#storia del '900
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gregor-samsung · 2 months ago
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[Oriana Fallaci] Abu Ammar, mi par d’aver letto che gli israeliani la rispettino più di quanto lei li rispetti. Domanda: è capace di rispettare i suoi nemici? [Yasser Arafat] Come combattenti, anzi come strateghi… qualche volta sì. Bisogna ammettere che alcune delle loro tattiche di guerra sono rispettabili, intelligenti. Ma come persone, no: perché si comportano sempre da barbari, in essi non c’è mai un goccio di umanità. Si parla spesso delle loro vittorie, io ho le mie idee sulla loro vittoria del 1967 e su quella del 1956. Quella del 1956 non dovrebbe neanche esser chiamata vittoria, quell’anno essi fecero solo da coda agli aggressori francesi e inglesi. E vinsero con l’aiuto degli americani. Quanto alla vittoria del 1967, essa si deve all’aiuto degli americani. Il denaro viene elargito senza controllo dagli americani a Israele. E oltre al denaro vengono loro elargite le armi più potenti, la tecnologia più avanzata. Il meglio che gli israeliani posseggono viene da fuori: questa storia delle meraviglie che essi avrebbero compiuto nel nostro paese va ridimensionata con più senso della realtà. Noi conosciamo bene quale sia e quale non sia la ricchezza della Palestina: più di tanto non si ricava dalla nostra terra, dal deserto non si fanno i giardini. Quindi la maggior parte di ciò che posseggono viene da fuori. E dalla tecnologia che viene loro fornita dagli imperialisti. [O.F.] Siamo onesti, Abu Ammar: della tecnologia essi hanno fatto e fanno buon uso. E, come militari, se la cavano bene. [Y.A.] Non hanno mai vinto pei loro lati positivi, hanno sempre vinto pei lati negativi degli arabi.
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Oriana Fallaci, Intervista con la Storia - Nuova edizione ampliata e riveduta, B.U.R. / Rizzoli, 1981⁵, pp. 155-156.
NOTA: L'intervista a Yasser Arafat si svolse ad Amman nel marzo del 1972; la prima edizione del libro, una raccolta di interviste pubblicate sul settimanale “L’Europeo”, risale al marzo del 1974.
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deathshallbenomore · 1 year ago
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does anyone get a little bit of a gay vibe etc etc
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diceriadelluntore · 1 month ago
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Storia Di Musica #354 - Astor Piazzolla, Libertango, 1974
Nello stesso anno in cui in Brasile Jorge Ben iniziava la sua rivoluzione della musica del suo paese, nei territori dei cugini argentini si consumava il più famoso degli assassini musicali (premetto subito in senso simbolico). Fu però un delitto che non portò alla fine, ma alla rinascita e alla rivoluzione di uno mondo magico ma dalle regole ferree, fiero del suo conservatorismo: il tango. Oltre che musica e il più sensuale dei balli, il tango è poesia e cultura. Nessuno sa perchè si chiami tango (dal latino tangere, io tocco) solo che nacque agli inizi del ‘900 nella zona di Rio de la Plata, diffondendosi inizialmente in Uruguay e Argentina. Nella prima metà del secolo, dal punto di vista musicale, il tango si sviluppò come musica da orchestra e canto, con figure leggendarie, come quelle di Carlos Gardel, eroe nazionale argentino (anche se i maligni sostengono che fosse uruguaiano), Roberto Goyeneche o Carlos José Pérez. Il la musica e il canto, malinconico, emotivo, teatrale modellò il genere. Uno che però non amava tanto le fissità musicali fu Astor Pantaleon Piazzolla. Figlio di genitori italiani, Piazzolla visse i primi 16 anni a New York. Studia musica e direzione d’orchestra. Si trasferisce nella seconda metà degli anni 40 in Argentina, dove diviene un virtuoso del bandoneon, lo strumento inventato da Heinrich Band nell’800 e divenuto il principe delle orchestre di tango, che per caso arriva in Argentina al seguito dei marinai tedeschi, che lo tenevano sulle loro navi ad allietare i durissimi e lunghissimi viaggi transoceanici.
Piazzolla era affascinato dall'idea di fondere elementi della musica jazz alle strutture del tango. Fu un parto difficilissimo: ritornò a fine anni '50 a New York prontissimo a diventare musicista di colonne sonore, ma in quel momento la musica era in fermento per la rivoluzione del jazz che Kind Of Blue di Miles Davis e poi il nucleo del free jazz di Ornette Coleman stavano portando. Finì senza un soldo e solo per la generosità di un editore musicale che gli pagò un anticipo su una delle sue canzoni più famose (e che ritroveremo tra poco) ritornò in Argentina. Qui però un infarto lo segna profondamente, tanto che tramite alcuni amici si trasferisce in Italia. Ed è proprio qui, nella culla della sua famiglia, che inizia la rivoluzione: registrò nel 1974 l’album che lo fece conoscere al mondo interno.
Libertango, dall’unione tra libertad (in questo caso espressiva) e tango. Registrato a Milano con una favolosa sezione d’archi diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, ma soprattutto con l’innesto di una sezione ritmica di chiara matrice jazz composta dal basso elettrico di Pino Presti e dalla batteria di Tullio de Piscopo, il disco ridisegna il tango, che attraverso le dissonanze del jazz, l’innesto di strumenti elettrici e una nuova idea compositiva diviene Tango Nuevo. I puristi ovviamente gridano allo scandalo, e definiscono Piazzolla el asesino del tango. Persino Borges se ne risentì, e si dice che lo chiamasse Astor Pianola. Fu persino accusato di non essere mai stato argentino, un camorreno, per le sue origine italiane. Ma poco possono le critiche contro la sensualità e dal forza di Libertango, meravigliosa, famosa per l’innumerevole quantità di usi cinematografici e pubblicitari (per esempio, nella pubblicità della Vecchia Romagna, prima del penoso remix di David Guetta). Vi aiuto a capire le differenze: confrontate la sua musica con quella che accompagna una delle scene più famose del cinema degli ultimi 30 anni: quando Al Pacino in Profumo Di Donna balla il tango, si muove sul ritmo di Por Una Cabeza, uno dei classici di Carlos Gardel: il titolo, Per Una Testa in senso letterale, è l'equivalente del nostro Per Un'Incollatura, ed è una brano che gioca sulla metafora della passione del protagonista per le corse dei cavalli comparata per la sua passione per le donne. Piazzolla sciorina partendo da Libertango la sua idea nuova in altri 6 momenti: Meditango, Undertango, Violentango (clamorosa), Novitango e la conclusiva Tristango. A legare il tutto una toccante e magnifica elegia al padre, Adios Nonino, dedicata al padre morto improvvisamente (Nonino era chiamato il Padre, Don Vicente Piazzolla, e in Argentina l’immigrazione italiana ha di fatto sostituito l’abuelo\a spagnolo con nonino\a dall’italiano nonno\a riferito in senso reverenziale alle persone anziane); scritta nel 1959, è la canzone la cui vendita dei diritti gli permise di ritornare in Argentina da New York, viene ripresa e ridisegnata secondo il conjunto electrico del Tango Nuevo, con una forza espressiva ed emozionale senza pari.
