#romanzi nordici
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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Ghiaccio e Argento: Un viaggio nelle ombre del nord nel romanzo di Stina Jackson. Recensione di Alessandria today
Un thriller che attraversa paesaggi freddi e misteriosi, alla ricerca della verità nascosta nella natura selvaggia svedese
Un thriller che attraversa paesaggi freddi e misteriosi, alla ricerca della verità nascosta nella natura selvaggia svedese. Ghiaccio e Argento di Stina Jackson è un thriller avvincente che trasporta il lettore nei paesaggi freddi e desolati del nord della Svezia, dove il silenzio della neve e l’oscurità dell’inverno amplificano l’intensità della trama. La storia si concentra su Liv, una giovane…
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gregor-samsung · 7 months ago
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“ La ragazzina con i capelli chiari sale sulla collina quasi tutti i giorni e il bisnonno racconta fiero che la figlia maggiore gioca con gli elfi. Dio aiuti quella povera bambina, dicono alcuni, allora lui si arrabbia oppure scoppia a ridere. Una volta la ragazzina torna a casa con un sasso dalla forma strana, sembra proprio un esserino, tutti intorno al tavolo lo studiano, se lo rigirano tra le dita, lei regala il sasso alla sorella più piccola, arriva la primavera e il cielo dissemina uccelli acquatici sulla penisola di Snæfellsnes. Vanno ad Arnarstapi, il bisnonno lo definisce «un giro di compere in città» anche se città è un termine esagerato per questo gruppetto di case sparse. Eppure qualche volta il significato delle parole può cambiare a seconda di come le guardi, il che è un bene, vuol dire che esiste ancora qualche differenza tra le persone, tra i luoghi, vuol dire che c’è ancora un po’ di vita e di movimento nel linguaggio.
Per mio nonno e per la sua sorellina Arnarstapi è una città, una quantità impressionante di edifici. Lui ha quasi sette anni, lei quasi cinque e quell’anno trascorso sulla Snæfellsnes ha avvolto Reykjavík nella nebbia dell’oblio. Quando sei così piccolo i ricordi dell’anno precedente possono confondersi con i sogni. La figlia più grande fa una smorfia quando vede le sparute case di Arnarstapi. Il bisnonno parla con la gente, si informa, si presenta, la bisnonna fa compere poi va a passeggio con i bambini. C’è una casa un po’ distante dalle altre, come se cercasse di sottrarsi da qualcosa; una piccola casa di legno dove abita il capitano dai capelli rossi. Volevo dirti che non c’è bisogno che veniate da noi nelle prossime sei settimane, ci siamo riforniti di tutto il necessario con questo giro. Il capitano dice: ah sì, siete venuti a fare acquisti. È piccola e carina la tua casa, dice la bisnonna, è un po’ in disparte dalle altre. Mi piace stare al margine. Ah, ecco, bene, dice lei; in effetti non c’è altro da aggiungere, e lo saluta. Ma lui guarda i bambini e dice: in casa da me c’è un uccello con un’ala rotta, voglio farlo andare un po’ fuori, dopo. Rimangono da lui per un’ora. A un certo punto la bisnonna e il capitano si ritrovano l’uno accanto all’altra, tanto vicini che le leggi perdono valore, tanto vicini che lei sente l’odore del pesce e del suo corpo caldo. “
Jón Kalman Stefánsson, Crepitio di stelle, traduzione dall'islandese di Silvia Cosimini, Iperborea (collana Gli Iperborei n° 330), Milano, 2021³, pp. 190-191.
 [1ª Edizione originale: Snarkið í stjörnunum, Bjartur, Reykjavík, 2003]
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klimt7 · 4 years ago
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Programmi per il sabato sera?
Stieg Larsson...
Dice niente?
Giallo non nel senso di regione gialla, ma di romanzi molto intriganti che ti tolgono il fiato.
E poi panorami nordici, svedesi in particolare. Letteratura baltica - si potrebbe dire.
Stieg Larsson
STIEG LARSSON...
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weirdesplinder · 5 years ago
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Festivaletteratura Mantova 2019
Quest’anno ho deciso di iniziare a parlarvi del Festivaletteratura di Mantova, una kermess dal sapore internazionale dedicata ai libri che si tiene nella mia città ogni anno all’inizio di settembre, con largo anticipo perchè si preannuncia un’edizione BOMBA che avrà ospiti scrittori strafamosi e acclamati a livello internazionale, perciò voglio che siate preparati a prendervi qualche giorno di ferie e organizzare un viaggetto a Mantova, che tra l’altro è anche una città molto suggestiva e ricca d’arte da visitare.
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Iniziamo col dire che l’edizione del FESTIVALETTERATURA di MANTOVA 2019 si terrà da mercoledì 4 a domenica 8 settembre 2019.
Ospiti d’eccezione fra i tanti autori presenti: Margaret Atwood, narratrice canadese di fama mondiale, ora ancora più conosciuta grazie alla serie televisiva tratta dal suo racconto distopico Il racconto dell’ancella, il cui seguito atteso da anni dai lettori uscirà in Italia il 10 settembre 2019 col titolo I testimoni.  la scozzese Ali Smith, più volte candidata al Nobel; Jeffery Deaver, autore di gialli/thriller che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo con il ciclo di romanzi con protagonista Lincoln Rhyme, il romanziere statunitense Dave Eggers, autore del libro distopico futurista Il cerchio da cui è stato tratto il film omonimo con Tom Hanks e Emma Watson ; Bernhard Schlink, autore tedesco tra i più tradotti al mondo autore tra gli altri di Il lettore (o A voce alta) opera sul senso di colpa post bellico della Germania dopo la fine della seconda guerra mondiale divenuto anche un famoso film con Kate Winslet che le è valso l’Oscar;  Ian McEwan autore di Espiazione e molti altri libri ormai divenuti veri e propri classici,  lo scrittore e saggista statunitense Jonathan Safran Foer autore di Ogni cosa è illuminata;  Pilar del Rio giornalista e traduttrice spagnola nonché vedova di José Saramago, il premio Pulitzer Colson Whitehead autore di La ferrovia sotterranea, Gail Honeyman autore di Eleonor Oliphant sta benissimo;  David Nicholls, sceneggiatore e autore di romanzi sentimentali di grande successo come Un giorno diventato anche un film, Tony Sandoval, autore di graphic novel perennemente in bilico tra il gotico e il fantastico,  e poi ancora Dacia Maraini ed Erri De Luca, Stefania Bertola, Licia Troisi, lo scrittore fantasy Jonathan Stroud e molti altri ancora! 
Ma oltre al Festival, a tutti questi scrittori e al turbinio di libri presenti, ci sono due motivi in più per venire a Mantova il 5 e il 7 settembre, io (Mariachiara Cabrini alias Weirde) e Francesca Cani faremo due incontri aperti al pubblico totalmente liberi senza bisogno di biglietti o altro per presentare il nostro romanzo storico edito da Fanucci, L’Elisir di Mantova.
Ci farebbe veramente piacere potervi conoscere dopo anni che ci parliamo tramite internet e condividiamo le nostre letture e questa credo sia veramente una buona occasione per farlo. Perchè non verreste solo per noi, ma potreste anche prendere parte ad un Festivaletteratura veramente ricco.
Fateci sapere se siete intenzionati a fare un viaggetto a Mantova e vi daremo tutte le dritte giuste per arrivarci e soggiornarvi. Le date in cui noi saremo presenti sono il 5 e il 7 settembre, più avanti vi daremo più dettagli. Per ora vi dico che non vediamo l’ora di potervi conoscere e parlare un poco con voi!
