#sorriso e relazioni sociali
Explore tagged Tumblr posts
pier-carlo-universe · 4 months ago
Text
Oggi è la Giornata Mondiale del Sorriso: Celebrando la Positività e il Benessere
Un giorno dedicato al potere del sorriso: scopri come piccoli gesti di felicità possono migliorare il mondo
Un giorno dedicato al potere del sorriso: scopri come piccoli gesti di felicità possono migliorare il mondo La Giornata Mondiale del Sorriso si celebra ogni anno il primo venerdì di ottobre ed è un’occasione speciale per ricordare l’importanza di un gesto semplice ma potente: sorridere. Questo evento internazionale è stato istituito per promuovere la positività, il benessere e l’empatia,…
0 notes
gregor-samsung · 2 years ago
Text
“ Vedo Akiko alla mensa, è seduta a un tavolo con due amiche e chiacchiera animatamente. Ha sciolto i capelli che le arrivano a metà schiena, mentre prima, quando è venuta nel mio studio, li aveva legati sulla nuca. Risatine, espressioni di marcato stupore, dinieghi sconcertati, le vivaci reazioni delle tre ragazze lasciano pensare che la conversazione verta su un argomento appassionante: deve trattarsi di qualche vicenda personale, escluderei la possibilità che stiano discutendo di problematiche sociali o grandi questioni esistenziali, considerato lo scarso interesse che le une e le altre riscuotono fra i giovani. Vista al di fuori del contesto formale della classe o del colloquio con me, che sono la sua sensei, la sua insegnante, Akiko mi sembra più disinvolta e rilassata. Ha una gestualità un po’ affettata ma espressiva, un atteggiamento vivace. Tutt’a un tratto entra il suo ragazzo insieme a uno studente che non conosco. Avanzano con i vassoi del pranzo, strascicando i piedi, si guardano intorno, poi vanno a sedersi con aria indolente al tavolo delle ragazze, le quali non si scompongono più di tanto e continuano la loro infervorata conversazione. I due ultimi arrivati ogni tanto interloquiscono, ma ben presto si disinteressano delle ragazze e cominciano a parlare tra di loro. Manca ancora un quarto d’ora all’inizio delle lezioni, ma Akiko e le sue amiche a un certo punto si alzano e se ne vanno, solo lei si attarda ancora un momento accanto al tavolo per dire qualcosa al suo ragazzo, poi raggiunge le altre che sono già sulla porta. Dopo cinque minuti anche i due maschi, che nel frattempo hanno finito di mangiare, se ne vanno. Non fossi stata informata da Akiko poco prima, non avrei mai sospettato in quel gruppo di cinque persone la presenza di una coppia. L’apparente indifferenza dei due non deve però trarre in inganno, potrebbero essere perdutamente innamorati l’uno dell’altra, se non lo dànno a vedere è perché in Giappone non si fa, non si mostrano in pubblico gli affetti privati, tanto meno negli ambienti che si frequentano per studio o per lavoro. Nell’università dove insegno, le storie d’amore fra studenti sono all’ordine del giorno, ma raramente l’atteggiamento esteriore degli interessati le lascia indovinare. Però non se ne fa mistero, e quando se ne presenta l’occasione se ne parla senza falsi pudori. Altre volte ne sono venuta a conoscenza anni dopo, ricevendo un cartoncino che mi annunciava le nozze fra due ex studenti che per quattro anni erano rimasti seduti uno a un angolo della classe e l’altra a quello opposto. Il massimo dell’intimità che le coppie più giovani si concedano davanti a terzi è tenersi per mano. Una volta, tornando dall’Italia, mi sono per caso trovata a viaggiare nello stesso aereo con un mio studente che non vedeva la sua ragazza da due mesi, ed era letteralmente esasperato per un ritardo di un paio d’ore. Ebbene, quando i due si sono finalmente rivisti all’aeroporto, si sono salutati con un mezzo inchino impacciato; morivano palesemente dalla voglia di buttarsi l’uno nelle braccia dell’altra, ma per farlo hanno dovuto aspettare di essere soli. Tanto più appassionate e profonde sono le relazioni affettive, in questo popolo, tanto meno vengono esibite, tanto più intensa è l’emozione, tanto meno le si lascia libero sfogo in pubblico. Mi è successo di assistere all’aeroporto all’incontro di persone che non si vedevano da anni – madre e figlia, o fratello e sorella – e si salutavano con un cenno del capo, un sorriso, una pacca sulla spalla. Belle frasi e grandi dichiarazioni, sia di gioia che di dolore, sono di solito riservate alle relazioni formali e poco sentite. Come in tutti i fenomeni, anche negli affetti in Giappone la facciata è diversa dalla realtà che si cela dietro di essa, e può essere molto fuorviante dedurre la seconda dalla prima. “
Antonietta Pastore, Nel Giappone delle donne, Giulio Einaudi, 2004. [Libro elettronico]
14 notes · View notes
daniela--anna · 7 months ago
Text
Tumblr media
A smile is always good!
📌Did you know that...
THE SMILE IS A FRIEND OF THE HEART.
When we smile, blood pressure reduces and heart rate slows down, everything balances in a natural and physiological way.
For this reason, those who smile often are less likely to develop heart disease and generally have better health.
Laughing is therefore important and not only because it supports your mood, but also because it reduces stress and nervousness.
Laughter, in fact, is an element that strengthens social relationships and facilitates communication with those around us, establishing a more positive and harmonious emotional climate.
📚🔍For further information see the article:
"Smile, it's good for you!"
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g20000708/Sorridete-vi-fa-bene/
Tumblr media
Un sorriso fa sempre bene!
📌Sapevi che...
IL SORRISO È AMICO DEL CUORE.
Quando sorridiamo, la pressione sanguigna si riduce e il battito cardiaco rallenta, tutto si equilibra in modo naturale e fisiologico. Per questo, chi sorride spesso ha meno probabilità di sviluppare patologie cardiache e in genere ha una salute migliore.
Ridere perciò è importante e non solo perché sostiene il tono dell'umore, ma anche perché attenua stress e nervosismo.
La risata, infatti, è un elemento che rafforza le relazioni sociali e facilita la comunicazione con chi ci circonda, instaurando un clima emotivo più positivo e di sintonia.
📚🔍Per approfondire vedi l'articolo:
"Sorridete, vi fa bene!"
nel link che segue
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g20000708/Sorridete-vi-fa-bene/
1 note · View note
mypickleoperapeanut · 10 months ago
Text
Tumblr media
"L' Arte senza tempo dell'accoglienza"
di Riccardo Rescio
La distinzione tra chi prende una determinata decisione e chi delle altrui scelte diviene soggetto,
è sostanziale e profonda, ma solo ad una superficiale, retorica e stereotipata valutazione.
Da una più attenta osservazione della complessa tessitura delle relazioni umane, emerge con chiarezza che la distanza tra chi sceglie e chi viene scelto, non è nella realtà così ampia.
