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Antonio Marino: una vittima del terrorismo politico nell’Italia degli anni ‘70Il carabiniere ucciso a Milano da una bomba a mano nell’aprile 1973
Il 12 aprile 1973, a Milano, il giovane carabiniere Antonio Marino, originario di Vico Equense (Napoli), perse la vita in un tragico episodio di violenza politica.
Il 12 aprile 1973, a Milano, il giovane carabiniere Antonio Marino, originario di Vico Equense (Napoli), perse la vita in un tragico episodio di violenza politica. Marino fu colpito mortalmente durante una manifestazione del Movimento Sociale Italiano (MSI), quando una bomba a mano lanciata contro le forze dell’ordine causò la sua morte. L’attacco fu compiuto da Claudio Loi, figlio del noto…
#Alessandria today#anni ‘70#Anni di Piombo#Antonio Marino#Arma dei Carabinieri#Arma dei Carabinieri vittime#Carabiniere ucciso#carabinieri e ordine pubblico#Claudio Loi#conflitti sociali Italia#Duilio Loi#estremismo politico Italia#giovani carabinieri#Google News#Italia violenze politiche.#italianewsmedia.com#manifestazioni MSI#memoria carabinieri#memoria di Marino#Milano 1973#Milano aprile 1973#MSI#ordine pubblico#Pier Carlo Lava#radicalizzazione ideologica#radicalizzazione politica#sacrificio civile#sacrificio forze dell’ordine#scontri politici Milano#Sicurezza Pubblica
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Il discorso integrale di Gino Cecchettin al termine dei funerali della figlia Giulia, 22enne uccisa dall'ex fidanzato.
«Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio. Mi scuso per l'impossibilità di dare riscontro personalmente, ma ancora grazie per il vostro sostegno di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili. La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine, al vescovo e ai monaci che ci ospitano, al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia.
Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente,
un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà:
il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti. Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà
prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso
e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente,
a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.
La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l'importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza inizia nelle famiglie,
ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.
Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.
Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme
per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.
«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…»
Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano. Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.
Addio Giulia, amore mio.
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Alessandria, un incontro sulle buone prassi per vivere il territorio in sicurezza.
Alessandria, un incontro sulle buone prassi per vivere il territorio in sicurezza. L’appello lanciato dal Capitano dei Carabinieri Compagnia di Tortona Domenico Lavigna, di fronte agli imprenditori agricoli che hanno affollato la sala Multimediale della sede provinciale di Coldiretti durante l’Assemblea Pensionati, è stato chiaro. L’incontro è stata l’occasione per presentare il vademecum di buone prassi realizzato dall’Arma dei Carabinieri in collaborazione con Coldiretti Alessandria. Un momento informativo che ha coinvolto tutto il territorio della provincia di Alessandria, dal titolo “Campagna Sicura”, diventato ormai familiare, suscitando il grande interesse delle molte persone intervenute che hanno ringraziato per i consigli e le indicazioni fornite per evitare di rimanere vittime di truffe e furti. “Si tratta – come ha ribadito il Capitano Domenico Lavigna – di malviventi senza scrupoli che ricorrono ad espedienti e raggiri di ogni tipo per indurre in errore le ignare vittime in modo da procurarsi ingiusti profitti. Si fingono appartenenti alle Forze dell’Ordine, medici, avvocati, assicuratori o altro, chiedono telefonicamente denaro per i familiari a loro dire in difficoltà oppure simulano il pericolo di imminenti fughe di gas o, ancora, la consegna di finti pacchi postali commissionati da congiunti per farsi consegnare somme ingenti”. Ma non solo, si introducono nelle aziende, spesso magari situate in luoghi isolati e rubano i mezzi agricoli procurando un doppio danno: a quello economico va ad aggiungersi, infatti, il fatto che stiano rubando qualcosa che non ha prezzo, il “nostro sacrificio”, ossia le difficoltà affrontate per l’acquisto di quei trattori che permettono il lavoro nei campi e quindi il raccolto. “Come Comando dei Carabinieri abbiamo voluto intitolare questi incontri ‘Campagna Sicura’ per sottolineare l’impegno dell’Arma a salvaguardia della sicurezza di un territorio molto bello che però può essere vittima di episodi di furti, truffe e raggiri – ha affermato il Capitano Domenico Lavigna -. Sempre più furbi, i malviventi inventano di continuo nuovi trucchi per raggirare le persone, specie gli anziani. Le notizie di cronaca riportano notizie come queste, purtroppo, in costante aumento su tutto il territorio italiano e anche su quello della provincia alessandrina. Per questo motivo siamo impegnati nell’organizzazione di momenti informativi rivolti alla cittadinanza, soprattutto agli anziani ma anche attuando attività di prevenzione nelle scuole. Molte volte, infatti, la truffa, oltre al danno economico che comporta, rappresenta anche un vero e proprio motivo di caduta psicologica con il reale pericolo che le vittime possano chiudersi in sé stesse, compromettendo la propria autonomia e socializzazione”. Gli argomenti in scaletta hanno sottolineato l’importanza di incontri come questo poiché non sono rare le segnalazioni di sparizioni di attrezzature, materiali, prodotti fitosanitari, macchinari, trattori e furgoni, necessari per portare avanti l’attività aziendale. Denaro e monili, gasolio, macchine agricole e prodotti in campo sono le tipologie di furto ricorrenti in agricoltura, “per contrastarli serve un cambio di mentalità ed approccio al fenomeno e la segnalazione immediata in caso di sopralluoghi effettuati da persone sconosciute. Ci tengo a sottolineare che collegare il proprio sistema di allarme al numero di emergenza 112 è assolutamente gratuito e permette alle Forze dell’Ordine di agire