Il disco, un successo per la piccola etichetta Carosello che lo sopportò, proietta Piazzolla ai vertici della musica internazionale. Di lì a poco collaborerà con grandi del jazz, dirigerà intere orchestre e spedisce il tango in una dimensione nuova ed internazionale, e che rivitalizzerà il genere, fino alle ultime evoluzioni, tipo i Gothan Project, paladini del tango elettronico. Piazzolla dimostra come è possibile difronte ad un bivio, scegliere una strada pericolosa, rischiosa, ma che può portare a risultati grandiosi. Nel rispetto di se stessi, anche della tradizione, ma che non si ferma davanti alla difficoltà. Che sia di augurio per chiunque legga queste righe.
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abr · 1 year ago
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Breve storia del clima.
In epoca romana, dal 250 a.C. al 450 d.C., la temperatura era di almeno 2ºC più alta di oggi (i più nerd tra i medioman vi diranno che c'erano variazioni, senza rendersene conto confermando la tesi: le variazioni climatiche avvengono "da sole" non certo per colpa dell'uomo. I più fessi, quelli che non sapendo leggere ma solo ubbidire chiedono "le fonti?", sostengono che i romani aumentarono la CO2 ... bruciando legna. La fonte? ndr).
Era un periodo di riscaldamento globale. La popolazione è aumentata (...). L'agricoltura del clima caldo poteva essere intrapresa in aree a latitudini e altitudini molto più elevate di adesso. (La vite in Inghilterra, ndr). Questo riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
Seguirono i secoli bui. Questo è stato un periodo di freddo pungente di fallimento dei raccolti, carestia, malattie, guerra, spopolamento, espansione del ghiaccio e aumento del vento. (...) Bande assassine di rifugiati climatici vagarono per l'Europa in cerca di prede. Civiltà come i Maya crollarono.
Il successivo riscaldamento medievale (900-1300 d.C.) fu un periodo (positivo) per la vita sulla Terra. Le calotte glaciali, i ghiacciai e il ghiaccio marino si contrassero, consentendo l'esplorazione e l'insediamento del mare ad alte latitudini. Colture di cereali, bovini, ovini, fattorie e villaggi furono stabiliti in Groenlandia, almeno 6ºC più calda di oggi.
Sebbene ci sia stato un periodo freddo di 40 anni nel riscaldamento medievale (i clcli del clima che cambia COSTANTEMENTE, ndr), i fallimenti dei raccolti e la carestia erano rari. La popolazione aumentò (...). La ricchezza creata (...) è stata utilizzata per costruire cattedrali, monasteri e università. Il riscaldamento medievale era globale. Ancora una volta il riscaldamento non poteva essere dovuto alle emissioni umane di CO2.
La piccola era glaciale iniziò alla fine del XIII secolo con una diminuzione dell'attività solare. La piccola era glaciale è stata caratterizzata da un clima rapidamente fluttuante, e periodi straordinariamente freddi durante l'inattività solare: (1280-1340, 1450–1540, 1645–1715 e 1795–1825). Faceva molto freddo (i carri dei rifornimenti a Venezia potevano passare sulla laguna ghiacciata d'inverno, ndr). È stato un cambiamento climatico globale. C'era il fallimento del raccolto, la carestia, la malattia (peste nera, peste manzioniana, ndr), la guerra e lo spopolamento.
Ci fu uno spaccamento sociale (rivoluzione francese). I prezzi del cibo aumentarono nei periodi di debole attività solare. I vichinghi in Groenlandia si estinsero. Non era un buon momento per vivere. La piccola era glaciale terminò nel 1850 e da allora c'è stata una tendenza al riscaldamento con periodi più freddi (1940-1976 e 1998-2005). Storia, archeologia e geologia dimostrano che attualmente viviamo in un clima interglaciale e variabile.
I cambiamenti che possiamo osservare con la strumentazione moderna sono molto piccoli. Sia i tassi che l'entità del cambiamento climatico sono inferiori ai cambiamenti negli ultimi 1000, 10.000 o 100.000 anni.(...) La storia e l'archeologia ci mostrano che il raffreddamento globale provoca siccità, sconvolgimenti sociali, migranti climatici, carestie, malattie, guerre, spopolamento, collasso di civiltà ed estinzioni di piante e animali. Le grandi civiltà prosperarono in tempi caldi. Viviamo nei tempi migliori che gli esseri umani abbiano mai avuto sul pianeta Terra.
Siamo l'unica generazione di umani a temere un clima caldo! Il riscaldamento globale ci ha sempre reso più ricchi e più sani. La storia è li a ricordarcelo ma, come la matematica e le scienze, oggi non si studia più.
via https://twitter.com/climacritic/status/1738157567820312714
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thegianpieromennitipolis · 7 months ago
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IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - di Gianpiero Menniti
SETTE ANNI
Ero un adolescente alla metà degli '80, quando il "secolo breve" prese la via del suo ripido declino.
I muri, patologia del confine, cominciarono lentamente a sgretolarsi come gesso sotto una minuta pioggia.
I "due blocchi", inatteso ma inevitabile residuo delle guerre suicide d'Europa della prima metà del '900, si affacciarono da un'unica soglia rimasta per un quarantennio nascosta.
L'aria aveva l'odore di una primavera di speranza e Sting cantava "Russians":
«[...] Condividiamo la stessa biologia, indipendentemente dall'ideologia. Ma ciò che potrebbe salvarci, me e te, è se anche i russi amassero i loro figli. »
Era il 1985, il mese di Marzo.
Michail Sergeevič Gorbačëv divenne Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
La sua parabola durò fino all'estate del 1991.
L'anno prima era stato insignito del Premio Nobel per la Pace.
Mentre in Sudafrica Nelson Mandela riacquistava la libertà.
E nel 1989 la "cortina di ferro" di churchilliana memoria veniva abbattuta tra lo stupore e l'entusiasmo generale.
In quei sette anni di formidabile accelerazione degli eventi non finiva la storia, come qualcuno improvvidamente profetizzò: la storia riapriva i suoi volumi impolverati.
Nulla, poi, andò come previsto.
Il fragore sordo e potente del "Muro di Berlino" fece sentire i suoi effetti sismici in un mondo da tempo ridotto alla sua globalità.
