#schiantato
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PRIMA PAGINA Gazzetta Dello Sport di Oggi giovedì, 03 ottobre 2024
#PrimaPagina#gazzettadellosport quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi anno#euro#gazzetta#dello#sport#tutto#della#vita#ieri#liverpool#lipsia#lilla#bologna#juventus#real#atalanta#gregorio#espulso#crociato#schiantato#show
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Ieri il bambino che seguo ha fatto la prima giornata di tempo pieno a scuola (perché lui ha sempre fatto il tempo pieno all'infanzia, quindi deve farlo anche in primaria): ha lanciato un banco e si è schiantato volontariamente contro un muro.
Vorrei tanto chiedere alle maestre dell'infanzia che lo hanno seguito se devo "ignorarlo" finché non si calma da solo come facevano loro oppure ho la loro autorizzazione a portarlo in una zona della scuola meno stimolante perché possa rilassarsi senza che poi loro - che non hanno idea di cosa succede in primaria - vadano a dire alla mamma che i nostri approcci sono sbagliati.
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Drago, volpe, corvo - cap. I
For @danmei-december, Set Gold, day 2, Lan Xichen (I'm late so what)
If this keeps going beyond the first chapters I'll probably translate it to English.
Titolo: Drago, volpe, corvo - cap. I: caduta
Rating: pg 13ish
Personaggi: Meng Yao, Lan Xichen, Wen assortiti
Genere: AU, fantasy, avventura, animali mitologici. In sostanza mi serviva una scusa per scrivere la mia versione di dragon!chen e fox!yao
Wordcount: 2718
Lan Xichen, un drago celeste in fuga dal Clan Wen, allo stremo delle forze cerca rifugio nella foresta. Meng Yao, che assiste alla sua fuga, decide di aiutarlo.
"Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe."
Con un ringraziamento a @yukidelleran per il confronto e il betaggio!
Capitolo I - caduta
Uno strato di nubi basse offuscava la luce del sole, ancora alto sopra l’orizzonte del grigio cielo invernale. Il vento aveva l’odore asciutto e pungente che precede una nevicata.
Meng Yao si arrampicò su una roccia che sporgeva dal limitare del bosco. Da lì, lo sguardo spaziava sulla valle sottostante e sui tetti già mezzi ricoperti di bianco della cittadina di Yunping. Il cielo a est si era fatto livido e una cortina grigia oscurava l’orizzonte. Presto, avrebbe iniziato a nevicare anche lì.
Chiedendosi se sarebbe riuscito a rientrare a casa prima di venire sorpreso dalla neve, Meng Yao fece per ridiscendere verso il folto degli alberi, quando il vento gli portò un distinto odore di bruciato. Si voltò di scatto - forse veniva dal centro abitato, pensò, ma non vide nulla al di fuori dell’ordinario sopra i tetti di Yunping. Allora, il suo sguardo ansioso spaziò sulla distesa di alberi attorno a lui, senza però notare nulla che potesse allarmarlo ulteriormente, fino a che non lo scorse: un guizzo di fumo, uno sbuffo bianco contro il grigio delle nubi.
Meng Yao aguzzò la vista, ma l’aveva perso. No, eccolo, era ricomparso, era… non era fumo. Si contorceva fuori e dentro le nuvole, e andava facendosi sempre più vicino e più grande. Era inseguito da quelle che sembravano fiamme, fiamme nel cielo…
Meng Yao sentì il pelo rizzarglisi sulla schiena.
Fiamme con le ali - fenici dalle piume scarlatte, avvolte da lingue di fuoco, che guizzavano intorno alla sagoma sinuosa di un drago dei cieli. Il suo corpo era dello stesso colore delle nuvole, ricoperto di scaglie opache che non riflettevano la luce del sole. Pur nella disperazione della sua fuga, il drago fendeva il cielo con eleganza tale che pareva dare forma al vento.
Le fenici lo circondavano e lo ghermivano con becchi e artigli. Di nuovo, l’odore acre di carne bruciata e sangue raggiunse il naso di Meng Yao.
Nonostante la velocità del volo del drago, questo non riusciva mai a distanziare a sufficienza i suoi inseguitori. Cercava di allontanarli con gli artigli, ma tra le zampe anteriori sembrava stringere qualcosa, ed era chiaro che la sua priorità era quella di seminarli. Le fenici - sei, ne contò Meng Yao - però, non demordevano.
Stavano perdendo altitudine e, per un istante, Meng Yao li vide piombare su Yunping, ma il drago si risollevò all’ultimo, riguadagnando quel poco di altezza che gli consentì di non rovinare tra le case, per puntare poi diritto verso il bosco.
Una delle fenici, troppo intraprendente, gli calò sulla fronte e cercò di beccargli gli occhi, ma il drago si liberò di lei con uno schiocco di fauci. Dal cielo iniziarono a piovere cenere e piume scarlatte, che si disfacevano in sbuffi di fumo.
