#società capitalista
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ross-nekochan · 5 months ago
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La vera piaga della società ipercapitalista di oggi e che, a cascata, genera pure le disuguaglianze di classe sapete qual è?
Il servizio clienti.
Tutti quanti vogliamo sentirci ricchi o semplicemente più ricchi degli altri e di chi conosciamo. Prenotiamo gli hotel di lusso finché ce li possiamo permettere oppure semplicemente gli hotel si abbelliscono come se fossero di lusso, nonostante abbiano prezzi abbordabili perché la gente deve sentirsi ricca anche se non lo è. Stessa cosa vale per i ristoranti o per qualsiasi altra attività che offre un servizio ai clienti.
E la piaga del lavoro sempre da là viene: esistono turni di notte, numeri verdi 24/7, cose inaudite solo perché così il cliente è soddisfatto e ha tutto ciò di cui ha bisogno. È ovvio che finché parliamo degli ospedali o di altre cose tutto è sacrosanto, ma mi spiegate che cazzo me ne faccio del numero verde 24/7 quando mi compro un frigorifero (sto facendo un esempio a cazzo di cane)? E perché l'hotel deve avere la vasca idromassaggio, la piscina, il servizio in camera e tutte quelle menate che è palese che sono fatte apposta per viziare i clienti deficienti che ci vanno?
Ed è proprio perché il servizio clienti giapponese che è il migliore al mondo che ha reso scemo sto popolo, perché questi hanno la pappa pronta per qualsiasi cosa, non si devono mai ingegnare a fare niente. Dall'altra parte è vero che grazie a questo c'è tantissimo lavoro, ma dall'altra parte ogni lavoro legato al servizio clienti fa oggettivamente cacare, è usurante, è schiavismo pagato istituzionalizzato che, appunto, crea la disuguaglianze di classe a cui accennavo, perché, per favore non rompete i coglioni, ma è palese che vedete i camerieri o chi vi fa il letto in hotel con uno sguardo da servo-padrone. E vorrei vedere se avreste lo stesso sguardo nel caso in cui certe figure venissero pagate con uno stipendio maggiore del vostro.
Personalmente quando viaggio sono sempre andata nelle peggio bettole e non me ne è mai fregato un cazzo e onestamente penso non me ne fregherebbe pure se guadagnassi 4 volte tanto. Quando viaggio io ho bisogno di un letto e basta, non della vasca da bagno con gli asciugamano in cashmere.
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lorenzospurio · 10 months ago
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N.E. 01/2023 - "La concezione di arte nell'Età Globalizzata". Saggio di Giuliano Ladolfi
Ripercorrendo la nostra tradizione mi sembra che a tre si possano ridurre le definizioni di arte: l’arte concepita come un fare, come un conoscere, come un esprimere. Senza dubbio tali posizioni vanno poste in relazione per il fatto che l’esclusione di una sola di esse condurrebbe inevitabilmente al fallimento. Una conoscenza senza espressione e senza produzione è vana; una produzione senza…
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deathshallbenomore · 2 years ago
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il saggio che ho in lettura essere come: “la logica per cui partecipazione al lavoro -> indipendenza economica -> emancipazione [almeno per certi aspetti] è frutto della società capitalista occidentale, e le donne [migranti, nel saggio] subiscono questa imposizione dai tratti razzisti e paternalisti. io propongo di rifiutare il lavoro come fonte di indipendenza ed emancipazione delle donne asserendo che per esempio: ”
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abr · 10 months ago
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Mercoledì scorso, durante la sessione del World economic forum a Davos, il discorso del Presidente argentino Javier Milei ha fatto scoppiare una bomba a livello mondiale al punto di essere commentato in mezzo mondo e tradotto da molte testate giornalistiche. E così quello che molti media avevano dipinto alla stregua di un matto (soprattutto nella nostra cara Italia) improvvisamente si è trasformato in una via di mezzo tra un nuovo Churchill e Adenauer (...).
L’exploit del discorso di Davos: (é stato) osannato da tanti presenti che si sono complimentati con lui (...). Ma che cos’ha colpito così tanto la gente e soprattutto fatto arrabbiare in maniera clamorosa i grandi capi del Wef?
Semplice: per la prima volta un Presidente di una nazione si è rivolto al mondo intero (...) senza mezzi termini o frasi diplomatiche (...). In pratica Milei ha scoperto quell’acqua calda che molti continuano a negare, esaltando il modello capitalista come l’unico in grado nel corso del tempo, di cambiare radicalmente la condizione umana dando un benessere e un progresso nella società stessa davvero unico (...).
