte sempre più propensa ad espormi, a raccontarti tutto, esausta da tutta questa situazione, esausta dal fatto di averti a pochi centimetri da me, ma non riuscire mai a raggiungerti; dall’altra parte spaventata dall’idea di farlo, di sentirmi dire quelle parole, di dover concretizzare e metabolizzare la dura verità, di rompermi in mille pezzi, di buttare via tutti i progressi fatti in questi ultimi due anni, di sprofondare di nuovo nel mio pozzo nero e, questa volta, non uscirne più.
Suonerò tragica, me ne rendo conto. Ma le emozioni che provo sono così forti che perderti sarebbe come un lutto per me. Non riesco ad immaginarmi la mia vita senza di te. Anche solo come amico. Sei ormai una presenza fondamentale nella mia vita, in ogni aspetto.
L’altro giorno al supermercato guardavo questa coppia fare la spesa. Lei con una mano trascinava verso di se il piccolo cestino e lui le stava a fianco, mentre sceglievano la tipologia di biscotti da acquistare. Li guardavo in quel momento così semplice, routinario, quotidiano, noioso anche, se vogliamo. Li guardavo e pensavo a come sarebbe bello condividere con te momenti così semplici. Condividere la vita non solo nei momenti di euforia, ma anche in quelli ordinari, ripetitivi, banali. Mi immaginavo tu che mi prepari la tua tanto rinomata pizza e io li che ti osservo con stupore mentre stendi l’impasto lievitato, sulla teglia. Oppure guardarti mentre riposi, dormi al mio fianco nel letto, sentire il tuo respiro, vedere il tuo volto disteso e rilassato.
Quando ti guardo, fantastico su tutto questo. Ti guardo e penso che tu sia bellissimo. Sei bellissimo. Dentro e fuori. Mi piaci da impazzire. Ti guardo e voglio memorizzare ogni tuo tratto, ogni tua caratteristica, ogni tua sfumatura. Ti guardo e penso a tutti i momenti che abbiamo passato insieme, tutte le parole che ci siamo detti, i segreti confidati, le risate strappate l’uno all’altro, le ore passate insieme anche solo in macchina a parlare del più e del meno. Quando ti sono vicina, respiro e il mio naso viene invaso dal profumo della tua pelle. Quanto mi piace, sa di pace e di un posto da cui non vorrei mai andarmene.
Ma sono solo fantasie, illusioni che non troveranno mai riscontro nella realtà.
E più ci penso, più sto male e più mi sento confusa.
So benissimo che la cosa migliore per me sarebbe dirti tutto, una volta per tutte. Vedere la tua reazione. Prenderne atto e agire di conseguenza.
Ma non ne sono capace. Ti voglio talmente tanto bene che il grande dolore che provo ad averti vicino ma non nella mia vita, riesco a sopportarlo solo grazie al pensiero di poterti comunque vivere in qualche modo.
È un gran bel casino. Un casino enorme.
E io non so che diamine fare.
Non so fino a quando riuscirò ad andare avanti così.
Non so neanche cosa mi succederà se e quando ti perderò.
Anche questa sera provo ad addormentarmi, con la testa che macina pensieri su pensieri e con le lacrime agli occhi.
Stringo a me il tuo maglione che mi hai regalato. Vorrei abbracciare te al suo posto. Vorrei poterti dare un bacio sulle labbra, uno sulla fronte, sussurrarti buonanotte ed addormentarmi vicino a te.
Notte notte jujubes
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Esatto se devo fare un bilancio zielinski ha retto molto bene considerando che anche lui sta riprendendo da un infortunio e quindi gia a priori mi aspettavo il cambio, poi grazie a dio un'altro che tira i rigori (mi sono emozionata😂).
La partita di ieri é la fotografia perfetta di questo inizio stagione.
Non siamo gli stessi dello scorso anno e questo messaggio deve arrivare a TUTTI. Che non si inventino campioni d'italia di qua e di là é evidente. Siamo forti si, però ci sono delle lacune ben evidenti esempio: fase difensiva (dalla prima partita) superficiale e non attenta, creiamo tante occasioni ma facciamo molti meno gol di quanti dovremmo farne, "scelta" delle partite da giocare BENE.