Indubbiamente la scelta è sempre conseguente ad una molteplicità di fattori che consapevolmente o inconsapevolmente spingono una persona a prediligere una opzione piuttosto che un'altra.
Motivazioni che traggono origine da un ampio spettro di emozioni, racconti, storie, ricordi, paure, desideri, aspirazioni, sensazioni vissute in modo viscerale, altre volte molto più superficiali.
Scegliere è un viaggio guidato dalla personale emotività, un percorso più o meno accidentato tra diverse possibili opportunità, ognuna delle quali carica di un recondito o istintivo significato.
L'essere scelti invece è solo apparentemente una condizione passiva, poiché è sempre e comunque il risultato di tutte quelle motivazioni che sottostanno a chi sceglie.
Scegliere ed essere scelti sono le due diverse facce della stessa medaglia, l'una sussiste in ragione dell'altra.
Nella realtà è una esperienza estremamente gratificante, poiché la scelta da sempre ricade su ciò che si ritiene migliore, più capace, più buono, più bello, dove l'azione non può e non deve essere considerata come rassegnata accettazione, bensì come meritato riconoscimento.
Chi viene scelto, non può che sentirsi fortemente gratificato e altrettanto motivato nel mostrare gratitudine, verso chi ha compiuto la scelta.
La gratitudine è un pregevole sentimento, un ammirevole comportamento, che denota una diversa dinamica relazionale, segnata dalla riconoscenza, che è anch'essa una scelta.
Nello scenario generale delle relazioni interpersonali, la gratitudine assurge a valore assoluto della considerazione e del rispetto.
La gratitudine è un pilastro fondamentale nella costruzione di relazioni significative, specialmente nei contesti in cui si è a contatto con il pubblico.
Proprio all'interno degli ambiti ricettivi, di somministrazione e di servizi, l'analisi del concetto di "accoglienza" assume una rilevanza primaria.
Il termine "accoglienza" abbraccia molto di più di una semplice interazione basata su convenzioni sociali, convenevoli scontati, o convenienti pratiche commerciali, in realtà rappresenta una vera e propria filosofia di vita, una modalità di esistenza che privilegia l'apertura verso l'altro e il desiderio sincero di far sentire l'altro accolto, apprezzato e considerato.
L'accoglienza si manifesta nei gesti quotidiani, dai più piccoli, come un sorriso spontaneo, fino ai più impegnativi, e si conclude, ma mai del tutto, con un caloroso abbraccio al momento dell'arrivederci.
Questi gesti, semplici ma intrisi di significato, segnano l'inizio e la conclusione di un'esperienza di incontro tra persone, siano esse legate da precedenti conoscenze o unite da un momento condiviso, per caso o per scelta.
L'accoglienza è la costruzione di un ponte tra individui, è l'opportunità attraverso la quale si può esprimere amore e passione, gratitudine e riconoscenza, imprescindibili condizioni che trasformano ogni singolo incontro in un'occasione unica e irripetibile.
L'accoglienza, in fondo, è un invito alla condivisione, alla celebrazione partecipata della gioia di un incontro, alla piena consapevolezza del momento vissuto.
L' offrire e il ricevere accoglienza divengono atti gratificante, azioni, comportamenti in cui ogni momento non è mai una esperienza conclusa, ma soltanto l'inizio di un'altra avventura umana.
In sintesi, l'accoglienza di chi ha scelto inizia con un sorriso di benvenuto e si conclude con un abbraccio di arrivederci di chi è stato scelto.
Firenze 11 aprile 2024
0 notes
silviascorcella · 1 year ago
Text
Antoine Peters, “Space Garments”: abiti e spazio sono senza confini, come l’ottimismo
Tumblr media
Accadono cose sorprendenti nell’universo creativo di Antoine Peters! Ne varchi la soglia e non ne vorresti uscire più, perché qui, insieme a lui si possono indossare giochi divertentissimi per affrontare temi e riflessioni serissime: e non c’è mai un solo vincitore, ma vinciamo tutti. Tutti insieme, sempre. Che cosa si vince? Un premio importantissimo: il sorriso per affrontare con ottimismo granitico la negatività dilagante.
L’universo creativo di Antoine Peters, infatti, sembra fatto della stessa sostanza del mistero buffo.
Tumblr media
Dentro, nel cuore, c’è la sua ricerca spasmodica, entusiasta, instancabile, su concetti così complessi che sfiorano l’inaccessibilità del mistero, che iniziano nella moda, si moltiplicano nei capi d’abbigliamento e negli oggetti di design, fluiscono nelle stampe e nelle stoffe, attraversano il corpo e si espandono nello spazio, si allacciano alla musica, si mostrano nel video, discutono con l’arte, si mettono in relazione tra loro, rivolgono domande a noi, sconvolgono gerarchie, ribaltano preconcetti, abbattono pregiudizi, sconquassano confini mentali, disciplinari, sociali.
Tumblr media
Fuori, c’è il divertimento buffo delle sue creazioni, collezioni, installazioni: fatte di forme bizzarre, colori vibranti, trovate irriverenti, intenzioni scherzose, provocazioni giocose, approcci accoglienti, invenzioni sorprendenti, sperimentazioni stupefacenti. Architetture allestite col principio della semplicità per far passare con immediatezza e leggerezza i messaggi di positività.
Fuori ci siamo anche noi tutti che veniamo invitati dentro, con gentilezza, a prendere parte al grande gioco serissimo di Antoine Peters: e il suo invito è proprio come un abbraccio di cui ci si può fidare. E a cui ci si può affidare.
L’invito più recente ad immergerci - letteralmente! - nel suo mondo è un progetto che s’intitola “Space Garments”: già il nome è premessa, e promessa, di un’intensa riflessione sugli abiti, lo spazio, il corpo a cui capita ci starci nel mezzo, le loro relazioni e le nostre percezioni. Ma prima di inoltrarci in quest’alchimia, concediamoci un percorso breve ma intenso, nella sua biografia personale e creativa: al fine di cogliere e goderci  al meglio quello che il progetto ha da comunicarci.
Tumblr media
L’origine biografica di Antoine Peters ha le radici in Olanda, nato e cresciuto nella campagna di Vorden, vive e lavora ad Amsterdam. L’origine creativa inizia nella formazione all’Accademia d’Arte di Arnhem, prosegue al Fashion Institute, si plasma con l’esperienza da Viktor & Rolf come fosse un’inevitabile affinità elettiva, e matura ben presto nella consapevolezza di un mestiere in cui la moda è un mondo felice di partenza su cui innestare il dialogo euforico con altri mondi creativi. Viene accolto presto e con successo all’Amsterdam Fashion Week: ma la passerella non è il posto del trionfo, piuttosto è un ponte per collegare le numerosi direzioni e visioni anticonvenzionali della sua creatività che si rivolgono alla collettività.
