#signor sbagliato
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Storia breve #2
Il semaforo è rosso e chiunque ci si sia già fermato, a questo semaforo, sa che non sarà una cosa breve; per certo è una informazione che possiede anche l'anziano signore che attende il verde pedonale. Berretto lanoso calato sulla testa, giacca e pantaloni larghi e scarpe comode; al suo fianco un cagnetto, grassottello, le zampe davanti un poco curve e piatte, che si stupisce del tiro di guinzaglio a fermare la sua avanzata, lui che aveva appena trovato una briciola di inerzia che rendesse meno dispendiosa d'energia la passeggiata, che, d'energia, non ne ha mica più tanta; si stupisce e alza gli occhioni, appena strabuzzanti e cerchiati di una peluria ingrigita, verso il padrone, preoccupato di avere fatto qualcosa di sbagliato. L'anziano sorride, gli regala un paio di pacchette rassicuranti sulla testolina e gli dice che bisogna avere un poco di pazienza. Il cane fa gli occhi sottili, l'espressione rilassata e sedendosi, caccia fuori la lingua come a sottolineare il momento di riposo che si prenderà. Si guardano e sembrano dirsi che non hanno molto da darsi l'un l'altro, ma che per certo, tutto il bene che possono, quello sì, quello se lo vogliono.
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Il piccolo Marco chiede alla sua maestra se può parlare con lei dopo le lezioni.
Lei è d’accordo.
Alla fine della lezione:
– Cosa volevi dirmi Marco?
– Maestra, penso di essere troppo intelligente per stare in questa classe! Vorrei andare direttamente al liceo.
– Provvederò alla tua richiesta e Informerò il Preside!
Il preside dopo essere stato informato, chiede di fare un piccolo test a Marco. E inizia ponendo alcune domande al ragazzino:
– Vediamo Marco sai dirmi quanto fa: 36 x 36?
– 1296 …!
– E 363 x 363?
– 131.769, Signor Direttore …
– Capitale del Taiwan?
– Taipei
La prova continua per mezz’ora, Marco non sbaglia neanche una domanda. Alla fine del test, il direttore sembra abbastanza soddisfatto, ma la maestra chiede di porre qualche domanda a Marco.
L’insegnante inizia:
– Beh, Marco … … la mucca ne ha 4 e io ne ho due, che cosa sono?
– Le gambe, signora maestra!
– Corretto. Cosa hai nei pantaloni che io non ho?
Il direttore si sorprende della domanda …
– Le Tasche!
– Dove è che le donne hanno i peli più ricci?
Il direttore si prepara ad intervenire quando Marco risponde:
– In Africa, signora maestra!
– Che cosa è morbido ma, nelle mani di una donna, diventa duro?
Il preside sgrana gli occhi, sta per bloccare il test ma Marco dice:
– Lo smalto, signora!
– Cosa c’è in mezzo alle gambe degli uomini e a quelle delle donne?
– Le ginocchia, signora!
– Bene, Cos’è che la donna sposata ha più largo della donna single?
Il direttore non poteva credere alle sue orecchie.
– Il letto, signora!
– Qual è la parte del mio corpo che solitamente è più umida?
– La lingua,signora !
Il preside sbuffa, finalmente riesce a bloccare quel test ed esclama:
– Altro che al liceo, io ti mando direttamente all’università! Sei stato più bravo di me, io avrei sbagliato sicuramente questo test!
Morale della storia:
E’ con l’età che si diventa malati di f ...
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@meaquiescenza è bugiarda
Signor Anonimo, penso che tu abbia sbagliato persona con la tua domanda o commento.
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Caro Feltri, inorridisco davanti alle parole del padre di Filippo Turetta, assassino di Giulia Cecchettin, pronunciate in carcere, durante una visita al ragazzo. L'uomo pare giustificare il gesto del figlio, lo consola, gli dice che non è l'unico ad avere commesso un femminicidio, che ce ne sono stati altri e che, in fondo, non poteva controllarsi. È uno scherzo o cosa? Che razza di padre è questo qui? Marco Vizzari
Caro Marco, forse non gradirai il contenuto della mia epistola ma non posso fare a meno di esprimere il mio pensiero in maniera onesta, senza farmi trascinare da un moto di indignazione collettiva che sta investendo in queste ore un poveraccio che non ha commesso alcun delitto, ove conveniamo che avere un figlio che si macchia di omicidio non è un reato bensì una tragedia. Bene. Ti ritieni inorridito, come tanti, quasi tutti, la collettività intera, per le affermazioni del babbo di Turetta durante quella che è stata - e questo è bene puntualizzarlo - la prima visita al figlio in carcere, ossia il primo incontro tra il ragazzo e i genitori una volta che il primo è stato arrestato in Germania e tradotto in Italia. Era il dicembre del 2023 e queste intercettazioni, che riguardano un momento di dolore, intimo e privato, vengono divulgate adesso dalla procura e finiscono sui giornali. Il contenuto di questo colloquio, corredato di immagini fotografiche, non è uscito da solo, aprendo la porta, dai palazzi della giustizia. Qualcuno lo ha ceduto a qualche giornalista, senza curarsi delle conseguenze, le quali pure potrebbero essere gravi per questi genitori, in particolare il padre, Nicola Turetta, che saranno fatti bersaglio di odio, odio che può facilmente volgere in violenza. Il materiale in questione, peraltro, non ha alcun valore investigativo e alcuna rilevanza processuale, non costituisce una prova in relazione alle accuse di cui deve rispondere il ragazzo, che ha confessato il crimine e ha rinunciato all'udienza preliminare per entrare subito nel vivo del rito. Quindi dobbiamo chiederci per quale motivo questa intercettazione sia stata pubblicata. La risposta è evidente: perché l'opinione pubblica si indignasse e questo padre venisse dato in pasto alla massa famelica. I giornalisti talvolta assecondano i peggiori appetiti del popolo. E lo fanno in maniera spregiudicata, calpestando ogni valore e qualsiasi principio etico.
Ma io non mi indigno. Non mi indigno per un padre traumatizzato, piegato dal dolore, che, dopo avere ottenuto consigli dagli psicologi su come rapportarsi al figlio, incontra quest'ultimo in galera, dopo avere temuto che si fosse suicidato, un padre che ha difficoltà ad accettare e metabolizzare che colui che ha messo al mondo, che ha visto bambino, possa avere compiuto un delitto tanto orribile, che possa avere avuto la freddezza di accoltellare un essere vivente, un essere umano, una ragazza, la sua ex ragazza, Giulia. Il signor Turetta non ha assolutamente giustificato la condotta del figlio. Egli dice: «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, non sei un terrorista, hai avuto un momento di debolezza. Devi farti forza». Nicola Turetta quasi cerca di persuadere se stesso, di rassicurare se stesso, non soltanto il figlio: no, non sei un assassino, non è possibile che tu lo sia. Inoltre, da buon padre ha tentato di consolare Filippo e di fargli capire che non lo abbandona. Cosa avrebbe mai dovuto dirgli per risultarvi simpatico: «Ammazzati, non ci vedrai mai più, ti odiamo, da oggi non sei più nostro figlio»? Parlate tutti di valori cristiani, vi sconvolgete davanti agli insulti alla fede cristiana, eppure quando qualcuno applica la parola del Signore, quando un padre non rinnega il figlio che ha sbagliato atrocemente, ecco che vi scandalizzate.
Vedo in tutto questo contraddizione e ipocrisia.
Io mi indigno semmai per l'immoralità di chi ha diffuso e pubblicato queste intercettazioni, che fanno parte di un colloquio assolutamente privato e intimo e che privato e intimo avrebbe dovuto restare.