La parte che ha fatto più arrabbiare i leader del Wef ed entusiasmato molti è stata quando Milei ha detto (...): “Ora, per capire cosa siamo qui a difendere (...) è il rispetto illimitato del progetto di vita degli altri, basato sul principio di non aggressione, sulla difesa del diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà degli individui, le cui istituzioni fondamentali sono la proprietà privata, i mercati liberi dall’intervento statale, la libera concorrenza, la divisione del lavoro e la cooperazione sociale. Dove si può avere successo solo servendo il prossimo con beni di migliore qualità a un prezzo migliore”.
E più avanti ha sostenuto che “i socialisti, visti gli innegabili progressi del mondo libero, i socialisti sono stati costretti a cambiare la loro agenda. Si sono lasciati alle spalle la lotta di classe (...) per rimpiazzarla con altri presunti conflitti sociali che sono ugualmente dannosi … come quello dell’uomo contro la natura.
Sostengono che gli esseri umani nuocciono al pianeta che deve essere protetto a tutti i costi, addirittura sostenendo un meccanismo di controllo della popolazione o la tragedia dell’aborto. Purtroppo queste idee dannose hanno permeato fortemente la nostra società (...). Hanno raggiunto questo risultato grazie all’appropriazione dei media, della cultura, delle università e anche delle organizzazioni internazionali (come il Wef, ndr). (...).
Fortunatamente siamo sempre più numerosi a osare alzare la voce perché vediamo che, se non combattiamo queste idee a testa alta, l’unico destino possibile è che avremo sempre più Stato, più regolamentazione, più socialismo, più povertà, meno libertà e, di conseguenza, un tenore di vita peggiore”.
(...) Purtroppo l’attuale Ue, già immersa nelle sue scandalose regole ambientali che decimeranno la classe media nel giro di pochi anni, attraverso un falso progressismo Radical-Chic Ztl sta portando avanti molte delle cose criticate dal Presidente argentino. (...)
Au point, grade Milei, il resto solo chiacchiere, distintivi, appeasement o nostagie canaglia, via https://www.ilsussidiario.net/news/diario-argentina-le-bordate-di-milei-a-davos-e-alle-linee-guida-dellue/2650140/
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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Non è la Famiglia Tradizionale e Patriarcale ad avere problemi, ma la Famiglia borghese dove né l’Uomo né la Donna sono Esempio, ma solo degli alienati l’un contro l’altro armati dalla società capitalista.
-kulturaeuropa
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vintagebiker43 · 6 months ago
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I suoi avversari non lo ammetteranno mai - nemmeno quelli interni al PD - ma la linea di Elly Schelin esce vincente da queste elezioni fra le forze di opposizione. Ed è evidente che, soprattutto fra i giovani, l'alleanza con la sinistra ecologista porta voti mentre le manfrine di Conte subiscono uno schiaffo sonoro. Se vuole davvero contrastare la Benita, il PD deve tornare a fare le lotte in favore dei meno abbienti e di quella parte di società che una volta era il ceto medio e adesso si ritrova schiacciato dallo sfruttamento capitalista della destra al governo. Andando incontro alle esigenze di questa gente recupererà il voto di chi da tempo si astiene. Nel frattempo Calenda ci riprova con l'idea di ricreare una nuova DC insieme a Tajani e Renzi. Evidentemente non ha ancora capito che il bulletto di Rignano è del tutto inaffidabile.
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curiositasmundi · 6 months ago
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Non c’è in giro nessuno di votabile. Questa politica ormai non ha più senso. Strillano e litigano ma alla fine non cambia mai nulla. Chi comanda davvero del resto oggi è ben lontano da Roma, a regnare sono i mercati finanziari, i grandi fondi d’investimento. Se paeselli come l’Italia alzassero la testa ed osassero occuparsi seriamente di povertà, di giustizia sociale e di vera qualità della vita sarebbero nei guai. Gli sciacalli si siederebbero al tavolo verde del casinò finanziario globale a puntare sul loro fallimento. Paesi come l’Italia sono sotto ricatto e quindi del tutto impotenti sulle cose che contano davvero. A Roma sono lasciate giusto le beghe di condominio come si vede tutti i giorni. Una caciara sui dettagli e poi non cambia mai niente. Nessun uomo nero, nessun complotto. Idee dominanti che si fanno sistema. Capitalismo finanziario globale. Entità ormai sovranazionali come i fondi d’investimento che controllano di fatto le economie e quindi i destini nazionali oltre che lobbismo fuori controllo. Se un paese osasse ribellarsi alla logica del profitto prima di tutto e ad ogni costo, se un popolo osasse alzare la testa rifiutando lavori usuranti perfino dentro che servono giusto per sopravvivere e pagarsi qualche dipendenza per dimenticare, si scatenerebbero gli sciacalli tra gli applausi di altri presunti alleati pronti ad approfittarne. La