Il drago e i suoi inseguitori sfrecciarono sopra la testa di Meng Yao, facendo stormire i rami degli alberi alle sue spalle e arruffandogli la coda. Qualche istante dopo, si udì lo schianto, la confusione di rami spezzati e lo stridere delle fenici.
La volpe si voltò. Un attimo dopo, sparì nel sottobosco.
❄️❄️❄️
Per un po’, le fenici rimasero a osservare la devastazione provocata dall’impatto, volando in cerchio come uno stormo di avvoltoi. Il drago si era schiantato sulla foresta, lasciando dietro di sé una scia di tronchi divelti, che si assottigliava fino a sparire nel fitto degli alberi. Della bestia, però, non c’era alcuna traccia.
Si appollaiarono sui rami ancora interi di un alto pino, scrutando le ombre al di sotto delle chiome. Ora che non erano avvolte dalle fiamme, il loro piumaggio era di un color mogano scuro, screziato di riflessi dorati. Erano una vista lugubre, con i colli sottili arcuati e le lunghe code che si allungavano tra le sagome dei rami spezzati, scuri contro il cielo sempre più plumbeo.
“Tu, tu e tu,” stridette il capo, indicando col becco i tre sotto di lui. “Setacciate il sottobosco. Quando lo trovate, lanciate un segnale in aria.”
Le tre fenici prescelte calarono a terra. A toccare il suolo, però, non furono i tre uccelli dal piumaggio scarlatto, ma tre uomini dalle lunghe vesti color rosso porpora, con un motivo di soli dorati lungo gli orli. I loro lunghi capelli corvini erano trattenuti sulla nuca da fermagli alti e dorati, appuntiti come lingue di fiamma. Ai loro fianchi pendevano i foderi di spade lunghe, anch’essi decorati d’oro.
Con fare deciso, iniziarono a perlustrare la confusione di corteccia e fronde, muovendosi con attenzione per non rimanere impigliati nei moncherini dei rami che sporgevano ovunque.
“Ancora niente?” La voce risuonò arrogante nel bosco muto, ancora frastornato dallo schianto. L’uomo più massiccio dei tre si guardò attorno con disprezzo. Sarebbe stato praticamente impossibile trovare tracce del drago in quel disastro.
“Qua!” Gli altri due compagni richiamarono la sua attenzione e lui si mosse per raggiungerli, prendendo a male parole le ramaglie del sottobosco che intralciavano i suoi passi e suscitando la reazione irritata degli altri.
“Wen SuZhang, chiudi quel becco! Ci sentirà arrivare.”
Wen SuZhang non badò al richiamo, osservando con una smorfia di derisione il ritrovamento. Era una scaglia perlacea, grande come una mano, insozzata di fango e sangue.
“E se anche fosse? Non andrà tanto lontano, conciato com’è.”
I tre si rimisero a frugare, finché non si imbatterono in un lembo di terra ancora imbiancata di neve intonsa. In bella vista, in mezzo all’erba secca, c’erano delle inconfondibili orme di stivali, imperlate di sangue ancora rosso.
Con un ghigno soddisfatto, Wen SuZhang e gli altri le seguirono a passo svelto, utilizzando la spada per sfalciare le fronde e i rampicanti secchi che gli impedivano l’avanzata.
Dopo poco tempo, raggiunsero un piccolo torrente. I bordi erano ghiacciati ma, al centro, la corrente fuggiva veloce su un fondo di ciottoli scuri. Le orme finivano sulla sponda. Bastò una ricognizione veloce per capire che non riprendevano nelle immediate vicinanze, sulla riva opposta.
“Maledetti i Lan e la loro ossessione con le acque gelide,” ringhiò Wen SuZhang, rifiutandosi di entrare in acqua e bagnarsi i piedi.
Gli altri due, che avevano perlustrato quel tratto di torrente al suo posto, scrollarono le spalle.
“Dovrà uscirne, prima o poi,” commentò uno dei due. “Noi seguiremo la corrente, tu esplora a monte. Il primo che lo trova lanci un segnale.”
Wen SuZhang grugnì un assenso e si voltò dall’altra parte. Se avesse trovato il drago, avrebbe potuto benissimo affrontarlo da solo. Sicuramente anche il fuggitivo avrebbe dovuto mantenere la sua forma umana per continuare a nascondersi nel folto del bosco e, ferito com’era, non aveva dubbi che avrebbe avuto la meglio su di lui.
Riprese le sembianze di fenice, Wen SuZhang spiccò il volo. Sopra il corso del torrente gli alberi si aprivano, lasciando spazio sufficiente alle sue ali. In quella forma, sarebbe stato più efficiente nella perlustrazione e, soprattutto, avrebbe evitato di insudiciarsi ulteriormente le vesti nel sozzume del sottobosco. Fosse stato per lui, avrebbe appiccato fuoco a tutto per dare bella ripulita a quel posto e per stanare il drago, come già avevano fatto una volta.