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Oggi a lavoro c'era il classico imprenditore milanese, che per tutto il tempo ha fatto lo splendido tra occhiolini, sorrisoni e battutine (e un figa dopo ogni due parole).
Lo stesso signore era venuto già scorsa settimana e discuteva con gli altri al tavolo, tra cui sua figlia, di come sia profondamente sbagliato assumere delle donne per dei ruoli importanti perché se giovani, sono più interessate ai ragazzi che al lavoro, se invece più in là con gli anni o faranno figli mettendosi quindi in maternità, o avranno già dei bambini e quindi saranno stanche e non potranno dedicarsi H24 al lavoro.
Che uomo rivoltante
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Ieri uscendo dalla stazione della metro prendo la rampa invece che i gradini e incrocio un signore sulla sedia a rotelle che scende in direzione opposta e mi vergogno come un cane per avere sbagliato corsia allora oggi mi sposto per prendere i gradini e trovo una signora con le stampelle che quasi cade mentre ci incrociamo, universo c’amma fa ?
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la titolare oggi, dopo due settimane che lavoro lì, ha deciso che devo imparare a fare i gelati e ok ci sta, è sia bar che gelateria, ha senso.
quando mi ha chiamato per la prova e abbiamo parlato le ho detto che ho fatto solo cameriera e commessa da Yamamay ergo no, non so fare i gelati e le andava bene perché "vabe tanto impari qui" e fin qui ha senso.
mi fa vedere a fare un gelato e penso "non sembra semplice ma finché non provo non lo so" dopo avermene fatti vedere un paio, sparisce nel retro del bar, nel mentre una è in pausa e una sta facendo roba dietro e io rimango come una scema da sola davanti, arrivano due un signore che vuole un caffè macchiato e una che vuole un gelato.
bestemmio per il macchiato(ndr non so montare il latte, ci sono riuscita DUE VOLTE e basta, non riesco a capire se sbaglio io qualcosa o meno) per cui ok, metto sotto il caffè e vado a PROVARE a fare il cono alla signora.
in ordine: prendo il cono e mi si sfila dalla carta che ha attorno e penso "cominciamo bene", chiedo scusa alla signora premettendo che è il primo gelaro che faccio, metto il primo gusto e sembra stare su, faccio per mettere il secondo e questa inizia "no ma chiama pure la tua collega, non c'è problema, io aspetto anche" e le rispondo "no ma guardi è una questione di principio, mo lo faccio stare su" e questa va avanti, morale, il primo gusto inizia a spostarsi, io butto il gelato e chiamo una di quelle dietro dicendo "scusami puoi venire a farmi un gelato? ho provato a farlo ma non riuscivo a farlo stare su" questa un po' scocciata viene(ripeto, il mio curriculum lo avete visto, mi avete chiesto e no, non so fare i gelati, scocciati quanto vuoi, ci posso fare poco se ho una che mi mette pressioni nonostante le abbia detto che è il primo che faccio in vita mia(bucchin) ).
vado a fare il cazzo di macchiato, faccio per montare il latte e si monta a culo, lo verso e rimane un po' liquido e dico al signore "mi scusi, oggi non dev'essere giornata" e questo "ti scuso solo perché ti sei scusata" ok grazie, tu più gentile della signora a cui spero sia caduto il gelato in una pozzanghera.
tempo cinque minuti arrivano due, mi chiedono due macchiati, monto il latte, il latte non solo non si monta ma arriva a bollire, faccio per spegnere la lancia e buttarlo e la giro dal lato sbagliato ergo sparo latte ovunque anche sulle mie scarpe, respiro onde evitare di lanciare il bricco, chiedo a una collega di montarmelo e mentre lo verso per i due macchiati mi rendo conto che mi tremano le mani e che sto rischiando di iniziare a piangere da circa quando ho finito il macchiato del tizio che mi ha scusata, penso "ottimo, evitiamo" le mani vanno avanti a tremare circa boh 10 minuti? ho perso la cognizione del tempo onestamente.
mi riprendo, la cosa migliora ma una collega poi mi dice "eh devi imparare a montarlo perché X se ne va" della serie ok sorella ma HO FATTO PASTICCERIA, NON SALA, ALL'ALBERGHIERO NEI PRIMI DUE ANNI SU CINQUE NON TI FANNO FARE BAR MA SOLO IL CAZZO DI CAMERIERE ERGO OK IO IMPARO MA SE OGNUNA MI FA VEDERE MODI DIVERSI PER FARE LE COSE E NON STA LÌ A DIRMI "si, devi fare così" MENTRE LO FACCIO, IO COME SO COME DEVO FARE?
tra l'altro, non so come né quando, devo essermi tagliata con qualcosa perché ho l'indice destro con un taglietto ma non so da dove arrivi per cui bene.
in conclusione, il latte non mi si è più montato, mistero della fede, quella su cui ho sentito più critiche(X che se ne va tra tot) mi ha fatto vedere a fare la vaschetta di gelato, mi ha aiutato a fare un cono e una coppetta, a volte mi chiedo se sbaglio io a pormi o se sono gli altri che pensano che una volta che ti ho fatto vedere hai imparato a fare quello, della serie se Duplantis domani mi fa vedere come salta a 6.29m con l'asta non è che se prendo io l'asta al primo colpo faccio 6.29m, probabilmente mi ci incastro pure e vado di faccia sul materasso, boh dio caro.
ah si poi la titolare mi fa "sei lentissima" e poi subito dopo, essendosi probabilmente resa conto di aver fatto un commento un po' del cazzo "cioè sei un po' lenta per questo lavoro" io sapevo che non si devono fare le cose di fretta per evitare di farle male ma non mi sembra di avere la lentezza di una che ci mette 10 minuti a farti un caffè, cioè davvero, solo perché prima metto sotto la tazzina poi schiaccio perché non ho capito quanto tempo passa da quando schiaccio a quando esce il caffè(secondi) e non vorrei che mi scivolasse la tazza nella fretta e il caffè si butta perché esce e va nello scarico della macchinetta???
avevo bisogno di scrivere su Tumblr come facevo tipo tot anni fa, 2019 credo
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MAGP006 - Introduzioni
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il microfono del decrepito computer dell’O.I.A.R. si accende nuovamente]
[qualcuno sta scrivendo lentamente al computer]
[Sam sbadiglia]
[Da vicino, Alice inizia a cantare, senza parole, una ninnananna]
SAM
Così non aiuti, Alice.
[sembra esausto]
ALICE
Scusa, da quando dovrei aiutarti?
SAM
Vado a prendermi un altro caffè.
ALICE
Hai considerato di bypassare la bocca e iniettarti i chicchi direttamente nelle vene?
SAM
(espira) Ottima idea. Perché non ci ho pensato io?
ALICE
Non hai abbastanza chicchi di caffè nel sangue.
SAM
Ovvio.
[Una pausa, continuano a scrivere]
ALICE
Seriamente, però, se i primi tre caffè non hanno funzionato, io non ne prenderei un altro. Altra caffeina non ti renderà più sveglio, ti darà solamente un tremolio e la nausea.
SAM
(sbadigliando di nuovo) Devo correre il rischio. Davvero non ce la faccio.
ALICE
Oh certo. Ignora la donna che ha lavorato di notte per quasi un decennio. Cosa ne saprà mai?
SAM
Allora cosa suggerisci?
ALICE
Tornare indietro nel tempo e comprare quelle tende oscuranti come ti avevo detto.
