#scarpe da corsa
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Tutto quello che devi sapere sul "Drop" delle Scarpe da Corsa
L'Importanza Cruciale dell'Idratazione nella Corsa
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Dovete sapere una cosa che forse vi farà sorridere.
Circa tre settimane fa ho comprato delle scarpe nuove per la corsa, per la nuova stagione di allenamenti. Quel giorno, tornato a casa fresco di acquisto, ho pensato bene di fare tutto subito, buttando quelle vecchie. Ho quindi buttato le scarpe da ginnastica vecchie più vicine a me in quel momento, mettendo al loro posto il paio nuovo.
Qualche giorno fa ci ho pensato su, perché non vedevo le scarpe nuove in giro per casa. Nel momento stesso in cui mi sono ricordato dove avevo messo il nuovo paio ho scoperto di aver buttato un paio di scarpe buone. 👌 Non erano bucate, non erano consumate. Mentre le scarpe per la corsa vecchie, bucate e consumate, sono ancora in casa. 🥲
Stamattina ne ho comprato un altro paio. Ora vediamo che faccio quando torno a casa. Tra l'altro il paio che ho comprato e quello vecchio sono uguali, stesso modello. Controllerò 4 volte.
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Era da un po' che avevo in mente di scrivere qualcosa, ma non l'avevo ancora fatto ed adesso sento che è arrivato il momento. Ho sempre amato scrivere, ma farlo in un posto dove forse qualcuno leggerà i miei pensieri mi ha sempre frenato un po'. Argh! il giudizio degli altri, il mettersi a nudo davanti a qualcun altro, l'essere giudicati, sono sempre state cose che mi hanno in qualche modo fatto desistere in molte cose. Mi sono sempre vergognato di voler mostrare quello che mi piace e molte cose sono sicuro che non le ho mai portate a termine, forse non le ho proprio mai iniziate, per colpa di questa sensazione di inadeguatezza che mi accompagna da tanto, forse troppo tempo. Oggi se scrivo queste cose, sono sicuro che è per merito della corsa. Non sono tra quelli che pensa che allacciarsi un paio di scarpe e uscire a correre sia un atto rivoluzionario che salverà il mondo, NO! In qualche modo però, per me, in questi tre anni e mezzo dove quasi ogni giorno metto su un paio di shorts e mi butto a correre in strada o sui sentieri, mi ha aiutato tanto a farmi tornare in quel mondo dove qualcosa forse si era rotto riuscendo piano piano a ricucire quello strappo. Se faccio due conti sono passati esattamente venti anni dalla mia ultima partita di basket. La ricordo come fosse ieri. Ero bravino, sempre nel primo quintetto, il play della squadra, mi allenavo tanto sia con quelli della mia età che con i più grandi, 3/4 ore al giorno, e non mi stancavo mai. Poi all'improvviso ho cominciato a soffrire la competizione, avevo paura di sbagliare i canestri facili. Ricordo che non prendevo i contropiedi, anche se me li sentivo nelle gambe, per paura di ritrovarmi da solo sotto il canestro e sbagliare. Piano piano questa cosa mi ha distrutto. Non ne ho mai parlato con nessuno e l'epilogo è stato quello di lasciare il basket e non fare più sport per quasi tutti i successivi venti anni.
Non so che cosa fosse successo o quale fosse stato l'evento scatenante, ma comunque sono contento adesso di poter tirare fuori questa cosa e per questo ringrazio la corsa. Si, perchè correre da solo per i boschi, scavare dentro in piena crisi, essere confortati dal proprio respiro in piena notte, vedere sorgere l'alba per incastrare l'ennesimo allenamento bruciagambe, mi ha fatto conoscere meglio me stesso o comunque quella parte di me che forse aveva bisogno di essere confortata.
Sicuramente è solo una mia suggestione, me la faccio andar bene comunque e anzi gliene sono grato.
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“ Abito in una piccola città del Sud: per questo dimentico gli ombrelli. Li dimenticavo anzi, perché ora non li uso più. Nelle città del Sud non piove spesso, e ci sono periodi in cui si può dire: quasi mai; così manca una certa dimestichezza con ombrelli, copricapo, impermeabili. Basta guardarsi intorno quando piove: ci vedi correre da un riparo all’altro con il giornale o la borsa sulla testa incavata nel collo intanto che da un portico puntiamo veloci verso un portone. Per molti di noi, da anni quella è l’unica occasione per provare ancora l’ebbrezza di correre. Si vede dai movimenti impacciati e dal respiro subito affannato. Alcuni hanno scarpe con i tacchi o mocassini dalla suola liscia, e fanno passi brevi e veloci in punta di piedi poggiando tutto il peso lì dove è impresso il numero delle scarpe o la sigla «vero cuoio»; e pure scivolano, scivolano appena e si sostengono con movimenti a scatto e con impaccio a un muro o al tetto di un’auto in sosta, graffiandosi le mani. Serrano le mascelle e sentono un piccolo colpo allo stomaco. Se fossi caduto, pensano. E si guardano intorno per vedere se qualcuno ha notato quel cedimento. Sperano nessuno. Poi ripartono. Stanno più attenti, puntano i piedi, alternano corsa e saltelli e rovinano per sempre le scarpe quando le immergono in pozzanghere non più evitabili. Altri, li vedi fermi al riparo e lasciano passare dieci minuti e poi altri dieci e dieci ancora, non sanno cosa fare, non sanno se aspettare che spiova un po’ o provarci ora che non è così brutto - dopo potrebbe venire giù peggio. Si preparano a ripartire, si dicono: ora!, studiano con cura le tappe da fare, cercano intorno sguardi complici, qualcun altro che vada, e se qualcuno va lo invidiano, si dicono: allora vado anch’io, ora!, ora!, poi però non lo fanno, restano, aspettano ancora un po’, magari spiove. Altri dieci minuti; poi dieci ancora, e intanto pensano: dovevo andare anch’io prima, a quest’ora sarei già a casa. Poi alla fine vanno, scegliendo il momento peggiore, la pioggia li bombarda con gocce asfissianti, vorrebbero gridare ma non lo fanno, o meglio lo fanno ma senza emettere suoni. Quelli che abitano nelle città del Sud, si sorprendono quando piove. Non hanno dimestichezza, insomma. Ammetto che tra non avere dimestichezza con gli ombrelli e dimenticarli puntualmente ne passa. Ma non è che potessi farci molto. Quando si dimentica qualcosa, si dimentica pure che non bisognerebbe dimenticarla. Ma questo a mia madre non riuscivo a farlo capire. “
Francesco Piccolo, Storie di primogeniti e figli unici, Feltrinelli (collana Universale Economica n° 1483), 1998; pp. 77-78.