Tumblr media
Antoine Peters, infatti, ha un solo scopo chiarissimo: darsi la possibilità di innescare il cambiamento positivo nel mondo, a proposito di tematiche molto serie come i rischi dell’idealismo, i danni del consumismo, le ingiustizie dei preconcetti sociali, il vizio dell’impazienza di produrre opinioni e scagliare giudizi, la necessità di riscoprire l’intimità con con noi stessi e l’accoglienza con gli altri. L’arma che usa ha come grilletto la diffusione di un piccolo sorriso: in pratica, uno strumento di distrazione di massa dai meccanismi negativi della realtà.
Tumblr media
Antoine Peters ci sposta i punti di vista da davanti agli occhi: ci trattiene a riflettere, ci guida a riconsiderare i pensieri generati dalla frenesia, ci sorprende per migliorarci mentre ci divertiamo. Per questo il suo immaginario non ha niente a che fare con intellettualismi elitari: con lui tutto è pop, la cultura popolare è la sua fonte d’osservazione, il casualwear è la sua fonte di progettazione, l’ironia lieta è la sua lingua d’espressione, anche quando si spinge avanti nella sperimentazione.
Tumblr media
Racconta che qualsiasi cosa, in qualsiasi momento nutre la sua immaginazione: tutto finisce dentro a delle scatole dedicate all’ispirazione, ma che si chiamano ‘scatole della traspirazione’ perché il lavoro da fare poi è questione di fatica e dedizione. Per raggiungere ogni volta un effetto straordinario attraverso l’immediatezza dell’ordinario. Come quella prima volta che è diventato famoso col progetto “A sweater for the world!’: una felpa enorme fatta per accogliere due persone, portata in giro per accogliere più individui possibili, per accoppiare più differenze possibili e dimostrare che la tolleranza è possibile. O come quando con “One Man Show”, Antoine Peters ha deciso che avrebbe saltato il giro sulla giostra semestrale della fashion week perché aveva bisogno di impiegare il tempo per sistemare il suo brand, e usare il tempo extra per imparare a fare la maglia, tra cui la stessa maglia con cui ha gironzolato per i party fashion.
Tumblr media
Come quando fa collezioni dai titoli surrealisti come gli abiti: in “Turn Your Frown Upside Down” invita tutti a capovolgere il broncio, mette alle modelle un nasone da clown ma in paillettes rosa nude e diffonde gli smile sugli abiti; in “To Make An Elephant Out Of A Mosquito” gioca con gli estremi, dimostra che è tutta questione di percezioni, e che se ingigantisci una zanzara si trasforma in un elefante, e viceversa un elefante può essere rimpicciolito nella metamorfosi della fantasia fino a diventare una stampa minima come un insetto; in “The World is Flat” celebra il primato di essere il primo fashion designer a presentare una collezione col video pop con una vera canzone pop, per mostrare una collezione dove tutto è davvero pop e tutto passa dalla tridimensionalità alle due dimensioni piatte come le stampe, persino gli abiti, gli accessori, le modelle; in “Fat Poeple are harder to kidnap” scompone la camicia di forza, sperimenta con quel che ne resta comprese maniche di 5 metri, tappa la bocca alle modelle con scotch a forma di sorriso, crea stampe come fossero lettere di riscatto con lettere prese da brand fashion e multinazionali del food, gioca con gli estremi delle dimensioni per affrontare l’annosa questione del grosso contro snello non per dare una risposta, ma per spalancare la domanda.
Tumblr media
O ancora, come quando fa installazioni che sembrano minimali in apparenza, ma nell’essenza sono ricche di sperimentazione: ad esempio il primo “Lenticular Dress” con cui realizza il desiderio di trasferire la tecnica lenticolare dalla carta alla stoffa, e ci riesce con le pieghe creando l’illusione ottica di molteplici pattern che sfumano l’uno nell’altro a seconda del movimento, mentre riesce anche nell’intenzione di incoraggiarci a sospendere il giudizio perché niente è come appare a prima vista, ma tutto può cambiare a seconda del punto di vista. Un concetto ribadito e sviluppato in “Hey, Wait a Minute!” dove c’è una versione 2.0 del Lenticular Dress che è un piccolo capolavoro di origami giapponese dipinto a mano, con l’importante missione di racchiudere due facce, una tutta nera e l’altra multicolore, l’una che muta nell’altra col movimento, e così facendo ci invita, noi spettatori, a rallentare i pensieri che sganciano giudizi frettolosi, e ad accertarci nel frattempo che la negatività può essere allacciata alla positività, e viceversa.
Tumblr media
Torniamo dunque all’invito più recente che, come accennato, ha come titolo “Space Garments”: un progetto che ci accoglie in una dimensione che non c’è. O meglio, che non è tangibile ma perfettamente intelligibile, non la possiamo abitare ma la possiamo visualizzare, grazie alla tecnologia virtuale che ha tradotto quello che l’ingegno di Antoine Peters continua ad allestire nella sua mente da almeno vent’anni, per l’occasione della Dutch Design Week riassunto in dieci affascinanti proposte.
Tumblr media
L’attributo non è affatto casuale: si tratta di mesh-up tra l’abbigliamento e lo spazio che nascono proprio dal fascino potente che i capi, gli oggetti, il corpo, lo spazio, le relazioni che intessono, le riflessioni filosofiche che stimolano, i punti di vista che sbloccano, i suggerimenti sociali che forniscono, esercitano con vigore e passione su Antoine Peters.
Se proprio dovesse esserci una gerarchia, ecco: per Antoine Peters lo spazio intorno ad un abito è importante tanto quanto l’abito, perciò non è detto che sia importante che l’abito sia indossabile, è più importante, almeno secondo lui, esplorare le interazioni tra tutti gli elementi, compreso il corpo che ci si trova in mezzo, dentro l’abito e nello spazio.
Tumblr media
Sembrano esercizi visionari: gli abiti vengono stirati, distorti, deformati, tagliati, avviluppati, espansi, riconfigurati, le nostre percezioni vengono sfidate ad abbandonare le concezioni tradizionali per abbracciare nuove possibilità, per considerare nuovi significati dei vestiti, dello spazio, del fatto che il nostro corpo potrebbe non essere così necessario a definire i confini, tanto che potremmo ritrovarci ad indossare un intero pavimento o ad assistere ai nostri pantaloni che si estendono a occupare tutta la stanza. Realismo e astrazione si fondono per confonderci: che è il modo migliore per rinfrescare gli occhi, rigenerarci i pensieri, ricollocare i confini sempre un po’ più salvificamente in là.
Tumblr media
All’ingresso dell’universo creativo di Antoine Peters potrebbe esserci una grande insegna, ovviamente coloratissima: con su una scritta ispirata al celebre motto latino “Omnia vincit amor”, ma mettendo “ottimismo” al posto della parola amore, che tanto ci starebbe già felicemente compresa dentro.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
1 note · View note
poetadellasera · 2 years ago
Text
LEONI DA TASTIERA
Tumblr media
Anno 2022 si presume che il pregresso della vita, sia frenetico e inarrivabile. Qui dove un' influencer è colui che influenza la moda, il mercato, le opinioni altrui. Dove i rapporti "umani" sono stati scambiati con un like, con emoticon, e ci si parla attraverso uno schermo. Dove le "relazioni sociali" sono state sostituite da reel e da siti di incontri. Bello? No! Direi che tutto ciò è pietrificante. Ci siamo ritrovati a cercare la nostra identità in qualcosa che è falsificato, ci siamo ridotti a cercare "amore" attraverso uno schermo.