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Alcuni dei libri del Festivaletteratura 2019:
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Il racconto dell’ancella
Margaret Atwood
In un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile. Difred, la donna che appartiene a Fred, ha solo un compito nella neonata Repubblica di Galaad: garantire una discendenza alla élite dominante. Il regime monoteocratico di questa società del futuro, infatti, è fondato sullo sfruttamento delle cosiddette ancelle, le uniche donne che dopo la catastrofe sono ancora in grado di procreare. Ma anche lo Stato più repressivo non riesce a schiacciare i desideri e da questo dipenderà la possibilità e, forse, il successo di una ribellione. Mito, metafora e storia si fondono per sferrare una satira energica contro i regimi totalitari. Ma non solo: c'è anche la volontà di colpire, con tagliente ironia, il cuore di una società meschinamente puritana che, dietro il paravento di tabù istituzionali, fonda la sua legge brutale sull'intreccio tra sessualità e politica. Quello che l'ancella racconta sta in un tempo di là da venire, ma interpella fortemente il presente.    
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Inverno
Ali Smith
Una vigilia di Natale in una maestosa e decadente villa in Cornovaglia. Quattro personaggi che in tre giorni di festa, mettono a confronto diverse generazioni, sensibilità, visioni del mondo e provando in qualche modo a convivere. Secondo capitolo della tetralogia che Ali Smith dedica alle stagioni, Inverno alterna riferimenti alla drammatica attualità contemporanea (la Brexit, Donald Trump, i cambiamenti climatici) e luminosi tocchi di realismo magico, intessendo le pagine di allusioni letterarie (da Dickens a Shakespeare).
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Il taglio di Dio
Jeffery Deaver
Diamond District, Manhattan. Jatin Patel, maestro tagliatore di diamanti, giace esanime sul pavimento del suo laboratorio. Pochi metri più in là, una giovane coppia di fidanzati. Hanno caviglie e polsi legati, la gola tagliata. La scena che la squadra di Lincoln Rhyme si trova di fronte, un sabato mattina qualunque nelle stanze della Patel Designs, ha tutti i numeri della classica rapina finita male. Ma per Amelia Sachs qualcosa non torna. I diamanti lavorati non sono stati portati via, e l’assassino si è accanito sulle vittime con una brutalità che suggerisce un movente diverso. Per sposare definitivamente la tesi che dietro all’omicidio si nasconda altro, basta leggere il messaggio sgrammaticato e delirante che il killer ha inviato alla stampa. Non è la prima volta che Rhyme deve entrare nella mente allucinata di un assassino. Se non fosse che la follia del Promittente, così si è firmato, è eguagliata da un’abilità e una lucidità fuori dal comune. Per quanto un errore l’abbia già commesso, un errore che lo potrebbe incastrare.     
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Il cerchio
Dave Eggers
"Mio Dio, questo è un paradiso" pensa Mae Holland quando fa il suo ingresso al Cerchio, la più influente azienda al mondo nella gestione di informazioni web. Mae adora tutto del Cerchio: gli open space avveniristici, le palestre e le piscine distribuite ai piani, la zona riposo con i materassi per chi si trovasse a passare la notte al lavoro, i tavoli da ping pong per scaricare la tensione, le feste organizzate, perfino l'acquario con rarissimi pesci tropicali. Pur di far parte della comunità di eletti del Cerchio, Mae accoglie la richiesta di rinunciare alla propria privacy per un regime di trasparenza assoluta. Nessun problema per Mae, tanto la vita fuori dal Cerchio non è che un miraggio sfocato e privo di fascino. Almeno fino a quando un ex collega non la fa riflettere: il progetto di usare i social network per creare un mondo più sano e più sicuro è davvero privo di conseguenze?          
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Il lettore
Bernhard Schlink
Germania, fine anni Cinquanta. Mentre il paese cerca di archiviare definitivamente gli orrori della guerra, il quindicenne Michael Berg cerca di lasciarsi alle spalle i giorni maledetti della sua adolescenza. Svanita l'itterizia che lo ha costretto a letto per un intero inverno, ora può avventurarsi di nuovo per le strade della sua città, e raggiungere la casa di Hanna Schmitz, la sconosciuta trentenne che lo ha soccorso un giorno d'ottobre in cui, di ritorno dalla scuola, la malattia si era fatta sentire con violenza. Occhi azzurri, capelli biondo cenere, il volto spigoloso ma femminile, Hanna Schmitz esercita un'attrazione fatale sul ragazzo. Nella sua casa, un modesto appartamento in cui la stanza più grande è la cucina, Michael riceve la sua iniziazione alla vita sentimentale. Un'iniziazione fatta di travolgente passione e pudori, interrotti di tanto in tanto da uno strano rituale imposto dalla donna: la lettura ad alta voce da parte del ragazzo dei classici della letteratura tedesca. Un giorno, però, Hanna svanisce nel nulla senza lasciare traccia, gettando Michael nella più cupa disperazione. Alcuni anni dopo, il ragazzo, divenuto studente di legge, la rivede in un'aula di tribunale in cui si celebrano i cosiddetti "Auschwitzprozesse"... in veste di imputata.   
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Nel guscio
Ian McEwan
La gravidanza di Trudy è quasi a termine, ma l'evento si prospetta tutt'altro che lieto per il suo piccolo ospite. Ad attenderlo nella grande casa di famiglia (e nel letto coniugale) non c'è il legittimo marito di Trudy e suo futuro padre, John Cairncross, poeta povero e sconosciuto, innamorato della moglie e della civiltà delle parole, ma il fratello di lui, il ricco e becero agente immobiliare Claude. Dalla sua posizione ribaltata e cieca, il nascituro gode nondimeno di una prospettiva privilegiata sugli eventi in corso, ed è lui a metterci a parte di una vicenda di lutto e di sospetto dagli echi assai familiari. Certo, i due cognati fedifraghi, Trudy e lo zio Claude, non hanno regni nordici cui aspirare. Ma amletico è il crimine orrendo che il narratore vede (o meglio sente) arrivare,Se nel testo shakespeariano l'origliamento, l'atto di spiare e raccogliere informazioni rovistando i recessi e gli anditi del regno, è spesso motore dell'azione, nel guscio l'udito è il senso privilegiato per ragioni fisiologiche, e a essere rovistati a pochissima distanza dal capo dell'inorridito narratore sono spesso e volentieri i recessi e gli anditi del corpo materno. Mentre all'orecchio non sempre affidabile del nostro eroe non-nato si dipana la tragica detective story, nella manciata di giorni che separano il suo «esserci» dal suo protetto «non-esserci» ancora, e il nascituro ha tempo di riflettere su di sé, sulla complicata faccenda dell'amore, sul mondo, coi suoi orrori contemporanei e con le sue desiderate meraviglie. Ha tempo e curiosità sufficienti per farsi domande, interpretare i segni della sua realtà mediata, contemplare azioni e concludere che la sua sola salvezza, la salvezza dell'uomo, sta forse nell'esitazione.     
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Molto forte, incredibilmente vicino
Jonathan Safran Foer
A New York un ragazzino riceve dal padre un messaggio rassicurante sul cellulare: "C'è qualche problema qui nelle Torri Gemelle, ma è tutto sotto controllo". È l'11 settembre 2001. Tra le cose del padre scomparso il ragazzo trova una busta col nome Black e una chiave: a questi due elementi si aggrappa per riallacciare il rapporto troncato e per compensare un vuoto affettivo che neppure la madre riesce a colmare. Inizia un viaggio nella città alla ricerca del misterioso signor Black: un itinerario ricco di incontri che lo porterà a dare finalmente risposta all'enigmatico ritrovamento e ai propri dubbi. E sarà soprattutto l'incontro col nonno a fargli ritrovare un mondo di affetti e a riaprirlo alla vita.       