Volava basso, completamente concentrato a scrutare gli argini del torrente sotto di lui per localizzare le orme del drago - doveva pur uscire da quel rigagnolo presto o tardi! - perciò si avvide solo all’ultimo momento dell’improvviso guizzo nel sottobosco al suo fianco.
Intuì appena, con la coda dell’occhio, la sagoma fulva che gli balzò addosso, mandandolo a schiantarsi contro la sponda ghiacciata del torrente. Sentì una fitta lancinante al collo e il sapore improvviso del sangue che gli riempiva la gola. Istintivamente, avvampò di fiamme, ma non ebbe nemmeno la soddisfazione di sentire un lamento di dolore da parte del nemico, prima che tutto diventasse definitivamente nero.
❄️❄️❄️
Meng Yao soffocò un guaito, ritraendosi dalla fenice avvolta dalle fiamme. Affondò il muso nell’acqua gelida del torrente e si forbì il naso, mentre osservava il fuoco finire l’opera che lui aveva iniziato. Non sapeva se era più sgradevole l’odore del suo stesso pelo appena strinato che gli riempiva le narici o il sapore del sangue del maledetto Wen che aveva ancora sulla lingua.
In ogni caso, era uno di meno, considerò mentre osservava le fiamme spegnersi, tramutandosi lentamente in una pila di ceneri fumanti.
Si davano tante arie, questi Wen, e agivano sempre come se tutto fosse loro, ma anche la loro arroganza, alla fin fine, si riduceva a un mucchietto di polvere.
Le ceneri erano ancora calde quando Meng Yao ci affondò le zampe. Incurante del fastidio, si dedicò a scavare di buona lena, spargendo tutto quello che restava della fenice nel torrente alle sue spalle, lasciando che venisse trascinato via dalla corrente.
Risorgi dal fango, se ci riesci, pensò Meng Yao, calpestando gli ultimi resti nella fanghiglia che si era creata sulla riva, dove il fuoco aveva sciolto il ghiaccio.
Finito il lavoro, la volpe drizzò orecchie e naso, sempre sull’attenti, ma il bosco era tranquillo. Quando aveva lasciato la scia di impronte nella neve, aveva scommesso sul fatto che si sarebbero divisi al torrente. Quanto avrebbero perseverato gli altri due nella loro ricerca a valle, prima di ritornare indietro?
Avrebbero senz’altro notato i segni di colluttazione sulla sponda del torrente, ma, con un po’ di lavoro, Meng Yao poteva trasformare quei segni nelle tracce dell’inseguito che usciva dal torrente. Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe.
❄️❄️❄️
Lan Xichen riaprì gli occhi. Sapeva di aver perso conoscenza per qualche tempo, ma non capiva per quanto a lungo.
La luce si era offuscata, complice il tramonto ormai prossimo e la neve che aveva iniziato a scendere. Sotto di lui, il terreno era duro e gelato. Lentamente, cominciò a muovere le membra intirizzite per alzarsi in piedi, puntellandosi contro la parete rocciosa che gli aveva dato rifugio fino a quel momento.
Come si mosse, venne attraversato da fitte di dolore. Le sue vesti candide erano stracciate in più punti, annerite da bruciature, lerciume e sangue, ma era ancora vivo e, soprattutto, ancora libero.
Non si era allontanato poi tanto dal luogo in cui aveva terminato la sua caduta, era strano che gli Wen non l’avessero ancora trovato. Forse, con il calare della notte, avrebbe avuto una possibilità di allontanarsi e far perdere le sue tracce…
Un fruscio dietro di lui, e Lan Xichen si voltò di scatto in quella direzione, la fedele spada Shuoyue in mano, tutti i muscoli tesi.
Quando si rese conto di chi aveva causato il rumore, però, la sua espressione si ammorbidì. Gli occhi scuri di una volpe lo sbirciavano dal sottobosco, le orecchie ritte sopra il muso fulvo.
“Vai via, piccolo amico,” disse, con voce rauca ma gentile. “Non è posto per te.”
La volpe sembrò capire, perché abbassò le orecchie ai lati della testa e scomparve.
L’istante dopo, dall’altra parte, provenne un improvviso tramestio di foglie, e due voci maschili spezzarono il silenzio della nevicata.
“Maledizione a questa neve, finirà col coprire tutte le tracce. Quei due faranno meglio a trovarli in fretta, sia il drago che Wen SuZhang.”
“Quel SuZhang fa sempre di testa sua.”
“Meglio che mi porti la testa del Lan, o sarà la sua a cadere.”
Lan Xichen si appiattì contro la parete. A giudicare dai rumori, i due Wen stavano venendo proprio verso di lui, forse attirati dal riparo offerto dalla roccia.
Lan Xichen fu loro addosso prima che potessero rendersi conto della sua presenza.