in tempi più rapidi e efficaci”, ha continuato il Capitano Lavigna. Nel corso della riunione sono state messe a confrontate esperienze e sono state fornite indicazioni utili per evitare di incorrere in episodi di criminalità diffusa. “I furti nelle campagne sono un fenomeno che tende ad amplificarsi dove le condizioni di isolamento rendono più agevole la messa a segno dei colpi – ha sottolineato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco nel ringraziare l’Arma dei Carabinieri e il Capitano Lavigna per la professionalità e disponibilità dimostrata –. Gli agricoltori sono spesso vittime di ogni genere di ruberia, dagli animali ai prodotti agricoli, dalle attrezzature ai macchinari. Un fenomeno che aggrava la situazione di crisi in cui si trova il settore. Bisogna anche tener presente che molti imprenditori non abitano nelle immediate vicinanze delle loro aziende. Per questo è necessario lavorare per il superamento della situazione di solitudine, invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi sociali e delle forze di sicurezza presenti sul territorio anche con l'ausilio delle nuove tecnologie". “Questi incontri informativi rappresentano un’importante occasione per parlare con gli anziani, e non solo, illustrare le modalità attraverso le quali le truffe vengono attuate e fornire loro consigli mirati affinché possano difendersi dalle subdole tecniche utilizzate dai malviventi. Spesso si tratta di vere e proprie spedizioni organizzate, dove i ladri vanno a colpo sicuro, portando via in pochi minuti, anche in pieno giorno, materiali e attrezzature la cui mancanza crea un grosso danno all’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole. Non bisogna abbassare la guardia su questi fenomeni che mettono in difficoltà i piccoli imprenditori. Incontri informativi come questi, organizzati in sinergia con l’Arma dei Carabinieri, sono fondamentali”, ha concluso il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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‘Ndrangheta e chiesa, Gratteri: “Legame forte”. I media? “Un’arma di difesa” Il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri ha presentato il suo ultimo capolavoro a quattro mani con Antonio Nicaso, “Non chiamateli eroi”, nella piazza di Nicotera. Nel dialogo con la giornalista di Rai News24 Angela Caponnetto, il magistrato ha disquisito dei rapporti stretti tra ‘ndrangheta e Chiesa: “In questo ultimo libro raccontiamo un secolo e mezzo di episodi che vedono preti e vescovi in rapporti con la ‘ndrangheta. Molti camminavano armati perché avevano paura di essere ammazzati. Negli anni ’70 diversi sacerdoti poi uccisi camminavano con un milione di lire in tasca”. L’aneddoto del vescovo “corrotto” Per rinsaldare il concetto, Gratteri intrattiene il pubblico con un significativo aneddoto: “Spesso un vescovo mi chiedeva il motivo dei numerosi arresti. Io gli risposi chiedendogli, a mia volta, il motivo delle mangiate che spesso faceva a casa del capo-mafia”. ‘Vado a recuperare la pecorella smarrita’, mi disse. Io gli risposi che se la pecorella non si ravvede mai, l’effetto di queste visite è una legittimazione delle sue azioni. Forse sarebbe stato più opportuno recarsi a casa di un contadino. Da quel momento in poi, il vescovo non è più venuto a trovarmi”. Il magistrato fa comunque notare che “la situazione in Calabria, grazie a Papa Francesco, sta migliorando notevolmente. Nel Sud, la Chiesa ha un potere molto forte: nei piccoli paesi i sacerdoti hanno seguito, votano e fanno votare. Avere un prete che investe il suo tempo nella cura dei giovani è una fortuna, discorso diverso per uno che invece pensa solo al suo potere”. Il rapporto con i media (...) . “Sono spesso criticato perché vado continuamente in televisione – ha affermato. Più me lo dicono e più io ci vado, perché la gente deve sapere e deve essere informata. Molti giornalisti hanno l’ossessione di Gratteri e i loro pezzi sono composti dall’80% di notizie false. Io ho nervi di acciaio e spalle larghe, continuo per la mia strada perché ho una grande responsabilità con migliaia di uomini che lavorano per la Procura di Catanzaro. La comunicazione è la mia unica arma di difesa. Non faccio parte di nessuna corrente, non ho partiti alle mie spalle ma ho la possibilità di andare in trasmissioni importanti per parlare di fenomeni e soluzioni ai problemi”. (...) “Dov’è il sindacato dei giornalisti? A me non interessa granché, vado in conferenza stampa per raccontare il sacrificio di centinaia di forze dell’ordine. E’ giusto che chi non può parlare venga rappresentato e gli sia data la giusta gratificazione”. (a.b.) https://calabria7.it/
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Di Salvino Paternò
Colonnello in congedo Arma Carabinieri.
Sapete cosa mi infastidisce di più nella vicenda del Carabiniere che, per reagire e difendersi da una rapina a mano armata, ha ucciso un giovane rapinatore?
No, non sono gli specialisti di balistica, i maestri di tiro e gli esperti di tecniche di intervento che ogni volta, come funghi ammuffiti, spuntano sui social e nelle TV. Secondo loro il Carabiniere ha agito spropositatamente, potendo attingere l’aggressore su parti del corpo non vitali. E certo! D’altronde è risaputo che l’interno di un autoveicolo e l’oscurità notturna offrono le migliori condizioni ambientali e di visibilità per mirare con precisione. Per non parlare dello stress emotivo derivante da un’arma spianata alla tempia; è indubbio che tale circostanza conferisca all’operatore la calma e la rilassatezza necessaria per sparare al pari di un cecchino comodamente disteso sui tetti di un edificio… o no?
Ma a questo punto, mi chiedo, non sarebbe stato ancora più opportuno che l’agente mirasse alla pistola impugnata dall’aggressore facendogliela schizzare dalle mani? Tex Willer lo fa ogni volta! Per quale motivo non l’ha fatto anche lui? E come mai non ha riconosciuto grazie all’olfatto o all’udito che la pistola impugnata era una semplice riproduzione di quelle vere? E perché non indossava gli occhiali laser e ad infrarossi che gli avrebbero permesso di vedere il volto del rapinatore nascosto dal casco, comprendendo così che si trattava di un minore?
No, non sono questi fessi che mi disturbano. A questi ci sono abituato.
E non è neanche l’accusa mossa dalla magistratura, che nel volgere di poche ore si trasforma da eccesso colposo in legittima difesa a omicidio volontario. La prossima quale sarà? Tentata strage?