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mi manca mettere le scarpe da corsa e buttarmi in pista per ore
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Scorci mogliesi
(nostalgie del luogo dove sono cresciuto)
A Moglia di Sermide, fissata all'altezza dei piedi nel muro vicino all'entrata, c'era una staffa di ferro che serviva a grattare le suole degli stivali, ricordo dei tempi in cui le strade non erano asfaltate e tornando dai campi si portava in casa la terra grassa e motosa, oppure tornando da una battuta di caccia al fagiano (o alla lepre). Questo prima che la casa fosse ristrutturata secondo i canoni della modernità e il portone di legno fosse sostituito da un più razionale serramento in alluminio. La terra dei campi, dalle nostre parti, aveva consistenza d'argilla, cedeva sotto le suole come sabbia mobile, e non si poteva sostare troppo a lungo in un punto senza sprofondare fino alle caviglie. Seccata, cambiava colore dal nero al grigio, brizzolava, e penetrava nei solchi delle suole indurendo come cemento, sgretolandosi poi a poco a poco e rilasciando a tradimento una specie di farina sulle mattonelle scure, da farci impazzire le donne che dovevano prendere la scopa. Una soluzione sarebbe stata di togliersi gli stivali prima di entrare in casa, ma certe cose l'uomo di quei tempi ancora non le concepiva, sarebbe stato un gesto poco virile (un uomo, che si toglie le scarpe, e magari si mette anche le pattine...). L'arrivo della modernità decretò la fine di questo uso campagnolo e al posto della staffa il geometra vide bene di far correre lungo tutto il perimetro della casa uno zoccolo di marmo screziato, lontano parente del bugnato di palazzo Medici, Firenze, a solo scopo decorativo. Lungo la casa correva anche un marciapiede, cemento finissimo su cui lasciai a più riprese larghe porzioni di ginocchia che si sgrattavano per il lungo come tocchi di parmigiano, facendo fiorire sulle rotule dei grandi ovali rossi sui quali nonna agiva prontamente con l'alcool denaturato. Da bambino inciampavo spesso e volentieri, senza motivo, come se uno spiritello fosse sempre lì a farmi lo sgambetto, e così col tempo imparai ad andare al trotto come un lipizzano, moderando l'entusiasmo della corsa a briglia sciolta. La cementificazione era ritenuta un segno del progresso, se non altro teneva pulito, sporcava piuttosto la terra e tutte le cose che ci crescevano dentro; quando pioveva, poi, era un disastro, e dalla terra riemergeva l'antica vocazione di palude (Moglia di Sermide, la "Moia", cioè bagnata). Calavano certe fumane, certi nebbioni, da non vederci le punte dei nasi, ricordo una notte rischiarata da un lampione che diffondeva la sua luce lattiginosa da qualche punto ipotetico nello spazio, tutt'attorno un indistinto chiarore, come una vista appannata, tentando di localizzare il nonno a voce, come i pipistrelli nella notte. Nonno aveva montato degli speciali fendinebbia sull'Alfasud, poi passati all'Alfa 33 (quadrifoglio oro, molto elegante), dei fendinebbia gialli che se non altro illuminavano la nebbia di un colore diverso, più allegro. L'umidità era un gran problema, saliva su per i muri, si insinuava in camera da letto dove i preti riscaldavano le lenzuola (il prete inteso come scaldino elettrico, anticamente a brace), altrimenti sempre fredde e umidicce. E gli orinali messi sotto ai letti per la notte e un film di Jerry Lewis alla televisione.
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Aggiornamenti prima dell'autunno
Solito ricapitolone prima dell'autunno. Questa notte ha piovuto, il sentiero che attraversa il bosco per andare al lago inizia ad avere foglie per terra e di tanto in tanto una nuvola copre la cima del Calisberg. Prima ho guardato i prezzi delle scarpe da strada e ho pensato che dovrei dare una pulita alle chiodate. Ho voglia di fare un po' di campestri.
Per quanto riguarda la corsa è stato un anno davvero fantastico. Ho iniziato a fare delle campestri l'inverno scorso e sento che mi hanno dato una grande base che mi sono portato dietro per tutta la primavera. Sciacche è andata benino ma avrei potuto gestirla meglio, RunFrogRun è stato un disastro ma mi sono divertito un sacco e spero che l'anno prossimo riusciremo a organizzare qualcosa di ancora più figo coi ragazzi. Sono riuscito a tenere volumi alti tutta la primavera infilando lunghi molto belli e in compagnia, Trento-Bolzano è stato sicuramente l'allenamento più duro della mia vita ma sono grato a Roby per averlo condiviso. Con l'annullamento del Passatore io Roby e Michi, che dovevamo correrlo tutti e tre, abbiamo ripiegato sull'FKT del San Vili che è stato super figo. Dopo uno scarico a giugno ho iniziato con la montagna: tanti lunghi lenti, più dislivello, l'FKT dell'Alta Via del Granito col Michi, altra bella esperienza. Ho scaricato ancora a metà luglio per una settimana e poi ho fatto tre settimane di carico per Leadville. Sento di essermi allenato davvero bene in quel blocco e mi sentivo molto concentrato: Leadville è andata super bene e meglio di qualunque aspettativa, ed è stato figo condividere qualche chilometro con il mio pacer Lapo.