Pavard non ha iniziato bene ma vedo che si sta riprendendo, il problema é tutta la fase difensiva e questo comprende anche altri giocatori. Comunque non lo avrei toccato ieri ecco a maggior ragione se il motivo é un cazzarola di cartellino giallo, questa roba qua DEVE cambiare anche perché un po'di esperienza la ha non mi sembra un bambino che non é capace di controllarsi.
Dumfries gia tanto che ha fatto gol per carità di dio subito dopo quello lo avrei sostituito al volo con darmian perché so che in quella fase di partita dove viene fuori anche la stanchezza mi devo coprire il culo e lui non lo fa. Accoppiata con bisseck sul finale di partita é micidiale (adoro bisseck eh però ci sono fasi di partita in cui non mi fido al 100%) al massimo lo avrei messo al posto di bastoni sull'altro lato che magari viste le sue caratteristiche dava una mano anche in avanti. Con i se e i ma non si va da nessuna parte e tanto quello che diciamo non cambia le cose però fa molto strano che noi da casa notiamo certe cose e chi sta li e viene pagato ci arriva sempre troppo tardi a volte.
Io davvero non mi capacito di questa difesa terribile però sai che stavo leggendo i dati negli ultimi anni e praticamente, a parte ovviamente lo scorso anno, abbiamo sempre fatto numeri del genere nelle prime partite? tipo due anni fa nessuno se lo ricorda davvero perché okay che siamo arrivati in finale di champions e whatever ma abbiamo avuto una fase difensiva da cani. Quindi è un problema che ci portiamo dietro e probabilmente lo scorso campionato è girato tutto bene per una condizione fisica migliore e un gioco più organizzato in generale (perché anche la mancanza di filtro a centrocampo fa tantissimo). Purtroppo lo scorso anno abbiamo settato standard così alti e non voglio dire "falsati" perché alla fine che significa, eravamo sempre noi...così come penso che comunque rimaniamo *sulla carta* i più forti. Ma purtroppo se il calcio fosse così semplice non sarebbe lo sport che è, abbiamo lacune gigantesche che non abbiamo mai colmato visto che in pratica a parte pavard e la cifra relativamente irrisoria di sommer non abbiamo speso nulla sui titolari.
Dumfries è questo e lo sappiamo...in premier farebbe faville 😭 Spinge, sbilancia, non si può dire che lo ricorderemo per la tecnica ma c'ha la fisicità per fare comunque qualcosa ma dietro se qualcuno non gli para il culo finisce malissimo e s'è visto con Bisseck insieme 😭 Purtroppo è stato un problema di incastri, dovendo per forza sostituire pavard per le sue fisime inzaghi non è che avesse altra scelta, l'unica era tenere dimarco in campo ma non so se fosse possibile...e quindi darmian a sinistra e bisseck a destra 🙄 Sì comunque è l'unico in europa a fare sta roba con i cartellini sistematicamente😭
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Mi rifiuto di dire banalità. Mi rifiuto, ma evidentemente sbaglio, perché se sono cose che si dicono sempre in certe situazioni probabilmente è perché servirà a qualcosa dirle, chissà a cosa. Vorrei fare la cosa giusta, ma poi mi si attiva questo senso di irrilevanza, e subito dopo mi accartoccio tutta e allora mi rifiuto. Rifiutarsi a cosa serve, invece? È banale anche questa risposta. Non sarebbe quindi meglio dirsi che mi manca, che mi sento in colpa, che ho paura di dimenticare i dettagli, che lo sto comunque già facendo? Io dimentico. Vado avanti così. Tutti dimenticano, ma io in più non ci provo davvero a ricordare, sono costituzionalmente immune al rimpianto. Dovrei piangere di nuovo. È successo ieri. Era tutto quello che volevo, tutto quello che avrei voluto avere. Era tutto. Davvero, non è per dire. Gli unici desideri che ho avuto riguardavano lui, anzi: ciò che poteva darmi lui.