E la mia generazione, senza più la macchina da scrivere ma catturata dagli schermi dei primi pc, orfana di un modello politico e incerta del futuro, visse l'ultimo decennio in corsa verso il XXI secolo osservando il paesaggio come su un treno che lascia appena l'istante di un'immagine sfocata.
Eppure, in quei sette anni, l'illusione della luce fu più ardente della sua stessa ombra.
- Michail Gorbačëv (1931 - 2022) fotografato da Francis Giacobetti (classe 1939)
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soldan56 · 7 days ago
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Perché Luca Marinelli canta "The ghost of Tom Joad" di Bruce Springsteen
Tom Joad è il protagonista del romanzo più importante di John Steinbeck, probabilmente il più esistenzialista e sensibile scrittore americano del 900. Certamente uno dei più libertari (il rapporto di profonda amicizia con il filosofo libertario Edward Ricketts e i lunghi scambi di idee in scrittura influenzarono molto il pensiero di Steinbeck). Il capolavoro letterario esce negli Stati Uniti nel 1939 e noi lo conosciamo con il titolo di "Furore".
Woody Guthrie, il grande poeta cantautore antifascista, maestro di Bob Dylan, Leonard Cohen e Bruce Springsteen (tra i molti), scrisse la struggente ballata "Tom Joad" l'anno dopo, nel 1940. Nove anni prima che Springsteen venisse al mondo.
La storia di Furore, per chi non l'abbia mai letta, è l´epopea drammatica della trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveracci, dall'Oklahoma attraverso il Texas, il New Mexico e l'Arizona, lungo la famosa Route 66 che conoscerà altre storie letterarie (Kerouac fra tutti), fino alla California, in cerca di un modo di vivere meno misero. Ci troveranno solo il modo terribile di sopravvivere: paghe da fame, caporalato, lavori da schiavi. Sono gli anni della Grande Depressione. Smagriti da un regime di lavoro che non bastava neanche lontanamente a nutrirli, picchiati, senza una casa, vivevano in baracche di fortuna (spaventosa la somiglianza con le città dormitorio dei migranti in Puglia oggi).
Ed è questa la storia che Springsteen, 55 anni dopo, nel 1995 vuole raccontare. Non certo per mettersi in competizione con il suo maestro Woody Guthrie (che lo stesso Springsteen definì "inarrivabile") ma per renderla più moderna e attuale ai nuovi lavori schiavisti negli Stati Uniti. Tom Joad, nel testo di Springsteen, è un fantasma ancora presente nell'America di oggi, come se cinquant'anni dopo, ben poco fosse cambiato.
E il testo è un pugno allo stomaco che toglie il respiro:
"Uomini a piedi lungo i binari diretti non si sa dove, non c'è ritorno; elicotteri della stradale che spuntano dalla collina,
minestra a scaldare sul fuoco sotto il ponte, la fila per il ricovero che fa il giro dell'isolato.
Benvenuti al nuovo ordine mondiale.
Famiglie che dormono in macchina nel Sud ovest. Né casa né lavoro né sicurezza né pace. La strada è viva stasera ma nessuno si illude su dove va a finire.
Sto qui seduto alla luce del falò
e cerco il fantasma di Tom Joad.
Tira fuori un libro dal sacco a pelo,
il predicatore accende un mozzicone e fa una tirata aspettando il giorno che gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi.
In uno scatolone di cartone nel sottopassaggio ho un biglietto di sola andata per la terra promessa.
E tu hai un buco in pancia e una pistola in mano e dormi su un cuscino di sasso, ti lavi nell'acquedotto municipale.
Diceva Tom: Mamma, dovunque un poliziotto picchia una persona, dovunque un bambino nasce gridando per la fame,
dovunque c'è una lotta contro il sangue e l'odio nell'aria cercami, e ci sarò.
Dovunque si combatte per uno spazio di dignità per un lavoro decente, una mano d'aiuto, dovunque qualcuno lotta per essere libero, guardali negli occhi e vedrai me."
I Tom Joad di oggi, descritti da Springsteen, sono messicani, africani, sono le nuove vittime di un Nuovo Ordine Mondiale ancora affollato di poliziotti che picchiano, bambini che piangono per la fame, gente senza lavoro e senza libertà.
E allora perché un attore affermato e bravissimo come Luca Marinelli sceglie proprio, esponendosi, di cantare la poesia sociale di Springsteen? Non può essere semplicemente un caso.
Dopo gli insulti ricevuti da quell'area politica che governa l'Italia per aver interpretato Mussolini, e dopo la valanga di commenti feroci sui social, alla sua persona, alla sua sensibilità di attore, lui risponde con un urlo che ha ormai ottant'anni. Quell'urlo di rivalsa, di libertà che albergava in Steinbeck, in Guthrie. E questo lo rende simile ad Elio Germano, altro artista raro che esprime sempre il suo pensiero libertario contro le ingiustizie.
E la canta pure bene. Uno dei pezzi di Springsteen più difficili da interpretare. Quindi un grazie a Luca Marinelli che solleva ancora una volta quel grido degli oppressi. Di qualsiasi epoca.
Olmo Losca il video: https://x.com/MichelaMeloni1/status/1878807190137700720
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beautymaleform2 · 5 days ago
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Censura
La rappresentazione artistica del nudo ha oscillato più volte nella storia dell'arte dal permissivismo e dalla tolleranza di quelle civiltà e culture che lo vedevano come qualcosa di assolutamente naturale, perfino incoraggiandolo in quanto ideale di bellezza (questo nell'antichità greca) fino al rifiuto e al divieto emesso dalle culture più moraliste e puritane, giungendo fino alla persecuzione e distruzione delle opere incriminate.
In particolare, il cristianesimo è una religione che non ha mai permesso facilmente la rappresentazione del corpo umano nudo, fatta eccezione per quelle immagini di contenuto più fortemente religioso e giustificate da un intento teologico, come nei casi di Adamo ed Eva o della crocifissione di Gesù, o ancora la rappresentazione delle anime dannate sofferenti nel profondo dell'inferno.
Con la rivalutazione della cultura classica ed un ritorno all'antropocentrismo nell'arte avvenuto durante il Rinascimento, giustificato da motivi sia allegorici che mitologici, si è avuta una netta contrapposizione con la Chiesa la quale ne ha rigettato in toto il pensiero: il Concilio di Trento (1563), che ha attuato tutte le teorizzazioni della Controriforma, ha postulato un ruolo di primo piano da dare all'arte come mezzo di diffusione dell'educazione religiosa, vincolandola inoltre alla rigorosa interpretazione delle Sacre Scritture, dando al contempo al clero il compito di controllare la corretta osservanza dei precetti cattolici da parte degli artisti.