Certo, è un atto dovuto, dovuto da parte di coloro che, comodamente seduti nella poltrona della propria scrivania, vagliano il comportamento di colui che, nella frazione di pochi secondi, ha dovuto valutare se, con una pistola puntata in faccia, ricorreva la condizione di “attualità del pericolo” prevista dalla legge. Sorseggiando seraficamente un caffè, poi, valutano se ricorreva anche la condizione di “inevitabilità”, e cioè se, in quelle condizioni di estremo pericolo, prima di estrarre l’arma e sparare, c’era il tempo di identificarsi e intimare la resa. Tra un aperitivo e l’altro, infine, vagliano se ricorreva la condizione di “proporzionalità” tra offesa e difesa, e cioè, se in quella situazione convulsa, con l’adrenalina che scorreva nelle vene, il cuore che batteva nel petto togliendo il respiro e appannando la vista, c’era la lucidità per valutare i danni che si stavano infliggendo, calcolare le traiettorie, analizzare i movimenti spasmodici del criminale nell’oscurità, per rendersi conto se, mentre il grilletto veniva tirato, era di spalle o di fronte.
No, non mi secca l’operato della magistratura. Anche a questo ci sono abituato.
Quello che mi dà veramente fastidio è l’atteggiamento di coloro che accomunano i due protagonisti della vicenda asserendo che “sono entrambi vittime della stessa tragedia”.
Eh no, cari miei, non c’è nulla, ma proprio nulla, in comune tra il rapinatore ed il Carabiniere. Tra chi aggredisce e chi si difende. Tra chi protegge le istituzioni e, a rischio della propria vita, tutela la società e chi invece la distrugge, la deruba, la sfregia. Sono due vite differenti, poste agli antipodi. Non c’è alcuna assimilazione tra l’etica delle forze dell’ordine e la subcultura di coloro che si nutrono a pane e gomorra, che reputano naturale rapinare la gente in mezzo alla strada e distruggere un ospedale che non è in grado di compiere il miracolo di far risorgere un morto.
Tenetevi i vostri eroi, ammantati di cinica prepotenza e sopraffazione, e lasciateci i nostri valori di sacrificio, onore, impegno e fedeltà.
Scagliatevi pure contro il Carabiniere, offendetelo, vituperatelo, minacciatelo pure, ma non provate a metterlo sullo stesso piano di un delinquente… a tale denigrazione non ci abitueremo mai!
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(adnkronos.com) – sfogo del comandante Alfa “Non posso più tacere, la rabbia e il dolore sono forti e non voglio e non devo più contenerli. Siamo un paese in emergenza, in guerra. Sì in guerra, i decreti non servono più a nulla, sono confusi, servono a indebolirci e non a rinforzarci. Sono pallottole al sale quando metaforicamente servirebbero quelle vere”. Lo afferma, in una lettera pubblicata anche sui social, il comandante Alfa, nome in codice per nascondere la sua vera identità, fondatore dei gruppi speciali del Gis, le teste di cuoio dei carabinieri, sull’emergenza coronavirus, aggiungendo che questo “è il momento dell’unità, quella vera, per il bene comune“.
“Dove siete tutti voi politici salvatori del popolo, dove siete nascosti, con i vostri sorrisi, i proclami e i video ipocriti e inopportuni – chiede il comandante Alfa – Dove sono le signore con le gambe accavallate che spopolavano in tv difendendo o attaccando a destra e a manca? Dove siete voi che salendo sulle navi pirata avete incensato e legittimato l’aggressione ai nostri militari della Guardia di Finanza. Dove sono le sardine e i centri sociali sempre pronti a scendere in piazza contro e mai per?”.
“Prendete le vostre mascherine, mettetevi una tuta da palombaro e correte a supportare e portare vicinanza ai soldati in prima linea – continua – Sanitari, militari, autotrasportatori, operatori del commercio, volontari e tanti altri che rischiano la vita per tutti noi e anche per voi. Il parlamento è chiuso? Vi riunite due volte a settimana? Siamo in guerra e voi vi nascondete come topi? No, non possiamo accettarlo“. “Questa volta la misura è colma, penso a coloro che stanno rischiando e combattendo con pochissime armi, a volte addirittura senza. Un popolo si riconosce da chi lo rappresenta, ma io in questo momento non vedo nessuno”, osserva.
“Chiudete tutto, lasciando aperti i servizi essenziali per la sopravvivenza, garantendo agli operatori la tutela adeguata – aggiunge il comandante Alfa – Schierate l’esercito, istituite il coprifuoco, chiudete i confini, i porti, sigillate il nostro paese all’Europa che ci ha lasciati soli e che ci ha presi in giro senza che nessuno dei nostri governati ci abbia difesi”. “Siamo eccellenza in tutti i campi, cultura, sanità, intelligence, militare e voi a colpi di decreti a puntate, peraltro confusi e spesso impraticabili, chiusi nelle vostre dimore, nei vostri agi non date l’esempio”, aggiunge.
“Non ho sentito né letto un sacrificio da parte vostra, la rinuncia ai vostri benefici.. dove sono i vostri sacrifici? – prosegue – Li devono fare sempre i soliti? Prendete in giro artigiani, piccoli imprenditori, gente che fa fatica ad andare avanti e voi che fate per aiutarli a sopravvivere? Spostate la data delle tasse? Ma come ragionate? Come pensate che riusciranno a pagare se sono chiusi e lo saranno ancora per molto senza avere guadagni? Vergogna!“. “Un premier non eletto che si presenta con la bandiera europea in bella vista e non con il tricolore per il quale tanto sangue è stato versato dai nostri padri mi strazia – osserva – Ora scoprite tutti di essere italiani a parole, fumo negli occhi per chi muore ogni giorno, ogni ora, ogni minuto da solo, senza il conforto di un familiare”.