Invece mi alzo la mattina, faccio tardi a questa specie di nuovo lavoro. Resto bloccata in ascensore, mi salvo da sola, neanche un filo di panico. Lo racconto ridendo alla riunione in cui mi trovo d’improvviso invischiata. Me la cavo. Prendo la metro. Un sacco di metro. Cucino per oggi e per domani. Mi iscrivo a workshop. Alla fine sono le undici e decido di andare a letto, e mi sento un mostro perché ho tanto di cui poter essere fiera ma Valerio non lo saprà mai perché io vado schifosamente avanti e lui è oramai un cumulo di cenere in un barattolo. Valerio. In un barattolo. Sono diventata incapace di provare panico, ma mi accorgo comunque di una leggera sensazione di paura all’idea che tutto questo prima o poi finirà e queste parole prenderanno a significare davvero qualcosa. La maggior parte del tempo, comunque, mi chiedo se voglio davvero che qui mi propongano un lavoro, e se lo faranno. Come se fosse rilevante… scappo da quello che credo essere il mio barattolo, proprio io che dovrei avere molto chiara la differenza tra letterale e figurato. Devo proprio riprendere a piangere, o impazzirò - funzionalmente, è ovvio. Valerio non sarebbe impazzito mai. Se fossi morta lui quanto a lungo avrebbe pianto? È banale, ma io in quel caso lo avrei voluto vedere prostrato. Lui era capace davvero di volermi qui? Lo diceva. Lui, però, era meraviglioso. Io scassino gli ascensori pur di fuggire senza dare l’allarme.
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Come stracazzo posso sentirmi lo capisco solo io.
Ancora dopo quasi 8 mesi sto, quasi, peggio di prima. Pensavo di esser andata avanti, che le cose fossero cambiate, che finalmente avevo smesso di piangere per te, di tenere a te ma non è così. Forse la cosa che mi fa più rabbia è che dopotutto quello che mi hai fatto io stia ancora qui a stare male, a pensare a un qualcuno che mi ha cancellato totalmente dalla propria vita con una facilità disarmante… è forse è proprio questo il problema. Pensavo che quello che ci fosse tra di noi fosse vero per entrambe ma a fatti compiuti non è stato così. Non riesco nemmeno ad odiarti per quello che hai fatto, eppure l’hai fatto nel modo più brutto. Per lo meno in passato chiunque a tentennato nel lasciarmi andare, c’è sempre stato un minimo di ritorno, tu quasi non ci hai pensato due volte, non ti sei mai voltata ma anzi quando ti venivo incontro sperando di incontrati mi sbattevi la porta in faccia e non solo una volta ma costantemente fin quando non ho capito che sarebbe stato sempre così. Ho smesso quando sono crollata, sono dovuta arrivare a crollare, ad avere un fottuto attacco di panico (per la prima volta) per capire che il mio continuo voler provare ad aver una qualsiasi cosa con te mi stava facendo del male. Ho accumulato così tanto che quella sera mi sono sentita completamente vuota, distrutta, non riuscivo a reggermi in piedi, non riuscivo nemmeno a guidare la mia moto quando sai benissimo che mi basta guidarla per sentirmi meglio ma non ero capace nemmeno a fare quello, volevo semplicemente soffocare nelle mie stesse lacrime e sentire solo le mie urla spezzate. Nonostante tutto questo continui a mancarmi e pure fin troppo ad essere sincera. Mi odio per questo, non è giusto che io stia così per te che non ti sei nemmeno degnata di avere un dialogo con me. Eppure eccomi qui a rovinare tutti i passi fatti in questi mesi e a ricadere in quel cazzo su baratro così buio da spezzarmi il sorriso.
Forse ciò che mi spezza di più è la consapevolezza che non ti rivedrò mai più.