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La ferrovia sotterranea
Colson Whitehead 
«La ferrovia sotterranea» è il nome con cui si indica, nella storia degli Stati Uniti, la rete clandestina di militanti antischiavisti che nell’Ottocento aiutava i neri a fuggire dal Sud agli stati liberi del Nord. Nel suo romanzo storico dalle sfumature fantastiche, Colson Whitehead la trasforma in una vera e propria linea ferroviaria operante in segreto, nel sottosuolo, grazie a macchinisti e capistazione abolizionisti. È a bordo di questi treni che Cora, una giovane schiava nera fuggita dagli orrori di una piantagione della Georgia, si imbarca in un arduo viaggio verso la libertà, facendo tappa in vari stati del Sud dove la persecuzione dei neri prende forme diverse e altrettanto raccapriccianti. Aiutata da improbabili alleati e inseguita da uno spietato cacciatore di taglie, riuscirà a guadagnarsi la salvezza? La ferrovia sotterranea è una testimonianza scioccante – e politicamente consapevole – dell’eterna brutalità del razzismo, ma si legge al tempo stesso come un’appassionante storia d’avventura che ha al centro una moderna e tenacissima eroina femminile. Unico romanzo degli ultimi vent’anni a vincere sia il National Book Award che il Premio Pulitzer, è un libro che sembra già destinato a diventare un classico.                   
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Eleanor Oliphant sta benissimo
Gail Honeyman
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: sto benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido. Ho quasi trent'anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate. Poi torno a casa e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient'altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata di mia madre. Mi chiama dalla prigione. Dopo averla sentita, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E all'improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie paure, non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene. Anzi: benissimo.
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Noi
David Nicholls
Douglas e Connie si conoscono alla fine degli anni Ottanta, quando il muro di Berlino era ancora in piedi. Trent'anni e dottore in biochimica, Douglas trascorreva allora i giorni feriali e gran parte del weekend in laboratorio a studiare il moscerino della frutta. Connie, invece, divideva il suo tempo con una "combriccola di artistoidi", come li chiamavano i genitori di Douglas: aspiranti attori, commediografi e poeti, musicisti e giovani brillanti che rincorrevano carriere improbabili, facevano tardi la sera e si radunavano a volte a casa di Karen, la sorella di Douglas piuttosto promiscua in fatto di amicizie, a bere e discutere animatamente. Ed è durante una festa nell'appartamento di Karen, che Douglas si imbatte per la prima volta in Connie: capelli ben tagliati e lucenti, un viso stupendo, una voce sensuale, distinta ed elegante con i suoi vestiti vintage cuciti su misura, attillati e perfetti. Sono trascorsi più di vent'anni da allora e Douglas e Connie sono sposati da decenni e hanno un figlio, Albie. Douglas ha cinquantaquattro anni e la sensazione di scivolare verso la vecchiaia come la neve che cade dal tetto. Connie è sempre attraente e Douglas la ama cosi tanto che non sa nemmeno come dirglielo, e dà per scontato che concluderanno le loro vite insieme. Una sera, però, a letto, Connie proferisce le parole che Douglas non avrebbe mai voluto sentire: "Il nostro matrimonio è arrivato al capolinea, Douglas. Penso che ti lascerò".
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La trilogia di Bartimeus
Jonathan Stroud
Il millenario jinn Bartimaeus, il demone che costruì le mura di Uruk, Karnak e Praga, che parlò con re Salomone, che cavalcò per le praterie con i padri dei bisonti, viene improvvisamente richiamato dal mondo degli spiriti ed evocato a Londra. Una Londra tetra e cupa dove la magia consiste in un'unica capacità: quella di evocare e asservire demoni, i quali, loro malgrado, obbediranno a ogni ordine del mago che li tiene in suo potere. Bartimaeus deve compiere una missione difficilissima: rubare l'Amuleto di Samarcanda al temibile e ambizioso Simon Lovelace...                
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entheosedizioni · 4 years ago
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Il mare nella letteratura
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Con l’arrivo dell’estate, il popolo vacanziero si divide generalmente in due macro-gruppi: gli amanti del mare e gli amanti della montagna. C’è anche chi predilige il lago, la collina oppure la città, così come chi, subendo il fascino degli orizzonti aperti, non preclude comunque l’apprezzare di svettanti cime più o meno innevate. Eppure... Il fascino del mare Eppure, c’è una malia indefinita che avvolge epoche, uomini e stagioni, un perenne richiamo verso l’assenza di confini (nel senso figurato, sia chiaro: che mondo sarebbe il mondo senza la cortina di ferro, il muro di Berlino, il muro di Trump, i porti chiusi. Aah, i porti chiusi – ossimoro lapalissiano di altissimo livello). Che questa attrazione nasca da un ancestrale amore per le divine decisioni del secondo giorno, da un’altrettanta antica reminiscenza evolutiva dal mondo dei pesci o, più semplicemente, da un dolce cullare amniotico, non saprei. Quello che so è che il mare diffonde un magnetismo potentissimo e tanto affascinante, oggi contrastato forse solo da un altro potente elemento: il tempo. O la mancanza di esso. Il tempo è un elemento fondamentale per potersi lasciare ammaliare dal mare, che ha bisogno di essere a lungo respirato, ascoltato, vissuto. Quello che poi dà in cambio è senza prezzo. “Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell’animo ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l’ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto: questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola.” Herman Melville – Moby Dick
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Il mare nella letteratura Molte sono le opere letterarie che hanno come personaggio principale il mare. Sì, perché il mare parla, agisce, ama o si ribella. Infatti è molto più attivo di certi personaggi (reali o immaginari) che a tutti noi è capitato di incontrare. Amico, nemico, amorevole amante, vecchio saggio, distruttore e creatore, distruttivo e creativo, oracolo o domanda, il mare è questo e altro ancora. Il mare psicologo Non potevamo iniziare l’incursione nel mondo della letteratura che parla di mare se non con il sopra citato Moby Dick, un classico stupefacente su cui si potrebbe ribattere ricordando che, magari, il personaggio principale è quello del titolo (per chi non lo conosce, a breve un riassunto del romanzo – sto ancora cercando di finirlo, so già che morirà. Ops). Invece non sono d’accordo con tale rimostranza: Moby Dick è un libro che ha semplicemente il mare dentro. Un mare che contiene anche balene, Achab vari e più o meno problematici, baleniere, ramponieri e altra gente allegra, un mare che lega continenti e che fa sembrare piccolo il mondo. Ma per Ismaele, la voce narrante della storia, il mare è soprattutto un imbattibile psicologo, forse addirittura psichiatra: risolve il suo male di vivere. Non senza farsi pagare, però : “Considerateli tutti e due, il mare e la terra, e non scoprite una strana analogia con qualche cosa in voi stessi? Perché come questo oceano spaventoso circonda la terra verdeggiante, così nell’anima dell’uomo c’è un insulare Tahiti, piena di pace e di gioia, ma circondata da tutti gli orrori di questa semisconosciuta vita. Vi protegga Iddio! Non vi spingete al largo da quell’isola; potreste non tornare più.” Herman Melville – Moby Dick Il mare stregone La storia a cui mi riferisco è La linea d’ombra di Joseph Conrad. Anche se in questo caso la memoria rimanda immediatamente a Cuore di Tenebra, titolo molto più famoso dello stesso autore – un mare epico fa anche qui protagonista nel riflettere le contraddizioni dei personaggi –, eppure è di quest’altro racconto che vi vorrei parlare. La linea d’ombra è una storia breve e semplice, intrisa da misticismo al contempo. Misticismo che l’autore nega completamente, ma io sono un semplice lettore, parlo dunque di quello che capisco. Un giovane capitano prende servizio su una nave pronta a salpare da qualche esotico porto, peccato che non riesca a farlo davvero. Come incatenata sull’acqua, per due settimane la nave resta prigioniera in uno specchio di mare, un mare immobile, privo di qualsiasi energia. Che si tratti di paure che bloccano la nostra crescita, di paradigmi mentali che ci legano al nostro porto sicuro o che sia soltanto un mare non sfiorato da venti, La linea d’ombra è il perfetto esempio di come poter soffocare in mare aperto. Il mare destino Nel lungo racconto di Hemingway, Il vecchio e il mare, troviamo il mare come casa, come destino di vita. La storia è conosciuta: il vecchio pescatore non prende neanche un pesce, ma continua a uscire in mare. La storia della vita, praticamente: nonostante i fallimenti, si continua a vivere. Non c’è altro orizzonte che il mare, non c’è altra vita che la vita. Da queste parti, s’intende, per il resto sono comunque speculazioni. Il mare mistero Un classico della