“Quanti muoiono a casa? Quanti infettati tra i sanitari, le forze dell’ordine e nel settore commerciale? Siete tutti responsabili di questa che assume i contorni di una strage senza uguali dal dopoguerra”, sottolinea. “Già la guerra, quella che ho visto con i miei occhi in terre straniere e che mai avrei pensato di poter rivivere nel mio Paese – afferma ancora il comandante Alfa – È il momento dell’unità? Allora ascoltate tutti, munitevi di mascherine e tute e fate squadra, insieme si diventa invincibili. Per il bene del paese mostrate umiltà e collaborazione con tutti. Ognuno può dare un consiglio e un supporto anche se non riveste lo stesso colore politico. È il momento dell’unità, quella vera, per il bene comune – conclude – Molti di coloro che attualmente sono al governo non sono stati eletti dal popolo. Siamo mica in dittatura? Cosa mi sono perso? Basta, ora urlo forte il mio dolore, prima che sia troppo tardi. Ma forse lo è, obbligate la gente a stare a casa in ogni modo possibile, correre e andare al mare deve diventare in questo momento di emergenza un reato, o siamo tutti assassini”.
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Il ministro degli interni Matteo Salvini non celebrerà il 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo. “Non andrò all’altare della patria per ricordare i partigiani. Non mi interessano le dispute tra i fascisti e comunisti, piuttosto, andrò a Corleone per liberarci da mafia, camorra e ‘ndrangheta, e lo farò accanto alle forze dell’ordine”. Queste sono le dichiarazioni del ministro Salvini, che con questo atto vuole offuscare il valore della giornata del 25 aprile che ricorda il giorno in cui l’Italia fu liberata dai nazifascisti, con il sacrificio degli uomini e delle donne partigiani e partigiane. Forse il ministro degli interni non sa che Corleone è sì il paese “simbolo” delle mafie, ma anche il paese di Placido Rizzotto. Bene, tocca a noi ricordarglielo. Placido Rizzotto, partigiano socialista, combattente nelle brigate Garibaldi. Segretario della camera del lavoro di Corleone, ucciso dalla mafia il 10 marzo 1948. Ucciso perché organizzò le occupazioni delle terre incolte che appartenevano ai “cappeddi“. La mafia di Corleone, comandata dal boss dottore Navarra proteggeva i padroni e opprimeva i braccianti agricoli, togliendo diritti e dignità. Il giovane sindacalista Placido Rizzotto ebbe il coraggio di sfidare i mafiosi come aveva sfidato i fascisti da partigiano. La mafia non esitò a ucciderlo per mano di Luciano Liggio, detto Lucianeddu u sciancatu, lo uccise a colpi di pistola e poi fu gettato in una foiba in aperta campagna. Ci vollero molti anni per riconoscere i suoi resti e dargli una degna e giusta sepoltura. Ci auguriamo che gli uomini, le donne, ma sopratutto i ragazzi e le ragazze di Corleone, il 25 aprile, quando il ministro si presenterà nel loro paese grideranno che questo luogo è un luogo di resistenza partigiana, oltre che quello di resistenza alla mafia. Che ricordino, che i loro nonni e bisnonni contadini, con la banda in testa occuparono le terre innalzando le mille bandiere rosse, guidati dal partigiano Placido Rizzotto. Perché, il passato, per quanto odioso, terribile e violento, non tace e prima o poi urla. Giovanni Caruso
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Facebook, decide in maniera insindacabile
L’assurdità della censura di Facebook, una risposta arrivata :“Abbiamo stabilito che non puoi usare Facebook. Per maggiori informazioni sulle normative di Facebook, consulta la Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità di Facebook:https://www.facebook.com/legal/terms/?ref=crPurtroppo, per motivi di sicurezza, non possiamo fornirti altre informazioni sul motivo per cui il tuo account è stato disabilitato. Ti ringraziamo per la comprensione, dato che questa decisione è insindacabile. “come funziona Facebook?” L’obiettivo di Facebook è dare agli utenti il potere di creare community e rendere il mondo più unito. ” questo è uno dei punti utilizzati per chiarire nel loro regolamento quali sono gli obiettivi ( noi maliziosi pensiamo che sia solo l’aspetto economico su cui ci soffermeremo in altra occasione).Gli utenti utilizzano la piattaforma che viene pagata da aziende o comunque inserzionisti che desiderano farsi conoscere e infatti“Facebook aiuta l’utente a trovare e a connettersi con persone, gruppi, aziende, organizzazioni e altri soggetti di interesse nei Prodotti Facebook in uso.La possibilità di trovarsi è reale e concreta senza alcun dubbio, però ci sono delle regole.Lotta ai comportamenti dannosi, protezione e supporto della community di Facebook, altro punto citato a dimostrazione del loro impegno e coinvolge anche altre aziende ( punto dubbio su cui vorremmo capire meglio), : “Facebook adotta misure idonee, ad esempio offrendo aiuto, rimuovendo contenuti, bloccando l’accesso a determinate funzioni, disabilitando un account o contattando le forze dell’ordine. Facebook condivide dati con altre aziende di Facebook quando individua un uso improprio o un comportamento dannoso da parte di qualcuno che usa uno dei Prodotti di Facebook. “Gli interventi in teoria chiari non lo sono se affidati a macchine e programmi e di questo si tratta:” Facebook sfrutta e sviluppa tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, i sistemi di apprendimento automatico e la realtà aumentata, per consentire agli utenti di usare i propri Prodotti in modo sicuro, indipendentemente dalle loro abilità fisiche o dalla loro posizione geografica. Queste tecnologie, ad esempio, aiutano gli utenti con disabilità visive a capire i contenuti o i soggetti di una foto o di un video condiviso su Facebook o Instagram.Una macchina, un algoritmo, un programma può capire cosa rappresenti una foto? La foto di incidente può servire a prevenirne altri, può spingere a rallentare, a usare prudenza, oppure può essere interpretata come espressione di violenza per la drammaticità, per il sangue o per volti sfigurati, gambe tagliate, ecc.Come fa un programma a stabilire se una foto rientra o no nella normativa? Semplice, Facebook si affida al giudizio e alle segnalazioni.Chi segnala può farlo e spesso lo fa per una serie di motivi che possono essere vari: politica, rivalsa verso il collega antipatico, interesse economico verso un’azienda o un giornale concorrente.Sono però valutazioni personali e di parte, come nel caso del nudo: una statua è un elemento pornografico? Un capezzolo di una donna è porno, o è una scollatura ad hoc, magari di una signora che