Quest'estate ho cambiato casa e ora siamo in un paesino di montagna sopra a Trento io e Camilla, con i sentieri più belli del Trentino, qua a cento metri, su cui venerdì ho vinto il vertical della sagra di Montevaccino. Il terzo aveva sessant'anni. È stato super divertente conoscere le persone del mio nuovo paese attraverso una gara di corsa e tutti erano presi molto bene, forse è la gara col mood più figo che ho fatto in Italia, il che la dice lunga su quanto siamo sfigati. Il ragazzo che è arrivato secondo è di Saluzzo e si è trasferito a Trento da poco, magari verrà a correre con noi qualche volta. Ho anche rivisto uno dei signori con cui abbiamo fatto manutenzione sentieri in Lagorai, era molto contento soprattutto quando gli ho dato un po' del salame che avevo vinto e che io non mangiavo.
Cose che voglio fare questo autunno: un podcast di RunTrento in cui parliamo tra di noi di quello di cui abbiamo voglia, deve essere una cosa tra amici, un salottino trentino, come il Buckled delle origini. Vorrei che l'Indian Summer fosse un evento figo e sentito da tutti e penso sarà così perché è un bel momento per il Trento Running Club. Con la Eli abbiamo lavorato bene negli Stati Uniti e sono sicuro che il documentario verrà una bomba: ci sono un sacco di cose in ballo con RunTrento e vorrei che uscissero tutte nei tempi, ma ce la faremo. Vorrei anche sbloccarmi e iniziare un corso di tedesco e prendere la certificazione di inglese, e magari la cazzo di patente. Lo dico poi chi sa se lo farò.
Sono super contento di UTMB e di come è andata per gli americani, non tanto il risultato ma per loro come persone. Sarebbe stato triste per Jim buttare un altro anno e probabilmente avrebbe fatto difficoltà a digerirla. Sono contento anche per Zach, e spero che riuscirà a vincere altre gare negli Stati Uniti il prossimo anno. Questa foto di lui mi piace un sacco e la metto qua, fanculo le foto patinate. Ciao a tutti, ora vado a correre col Raffa e poi ci beviamo una India Pale Ale nel mio porch.
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Preferisco risponderti con un post, @morbyta, perché per me è importante.
I complimenti (opinabilmente meritati) me li prendo, ovviamente, mica son scemo, e ti ringrazio, ma non è il punto.
Faccio matematica perché è bello, mi diverte, tutto qua. È come per un'altra persona dipingere, cantare, ballare, cucinare, suonare. Quando fai una cosa del genere, e lo fai perché lo senti, non esiste la competizione, esiste solo quella con sé stessi, che per me è più una voglia di giocare che una gara vera e propria, capire di cosa si è capaci, conoscere i propri limiti e metterli in discussione, accettare anche il fatto di non riuscirci, perché potrai sempre riprovarci. Alla fine di qualsiasi esercizio non c'è qualcuno a darmi una pacca sulla spalla (ecco perché approfitto del tuo messaggio 😅), non lo sa nessuno (a parte voi, per via della mia infantile goliardia), però ci sono io, e tanto mi basta. Non esistono gli altri, a meno che non decidano di sedersi accanto a me e giocare insieme, della quale cosa io non potrei che essere più felice.
(Premetto che non mi riferisco al tuo commento) non mi ha mai convinto l'alibi di coloro che mi dicono "eh, ma io non sono bravo come te" (il più delle volte intendono in realtà secchione in modo dispregiativo, ma diciamo che la prendo dal lato buono). E' un po' come se le persone smettessero di correre perché non saranno mai veloci come Bolt. Tu corri perché hai voglia di farlo, lo fai col tuo passo, col tuo tempo, a volte corri, a volte cammini, a volte ti fermi per prendere fiato, e se qualcuno ti supera, lo ignori, nemmeno esiste per te, perché sei concentrata su quello che fai, ci sei solo tu e la strada da percorrere. Ieri non ho fatto altro che mettermi un paio di scarpe di ginnastica e farmi una corsa fuori, senza darmi aspettative, se fossi arrivato in fondo alla strada, avessi fatto il giro del quartiere o avessi ultimato la maratona cittadina, avrei provato esattamente la stessa sensazione di quando torni a casa e ti infili sotto la doccia, ovvero di aver fatto qualcosa per te, da sola.
Non dire che non sei in grado di farlo, perché non ci credo, anche se non ti conosco, ma ne sono convinto. Ci sono persone che non sanno farlo, e quelle che hanno scelto di non saperlo fare, e il limite risiede solo nelle seconde.
Se ti va, fammi una promessa. Quando ti capiterà la prossima volta (non necessariamente in ordine di tempo) di avere davanti un problema, se non sei presa da cose davvero urgenti, prendi una sedia, un foglio di carta, una penna, metti un po' di musica, se la cosa ti piace, pure un bel bicchiere di quello che vuoi, e regalati questo momento, dove sei da sola, con le tue capacità e le tue conoscenze, usa quello che sai, sperimenta, se sbagli ricomincia. Se lo farai, e ti andrà, raccontami anche di come è andata a finire, qualsiasi sarà l'esito, sarebbe la prima volta che accade in vita mia, e diventerebbe un bel ricordo.
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Cose di questa settimana che voglio fissare qui:
-domenica 21 visto concerto di Sam. Paz ze sco
- lunedi 22 andata a trovare mia sorella, è stato bello. Camminato, fatto cose da "pigiama party" ma nel pomeriggio, come unghie, maschera ecc ed è stato carino perché queste cose non le abbiamo mai fatte prima. Girato nella sua città, provato piatti squisiti, staccato la spina.
- martedì 23 sempre da lei, trekking e giornata in mezzo alla natura, post pranzo ripartenza verso casa.