legge del mercato che è quella della giungla. E più un paese è indebitato, più è ricattabile. Proprio come l’Italia che infatti non conta nulla a livello internazionale e nonostante decenni di campagne elettorali e di alternanza, non cambia mai nulla di sostanziale. Paesi come l’Italia devono lavorare per restare lontano dal baratro finanziario e per riuscire a pagare i debiti. Punto. Con la grottesca aggravante che l’Italia si è specializzata nel produrre beni di lusso per soddisfare l’ego bulimico dei pochi ricchi del pianeta mentre la povertà domestica dilaga. Emblematiche poi le guerre degli ultimi anni decise da chissà chi e chissà per cosa, con l’Italia che si è sempre arruolata senza fiatare ed ignorando la volontà popolare. Perché conviene ma anche per restare nel prestigioso club del pensiero unico e del lobbismo fuori controllo. Profitto prima di tutto e sopra ogni cosa. Legge della giungla. Nessun complotto, idee dominanti e egoistico conformismo di classi dirigenti sempre più schiettamente interessate solo alla propria carriera poltronistica. Per questo tu voti Caio e Sempronio che promettono miracoli, poi arrivano nei palazzi e non fanno nulla oppure si rimangiano tutto. La Meloni è solo l’ultimo caso di una lunghissima serie. Eppure nessuno parla delle cause. I cittadini che ancora abboccano ai partiti si scannano tra loro dando la colpa ai nemici e difendendo i propri beniamini, senza rendersi conto che il problema è a monte e li riguarda tutti. È un problema di democrazia che è stata fagocitata da poteri economici molto superiori agli staterelli da secolo scorso, con classi dirigenti ridotte a rappresentanti del pensiero unico che fanno giusto finta di litigare sotto elezioni per mantenere una parvenza di democrazia. La vera politica oggi la fanno i cittadini più che i politicanti. Con le loro scelte quotidiane controcorrente. Informandosi, selezionando, tentando vie nuove. La vera politica oggi la fanno le associazioni che nella realtà sociale s’impegnano a colmare i fallimenti di questa fasulla democrazia, più che i partiti. E la vera politica la fanno le aziende innovative che cercano alternative all’autodistruzione consumistica personale e del pianeta. Sta emergendo una nuova coscienza che ha capito come il pensiero unico capitalista ci sta trascinando in un pericoloso vicolo cieco. Il profitto non è il motore di una società ma il suo cappio.
[...]
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pettirosso1959 · 9 months ago
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Lettera aperta allo psycorettore dell’Università Bocconi.
All’ Esimio Magnifico Rettore della Università di Milano Bocconi Professor Francesco Billari.
Pregiatissimo , Chiarissimo ac reverendissimum Signor Dottor Professor Billari , Le scrivo riguardo alla sospensione di sei mesi e alla condanna a 200 ore di volontariato che il Suo prestigioso Ateneo ha inflitto ad alcuni studenti rei di avere criticato e canzonato sui social la Vostra decisione di dotare di servizi igienici gender-free l’Istituto da Lei diretto.
Premetto che non La tedierò sulla libertà di espressione, perché so che dalle Vostre parti (a sinistra) la stessa è ammessa e difesa strenuamente solo quando ci si esprime come Vi confà.
Non Le ricorderò neppure che sino a qualche decennio fa nelle università italiane esisteva la goliardia e se i Suoi colleghi di allora, avessero applicato i Suoi metodi contro il sarcasmo, sarebbero stati costretti quantomeno a fare commissariare dal Mossad l’intero Ateneo.
Quello che mi invece mi sorprende e che le vorrei sommessamente evidenziare è che in una delle Università più rinomate del mondo per lo studio delle materie economiche si prendano decisioni in spregio a quelle che sono le regole base del mercato e di una Società ad ordinamento capitalista.
Mi spiego.
Innanzitutto è sorprendente che si puniscano degli studenti perché dissentono su come vengono spesi i soldi delle loro rette. Un po’ come se il Presidente del CDA di una S.p.A. espellesse dall’Assemblea degli Azionisti quelli che sollevano critiche alla gestione aziendale o come se il Commodoro di uno Yacht Club mettesse “i sigilli” alle barche di soci che hanno avuto qualcosa da eccepire sulle spese del circolo. Ricordi che Lei con quelle rette si porta a casa la pagnotta di Peck!
Secondo. Pare che la decisone dei bagni “gender neutral” sia stata da Voi presa a seguito delle lagnanze di un singolo studente (o studentessa, o studenta….non so a che punto della transizione esso/ella sia adesso o se si senta oggi uomo, donna o cavallo) che si lamentava perché veniva osservato/a/ə con scherno, sia nei servizi igienici degli uomini, che in quelli delle donne
Ora prima cosa che meraviglia è che una persona che sta facendo un percorso di transizione di genere, che quindi non passa certamente inosservata, abbia subito tali “sguardi omofobi” solo ed esclusivamente nei servizi igienici e non nelle aule, nei corridoi e in tutti gli altri spazi comuni della Vostra Università.