letteratura d’avventura, Ventimila leghe sotto i mari di Jules Vernes, non può che parlare di mare, però da un altro punto di vista. Infatti siamo negli abissi della coscienza: scopriamo foreste misteriose, creature mai viste, la perduta Atlantide addirittura. Un mondo fatto da tanti mondi, esattamente come l’animo umano. E, visto che siamo in tema di umano, si sa: l’esplorazione dell’io dopo un po’ stufa, meglio evadere quindi e tornare più prosaicamente a terra. Ah, non vi spaventate, questa è solo una chiave di lettura (presumibilmente sbagliata), la storia è davvero una bellissima avventura di mistero sotto marino. Il mare viaggio Ulisse non è un personaggio che mi sia particolarmente simpatico: in pratica è la quintessenza di “esco a prendere le sigarette” e torna vent’anni dopo. Stiamo parlando dell’Odissea di Omero, a cui però non faccio una colpa. Lo capisco: voleva creare un personaggio senza macchia, un coraggioso eroe che solca i mari alla ricerca di non ho compreso bene cosa. Non è colpa sua se Ulisse non si mostra all’altezza: d’altronde da uno che esce di casa per tornare dopo vent’anni non si può aspettare troppo. Infatti gira ubriaco in compagnia di cani e porci, frequenta bordelli (pardon, sirene) e non perde occasione di fare a botte con ciclopi a caso. Insomma: il classico marinaio poco raccomandabile che anche di navigazione capisce poco, visto quanto ci mette per trovare la rotta di casa. Torna vecchio e stanco e per poco non finisce disconosciuto dalla propria famiglia. Per capire che, forse, la famiglia era l’unica cosa che contasse davvero. Il mare scuola Torniamo sempre lì: il mare come metafora della vita, come insegnante di vita. Rudyard Kipling ne parla in Capitani coraggiosi, bellissimo romanzo di formazione in cui un giovane ragazzo che ha tutto dalla vita ne impara il valore. E cosa c’è di meglio che farlo cadere in mare e salvarlo da una barca di rudi pescatori per insegnarli tutto questo? Il faticoso lavoro, la bellezza dei rapporti umani, il valore delle piccole gioie: queste le lezioni imparate dal ragazzo, lezioni delle quali non ci farebbe male un ripasso.
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Classici e non solo Il mare è presente in tantissimi altri romanzi anche più moderni, prova tangibile del suo fascino davvero senza tempo. Da Baricco a Fabio Genovesi, passando per i mari nordici di Björn Larsson e Jón Kalman Stefánsson (per citarne solo alcuni), arriviamo a La scia delle balene di Francisco Coloane oppure a Banana Yoshimoto con Il coperchio del mare. C’è un mare di libri da leggere, così come c’è un mare da scoprire in ognuno di noi. Conclusioni “Oltre tutte le montagne che chiudevano i miei orizzonti non vedevo altro che mare.”
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  Annabelle Lee   Nella stessa serie: Il tè nella letteratura Le melanzane in letteratura L’amicizia nella letteratura Read the full article
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winteralease · 5 years ago
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𝐑𝐨𝐥𝐞 - 𝐁𝐞𝐫𝐞𝐧𝐢𝐜𝐞 𝐚𝐧𝐝 𝐖𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫 𝟎𝟖.𝟎𝟗.𝟐𝟎𝟏𝟗
#𝐑𝐚𝐯𝐞𝐧𝐟𝐢𝐫𝐞𝐑𝐏𝐆 #𝐑𝐨𝐥𝐞𝐩𝐥𝐚𝐲𝐦𝐞𝐦𝐞
📚 — ‘‘  il mio personaggio dà al tuo un romanzo.  ‚‚
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*Non mi dispiaceva che l'estate fosse ormai agli sgoccioli: come ogni dood non amavo il sole, ero una creatura della notte e l'autunno, con Halloween e i suoi toni cupi erano molto più adatti a me. Con l'autunno sarebbe tornato anche il college con le sue lezioni, che speravo fossero interessanti. Mi piacevano determinati aspetti della biologia, mentre ne detestavo altri. Non sapevo se il college era stata la scelta giusta per me, ma ormai avrei portato a termine quegli studi. Avevo conosciuto Winter proprio al college, non ero mai stata brava a farmi delle amiche o anche solo ad andare d'accordo con qualcuno, faticavo a mantenere un rapporto per lungo tempo, forse anche perché non mi importava più di tanto. Con Winter le cose erano però andate diversamente, il suo forte temperamento mi aveva attirata fin da subito e dopo anni sembrava che il nostro rapporto di amicizia non dovesse più cambiare, forse anche perché per il college ci incontravamo quasi ogni giorno. Lei aveva senza ombra di dubbio reso le lezioni meno noiose e chissà se senza il nostro primo incontro sarei arrivata a reggere lo studio fino a quel punto.*
« Io odio i libri, ma se me lo stai consigliando... forse credi che potrebbe piacermi? Oppure me lo stai dando per usarlo come sottotazza? »
*Domandai leggermente scettica, osservando il libro e sfogliando qualche pagina.*
Winter Alease N. Lindholm
Per quanto Winter ci avesse provato, era difficile per la fata poter instaurare delle vere e proprie amicizie, soprattutto per quel suo carattere estremamente forte che la portavano a essere, il più delle volte, sfrontata nei confronti del prossimo. Tuttavia, con Berenice le cose erano andate in modo del tutto diverso. Fin dal primo momento, Winter fu piacevolmente sorpresa dal fatto che la giovane non fosse impressionata dal suo essere così fuori dagli schemi, ma soprattutto dal fatto che non ne fosse intimorita. Conosciute al college, le due giovani avevano in comune ben più di quello che pensava la gente. Quella domenica pomeriggio, Winter non ci aveva pensato due volte a dare all'amica l'ultimo romanzo che aveva terminato. Seduta a gambe incrociate sul proprio letto, le due giovani avevano deciso di incontrarsi. A breve sarebbe iniziato un nuovo anno di college, e fare un piccolo punto della situazione era sempre auspicabile per la fata. « Oh andiamo, non essere così scettica... Non è un libro per l'università, è un romanzo e potrebbe perfino piacerti. Non sei un po' curiosa di leggere del nuovo maschio Alpha e di come scombussolerà i tuoi sogni? » Mosse le sopracciglia alzandole ed abbassandole, come se con quella sua espressione dicesse ogni cosa, ma quando non poté più resistere, non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. Nonostante Winter avesse una passione per i romanzi erotici, ma non solo, la fata era divertita dall'espressione dell'amica. « Preferiresti piuttosto un bel manuale di biologia molecolare?! »
Berenice Freyja Orwell
*Ero sempre stata respinta dai libri, lo stesso concetto di libro non mi piaceva. Il solo pensiero di restare ferma delle ore a leggere delle scritte nere su delle pagine bianche mi annoiava a morte. Non lo stesso era per i libri illustrati, soprattutto quelli sui rettili o sui miti nordici. Ascoltai comunque le parole di Winter, lei mi conosceva e sapevo che non mi avrebbe mai consigliato qualcosa che non avrebbe mai potuto piacermi.* « Potrebbe persino piacermi... Posso provare a dargli un'opportunità, ma non ti assicuro niente! Ho già un maschio alpha che scombussola i miei sogni. » *Ridacchiai, mentre sfogliavo distrattamente il suo libro. Chissà, forse in un momento di noia assoluta mi ci sarei messa e magari lo avrei anche trovato interessante.* « Facciamo che ci provo e ti faccio sapere! Comuqnue no, non preferirei per niente un bel manuale di biologia molecolare. Hai visto i corsi di quest'anno? Perché io ancora no e sto sperando ci siano anche cose pratiche perché un altro corso di botanica non potrei proprio sopportarlo. Ecco vedi? Gli alberi e i libri sono imparentati, ecco perché solitamente non mi piacciono, sono entrambi troppo immobili. » *Non avevo alcun timore di dire quelle cose davanti ad una fata, sapeva come ero fatta ed io non trattenevo mai le mie parole.*
Winter Alease N. Lindholm
Berenice e Winter non potevano essere più distanti nel mondo sovrannaturale, eppure le due avevano superato egregiamente quella semplice differenza. Probabilmente il fatto che Winter odiasse la sua natura fatata aveva contribuito non poco al legare con la dooddrear, ma entrambe avevano una passione per la la loro materia di studio. Il sorriso furbo che curvò le labbra della fata divenne più ampio nel sentire la risposta dell'amica, ma soprattutto non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un leggero ghigno. « Addirittura? E sentiamo, chi sarebbe quest maschio Alpha? Potresti sempre presentarmi un amico, sai? Per le amiche si fa questo ed altro. » Winter scoppiò successivamente a ridere, lieta di quel momento di leggerezza che sembrava essere lontano anni luce dopo gli avvenimenti del Coachella. Aveva bisogno di riprendere in mano la sua vita e contornarsi delle persone che più le facevano bene era la cosa migliore. Solo quanto Berenice accennò ai corsi del nuovo anno scolastico, la Lindholm non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo. « In realtà spero che quest'anno ci siano più laboratori, e organizzarmi con il negozio sarà un vero incubo. E comunque, è l'occasione giusta per farti vedere che non tutti i libri sono noiosi, anzi... E anche gli alberi! Io sono l'eccezione che conferma la regola, no? » Winter non era il tipo che se la prendeva per le affermazioni contro la sua razza, soprattutto perché se lei fosse stata una semplice umana, probabilmente non si sarebbe nemmeno trovata a Ravenfire, ma non sempre si ha ciò che si vuole. Ma nonostante ciò, la fata lanciò un'occhiata piuttosto eloquente all'amica, prima di aggiustare i capelli che erano scivolati dalla sua crocchia improvvisata.