La nudità nel mondo cattolico cominciò così a venire sempre più censurata. Un chiaro esempio di ciò è l'ordine dato dal Papa Paolo IV nel 1559 a Daniele da Volterra di coprire con dei pantaloni le parti intime delle figure del Giudizio universale michelangiolesco della Cappella Sistina; il Volterra per questo fatto è stato da allora in poi chiamato "il braghettone".
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Fuente del Genio Catalán (1856) a Barcellona. Le donne andavano in processione davanti alla statua per ammirarne la bellezza delle forme, scrive un cronista. Il vescovo locale pertanto pensò bene di sottoporla a evirazione e farla coprire con una specie di perizoma: solo nel 1980 il panno è stato rimosso esponendone così i genitali mutilati.
Poco dopo un altro papa, Pio V, affidò lo stesso compito a Girolamo da Fano ma, non contento del risultato ottenuto, a Clemente VIII nacque il desiderio di rimuovere completamente la vernice dall'intera Volta della Cappella Sistina: fortunatamente per la storia dell'arte venne dissuaso dal far ciò dai membri dell'accademia nazionale di San Luca.
Da allora in poi si sono viste ricoprire accuratamente le nudità di numerose opere d'arte, con tessuti pregiati o col disegno del vitigno, la pianta con cui Adamo ed Eva si sono nascosti i genitali per la vergogna a seguito del peccato originale. Un altro esempio di rifiuto del nudo nell'arte è stato quello in principio subito dalla famosa stata del David: appena fu installata in piazza della Signoria subì un tentativo di lapidazione pubblica, prima di conquistarsi il pieno affetto dei fiorentini.
Esempi di censura e persecuzione di nudi artistici abbondano in tutta la recente storia dell'arte occidentale; nel XVIII secolo Luigi di Borbone-Orléans (soprannominato il pio) aggredì con un coltello il quadro rappresentante Leda con il cigno di Correggio in quanto considerato troppo sfrenato e lascivo. La testa di Leda, irrimediabilmente distrutta, venne ridipinta solo in seguito.
Il regime inquisitorio ha toccato anche un artista come Francisco Goya, che venne denunciato al Sant'Uffizio per la sua "Maja desnuda"; il quadro arrivò ad essere sequestrato dal tribunale nel 1814 quando l'inquisizione spagnola lo definì osceno. L'assoluzione dell'artista giunse grazie all'intervento provvidenziale del cardinale spagnolo Luis María de Borbón y Vallabriga[51][52][53]; tuttavia l'opera rimase fuori dagli occhi del pubblico fino all'inizio del '900.
Nella seconda metà dell'800 l'artista statunitense Thomas Eakins si è visto respinto dalla Pennsylvania Academy of Arts di Filadelfia per aver introdotto nella pratica accademica lo studio del nudo preso dal naturale. In Belgio ancora nel 1865 Victor Lagye fu incaricato dei coprire le figure di Adamo ed Eva dal trittico mistico presente nella Cattedrale di San Bavone a Gand. Per finire in Gran Bretagna, su espressa richiesta della Regina Vittoria venne applicata un'enorme foglia di fico per coprire il sesso di una replica del David di Michelangelo a tutt'oggi conservata al Victoria and Albert Museum.
Anche nel XX secolo vi sono stati numerosi casi di censura e attacchi al nudo artistico; nel 1914 una suffragetta inglese di nome Mary Richardson aggredì a colpi di mannaia la Venere Rokeby di Diego Velázquez accusandola d'offrire un'immagine distorta della donna, considerata come mero oggetto di sensualità: il vandalismo provocò sette profondi tagli, causando i danni maggiori nella zona delle spalle della figura, ma riparati con successo dal restauratore capo della National Gallery Helmut Ruhemann. La Richardson è stata condannata a sei mesi di carcere, il massimo consentito per la distruzione di un'opera d'arte.
Nel 1917 la polizia fece chiudere una mostra di Amedeo Modigliani nella galleria Berthe Weill il giorno medesimo dell'inaugurazione per aver esposto nudità che mostravano il pelo pubico.
Nel 1927, durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera (1923-30), vi è stata una grande polemica sul posizionamento delle varie sculture di nudi in Plaça de Catalunya a Barcellona durante le opere di ristrutturazione per l'Expo 1929; mentre nel 1931 (durante la Seconda Repubblica) si svolse un'esposizione di nudo organizzata dal Cercle Artístic de Sant Lluc alla quale parteciparono i migliori artisti provenienti da tutta la Spagna.
Ancora in pieno XXI secolo, anche se solitamente il nudo viene visto in modo naturale dalla maggior parte della popolazione, si sono verificati casi di censura artistica: nel 2001 il procuratore generale degli Stati Uniti John Ashcroft ha ordinato di nascondere la statua intitolata "Spirito di Giustizia" che presiede la sala delle conferenze del dipartimento di giustizia di Washington, la sua colpa era quella di mostrare i seni nudi.
Nel 2008 vennero ritirati dalla metropolitana di Londra i cartelloni pubblicitari che riproducevano una Venere nuda dipinta da Lucas Cranach il Vecchio; serviva per annunciare una mostra sul pittore rinascimentale tedesco presso la Royal Academy: la motivazione è stata che "potrebbe ferire e offendere la sensibilità degli utenti della metropolitana."
Sempre nel 2008 l'allora premier italiano Silvio Berlusconi ha imposto di far coprire le mammelle nude mostrate nell'allegoria de La Verità svelata dal Tempo di Giambattista Tiepolo, in quanto era l'immagine centrale della sala delle conferenze stampa date dal governo ed appariva sullo sfondo delle apparizioni televisive del capo del governo, proprio a lato della sua testa.
5/n
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piusolbiate · 4 months ago
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LA MEMORIA POPOLARE DEL ‘900 NEI ROMANZI DEDICATI A OLONIA DI MARIO ALZATI
Il Comune di Solbiate Olona è stato lieto di ospitare lo scrittore Mario Alzati, autore di 10 pubblicazioni che ripercorrono la storia della Valle Olona e dei suoi abitanti. Giada Martucci, assessore alla Cultura, all’Istruzione e alle Politiche giovanili: « La memoria storica ci aiuta a essere cittadini più consapevoli e impegnati, capaci di affrontare le sfide del presente con un occhio rivolto alle lezioni del passato»
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Mario Alzati è laureato in lettere e ha dedicato la sua vita all’insegnamento. Autore di 10 libri dedicati alla storia del nostro territorio, Alzati con il suo lavoro contribuisce in maniera cruciale al mantenimento della memoria storica del nostro paese e di quelli limitrofi. I suoi romanzi hanno trame e protagonisti a sé stanti, ma sono legati da un filo rosso che li raggruppa sotto un unico comune denominatore: l’amore per i paesi della nostra valle e del varesotto in generale.