si offre a pagamento, oppure di una bagnante col costume slacciato!Semplici esempi per dire che tutto è opinabile e contestabile, per cui quando si prendono posizioni così ferme senza certezze assolute allora si entra in un altro ambito.La recente vicenda del blocco di alcuni partiti politici legali e anzi facenti parte di alcune istituzioni (eletti nei comuni ad es.) fà rabbrividire: non si tratta di liti da condominio, al bar o in una chat, ci sono anni di lavoro di persone che costruiscono con pazienza e sacrificio un futuro alla propria associazione, gruppo, azienda e anche collegamenti, foto, video personali che non dovrebbero essere messi in gioco e/o discussione per la pubblicazione di un post o di un comunicato, o per una considerazione.Facebook non può fare il poliziotto del mondo, la Polizia può e deve intervenire in caso ci siano violazioni e reati.Qualcuno eccepisce però che si tratta di un soggetto privato con sede all’estero, bene rispondo io, la legge non vale e non è uguale per tutti?Bloccare un gruppo perchè uno sbaglia non può diventare la regola, le responsabilità sono personali, altrimenti si cade nel razzismo e nell’odio verso movimenti di destra nel caso di questi giorni, ma la violenza e l’odio vanno combattuti oppure dipende dalla parte politica che li esercita?I movimenti di estrema sinistra non sono stati osteggiati e bloccati come mai? C’è differenza di trattamento, è ovvio.Il blocco senza alcun avvertimento e a gradi influisce e influirà sempre più a livello economico portando all’uscita di massa, cosa che sta cominciando ad avvenire da Facebook in favore di Telegram, Twitter, ecc., e i guadagni col tempo diminuiranno anche e sopratutto da una certa parte politica che si vede osteggiata, ci rifletta Mark ZuckerbergIn America, come nel resto del mondo ci sono movimenti simili a quelli italiani e come mai visto che Facebook è mondiale, i blocchi e le rimozioni sono avvenuti solo in Italia? Il dubbio è che magari si addolciscano le posizioni e le richieste economiche (tasse) ammiccando e strizzando l’occhiolino al nuovo Governo di sinistra?Infine anche al di là degli aspetti politici, i blocchi a tempo indeterminato cose mai viste e mai avvenute su cui si esprimeranno i giuristi, non riguarderanno solo gli aspetti politici ma ci saranno rivendicazioni di carattere economico per la cancellazione di gruppi, pagine,video che hanno un valore non da poco visto che tante campagne politiche erano anche a pagamento.Non è che alla fine Facebook dovrà rendere parecchi soldi per i danni d’immagine, di censura e per il materiale trattenuto che deve essere messo a disposizione dei proprietari ( foto, video, ecc.) che negli anni lo hanno condiviso e messo a disposizione di tutti gli interessati.La presente sarà spedità via twitter al fondatore Mark Zuckerberg per le risposte.Nel frattempo chi si trova privo del materiale condiviso potrà decidere se fare ricorso, azione legale e politica contro decisioni improvvise, irreversibili di chiaro stampo non democratico, toccando pagine e gruppi privati con ricordi personali che nulla hanno a che vedere con Forza Nuova e Casa Pound.
Giuseppe CriseoPresidente
CASADEGLITALIANI
Iwww.casadeglitaliani.it
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Il primo maggio 1886, a Chicago, oltre 50.000 lavoratori proclamano lo sciopero per imporre al padronato le otto ore. In un clima di tensione, e di numerose provocazioni poliziesche, si susseguono cortei, comizi ed iniziative varie. Il 3 maggio, davanti alle fabbriche Mc Cormick, in Haymarket square, si svolge un presidio di lavoratori per impedire azioni di crumiraggio, durante il quale prendono la parola gli esponenti più importanti del movimento operaio, tra cui i militanti anarchici, che consideravano la campagna per le otto ore solo come un primo passo verso la rivoluzione sociale. Al termine dell’iniziativa, alcuni agenti delle “forze dell’ordine” caricano i manifestanti, iniziando a sparare all’impazzata. Il risultato è di quattro morti e centinaia di feriti. Il 4 maggio 1886, ad Haymarket Square, a Chicago, durante un raduno di lavoratori\lavoratrici ed anarchici in solidarietà con i lavoratori\lavoratrici in sciopero, una bomba fu lanciata su un gruppo di poliziotti, di cui uno morì all’istante. Questo fatto fu usato dalle istituzioni come scusa per reprimere il movimento anarchico. Il processo che ne seguì portò alla condanna a morte per impiccagione di sette anarchici (due di loro furono in seguito graziati), poi riconosciuti innocenti, e ad una condanna a 15 anni. I condannati sono passati alla storia come “Martiri di Chicago”. August Spies, uno dei condannati, dopo la lettura della sentenza dichiarò:«Vostro onore, la mia difesa è proprio la sua accusa, miei presunti crimini sono la mia storia. Può condannarmi, però almeno che si sappia che nello Stato dell’Illinois otto uomini furono condannati per non abiurare la loro fede nel trionfo finale della libertà e della giustizia». Adolph Fischer, August Spies, George Engel e Albert Parsons vengono impiccati l’11 novembre del 1887. Louis Lingg sfugge alla forca, a cui era stato condannato, suicidandosi in carcere il giorno prima dell’esecuzione. A Samuel Fielden e Michael Schwab, in seguito alla domanda di clemenza rivolta al governatore Richard James Oglesby, la pena viene commutata nell’ergastolo. Nel 1893 il governatore dell’Illinois, John Peter Altgeld, concederà loro la grazia. Stesso provvedimento riceverà Oscar Neebe, che invece era stato condannato a 15 anni. Il giorno del funerale dei martiri anarchici, il 13 novembre, 200.000 lavoratori e lavoratrici parteciparono con l’intento di commemorare il sacrificio degli anarchici assassinati dalla giustizia dello Stato. In seguito il movimento internazionale dei lavoratori, nel 1889 a Parigi, propose di ricordare in una giornata di sciopero generale fissata appunto per il primo maggio di ogni anno gli avvenimenti di Chicago. Questa data avrebbe dovuto rappresentare una scadenza fissa di lotta e per ricordare le vittime della repressione padronale. Insomma, il Primo Maggio avrebbe dovuto rappresentare una giornata di lotta e di memoria storica.
fonte: https://freccia.noblogs.org/post/2013/11/12/11-novembre-i-nostri-martiri/
-Campetto Occupato-
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Celebrazione del Santo Natale Interforze: un momento di preghiera e memoria ad Alessandria
La Cattedrale di Alessandria ospita la solenne cerimonia con il Vescovo Guido Gallese e i cappellani delle forze dell’ordine.