Berenice Freyja Orwell
« Francis King, non ti ho mai parlato di lui? Non posso crederci! » *Effettivamente era una cosa decisamente strana, visto che parlavo di Francis anche con i sassi e con l'asfalto che mi passava sotto i piedi mentre camminavo. Il legame che univa me e Francis era la cosa più forte e malata che io avessi mai avvertito, ero gelosa oltre ogni cosa ed ormai avrei fatto qualsiasi cosa affinchè io e lui continuassimo a stare insieme. La cosa che mi consolava e mi faceva sentire piuttosto tranquilla era che lo stesso valeva anche per lui.* « La verità è che conosco un sacco di gente, ma ne tratto bene poca.. Al Circle c'è sempre gente interessante però, prima di Francis non era difficile divertirsi con qualcuno dopo il lavoro. » *Raccontai, sapendo che lei non si sarebbe scandalizzata per quelle mie parole. Effettivamente prima di incontrare il mio attuale ragazzo ero piuttosto aperta e libertina, cercavo solamente di combattere la noia divertendomi.* « Più laboratori vuol dire meno teoria e quindi meno noia e... Per farmi apprezzare un albero ci vorrebbe un miracolo in realtà. Tu sei assolutamente l'eccezione che conferma la regola, ma tu non sei un albero! Non ho idea di cosa facciate a casa voi fate, se vi trasformiate in piantine sbrilluccicose o cosa.. Ma siete sicuramente interessanti quando siete... normali? Anzi, tu sei sicuramente interessante, le fate che non fanno altro che guardare i fiorellini tutto il giorno non le sopporto - senza offesa, tu sei fantastica. » *Ancora una volta ero schietta e lasciavo che i miei pensieri fluissero dalla bocca senza alcun tipo di freno.*
Winter Alease N. Lindholm
Alla menzione di quel nome, la fata dovette scuotere il capo ma v'era qualcosa negli occhi dell'amica che preannunciava che presto avrebbe vuotato il sacco. Scosse il capo la giovane Lindholm, ma doveva ammettere di essere piuttosto curiosa riguardo a quel ragazzo di cui non sapeva alcunché. « Vedo occhi a cuoricino, o sbaglio? Per cui comincia dal principio... E male che ancora non hai avuto modo di ragguagliarmi su ciò che ti succede. » Diede così un leggero colpetto all'amica con il palmo della mano ma senza togliere quel sorriso divertito dalle labbra. Si mise così comoda e allungò perfino le gambe prima di scoppiare a ridere per le parole della Orwell. Sapeva perfettamente che cosa significava annoiarsi, e doveva ammettere che le migliori storie erano capitate proprio quando era lei stessa annoiarsi, ma soprattutto ancora una volta non si sorprese del motivo per cui le due fossero così legate. « Divertirsi, eh? Ad ogni modo, per fare la persona seria, capisco perfettamente che cosa voglia dire annoiarsi, ma è anche vero che ultimamente anche in quel senso tutto tace. E per la cronaca, non tutte le fate sono come me, ma ovviamente hai per amica la migliore! » Strizzò l'occhiolino nella sua direzione, ed assunse la classica posa della prima donna cercando di rimanere il più serio possibile. Solo dopo qualche secondo Winter scoppiò in una fragorosa risata. Sentì scorrere in lei tutte le endorfine, sentì come un peso scivolare via dal suo corpo, ma soprattutto sentì come quel solo momento fosse una vera manna dal cielo. Aveva bisogno di più momenti come quello, in compagnia di amiche, di attimi spensierati, ma fu quello il primo momento in cui si concesse di pensare alle proprie ali. « E niente piantine sbrilluccicose, tranquilla. Ma ora vuota il sacco... »
Berenice Freyja Orwell
« Io sono sconvolta dal fatto che io non ti abbia mai raccontato niente! Sei rimasta immune! Comunque beh, insomma... L'ho conosciuto al Circle mi pare e all'inizio ci odiavamo. Desideravo spaccargli sempre i bicchieri addosso perché era irritante. Un volta l'ho quasi fatto per davvero, abbiamo litigato e... » *Alzai le sopracciglia con un'espressione estremamente maliziosa e un po' sognante in viso. Ogni tanto scordavo quei primi tempi insieme a Francis. Quella sorta di odio - tensione che si era ben presto trasformata in un chiaro "voglio toglierti i vestiti di dosso ora".* « Beh, insomma, c'è stata la fase di scopamicizia, ma è durata poco perché nè io e nè lui sopportavamo che l'altro si vedesse con altri. Se io sono gelosa.. Beh, conta che in pratica quelli che ci provavano con me al Circle sono praticamente spariti. Io quelle che lo guardano le fucilo sempre con lo sguardo e alla fine hanno smesso. Anche perché lui non le guarda neppure... Comunque alla fine ci siamo messi insieme e... beh, ora stiamo insieme. » *Era una storia abbastanza semplice, io avrei detto anche inevitabile. Ero certa che io e Francis fossimo destinati e dopo mesi non avevo paura nel definirlo l'uomo della mia vita.* « Questa è la storia! Comunque sono sicura che anche per te in questo senso non tacerà per molto. Sei così bella. Non ti farò mai conoscere Francis. » *Risi per quelle mie parole, mentre mi godevo quei momenti insieme a Winter.*
Winter Alease N. Lindholm
Quando la fata aveva chiesto all'amica di vuotare il sacco, aveva parlato seriamente, soprattutto perché era curiosa di sapere come Berenice fosse diventata quello che era. Certo l'amica era da sempre una forza della natura, ma da quando aveva Francis nella sua vita, la Orwell sembrava più in pace con se stessa. Ella si ritrovò così a sorridere mentre vide la scintilla scoppiettare nelle iridi dell'amica. Vedeva la felicità in ogni parola che pronunciava, ma soprattutto Winter era felice di osservare l'amica così spensierata. « Scommetto che non mi lascerai tanto a secco ora... » Non dovette attendere più di qualche istante e Berenice cominciò a parlare a raffica. L'espressione della Lindholm passò inizialmente dalla sorpresa per giungere al divertimento, per non parlare di quella sensazione che in fondo conosceva anche lei molto bene. A quanti ragazzi avrebbe voluto strappare i vestiti? Per non parlare di quel battibeccare che era letteralmente un afrodisiaco, eppure dentro di lei, al momento, non c'era spazio per questo tipo di pensieri. Scosse poi il capo nell'udire come gli attacchi di gelosia della bionda non fossero nemmeno così tanto sporadici. « Per quanto sappia divertirmi, non potrei mai iniziare qualcosa con qualcuno fidanzato, ma soprattutto non potrei mai farlo ad una delle mie migliori amiche. Di ragazzi ce n'è pieno il mondo, ma le amiche? Per non parlare di quel piccolo, innocente, particolare che io odio le bugie... Piuttosto, non dirmi che non hai un amico. » Mosse le sopracciglia verso l'alto un paio di volte, sapendo che non avrebbe dovuto scendere maggiormente nei dettagli e che avrebbe capito. « Tutti hanno bisogno un po' di svago, no? »