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HoverAir X1: il selfie drone che batte a mani basse il DJI Neo - Review
È sempre emozionante provare qualcosa di diverso, e con lo HoverAir X1 di Zero Zero Robotics, si ottiene un drone facile da usare che molti descrivono appropriatamente come un "selfie stick volante". Sebbene i selfie stick siano diventati oggetto di scherno nel mondo della fotografia, non lasciate che questa descrizione dell'X1 vi scoraggi, perché è incredibilmente semplice da utilizzare, sicuro e, soprattutto, molto divertente. Inoltre, si comporta eccezionalmente bene nel tracciare autonomamente i soggetti. La maggior parte dei droni segue una traiettoria simile in termini di caratteristiche, funzionalità e casi d'uso, quindi è interessante vedere un drone che si discosta dalla norma per tracciare un percorso distintivo in un mercato sempre più affollato. Tanto che raccomanderei con fiducia l'HoverAir X1 come uno dei migliori droni per principianti disponibili. Potrebbe essere lontano dall'essere il migliore in termini di capacità di volo manuale, argomento che affronteremo più avanti, ma per catturare riprese di tracciamento di soggetti statici e in movimento utilizzando una varietà di percorsi di volo intelligenti, è un performer sorprendentemente capace. L'HoverAir X1 è disponibile sia in nero che in bianco. È acquistabile in versione "Solo Dispositivo", che include una batteria, un cavo USB-C per la ricarica e una borsa morbida con cordoncino per lo stoccaggio e il trasporto. È disponibile anche un kit Combo più vantaggioso, che include tutto quanto sopra, più un hub di ricarica per due batterie e una seconda batteria. Questo drone delle dimensioni di un palmo è estremamente compatto e leggero grazie a un design pieghevole che lo porta da 127 x 86 x 31 mm quando è chiuso, a 127 x 145 x 30 mm quando è aperto per il volo. Con un peso di soli 125 g inclusa la batteria, puoi portare l'X1 ovunque senza nemmeno accorgerti di averlo con te. Inoltre, le eliche sono racchiuse in protezioni permanenti che, insieme alle dimensioni ridotte e al peso leggero, lo rendono incredibilmente sicuro da far volare intorno alle persone e in ambienti interni. Quindi, oltre alle sue modalità di volo, l'X1 è unico anche nel suo design. Il layout dei controlli sulla struttura del drone comprende solo due pulsanti: uno di accensione che funge anche da pulsante di avvio/decollo, e un secondo utilizzato per selezionare il percorso di volo intelligente desiderato. Puoi attivare l'HoverAir X1 dall'app e utilizzarlo anche senza l'app per una configurazione rapida e acquisizioni facili. I filmati video e/o le foto possono essere scaricati dai 32 GB di memoria interna sul tuo smartphone una volta che l'X1 e l'app sono connessi via Wi-Fi. Le foto e i video possono poi essere condivisi tramite l'app HoverAir X1 e la sua community, condivisi direttamente sui social media o scaricati su un computer per l'editing e la condivisione. Con un drone principalmente orientato al volo autonomo, l'X1 offre numerosi percorsi di volo intelligenti che rendono facilissima la cattura di video stabilizzati. Questi includono Orbit, Follow, Reveal, Overhead, Hover, Custom e Controllo Manuale. I percorsi personalizzati includono Dolly Track, dove l'X1 ti guarda e vola all'indietro davanti a te, e Snapshot, dove l'X1 vola davanti a te e scatta una foto. Tutti i percorsi di volo intelligenti funzionano eccezionalmente bene grazie al sistema di posizionamento VIO (Visual Inertial Odometry). Questo è un sistema efficace, ma non è un sistema di evitamento delle collisioni come lo conosciamo, quindi devi comunque fare attenzione agli ostacoli come gli alberi - anche se, durante i test, l'X1 ha navigato in ambienti piuttosto difficili in modo eccezionale. I percorsi di volo intelligenti e il sistema di posizionamento VIO, combinati con le piccole dimensioni, il peso leggero, la semplicità e la velocità di configurazione, sono caratteristiche che sarebbe incredibile vedere nei droni della serie DJI Mini. Tornando ai percorsi di volo intelligenti, alcuni parametri possono essere modificati, come la distanza dal soggetto e l'altezza, mantenendo le cose semplici; tuttavia, non c'è spazio per una personalizzazione più approfondita. Le modalità personalizzate devono essere impostate all'interno dell'app, e l'ultimo percorso personalizzato utilizzato rimane attivo nell'opzione Custom sul