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ambrenoir · 6 months ago
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L’AMORE AL TEMPO DEI CASINI
A Napoli oltre 900 bordelli tra Chiaja ed i Quartieri Spagnoli.
I luoghi del piacere sono espressione della tradizione partenopea sin dall’epoca romana quando esistevano, nella fattispecie, i cosiddetti lupanari di Pompei.
Oggi, le case chiuse del dopoguerra fanno parte del vastissimo patrimonio culturale di Napoli.
Gli arredi, i costumi utilizzati dalle prostitute, i vizi degli uomini e le virtù delle donne del tempo ci consentono di compiere un viaggio nella storia a partire dal mestiere più antico del mondo.
L’Italia, appena uscita dalla crisi della guerra, si concedeva qualche “vizietto”. Non c’era vergogna e neppure reato a frequentare quei posti così ben curati.
Non si faceva solo sesso, qualcuno richiedeva anche solo un bicchiere di vino in compagnia di una elegante signorina che con savoir faire concedeva momenti di puro piacere.
Nei vicoli di Napoli, tra sacro e profano, altarini votivi a santi e Madonne si alternavano alle case della maitresse e delle sue signorine che rivivono, oggi, grazie alla rappresentazione di figuranti in costume.
In vico Sergente Maggiore sorgeva uno tra i casini più frequentati “Il Monferrante”, la sua maitresse aveva spirito imprenditoriale, si dice che per attirare la clientela anticipava telefonicamente le attrazioni della casa.
Lo storico Casino di Salita S. Anna di Palazzo detto anche “La Suprema” è la più rinomata casa di Tolleranza della città, attualmente sede di un lussuosissimo hotel Chiaja Hotel De Charme dove i clienti più facoltosi attendevano Nanninella a´spagnola, Mimì d´‘o Vesuvio, Anastasia ‘a friulana e Dorina da Sorrento.
Nell’attuale piazzetta Matilde Serao invece, facevano tappa fissa numerosi giornalisti mentre a Parco Comola Ricci, all’Internazionale, si recavano principalmente i militari, qui anche le prostitute spesso erano straniere.
Nei pressi del rione Carità c’era il richiestissimo Casino degli Specchi.
Napoli offriva piaceri per tutti i gusti e le tasche infatti i più squattrinati potevano concedersi qualche gioia a pochi soldi recandosi alla casa delle “tre vecchierelle” a Montesanto.
Ciò che contraddistingueva i luoghi del piacere di Napoli è senz’altro l’intransigente regolamento.
I pagamenti fatti in camera, infatti, non erano considerati validi, non bisognava intrattenere più del dovuto le signorine, specie se in cerca di uno sconto e, in alcuni casi, il buon costume esigeva che i clienti si presentassero all’accettazione in abito, camicia bianca e cravatta.
Il tariffario, generalmente esposto all’ingresso poteva variare in base al tempo di intrattenimento, da mezzora o un’ora sino a mezza giornata.
Come qualsiasi attività che si rispetti, non poteva mancare la politica di offerta, agevolazioni per studenti, militari.
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gregor-samsung · 2 months ago
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" Nel novembre 1972, Oriana Fallaci riuscì a intervistare Henry Kissinger, che gestiva i destini dell’America in Vietnam. Kissinger si dipinse come «il cowboy che guida la carovana, che entra tutto solo nella città. Come nei western». «Agli americani ciò piace immensamente» aggiunse. Il paragone era ciò che la Fallaci aspettava per trovare una conferma al ritratto di uomo vanitoso che s’era fatto dell’allora potentissimo assistente agli affari esteri di Nixon. Così lei, insistendo sull’argomento, nella domanda successiva completò astutamente l’identikit, accostando Kissinger all’attore Henry Fonda, icona dell’eroe disarmato pronto a menar botte per onesti ideali. E lui lusingato riprese: «Esser solo ha sempre fatto parte del mio stile».
Un’apoteosi. Pubblicata su «L’Europeo», e poi ripresa per intero da numerosi giornali americani, l’intervista creò a Washington un putiferio. Kissinger, che dopo il successo della «diplomazia del ping-pong» con la Cina godeva di una stampa generosa, fu definito un presuntuoso pronto a oscurare Nixon. E la satira dell’uomo con cappellaccio e speroni invase i giornali. Finì per smentire quelle dichiarazioni che gli procurarono un paio di settimane di gelo nei rapporti col presidente: «Non mi sono paragonato a un cowboy solitario, Miss Fallaci ha distorto il mio pensiero: come ho fatto ad accettare quell’intervista, non lo so. È stata la cosa più stupida della mia vita!». La reazione di Oriana fu in tipico Fallaci style. Mandò a Kissinger un lunghissimo e furente telegramma in cui considerava la smentita un insulto alla sua onestà e alla sua professionalità. «Chiunque può ascoltare la registrazione dell’incontro!». La lite è rimasta come uno degli episodi più gustosi nella letteratura delle interviste che la Fallaci ha fatto ai potenti della Terra. Al pari del clamoroso gesto davanti a Khomeini, quando, per reazione al giudizio che l’imam aveva delle donne, si levò il chador. Chi aveva ragione tra Oriana e il cowboy Kissinger? A un anno dalla morte [di Oriana Fallaci], il «Corriere della Sera» ha ritrovato il nastro dell’intervista. Lo custodisce François Pelou, il giornalista della France Presse che fu legato sentimentalmente a Oriana in quegli anni. Il verdetto del dialogo dà sostanzialmente ragione alla Fallaci. Le parole di Kissinger sono più scarne di quanto fu pubblicato da «L’Europeo» e successivamente nel libro Intervista con la storia. Inoltre il politico americano non pronuncia la parola “cowboy”. Ma si definisce effettivamente il condottiero solitario nel Far West: il nocciolo c’è. "
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Brano tratto dall'articolo di Alessandro Cannavò «Fallaci contro Kissinger: aveva ragione lei» pubblicato sul «Corriere della Sera» il 10 settembre 2007, ad un anno dalla morte della giornalista.
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Maria Mulas Milano, Ritratti di fine '900
A cura di Andrea Tomasetig
Testi di Andrea Tomasetig, Paolo Fallai, Stefano Salis, Patrizia Zappa Mulas
Allemandi, Torino 2022, 192 pagine, 89 ilustrazioni, 20x29 cm, Inglese e Italiano, ISBN 9788842225812
euro 25,00
email if you want to buy : [email protected]
Il catalogo, edito in occasione della personale di Maria Mulas a Palazzo Reale a Milano, documenta il percorso di una protagonista della storia della fotografia che, con i suoi scatti, ha mostrato come nessun altro il volto del mondo artistico e culturale milanese, italiano e internazionale.