Mi ritrovo qui in un mondo che mi va stretto, agnelli messi al macello, ecco cosa siamo!
Dietro quei schermi chi c'è davvero? Per esperienze arrivate al mio orecchio, sento storie agghiaccianti, e mi chiedo l'umanità dove sia finita?
Senza le parole, senza la scrittura e senza i libri non ci sarebbe la storia, non potrebbe esserci alcuna nozione di umanità. Un gesto umano in mezzo a una smisurata disumanità. È qualcosa di estremamente raro, ormai.
Eppure le cose più belle partono dagli angoli, pensa al sorriso, agli arcobaleni, ai diversi. Brindo a loro, alla resistenza a chi ancora è se stesso nonostante tutto a chi crede ancora che un dialogo vada fatto difronte sincero diretto.
Brindo agli ultimi romantici, che si emozionano nel guardare la bellezza delle piccole gioie che il mondo ci regala
Brindo a me, che nonostante tutto sono qui, a influenzare e spero positivamente il vostro pensiero rendendolo felice
A noi che siamo gli ultimi sopravissuti 🥂
Poeta della sera ✍🏻🌚
3 notes · View notes
benzedrina · 2 years ago
Text
Ibsen ha la capacità di attivare in me un'incazzatura atavica verso i preconcetti sociali, i pregiudizi morali e le storture dell'apparenza famigliare, ma prima di arrivare a Ibsen faccio un passo indietro. Oggi, in un giorno super stanco, ho fatto 2 fotomontaggi e ho analizzato circa 90 campioni, ma la scrittura del paper è lontana e tra due giorni devo dare un rendiconto. Qui pensano che io ad Agosto abbia lavorato al pc perché vogliono che si faccia così, io sostanzialmente ho lavorato sulla casa nuova. Le conseguenze arriveranno ma anche sticazzi. In questa giornata stanca, all'ennesima ansia inutile su una proposta d'acquisto (procedura burocratica assurda per noi dottorandi) la risposta stanca, scazzata, quasi acida te la becchi. Ecco che il circolo delle conseguenze ritorna. Io ci penso poco alle conseguenze. Non sono abile in questa previsione di cosa potrebbe succedere se facessi questa mossa ora e proprio ora e non dopo, quindi, insomma, la mia vita è un rincorrere le conseguenze che non so prevedere e trovare un modo per non far collidere tutto.
Perché non prevedere certe cose? Perché infine la vita è caos e pure che ci pensi la mossa che ti porta a farti mangiare il re arriva, in un modo o nell'altro, quindi muovo pezzi sulla scacchiera e vedo che succede, male che vada si perde la partita e si ricomincia. La faccio facile ma in sostanza è così che mi funziona tutto. Quando mi trovo a vivere momenti con persone che pensano a ogni mossa e conseguenza si crea questo cortocircuito comunicativo in cui io aspetto la tua decisione e per incomprensione sul tuo modo di ragionare, inizio altre partite.
A me piacciono quelle persone che accettano le conseguenze ancora prima di saperle perché in fondo non stiamo facendo nulla di criminale o doloroso, siamo umani e possiamo sbagliare. Gli scazzi arrivano e spariscono e tutto ricomincia con nuova esperienza. E in questo continuo movimento creo relazioni con persone che attendo perché da loro imparo molto. Imparo quest'equilibrio che manca.
E così da una parola detta per scazzo, ti porto alla Feltrinelli, controvoglia, ti porto a prendere un kebab, a bere una birra e a stare spiaggiati su un parco mente ti racconta la storia di Nora e ti leggo il primo atto degli Spettri di Ibsen, preso poco prima alla Feltrinelli perché Ibsen ha questa cosa di aver distrutto dei principi sociali corrotti. E tu controvoglia coi rubinetti chiusi e io con tutto questo fiume che straborda perché non concepisco lo scazzo delle parole e credo nella sincerità di un tocco, di un sorriso, degli occhi che continuano a guardarmi, della voglia di sentire, di questo corpo sincero che vive senza filtri e di queste parole che cedono il passo a un cervello che filtra ciò che sente e molte volte si perde in quello che dice.
6 notes · View notes
lucadenardophotography · 3 years ago
Text
Tumblr media
MAROCCO 2017 - I colori della vita
Giorni frenetici dove odore, rumori, vista, tatto, gusti hanno fatto da assoluti padroni. Un paese si vive percependone la sua essenza, il suo karma, la sua energia, le sue differenze, le sue familiarità con il tuo. La mente deve essere aperta e le sinapsi devono viaggiare veloci. Devi assorbire come una spugna, ed andare oltre l'apparenza. Gente, occhi, sguardi, parole, suoni, sapori, odori ... dinamiche sociali, relazioni dell'uno con i molti, i molti con l'uno.
Tumblr media
Lascio che sia il tutto, che tutto mi investa, mi travolga, mi porti via come un fiume in piena, senza contrastarlo, ma lasciando che il tutto sia ed entri dentro di me. Non è facile sapere dove guardare. Il segreto è non guardare, ma saper percepire. La meraviglia dell’ignoto, di questa vita che pulsa nelle nostre vene e in quelle di migliaia di persone che ho incrociato, che ho guardato negli occhi per percepirne la presenza e la loro energia. Gente, gente che ti guarda come un marziano così come tu li guardi meravigliato.
Tumblr media Tumblr media
Dall’immenso al singolo, dal singolo al multiplo, in un concatenarsi di sinapsi tra te e il tutto che ti circonda. E camminare credendo di essere solo ed invece ti accorgi che il tutto è con te e dentro di te. Anime fragili più della tua o anime forti che potrebbero sovrastarti con un solo sorriso o un semplice sguardo.
Tumblr media
E chissà come mai tutto ti appare cosi semplice e cosi normale, cosi tuo e così familiare. Siamo uomini, non dei, siamo tutti figli di un solo Dio, di una sola energia primordiale e se i nostri popoli vivono migliaia di chilometri di distanza, chissà perché, tutto sembra cosi vicino a te, senza alcuna differenza, senza alcuna lontananza, perché ciò che ci unisce è la vita, tra sofferenza e gioia, tra miracolo della vita e compassione della morte, in un ciclo perenne e assoluto, dove la fine è un’inizio e l’inizio indica la strada verso la fine.
Tumblr media
È l'amore, l'amore per questa vita che ci è stata donata, indipendentemente se siamo cristiani, mussulmani, ebrei, ortodossi, bianchi, neri, gialli o rossi. Siamo solo ed unicamente uomini e la cosa meravigliosa è che siamo composti di infiniti colori, i colori della vita.