Quindi, a mio modesto parere, Esimio Signor Professor Rettore , il Suo Ateneo spendendo migliaia di euro degli studenti e dei contribuenti italiani non ha fatto( o ha fatto sommariamente) il calcolo dei “costi benefici” per questo “investimento”. E ciò per due ragioni: la prima che su migliaia di studenti quelli che si fanno tali seghe mentali per questi presunti “sguardi omofobi” si contano sulle dita della zampa di una gallina e poi se volevate veramente essere sicuri di evitarli , per fare un “lavoro fatto bene” e fugare la possibilità di ogni “sguardo, omofobo”, avreste dovuto costruire un padiglione separato per ogni lettera dell’acronimo LGBTQI. Sempre sperando che nel contempo non avessero aggiunto un’ulteriore lettera!
E converrà sicuramente che il calcolo “costi benefici” è una colonna portante della gestione aziendale, attività che in futuro la più parte dei vostri studenti, sarà chiamata a svolgere.
Quindi anche spendendo decine di migliaia di euro per una singola denuncia, comunque il “problema di omofobia ” non lo avete risolto.
Infine mi permetta di ricordarLe che i bagni separati non servono tanto per proteggere l’intimità dei due sessi biologici, io per esempio dopo decenni di frequentazione degli stessi non ho mai visto nessuno (mi scusi il francese) cagare. I bagni separati servono principalmente perché i maschietti fanno la pipì in piedi e notoriamente non alzano l’asse e puntualmente mancano il buco, mentre le femminucce la fanno sedute e giustamente sclerano perché noi maschietti ci dimentichiamo sempre di alzare la tavoletta.
Concludendo se mi avesse consultato prima le avrei proposto una soluzione molto più economica: mantenere solo due bagni e cambiare con pochi euro solo le targhette.
Scrivendo su una:
Servizi per uomini, donne, LGBTQI-4KFULLHD con il PISTOLINO.
E sull’altra:
Servizi per uomini, donne, LGBTQI-4KFULLHD con la PATATINA.
La ringrazio per l’attenzione e porgo i più...
Distinti Saluti.
Alberto Mascioni.
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ross-nekochan · 1 year ago
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Ogni volta che leggo L'Amica Geniale mi si sfascia il cervello.
Mi sento molto similmente a Elena Greco: l'unica della famiglia ad aver studiato "lettere" e ad avere una visione innovativa e acculturata della società - divisa tra l'agiatezza borghese che si è costruita e la violenza popolar-proletaria dal quale è nata. Gli altri che ti vedono come se fossi chissà in quale sfera alta del mondo e invece ti senti sempre in quella in cui sei nata e cresciuta, come se non avessi mai mosso un passo.
Poi, la solidità dei legami di sempre e la facilità con cui si dissolvono quelli familiari non appena non si seguono le consuetudini di sempre - regole mai scritte ma che se contraddette, non perdonano.
"Spero che tutti i tuoi sogni si realizzino" - mi dicono da quando ho preso quell'aereo. Come se adesso io fossi in una sorta di Hollywood e non sia il solito comune e -a tutti gli effetti- povero pezzo dell'ingranaggio capitalista, solo di uno stato diverso. Una formica in divisa in mezzo a centinaia di altri uomini formica in divisa con cui condivido il treno per raggiungere il luogo in cui il mio tempo è convertito in denaro. Ma come glielo spieghi a chi ha vissuto tutta la vita dentro il perimetro della propria provincia di nascita? È normale.
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marquise-justine-de-sade · 1 year ago
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Falsi amici, falsi mariti, falsi amanti, veri bastardi anzi veri virus esistenziali. L'empatia non è contemplata, l'altro o l'altra non sono che qualcosa da usare, sopportare e infine eliminare. Sono creature nate dalla società dove la donna è un premio, quindi un bene da guadagnare, vincere, mettere in cassaforte. Vogliono il sesso e il controllo, devono riscattare i centimetri in meno di altezza, i chili di meno, le scarse virtù virili o supposte tali. Imparano, quasi come fosse un talento, quali ragazze colpire, come sedurle, far loro pensare che sono indispensabili, distruggerne personalità e vita sociale, autostima e amor proprio ventilando la minaccia del rifiuto, della solitudine, del giudizio machista: torni single senza di me, e una ragazza single da noi o è sfigata o è zoccola.
In tutto questo schifo, nella morte di Giulia e oggi anche di una poliziotta uccisa dal marito, vi è l'eredità anche di un regno della morte che opprime il concetto di "maschio". Maschio appunto non Uomo. Fin da ragazzini ti dicono di "trattarle male" così si affezionano, a loro che se ti tratta male allora ti vuole bene. Gelosia, possessività, manipolazione e violenza come elementi di una mutazione dell'amor cortese. Ma attenzione, è un problema non solo italiano, perché questa stereotipizzazione dei sessi e delle relazioni, connessa ovviamente anche ad omofobia e transfobia è figlia anche di una visione capitalista, per la quale tutto ha un valore, tutto si può comprare.