Berenice Freyja Orwell
*Avrei potuto parlare di me e Francis per ore e ore. Il mio intento non era quello di vantarmi o di farmi bella agli occhi della mia amica, era qualcosa di assolutamente spontaneo, dovuto probabilmente all'attaccamento morboso che univa me e Francis. Il nostro rapporto era infatti particolare e forse definibile non molto sano, cosa causata forse anche ai nostri caratteri decisamente particolari. Eppure a me e a lui stava bene così e fino a quel momento non era mai successo nulla che potesse distruggere quel nostro perfetto equilibrio.* « Mh... Qualche amico ce l'ho! Comunque ci si può lavorare sicuramente. » *Un sorrisetto comparve sulle mie labbra, pensando a chi avrei potuto presentare a Winter. In realtà non avevo mai avuto tantissimi amici e le mie conoscenze andavano e venivano senza alcuna logica. Solo ultimamente avevo iniziato a vedere qualche persona in modo più stabile e continuo. Certamente se mi fosse venuto in mente qualcuno lo avrei spedito direttamente tra le braccia della mia bellissima amica.* « Comunque concordo. Lo svago è assolutamente necessario in ogni caso, quindi in caso qualche baldo giovane di mia conoscenza facesse al caso tuo non esiterò a presentartelo! » *Ripresi ancora, prima di rendermi conto che si era fatta una certa ora e dovevo scappare al lavoro.* « Ora devo lasciarti o Fred mi ucciderà per il ritardo... Vedremo se il libro mi piacerà! Ti farò sapere sicuramente! » *Esclamai, salutando la mia amica prima di andare via.*
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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pangeanews · 5 years ago
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“Lasciando nel buio, come traccia, il terribile barlume della gioia”. Robert Penn Warren, il poeta che ha fatto la storia
Quell’uomo mi pareva un totem – certo, sapeva sorridere e le fotografie lo celebrano a torso nudo, pur nella marea dell’età. Se secondo Seamus Heaney il poeta deve maneggiare la penna come una vanga, beh, Robert Penn Warren, di altra generazione – nasce nel 1905 –, usava l’aratro. Come fanno gli antichi, nel continente oceanico, ha usato l’aratro per perimetrare la città, per dare orientamento, tra le stelle e il guaito del futuro, al cospetto delle foreste, alla Storia.
*
Per quel che conta – così ci togliamo di torno le onorificenze –, Robert Penn Warren è il solo americano ad avere ottenuto il Pulitzer per il romanzo (nel 1947) e per la poesia (nel 1958 e nel 1979); è stato Poet Laureate nel biennio 1944-45 e in quello 1986-87 (altro record). Dai suoi romanzi hanno tratto una manciata di film: il più noto è Tutti gli uomini del re (1949), che si è preso tre Oscar (compreso ‘Miglior film’; nel 2006 è stato rifatto da Steven Zaillian con cast di lusso – Sean Penn, Jude Law, Anthony Hopkins, Kate Winslet – ma scarso successo); è l’unico libro che ancora trovate in commercio (Feltrinelli, 2014), ma non è, parer mio, il più bello. Un tempo RPW, titano della letteratura americana contemporanea, infiammava l’editoria nostra. Una mitragliata di titoli (tutti, a questo punto, da riproporre): Alle porte del cielo, Il cavaliere della notte, Nel vortice del tempo, Il circo in soffitta, La banda degli angeli (da cui il film di Raoul Walsh con Clark Gable, nel 1957), La caverna, Adam o della guerra civile. Naturalmente, le poesie sono scomparse quasi subito, ed è un delitto perché RPW è anzitutto poeta, tra i grandi, che coagula capacità narrativa, impeto etico, visione storica. La raccolta stampata da Einaudi nel 1971, Racconto del tempo e altre poesie, è di granitica bellezza. Introdotto da un fitto saggio di Sergio Perosa, che raccoglie il giudizio in ginocchio di Robert Lowell (“l’opera di Warren sembra avvicinarsi alla forza di quegli scrittori che gli si sono sempre sentiti aleggiare alle spalle, i geni poetici della prosa come Melville e Faulkner; nel suo caso, è il genio narrativo espresso in versi che sorprende”), si rischia il tragicomico quando del suo “ultimo poemetto, Audubon: A Vision”, pieno di “bellezza e fascino poetico” (“bellissimo”, è ribadito in quarta), è detto che “nella nostra scelta non è rappresentato, meritando un posto a sé nella sua interezza”. Posto, va da sé, promesso e mai offerto: attendiamo traduzione.
*
Quel libro, acquistato molti anni dopo la sua pubblicazione in una bancarella irta di pasticcini bibliografici, mi folgorò. Capii più tardi – avevo un grifone nel cervello e nessuna malizia politica – che in Italia arrivavano, a frotte, alcuni americani (per semplificare: beatnik, nordici, progressisti), mentre faticavano a imporsi altri. Amen, per me il primato lo ha la forma più che il resto. Un brandello da Terra del drago: a Jacob Böhme.
I cattolici hanno inviato una missione, i battisti registrano un aumento di fedeli. Tutto questo non c’entra! Noi siamo umani, e il cuore umano Esige un linguaggio per la realtà che non dipende affatto da Desiderio o bisogno – e in chiesa gli sciocchi pregano solo che la Bestia s’allontani.
Ma se ora la Bestia venisse ritirata, la vita si ridurrebbe ancora All’ennui, al piacere, e al sudore di notte, conosciuti prima Che la necessità del vero avesse oppresso di dolore la terra e i nostri cuori, Lasciando nel buio, come traccia, il terribile barlume della gioia.
*
Ripeto: RPW è un poeta con l’aratro, che semina i versi per dare concretezza alla città. Le sue poesie sono corpi, vanno toccate, impugnate. RPW studia alla Vanderbilt, approfondisce a Berkeley e a Yale, negli anni Trenta, grazie a una borsa Guggenheim, fa ricerca in Italia, dove governa Mussolini. Negli anni Venti, ventenne, è tra gli artisti più rappresentativi dei “Fugitives”, insieme ad Allen Tate, John Crowe Ransom, Donald Davidson (che – leggi sopra – in Italia sono pressoché assenti). L’altro lato dell’America, quella del Sud, aliena dai fasti metropolitani del Nord, conservatrice. Nel 1930, insieme agli amici, firma il manifesto degli “Agrarians”, I’ll Take My Stand. Riassunto: “Una società agraria è una società in cui l’agricoltura è la vocazione principale, per ricchezza, piacere, prestigio – una forma di lavoro che viene perseguita con intelligenza e desiderio, modello di altre forme di approccio al lavoro… La teoria degli agrari è che la cultura del suolo è la migliore, la più sensibile alle vocazioni”.