-sempre martedì 23 nel pomeriggio, tra una corsa e l'altra per fare in tempo ed esser anche presentabile visto S, parlato e stati un po insieme. È stato bello ma anche strano, la mia testa è tornata a pensare. Dopo discussioni, rabbia, piantini, una pizza e dolcezza, la mia mente credo abbia fatto davvero chiarezza per la prima volta. Troppe emozioni quel giorno
- mercoledì 24 decisamente non la giornata migliore. Poche parole e voglia di star sola, possibilmente in un letto con tutti i miei pensieri. Bisogno di elaborare
-giovedì 25 riunione lavorativa, vecchi e nuovo volti, tornare è stato piacevole, buon umore e quasi curiosità. In fissa con Citadel
-venerdì 26 finito la fantastica signora maisel, ancora sono ferma lì. Tanta energia, un sole pazzesco, il mio corpo su lettino, mille commissioni, mille notifiche e un gran mix di vibezzz
-sabato 27, nonché oggi, iniziato ufficialmente a lavoro, felice e stanchina; Trovato scarpe da battaglia per affrontare questa stagione! Mangiato dei super coockies però alla fine niente spritz :(
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LA MEDIOCRE SCIACQUETTA, OVVERO QUANDO LA STUPIDITA' E' SECONDA SOLTANTO ALL'IGNORANZA
"E' ricchissima. Lo è diventata vendendo la sua immagine, la sua magrezza, i suoi occhi celesti, la sua bionditudine. Ha consolidato il suo potere sui social mostrando il suo salotto e la sua cabina armadio, postando video di figli biondi, vestiti alla moda, che giocano e mangiano in appartamenti lussuosi, mai un compagno, mai una corsa all'aria aperta, mai uno stimolo vero, mai natura. Solo capricci: Leone che dice innocue parolacce o fa le puzzette e la Vitto che mangia porcherie col suo bavaglino griffato, facendo divertire il babbo, che finge di scandalizzarsi e si compiace. È ovvio che la pupa ha pediatri privati, tate bilingui che cucinano solo roba bio vagliata dal nutrizionista, ma la realtà non ha nulla a che vedere con la comunicazione social... Alla Vitto buttano un pezzo di crostata, accendono il cellulare, fanno il video, lo postano. Poi solo carote. Alla gente piace la bimba golosa. Poco importa che milioni di bimbe golose diventino obese, la sua sarà snella, statene certe.
Ferragni è abile, è intraprendente. Sponsorizza prodotti per capelli e make up, si fa fotografare con borse di lusso, scarpe costose, oggetti di design, tutta roba sponsorizzata che le dà ritorno economico. Ha un brand suo, il logo è un occhio celeste stilizzato spalancato mascarato. Produce, promuove e distribuisce roba inutile e costosa: berretti da 150 euro, giacchette striminzite da 500 euro, astucci di plastica da 60 euro, borsette, rossetti, sciarpette, gonnelline, felpette, giacchette ... Uova di Pasqua e panettoni con l'incarto rosa, ovvio. Tutta roba costosa, ma non per qualità dei materiali. Roba scadente. Tutta mondezza per l'ambiente. Oltretutto, roba costosa per le vostre tasche, sia chiaro. Perché i ricchi vestono bene, mica comprano quella roba lì. Quella è per le vostre, di figlie.
Così facendo Ferragni contribuisce a rincoglionire le vostre figliole, che ambiscono a somigliare a lei, vi chiedono di comprare le sue cose pensando di trovarvi la felicità, l'accettazione da parte del gruppo, la bellezza.
Passano ore su Instagram, invece di uscire per strada, giocare, leggere, incontrare persone vere.
Chiara si arricchisce facendo sentire povere, grasse e inadeguate milioni di ragazzine e di madri in tutto il mondo. Oltre la taglia 44 la sua roba non va.
Però è tanto brava, è contro il body shaming ed è contraria alla violenza sulle donne. E milioni di ragazzine possono coltivare il sogno di diventare come lei.
Da bambina si sentiva inadeguata; ma alle vostre, se comprate loro la felpetta rosa brandizzata, alle vostre di certo non succederà. Sembreranno delle piccole Barbie, delle principessine.
Non è tutto bellissimo?"
Da Massimo Vitali on FB
analisi perfetta di una furbastra (e consorte) che si approfitta di un esercito di rincoglioniti
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Orso in trentino e runners
I runners nei boschi dovrebbero essere una categoria sportiva inesistente. Correre nei boschi in natura è come nuotare in mare aperto per chilometri.
Nemmeno i nuotatori esperti nuotano in mare completamente aperto, si accontentano delle boe o comunque di vedere la costa, non si addentrano col solo corpo fuori.
Se tolleriamo runners nei boschi è perché dopo averli ridotti al minimo sindacale abbiamo anche sterminato lupi e orsi per renderli sicuri, e adesso ci sembrano come il parchetto sotto casa.
Si la regione trenino ha re introdotto gli orsi e probabilmente lo ha fatto anche per soldi per farsi pagare per mantenere la popolazione. E no, l'orso non è pericoloso per l'uomo se non sei un deficiente.
L'orso non preda l'uomo, l'orso se può ti sta a distanza. anche se tu sei sul sentiero e lui è in tana.