La Cattedrale di Alessandria ospita la solenne cerimonia con il Vescovo Guido Gallese e i cappellani delle forze dell’ordine. Alessandria, 17 dicembre 2024 – Si è svolta questa mattina, presso la suggestiva Cattedrale di Alessandria, la solenne celebrazione del Santo Natale Interforze, un evento di grande valore spirituale e commemorativo che ha riunito le forze dell’ordine in servizio e in…
#Alessandria eventi dicembre#Alessandria today#benedizione natalizia#cappellani forze dell’ordine#cappellani militari#Cattedrale Alessandria evento#Cattedrale di Alessandria#celebrazione Alessandria#celebrazione natalizia#celebrazione religiosa#cerimonia interforze#cerimonia natalizia Cattedrale#commemorazione caduti#comunità alessandrina#corpi militari#dedizione forze dell’ordine#evento solenne Alessandria#Forze dell’ordine#Google News#impegno forze dell’ordine#italianewsmedia.com#memoria e sacrificio#Missioni internazionali#Mons. Guido Gallese#Natale e spiritualità#Natale forze dell’ordine#pace e sicurezza#Pier Carlo Lava#preparazione Natale#ricordo caduti
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Bologna, arrestato bosniaco: finanziava terroristi jihadisti
Bologna, arrestato bosniaco: finanziava terroristi jihadisti. Bologna. L’inchiesta dei Carabinieri parte nei primi mesi del 2020. L’ambito è quello del costante monitoraggio sui circuiti radicali di matrice jihadista, anche di quelli riconducibili all'area balcanica occidentale. In particolare, sotto la lente d’ingrandimento delle Forze dell’Ordine, il rinnovato attivismo espresso dai terroristi in diaspora in Europa. Le indagini hanno condotto all’individuazione di un cittadino bosniaco, regolare sul territorio italiano, artigiano e titolare di un'impresa edile. Il suo profilo, però, ha colpito gli inquirenti per la singolare caratterizzazione ideologico-confessionale. In particolare, per l’adesione a una visione radicale ed estremista dell'Islam. La scoperta di ingenti finanziamenti in favore di esponenti di cellule terroristiche e destinati a chiare attività di terrorismo internazionale ha fugato ogni dubbio. Il 52enne effettuava periodici trasferimenti di denaro, spesso anche mediante soggetti terzi ignari delle finalità. L’ammontare è stato fissato dagli agenti in oltre 50.000 euro. Un tesoretto che il bosniaco aveva messo su anche grazie ai contatti con un Imam, anch'esso di origine balcanica, già noto per i suoi precedenti legati al terrorismo jihadista. I Carabinieri avevano già indagato il leader religioso nel 2014, quando aveva organizzato un "tour di preghiera" nel nord Italia. La finalità ultima del pellegrinaggio era, in realtà, quella di reclutare miliziani votati al "jihad armato" da inviare a combattere in Siria e Iraq nelle file dello Stato Islamico, in quel periodo all’apice della sua potenza bellica. Si segnala un ultimo aspetto rilevante dell’indagine: fin dal 2014, il finanziatore bosniaco inviava o faceva inviare denaro, oltre che in Bosnia anche in Albania, e attraverso l'utilizzo di soggetti intermediari incaricati di ricevere il denaro per poi consegnarlo ai reali terminali delle transazioni. Insomma, se la magistratura accerterà il tutto, si tratta di una rete ben congegnata. Uno schema che conferma quanto emerge dalla costante attività di analisi dei Carabinieri che seguono l’evolversi delle istruzioni che il Daesh impartisce nell'ambito della sua pressante azione di propaganda mediatica sul web. Lo Stato Islamico, ormai sconfitto territorialmente nell'area siro-irachena, ha da tempo sensibilizzato i propri simpatizzanti affinché contribuiscano a mantenere in vita l'organizzazione a livello globale in ogni modo: dal perpetuarsi del suo messaggio apologetico online, al sacrificio della propria vita combattendo nei teatri di conflitto o lanciando attentati in Occidente, fino al sostegno finanziario nei confronti dei membri dell’organizzazione. Per prevenire e scongiurare la minaccia jihadista occorre non abbassare la guardia. L’operazione che abbiamo raccontato sottolinea la necessità che le forze di polizia continuino a cogliere le più significative evoluzioni del terrorismo internazionale e siamo messe in condizione di intervenire in situazioni che costituiscono motivo di pericolo per la sicurezza nazionale. ... Read the full article
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Le polemiche su Silvia Romano ricordano quelle sulle “due Simone” e su Greta e Vanessa Con il ritorno in Italia di Silvia Romano, la cooperante milanese rapita in Kenya il 20 novembre 2018, si è tornato a polemizzare sul presunto riscatto che lo Stato italiano avrebbe pagato per la sua liberazione. “Quanto ci è costato liberarla?”, “Quanto ha pagato lo Stato? Ci sono cose più importanti”, sono alcuni commenti che si leggono sui social in queste ore. Silvia Romano è stata criticata anche per la lunga tunica verde, che ha indossato scendendo dal Falcon che l’ha riportata in Italia dalla Somalia, e per la sua conversione all’Islam. Ma le critiche che sono state mosse a Silvia Romano non sono una novità. Lo stesso avvenne per Simona Parri e Simona Torretta, soprannominate dalla stampa “le due Simone”, sequestrate nel 2004 in Iraq, a Baghdad, nella sede della Ong per cui lavoravano all’età di 29 anni. Furono liberate dopo 5 mesi e mezzo di prigionia. Al loro arrivo all’aeroporto di Ciampino si tenevano per mano sorridenti e indossavano lunghi caftani colorati. Dopo la liberazione ai giornalisti dichiararono che sarebbero ripartite per fare volontariato. E così fu: Simona Torretta pare sia in Libano impegnata in un progetto umanitario che coinvolge i bambini e Simona Pari in Guatemala. Dopo le due “Simone”, ci fu il caso delle due cooperanti italiane Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, rapite in Siria nel 2014 e poi liberate nel 2015. Anche in quel caso le due giovani donne furono criticate per le foto ad Aleppo prima del rapimento dove entrambe si