drone finché non viene modificato. Il Controllo Manuale e il download di foto e video richiedono che l'app si connetta al Wi-Fi dell'X1. Questo processo richiede solo circa cinque secondi e, durante i test, non abbiamo riscontrato problemi di connessione durante il volo manuale o il download di foto e video sul Samsung Galaxy 24 Ultra. Come ci si aspetterebbe, l'app è disponibile sia per Android che per iOS, ed è incredibilmente semplice da navigare, con consigli e video tutorial nella sezione Modalità. Il Controllo Manuale all'interno dell'app è nel migliore dei casi adeguato, principalmente a causa del layout scomodo dei controlli in formato verticale, dove la vista della fotocamera è in alto e i due controlli su schermo sono disposti verticalmente. Questo rende difficile combinare alcuni comandi. Per esempio, l'X1 può volare in avanti e ruotare a sinistra o a destra contemporaneamente, ma sarebbe molto meglio se la vista della fotocamera fosse a schermo intero in orizzontale, con i controlli sovrapposti come nei giochi per smartphone in prima persona. Il volo manuale può essere effettuato solo per 30 secondi quando si vola in avanti o indietro, e l'X1 sembra volare a una velocità di 1 m/s, il che si adatta alla portata massima di trasmissione di 30 m. In termini di altitudine, l'X1 può volare fino a 15 m. La resistenza al vento è di 17,7 mph, e anche con venti intorno a questa velocità, la combinazione del gimbal a 2 assi (asse di inclinazione) e la Stabilizzazione Elettronica dell'Immagine funzionano bene per catturare video fluidi. Tuttavia, l'effetto Jello (vibrazione) può apparire nei video quando si riprende con venti più forti. Modalità di volo Esistono 2 modi per pilotare l'HoverAir X1: la modalità smart e la modalità manuale. La modalità smart non richiede l'utilizzo di un telefono o un controller. Basta accendere il drone, selezionare una modalità di volo con il pulsante superiore, e il drone eseguirà automaticamente il percorso selezionato. Quando hai finito, è sufficiente posizionare la mano sotto il drone, che atterrerà autonomamente. Tuttavia, se lo desideri, puoi comunque scegliere la modalità dal telefono, se connesso. Le principali modalità smart sono: - Hover – Il drone si posiziona a circa 1 metro dal suolo e rimane sospeso in aria. Può seguire i tuoi movimenti, ma non si sposterà orizzontalmente. Ha impostazioni per la modalità di ripresa, la durata, il tracciamento del bersaglio, la modalità verticale e la qualità video. - Zoom Out – Il drone si allontana lentamente da te, spostandosi verso l'alto o in piano. Questa modalità ha impostazioni per la modalità di ripresa, la distanza, l'altitudine, la modalità verticale, la qualità video e le foto. - Follow – Il drone ti segue da dietro, mantenendo una distanza preimpostata. Puoi modificare impostazioni come la durata, il tipo di inseguimento, la distanza e l'altitudine. - Orbit – Il drone vola in cerchio intorno a te, mantenendoti costantemente al centro del video. Anche qui puoi regolare il raggio, l'angolazione e l'altitudine. - Bird's Eye – Il drone si alza lentamente verso l'alto e poi torna giù, creando un effetto "occhio di uccello". Sono disponibili opzioni per regolare l'altitudine e la velocità. - Snapshot – Scatta una foto automaticamente dopo che sei rimasto fermo per 3 secondi. Può essere impostato come modalità personalizzata. - Dolly Track – Il drone si alza in volo e arretra mantenendoti al centro della ripresa, anche se ti muovi lateralmente. In alternativa, puoi optare per la modalità manuale, che richiede il controllo tramite l'app. Nella modalità manuale, puoi regolare la direzione del drone (avanti, indietro, sinistra, destra) e anche controllare il gimbal per l'angolazione della fotocamera. Tuttavia, la modalità manuale presenta alcune limitazioni, come la durata del volo ridotta a 10-11 minuti e un'interfaccia di controllo meno intuitiva, soprattutto a causa dell'assenza di una visualizzazione in modalità orizzontale. Ricarica L'HoverAir X1 può essere ricaricato sia direttamente tramite il drone stesso che attraverso un caricabatterie USB-C esterno. Il tempo di ricarica varia: sono necessari circa 55 minuti per ricaricare la batteria nel drone, mentre il caricabatterie impiega circa 35 minuti per caricare una singola batteria. Il caricabatterie carica sempre prima la batteria con il livello di carica più alto, consentendo così di tornare a volare