Sono più volte andato a fare escursioni dove il ragazzo è stato ucciso, le persone che fanno trail running non si comportano come dovrebbero. Sperano che il fatto di trattare il bosco come casa nostra tenga a distanza lupi, cinghiali, e anche se corrono e inciampano in una tana di tasso, è colpa del comune che non controlla anche se loro vanno sui sentieri degli animali ( si, tracciati che gli animali usano per andare da a a b, carroccie, sentieri per andare a far legna). Mi sono allenato a volte per correre in montagna, semplicemente parto correndo dai 2000\2500 in zone dove ho ampia visione, dove so che gli animali non ci stanno perché sui 2000 inizia a non esserci un cazzo. Partire da 500 metri per arrivare a 2000 in una zona con gli orsi segnalati è come tuffarsi con una ferita che getta sangue in un mare di squali. Bisogna insegnare alla gente a non essere deficiente. Dico davvero. In quegli stessi posti ho visto decine di volte persone con il cane libero. E la gente in città che crede che l'orso mangi le persone. L'orso preda un cazzo di cervo che pesa come 3 persone insieme a 10 km di distanza, può aprirlo in due e mangiarne il 70% in meno di 3 ore, se l'orso mangiasse le persone del corpo del runner avreste trovato le scarpe. Se vi andava bene. Se corri a bassa quota, in mezzo a un bosco presto di mattina sei un corpo che sfreccia veloce quando i predatori stanno cacciando ( NDA- fine notte\ alba). Il gesto del ragazzo dovrebbe essere trattato alla stregua di uno che va a nuotare in mare aperto o si butta senza paracadute. Alla famiglia e alle persone che vogliono cacciare l'orsa direi che forse bisogna essere un pò più consapevoli di quel che si fa, essere meno arroganti. Quello è andato su di mattina presto sperando di non incontrare nessuno. Sicuramente non si è accorto dell'orso perché quando fai trail running sei un uno stato di trance e grazia divina e pensi solo a spingere. L'orso lo ha visto, lo ha seguito è arrivato troppo vicino. Quando lui se n'è accorto era tardi. Non poteva arrampicarsi, né correre. Si è fermato in piedi. l'orso stava già correndo. Quando ha visto l'umano fermarsi si è fermato pure lui. Si sono guardati negli occhi. Lui ha pensato " che bell'animale" l'orso ha pensato " che cazzo è sta roba", l'uomo impaziente ha provato a fare qualcosa, la pausetta dalla corsa si faceva sentire.Ultimo errore L'orso ha pensato "qualunque cosa tu sia ti tiro giù". Tagliata la giugulare. La stanchezza, la paura e il fiatone hanno fatto il resto. L'orso se n'è andato e uno e morto. Ci sono delle regole per stare al mondo se non le rispetti, paghi in questo caso con la vita.
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Ossigeno - 13
13. Shh, stanno dormendo!
Zlatan aveva trascorso l'intera nottata a pensare a quel bacio che aveva visto tra Sveva e Mark. Come mai lo turbava tanto? Si era quasi sentito geloso. Gelosissimo. Avrebbe voluto essere lui a baciarla, a stringerla tra le braccia, a respirare il suo odore e godere delle sue labbra. Certo, Sveva era bellissima e non poteva negare un certo interesse nei suoi confronti ma di sicuro lei non provava nessun tipo di attrazione per lui. Eppure, proprio quel giorno, avrebbe giurato che Sveva lo guardasse più del solito. A Zlatan piacevano le sfide e non si era mai tirato indietro al primo ostacolo, solo che questa volta non era sicuro che il gioco valesse la candela. Ma quando aveva visto le labbra di Mark poggiarsi su quelle di lei aveva dovuto far appello a tutto il suo autocontrollo per evitare di spaccare la faccia a quel figlio di puttana. Che diamine, era uno stronzo di prima categoria. Era sposato, cazzo. E lei... beh, anche lei non avrebbe dovuto baciare un uomo sposato. Ma almeno aveva avuto la decenza di scappare via subito dopo. Oh, al diavolo! pensò Zlatan, innervosendosi per quella notte passata in bianco ad arrovellarsi il cervello per una stronza. Sveva sapeva benissimo che Mark era un uomo sposato, quindi se aveva deciso di avere una relazione con lui erano solo ed esclusivamente fatti suoi. E a lui non doveva importargliene.
E poi ci si metteva anche Serena, che proprio quella sera lo aveva baciato. Che doveva fare adesso con lei? E con Stephan? Doveva dirglielo? Si alzò di scatto, indossò un paio di pantaloncini da allenamento con una maglietta azzurrina, le scarpe da ginnastica e uscì dalla camera da letto per andare a correre. Mentre scendeva le scale senza fare rumore legò i capelli e guardò l'orologio. Le sei. Bene, un paio di ore di fatica e poi sarebbe tornato come nuovo. Si fermò vicino alla porta, digitò alcuni numeri sul tastierino lì accanto per disattivare l'allarme per quando sarebbe rientrato e lentamente aprì la porta, facendo attenzione a fare il minimo rumore quando se la richiuse alle spalle. Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca della mattina e fece un passo per uscire dal portico ma con la coda dell'occhio scorse una presenza alla sua destra e si girò. Sveva. Era rannicchiata su uno dei divanetti, avvolta in una leggera coperta color tortora. Lo guardò, gli sorrise e si raddrizzò. «Ciao.» «Buongiorno» rispose lei. «Che ci fai qui fuori?» «Non riuscivo a dormire.» Zlatan ridacchiò dentro di sé. Sensi di colpa, eh? «Come mai? Era scomodo il letto o... la stanza non era di tuo gradimento?» «Oh no, no. Hai una casa meravigliosa, Zlatan» «Grazie» sorrise, cercando ti toglierla dall'imbarazzo nel quale l'aveva volutamente messa. Certo, la casa l'aveva scelta lui soprattutto per il posto isolato e l'ampio bosco adiacente, ma per l'arredamento degli interni si era lasciato consigliare dalla sua migliore amica Helena. «E tu come mai sei già in piedi?» chiese Sveva fissandolo con quei suoi grandi occhi azzurri, così pieni di tristezza. «Sto andando a fare una corsetta. Comunque se vuoi adesso puoi rientrare, ho disattivato l'allarme.» «Grazie, ma preferisco rimanere un altro po' qui.» «C'è qualcosa che non va? Cos'è che ti fa stare così in pensiero?» «Potrei farti la stessa domanda. Non hai l'aria di uno che ha dormito profondamente stanotte.» «Per questo vado a correre, per cancellare i cattivi pensieri. Vuoi venire anche tu?» Lei sorrise e scosse la testa. «Non credo sia una buona idea.» «Perché no? Correre ti libera la mente. Ti aiuterà a riflettere meglio sulle cose che ti angosciano.» Lei si morse l'interno del labbro. Stava veramente pensando di accettare il suo invito? «Dovrei cambiarmi.» Era un sì? «Ti aspetto.» Sveva si alzò, ripiegò la coperta e la poggiò sul divanetto; gli passò davanti ed aprì la porta. « accio subito» disse prima di scomparire all'interno.