Lei ti dice di no? Insisti vedrai che cede, perché in fondo mica può dire no. Uscite a bere una cosa? Te la dà per forza. Vuole una storia invece di essere un passatempo? È una rompipalle. Vuole solo sesso invece di una relazione? È una zoccola. Le donne da noi sono incoraggiate a cercare non una relazione paritaria,, ma un nuovo padre putativo, che deve rispondere a caratteristiche materiali, estetiche, non comportamentali o empatiche. Del resto se sei mamma single sei una poco di buono no? Il partner? Deve essere un vincente, un leader, un provider, 190 cm con soldi, agganci, deve dirti cosa fare e quando, ogni tanto metterti le corna e darti un pattone perché sennò non è masculo.
La donna dove persiste l'eredità cristiana è peccatrice, ci ha fatto perdere l'Eden, è inferiore, è fattrice della progenie nostra, non sua, della "famiglia tradizionale" a cui il maschietto italico crede così tanto che appena può se ne fa altre in giro. Questo tizio è uno dei tanti che venivano scelti al posto dei "bravi ragazzi" perché da noi esserlo è sinonimo di sfigati in ogni ambito. Gli "stronzi" figlia mia ti servono, che loro si che sanno come fare. Tu? Tu metti la testa a posto, se ti picchia hai fatto qualcosa che non va, se ti ammazza te la sei cercata ma Dio vi riunirà in cielo, così avrete tutto il tempo per rifarlo.
-Giulio Zoppello
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deathshallbenomore · 2 years ago
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pazzesco il marketing turbo capitalista di questa società occidentale decadente che impone alle donne degli standard di bellezza irraggiungibili che presuppongono di conservare una giovinezza innaturale impossibile da ottenere a qualsiasi età. questo per dire che sarà l’ottava volta che scambio le coppie madre-figlia ritratte in pubblicità relative alla festa della mamma per delle coppie lesbiche
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thegianpieromennitipolis · 2 years ago
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti 
FARE MONDO 
Accadde, alla pittura, di abbandonare l'idillio artificioso dei palazzi e dei "salon" per incrociare la vita nel suo brulicare, la società in tumultuosa trasformazione dalla seconda metà dell'Ottocento in avanti. Lo sguardo degli artisti osservò, per la prima volta, la distanza della tela dalla realtà: non più l'idea, è l'occhio che fa mondo. Così, nacque l'Impressionismo. Era solo l'inizio. Nulla divenne sufficiente. L'esigenza di "svelare" aprì varchi rimasti nascosti sotto l'aura conservatrice: dall'immagine ideale all'immagine sensibile, il viaggio compì il suo periplo fino al ritorno in un mondo ormai mutato.   Da quel momento, il respiro della libertà fu così saturo di elementi nuovi per l'artista, da imporgli un'esigente relazione con la verità: la natura, il movimento, la luce, dovevano applicarsi a un contenuto altrettanto certo. L'emergere della realtà condusse a riconoscere temi inattesi. Tra questi, l'errore strutturale e cinicamente ingenuo del modello capitalista imperante: considerare le diseguaglianze come effetto di un valore da esaltare e di una colpa da scontare. L'artista comprese che la pittura dovesse trovare luogo, sempre, in un "Salon des Refusés" e non più negli spazi d'accademia. In Italia, nella scia di Giovanni Segantini e di Gaetano Previati, il giovane Giuseppe Pellizza da Volpedo ebbe ben chiara la nuova "prospettiva" della pittura: come, nel '400, quella allungò lo sguardo dell'osservatore, questa, nel suo tempo, doveva risolversi nella profondità dei sentimenti. E, ancora una volta, fare mondo.
[...] passa la Fiumana dell'umanità, genti correte [...]
- Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868 – 1907): "Il quarto stato", 1898/1901, Museo del Novecento, Milano
- In copertina: Maria Casalanguida, “Bottiglie e cubetto”, 1975, collezione privata
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abr · 1 year ago
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La Nuova Religione, per mentecatti woke e sociali(sti).
Dogma 1 - devi essere anti capitalista. Poco importa che perfino il più potente partito comunista al mondo, quello cinese, abbia rinunciato al dogma da decenni. Nella nostra penisola, non puoi.
Dogma 2 - devi vedere negli Usa il male assoluto. Puoi essere indulgente verso qualsiasi regime totalitario e/o brutale ma il male è sempre e solo gli Usa. Se contesti questo punto sei “un burattino degli americani”.
Dogma 3 - devi credere che il libero mercato é satana. Poco importa che ti insultino via iPhone su un social posseduto da un capitalista nel libero mercato, tu, proprio tu, sei “uno sporco liberista”.