SAM
Lo so, lo so, è solo - già il sole lo vediamo poco a cose normali, mi sembra sbagliato cercare di bloccarlo del tutto.
ALICE
Oh, Sam. Il sole è il nemico! Governa il mondo della luce, ma noi che abitiamo nelle tenebre sentiamo solo la sua ira. (torna normale) Prendi le tende.
SAM
Già, forse.
ALICE
Oppure fatti licenziare per esserti addormentato alla scrivania. Decidi tu. (smette di scrivere) Per la cronaca, sapevi che fai questo rumore adorabile tipo “mlem” ogni volta che ti crolla la testa?
SAM
(ridacchia; con affetto:) Punisci davvero le persone che osano essere tue amiche, lo sai, vero?
ALICE
La mia giustizia è severa ma equa. Comunque, farai meglio a farti un pisolino. Devi essere vigile e pimpante quando conosci il nuovo arrivato.
SAM
Non sono io il nuovo arrivato?
ALICE
Pffft. Vorresti. Ormai non sei più una novità, Sam, praticamente sei un dinosauro. Sta per entrare un nuovonuovo arrivato. È tutto nell’email di Lena, che probabilmente avresti letto se fossi stato sveglio.
SAM
Qualcun altro se ne va?
ALICE
Spero di no, ma questo lavoro ha un tasso di dimissioni piuttosto alto quindi Lena preferisce assumere un paio di rimpiazzi quando uno della vecchia guardia se ne va.
SAM
Cosa, e da per scontato che uno di loro non resisterà?
ALICE
Solitamente ha ragione. E in questo preciso momento, mio assonnato tesorino, non conviene scommettere su di te.
SAM
Che succede se entrambi ci troviamo bene qui?
ALICE
Allora tiriamo a sorte e uno di voi viene mangiato alla festa di Natale.
SAM
(Divertito) Beh, speriamo che questo novellino non sia troppo fibroso.
ALICE
Ooh, sei sul piede di guerra!
[Passi, Gwen rientra dalla saletta del personale]
SAM
Hey, Gwen, hai sentito che hanno assunto qualcun altro?
GWEN
(Senza entusiasmo) Yuppie-ye-yee.
SAM
Non anche te.
GWEN
Per insegnare a qualcuno serve molto tempo, e già così siamo notevolmente in ritardo.
SAM
Vero, ma una volta che ha imparato, sono un altro paio di mani che aiutano.
ALICE
Se resiste.
GWEN
Cosa che non succederà. (si siede) Ora, come stavo dicendo, notevolmente in ritardo.
SAM
…certo, scusa.
[Tutti tornano a scrivere in silenzio]
{Sam continua a sbadigliare}
[Improvvisamente il computer inizia a leggere un caso]
[Uno squillo di una telefonata, poi l’audio metallico dell’audio di un telefono:]
OPERATORE 1
Emergenze, quale servizio?
NEEDLES
Proprio una bellissima domanda.
OPERATORE 1
Polizia, ambulanza o pompieri?
NEEDLES
Beh nessuno è in fiamme, quindi probabilmente quelli possiamo escluderli. Anche se loro fanno i salvataggi, no. E questo poveretto adesso avrebbe decisamente bisogno di essere salvato.
OPERATORE 1
Signore, descriva la situazione così posso trasferirla alla giusta centralina.
NEEDLES
Aspetta, lo chiedo a lui.
[Il telefono viene mosso mentre l’operatore si muove]
[Sentiamo un uomo il cui respiro è affaticato e doloroso]
NEEDLES
(distante) Cosa pensiamo? Polizia o ambulanza?
VITTIMA
(agonizzante, a malapena riesce a parlare) …aiuto…
OPERATORE 1
Signore? Signore, siete in pericolo?
[Il telefono è allontanato dalla vittima]
NEEDLES
(di nuovo vicino) Devi perdonarlo, al momento è pieno di aghi, sai.
[Ridacchia]
OPERATORE 1
Signore, perfavore, può darmi la sua posizione?
NEEDLES
Oh, pensavo poteste vederla automaticamente?
OPERATORE 1
Non con i cellulari, quindi -
NEEDLES
Stupendo! Ho più tempo di quanto pensavo allora. In tal caso, allora noi altri faremo una chiacchierata e richiameremo quando avremo deciso il servizio!
[Ride di nuovo, una risata maniacale]
OPERATORE 1
Signore, non attacchi -
[Un urlo di dolore dalla vittima]
[Cade la linea]
[Squilla di nuovo con una seconda chiamata al 999]
OPERATORE 2
Emergenze, quale servizio?
NEEDLES
Ne abbiamo discusso, e optiamo per polizia. Risposta definitiva.
OPERATORE 2
La trasferisco immediatamente.
[La chiamata viene trasferita]
OPERATORE DELLA POLIZIA
Polizia, qual’è la vostra emergenza?
NEEDLES
Sì, salve Polizia! Ho un uomo qui e, beh - diciamo che è stato alquanto infilzato.
OPERATORE DELLA POLIZIA
È in pericolo?
NEEDLES
(Divertito) Io? No, cielo! Sospetto che lui all’inizio l’ha pensato, però. Da come si atteggiava e da come ha tirato fuori il suo coltellino.
OPERATORE DELLA POLIZIA
L’assalitore si trova sempre lì?
NEEDLES
Oh sì, decisamente. Anche se davvero non arriverei a chiamarlo assalitore. Infatti, sotto molti punti di vista alla fine è stato un gesto di affetto. Un abbraccio. …delle coccole, addirittura! Ha! Sì, chiamiamole coccole.
[Inizia a ridere da solo]
OPERATORE DELLA POLIZIA
È sicuro di stare bene? Il panico è normale in queste situazioni. Le è stato fatto del male?
NEEDLES
Certo che fa male, come potrebbe essere altrimenti? Ma ormai ho iniziato a prenderci gusto, nel dolore. Tutti questi forellini, pungenti e affilati…
OPERATORE DELLA POLIZIA
Deve restare con me. L’uomo, quello che hai detto che è stato accoltellato, è ancora lì?
NEEDLES
Dubito che andrà mai da qualche altra parte.
OPERATORE DELLA POLIZIA
… Sta respirando? Gli serve un’ambulanza?
NEEDLES
Assolutamente. Ma questa non è la vera domanda, no?
OPERATORE DELLA POLIZIA
Posso mandare un’ambulanza, ma mi serve la vostra posizione. Sa l’indirizzo? Sa dove vi trovate?
NEEDLES
So esattamente dove sono. Sono cresciuto qui, sai. Era un posto decente allora. Ci vivevano delle persone per bene, capisci? Non come adesso, adesso è un posto orribile. Non è sicuro girare di notte. Ne vado fiero, a dire il vero.
OPERATORE DELLA POLIZIA
(scandendo) Signore, mi serve un indirizzo o qualcosa di riconoscibile. Mi dica dove si trova.
NEEDLES
Oh beh adesso ci sono decisamente dei segni sul terreno, proprio come su di me. Ed è una sensazione così bella. Mi soddisfa in un modo che non avevo mai ritenuto possibile. Colma bene quel vuoto, quella voragine solitaria che abbiamo dentro. Non si tratta di sadismo o masochismo, li avevo già provati entrambi.
Credo che sia la paura. L’espressione dei loro occhi quando si rendono conto del loro errore - (si può sentire il suo ghigno) mi fa venire voglia di stringerli forte, quindi lo faccio.
OPERATORE DELLA POLIZIA
L’uomo ferito - è stato lei a pugnalarlo?