Sveva indossò un fuseaux nero a tre quarti e una canotta rosso scuro e scese di corsa. Aveva trascorso l'intera nottata fuori, senza chiudere occhio e tremendamente in colpa per quello che aveva fatto la sera. Inevitabilmente, poi aveva pensato ai suoi fallimenti amorosi, in particolare a Logan. Di sicuro doveva subito chiarire con Mark e dirgli che era stato un gesto avventato e senza senso e che non doveva ripetersi più. Probabilmente anche lui la pensava come lei, aveva dei figli e una moglie che sicuramente amava molto. Zlatan la stava aspettando seduto sui gradini di legno del portico. Scrutava il cielo terso. «Eccomi.» Zlatan si girò verso di lei e sorrise; si alzò e scese l'ultimo gradino. «Andiamo.» Si incamminarono per un vialetto che si addentrava nel bosco di sua proprietà. «Ti svegli sempre così presto la mattina?» «No, quasi mai.» Zlatan iniziò a corricchiare e Sveva lo seguì ma dopo poco lei non riusciva più a tenere il suo passo. Tentò di continuare a correre ma fu costretta a fermarsi per riprendere fiato. La testa le girava leggermente. Zlatan si girò a guardarla. «Tutto bene?» «Sì, non ti preoccupare per me» rispose lei ansimante. «Ma sei già stanca?» Zlatan scoppiò a ridere. «Sei una schiappa!» Sveva rise di rimando. «Sì, già non ce la faccio più!» «Io proseguo, tu vienimi dietro.» «Ok.» Zlatan scomparve subito tra la vegetazione ma dopo un po' lo vide tornare indietro. «Hai già finito la tua corsa?» gli chiese. Zlatan sorrise. «No. Non volevo lasciarti sola.» «Ma non ti preoccupare, non voglio disturbare il tuo allenamento.» «Non era un allenamento, avevo solo bisogno di sfogarmi un po'.» «Cos'è che ti angoscia?» Zlatan la fissò negli occhi. Aveva uno sguardo così bello e dolce. Perché stava facendo quella cazzata con Mark? Per un secondo pensò di dirle che sapeva del loro bacio. «Il lavoro. Sto per trasferirmi a Parigi.» «Ho sentito. Mi dispiace, ma suppongo che voi calciatori siate abituati a queste cose.» Zlatan sorrise. «Chi meglio di me. Non è mai stato un problema per me cambiare squadra, città, nazione. Ma ora a Milano mi trovo molto bene e anche al Milan. Non vorrei proprio andarmene.» Sveva gli sorrise teneramente. «Ti capisco. Ma vedrai che Parigi ti piacerà.» «E invece New York ti piace?» «Io l'adoro. Milano è la mia casa ma New York è senza dubbio la città in cui voglio trascorrere gran parte della mia vita. Non avrei mai pensato di trovarmi così bene quando sono partita.» Intanto avevano fatto un bel po' di strada e decisero di tornare a indietro. Zlatan si era rilassato abbastanza e i due cominciarono a scherzare. Anche Sveva si sentiva meglio, la passeggiata le aveva fatto tornare il buonumore. Arrivati di nuovo a casa, passarono vicino alla piscina. Casualmente, proprio in quel momento Sveva stava dicendo di aver bisogno di una lunga doccia. «Vuoi fare un bagno in piscina?» le chiese Zlatan ridendo. «Oh no, sarà sicuramente freddissima.» «Non mi dire che hai paura di bagnarti un po'...» «Se ti butti ti seguo» disse lei seria. «Buttiamoci insieme.» Sveva lo guardò di sottecchi e lo seguì a bordo piscina. Lui aveva un'espressione divertita sulla faccia. Era veramente intenzionato a buttarsi? Con tutti i vestiti? Zlatan si girò verso di lei e le fece un sorriso. «Sei pronta?» Sveva si lasciò distrarre da quel sorriso ammaliante e non si accorse che Zlatan l'aveva spinta. O meglio, se ne rese conto quando era già troppo tardi. Lanciò un urlo che l'impatto con l'acqua spezzò. Zlatan non aveva intenzione di farla cadere realmente in acqua, solo di giocare un po' con lei ma gli era scappata di mano. Forse l'aveva spinta troppo forte. Non poté fare a meno di ridere. Lei, una volta in superficie lo guardò furente. «Questa me la paghi!» «Shhhh, non urlare! Stanno dormendo!» «Non ridere!» Sveva uscì in fretta dall'acqua fredda e iniziò a correre dietro a Zlatan che stava scappando verso casa e continuava a ridere. «Giuro che non l'ho fatto apposta!» «Vieni qui!» Zlatan raggiunse la porta e rallentò. L'aprì piano per non svegliare gli altri che dormivano ancora anche se sospettava che le loro urla li avessero già svegliati, ma Sveva stava ancora correndo verso di lui. Le fece segno di tacere, lei gli si avventò addosso a tutta velocità. «Preso!» Zlatan stava per cadere all'indietro, Sveva era su di lui. Scoppiò a ridere e la strinse. «Sei fradicia.» «Wow, non me ne ero accorta.» Solo dopo qualche secondo Sveva si rese conto di avere le braccia intorno alle spalle di Zlatan. Sciolse l'abbraccio ma lui continuò a tenerla stretta e a guardarla negli occhi. «I tuoi occhi sono meravigliosi» le disse. «Grazie.» Il cuore le batteva forte e lei si disse che era per la corsa ma aveva uno strano turbamento, il profumo di Zlatan la inebriava e il contatto con la sua pelle la infuocava. Zlatan si stava avvicinando impercettibilmente alle sue labbra. Sorrise. «Dovrei andare ad asciugarmi.» «Sì» rispose lui, continuando ad avanzare. «Che succede, ragazzi? Ho sentito delle urla...» chiese qualcuno dietro di loro. Sveva e Zlatan si allontanarono immediatamente e si girarono verso Mark. «Ehi Sveva, sei tutta bagnata» continuò lui guardandola da capo a piedi. «Sono caduta in piscina.» «E che ci facevi fuori a quest'ora?» «Siamo andati a correre» disse Zlatan. «Bene, io vado a fare una doccia.» Sveva guardò un secondo Zlatan e Mark e si avviò per le scale, lasciandoli all'ingresso. Aveva ancora il cuore che batteva forte e tutti i sensi in subbuglio ma non ebbe il coraggio di pensare a quello che era appena successo. Lo relegò in un angolo della mente e si tenne occupata per tutto il resto della giornata.