Gli anni settanta, ottanta e novanta sono per Maria Mulas una girandola di incontri, fra le Biennali veneziane e la Documenta di Kassel, allestimenti e inaugurazioni di mostre, presentazioni di libri, feste e reportage in giro per il mondo. Il suo luogo d’osservazione privilegiato è sempre Milano, città cosmopolita che, come un magnete, accoglie e integra le varie provenienze regionali e straniere, ed è in quegli anni uno straordinario laboratorio di creatività e modernità.
Maria Mulas ha ritratto artisti, galleristi, critici, designer, architetti, scrittori, editori, giornalisti, stilisti, registi, attori, intellettuali, imprenditori, amici. Un elenco dettagliato ne riporta ben 539, dalla «A» di Claudio Abbado alla «Z» di Franco Zeffirelli. Il catalogo Allemandi documenta i cento ritratti esposti nelle sale dell’Appartamento dei Principi di Palazzo Reale, provenienti dalla mostra al Museo Nazionale Slovacco promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Bratislava. Tra le pagine, i volti di: Giorgio Armani, Gae Aulenti, Joseph Beuys, Umberto Eco, Inge Feltrinelli, Dario Fo, Carla Fracci, Allen Ginsberg, Krizia, Marcello Mastroianni, i Missoni, Bruno Munari, Fernanda Pivano, Giò Ponti, Miuccia Prada, Giorgio Strehler, Arturo Schwarz, Ornella Vanoni, Lea Vergine, Gianni Versace, Andy Warhol.
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curiositasmundi · 1 year ago
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Il presidente argentino Milei si propone come modello di governo della crisi economica, sociale, politica ed ecologica attraverso la rottura di ogni consenso sociale e politico e di ogni regola del potere (democraticamente) costituito
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Già dalle prime misure varate subito dopo la sua assunzione ufficiale dell’incarico, in una cerimonia celebrata per la prima volta nella storia in piazza e voltando intenzionalmente le spalle al congresso, Milei ha mostrato la sua avversione per ogni procedimento formale costituzionale, presentando un pacchetto di quasi 900 leggi per mutare radicalmente l’assetto giuridico-istituzionale dello Stato argentino mediante un Decreto Nazionale di Urgenza (Dnu) e una Legge Omnibus. Si tratta di due maxi-provvedimenti emessi con procedura di urgenza in modo da bypassare i meccanismi democratici formali tipici di ogni democrazia parlamentare. Il processo Milei incarna un progetto autoritario e messianico (non si sottovaluti la conversione all’ebraismo ortodosso del presidente) di rifondazione istituzionale, un reale «processo di riorganizzazione nazionale», l’espressione usata da primo comunicato della giunta militare nel 1976 e ripresa dallo stesso Milei durante il suo discorso di insediamento. Il Dnu è già entrato in vigore da quasi un mese e mezzo, e potrà essere revocato soltanto dai tribunali. Proprio in questi giorni la legge omnibus è stata respinta dal parlamento, nonostante l’opposizione friendly del Pro di Macri, della vecchia Ucr e del peronismo di destra, e dovrà tornare nelle commissioni. Questi due provvedimenti sono stati accompagnati da un terzo – il cosiddetto Protocollo Repressivo della ministra della sicurezza, Patricia Bullrich – che autorizza la violenza statale e cioè la sorveglianza, la prevenzione arbitraria e soprattutto la repressione poliziesca indiscriminata di ogni manifestazione pubblica di dissenso, di ogni blocco di strade a causa di proteste, così come l’aumento delle pene di reclusione per reati politici. Già nelle prime manifestazioni di opposizione al governo abbiamo visto scene – arresti indiscriminati, attacchi feroci e intimidatori delle forze dell’ordine ai manifestanti e anche alla stampa – che non si vedevano dagli anni più bui della storia del paese. Da notare che il protocollo è divenuto operativo prima della sua approvazione in parlamento. Un’eccezione che opera in uno stato di eccezione più ampio. 
L’agenda di governo del processo Milei eccede anche qualsiasi tentativo di comprensione attraverso categorie economicistiche, anche tipicamente neoliberali, come austerity, aggiustamento strutturale, azzeramento del deficit fiscale, riduzione del debito pubblico, ecc. Nella sua essenza è un tentativo di cambiare, secondo una modalità autoritaria e intransigente, la costituzione materiale dello Stato-nazione, ovvero di eliminare qualsiasi tipo di regolazione istituzionale della vita sociale e ambientale per favorire in modo dispotico non il «libero mercato», bensì la produzione di valore, la speculazione e la rendita finanziaria, l’appropriazione di terre da parte di grandi proprietari e corporazioni e l’estrattivismo in tutte le sue dimensioni, senza alcun tipo di mediazione (giuridica, sindacale, ecc.). Si tratta di un modello di società di tipo pre-contrattualista, un modello di accumulazione brutale fondato sull’assurda concezione secondo cui la società è fatta soltanto dal libero scambio tra individui. Da qui la sua infatuazione per Margaret Thatcher. Così, con i suoi due decreti fondativi, sommati a una svalutazione della moneta del 120%, alla liberalizzazione dei prezzi dei generi alimentari, dei farmaci e dei contratti per gli affitti, alla cancellazione di ogni sussidio statale al trasporto e ai servizi pubblici (acqua, luce, gas, ecc.) e al blocco delle opere pubbliche, il processo Milei si è tradotto in uno dei più brutali trasferimenti di ricchezza di tutta la storia argentina dalle classi popolari all’oligarchia agro-finanziaria. Le statistiche in questi mesi registrano un calo del consumo dei generi alimentari di prima necessità del 40%, insieme a un crollo del 40% degli acquisti di farmaci essenziali. Un’estrazione feroce su una popolazione socialmente già allo stremo, dopo tre anni di inflazione galoppante. 