NEEDLES
Ah, beh, è una domanda difficile. In un certo senso? In un certo senso è stato lui a infilsarzi su di me. Quando ha visto gli aghi oramai eravamo già molto vicini. Abbastanza vicini che potevo sentire l’odore del suo sudore e del suo dopobarba scadente. Infatti ha a malapena avuto il tempo di avere paura prima che ci abbracciassimo. Adesso è terrorizzato, ovviamente…
[lamenti della vittima in sottofondo]
OPERATORE DELLA POLIZIA
Devo trasferirla al mio supervisore.
NEEDLES
(improvvisamente veloce e con tono tagliente) Se lasci questa chiamata lo abbraccerò di nuovo e onestamente dubito che sopravviverà.
(di nuovo scherzoso) Sai cosa? Vorrei cambiare la mia risposta. L’ho infilzato io, sì. Di sicuro mi sono riposizionato per assicurarmi che ne avesse alcuni nel viso. Negli occhi. Conta questo (ride) Continua a toccarli come se potesse rimuovere tutto il metallo ma gliel’ho detto, finirà per farli andare più a fondo!
Non durerà troppo a lungo, grazie al cielo, sarà dissanguato a minuti, ormai. Ma nel frattempo, la paura che emana da lui mentre se ne sta sdraiato lì, sospeso tra la paura della morte e la paura di sopravvivere con quello che gli è capitato - è piuttosto divertente. E soffoca l’odore del dopobarba.
[Una pausa]
OPERATORE DELLA POLIZIA
(lentamente, scosso ma ancora in controllo) Mi dia l’indirizzo e rimanga dove si trova.
NEEDLES
Ti faccio paura? Signor Operatore.
OPERATORE DELLA POLIZIA
È per questo che hai chiamato? Per cercare di spaventare chi risponde?
NEEDLES
Diciamo per il dessert. Ma non hai paura, no? Disagio, disgusto, ma - niente di più. Per quale motivo?
OPERATORE DELLA POLIZIA
Sarà che non mi fanno paura gli aghi.
NEEDLES
(improvvisamente furioso) Non ti fann– Questo non è un misero esame del sangue, qualche punturina di un aghetto, queste sono centinaia, migliaia di punte affilate come rasoi che si infilano nella tua carne. Stiamo parlando dell’abbraccio di una vergine di Norimberga, una straziante agonia causata da mille piccoli dolori.
OPERATORE DELLA POLIZIA
(lentamente, a voce alta) Signore, chiaramente non… sta bene. E credo che abbia ferito qualcuno che forse ha cercato di rapinarla, quindi se mi da la sua posizione posso mandare qualcuno ad aiutare.
NEEDLES
Oh, capisco. Non mi credi.
Sì, suppongo abbia senso. In un certo senso è una cosa un po’ assurda, e la sensazione di lontananza del telefono non aiuta.
…Sì, più ci penso, più mi sembra ovvio che questa chiamata non mi avrebbe mai dato quello che cercavo. Mi chiedo, però, in quale centralina della polizia ti stai nascondendo! Hendon? Lambeth?
OPERATORE DELLA POLIZIA
Cosa prego?
NEEDLES
(a bassa voce) Lambeth, dunque, e sono sicuro di poter riconoscere la tua voce adesso.
[Pausa]
Ah, eccola. Ecco la paura. Non molto, solo una piccola puntura di un ago, ma alla fine l’abbiamo trovata, no?
OPERATORE DELLA POLIZIA
(con voce tremante) Ti sto trasferendo al mio supervisore.
NEEDLES
Allora vado. Non mi interessa parlargli, e tra l’altro, ci eravamo detti che se tu avessi lasciato la chiamata il mio amichetto avrebbe ricevuto un piccolo ultimo abbraccio prima che me ne vada.
Spero che ci parleremo di nuovo tra non molto, signor Operatore. Vediamo se riusciamo a trovare qualche altra piccola spaventosa puntura che possiamo esplorare insieme…
[La chiamata finisce con un click]
[Torniamo alla registrazione del computer dell’O.I.A.R.]
[Sam si lascia scappare un suono divertito per il caso]
SAM
Huh? Tutto qui?
GWEN
(non stava ascoltando) Tutto cosa?
SAM
Il caso. Finisce così.
ALICE
(non stava ascoltando nemmeno lei) Che tipo era?
SAM
Non lo hai sentito?
ALICE
A malapena sento i miei. Inizi a ignorarli dopo un po’.
SAM
(suono divertito) Erano un paio di chiamate di emergenza.
ALICE
Oh, sì, quelle non hanno mai una conclusione. Potresti ricevere il rapporto del medico legale se al corpo è successo qualcosa di strano, ma è piuttosto raro. (divertita) Perché, ti stava piacendo?
SAM
Non è che arriverei a tanto.
ALICE
Beh, chi lo sa, forse sarai fortunato e ucciderà di nuovo. Che cosa era?
SAM
Tipo… un tizio fatto di aghi, credo?
ALICE
Aghi? Dovrebbe fare paura? Lavoro qui da così tanto che ormai non saprei dire.
GWEN
Forse se hai paura degli aghi?
SAM
Per dirla tutta, sembrava essere… un argomento delicato per lui.
ALICE
Huh.
[Passi, entra Lena]
LENA
Buonasera a tutti.
ALICE
Lena! Un uccellino mi ha detto che la nuova leva entrava oggi.
LENA
Perfavore evita di chiamarmi un “uccellino,” Alice.
ALICE
Uccellone, allora. Dunque, dov’è la carne fresca?
LENA
Si sta preparando una tazza di caffè nella sala del personale. Si chiama Celia, e confido che la farete sentire benvenuta.
GWEN
Di sicuro ci proveremo.
[Passi, entra Celia]
CELIA
(con un boccone di ciambelle in bocca) Lena, queste ciambelline sono fantastiche! Dove le ha prese?
LENA
Celia, questi sono i tuoi colleghi.
CELIA
Oh, cielo, certo, scusate! (ingolla) Ciao a tutti!
SAM
Non c’è problema, dopo le ciambelline siamo un po’ una delusione.
ALICE
A Lena piace tirarle fuori quando qualcuno di nuovo si unisce alla nostra famigliola.
LENA
Solo mi raccomando, mangiatele sul posto. Adesso vi lascio così fate conoscenza, io devo finire l’iter burocratico per l’assunzione. Alice, più tardi stasera parleremo del training. Celia, vieni nel mio ufficio quando hai finito qui, ci sono ancora dei fogli da firmare.
CELIA
Certamente.
[Passi di Lena che si allontana]
CELIA
Quindi, sì! Non ho mai lavorato in un posto con delle ciambelline prima d’ora!
ALICE
Fossi in te non sarei così entusiasta. Probabilmente sono avanzate da quando è arrivato Sam.
SAM
Beh, a me sono piaciute.
CELIA
Tu sei Sam, dunque?
SAM
Sì. Anche io sono appena entrato.
CELIA
Fantastico! A dire il vero, posso farti una domanda? Il tuo colloquio…
SAM
Oh mio dio, sì, suuuuper strano, vero?
CELIA
Grazie! Ero seduta lì tipo “cooooosa?”
ALICE
Entrambi dovreste essere orgogliosi. Lena prova a convincervi di non accettare solo se in primis crede che valga la pena parlare con voi.
CELIA
Sì? È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho fatto un colloquio, ma quello è stato…
[Espira]
ALICE
Sì, prima aveva un vero e proprio problema con le dimissioni, le persone accettavano il lavoro e se ne andavano dopo un paio di settimane, quindi ha cambiato lo stile dei suoi colloqui per essere sicura di prendere solo persone che sono…
SAM
Adatte!