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"Quanto manca?" (Kdope): Lorenzo Tiezzi pubblica il suo anti-manuale dell'ultra trail
Lorenzo Tiezzi, scribacchino & chiacchierone per professione (è ufficio stampa e giornalista), tra il luglio 2021 ed il settembre 2024 ha completato sei Cento Miglia, tra le corse più dure tra quelle di lunga distanza in montagna e sui sentieri. Ha corso tre volte Adamello Ultra Trail (167 km circa, 11.500 di dislivello), la Cento Miglia del Monviso, che parte e torna a Saluzzo dopo aver 'scalato' il Re di pietra, e pure due volte la Tuscany Crossing, in Val D'Orcia.
Tutto questo l'ha fatto avendo più o meno 50 anni ed un fisico normale, niente di più. Ex bagnino ed ex maestro di nuoto, lavori in cui non si è mai davvero "ex", non ha mai raggiunto risultati sportivi importanti in gioventù, eppure è riuscito in ognuna delle sue piccole grandi imprese, gare che durano spesso anche 50 ore. Le sue prime cinque Cento Miglia Tiezzi le ha raccontate in "Quanto manca?" (Kdope), un anti-manuale pensato dedicato a chi ama correre (e/o) arrancare sui sentieri o vorrebbe iniziare a farlo. Non è un "metodo vincente" per diventare runner estremi. Tutt'altro: è un diario a volte molto personale su come correre nella natura possa essere rilassante e non solo dannatamente faticoso.
"Ho iniziato a pensare questo anti-manuale quando ho visto che in giro i veri manuali sull'ultra trail sono spesso inutili, noiosi o addirittura dannosi. Anche quelli scritti da veri campioni spesso lo lo sono", spiega Lorenzo Tiezzi. "A proposito di campioni, prima e dopo le mie parole e le mie limitate esperienze in 'Quanto Manca?' ci sono interventi di Francesca Canepa ed Oliviero Bosatelli, due vere leggende dell'ultra trail. Hanno vinto più o meno tutto, ma hanno comunque dedicato del tempo al piccolo libro di un amatore. Tutto questo fa parte della magia del trail. E', a volte, ancora un sport umano".
Altre volte, invece, chi fa ultra trail inizia a sentirsi un eroe, e non è logico. "Correre a lungo non serve assolutamente a niente se non a noi stessi e non trasforma tutti in super atleti", spiega ancora Tiezzi. "Marchi sportivi ed alcuni organizzatori, come è giusto che sia, vogliono convincere i loro clienti del contrario. Il bello del trail sarà però sempre che in ogni gara davvero lunga e dura, la competizione con gli altri conta molto meno di quella con se stessi e del piacere di correre in luoghi splendidi".
"Quanto manca?" dà consigli pratici a chi è alla prime armi ed è molto facile da leggere. Ognuno può scegliere se seguire il sottile filo logico dell'autore, oppure saltare tra un chilometro e l'altro: tecniche di corsa (in salita, in discesa, in piano, con e senza bastoncini), percentuale di grasso, alimentazione in gara, allenamenti, progressività, scarpe, attrezzatura, capacità di stare per ore e ore da soli nella natura... Tiezzi tocca tanti temi. Ovviamente al suo ritmo, purtroppo non eccelso.
Il libro è anche dedicato al 'fallimento' di chi ha il coraggio di partire quando tutto dice di restare. "E' un insieme, spesso sconclusionato, di spunti per correre a lungo sui sentieri. In altre parole, è un insieme di idee e spunti per godersi il viaggio, l'allenamento, le salite, le discese, i ristori, la pioggia, la luna e e le stelle. Personalmente adoro Venere, che non manca mai di salutarmi quando corro sull'Adamello", conclude Lorenzo Tiezzi.
E ovviamente "Quanto manca" è prima di tutto un inno alla fatica, quella sana e serena che toglie inutili pensieri. Perché per chi corre sui sentieri, il traguardo conta soltanto prima di averlo tagliato. Subito dopo si continua a correre, sempre col sorriso sulle labbra.
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"Quanto manca?" (Kdope): Lorenzo Tiezzi pubblica il suo anti-manuale dell'ultra trail
Lorenzo Tiezzi, scribacchino & chiacchierone per professione (è ufficio stampa e giornalista), tra il luglio 2021 ed il settembre 2024 ha completato sei Cento Miglia, tra le corse più dure tra quelle di lunga distanza in montagna e sui sentieri. Ha corso tre volte Adamello Ultra Trail (167 km circa, 11.500 di dislivello), la Cento Miglia del Monviso, che parte e torna a Saluzzo dopo aver 'scalato' il Re di pietra, e pure due volte la Tuscany Crossing, in Val D'Orcia.
Tutto questo l'ha fatto avendo più o meno 50 anni ed un fisico normale, niente di più. Ex bagnino ed ex maestro di nuoto, lavori in cui non si è mai davvero "ex", non ha mai raggiunto risultati sportivi importanti in gioventù, eppure è riuscito in ognuna delle sue piccole grandi imprese, gare che durano spesso anche 50 ore. Le sue prime cinque Cento Miglia Tiezzi le ha raccontate in "Quanto manca?" (Kdope), un anti-manuale pensato dedicato a chi ama correre (e/o) arrancare sui sentieri o vorrebbe iniziare a farlo. Non è un "metodo vincente" per diventare runner estremi. Tutt'altro: è un diario a volte molto personale su come correre nella natura possa essere rilassante e non solo dannatamente faticoso.
"Ho iniziato a pensare questo anti-manuale quando ho visto che in giro i veri manuali sull'ultra trail sono spesso inutili, noiosi o addirittura dannosi. Anche quelli scritti da veri campioni spesso lo lo sono", spiega Lorenzo Tiezzi. "A proposito di campioni, prima e dopo le mie parole e le mie limitate esperienze in 'Quanto Manca?' ci sono interventi di Francesca Canepa ed Oliviero Bosatelli, due vere leggende dell'ultra trail. Hanno vinto più o meno tutto, ma hanno comunque dedicato del tempo al piccolo libro di un amatore. Tutto questo fa parte della magia del trail. E', a volte, ancora un sport umano".