La lama di Shuoyue balenò e si conficcò nel petto del primo Wen, che cadde riverso con un rantolo soffocato. Prima che Lan Xichen potesse ritrarla per affrontare il secondo, però, questo lo attaccò con furia.
Per un soffio, Shuoyue sviò l’affondo del nemico, ma Lan Xichen subì il contraccolpo, barcollando all’indietro. Solo l’impatto con la parete di roccia alle sue spalle gli impedì di cadere ma, ora, non aveva più spazio di manovra. Fece appena in tempo a rendersene conto che si ritrovò la punta della lama del guerriero Wen a un soffio dalla gola.
“Dimmi dove hai nascosto quello che hai rubato, e ti concederò una morte rapida,” gli ringhiò quello in faccia.
Lan Xichen deglutì, fissando di rimando il nemico da sotto le ciocche di capelli che gli si erano incollati al volto. Poteva prendersi la sua vita, ma non quello che aveva portato in salvo da Gusu.
“Non posso rubare ciò che già appartiene al mio clan.”
“Quello che ancora non avete capito,” sibilò l’altro, premendo la lama contro la gola di Lan Xichen, che avvertì distintamente il metallo graffiargli la pelle, “è che se gli Wen decidono che qualcosa è di loro proprietà, questa lo diventa.”
“Dovrai impegnarti a cercarla, allora,” rispose Xichen, gelido come la nevicata.
Il viso del guerriero Wen si contrasse in una smorfia di rabbia. L'istante dopo, i suoi occhi si dilatarono improvvisamente.
Lan Xichen sentì il rumore soffice di una lama che affondava nella carne e l’odore del sangue che sgorgava, accompagnato da un rantolo e da un’improvvisa sensazione di bagnato sulle vesti. Solo quando il guerriero Wen si afflosciò di fronte a lui, si rese conto che non era stata la sua gola ad essere tagliata.
Al posto del suo nemico comparve un ragazzo snello, di bassa statura, avvolto in una veste color sabbia. Il nuovo venuto osservò il guerriero rantolare qualche istante ancora e poi rimanere immobile ai suoi piedi. Allora sollevò gli occhi su Lan Xichen e si produsse in un profondo inchino, le mani che ancora stringevano il pugnale sanguinante unite di fronte a sé.
“Vi chiedo umilmente perdono per avervi sporcato le vesti con il sangue del vostro nemico.”
Lan Xichen sbatté le palpebre, colto alla sprovvista. Istintivamente, allungò una mano per sfiorare il gomito del giovane e bloccarlo.
“Come potrei fartene una colpa?” Lan Xichen lanciò un’occhiata ai suoi vestiti, ora quasi completamente scarlatti. “Se non fosse stato per te, sarei ricoperto nel mio, di sangue.”
Rialzando lo sguardo, incontrò quello del suo salvatore. Aveva due grandi occhi neri, che lo scrutavano intenti. Si rese conto di aver già visto quello sguardo, ma mentre cercava di capire dove, venne colto da un giramento di testa.
Fu l’altro, ora, ad afferrarlo per i gomiti per non fargli perdere l’equilibrio e guidarlo mentre appoggiava la schiena alla parete.
“E’ tutto a posto, devo solo recuperare le forze,” ma la sua voce risuonò debole alle sue stesse orecchie.
Il ragazzo si voltò a guardare il bosco attorno a loro, e Lan Xichen ebbe l’impressione che fiutasse il vento.
“Con tutto il rispetto, penso che dovremmo andare via da qui al più presto,” disse, tornando a rivolgersi al drago con il capo chino ma con una certa urgenza della voce. “Se vorrete seguirmi, conosco un posto sicuro; non è lontano.”
Lan Xichen annuì, rendendosi conto di stare usando Shuoyue per puntellarsi e rimanere in equilibrio. Un’improvvisa debolezza gli aveva pervaso tutto il corpo e gli rendeva difficile anche soltanto tenere gli occhi aperti.
“Dovremmo prima liberarci di questi due corpi. Sarebbe saggio bruciarli, ma il fumo e il fuoco attirerebbero l’attenzione degli Wen rimasti. Li nasconderò, se avrete la pazienza di attendermi. La neve coprirà le nostre impronte,” stava dicendo il suo salvatore, e Lan Xichen lo sentiva affaccendarsi là attorno, impegnato a rovistare nei cespugli, forse per trovare un nascondiglio consono.
Quando l’altro giovane gli passò davanti per andare a prendere uno dei due corpi, Xichen si allungò per sfiorargli una manica e richiamare la sua attenzione.
“Ascoltami, c’è… c’è una cosa…” ma le parole gli vennero meno tra le labbra. Ebbe appena la consapevolezza di un braccio che gli circondava la vita, prima di ripiombare nell’incoscienza.
❄️❄️❄️
Lan Xichen si risvegliò qualche tempo dopo, avvolto dal buio e dal tepore.