16 notes · View notes
paoloxl · 3 years ago
Text
Lucha y Siesta – Casa delle donne
L’asta di Via Lucio Sestio 10, tenutasi lo scorso 5 agosto, si è finalmente conclusa: la Regione Lazio si è aggiudicata l’immobile. Con questa acquisizione la Regione riconosce una storia importante e apre, a tutta la comunità che l’ha scritta, un futuro possibile dopo anni di precarietà e incertezze.
Sportello antiviolenza, casa rifugio, spazio politico femminista e transfemminista, verde e polifunzionale, un’esperienza complessa da sempre a disposizione delle tante persone e delle tante realtà che hanno desiderio o bisogno di attraversarla; un luogo con un futuro oggi più sereno, in cui essere tuttə protagonistə della progettazione partecipata per un bene comune femminista e transfemminista, assieme al Comitato “Lucha alla città”. Senza soluzione di continuità, oggi Lucha porta respiro a tutta Roma, immaginando e praticando una prospettiva sul mondo che mette al centro le comunità di genere e dei generi, la cura e le ancora necessarie rivendicazioni.
In Via Lucio Sestio non c’è un palazzo, né un progetto o un gruppo che resiste; Lucha y Siesta è un processo irreversibile nato dal basso e cresciuto con chi l’ha attraversata, nel conflitto e nel cambiamento di una comunità che è diventata forza e amore. Proprio quando abbiamo avuto più paura, insieme abbiamo difeso Lucha dichiarandola patrimonio comune inalienabile e su questo tracciato collettivo intendiamo continuare a camminare.
Sui cardini dell’autodeterminazione, grazie alle energie immesse dalla marea fuxia e alle relazioni con le altre Case delle donne nel mondo. Vogliamo da oggi vedere crescere i contorni della comunità ampia e trasversale capace di accogliere e di progettare ancora fra utopia possibile e ribaltamento dei poteri e delle gerarchie sociali.
Sia chiaro che Lucha è qui e sarà ancora altrove contro il patriarcato, la violenza e il sessismo.
È un giorno speciale per tutte le donne per le quali Lucha è stata casa, per le bambine e i bambini che qui sono cresciutə, per le attivistə che in Lucha hanno sempre creduto.
Oggi vinciamo insieme. Oggi scriviamo insieme un pezzetto di storia delle donne e delle libere soggettività. Lucha y Siesta non è più a rischio di essere svenduta ed entra in una nuova fase in cui finalmente può essere restituita alla città!
Ringraziamo tutte le persone che amano e hanno sostenuto Lucha con un sorriso, un post o una donazione in questi anni, che siano 1 o siano 13.
Ringraziamo Marta Bonafoni per aver acceso i motori, le consigliere, i consiglieri e le assessore regionali che ci hanno sostenuto.
Con Ale, Fra, Paola, Martina e Francesca nel cuore.
Lucha è già di tuttə. Lucha c’è e questa è la sua Casa.
Continuiamo a dare Lucha alla città
Tumblr media
6 notes · View notes
myborderland · 4 years ago
Text
I disagi provati e negati, in questo momento sono uno spartiacque. Prolungati oltre una certa soglia di tempo e intensità, cambiano le nostre vite, il nostro sentire, le nostre relazioni. È una questione fisiologica: una ferita leggera in un tempo breve può non lasciare segno o essere curata, una protratta nel tempo, invece, può lasciare tracce irreversibili. Cambiano, comunque, le relazioni. Qualcosa di incontrollabile e spesso non contrastabile in un dato momento (un virus e la sua gestione sanitaria e politica, per ora) arriva nelle nostre vite e trasforma il nostro sentire, la forma delle nostre paure, le sensazioni che abbiamo del tempo, degli altri, delle stagioni, del lavoro; cambia il senso profondo della vita che avevamo sedimentato quotidianamente, spesso con leggerezza, inconsapevolmente convinti di essere proprietari della nostra esistenza. Ora, dopo un anno e più di confusione, speranze, morti vere e uccisioni simboliche, il tasso di tristezza si diffonde.
Con un incerto tentativo di sorriso, malgrado tutto, cerchiamo di farci forza e di continuare come se in fondo tutto non fosse così grave. E rimaniamo incagliati tra la speranza di tornare alla casella di partenza con una bella iniezione vaccinale e tecnologica e quel non so che di incertezza che i nostri sensi registrano a contatto con un caldo “anomalo”, una pioggia che “non si era mai vista” e altre “amenità” naturali; o sociali, dato che in molti già oggi, forse noi stessi domani, non sappiamo se e come riusciremo a mantenerci economicamente, se potremo avere ancora una stanza tutta per noi.
Un modo sano di affrontare la realtà è affrontarla. Nominarla con parole adeguate, meditate e modificabili. Parole nette, ma flessibili, capaci di accettare l’evidenza, ma aperte al dubbio. Fare questo significa, soprattutto per noi adulti, dedicare tempo alla sosta.
Tempo presente: dormirci su
Enrico Parsi
7 notes · View notes
kon-igi · 4 years ago
Text
i miei 2 centesimi
  Kon, mi sento così persa. Ho quasi 50 anni, faccio un lavoro che non avrei mai scelto, e non ho idea di come salvarmi la vita. Non vedo per me nessun futuro, non ho nessuna speranza, nessun progetto, nessuna ambizione, ho solo la percezione di un mondo che peggiora giorno dopo giorno e in cui non c'è nessuna possibilità per me e per quelli come me. Sento di avere valore, di meritare molto, ma perché cazzo lo penso solo io? So, di essere inadatta al mondo. Lavoro molto lontana da casa per troppe ore ogni giorno  e a volte ho paura a tornarci per non essere inghiottita dal caos, dalla noia, dal vuoto, e forse restare a casa non fa che peggiorare la situazione. Anzi, senza forse. Mi sono sempre creduta socievole e invece troppo sola, osservo da sempre vite altrui da un oblò e treni che partono senza di me a bordo, e i social hanno peggiorato le cose. Sono imprigionata dalle cose che penso e sola: come molti, se non tutti. Vedo gli altri che progetti, relazioni, cose, e a me invece niente. Ma mi sforzo di fare attenzione a distinguere bene fra felicità esperita e quella percepita, che è sempre troppa di più, e troppo ostentata. Ho sogni, e dolorose aspettative: quanto è terribile a 49 anni avere ancora sogni? Sento che il mondo che si sfascia mi ha portato via qualunque possibilità, ma ci ho colpevolmente messo del mio, e che temo di non saper fare altro che rassegnarmi ad essere frustrata a fare un lavoro che non mi piace e sola per tutta la vita.
Dal privilegio dei miei quasi 50 anni di donna non felice ma circondata da persone che amo e da cui sono amata, qualsiasi mia parola di incoraggiamento viene fuori viva, accesa e confortata dai luoghi comuni che tutti i torti forse non ce li hanno.