Dogma 4 - devi essere anti Nato. Se cerchi di spiegare che è grazie alla Nato che non parliamo tutti in russo, sei un “servo della Nato”.
Dogma 5 - Devi credere che esistono infiniti generi a seconda di come il tuo interlocutore fluido si svegli la mattina. Se solo poni un paio di domande sei “intollerante e omofobo”.
Dogma 6 - devi credere all’accoglienza di tutti gli immigrati indiscriminatamente. Se poni una questione di esigenza di struttura per favorire l’integrazione, sei “razzista e xenofobo”.
Dogma 7 - devi essere anti sionista e credere fermamente che Israele sia l’incarnazione di ogni male del colonialismo bianco, se sostieni il diritto d’Israele ad esistere sei “sionista di merda” e un “fascista”.
Dogma 8 - devi essere convinto che “patriarcato”, “occidente” e “colonialismo” siano sinonimi, in quanto tutti rappresentazioni del male, anche se - nel 2023 - quelle occidentali siano le società meno patriarcali del pianeta e il sillogismo denoti alcune falle logiche.
L’inadempienza anche solo ad uno dei citati dogmi basta a far sì che la Santa Inquisizione dei detentori dell’unico e imprescindibile pensiero di sinistra ti releghino all’inferno dei fascisti oppure (sempre più geniale) dei “destrorsi senza sapere di esserlo”.
via https://twitter.com/a_libutti/status/1728537518587498652
(che ridere che fanno i destrorsi che sanno di esserlo, inseguenti la Santa Inquisizione sinistra nel CREDERE FERMAMENTE in (quasi) tutto questo (le parti più qualificanti più fisse meno modaiole del momento: capitalishmo, Merica, Zion), ma ricevendo da essa in risposta alla mano tesa, solo spregio e respingimento. Cari boccaloni retrò, siete troppo duriepuri rispetto a loro, intramati a far business con ong e a ricever aiutini sindacali: é richiesto facciate spergiuro , autodafé e vi mobilitiate solo a comando).
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ninaquincampoix · 1 year ago
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Vivere in camper è stata una scelta, non obbligatoria, ma..
È bellissimo romanticizzare la figura de* influencer che vivono la vita della #vanlife, con camper che costano più di una casa che postano le loro foto facendo crescere l'invidia per il loro coraggio e la loro libertà! Per aver scelto quella vita che i filtri dell'Istagram fanno apparire sempre meravigliosa e soprattutto ben pagata perché, ehi, se vuoi puoi.
La società capitalista è questo, e se di fondo non hai capitale da investire e non diventi tu stesso parte del meccanismo che vende sogni a chi è stanco di alzarsi presto la mattina, andare a lavorare e fare le stesse cose per il resto della propria vita allora, come noi, vivrai semplicemente in camper e cercherai lavoro ovunque tu sia arrivatə in quel momento, perché comunque devi mangiare, lavarti, vestirti!
Sono anni e anni che sogniamo la libertà di poter viaggiare e vivere da "senza fissa dimora" , le vicissitudini della vita ci hanno servito la possibilità su un piatto di ceramica scheggiata, fatto di debiti in parte ancora da pagare, una casa venduta che comunque era ancora in buona parte di proprietà della banca e il prezzo dei camper usati salito alle stelle dopo la pandemia e l'aver reso "figo" lo stile di vita che molt3 subiscono (vedi nomadland).
Il nostro tanto desiderato Ziggy è arrivato, un camper con più di vent'anni sulle ruote e pagato con quel poco che è rimasto sui nostri conti in banca dopo aver letteralmente passato un intero anno a tappare buchi che la p.i. ci ha regalato.
Imprenditorə non lo siamo mai statə, siamo statə due ragazzə, non troppo giovanə, che hanno provato a smettere di farsi sfruttare con lavori di merda. L'abbiamo pagata cara, anzi carissima, la fortuna? Avere due famiglie che ci hanno sempre aiutato e la delusione che ci ha spinto a smettere questo meccanismo perverso.
Paura tanta, insicurezza di più, domande su cosa faremo? troppe.
Tutto questo per dire che questo sistema non ci rappresenta, stiamo cercando, a modo nostro,semplicemente di sopravvivere perché purtroppo "è più probabile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo" e che noi della #vanlife conosciamo solo le foto patinate dei social
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levysoft · 1 year ago
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Quando, tra il settembre e l’ottobre del 1935, si dedicò alla stesura de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Walter Benjamin non sapeva ancora che la pubblicazione di quello che unanimemente è considerato il suo lavoro più influente sarebbe stato rimaneggiato dalla redazione della rivista Zeitschrift für Sozialforschung tanto da farlo incazzare come una iena e spingerlo all’ennesima riscrittura di un testo che avrebbe visto la luce solo postumo nel 1955.