Nonostante non riuscisse a vedere nulla, ebbe la netta impressione di trovarsi in un posto molto angusto. La sensazione, però, non era spiacevole, anzi, gli dava un senso di sicurezza.
Su di sé sentiva il peso confortante delle coperte e avvertiva distintamente qualcosa di caldo premuto contro il suo fianco. Allungò una mano, con cautela - tutti i suoi sensi erano offuscati dal dolore e dalla stanchezza - fino a che le sue dita non sfiorarono una folta pelliccia. Ne seguirono il contorno tracciando un cerchio, indovinando il contorno aguzzo di un paio di orecchie abbassate.La volpe del bosco, pensò Lan Xichen nel dormiveglia. Rasserenato da quella conclusione, si riaddormentò, cullato dal buio e dal tepore.
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Gli europei si stanno ribellando contro Net Zero
Negli ultimi dieci anni circa, i politici tradizionali di tutta Europa hanno smesso di promettere di migliorare il tenore di vita dei loro elettori.
Invece, si sono vantati dei loro piani per limitarlo.
Hanno esaltato le virtù di un costo della vita più elevato, della deindustrializzazione e delle restrizioni alle libertà personali.
E si aspettavano che la maggior parte delle persone non se ne sarebbe preoccupata o forse addirittura se ne sarebbe accorta, perché tutto ciò doveva essere fatto in nome del "salvataggio del pianeta" dal cambiamento climatico.
Ma nel 2023, quel consenso dell’élite verde si è schiantato sulla Terra.
La crescente rabbia pubblica nei confronti di Net Zero ha iniziato a scuotere un'élite politica compiacente. In effetti, l’opposizione al greenismo è oggi uno dei principali motori del populismo europeo.
Ha portato la gente in strada, con le proteste degli agricoltori nei Paesi Bassi e Irlanda e, più recentemente, Germania. E ha ispirato una serie di rivolte alle urne.
A novembre, Geert Wilders, attaccabrighe dell'estrema destra e scettico sul clima, ha ottenuto una vittoria elettorale shock, sconfiggendo il suo rivale più vicino, Frans Timmermans, l'architetto e il volto delle politiche climatiche dell'UE.
In Germania, una disputa sulle pompe di calore ha recentemente minacciato di far cadere il governo, di cui il Partito dei Verdi è uno dei partner minori della coalizione.
La “legge sul riscaldamento” proposta dalla Germania avrebbe vietato l’installazione di nuove caldaie a gasolio e gas.
Inoltre, questo costo doveva essere imposto a una nazione che si sta già riprendendo da una grave crisi energetica, dove le bollette delle famiglie sono tra le più alte d'Europa e dove industrie critiche stanno chiudendo a causa degli esorbitanti costi energetici.
Più o meno nello stesso periodo, dall'altra parte della Manica, il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto una "pausa" nelle nuove norme ambientali.
Aveva già imparato a sue spese che il pubblico non sopporterà politiche ambientali rigorose.
Nel 2018 e nel 2019, un'eco-tassa sul carburante ha scatenato proteste gilets jaunes durate un anno la ribellione pubblica più significativa avvenuta in Francia dal maggio ’68.
La classe politica deve riconoscere che gli elettori non vogliono pagare bollette energetiche più alte, pagare una cifra esorbitante per l’uso della propria auto o installare pompe di calore costose e inaffidabili invece delle affidabili caldaie a gas.
Come hanno dimostrato le rivolte dello scorso anno, nessun discorso sul “salvare il pianeta” potrà cambiare la situazione. L’opinione pubblica non si lascerà ingannare dai tentativi di etichettare l’austerità come “verde”.
Nel 2024, abbiamo bisogno di una nuova politica che metta gli standard di vita delle persone al centro. L’abbandono di Net Zero sarebbe il punto di partenza perfetto.
(da un art. di Fraser Myers – Spiked)
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Un mio amico Dom stanotte ha tentato di morire, si è schiantato con la macchina..
ieri lo avevo fatto entrare nel mio server privato, ma lui voleva me, e io gli ho detto che ho giá un Padrone,....2 anni fa lui aveva fatto lo stronzo e avevo litigato con lui...
Che cavolo ne sapevo cosa provava per me...
Ora gli ho scritto e mandato vocal e non so se sia in ospedale, se sia in rianimazione, non riesco a capire perchè....perchè...
Morire per colpa mia è assurdo!!!
Poteva dirmelo che provava ancora qualcosa per me, poteva dirmelo cazzo!!!
mi hanno detto cbe ha distrutto la macchina, ... Che non hanno notizie certe...
Mi sento davvero in colpa...come potevo sapere che avrebbe fatto un tale gesto?