La solitudine e l’emarginazione li si può lenire con il confronto, con il provare a guardare oltre il proprio spazio personale, e rendersi conto. Accorgersi. E poi mettersi a fare. Fare con gli altri, fare per gli altri. Ho detto lenire, non guarire. E ho detto si può, non è detto che (per te) funzioni. Forse ti passerà, forse no. Forse ti schiaccerà. A te la scelta, qualunque essa sia. Quando è arrivato il momento in cui ho avuto bisogno di qualcuno, qualcuno è arrivato e mi ha salvata, di molti altri ho constatato con dolore e stupore l’assenza. Dolore? Forse solo delusione, dai. Non esageriamo. Nel mio viaggio mi accompagnano, come in un vagone, persone che salgono e scendono perché è questo che fanno le persone, vanno e vengono. Lo farai anche tu.
A costo di sentirmi rispondere ‘che due coglioni ‘sta mezza fallita’ mi sono resa conto che la maggior parte delle persone, indipendentemente dalla loro età, vivono sole in mezzo ad altre persone sole anche con un anello al dito e con dei figli, anche quando la loro identità è perfettamente inserita comoda nel puzzle rassicurante delle convenzioni, delle consuetudini, dei ruoli sociali. E questa terribile, terribile solitudine è acuita e amplificata dal fatto che sebbene sembrino esserci tutti gli strumenti per rimanere sempre vicini, li stiamo usando malissimo, sprecando, questi preziosi strumenti. Stiamo usando la lama di un coltello per uccidere, non per sfamarci. E neanche li stampano più, gli albi delle figurine, e alla fine poi ne mancava sempre una.
Ragion per cui, in attesa di vederti svoltare strada quando meno te lo aspetti (perché accadrà) con un sorriso timido e incredulo, mi farebbe piacere che sapessi che forse non andrà meglio, ma andrà avanti. E i silenzi sapranno essere scudo e scettro, e le voragini non si colmano ma puoi continuare a riempirle di cose buone, e belle. Il Pozzo di San Patrizio è anche un'espressione utilizzata per riferirsi ad una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze. Secondo altri con l'espressione "è come il Pozzo di San Patrizio", si intende qualcosa in cui si buttano risorse ed energie, ma inutilmente, perché non si riempie mai. (e se lo dice Wikipedia deve essere vero per forza. Vedi? Buono e cattivo. Come in tutto.) E se urli, il pozzo ti restituirà sempre l’eco: avere te stessa, hai detto niente, piccola. Hai detto niente. Diventati amica, ti sarà utile.
Lenisci, fai vai avanti. Non sempre riesce, ma si può.
Ciao, piccola.
Manuela
34 notes · View notes
love-nessuno · 4 years ago
Text
Tumblr media
Donne veneziane: lo zengale e l’arte de tacar boton
Le donne veneziane, sia nobili, sia popolane hanno sempre avuto un modo particolare di esprimere la propria femminilità: donne argute, decise, la battuta pronta, e consapevoli del proprio essere persone, oltre che donne.
A Venezia queste caratteristiche venivano definite con un termine “morbin”: questo brio, questa vivacità, questo modo di sapersi districare tra le attenzioni degli uomini senza offendere, ma lasciando in qualche modo, aperta la strada per continuare a relazionarsi con gli altri, senza per questo promettere nulla. Esempio eclatante nella letteratura è la descrizione di Goldoni, occhio acuto e sornione sulla civiltà veneziana, che seppe così magistralmente descrivere Marietta nelle ” Morbinose ” giovane allegra e piena di vita che, fa credere per scherzo ad uomo di essere innamorata di lui , cadendo poi, vittima felice del suo stesso gioco, e la ” Locandiera”, giovane donna energica inseguita da uno stuolo di ammiratori, che riesce in qualche modo a gestire queste attenzioni, fino a che non si arrende anch’essa all’uomo di cui si era innamorata!
Questo atteggiamento così disinvolto nelle relazioni sociali, nulla aveva a che fare con l’essere facili. Rifletteva la concezione non ipocrita e bigotta che in altri Stati veniva imposta, da un modo di concepire i rapporti umani, era frutto di un atteggiamento mentale legato ad uno Stato laico, anche se la Religione veniva professata e vissuta quotidianamente (basti pensare alle centinaia di chiese che sono state erette nella Serenissima).
Nel 1761 fu concessa a tale Giovanni Zivaglio, di origine armena, fuggito dal suo Paese per motivi religiosi e rifugiatosi a Venezia, la licenza di fabbricare “fazzoletti come si usano nelle Indie e portati anche dalle donne dello Scià di Persia”, per poter mantenere la sua numerosa famiglia. La seta a Venezia era conosciuta e lavorata fin dall’antichità, ma ricevette un grande impulso con l’arrivo della comunità dei Lucchesi a partire dal 1314. Tale “fazzoletto” venne chiamato “zendado, o zendàle, e altro non era che un grande scialle con lunghe frange confezionato in seta, in pizzo, e, per le popolane più povere, in lana, tutti di vari colori o delicatamente ricamati ( dal 1848, quando venne proclamato il lutto per i caduti della lotta di liberazione diventarono rigorosamente neri), ed in seguito venne rinominato scialle (da Scià di Persia, appunto).
Con la loro eleganza e l’innata capacità seduttiva le popolane utilizzarono questo indumento che poteva essere aperto, avvolto, coprire la testa, o maliziosamente lasciare leggermente scoperte le spalle per un innocente quanto attraente mezzo, per far avvicinare i giovani da cui si sentivano attratte e che percepivano in qualche modo troppo timidi per esprimere loro la propria ammirazione. All’avvicinarsi del prescelto con un rapido gesto della mano prendevano un lembo dello scialle e lo facevano volteggiare per ricoprire la spalla, facendo svolazzare le lunghe frange …. che, quasi magicamente, andavano ad impigliarsi sui bottoni del futuro innamorato….piccole ragnatele colorate e delicate che, impigliavano e imprigionavano il cuore dell’uomo. Ecco da dove nasce il termine: attaccare bottone (tacàr botòn). Chissà quante storie d’amore sono nate in passato in questo modo: le nostre ave, occhi vivaci, sorriso allegro, sguardo malizioso ed uno scialle “malandrino”. Come al solito a scegliere era la donna! altro influencer, della babbiona... e omini con il smalto sulle unghie.
2 notes · View notes
radheidiloveme · 4 years ago
Text
Io sarò strana ma certi pazienti mi aprono il cuore e mi fanno capire perché mi alzo il mattino....perdere la parola, il lavoro, le relazioni sociali ma conservare integra la capacità di pensare capire esserci è veramente una cosa che fa INCAZZARE ed infatti le prime parole che abbiamo imparato oggi sono
IO SONO INCAZZATA, BASTA
e mi è uscita col sorriso pronta per dirlo al marito.
L umore a mille.
Il mio a centomila
Che che spettacolo è il mio lavoro, gente!!!