ALICE
Disperate.
CELIA
(Allegra) E io sono entrambe le cose, il sistema funziona! Tra l’altro, mi sa che non ho sentito il tuo nome.
ALICE
Alice. Sono la detenuta più senior qua sotto, quindi fammi sapere se hai delle domande: dove si trovano i bagni? Ci sono dei coltelli affilati? Come faccio a far finire gli incubi?
[Celia ridacchia]
ALICE
Qualsiasi cosa. E quella chiacchierona nell’angolo è Gwen.
GWEN
Scusa, Celia, giusto? È un piacere conoscerti, spero che qui ti troverai bene. Adesso, se mi scusi, ho molto lavoro da sbrigare.
[Torna a scrivere]
CELIA
(imperturbata) Certo, non ti preoccupare. Sarò sincera, pensavo ci sarebbero state molte più persone a lavorare qui, viste le dimensioni del palazzo?
SAM
Sì, no, siamo, um…
ALICE
Ottimizzati?
SAM
Ottimizzati! Certo. Oh, c’è anche un informatico, anche se è meglio se lo eviti… finché non ti sei ambientata.
[Alice ridacchia da sola, ricordando lo scherzo che ha fatto a Sam]
SAM
Ma principalmente siamo solo noi.
CELIA
Quattro strambi in uno scantinato che leggono storie spaventose. Lavoro dei sogni.
[Sam ride]
ALICE
Se lo dici tu.
SAM
Per la cronaca, alcuni casi sono… Non sono letture divertenti.
CELIA
Apprezzo la preoccupazione, ma sono certa che non saranno un problema. Di questi tempi non mi spavento così facilmente.
ALICE
Sì, hai lo sguardo da killer incallita.
CELIA
Cavolo, e io che pensavo di averlo nascosto dietro un’attitudine dolce e allegra!
[Sam ride]
CELIA
In ogni caso, meglio che vada da Lena. È stato bello conoscervi!
SAM
(ad alta voce) Anche te!
[Passi di Celia che se ne va]
SAM
(felice) Sembra simpatica!
ALICE
(pensando) Già…
GWEN
Non affezionatevi.
ALICE
Nemmeno per sogno.
[Adesso stiamo ascoltando dalla CCTV della saletta del personale]
[La macchina del caffè è in funzione, sam sospira]
[Passi, Alice entra Celia]
ALICE
E abbiamo raggiunto il pezzo forte del nostro tour. La saletta del personale!
CELIA
Mmmm! È – proprio una vista pazzesca.
ALICE
Posso capire che sei stupita dalla sua magnificenza, ma devo avvertirti che le fotografie con flash possono spaventare la fauna locale.
SAM
(ridacchia) La “fauna locale” si sta solo preparando un altro caffè, ne volete un po’?
ALICE
(tagliente) Nonostante i miei avvertimenti.
SAM
Va bene. Io sto bene. Mi sto solo ancora abituando ai turni di notte, tutto qui.
CELIA
Ah. Neanche io sono entusiasta per quell’aspetto del lavoro.
SAM
Alice ha già provato a venderti le sue tende di seconda mano?
ALICE
Alice non è ancora arrivata alla sezione consigli del tour, ma era la prossima nella scaletta.
SAM
Scura che non posso offrirti nulla, Celia? Del tè, forse? Credo che ci sia della vetusta cioccolata calda da qualche parte, nascosta dietro la scorta ‘segreta’ di biscotti di Alice.
ALICE
(gasp) Sapevo che eri tu, piccolo ladruncolo!
CELIA
Grazie, ma per adesso sono apposto, Sam, davvero. Magari più tardi?
SAM
Ma certo.
CELIA
Posso tornare di là, Alice? Colin aveva detto che la mia postazione sarebbe stata pronta adesso.
ALICE
Vai pure. Sarò lì tra un minuto per aiutarti con i tuoi primi casi.
CELIA
Perfetto. (ad alta voce) A presto, Sam!
[Passi di Celia che se ne va]
[Una pausa]
[Alice espira]
ALICE
Wow.
SAM
Cosa?
ALICE
Wow.
SAM
E adesso che ti prende?
ALICE
(con un ghigno) Sei proprio cotto, figliolo!
SAM
Oh per amor del cielo, Alice.
ALICE
“Credo ci sia della vecchia cioccolata calda”? Perché non ti fai tatuare il suo nome sul culo, già che ci sei?
SAM
Sei ridicola -
ALICE
“Ti andrebbe del tè, Celia? Caffè, magari? Il mio cuore, strappato dal petto e disposto su un centrino?”
SAM
(a bassa voce) Cosa?
ALICE
“Ti prego, Celia, tagliami la lingua così posso sempre essere lì per leccarti i francobolli!”
SAM
(divertito) Okay, uno, questo posto ti sta rendendo davvero macabra. Due, se sapessi qualcosa di francobolli sapresti che le tirature moderne sono autoadesive quindi -
ALICE
Tra l’altro, come fai a sapere dove nascondo i miei biscotti.
SAM
È letteralmente lo stesso punto che usavi quando studiavamo - in fondo allo scaffale più alto nel mobile in alto a sinistra. Dove pensi che le persone non riescono a vederli perché non sono alte abbastanza.
ALICE
…Touché. Ma dovresti essere molto cauto nel condividere tale sapere. I Choco Liebnitz sono troppo potenti per un comune palato.
SAM
Se lo dici tu. Comunque, devo tornare a -
ALICE
Perderti negli occhi della tua amata?
[Pausa]
SAM
Avrei una risposta incredibilmente brillante se non fossi così totalmente distrutto.
ALICE
Awwww! Lo so, tesorino. Lo so.
[Traduzione di: Victoria]
[Prossimo episodio]
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Giovanni ha 6 anni e sta giocando con il suo Cicciobello. Passa un signore anziano lo guarda e gli dice:
"Ma giochi con le bambole? Sei un maschio dovresti giocare con i soldatini."
Me lo immagino già uno degli uomini della vecchia generazione cresciuto con l'idea che commuoversi, lavare i piatti, prendersi cura della casa ma soprattutto prendersi cura dei propri figli, cambiargli i pannolini renda l'uomo meno virile e meno uomo.
Giovanni lo guarda negli occhi e non si scompone e regala una risposta da Oscar:
"Sono il papà mica la mamma!"
Il bambolotto è suo figlio e si chiama Mario.
Giovanni non lo sa che con una semplice risposta sta rendendo il mondo un posto più bello. La sua saggezza ha tanto da insegnare a chi probabilmente si crede più saggio.
In un attimo non è sbagliato quello che fa ma quello che gli viene chiesto.
Avanti Giovanni sarai un grande papà e un grande uomo. E sicuramente hai dei grandi genitori.