Se solo gli avessi detto ok, sí, vediamoci...😭😭😭😭
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“ Il vento è la principale avversità contro la quale devono combattere gli alberi, almeno in Europa. Oltre il 50% dei danni subìti dai boschi europei è dovuto al vento. Non sono gli incendi (16% dei danni) o i patogeni e gli insetti a minacciare i nostri boschi, ma il semplice vento. Dal 1950 a oggi, i danni da vento in Europa sono in continuo aumento: dal 1970 al 2010 gli alberi persi sono raddoppiati, passando da circa 50 milioni a 100 milioni di metri cubi. Si tratta di un enorme numero di alberi che cadendo a terra, oltre a cambiare radicalmente l’ecosistema, la stabilità e il paesaggio, riducono del 30% la capacità di fissazione della CO₂ nelle zone colpite. E la quantità di CO₂ nell’atmosfera è la causa prima del riscaldamento globale che, a sua volta, è una delle ragioni per cui assistiamo all’aumento della frequenza e della intensità di questi eventi. Tra il 28 e il 30 ottobre 2018, una tempesta di vento e pioggia investì ampie zone delle Alpi orientali con venti di velocità anche superiore ai 200 chilometri orari. Un numero spaventoso di alberi venne schiantato e decine di migliaia di ettari di bosco scomparvero. Una catastrofe naturalistica le cui conseguenze sono andate molto oltre i danni diretti sui boschi, innescando una serie di circostanze che nessuno avrebbe potuto prevedere. Fra queste, la più infausta di tutte, per me, è stato il danneggiamento del bosco di abeti rossi dal cui legno, da secoli, si ricavano le tavole armoniche dei grandi strumenti musicali. Cause ed effetti: a causa della CO₂ dispersa nell’atmosfera la temperatura del pianeta sale, i fenomeni atmosferici diventano violenti e le tempeste di vento distruggono gli alberi con cui si fanno i grandi violini, da sempre. “
Stefano Mancuso, La pianta del mondo, Laterza (collana i Robinson / Letture), 2022⁷; pp. 89-90.
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75 anni fa la scomparsa del Grande Torino
Poco dopo le ore 17.00 del 4 maggio 1949 l'aereo che riportava a casa la squadra di calcio del Torino, reduce da una partita amichevole giocata a Lisbona, andò a schiantarsi contro il muraglione che sostiene la Basilica di Superga.
A causa della fitta nebbia che gravava sulla zona (la visibilità era di 40 metri) ed il probabile malfunzionamento dell'altimetro, al momento di allinearsi con la pista di atterraggio l'aereo era venuto a trovarsi su una traiettoria e ad una quota diversa da quella che avrebbe dovuto tenere.
Tutte e 31 le persone a bordo morirono nello schianto.
I 4 membri dell’equipaggio, i 3 giornalisti che avevano seguito la squadra per commentare la partita, 6 tra dirigenti e tecnici, l’intera prima squadra e sette riserve.
Quella che da molti è ritenuta una delle più forti squadre di calcio italiane di sempre, entrata nella storia del calcio come Grande Torino, non c’era più.
Di seguito le prime pagine dei giornali dell'epoca che mio papà ha conservato.
Mi raccontò papà (all'epoca aveva 22 anni) che quando cominciò a circolare la notizia che un'aereo si era schiantato contro la collina di Superga e che si diceva che a bordo ci fosse la squadra di calcio del Torino, la gente era sbigottita, non poteva credere ad una simile eventualità.
Il telefono non era così diffuso nelle case e mio padre disse che assieme a degli amici andò a cercarne uno che trovò (credo) in un bar, e da lì chiamarono la sede del Torino calcio.
Alla loro domanda: "Allora?", la risposta fu: "Tutti."
E la comunicazione venne interrotta.