rapidamente. Test video e qualità dell'immagine La qualità dell'immagine dell'X1, sia per le foto che per i video, è decisamente migliore in condizioni di buona illuminazione. Questo non sorprende, considerando le dimensioni ridotte del sensore della fotocamera. Le foto sono catturate in formato JPEG da 12 megapixel (4000 x 3000), ma l'elaborazione delle immagini risulta piuttosto pesante, soprattutto in condizioni di ISO elevato. Per quanto riguarda i video, il drone offre tre impostazioni: 2.7K a 30 fps, 1080p a 60 fps e 1080p (HDR) a 30 fps. Anche se la qualità video è buona, in condizioni di scarsa illuminazione si può notare del rumore visibile nelle riprese. Conclusioni L'HoverAir X1 si distingue come un drone incredibilmente facile da utilizzare, ideale per principianti e per coloro che desiderano un'esperienza di volo autonoma. Durante i test, è emerso che i suoi percorsi di volo intelligenti funzionano in modo affidabile, e il design compatto e leggero lo rende perfetto per un utilizzo in ambienti interni o in spazi ristretti. Sebbene non offra la stessa versatilità di droni più avanzati in termini di volo manuale o qualità video professionale, è un'opzione eccellente per chi cerca un dispositivo per riprese video semplici e divertenti. In sintesi, l'HoverAir X1 è uno strumento accessibile per chi desidera un drone compatto con funzionalità di tracciamento e percorsi predefiniti, ma potrebbe non soddisfare chi cerca prestazioni più elevate per voli manuali o riprese professionali. Disponibile su Amazon attraverso la pagina ufficiale. https://www.youtube.com/watch?v=rON0yiUHF04 Read the full article
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Tre cigni
È la solita storia: quella che inizia con "pensavo di averla presa bene" ma finisce con "e invece". Ci siamo io e A. che abbiamo un'intesa pazzesca, poi succede che - visto che le cose stavano andando troppo bene - decido di autosabotare tutto. O meglio, gli ho solo mandato un messaggio un po' strong che avrei dovuto mandargli. Ho fatto bene a farlo, ora me ne pento perché è andata male, ma ho fatto bene. Comunque, gli ho rivelato un segreto e lui non l'ha presa proprio al top, ecco.
Io sapevo benissimo che avrebbe potuto cambiare idea su di me perché so in che mondo viviamo e so come funzionano le cose. Non sono certamente una sprovveduta. Gliel'ho detto con cognizione di causa consapevole del fatto che probabilmente sarebbe andata male. Quindi, mi aspettavo che mi bloccasse, che smettesse di seguirmi, che non mi rispondesse proprio. Mi aspettavo il peggio.
Invece, prima di smettere di parlarmi (ma di continuare comunque a seguirmi e a vedere le mie storie), mi ha inviato tre cigni. Tre emoji a forma di cigno. Questa è, in tutta onestà, la cosa che mi ha fatto impazzire. Perché mi ha risposto in modo completamente insensato. L'ho detto a tutti. Ho fatto un bel sondaggio, non mettendo nomi né spiegando nulla, ma chiedendo se una risposta del genere a qualcuno poteva mai essere anche solo vagamente sensata e la risposta è stata sempre no.
Oggettivamente chi utilizza l'emoji del cigno? Secondo me nessuno. Io non credo di averla mai usata nella vita, se non quando è uscito Opera Futura di Levante che ha proprio quest'animale in copertina. Quindi magari cercherò le risposte nella sua discografia, come in realtà faccio sempre. Il bello è che il cigno è anche bello ed elegante. Forse un significato c'era, forse è anche profondo. Ma non lo sapremo mai, perché tanto io e A. abbiamo smesso di parlare e l'impressione finale sarà sempre quella che, spiazzato dal mio segreto, abbia buttato a caso le mani sulla tastiera. Anzi, non proprio a caso, perché dal semplice errore al mandarne TRE comunque ce ne vuole. Ma sembra che, spiazzato da ciò che gli avevo detto, abbia reagito un po' a caso. Tipo quando mi veniva da riferirgli tutti i fatti miei, nonostante fosse un estraneo, non so per quale motivo. Semplicemente mi usciva spontaneo, forse è stato lo stesso.
Quello che mi fa impazzire, quindi, è che in realtà tutta questa faccenda fa ridere. Perché non è finita poi così male, è finita in modo surreale ed esilarante. Con tre cigni.
Poi, a breve si scoccerà anche di guardare le mie storie e di seguirmi e tutto sarà ufficialmente finito. Mi resterà nella memoria, con il setaccio che serve a far cadere giù i brutti ricordi, l'intensità di due giornate splendide passate virtualmente con lui. Ma non è tutto.