È questo il primo risultato di un’applicazione sadica, fanatica e alla lettera della terapia dello «shock economico» di Milton Friedman, il quale sosteneva che la rifondazione in senso neoliberale di una società doveva avvenire nei primi sei mesi di governo e, se possibile, nel pieno di una grave crisi economica. E tuttavia il «messianismo neoliberale» di Milei non è del tutto comprensibile al di fuori della storia coloniale dell’Argentina. Sta qui la sua principale differenza con i sovranismi del Nord globale. Il processo Milei affonda il suo immaginario politico nel progetto del «colonialismo d’insediamento» razziale delle élites bianche creole argentine di fine Ottocento, ovvero in un paese oligarchico governato da un blocco sociale agro-esportatore liberale e assai vincolato al capitalismo finanziario internazionale dell’epoca, e quindi fondato sulla negazione ed esclusione strutturale delle masse autoctone. Il processo Milei trae buona parte della sua linfa culturale da questa Argentina coloniale e pre-peronista, ovvero da un modello di paese costruito su un genocidio di stato e cioè sull’esclusione e repressione dei «gauchos» e delle masse proletarie meticce, e sullo sterminio pianificato dei popoli indigeni e degli afro-discendenti. Il «ritorno all’Argentina potenza» invocato da Milei, la sua santificazione di una personalità storica come Juan Bautista Alberdi (1810-1884), sta a significare un ritorno messianico a questa sorta di «paradiso adamico» rappresentato da un paese fondato sul terrorismo di stato, ovvero su un progetto volutamente omicida di «bianchizzazione» della popolazione. Sta qui il senso della prima frase enunciata da Milei durante la cerimonia di assunzione: «È finita la lunga notte populista, viva la libertad carajo!». Milei vede la storia post-peronista come una storia di progressiva decadenza economico-culturale; e questa decadenza, nella sua enunciazione, è dovuta ai diversi tentativi populisti di inclusione del cosiddetto «subsuelo de la nacion» (il proletariato autoctono e meticcio) nella grammatica istituzionale della cittadinanza moderna, e attraverso la redistribuzione della ricchezza. È su questo sfondo della storia nazionale che va interpretata una delle sue enunciazioni più note: «Qualsiasi tentativo di giustizia sociale è un’aberrazione». Non può sorprendere dunque se nel processo Milei si cercherà di azzerare, prima o poi, come peraltro già annunciato, le importanti ed esemplari conquiste di trent’anni di lotta per i diritti umani, per la Memoria, la Verdad y la Justicia, riguardo ai delitti di lesa umanità commessi dal terrorismo di Stato durante l’ultima dittatura civico-militare tra il 1976 e il 1983 finita con 30mila desaparecidos. Da quanto detto, inoltre, non è difficile intuire che lo schieramento internazionale con Stati uniti e Israele, e l’uscita dai Brics, già annunciati da Milei, non obbediscono soltanto a ragionamenti puramente geopolitici, o semplicemente ideologici, e meno che mai economici, poiché Cina e Brasile sono i principali partner economici dell’Argentina, ma ha radici piuttosto profonde. 
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diceriadelluntore · 2 months ago
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Storia Di Musica #350 - Miles Davis Quintet, Relaxin' With The Miles Davis Quintet, 1958
Per essere stata una piccola casa editrice musicale, la Prestige di Bob Weinstock è infarcita di leggende, come ho un po' raccontato in queste belle (per me, e spero pure per chi le ha lette) storie musicali novembrine. Che oggi toccano l'impressionante traguardo dei 350 dischi, e come tradizione vuole tocca a Miles Davis. Weinstock capì agli inizi degli anni '50 che Davis aveva un talento gigantesco sia come musicista ma forse ancora di più come band leader, tanto che fu uno dei suoi più grandi sostenitori ad intraprendere la costruzione di un suo gruppo. E Davis alla prima occasione dimostrerà il suo fiuto per la genialità musicale e nello scegliersi i musicisti, formando quello che è uno dei grandi gruppi di sempre, e apice dell'hard bop. Davis sceglie un giovane sassofonista della scuderia Prestige, John Coltrane, che in pochi anni diventerà uno dei giganti della musica del '900 e quella che è la sezione ritmica per eccellenza del genere: Red Garland al pianoforte, Paul Chambers al basso e contrabasso e Philly Joe Jones alla batteria. Siamo nel 1955: come accennato, Weinstock era uno che metteva la praticità davanti all'estetica, e spinge il quintetto a registrare. I musicisti la prendono come un'occasione per provare come suoneranno il repertorio dal vivo. Davis ha già registrato con la Prestige il suo primo disco da 12 pollici, The Musings Of Miles, nel 1955 con Oscar Pettiford al basso, e vedendo l'aura del personaggio crescere enormemente come seguito, Weinstock pubblicò in vari Lp tutte le registrazioni su disco da 10 pollici che Davis, con varie formazioni, aveva fatto agli inizi degli anni '50. Ai leggendari studi Van Gelder, Davis e il suo quintetto registrano in due date, passate alla storia del jazz: l'11 maggio e il 16 ottobre del 1956. Sono già così affiatati e coesi, la magia e la bravura a livelli così alti, che registrano moltissimo materiale, che il buon Weinstock è ben felice di avere, dato che ha notizie sicure che la Columbia vuole mettersi Davis sotto contratto, cosa che avverrà alla fine dello stessio anno, il 1956. Per questo motivo, e per la bellezza della musica, le intere quattro registrazioni vengono pubblicate come 4 dischi: Cookin' With The Miles Davis Quintet nel 1957, Relaxin' nel 1958, Workin' nel 1960 e Steamin' nel 1961. Sebbene Davis sia già passato ad altre magie stilistiche già nel 1958, quando pubblica quel capolavoro che è Milestones, i 4 dischi sono considerati insieme non solo uno dei gioielli del catalogo Prestige, ma come lo stato dell'arte del bop nella seconda parte degli anni '50.
Scelgo Relaxin' With The Miles Davis Quintet nella tetralogia perchè è unanimemente considerato il lavoro più palpitante e musicalmente ineccepibile, sebbene il repertorio scelto fosse, e da questo il titolo, il lato più intimo e dolce dei brani registrati. In questo disco la tromba di Davis, con i suoi interventi delicati e strutturati sulla ripresa di poche note caratteristiche del brano, diventerà iconica, tanto che chiunque pensi solo di avvicinarsi al suo stile verrà etichettato come "davisiano". Tra l'altro persino nelle versioni rimasterizzate più recenti, quelle del 2005 nientemeno che da Van Gelder in persona, rimangono ancora gli intermezzi di dialoghi all'inizio di ogni brano, dove Davis discute con i musicisti sul da farsi. In scaletta 6 brani, tutti standard, che in questa registrazione troveranno la loro forma definitiva: If I Were A Bell è un brano scritto da Frank Loesser per il famosissimo musical Guys And Dolls (uno dei grandi successi di Broadway, che ispirò il film Bulli E Pupe con Marlon Brando e Jean Simmons), qui è nella sua versione decisiva con gli assoli di Garlad e Coltrane e la tromba di Davis, che qui usa una sordina Harmon che diventerà una sorta di feticcio tra i trombettisti. You're My Everything è una canzone del 1931, altra canzone da un musical epocale è I Could Write A Book di Rodgers e Hart, cantata nella versione originale da Gene Kelly nel musical Pal Joey come It Could Happen To You, tratta dal film della Paramount And The Angels Sing del 1940. Due invece sono i brani scritti da jazzisti: Oleo è un brano di Sonny Rollins, il quale era molto stimato da Davis: i due spesso hanno suonato insieme, ma mai con assiduità, avendo un grande rispetto reciproco. L'altro brano è Woody 'n' You di Dizzy Gillespie, uno dei tre arrangiamenti realizzati da Gillespie per la big band di Woody Herman, anche se all'epoca non venne utilizzato; gli altri due erano Swing Shift e Down Under.