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Venerdì sera un amico di Rebecca ha fatto un incidente in bici. Era con la fidanzata, un auto ha aperto la portiera e lui ci si è schiantato contro rompendosi la trachea. È in coma farmacologico, rimarrà probabilmente un vegetale a vita. Ed io non riesco a farmene una ragione. Non so cosa dire né cosa pensare, tantomeno cosa fare per consolare Rebecca, ho negato a me stessa fino a ieri sera, ho passato due notti insonni con un mal di pancia incredibile - quel mal di pancia. Ho minimizzato la cosa, mi sono sentita una stronza insensibile perché non me ne fregava niente, e anzi quello che è successo era solo un peso tra me e lei e il nostro tempo insieme. Poi non ce l’ho più fatta, sono scoppiata. Io non ci posso credere che succedano ancora queste cose. Più di 10 minuti in arresto cardiaco. I soccorsi che non arrivano. Gli ospedali che non possono prenderlo. La fidanzata che lo vede collassare senza riuscire più a respirare. Rebecca che piange, che lavora 18 ore al giorno fino a non riuscire più e passa il restante tempo in ospedale. Io non dormo, non faccio più niente, mangio di tutto. Vorrei solo fosse un incubo, vorrei prendermi tutto il dolore e le ingiustizie del mondo e implodere senza fare rumore. Due settimane fa stavamo mangiando la pizza insieme. Non riesco a godermi niente
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PRIMA PAGINA Tutto Sport di Oggi lunedì, 09 settembre 2024
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Falling Man fu scattata da Richard Drew, lo stesso fotografo che nel 1968 immortalò Bob Kennedy un attimo dopo che gli avevano sparato alla testa. Nella stessa circostanza immortalò pure la moglie Hethel che implorava i fotografi di non fare fotografie. All’epoca Drew era un ragazzino di ventun anni. Ne avrebbe avuti più di cinquanta quando, tre decenni dopo, la storia irruppe un’altra volta nella sua vita. Una fortuna che ti può capitare se fai il giornalista. La mattina dell’11 settembre Richard Drew si trovava a New York per fotografare una sfilata di abiti premaman. Il suo editor lo chiamò sul cellulare per dirgli di schizzare all’istante al World Trade Center. Un 747 si era appena schiantato contro una delle due torri. Giunto sul posto vide che gli aerei impazziti erano due, come le torri. In un batter d’occhio, era passato dai corpi di giovani donne incinte ai corpi di sventurati che si spiaccicavano al suolo dopo un volo di cento piani. Dalla vita alla morte, così. E che morte. Drew si mise comunque al lavoro. Era lì per quello, del resto. Le persone che fanno il suo mestiere non perdono tempo a pensare. Per loro una foto non è che un rettangolo da riempire in una frazione di secondo. Più importante dell’autore dell’immagine, però, è la sua natura. La gente che vide la foto sui giornali e si indignò non poteva sapere chi l’aveva scattata e perché si trovasse a Manhattan quel giorno. Solo col tempo alcuni sono giunti ad apprezzare l’inquietante simbolismo delle coincidenze messe insieme dal destino. Sul momento, la gente vide soltanto un’immagine. O per meglio dire: qualcosa che sembrava soltanto un’immagine. Perché quella scattata da Drew non era una semplice foto. C’era la brutale tragicità del soggetto. Ma c’era anche il fatto che è una foto di surreale bellezza. Falling Man non sembra il ritratto di una persona che, in preda a panico e disperazione, si lancia incontro alla morte. L’uomo precipita con l’elegante compostezza di un tuffatore olimpionico. Il corpo è in posizione verticale, in perfetto asse con la struttura di acciaio alle sue spalle che luccica al sole del mattino. Procede a testa in giù. Le braccia non sono protese in avanti nell’istintivo quanto inutile tentativo di proteggersi. E neppure si agitano. Sono distese e attaccate ai fianchi come se all’ignoto saltatore interessi soltanto favorire l’azione della forza di gravità. Sembra la posizione di un uomo che ha grande dimestichezza col vuoto. Si direbbe che costui non faccia altro da una vita: saltare dai grattacieli.
Ma è una coincidenza anche questa. Le immagini mentono. La frazione di secondo con cui Richard Drew ha riempito il rettangolo della foto non è la verità. Un attimo dopo avrebbe colto l’uomo nella stessa posa scomposta e disperata degli altri saltatori. Nondimeno l’immagine è lì, con la sua surreale bellezza. Ovviamente, la maggioranza di coloro che videro la foto sui giornali e si indignarono non ragionò affatto sulla sua qualità estetica. La bellezza è però dotata di poteri subliminali, riesce a farsi coglierne anche da chi – a cominciare dalla massa indistinta della gente – sembra sprovvisto del senso del bello. Pur senza esserne consapevoli, molti fra coloro che inviarono lettere di protesta ai giornali si sentirono oltremodo offesi proprio dalla minimalista eleganza della foto. Non ci si era limitati a mostrare il vuoto innominabile della morte, si era arrivati al punto assai più oltraggioso di mostrarlo come qualcosa di bello. Nel romanzo di DeLillo c’è l’11 settembre e c’è un Falling Man. «Un uomo penzolava, sopra la strada, a testa in giù. Era vestito come un uomo d’affari. Aveva un gamba piegata e le braccia distese lungo i fianchi». Non è pero lo stesso saltatore della foto. L’uomo indossa un’imbracatura di sicurezza che lo tiene sospeso nel vuoto. È un uomo che finge di cadere. Questo Falling Man è un artista che dopo l’attentato si cimenta nella provocatoria performance di mimare la foto di Richard Drew. Nelle strade la gente si infuria come si è infuriata per la foto. «Il traffico era quasi bloccato adesso. C’era gente che inveiva contro lui, indignata dallo spettacolo, una burattinata della disperazione umana». L’arte contemporanea fa spesso la sua parossistica figura nei romanzi di DeLillo
L'uomo che cade
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Per 40 giorni hanno vagato tra pericoli e minacce incombenti ma sono sopravvissuti procurandosi cibo e acqua autonomamente fino a quando venerdì scorso le autorità colombiane hanno annunciato finalmente il loro salvataggio
I piccoli Lesly, 13 anni, Soleiny, 9 anni, Tien Noriel, 4 anni, e la piccola del gruppo Cristin, di solo un anno, stavano viaggiando su un piccolo aereo con la loro madre quando il velivolo si è schiantato nel bel mezzo della giungla amazzonica, uccidendo tutti gli altri a bordo e lasciandoli da soli
Una conoscenza e una preparazione a cui erano stati abituati dalla famiglia come hanno raccontato i parenti ai media locali. Secondo i familiari i piccoli spesso giocavano a creare piccoli campi e fin dalla tenera età sono stati istruiti su come procurassi cibo e altro nella foresta.