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…va’ prima a riconciliarti… (Matteo 5:24)
RICERCA LA RICONCILIAZIONE
Alle volte, l’unico modo per sanare i sentimenti feriti è ricercare la riconciliazione. Il Signore non mancherà di guarire il cuore ferito se è veramente questo ciò che desideriamo dopo un'amara esperienza, Egli ci aiuterà. George Eliot scrisse: “Oh, quale conforto inesprimibile il sentirsi al sicuro e fidare in una persona; non dover pesare i pensieri né misurare le parole ma, liberamente, riversarli, così come sono, grani e pula insieme, sapendo che una mano fedele saprà separarli, conservare la parte nobile e, con animo gentile, soffiare via il resto”. Un professore universitario stava illustrando lo scotto morale e fisico che si paga quando si decide di rifiutare il perdono, perciò, chiese a ciascun allievo di portare in classe un sacco di patate. Per ogni persona cui negavano indulgenza, dovevano scegliere un tubero su cui scrivere data e nome. Fu loro imposto di portarsi appresso la bisaccia, ovunque andassero, per un intero mese. Dopo aver trascinato questi sacchi per un po’, gli studenti si resero conto del fardello che stavano portando; dell’energia necessaria e dell’attenzione da porsi per non dimenticarli nel posto sbagliato. Quando, infine, le patate iniziarono a marcire e a puzzare, compresero che la cosa migliore da fare era liberarsi di quei pesi. Gesù’ disse: «… A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti» (Giovanni 20:23). Che sfida! Se non sappiamo perdonare chi ci ha ferito o fatto un torto, non potremo pretendere che Dio perdoni i nostri peccati. Gesù, mentre moriva in croce, perdonò coloro che si erano resi colpevoli di tale gesto. Oggi possiamo andare con fede e umiltà a Lui, chiedere perdono per ogni nostro peccato, certi e sicuri che Egli li laverà col Suo prezioso sangue, allora saremo anche in grado di fare lo stesso nei confronti degli altri.
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Quella mattina di fine estate doveva andare nello studio di un commercialista, dove si teneva una lezione sull’uso dei computer. Una novità per lei, ragazza nata negli anni Sessanta, studentessa di Ragioneria, che guardava all’informatica con grande curiosità. Il cugino, che avrebbe dovuto darle un passaggio in Vespa e restare con lei alla presentazione, era ancora a letto quando suonò il campanello di casa sua, all’orario stabilito. “Sta dormendo - le disse sua zia - sei sicura di non aver sbagliato giorno?” Lei però voleva partecipare all’incontro, voleva cominciare a capirci qualcosa… Si diresse alla fermata del pullman e raggiunse il paese vicino giusto in tempo. L’organizzatore dispose i partecipanti a piccoli gruppi attorno ai computer e accompagnò la ragazza in una stanza dove non c’era nessun altro. E mentre i vari gruppi lavoravano con dei tecnici, lui stesso si sedette accanto a lei e, con la scusa di mostrarle il funzionamento della macchina, iniziò a molestarla pesantemente. Come pietrificata, la ragazza avrebbe voluto sprofondare nella poltroncina, si illuse di aver frainteso ma lui non desistette fino a quando qualcuno bussò alla porta ricordando che il tempo a disposizione stava finendo ed invitando i due alla fase finale dell’incontro. Dopo aver fissato le date delle lezioni successive, la riunione finì e la ragazza si avviò alla fermata del pullman, incalzata dal suo aguzzino che insisteva per dalle un passaggio in macchina. Fu allora che uno dei presenti, che si era presentato con la figlia piccola e se ne stava andando tenendola per mano, si rivolse alla ragazza e la invitò ad unirsi a loro, visto che doveva proprio passare dal suo paese. Lei non rivide più questo signore gentile, ma da adulta avrebbe tanto voluto ringraziarlo per aver capito il suo dolore e per averle evitato ulteriori sofferenze. Non parlò con nessuno di quanto le era capitato, temendo che i genitori la rimproverassero per aver voluto andare da sola in un’ambiente dove non conosceva nessuno. Ne parlò, e tanto, con le figlie, con le alunne e con le colleghe (io sono una di loro). Alle figlie diceva di denunciare sempre, indipendentemente dal contesto, senza vergognarsi e con la certezza che mai avrebbe reagito con un “Non dovevi fare … , non dovevi andare…” , ma sarebbe sempre stata dalla loro parte. La parte giusta.
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Viaggio Antonacci
È un'umidità che non ti lascia mai. Non smetti mai di avere freddo, neanche con il sole. Neanche con 14 gradi in un gennaio spaventosamente primaverile. Le coperte non sembrano mai del tutto asciutte. Non appena mi infilo nel letto minuscolo dove sono ospitato lo noto. Sembra di stare su un materassino gonfiabile, in mezzo al mare. Le rocce sono scivolose e le mie scarpe da ginnastica moderne potrebbero essere state un acquisto sbagliato. Certo i colori sono gradevoli. Il baffo rosa simbolo di vittoria padroneggia sopra un verde lime e il classico nero che mai abbandonerò.
Ho lasciato casa per venti giorni quasi. Non capitava da anni. Una volta sistemato Ernesto ho capito che potevo provare ad essere libero. Mi sono sentito solo e costantemente bagnato. Indossavo magliette messe ad asciugare durante la notte sul termosifone che parevano appena estratte da un ciclo rinfrescante dalla lavatrice. Il paesaggio della Murgia al mattino mi ha tolto il fiato. Nascosto in una caverna noto il passaggio delle coppie precedenti. Fazzoletti gettati ovunque. Involucri di preservativi nascosti tra ciuffi d'erba carichi di gocce di rugiada. Le gambe mi facevano male dal camminare e la schiena era sudata. Pensavo fosse ancora l'umidità e invece no, questa volta era la mia fatica.
C'era silenzio rotto solo dal saluto con alcuni passanti. Ho cercato riparo dal sole e l'ho trovato in una piega del torrente che spaccava in due la vallata. "Se non scivolo qua non scivolerò mai più" ho detto ad alta voce e adesso penso di avere ventose al posto delle Nike. Il cuore aveva bisogno di una pausa. La cassa toracica e i polmoni hanno discusso tra di loro, su chi avesse diritto a maggiore spazio. Ho sentito scricchiolii di assestamento. Di notte le gambe tremavano, per il freddo e per i chilometri. Mi sono chiuso in biblioteca quando ho potuto, ho elaborato la fine del manoscritto. Perché le mie storie iniziano tutte minuscole, quasi banali, e finiscono a prendere in giro divinità ed esseri astrali? "Perché ti credi anche tu un Dio" mi hai detto prima di addormentarti. Mi credo un Dio. Sicuramente uno meritevole di bestemmie e altari.
Si chiamano edicole votive e Bari ne è cosparsa come acne sul volto di un adolescente butterato. Ogni arco venera qualcuno. Cerco l'arco dedicato a me e non lo trovo. Anche qua non mi abbandona l'umidità e ora la sento più corposa, le scarpe che ho pagato non so quanto per essere alla moda e togliermi una decina di anni sono piene di tracce di sale. Le signore anziane guardano dalle finestre socchiuse delle case a piano terra. Mi hanno detto come si chiamano questi luoghi ma ho dimenticato. Ho dimenticato ogni volta la strada di casa e l'ho fatto di proposito. Volevo perdermi e trovare il b della matassa da solo. Nessun ristorante aveva posto e nonostante gli innumerevoli dolci mangiati in ogni pasticceria stavo morendo di fame. Vengo cacciato ovunque. Era troppo tardi per pranzare e troppo presto per il tramonto. Noto una di queste case, una coppia di anziani seduta a una tavola apparecchiata guarda svogliatamente il telefono. Quello di lei non prende bene ed è costretta ad allungare le braccia verso la porta d'uscita. Noto un cartello scritto a mano poggiato per terra "Da Carletto", decido di essere coraggioso e mi affaccio. Chiedo di spiegarmi che posto è questo, perché ci sono due tavoli apparecchiati e nessun commensale. Carletto mi invita ad entrare e dice che mi avrebbe sfamato. Gli dico di fare di me quello che vuole, sono il suo pozzo senza fondo. Vado a lavarmi le mani e noto uno spazzolino lasciato in bagno. Sono a casa di Carletto, un ristoratore in pensione da anni che accoglie affamati come me e li sfama con la cucina più onesta mai provata. I piatti in plastica mi ricordano un passato che ancora resiste al sud. Cambiare un'abitudine sembra impossibile. Carletto continua a portare cibo in tavola e io assaggio ogni cosa, anche del pesce crudo, andando contro ogni avvertimento di mia madre. Resto sulla sedia, incollato, a guardare le effigi sacre appese nella stanza di pochi metri quadrati. Entra un altro gruppo di persone, sono loro i veri invitati in casa di Carletto. Li fa sedere e l'accento barese mi riporta alla realtà. Parlo tre lingue e capisco due dialetti e ora sto schivando colpi d'ascia e sputazze e alitate, parole grosse, risate, non capisco nulla e sorrido. Prima di andare via Carletto ci tiene a mostrarmi una gigantografia della star del piccolo viale: un cane ovattato e peloso più simile a un alpaca. Mi dice che si chiama Lollo e che i turisti si fermano per fotografarlo. Non sono abituato a tanta ospitalità. Vorrei dare la colpa a Vienna ma ho capito che non è colpa sua, sono io ad essere cambiato. Mi domando perché Carletto non abbia una mia foto, forse gliela dovrei spedire, grande quanto quella di Lollo.