8 notes · View notes
d-a-r-e-d-a-r-e · 4 years ago
Text
Part-time al Ghirigoro: commesso taciturno, troppo alto; se interpellato svela vasta conoscenza editoriale ma cerca appioppare libri di nicchia anche ai più piccoli. Dal 5 Agosto è scorbutico e irritato. reckless wild youth // Passo largo e rilassato di stivaloni logori, lui torreggia su altezze spropositate d'una scontrosa corporatura atletica, quasi aggressiva, spigoli e linee compatte contrastanti coi riccioli della cresta. Ha spalle larghe irrobustite dalla tensione d'arrampicate s'un torace ampio e asciutto -  la tunica slavata discende lungo fianchi rigidi coprendo parzialmente pantaloni alla turca per migliore aerodinamicità. Col capo incassato all`indietro, un guizzo sulla mandibola marcata evidenzia la nervatura del collo brunito da cui sporge il pomo d'adamo. Tracce di riflessioni introspettive negli occhi scuri e tediati, diffidenza sui li
Trippin' on skies, sippin' waterfalls // L'agilità selvatica delle sue esplorazioni di parkour illegale tra le scale mobili ed esperimenti ai limiti del suicidio si contraddice per l'Aria nella sregolatezza vagabonda e dissacrante rilassatezza d'un randagio convinto d'essere infinito. Ha un senso di libertà e indipendenza talmente scalpitante da garantirgli un agio per molti arrogante - per lui dovrebbero amarsi tutti. Indolente nell'animo, ha un cervello straordinariamente reattivo e in costante analisi, ma non te l'aspetti da chi si fa bruciare la scopa un Nero delle Ebridi e brama adrenalina come estasi ad una routine altrimenti opprimente nella fredda e lugubre Scozia, almeno per lui. Sopravvive di procrastinazione sotto il promemoria del sorriso bello ma minaccioso di Cosetta mezzobusto in Sala comune. Disturbano anche lui gli stupidi.
Relazioni sociali misfit // Nomade e negligente, i suoi bff sono l'adrenalina, i libri e l'intossicazione polmonare, ma partecipa quando gli pare ai dibattiti attorno alle scacchiere col V Corvonero. Oppure lascia Corinesi prenda cura di Gamp nel proprio Dormitorio, Ovid gli chieda consigli, Gwen riempia i suoi silenzi e la squadra lo diletti in contraddizioni sull'etica. Evanna dai troppi pretendenti l'ha disarmato e scatenato una febbre d'Amortentia che ancora non si sazia. Aconite lo schernisce volentieri e non è chiaro perché lui invece la adori - autoironia o forse masochismo. Jacquelyn, ritirata da scuola, è stata un Santuario e uno Schiantesimo che nello stomaco continua a scavare sensi di colpa. Ha provato una volta a capire il disprezzo di Eileen e Faunya, poi la pigrizia boria ha vinto. Zara rimane bellissima.
Curiosità - La bacchetta è rozzamente intagliata, quasi rurale nell'aspetto. - Fuori dalle lezioni o legge o sta attentando alla sua vita tra salti e arrampicate spettacolari - o incoscienti, dipende dal punto di vista. Sempre pieno di lividi e graffi. Gli piacciono i posti alti. - Sregolato: non ha routine eccetto per le lezioni e club. - Per i tratti afro, si confonde coi meticci britannici, ma è Colombiano. Ha corretti a pochissimi la pronuncia del suo nome. - Arriverà al metro e novanta e la player non sa capire a quanto dovrebbe essere alto a 16 anni, perdono <3 ma insomma lo è parecchio e per questo resta longilineo invece di ingrossarsi.
1 note · View note
mypickleoperapeanut · 2 years ago
Photo
Tumblr media
Eventi e Momenti "Survivors – Hidden angels" È la Mostra fotografica di Mauro De Bettio, che la Chiesa di San Franceschetto a Lucca ospita dal 4 marzo al 2 aprile 2023. La Mostra presenta immagini che raccontano la disumana realtà delle donne del Bangladesh, fatta di violenza devastante, di fragilità e oppressione, con immagini forti, intense, dal potente impatto emotivo. Sono 24 le fotografie, mai esposte tutte insieme, che vedono protagoniste donne segnate fisicamente e psicologicamente, che nonostante tutto, si presentano spesso di fronte all’obiettivo con un sorriso che la dice lunga sulla forza delle Donne, quella dolce forza mai ostativa e sempre carica di profonda dignità e grande umanità, che malgrado le tante e diverse prevaricazioni subite manda avanti il mondo. Mauro De Bettio, nato e cresciuto in un piccolo paese delle Alpi venete, ora residente a Barcellona, è un fotografo documentarista che dedica la propria vita a progetti riguardanti questioni sociali e diritti umani. Con la passione per il viaggio, De Bettio esplora tradizioni e culture che stanno scomparendo, ma anche analizzando la contemporaneità. L’esposizione, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, sarà aperta ogni venerdì, sabato e domenica, dalle 10.00 alle 19.00 Riccardo Rescio Italia&friends Toscana Italia&friends I&f Arte Cultura Attualità Città di Lucca Regione Toscana Ministero della Cultura Ministero del Turismo ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo #tuttoilbelloeilbuonochece #etpress Informazioni www.fondazionecarilucca.it Comunicazione e Relazioni esterne Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e.mail [email protected] Ufficio stampa Davis & Co. Lea Codognato e Caterina Briganti e.mail: [email protected] | www.davisandco.it (presso Lucca Toscana) https://www.instagram.com/p/CpVj3AXL3Zp/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
ilarywilson · 5 years ago
Text
«Sei solo di passaggio o vuoi salire? Ho appena ordinato thailandese»
Tumblr media
«Non so» borbotta, spostando una mano dietro la nuca. Andare a casa sua vorrebbe dire "la prossima volta vengo io da te"? Si morde l`interno del labbro, nervosamente.
«Guarda che lo puoi dire se il thailandese non ti piace».
«No no, non mi dispiace il thailandese. È solo che non vorrei disturbare, sai... magari la tua coinquilina non vuole... Non so, non devi sentirti in obbligo, ché sai, magari tu pensavi...» Duf, ma che dici? Si zittisce, maledicendosi e mordendosi le labbra con i canini. «Va be`, salgo. Vada per il thailandese» sciogliendo quell`ingarbuglio nel cervello e un sorriso impacciato, che non ha la minima idea di dove lo stia portando; a cominciare dalla metà del suo cognome in un cocktail del Maze, fino al fatto che sta davvero per mettere piede dentro la casa di una persona con cui condivide... che cosa?  A quale categoria delle relazioni sociali appartiene la Wilson?
«Sarebbe carino, te e io, appollaiati sul divano, a mangiare schifezze e guardare film. Così fanno le... persone babbane». 