mostravano sorridenti e vestite da “hippy”. Secondo le malelingue erano in andate in Siria a divertirsi, non per fare volontariato. A sollevare le polemiche sul riscatto ci ha pensato anche Matteo Salvini che commentando la liberazione di Silvia Romano da Lucia Annunziata a Mezz’ora in più, su Rai tre, ha detto: “È chiaro che nulla accade gratis”. “Auguro lunga e serena vita a questa ragazza, ma per rispetto di coloro che rischiano la vita per salvare altre vite, prima di dire ‘la prima cosa che farò sarà tornare in un luogo a rischio’, ci penserei due volte, ma ognuno fa quello che vuole della sua vita…”, aggiunge Salvini facendo riferimento al caso di Greta e Vanessa. “Prima di fare cose che mettano a rischio la vita di donne e uomini delle forze dell’ordine in Italia o nel Mondo bisogna pensarci cento volte “, ha detto l’ex ministro dell’Interno. Anche la giornalista Flavia Perina ha sollevato la questione in un post Facebook dal titolo ironico “Il dress code delle rapite” e in un lungo articolo su Linkiesta.it. "Adesso la vicenda di Silvia allunga la casistica delle rapite inadeguate al ruolo che il comune sentire vorrebbe assegnargli, qualunque esso sia: Marie Maddalene pentite, testimonial della lotta al terrorismo o all’Islam, Sante Marie Goretti del sacrificio estremo. Non c’è niente da fare: l’uomo che si impegna in un’impresa pericolosa – che si arruoli nella Legione Straniera o coi curdi del Rojava – è un eroe; la donna che aderisce a una causa morale di qualunque tipo è una sventata, una scema, una poveretta inconsapevole e manipolata anche se, come le due Simone, ha trent’anni, è un’adulta e ha fatto una scelta di vita. Questo tipo di ragazze non ci piacciono, ci insospettiscono, forse mettono in difficoltà una cultura corrente dove il rischio non è più contemplato. Siamo il Paese di Anita Garibaldi, che cavalca e spara in mezzo a tre o quattro rivoluzioni, ma se vivesse oggi le diremmo: chi te l’ha fatto fare? Potevi restartene a casa, come tutte." Di Clarissa Valia
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Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus
«La data del 18 Marzo 2020 rimane incisa nella memoria degli italiani. Una immagine, quella dei mezzi militari che a Bergamo trasportavano le vittime falcidiate da un virus allora ancora sconosciuto, che racchiudeva il dramma dell’intera pandemia ... Lo spirito di sacrificio, la consapevolezza di sentirsi responsabili gli uni degli altri, che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini ha dimostrato di possedere, costituiscono un patrimonio prezioso per le sfide che il Paese si trova ad affrontare, da non disperdere»Alla memoria delle vittime ci inchiniamo. Nel dolore dei loro familiari si riconosce l’intera comunità nazionale. Lo smarrimento dinanzi a una minaccia così insidiosa ha lasciato in breve tempo spazio a una reazione tenace, fatta di coraggiose scelte collettive e di avveduti comportamenti individuali, che ci ha consentito di affrontare una sfida senza precedenti nella storia recente dell’umanità. La Repubblica è fortemente impegnata a garantire i ritmi di una rinnovata vita della nostra comunità, senza dimenticare la lezione di quanto è avvenuto... per ricordare i tanti che non ci sono più e, insieme, l’apporto di quanti hanno contribuito alla salvaguardia della salute collettiva, al funzionamento dei servizi essenziali. Scienziati e ricercatori, medici, infermieri, personale sanitario, pubblici amministratori, donne e uomini della Protezione civile, militari e forze dell’ordine, volontari, hanno costituito un caposaldo su cui abbiamo potuto contare. A tutti loro va la nostra gratitudine». Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia da Coronavirus Raccolta fotografica: https://www.pinterest.it/piusolbiate/solbiate-olona-al-tempo-del-coronavirus/
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Incontro sull'usura a Cassino organizzato dalla Confcommercio Lazio Sud
Incontro Incontro IncontroIncontro sull'usura a Cassino Si è tenuto il 17 maggio a Cassino, presso la sede dell��Amministrazione comunale, il primo incontro dell’Unità di crisi sul tema dell’usura, alla presenza del vice sindaco Francesco Carlino, degli assessori al Commercio Arianna Volante, alla Cultura Danilo Grossi, del presidente della Camera di Commercio Frosinone – Latina e di Confcommercio Lazio e Lazio Sud Giovanni Acampora e del presidente di Confcommercio Lazio Sud Cassino Bruno Vacca. In collegamento streaming da Roma il presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio Gianpiero Cioffredi. Il vice sindaco Carlino, nel portare i saluti del sindaco Enzo Salera che con la sua Giunta ha fortemente voluto questo momento di confronto, ha sottolineato come l’Amministrazione negli anni, in particolare in questi ultimi segnati dalla pandemia, ha sempre lavorato, attraverso iniziative mirate, per contrastare il fenomeno dell’usura in forte aumento a Cassino. Il Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio, Gianpiero Cioffredi, ha elogiato l'importante lavoro di indagine che il Prefetto di Frosinone Ignazio Portelli sta portando avanti nel territorio di Cassino, aggiungendo come il problema dell’usura, nella Regione Lazio, sia un reato fortemente in aumento e verso il quale è necessario intervenire, rafforzando le reti di contrasto e creando un’alleanza forte tra Istituzioni, Associazioni di categoria e forze di polizia. Ha dichiarato Cioffredi: “Dall’usura si esce soltanto con la denuncia, dobbiamo accompagnare le vittime, perché chi non denuncia si ritrova in un tunnel di sofferenza che porta spesso alla perdita dell’impresa costruita con tanto sacrificio”. Il presidente della Camera di Commercio Frosinone-Latina e di Confcommercio Lazio e Lazio Sud Giovanni Acampora ha aggiunto: “Stiamo lavorando su questo importante tema cercando di dare un taglio pratico, attraverso soprattutto la collaborazione e la sinergia tra l’Ente