Altre volte, invece, chi fa ultra trail inizia a sentirsi un eroe, e non è logico. "Correre a lungo non serve assolutamente a niente se non a noi stessi e non trasforma tutti in super atleti", spiega ancora Tiezzi. "Marchi sportivi ed alcuni organizzatori, come è giusto che sia, vogliono convincere i loro clienti del contrario. Il bello del trail sarà però sempre che in ogni gara davvero lunga e dura, la competizione con gli altri conta molto meno di quella con se stessi e del piacere di correre in luoghi splendidi".
"Quanto manca?" dà consigli pratici a chi è alla prime armi ed è molto facile da leggere. Ognuno può scegliere se seguire il sottile filo logico dell'autore, oppure saltare tra un chilometro e l'altro: tecniche di corsa (in salita, in discesa, in piano, con e senza bastoncini), percentuale di grasso, alimentazione in gara, allenamenti, progressività, scarpe, attrezzatura, capacità di stare per ore e ore da soli nella natura... Tiezzi tocca tanti temi. Ovviamente al suo ritmo, purtroppo non eccelso.
Il libro è anche dedicato al 'fallimento' di chi ha il coraggio di partire quando tutto dice di restare. "E' un insieme, spesso sconclusionato, di spunti per correre a lungo sui sentieri. In altre parole, è un insieme di idee e spunti per godersi il viaggio, l'allenamento, le salite, le discese, i ristori, la pioggia, la luna e e le stelle. Personalmente adoro Venere, che non manca mai di salutarmi quando corro sull'Adamello", conclude Lorenzo Tiezzi.
E ovviamente "Quanto manca" è prima di tutto un inno alla fatica, quella sana e serena che toglie inutili pensieri. Perché per chi corre sui sentieri, il traguardo conta soltanto prima di averlo tagliato. Subito dopo si continua a correre, sempre col sorriso sulle labbra.
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"Quanto manca?" (Kdope): Lorenzo Tiezzi pubblica il suo anti-manuale dell'ultra trail
Lorenzo Tiezzi, scribacchino & chiacchierone per professione (è ufficio stampa e giornalista), tra il luglio 2021 ed il settembre 2024 ha completato sei Cento Miglia, tra le corse più dure tra quelle di lunga distanza in montagna e sui sentieri. Ha corso tre volte Adamello Ultra Trail (167 km circa, 11.500 di dislivello), la Cento Miglia del Monviso, che parte e torna a Saluzzo dopo aver 'scalato' il Re di pietra, e pure due volte la Tuscany Crossing, in Val D'Orcia.
Tutto questo l'ha fatto avendo più o meno 50 anni ed un fisico normale, niente di più. Ex bagnino ed ex maestro di nuoto, lavori in cui non si è mai davvero "ex", non ha mai raggiunto risultati sportivi importanti in gioventù, eppure è riuscito in ognuna delle sue piccole grandi imprese, gare che durano spesso anche 50 ore. Le sue prime cinque Cento Miglia Tiezzi le ha raccontate in "Quanto manca?" (Kdope), un anti-manuale pensato dedicato a chi ama correre (e/o) arrancare sui sentieri o vorrebbe iniziare a farlo. Non è un "metodo vincente" per diventare runner estremi. Tutt'altro: è un diario a volte molto personale su come correre nella natura possa essere rilassante e non solo dannatamente faticoso.
"Ho iniziato a pensare questo anti-manuale quando ho visto che in giro i veri manuali sull'ultra trail sono spesso inutili, noiosi o addirittura dannosi. Anche quelli scritti da veri campioni spesso lo lo sono", spiega Lorenzo Tiezzi. "A proposito di campioni, prima e dopo le mie parole e le mie limitate esperienze in 'Quanto Manca?' ci sono interventi di Francesca Canepa ed Oliviero Bosatelli, due vere leggende dell'ultra trail. Hanno vinto più o meno tutto, ma hanno comunque dedicato del tempo al piccolo libro di un amatore. Tutto questo fa parte della magia del trail. E', a volte, ancora un sport umano".
Altre volte, invece, chi fa ultra trail inizia a sentirsi un eroe, e non è logico. "Correre a lungo non serve assolutamente a niente se non a noi stessi e non trasforma tutti in super atleti", spiega ancora Tiezzi. "Marchi sportivi ed alcuni organizzatori, come è giusto che sia, vogliono convincere i loro clienti del contrario. Il bello del trail sarà però sempre che in ogni gara davvero lunga e dura, la competizione con gli altri conta molto meno di quella con se stessi e del piacere di correre in luoghi splendidi".
"Quanto manca?" dà consigli pratici a chi è alla prime armi ed è molto facile da leggere. Ognuno può scegliere se seguire il sottile filo logico dell'autore, oppure saltare tra un chilometro e l'altro: tecniche di corsa (in salita, in discesa, in piano, con e senza bastoncini), percentuale di grasso, alimentazione in gara, allenamenti, progressività, scarpe, attrezzatura, capacità di stare per ore e ore da soli nella natura... Tiezzi tocca tanti temi. Ovviamente al suo ritmo, purtroppo non eccelso.
Il libro è anche dedicato al 'fallimento' di chi ha il coraggio di partire quando tutto dice di restare. "E' un insieme, spesso sconclusionato, di spunti per correre a lungo sui sentieri. In altre parole, è un insieme di idee e spunti per godersi il viaggio, l'allenamento, le salite, le discese, i ristori, la pioggia, la luna e e le stelle. Personalmente adoro Venere, che non manca mai di salutarmi quando corro sull'Adamello", conclude Lorenzo Tiezzi.
E ovviamente "Quanto manca" è prima di tutto un inno alla fatica, quella sana e serena che toglie inutili pensieri. Perché per chi corre sui sentieri, il traguardo conta soltanto prima di averlo tagliato. Subito dopo si continua a correre, sempre col sorriso sulle labbra.
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