Gli occhietti si allargano impercettibilmente mentre il respiro viene trattenuto appena. Lui si corregge in corner, ma a lei il cuore è ormai partito per la tangente comunque. «Potrei cenarci a vita con tutte le cose che ti lasci sfuggire quando inizi a parlare a sproposito» e quello non sembra un rimprovero e nemmeno un (deliberato) tentativo di metterlo a disagio. «Mi piaci così» svela senza troppi fronzoli. «Mi fa pensare che forse non senti l`impellente necessità di essere per forza impeccabile, con me, e che quindi sarei davvero il tipo di persona con cui ti appollaieresti sul divano a mangiare schifezze e guardare film» che cosa sta cercando di dirgli? Forse esattamente quello che ha detto. «E` come poter guardare dietro le quinte a teatro e vedere gli attori senza maschere» l`ultima perla lei gliela rovescia addosso così, col sorrisetto soddisfatto e l`emozione che non si cura di nascondere. Come la migliore delle signorine dabbene, muove poi il gomito sul tavolino, sporgendosi in avanti per andare a pigiare così il tasto di accensione del telecomando, che fa partire la telenovelas intrappolata nel mangiadischetti. Elisa di Rivombrosa riprende col botto, per la ottocentotrentossima volta, e lei striscia sul tappeto; cercando l`appoggio del divano con la schiena e accoccolandoglisi vicino. «Lui è un conte e lei la dama di compagnia della contessa sua madre».
Breve recap delle puntate precedenti...
Tumblr media
«Amore impossibile, un grande classico» roteando gli occhi al cielo. «Lui si invaghisce di lei, lei pure, ma è troppo orgogliosa per sottostare alla sua arroganza. In più crede che il suo amore non sia sincero, che sia solo desiderio di ciò che non può avere e che svanirà non appena lei si sarà concessa. Considera che sono altri tempi, lei vuole sposarsi, e il matrimonio è l`unica cosa che lui non può darle. Così lui pensa che urlare il proprio amore a tutta Riva Ombrosa possa servire a chiarirle che fa sul serio, ma ovviamente è una pessima idea» scoccandogli un`occhiata eloquente nell`accennare a quel che accade sullo schermo. «Un conto è urlare ai sette mari la propria voglia di ribellarsi e un conto è farlo davvero» andando a ricalcare le parole della protagonista:
«siete davvero coraggioso, Conte Ristori, o vi piace solo riempirvi la bocca di belle parole?»
Continuando ad ascoltarla, non può fare a meno di notare una vaga similitudine tra la storia del conte e della dama di compagnia e quella che stanno vivendo. Sono sulla ruota panoramica anche loro? O è una giostra più burrascosa? Magari con un vagoncino a posto singolo... in cui c`è solo il conte che grida perché lei non è voluta salire. Sposta gli occhi su Ilary. No. Loro, sulla giostra, ci sono entrambi e Harry si sente così fortunato in questo momento. Tanto da distendere le gambe, incrociando le caviglie una sull`altra, e rilassare la testa sopra quella bionda accanto. «Alla fine si mettono insieme?» Non che gli interessi moltissimo, giusto per vedere se può delineare meglio i contorni dell`etichetta che si stanno portando appresso da un po`. «Chissà su quale giostra stanno... »
«Si sposano!» Fortuna che nessuno sta mangiando, eh Duffany? «Avevi qualche dubbio sul fatto che Lei l`avrebbe spuntata, scusa?» ridacchiando dispettosa. I tasselli di quella metafora, stavolta involontaria, la riportano con prepotenza su quella ruota panoramica. Deglutisce, improvvisamente nervosa. «Beh, lui sicuramente ha puntato subito alle montagne russe» ragiona. «L`ha aggredita e persino imprigionata... ma solo perché non aveva trovato un altro modo di esprimere cosa sentiva se non prevaricando, sai» lo sai? Anyway, gesticolando: «lei lo riporta sulla ruota e per assurdo quando lui si rassegna a salirci, è lei a portarlo sulle montagne russe, sai?»  cercando ancora il suo sguardo, l`aria concentrata di chi stia venendo a capo di un inghippo tutto personale. Sicuramente buffa, con quel cipiglio in viso. «Credo... che alla fine volesse solo assicurarsi che lui sarebbe stato disposto a tanto e... che nel frattempo anche lei sia scesa a patti con cosa... sentiva. Anche se non avrebbe dovuto» un sopracciglio a flettersi, eloquente, chissà perché.
«Curioso». «Cosa?»
«Curioso che tu sappia spoilerare così facilmente una storia tanto AVVINCENTE». Il sarcasmo, quello pungente. (E i cambi di rotta, quelli in corner). 
«In effetti avevo intuito che ti avesse inaspettatamente coinvolto» eloquente, accartocciando le labbra in un sorrisetto struzzo, che si vela in fretta di sfumature più assorte. «A volte ho l`impressione...» partiamo male «che tu non finisca di dire quello che volevi dire quando hai cominciato a parlare, per questo dico che straparli. E sai perché lo so?» non gli lascia propriamente il tempo di rispondere. «Perché faccio anch`io così».
«Ah! Anche tu fai così eh?» le fa eco; andrebbe infatti ad agguantarle il viso per rubarle un nuovo bacio, mangiandole la bocca con la sua e non lasciandole scampo di sgattaiolare fuori dalla sua portata. «Ecco perché siamo finiti su una ruota panoramica» sussurra, staccandosi per un momento.
«Perché anche io straparlo e non finisco le frasi che comincio?» confusamente divertita, flettendo un sopracciglio nell’allontanarsi appena da quel bacio. «Credevo che ci fossimo finiti perché io ho fatto l`integerrima Elisa della situazione». Ci vorrebbe un secondo diploma per capire quello che sta cercando di dire, non trovate?
«Tu straparli e basta, Wilson» la rimbecca a bassa voce, rimanendo a pochi millimetri da quella bocca morbida. Chiude gli occhi, perché aveva sperato che quella similitudine non tornasse. Inspira. Espira. E si ritrova gli occhi immersi nei suoi. «No» le dice, cambiando idea in un twist rapidissimo. «Ci siamo finiti perché entrambi straparliamo e perché nonostante ci siano state incomprensioni fin troppo spesso ora siamo qui, appollaiati davanti a un divano, neanche sopra - pensa che tonti -, a guardare una storia talmente improbabile che mi fa pensare di essere fortunato che la nostra» sì, lo ha detto. «Be`...» ops. Deglutisce. «... che la nostra sia...» sia? «sia vera e reale». 
I piedi tirano, lei sorride luminosa e d`improvviso è davvero tutto molto, troppo chiaro. Quelle vertigini lo sono. Raccontano di come siano le altezze a spaventarla e non tanto la persona in cabina con lei. Di come l’altitudine susciti quel senso di meraviglia che non sarebbe possibile senza quel pizzico di terrore primordiale. Quello che parla finalmente chiaro. Abbastanza da farle sentire l`impellente necessità di saltargli addosso; sporgendosi per far scontrare le labbra contro lo sue e rubargli un bacio profondo, fin da subito, in contropiede e in controtempo. Le braccia a scivolargli meglio attorno alle spalle per appendersi a lui e trascinarlo giù. L`attacco di un animaletto che, se non fai attenzione, ti trascina a rotolare sul tappeto così. Prima che tu abbia avuto il tempo di dire "Quidditch".
Tumblr media
6 notes · View notes