Forse mi sono sentito più libero in mezzo alle grotte, nascosto da tutto. Davanti al mare mi sento nudo. I pescatori del mattino mi guardano straniti, sono un elemento contrastante per loro. Ho gli occhi affamati, il naso che respira ogni goccia sospesa nell'aria, anche quelle cariche di odori nauseabondi. Le orecchie registrano le onde calme infrangersi sugli scogli. Non è il tirreno, lo noto dalla grazia con cui portano a termine il loro viaggio e perché il sole sta sorgendo dalla linea piatta dell'orizzonte.
È davvero così utopico pensare di poter vivere così? Con le giornate che non hanno più un nome, entrando in case di sconosciuti, in letti abbandonati per le vacanze, cercando un po' di pace tra gli studenti spaventati dalla riapertura delle facoltà, mescolandomi nei banchi di biblioteche millenarie. Parlando di idee, progetti, racconti, ricordi. Mi fa schifo pensare al denaro. I miei più cari amici scrivono nella chat che ci unisce da diverse parti del pianeta "È lunedì! Si torna a produrre!!!" ma produrre cosa? Vendite? Numeri in un computer? Risparmi per andare in vacanze sovraffollate una settimana all'anno? Fotografie interscambiabili da social network?
Durante il volo di ritorno non ho avuto paura. Io che non ho preso l'aereo per 12 anni convinto di essere inadatto al volo. Ho lasciato il sud che si è coperto di nuvole per l'occasione, per non mostrarsi bello come volevo ricordarlo. "Stai tornando verso il grigio, ecco un assaggio dei prossimi mesi". A venti minuti da Vienna arrivano le perturbazioni. Saltiamo. Ci agitiamo. Scosse e vibrazioni. Il capitano interviene per tranquillizzarci ma io proseguo a leggere il libro. Mi giro e vedo persone con la testa tra le mani che pregano una divinità che non farà nulla per loro. Alcuni pregano San Nicola, sicuro uno sta pregando Lollo. Sono indifferente. La morte non mi spaventa più? Mi spaventa la malattia. La lunga degenza. Le file infinite in ospedale. Mi spaventa il lunedì lavorativo dedicato al produrre. Mi spaventano i metri quadrati di un ufficio illuminato a neon. I pomodorini tutti uguali al supermercato. Mi spaventa ferire qualcuno. Far piangere. Ma morire non mi spaventa più.
Atterriamo e ritorno a casa mia dopo averla lasciata in affidamento a due ospiti. L'odore è diverso, hanno fumato dentro. Ovunque. È tutto pulito e ordinato ma noto delle piccole differenze, mi sento come gli orsi della favola di Riccioli d'oro. È il prezzo da pagare per essere stato libero: perdere il luogo che definisce l'inizio e la fine della mia personalità. Aggiusto i particolari cambiati. Apro le finestre. Accendo candele profumate. Resto con la giacca in casa e mi sento tranquillo come lo sono stato nelle ultime settimane. Come sul bus diretto nel nulla delle autostrade calabresi. Ho imparato a inserirmi in ogni contesto senza deturparlo, sono un elemento decorativo esterno che al massimo sorride e ti chiede un caffè.
Faccio colazione al buio, nel palazzo di fronte nessuno è sveglio. Le coperte puzzavano di pelle di fumatori, faccio finta di non pensarci. Il caffè lo ricordavo migliore ma l'ultimo che ho bevuto era in riva al mare prima di baciarci e dirci addio. Vienna si sta svegliando piano. La luce filtra intermittente tra le nuvole come un neon carico di gas esausto che vuole solo andare in pensione ed essere cambiato.
In ospedale la sala d'attesa è gremita di abitudinari come me. Li saluto e canticchio. Ho portato questo con me dall'Italia, canticchiare mentre aspetto. C'erano altoparlanti ovunque anche nelle stazioni più sperdute, nelle fermate del bus più isolate. Non luoghi, come lo è diventata casa mia da quando ho deciso di lasciarla in mano ad altri. Allora canticchio e mi sento a casa. Senza soldi, senza programmi per il futuro, se non andare a riprendere il mio gatto dalle sue vacanze. Riccioli d'oro ha mangiato la mia zuppa, dormito nel mio letto, usato il mio spazzolino e a me va bene così. Ho trovato altrettante caverne altrove e sono tutte uguali quando le riempi canticchiando un motivetto allegro.
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I pazzi non se lo domandano mai se sono pazzi. Loro pensano di essere normali e di vivere in un mondo sbagliato. Sapete, io non so dargli torto.
Certi pazzi, ribelli e rivoluzionari non crederanno mai agli uomini di questo mondo, ma sono certo che crederanno e ammireranno Gesù, perchè lui combatteva contro il bigottismo e l'ipocrisia che regnano sovrani su tutto il pianeta. Dunque viva i pazzi, i ribelli e i rivoluzionari! Io sto con loro. ♡
📖 Affinchè nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra ed ogni lingua confessi, che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
Fi. 2:10-11
Para que en el nombre de Jesùs, se doble toda rodilla, de los que estàn en los cielos, y en la tierra, y debajo de la tierra; 📖 y toda lengua confiese que Jesucristo es el Señor, para gloria de Dios Padre.
=🗝=
That at the name of Jesus every knee should bow, of things in heaven, and things in earth, and things under the earth 📖 and that every tongue, should confess that Jesus Christ is Lord, to the glory of God the Father.
lan ✍️
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La mia psicologa mi diceva sempre che ogni volta che sentivo che le cose attorno a me non stessero andando bene nonostante i miei sforzi per cambiarle, regredivo, nel comportamento, negli atteggiamenti e tornavo anche mentalmente al passato. Ed è vero.
Non so quanto sia sbagliato a questo punto, perché esso è l’unica certezza che abbiamo, di cui sappiamo cosa potremmo o meno cambiare però ho quasi 19 anni e sento che non mi piacciono le cose come sono evolute.
Rebelde Way è il mio rifugio, il Machu Picchu, il sogno della mia vita come hippie tra le montagne lontano da tutti.
Stranamente adesso, sto addirittura pensando, con una strana nostalgia, a quando nella mia vecchia chiesa, andava tutto bene, quando ancora sentivo un po’ di pace.
Ricordo, mentre cantavamo lodando il Signore, ho aperto gli occhi per un attimo di secondo, ho avuto alla vista un’intera chiesa, come un unico coro, una massa uniforme la quale aveva un’unico scopo comune.