che rappresento, le Istituzioni e le Associazioni di Categoria presenti sui territori. Il presidente Cioffredi ha giustamente posto l’accento sull’importanza e la necessità di denunciare e di aiutare le imprese nel prendere questa posizione, ma su questo tema, va fatta una considerazione pragmatica, bisogna agire su due fronti, ovvero prevenzione e percezione del fenomeno. Nel corso della mia partecipazione alla Giornata nazionale della Legalità-promossa dalla Confcommercio- “Legalità Mi Piace”, alla presenza del Ministro Lamorgese, sono stati affrontati gli aspetti relativi alla percezione e alle difficoltà che le imprese hanno rispetto all’usura. Dall’analisi della Confederazione è infatti emerso che c’è un aumento della percezione del fenomeno usura che rispetto al 13% del 2019 si attesta per il 2020 al 27%. E’ evidente, che la causa di questo fenomeno va ricercata nella forte riduzione del volume di affari, nella mancanza di liquidità, così come nella difficoltà di accesso al credito e ai problemi legati ad una eccessiva burocratizzazione della macchina amministrativa. I casi di reati di usura registrati sul territorio nazionale nel 2020 sono 222 (un aumento del 16% rispetto al 2019) quindi è chiaro che c’è un problema legato alla difficoltà di denunciare, per questo è importante agire, non solo attraverso un'aggregazione di forze sociali ma anche con l'ausilio delle forze dell'ordine per favorire la prevenzione del fenomeno. La paura di denunciare è legata alla preoccupazione di subire ritorsioni, alla paura stessa di essere soli, alla poca fiducia nella giustizia nonché la vergogna di doversi rivolgere alle forze dell’ordine, (in questo è importante l‘assistenza psicologica delle Associazioni presenti) ed infine, la speranza di finire di pagare il debito ed uscire dall’incubo. La difficoltà dell'accesso al credito, inoltre, è una delle principali cause del ricorso all'usura, per questo è importante che gli strumenti di accesso al credito per le imprese siano resi snelli e accessibili affinché si possa arrivare al punto in cui non si dovrà più parlare di aiutare le imprese a denunciare perché non ci sarà più il bisogno di denunciare”. Il presidente di Confcommercio Lazio Sud Cassino Bruno Vacca ha evidenziato la necessità di rafforzare la prevenzione dell’usura, soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti quali la Pandemia da COVID 19: “Attraverso strumenti efficaci di accesso al credito, tema fondamentale che abbiamo affrontato anche come Confcommercio Lazio Sud, possiamo dare un forte contributo al contrasto del fenomeno. Nel mese di aprile del 2020, è stato attivato un servizio di accesso al credito, coordinato dal prof. Ernesto Schiano, Attraverso l’utilizzo del fondo di garanzia del medio credito centrale e della Regione Lazio, abbiamo registrato oltre 500 richieste in pochi mesi. La rete c’è ma bisogna renderla meglio organizzata. Il nuovo accordo firmato dalla nostra Confederazione a livello nazionale con la Cassa Depositi e Prestiti (fondi di garanzia, finanziamenti agevolati ma anche rigenerazione urbana) è un passo in avanti molto importante. Cogliamo con favore questa iniziativa e faremo avere all'Amministrazione il nostro contributo attraverso un documento dettagliato dei dati a nostra disposizione. Auspicando un proseguo fattivo di questo tavolo non possiamo che ritenerlo un valido strumento non solo di contrasto ma di prevenzione del fenomeno dell’usura”. Read the full article
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Chi infrange la legge deve pagare. Sempre! Allo stesso modo, però, il comportamento illecito di poche mele marce non scalfisce -e non deve farlo- nemmeno di una virgola la fiducia e la riconoscenza verso gli Uomini, in armi ed in congedo, dell’ @armadeicarabinieri, con i quali tante volte mi sono trovato a collaborare per il bene delle nostre Comunità e che tanto fanno, talvolta fino all’estremo sacrificio, per il nostro Paese! Con le a Forze dell’Ordine e con i nostri #Carabinieri. Sempre! #Piacenza (presso Piacenza) https://www.instagram.com/p/CC8Us71oZqH/?igshid=yyd69q66in2x
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CORONAVIRUS: 376 MAFIOSI E NARCOTRAFFICANTI STANNO LASCIANDO LE CARCERI ITALIANE?
Parlamentari FDI in Commissione antimafia: "Scarcerato carceriere Giuseppe Di Matteo, perché Conte non mette la faccia su questo?" «La misura è colma! Lascia il carcere e torna a casa anche il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, tenuto segregato per 26 mesi e poi strangolato e sciolto nell’acido. Un delitto orrendo, voluto dai corleonesi di Totò Riina e dei fratelli Brusca, per colpire il padre del ragazzino, diventato collaboratore di giustizia».
E’ quanto affermano il segretario della Commissione antimafia Wanda Ferro e gli altri parlamentari di Fratelli d’Italia nell’organismo parlamentare Luca Ciriani e Antonio Iannone.
«Perché il presidente Conte non mette la faccia anche su questo? Perché va in tv soltanto per autocelebrarsi e raccontare compiaciuto come l’Italia sia un modello per il mondo, quando il suo governo passerà alla storia per essere quello che ha mandato in fumo trent’anni di lotta alla mafia, calpestando il sacrificio di magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine che hanno dedicato la loro vite per fare finire in carcere quei mafiosi che oggi stanno tornando a casa. Il presidente Conte - chiedono i parlamentari di Fratelli d’Italia in Commissione - venga a riferire in Parlamento sui 376 mafiosi e narcotrafficanti che stanno lasciando le proprie celle con la scusa del coronavirus, dica se è in grado di bloccare questa ondata di scarcerazioni, e dica se lo Stato intende ancora combattere la mafia o se ci è sceso a patti». Read the full article
#AntonioIannone#COVID19#fratelliBrusca#FRATELLID'ITALIA#GiuseppeDiMatteo#LucaCiriani#SCARCERAZIONI#TotòRiina#wandaferro
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