Nasce in questo disco la sintonia musicale quasi sincronica di Davis e Coltrane, che nel 1959 porteranno ai picchi inarrivabili di Kind Of Blue: la sezione ritmica diventerà lo standard, tanto è che Coltrane, che inizierà i suoi lavori solisti proprio con la Prestige, se li porterà appresso.
Il quintetto lavorerà fino al 1960, non senza dissidi e pause, primo fra tutti il fatto che Red Garland porterà Coltrane alla dipendenza dall'eroina, cosa che Davis non gli perdonerà mai (tanto è vero che Garland non suona in Kind Of Blue). Chambers, un genio, anche lui attraverserà una devastante dipendenza dalla droga e addirittura morirà per complicazioni da tubercolosi nel 1963, a 33 anni.
Nel 2006 la Concorde Records, che detiene il catalogo Prestige, pubblicherà in una scintillante confezione box da 4 cd The Legendary Quintet Sessions, che ai 4 capolavori aggiunge 'Round Midnight, presente in Miles Davis And The Modern Jazz Giants e una serie di registrazioni inedite in jazz club e show in televisione. Un tesoro per gli appassionati più accaniti, ma per un approccio genuino e affascinante al jazz basta ascoltare la bellezza del disco di oggi, una delle innumerevoli magie di Miles Davis.
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abr · 1 year ago
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Corrono notizie del recupero, nel territorio di Israele, oltre ai 900 morti e oltre 2000 feriti, anche di 1500 cadaveri di infiltrati Hamas. Mille e cinquecento.
Se verrà confermato, si comprende cosa sia successo e come sia potuto succedere: ma quale "impreparazione", probabilmente sul piano tecnico si é trattato di una delle più vaste operazioni di assalto suicida della storia.
Per trovare precedenti bisogna andare indietro al 7 luglio 1944, quando nell'isola di Saipan 4.300 soldati imperiali lanciarono una grande carica banzai. A cose così non sei mai preparato, anche se sei pronto schierato e godi di superiorità di armamento: parte della linea arretrò oltre al bagnasciuga fin dentro in mare, ci furono 406 morti e migliaia di feriti tra gli statunitensi nel giro di un'ora o due. Il prezzo fu il totale annientamento dei giapponesi: ZERO sopravvissuti.
Subito dopo il comandante in capo effettuò rituale seppuku, mentre l'ammiraglio Nagumo, comandante del settore ed eroe di Pearl Harbor, s'era sparato alla testa il giorno precedente. Gli Hammass' quel senso dell'onore lì non ce l'hanno: scudi umani civili, ostaggi, andate a ammazzare facendovi pure ammazzare, sarebbe questa una grande vittoria da celebrare per strada assieme alle merdine inculabili del liceo Manzoni di Milano: ancora un paio di "vittorie" così e ce ne liberiamo per sempre.
Lesson learnt, adatta alla situazione odierna: dopo Saipan, a Iwo Jima e Okinawa i giapponesi accantonarono gli scontri a viso aperto sia pur suicidi e scesero sottoterra; gli americani per non sbagliare procedettero di lanciafiamme preventivo e lo stesso penarono parecchio.
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ARTE STORIA DELLO STILE
Roberto Longhi, piemontese di Alba, classe 1890, è stato uno dei più pregevoli critici d'arte italiani.
Per alcuni, il maggiore.
Non faccio classifiche.
Ricordo solamente il suo concetto del fare artistico:
«[...] l'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa [...] Mentre il poeta trasfigura per via di linguaggio l'essenza psicologica della realtà, il pittore ne trasfigura l'essenza visiva: il sentire per l'artista figurativo non è altro che il vedere e il suo stile, cioè l'arte sua, si costruisce tutto quanto sugli elementi lirici della sua visione.»
Così affermava nella sua "Breve ma veridica storia della pittura italiana", effetto di un compendio proposto da Longhi, tra il 1913 e il 1914, per i maturandi dei licei romani "Tasso" e "Visconti".
Era un giovane laureato.
Ma tenne quell'impostazione per tutta la vita: l'arte nasce dall'arte.
Ed è dunque storia dello stile, o meglio degli stili.
Difficile tenere quel modello concettuale entro solidi margini nella creatività caotica dell'arte contemporanea.
A maggior ragione per chi come me sostiene che l'atto lirico non sia individuale e originale libertà ma il riflesso di una cultura che fa traccia nel tempo facendo del corpo dell'artista il suo strumento espressivo.
Eppure, quando osservo i cosiddetti "illustratori", tra XIX e XX secolo (tra i quali è annoverato Toulouse-Lautrec) che per me sono artisti senza alcuna limitazione, mi sento additato dalle parole di Longhi come in un invalicabile atto d'accusa.
René Gruau, al secolo Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, riminese dalla nascita avvenuta nel 1909, è tra quelli che più di altri mi mettono in crisi.
Ma che, paradossalmente, concorre a salvare la mia tesi.
Infatti, mentre la sorprendente sintesi stilistica dell'artista italiano attraversa il '900 in un raffinato allungarsi e diffondersi di figure dalla strepitosa e diafana eleganza, corroborando la sentenza longhiana sulla traccia lirica come epicentro dell'arte, quelle apparizioni affascinanti altro non sono che l'espressione dell'estetica del secolo, punto di convergenza delle necessarie concatenazioni causali capaci di rendere riconoscibile il gusto per modelli rappresentativi inequivocabili: rammentano la stampa quotidiana e periodica, la pubblicità, il cinema, la moda di quegli anni ruggenti e tragici, disseminati di straripante follia ed estro creativo.
L'arte emerge dalla vita concreta delle società e dalla grafia delle loro visioni culturali.
Nondimeno, sono un tuffo nel passato recente, con una proiezione nel presente e nel futuro: la linea di Longhi mai spezzata nel suo farsi storico.
Dal fondo, emerge l'essere umano, illuso della libertà e immemore del destino di finitezza assegnata ai confini invalicabili di tempo e di spazio.
Che costui disegna nel colore di un'agognata dimenticanza.
- Le immagini sono un'antologia di espressioni figurative di René Gruau sparse lungo tutto il XX secolo.
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soldan56 · 1 year ago
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Il 12 febbraio 1809 nasceva Charles Darwin, filosofo, medico e naturalista. Le sue idee e le sue scoperte hanno contribuito a formare la cultura del '900. "L'origine delle specie" è una tra le opere cardine nella storia scientifica e una delle più eminenti in biologia
#DarwinDay
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