Omologarmi non mi piace e non mi è mai piaciuto, sento sempre la necessità di differenziarmi ma in quel frammento di secondo non volevo essere in nessun posto diverso da quello.
Se le cose fossero andate diversamente, se Patrizia non fosse arrivata prorompente nella mia fragile vita di quel periodo o semplicemente se fosse stata normale, adesso sarei diversa (?)
Non lo so, so solo che mi mancano momenti di felicità, cosciente o meno.
Mi manca il 2019/2020 quando mi sentivo amata da lui e pensavo che niente ci avrebbe separato perché eravamo un solo corpo e una sola anima e ogni volta che lo stringevo a me sentivo non potesse mai scapparmi dalle mani.
Mi manca quando guardavo alle 11:00 di sera a 8 anni Rebelde Way, seduta sul tavolo della cucina, l’episodio 100, quando sconfissero la loggia e non volevo mai che finisse perché sentivo di poter fare davvero qualcosa di bello anche io.
Mi manca quando Catapano entrava e si sedeva con me assicurandomi che tutto il male che mi circondava sarebbe passato, quando mi dava le mani sentivo che non sarebbe mai andato via.
Mi manca quando Martina mi vide tra la folla di 1100 alunni e si rese conto di me e mi chiedeva se potesse abbracciarmi, per paura che rifiutassi il contatto. Sentivo che quell’abbraccio anche se spesso li rifiutavo, potesse aggiustarmi.
Mi manca amare Dio come prima.
Mi manca quell’unità della Chiesa che vidi in quel frammento di secondo.
Mi manca sapere che le cose, le persone e i momenti che amo non se ne andranno.
Mi manca perfino l’abbraccio di Cami nel sogno di ieri notte, perché tanto so, che ogni cosa bella finisce e che mi spezzerà il cuore, basta aprire gli occhi, chiuderli o semplicemente tornare a casa.
Non mi fido più delle persone e della vita.
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anon con la gamba rotta > GRAZIE PER IL RIASSUNTO!! Avevo indeed visto la giacca di pelle e infatti chiedevo proprio per quella tbh... spero che il film esca prima o poi in streaming (o di nuovo in sala, sperando che io non sia sempre azzopata) perché voglio assolutamente recuperarlo. Oddio ora sono curiosissima per il finale, se non ti va di spoilerare in pubblico però lo capisco (al massimo mi de-anonizzo e mando un dm?)
NESSUN PROBLEMA ANON e guarda re: giacca di pelle del signor antonio di martino ti capisco proprio ma proprio tanto, gli sta bene in una maniera da non credersi.
Ti metto il finale spiegato e spoilerato sotto un cut nel caso in cui all'ultimo decidessi di non leggerlo: tieni conto che il film verrà sicuramente ma proprio al 100% portato sulle piattaforme streaming, su sky e prime, visto che entrambi hanno collaborato/sono sponsor del film! Per le tempistiche probabilmente ci vorranno un paio di mesi o poco più.
Comunque qua sotto trovi il finale:
Eh. Il finale.
Si scopre che non c'era nessun libro da scrivere sulle leggende siciliane, era tutta una scusa per convincere Lorenzo a fare un viaggio con Antonio, viaggio nel quale Lorenzo stesso ha dovuto confrontarsi con tre personaggi che gli hanno messo davanti i suoi grandi problemi e traumi della vita (che si possono sintetizzare in: catholic guilt, l'amicizia perduta di antonio con relativa litigata, il rapporto con suo padre) (Lorenzo Urciullo ha proprio detto, userò questo film per fare terapia e voi potrete solo stare a guardare) (King).
Il viaggio in coppia e la terapia d'urto su Lorenzo è parte di un rito di rinascita che Antonio, membro della setta dei semeniti, sta facendo: Lorenzo senza saperlo sta coprendo il ruolo del Testimone, ovvero la persona più cara della vita di chi ha intenzione di compiere il rito e che dovrà poi assistere al compimento dello stesso (LETTERALMENTE ANTONIO DICE ESPLICITAMENTE A LORENZO CHE E' LA PERSONA PIU' IMPORTANTE DELLA SUA VITA, TESTUALI PAROLE ARGHH) .
E arriviamo al rito.
In brevissimo: Antonio diventa un albero.
Viene calato in una buca con in bocca un seme di mandorlo e niente. Muore e al suo posto nascerà un albero.
E' una cosa devastante oltre ogni dire, perchè appena lo scopre lorenzo SI INCAZZA e lo vuole portare via, ma antonio punta i piedi e rimane mentre lorenzo si allontana, poi il giorno dopo, mentre antonio sta per essere calato nella buca, torna lorenzo con in mano il seme del mandorlo (che gli era stato dato il giorno prima in quanto Testimone) e lo dà ad Antonio che se lo mette in bocca, dicendogli una frase tipo "con te ho già sbagliato una volta, questa volta sono qui per te e rispetto le tue scelte" (mooolto parafrasato, non ricordo assolutamente le parole precise ma il sento era questo) (grandi pianti).
Stacco con la scritta "5 anni dopo" e vedIAMO UNA BAMBINA SU UN'ALTALENA APPESA AL RAMO DI UN MANDORLO e Lorenzo che la fa scendere dicendo che lo Zio Antonio (PIANTI GROSSI) ora è stanco di giocare e devono tornare a casa. Ma prima di raggiungere la figlia che lo aspetta in macchina, Lorenzo va dietro al mandorlo, si cala la zip, e fa pipì sul tronco.
Poi sale sulla macchina, che è sempre la stessa con cui ha fatto il viaggio per la Sicilia con antonio (quella arancione del poster, si chiama Lazzaro e mi ci sono affezionata come fosse figlia mia) e parte.
Fine.
E' una cosa che ancora devo io per prima elaborare bene e anzi anon grazie per avermi dato occasione di scriverti il finale perchè davvero forse mi ha aiutato ad elaborarlo. wowie.
Mi auguro tantissimo che tu riesca a vederlo almeno in streaming perchè è un'Esperienza, e grazie ancora per la ask, se vuoi sapere altro mi trovi sempre qui!! i colartino mi riempiono la testa a tempo pieno!!!!
#la primavera della mia vita#spoiler#ma spoiler proprio grossi- fate attenzione#anon guarisci presto <3#film italiani#questo post in realtà è il mio modo di fare coping e terapia#also non ho assolutamente riletto quello che ho scritto spero si capisca che sia coerente e soprattutto che sia vagamente in italiano
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Forse è colpa mia: sarò nata sbagliata, avrò avuto un esempio di vita sbagliato, un'educazione sbagliata, forse la mia famiglia mi ha dato troppo amore o mi ha insegnato valori sbagliati.
Non esiste più l'amicizia, quella sana e genuina. Non esiste la gentilezza, quella che ti scalda il cuore quando ne hai più bisogno. Quella che ti coglie all'improvviso anche da chi meno te lo aspetteresti: che sia l'autista del bus che ti lascia entrare anche se non sei arrivata in orario, la vicina di casa che ti saluta ogni giorno, il signore che ferma il cancello quando entra e tu sei dietro di lui o la signora che ti tiene la porta aperta perché tu sei con le mani piene di buste della spesa.
Non esiste il rispetto, non esiste l'empatia e non esiste l'amore. Non esistono tutti quei valori in cui credo da, praticamente, quando sono nata.
E sapete? Fa davvero male vederli sgretolare ogni giorno proprio davanti a te, iniziando dalle persone che ti sono vicine e passando per le persone da cui meno te lo aspetteresti: che sia l'autista del bus, la vicina di casa, un signore o una signora qualsiasi
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