Sono nervosa anche per un altro motivo. Quando avevo cominciato ad accennargli il mio problema, infatti, lui mi ha risposto "Spiegami, non ti fare problemi". Ok, non mi sono fatta problemi e abbiamo smesso di parlare, pensa se invece dovevo farmeli sti problemi che succedeva.
Inoltre, credo di aver un po' sopravvalutato il mio coraggio e la mia preparazione. Perché certo, dico che lo sapevo che sarebbe andata male (male, non in questo modo così surreale, comunque) ma forse dentro di me un po' ci speravo nel contrario. Perché abbiamo passato due giorni a dirci a vicenda che oltre che belli eravamo pure intelligenti e poi si è ritrovato a non dimostrare tutto questo spessore e quest'apertura mentale che gli avevo attribuito fin da subito. Sapevo che non sarebbe andata bene e pensavo di essere preparata. Invece, ci sono rimasta male lo stesso.
Abbiamo fatto un sacco di discorsi sul destino che ci ha fatto incontrare e sulla nostra complicità. Secondo me, un giorno dovrà farsi capace e capire che ci incontreremo comunque, prima o poi. Perché il destino non può fermare il suo corso solo perché un uomo si comporta da c0glione.
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13 giu 2024 12:07
DALLE BOTTE CON GINO PAOLI A ADRIANO CELENTANO SCAMBIATO PER UN BAGNINO: LE NOTTI RUGGENTI DELLA “BUSSOLA” – IL FIGLIO MARIO RACCONTA L’EPOPEA DI SERGIO BERNARDINI, L’UOMO CHE INVENTÒ IL LOCALE DELLE FOCETTE IN VERSILIA: "SI DICEVA MINA FOSSE LA SUA AMANTE. RICORDO UNA TELEFONATA DI PAPÀ CHE MI AVVERTÌ: SE IL TG PARLA DI ME SONO TUTTE CAVOLATE" – E POI IL PRIMO LIVE DI DE ANDRE’, PIERO ANGELA E LA TESTATA A UN CONTESTATORE CHE NEL ’68 VOLEVA AGGREDIRLO” – IL DOC+ VIDEO -
Chiara Maffioletti per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Non ho mai visto mio padre in costume da bagno», racconta Mario Bernardini mentre è in cerca dei suoi ricordi di bambino. Il fatto, sa bene, è curioso perché suo papà, Sergio Bernardini, è stato un simbolo della Versilia, capace di trasformare uno scampolo di mare piuttosto distante da tutto — specie negli anni Cinquanta — nel centro di ogni cosa, almeno per lo spettacolo.
Questo perché, proprio lì, aveva fatto nascere un locale entrato nella storia: La Bussola. «Mio padre era un visionario — dice —. L’obiettivo della sua vita era stupire il pubblico. Era quasi una mania». Tanto che ora, il documentario in onda il 21 giugno in prima serata su Rai3 a lui dedicato, si intitola La Bussola - Il collezionista di stelle .
(…)
Quando ha capito che suo padre non faceva un lavoro come gli altri?
«Mi rendevo conto che tutti conoscevano La Bussola. Lui voleva colpire il suo pubblico con gli spettacoli più mirabolanti: viaggiava spesso per convincere gli artisti. Un giorno, avrò avuto 10 anni, io e mio fratello lo avevamo accompagnato in aeroporto: doveva andare a Parigi e Londra. Lì, sul momento, ci disse: venite con me».
Il primo concerto organizzato da suo padre alla Bussola fu quello di Carosone.
«Aveva preso il locale che esisteva già da due anni: non funzionava. Carosone era una star. Per convincerlo fece un lungo pressing sulla moglie: le mandava rose tutti i giorni. Carosone suonava a Milano per una settimana e mio padre per una settimana andava a vederlo: si sedeva al tavolo, lo ascoltava e se ne andava. Di giorno mandava i fiori. L’ultima sera, a fine concerto, lo invitò a bere un bicchiere di champagne: parlarono, poi lo fece salire in macchina e lo portò da Milano in Versilia».
Non demordeva, insomma.
«Mai. Gli fece trovare La Bussola illuminata. “Signor Carosone, faremo grandi cose”, gli disse. E la solita frase».
Quale?
«“La cifra non è un problema, la metta lei”».
Quanto fu?
«Allora i cantanti prendevano 60 mila lire a serata. Mio padre ne offrì 190 mila. Il costo di un appartamento di allora. Aveva rotto il mercato».