Continua su: https://www.fanpage.it/esteri/la-prova-di-sopravvivenza-dei-4-bimbi-rimasti-per-40-giorni-nella-giungla-rimarra-nella-storia/
https://www.fanpage.it/
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"Tua mamma diceva sempre che lei era un aquilone e io ero il filo, che lei era una creatura delle nuvole e io della terra. Diceva che senza di me avrebbe perso il legame e sarebbe volata via, e che senza di lei io mi sarei schiantato e sarei caduto a terra."
The Haunting of Hill House, Mike Flanagan (2018)
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Il razzo si è schiantato contro la cupola sopra la Terra❗
Un team indipendente di persone ha deciso di lanciare nello spazio il proprio razzo dotato di telecamere, ma qualcosa è andato storto... Ad un'altitudine decente, il razzo ha colpito improvvisamente la cupola❗
riflettiamo.... Alla fine siamo veramente sotto una cupola? 🤔
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F E N O M E N O Sinner
Ha solamente schiantato il 10 volte campione degli AO Djokovic che ha dominato ininterrottamente dal 2019 al 2023 (a parte il 2022 dove non aveva potuto giocare perché espulso dall'Australia)
2024 un super Jannik lo asfalta 🇮🇹
F I N A L E ( a domenica)
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L'omino seduto sul ramo cominciò a tagliarlo.
Ma si trovò col culo per terra e il ramo schiantato in testa.
Succede a Frattamaggiore da tempo immemorabile.
Si continuano a tagliare alberi e ad aggiungere cemento al cemento. Come se non ci fosse un domani. Come se i nostri 5 chilometri quadrati di territorio tendessero all'infinito.
A dimensione diverse, succede un po' dappertutto, fino alla consumazione di tutto quello che si può consumare.
aitanblog.wordpress.com/2022/07/06/a-rischio-destinzione/
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Mi sono di nuovo arrabbiato con Dio
Giù in ginocchio tirando le mani al cielo
HO SEGUITO QUELLO CHE HAI DETTO L'HO FATTO LO GIURO LO GIURO LO GIURO
silenzio in questa strada
Le mie lacrime sembrano di piombo ma non sento rumore quando cadono
Questo asfalto tiene morbosamente il calore del giorno come il ricordo di un amante perduto
e mentre mi ci sdraio ricorda il calore umano
Come un letto lasciato caldo
Sempre quella sensazione di riempire un buco
Di sdraiarmi sempre sull'ombra di un corpo
Terrò la mano aperta aspettando delle dita da stringere
Ormai la conosco a memoria questa strada
Questo solco
Sulla mia mano mentre la guardo troppo a lungo
Come un cartomante, cerco di decifrarla
Frasi occulte, destini scritti, traiettorie già tracciate
Magari questa mia vita è una linea che punta a qualcosa
Come le linee sul mio palmo si scagliano con decisione
Magari è tutto già selciato
Ed è già stato letto sui palmi di chissà quanti altri prima di me
A catechismo spesso mi dicevano che Dio ha scelto per noi la strada
Che tutto il dolore è pianificato
Quando ho imparato a leggere i tarocchi tutti mi dicevano che l'universo ci guida verso le nostre scelte
Che noi siamo in balia di esso
MA IO VOGLIO SAPERE PERCHÉ DEVO SAPERE PERCHÉ
pensi che Dio o l'universo ti sentano adesso?
HO FATTO QUELLO CHE DOVEVO, SONO SEMPRE STATO MORBIDO OBBEDIENTE ADDOMESTICATO ALLA SPERANZA
PERCHÉ PERCHÉ MI RITROVO SU QUESTO ASFALTO SCHIANTATO COME UN METEORITE?
PERCHÉ UN IMPATTO COSÌ BRUTALE PER UNA PERSONA COME ME?
il vento ha smesso di soffiare
Voglio far arrossire Dio voglio farlo tirare indietro
Voglio che il cielo si rivolti contro il suo stesso creatore guardandomi su questo asfalto
voglio che la luna vada a spegnere il Sole
C'È SPAZIO PER I MIEI DESIDERI NEI TUOI PIANI?
C'È SPAZIO PER I MIEI DUBBI?
C'È SPAZIO PER LA MIA GIUSTIZIA?
c'è spazio per me in un letto
dove posso avere la certezza che quando aprirò gli occhi
non sarò di nuovo davanti all'incavo di una persona
a metà tra il mito e la menzogna?
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