Nel tredicesimo capitolo della prima stesura dattiloscritta dell’opera, Benjamin gettò lì una frase che pur fotografando una situazione fattuale anticipava nelle sue implicazioni di qualche decennio Andy Warhol: «Ogni uomo contemporaneo avanza la pretesa di essere filmato». Nella sua lapidarietà, questa frase rivela un mondo. Non soltanto ci parla di una nascente società di massa che si interfaccia con lo shock del cinematografo, ma ci fa comprendere come, pur cambiando a distanza di quasi un centinaio d’anni la natura dei media, l’approccio dell’ uomo “contemporaneo” non sia cambiato, anzi. 
Ma quanto colpisce del testo di Benjamin è la requisitoria che segue, una critica sociale verso la tendenza autoriale dei lettori, che abbandonavano il ruolo passivo di fruitori per diventare essi stessi scrittori. Nulla da eccepire: ci troviamo agli albori di una democratizzazione della scrittura, che in linea di massima non sarebbe in contrasto con gli ideali di Benjamin, ma che in realtà fece scattare in lui un allarme. Il sospetto era che dietro la scomparsa della distinzione tra autore e pubblico vi fosse all’opera una logica capitalista: era il lavoro stesso a prendere la parola. 
Nel suo secondo pantagruelico romanzo Il pendolo di Foucault, Umberto Eco ambientò parte delle vicende nella redazione della casa editrice Garamond, dove Casaubon, Jacopo Belbo e Diotallevi vengono introdotti proprio dall’editore ai perversi meccanismi delle Edizioni Manuzio. Quest’ultima è un APS (acronimo di Autori a proprie spese): cioè una classica vanity press, con gli stessi autori che, nell’illusione di entrare a far parte del fantastico mondo dell’editoria, finanziano la stampa del proprio libro. 
Il malcapitato di turno (nello specifico Eco decide per un pensionato con il vizio della poesia, tal commendator de Gubernatis) farà i salti mortali per firmare un contratto vessatorio celato dietro un lancio editoriale “satrapico”: delle diecimila copie promesse ne saranno stampate solo 1.000, di cui solo 350 rilegate. Per finire in bellezza, 200 di queste saranno cedute all’autore, le altre distribuite a biblioteche locali, redazioni e riviste pronte a cestinare il plico, nonostante le dieci cartelle di presentazione entusiasta. Un meccanismo spiegato con sottile ironia dal filosofo piemontese, ma che sostanzialmente illustra un mercato dell’editoria parallelo e, che in alcuni casi, si sovrappone a quello ufficiale.
Il mercato editoriale post-pandemico ha conosciuto un’evidente e positiva crescita, che ha visto come settore trainante quello dei fumetti, unico segmento che nell’ultimo decennio è stato in costante e continua crescita. Eppure, questo scenario idilliaco è stato scosso da un dato allarmante. Secondo uno studio realizzato da CAT Confesercenti Emilia-Romagna in collaborazione con SIL, Sindacato Italiano Librai Confesercenti, e con il supporto scientifico di Nomisma, i dati non sono così incoraggianti. 
Il 30% dei libri pubblicati – spesso tra autopubblicazioni, editori improvvisati e vanity press – non vende neanche una copia, e 35.000 titoli su quelli pubblicati nel corso del 2022 hanno venduto meno di dieci copie. Quando ho letto la notizia ho subito pensato alle pagine del romanzo di Eco, e sostanzialmente la situazione nell’arco di quasi trent’anni è peggiorata: il bacino dei lettori si è notevolmente ristretto a scapito invece di quello degli autori. Certo, è indubbio che il quadro è più complesso: a una scarsa selezione a monte – con un lavoro quasi nullo di scouting e editing – si aggiunge una promozione assente o basata sull’improvvisazione e sulla buona volontà dell’autore. 
Al computo dei libri che nessuno compra vanno sicuramente annoverati una serie di titoli “scientifici” o accademici spesso pubblicati grazie a sovvenzioni pubbliche o fondi personali utili a creare un rating spendibile e che praticamente hanno una vita editoriale praticamente nulla. Ma quest’ultimo è un discorso un po’ ostico. 
Senza dubbio, di libri inutili ne vengono pubblicati a migliaia ogni anno, alimentando un mercato dopato e falsamente democratico. La falsa speranza che la possibilità che a tutti venga data voce e dignità di stampa nasconde, come sottolineato da Walter Benjamin, una strategia del capitale che in maniera bulimica si sostenta della vanità autoriale di lettori avidi di gloria editoriale.
Se i dati possono essere riportati anche sul segmento che riguarda il fumetto dobbiamo inferire che molti dei titoli pubblicati spesso da editori minori e con scarsa capacità di proiezione sul mercato non vengono acquistati e letti. Questo dato non può non essere sovrapposto alla scarsa qualità dei contratti proposti agli esordienti. Sull’onda della campagna #ComicsBrokeMe, anche i fumettisti italiani hanno evidenziato situazioni di sfruttamento e scarsa tutela del diritto d’autore. Spesso contratti vessatori e capestri diventano la norma,soprattutto nel caso di esordienti e wannabe interessati a entrare a far parte di questo settore. 