Da lì, furono tutti successi.
«Sì, ma dal primo all’ultimo spettacolo non ha mai guardato alla cassa. Per lui il godimento era osservare il pubblico e pensare subito dopo a come andare oltre».
Come è riuscito a far arrivare alla Bussola, a Marina di Pietrasanta, così tante star, anche internazionali?
«Louis Armstrong, Aretha Franklin, Paul Anka: tutti passati dalla località Le Focette. Si sentivano tutelati da papà, amava gli artisti. Quando viveva con i genitori, ogni tanto andava a trovarlo Buscaglione e facevano serata suonando...mio nonno usciva di casa col fucile per farli smettere».
Quindi era anche artista?
«Io l’ho sentito solo suonare due note di contrabbasso. Però sì, suonava, anche assieme a Piero Angela».
Come mai scelse di fare il suo locale in Versilia?
«Diceva che la Versilia era la sua Las Vegas. La geografia era una cosa relativa per lui, nato per sbaglio a Parigi: mia nonna era la balia dei figli dei fratelli Lumière. Il suo era un laboratorio dove gli artisti erano liberi di esprimersi, non a caso anche De André si convinse a cantare in pubblico per la prima volta lì. Mina sarebbe diventata grande comunque, ma papà la lanciò».
Il suo ultimo concerto è stato a Bussoladomani.
«La sua storia è legata a doppio filo con quella di mio padre. Si diceva fosse la sua amante. Ricordo una telefonata di papà che mi avvertì: se il tg parla di me sono tutte cavolate. Avevano un rapporto viscerale, ma come amici».
Anche con Celentano.
«Altroché. Per via del suo abbigliamento particolare papà lo aveva scambiato per un bagnino. Aveva dei sandali, una canottiera, pantaloni strappati. Andò da mio padre e gli disse: “Salve, le presento il rock, cioè me stesso”».
Ne è nato un rapporto speciale. Come con Gino Paoli.
«Un fratello per papà. Si sono conosciuti picchiandosi».
Prego?
«Papà si era inventato La Bussola on stage: un tour di artisti nei teatri. A fine serata c’era la passerella ma Gino disse: io non la faccio. Per mio padre era una mancanza di rispetto verso il pubblico e si sono menati. Poi però papà si mise a piangere, dispiaciuto per aver tratto male un artista.Da lì sono diventati fratelli e lo sono stati per tutta la vita».
Anche Renato Zero si è spesso esibito su quel palco.
«Era la regina: ha dedicato a mio padre una lettera, poco dopo la sua morte. Simulava una telefonata con lui».
Tra i momenti più difficili, la contestazione del ‘68 che investì proprio La Bussola.
«Esatto. Era stata mitizzata da chi identificava mio padre come il giullare dei ricchi. Lui che era nato partigiano e che mai aveva ceduto alle lusinghe politiche. La contestazione era stata pesante, ma mio padre era tosto: si era messo fuori, all’esterno, per difendere il suo locale. Diede anche una testata a un contestatore che voleva aggredirlo. Lo incontrammo anni dopo: fu lui a fermare mio padre e a mostrargli la cicatrice, dicendogli che aveva fatto bene».
Rivalità con La Capannina?
«Mai. Ogni tanto ci passava davanti per dire: guarda come è piena. La Capannina era il posto dove gli Agnelli andavano a fare l’aperitivo e sentire qualche orchestra, ma poi si spostavano alla Bussola per ascoltare Chet Baker, o Dario Fo, Gaber, Jannacci. Era come se papà avesse un suo libro di figurine degli artisti e li voleva tutti, ne era affamato».
Nel 1993 Sergio Bernardini è morto in un incidente.
«Aveva 68 anni. A quell’appuntamento sarei dovuto andare io. Diversi suoi amici mi hanno detto che non ce lo vedevano ad invecchiare. Ma rimane sempre qualcosa in sospeso. Anche grazie al documentario di Andrea Soldani, che ha tante testimonianze, sono convinto che se l’è goduta: ha avuto fino alla fine una sua visione da perseguire».
Una frase che le ripeteva?
«“Pancia a terra”. Ho anche ritrovato un biglietto in cui me lo aveva scritto: era certo che impegnandosi, i risultati sarebbero arrivati».
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