L’associazione MeFu ha sottolineato il problema, evidenziando soprattutto le ricadute sul diritto d’autore e sulle royalties. Fermo restando che sono pochi gli autori in grado di vendere tante copie da generare compensi derivanti da royalty in un mercato curvato sui soliti nomi. Che, pur generando interesse e facendo da traino per l’intero segmento, monopolizzano un settore con poche reali possibilità di successo per giovani autori che meriterebbero più attenzioni anche e soprattutto da parte dei loro editori.
Ora, a latere sarebbe opportuno forse avere il coraggio di demistificare l’importanza del libro cartaceo: nonostante alcuni lavori non possano fare a meno della capacità del supporto cartaceo – vuoi per soluzioni cartotecniche particolari, vuoi per un formato di lettura che ha nel libro la sua struttura cardine – ci sono decine di migliaia di titoli, tra cui sicuramente anche fumetti, che non meritano la dignità di stampa e che potrebbero forse vivere una vita più agevole nella loro dematerializzazione, sfruttando le opportunità democratiche e anarchiche del web. 
Forse è arrivato il momento di invertire la rotta e sovvertire l’idea che la dignità di stampa renda un’opera degna di essere letta. Il feticismo del libro come simulacro del proprio pensiero è una narrazione un po’ obsoleta e deleteria: ognuno avanza la pretesa di essere pubblicato in un mercato in cui la maggior parte dei libri finisce al macero o a prendere polvere sugli scaffali. Il libro nell’epoca dei social è un oggetto anacronistico, un vezzo avvolto da un romanticismo affettato e imbolsito.
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rosateparole · 1 year ago
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Dal momento in cui i partigiani attraversarono la città sotto gli archi verdi di alloro, l’euforia slava coprì la cenere su cui avremmo camminato per sempre mangiando umiliazione come alimento. Gli italiani queste cose le intuivano, le coscienze stordite e attraversate da eventi dei quali a molti sfuggiva la portata generale. Probabilmente coglievano certe cose e certe altre forse non riuscivano a coglierle, magari vedevano la fotografia che stava dentro la cornice ma non colui che stava dietro la macchina fotografica. Soprattutto i comunisti. Oh i comunisti: Gesù mio, molti comunisti italiani avevano fatto con loro la lotta partigiana nei boschi e ora marciavano con gli slavi – la testa piena delle loro grandi idee romantiche –, cantavano in coro gli inni della rivoluzione con grandi schitarrate, abbaiavano contro i borghesi italiani con incredibile disprezzo, come se fossero stati degli assassini, come se l’intera popolazione fosse composta da idioti che certe cose se le potevano bere solo così e a tutti i crocicchi, fra quelle rovine che sembravano un errore, un’illusione ottica, in tutti i blocchi stradali non la smettevano un momento di abbaiare contro il marcio mondo capitalista e la borghesia italiana traditrice, che loro chiamavano reakcija. Il nome di Tito, in cui rumoreggiavano le correnti della storia, appariva nelle grondanti scritte catramose, si attaccava alle facciate delle case, vibrava nell’aria simile a una parola magica, urlava al cielo così potente che i fringuelli sugli alberi ai Giardini cadevano storditi a terra. Una gran folla proletaria acclamava immaginando le immagini della mente e non quelle degli occhi, preferiva vedere quello che le facevano credere, anziché credere semplicemente solo a quello che vedeva. La gente dalle nostre parti è sempre stata un po’ fiapa, candida, e anche credulona. E come non credere a quella cosmesi ingannevole, a quello specchietto per allodole che inneggiava insieme alla disgregazione e all’unione italo-slava, all’unità e alla fratellanza, all’uguaglianza, all’uomo e al suo buon cuore, alla sua vocazione morale, allo scopo della società e al suo miglioramento, volto all’interesse delle masse... Oh, tutto sarebbe cambiato, tutto, tutto. Tutto quello che sembrava la fine non era altro che un inizio. Grande era il compito al quale si erano accinti. Bisognava rassegnarsi al sacrificio persuadendosi che le sofferenze consentivano il raggiungimento di un qualche scopo remoto ma nobile, il comunismo, dove tutti sarebbero stati uguali. Un sacco di parole, parole tutte zucchero e miele. Era la speranza, era l’utopia. Le menti brulicavano di interrogativi ai quali non si poteva rispondere. Gli inesperti e i goffi non sapevano cosa fare, né chi ascoltare. E se davvero tutto fosse di tutti? E firmavano i manifesti contro la proprietà privata, mentre la reakcija faceva fagotto.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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