*
Intermezzo poetico. Questa si intitola Tiberio a Capri e proviene dalla raccolta You, Emperors, and Others (1960). Come leggere Borges coi cavi elettrici in gola, galvanizzato.
Tutto è nulla, il nulla tutto:
Così allo stanco Tiberio cantava molle il mare, Sotto le mura del suo palazzo a dirupi. Il mare, in molle avanti e indietro, Canta così, e Tiberio, intristito Dal mare, fissa oltre il pulsare marino all’imbrunire Laggiù, donde vengono, Una alla volta, adesso, le luci remote di Sorrento. Fissa nell’imbrunire turchino, Perché tutto è nulla, il nulla tutto.
Che la tenebra torreggi dall’Asia. Sull’isola che dietro a lui s’ottenebra, è l’ora delle spintriae. In grotte e pergole profumate Ridacchiano, sbadigliano, si tingono le labbra, oliano le cosce E discutono il ruolo che ciascuna preferirebbe Quando esibiranno all’occhio dell’Imperatore La loro sapienza Delle sue lussurie orientali e complicate fantasie egiziane. Ma egli fissa nel buio in quell’ora Svuotato della totalità del potere.
*
Uomo d’insaziabile energia ‘civica’, come il colono che di ogni cosa misura la fama per farsene ospite. Nel 1965, per Random House, RPW esce con un libro, Who Speaks For the Negro? (in Italia, due anni dopo, è pubblico per Bompiani), che nasce dal suo studio del Civil Rights Movement. È un libro miliare per l’epoca, che raccoglie un vasto numero di interviste – da James Baldwin a Septima Poinsette Clark, da Martin Luther King a Ralph Ellison e Malcolm X – ora rese disponibili in un sito specifico. Questo è Malcolm X: “L’Islam restaura il sentimento umano – i diritti dell’uomo, la sua energia, il suo talento. L’Islam sviluppa il potenziale individuale di ognuno, dormiente… Quando ero in prigione, ero ateo. Non credevo in nulla, poi iniziai a leggere, a capire… Benché fossi ateo, qualcuno mi parlò dell’Islam, e capii, tra le altre cose, grazie all’Islam, che un uomo deve essere onorato in quanto essere umano, non giudicato dal colore della pelle. A quel punto, approfondii la questione dei neri in questo paese”.
*
Non c’è tempo per ricalibrare i ‘canoni’ – i canoni non esistono, nascono e muoiono, come galassie, e l’imperituro si svela saturo. Esistono, piuttosto, i maestri – e scovarli non è estro ma compito da vetraio dell’anima. Mi piace l’idea del poeta da viso scabro, frugale come un aratro, che crede che l’istante sia la storia, un orso sia per sempre, un verso l’agguato. (d.b.)
**
Di che parleremmo? I morti, Sanno tutto, oppure nulla, e Se non sanno nulla, Sopravvive la curiosità al lungo disfacimento? Dimmi
Che cosa pensano dell’amore, perché alfine So che i vivi ricordano i morti solo perché Non sopportiamo il pensiero che possano Dimenticarci. O non è Vero? Guarda, guarda queste… Ma no, nessuna luce qui penetra onde Tu possa vedere le fotografie che ho nel portafoglio. Comunque, Cercherò di dirti tutto quello che mi è capitato.
Benché come posso, se neanche lo so?
E quanto a te, e a tutto quello che d’interessante Deve esserti capitato e che Muoio dalla voglia di sentire…
Ma confideresti a un estraneo che va perdendo i capelli L’intimo segreto della morte?
*
Vieni, Schianta la crosta, tu che colpisci Dal buio, e che afferri – oh, qual Mano afferri! – il mio cuore, stringa Il cuore finché, dopo il dolore ne sgorghi Come da acino d’uva la gioia, ed io Arroterò i denti su lingua di selce finché La selce non gridi. La verità È tutto. Ma
Devo imparare a dirla Lentamente, in un sussurro.
La verità, alla fine, non si può mai pronunciare a voce alta, Perché il futuro è sempre imprevedibile. Ma lo è anche il passato, perciò
Sto sul limitare del bosco e, Sull’orizzonte nero, lampi da caldo Increspano il cielo. Dopo Il lampo, man mano che l’occhio Si adegua al nuovo buio Rinascono le stelle.
Nascono ad una ad una.
Robert Penn Warren
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entheosedizioni · 4 years ago
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Il mare nella letteratura
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Con l’arrivo dell’estate, il popolo vacanziero si divide generalmente in due macro-gruppi: gli amanti del mare e gli amanti della montagna. C’è anche chi predilige il lago, la collina oppure la città, così come chi, subendo il fascino degli orizzonti aperti, non preclude comunque l’apprezzare di svettanti cime più o meno innevate. Eppure... Il fascino del mare Eppure, c’è una malia indefinita che avvolge epoche, uomini e stagioni, un perenne richiamo verso l’assenza di confini (nel senso figurato, sia chiaro: che mondo sarebbe il mondo senza la cortina di ferro, il muro di Berlino, il muro di Trump, i porti chiusi. Aah, i porti chiusi – ossimoro lapalissiano di altissimo livello). Che questa attrazione nasca da un ancestrale amore per le divine decisioni del secondo giorno, da un’altrettanta antica reminiscenza evolutiva dal mondo dei pesci o, più semplicemente, da un dolce cullare amniotico, non saprei. Quello che so è che il mare diffonde un magnetismo potentissimo e tanto affascinante, oggi contrastato forse solo da un altro potente elemento: il tempo. O la mancanza di esso. Il tempo è un elemento fondamentale per potersi lasciare ammaliare dal mare, che ha bisogno di essere a lungo respirato, ascoltato, vissuto. Quello che poi dà in cambio è senza prezzo. “Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell’animo ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l’ipocondrio riesce a dominarmi tanto, che solo un principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto: questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola.” Herman Melville – Moby Dick
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Il mare nella letteratura Molte sono le opere letterarie che hanno come personaggio principale il mare. Sì, perché il mare parla, agisce, ama o si ribella. Infatti è molto più attivo di certi personaggi (reali o immaginari) che a tutti noi è capitato di incontrare. Amico, nemico, amorevole amante, vecchio saggio, distruttore e creatore, distruttivo e creativo, oracolo o domanda, il mare è questo e altro ancora. Il mare psicologo. Non potevamo iniziare l’incursione nel mondo della letteratura che parla di mare se non con il sopra citato Moby Dick, un classico stupefacente su cui si potrebbe ribattere ricordando che, magari, il personaggio principale è quello del titolo (per chi non lo conosce, a breve un riassunto del romanzo – sto ancora cercando di finirlo, so già che morirà. Ops). Invece non sono d’accordo con tale rimostranza: Moby Dick è un libro che ha semplicemente il mare dentro. Un mare che contiene anche balene, Achab vari e più o meno problematici, baleniere, ramponieri e altra gente allegra, un mare che lega continenti e che fa sembrare piccolo il mondo. Ma per Ismaele, la voce narrante della storia, il mare è soprattutto un imbattibile psicologo, forse addirittura psichiatra: risolve il suo male di vivere. Non senza farsi pagare, però : “Considerateli tutti e due, il mare e la terra, e non scoprite una strana analogia con qualche cosa in voi stessi? Perché come questo oceano spaventoso circonda la terra verdeggiante, così nell’anima dell’uomo c’è un insulare Tahiti, piena di pace e di gioia, ma circondata da tutti gli orrori di questa semisconosciuta vita. Vi protegga Iddio! Non vi spingete al largo da quell’isola; potreste non tornare più.” Herman Melville – Moby Dick Il mare stregone. La storia a cui mi riferisco è La linea d’ombra di Joseph Conrad. Anche se in questo caso la memoria rimanda immediatamente a Cuore di Tenebra, titolo molto più famoso dello stesso autore – un mare epico fa anche qui protagonista nel riflettere le contraddizioni dei personaggi –, eppure è di quest’altro racconto che vi vorrei parlare. La linea d’ombra è una storia breve e semplice, intrisa da misticismo al contempo. Misticismo che l’autore nega completamente, ma io sono un semplice lettore, parlo dunque di quello che capisco. Un giovane capitano prende servizio su una nave pronta a salpare da qualche esotico porto, peccato che non riesca a farlo davvero. Come incatenata sull’acqua, per due settimane la nave resta prigioniera in uno specchio di mare, un mare immobile, privo di qualsiasi energia. Che si tratti di paure che bloccano la nostra crescita, di paradigmi mentali che ci legano al nostro porto sicuro o che sia soltanto un mare non sfiorato da venti, La linea d’ombra è il perfetto esempio di come poter soffocare in mare aperto. Il mare destino. Nel lungo racconto di Hemingway, Il vecchio e il mare, troviamo il mare come casa, come destino di vita. La storia è conosciuta: il vecchio pescatore non prende neanche un pesce, ma continua a uscire in mare. La storia della vita, praticamente: nonostante i fallimenti, si continua a vivere. Non c’è altro orizzonte che il mare, non c’è altra vita che la vita. Da queste parti, s’intende, per il resto sono comunque speculazioni. Il mare mistero. Un classico della letteratura d’avventura, Ventimila leghe sotto i mari di Jules Vernes, non può che parlare di mare, però da un altro punto di vista. Infatti siamo negli abissi della coscienza: scopriamo foreste misteriose, creature mai viste, la perduta Atlantide addirittura. Un mondo fatto da tanti mondi, esattamente come l’animo umano. E, visto che siamo in tema di umano, si sa: l’esplorazione dell’io dopo un po’ stufa, meglio evadere quindi e tornare più prosaicamente a terra. Ah, non vi spaventate, questa è solo una chiave di lettura (presumibilmente sbagliata), la storia è davvero una bellissima avventura di mistero sotto marino. Il mare viaggio. Ulisse non è un personaggio che mi sia particolarmente simpatico: in pratica è la quintessenza di “esco a prendere le sigarette” e torna vent’anni dopo. Stiamo parlando dell’Odissea di Omero, a cui però non faccio una colpa. Lo capisco: voleva creare un personaggio senza macchia, un coraggioso eroe che solca i mari alla ricerca di non ho compreso bene cosa. Non è colpa sua se Ulisse non si mostra all’altezza: d’altronde da uno che esce di casa per tornare dopo vent’anni non si può aspettare troppo. Infatti gira ubriaco in compagnia di cani e porci, frequenta bordelli (pardon, sirene) e non perde occasione di fare a botte con ciclopi a caso. Insomma: il classico marinaio poco raccomandabile che anche di navigazione capisce poco, visto quanto ci mette per trovare la rotta di casa. Torna vecchio e stanco e per poco non finisce disconosciuto dalla propria famiglia. Per capire che, forse, la famiglia era l’unica cosa che contasse davvero. Il mare scuola. Torniamo sempre lì: il mare come metafora della vita, come insegnante di vita. Rudyard Kipling ne parla in Capitani coraggiosi, bellissimo romanzo di formazione in cui un giovane ragazzo che ha tutto dalla vita ne impara il valore. E cosa c’è di meglio che farlo cadere in mare e salvarlo da una barca di rudi pescatori per insegnarli tutto questo? Il faticoso lavoro, la bellezza dei rapporti umani, il valore delle piccole gioie: queste le lezioni imparate dal ragazzo, lezioni delle quali non ci farebbe male un ripasso.
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Classici e non solo Il mare è presente in tantissimi altri romanzi anche più moderni, prova tangibile del suo fascino davvero senza tempo. Da Baricco a Fabio Genovesi, passando per i mari nordici di Björn Larsson e Jón Kalman Stefánsson (per citarne solo alcuni), arriviamo a La scia delle balene di Francisco Coloane oppure a Banana Yoshimoto con Il coperchio del mare. C’è un mare di libri da leggere, così come c’è un mare da scoprire in ognuno di noi. Conclusioni “Oltre tutte le montagne che chiudevano i miei orizzonti non vedevo altro che mare.”
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  Annabelle Lee   Nella stessa serie: Il tè nella letteratura Le melanzane in letteratura L’amicizia nella letteratura Read the full article
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pangeanews · 6 years ago
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Si sono inventati il Nobel-non-Nobel per il 2018 (lo vincerà Murakami, io tifo per Gaiman). Una assurdità. La letteratura non è democratica, è irrispettosa e insolente. Sostituiamo i premi con l’incoronazione pubblica
Non basta toccare il principesco culo di una svedese per aggiustare i gusti letterari dei nobili giurati del Premio Nobel.
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La soluzione è stata, per così dire, ‘nordica’. Pare che il bel fotografo maritato con una giurata del Nobel per la letteratura – bella pure lei e pure poetessa – ci abbia provato con una tipa di troppo (la principesca Victoria). Per una sontuosa palpata, il colosseo del Nobel s’è spappolato: nel 2018, han detto, il premio al più grande scrittore del pianeta – secondo loro – non sarà assegnato. In realtà, non è proprio così.
*
Basterà la parolina magica, new, per dare nuova credibilità a un premio – il Nobel per la letteratura – ambito per ragioni non proprio nobili (i soldi)? Per assegnare il New Prize in Literature – cioè, il Nobel-non-Nobel del 2018 – è stata creata una New Academy (cioè: Den Nya Akademien), l’accademia di transizione tra lo scandalo sessuale e la resurrezione dell’accademia svedese. La New Academy, si legge, “è stata fondata per garantire che un premio letterario internazionale sia assegnato nel 2018, ma anche per ricordare che la letteratura dovrebbe essere associata alla democrazia, all’apertura, all’empatia e al rispetto”. Finalmente i nordici svelano le loro alate opinioni letterarie in quattro parole: democrazia, apertura, empatia, rispetto. Quattro parole che forse van bene come galateo elementare per uscire a cena con degli sconosciuti. La letteratura, però, è tutt’altro, è il contrario.
*
La letteratura è antidemocratica, perché non ha bisogno di un consesso pubblico, elettorale, per giustificarsi. La letteratura è aperta a tutto, è ovvio, non ha alcuna preclusione, ma è chiusa, è l’esito del linguaggio specifico di un singolo scrittore, che in quel libro non inventa tanto una trama ma una lingua, prima inesistente. La letteratura non è empatica, è antipatica: dice sempre ciò che non vogliamo sentirci dire, ci ferisce, ci irrita, ci fa incazzare. La letteratura è irrispettosa: non ha rispetto per le regole grammaticali (altrimenti, basta un burocrate o uno scrivano o un computer a redigere un capolavoro), non ha rispetto per forme né norme, è anormale, è un mostro, non rispetta il prossimo, rovescia i tavoli e spacca piatti e bicchieri, uno scrittore non ha rispetto neanche per altri scrittori, eventualmente li idolatra per ucciderli, perché nell’arte ne resterà soltanto uno, il sommo, gli altri sono l’appendice dell’ovvio, l’appendino del già scritto.
*
Anche il sistema di voto della New Academy è antiletterario: è ‘popolare’, manco la letteratura si facesse ad alzata di mano. Il voto di una falange di scrittori e librai e artisti misconosciuti passati per la New Academy ha partorito 47 nomi, passati al vaglio da una giuria di misconosciuti, che ha estratto il poker. Candidati ufficiali al Nobel-non-Nobel del 2018, il solito noto (Haruki Murakami), il grande scrittore ‘di genere’ (Neil Gaiman), la rifugiata politica (Kim Thúy, vietnamita che ha trovato casa in Canada), la scrittrice politicamente doc (Maryse Condé, viene da Guadalupe, studia in Francia, Le muraglie della terra è, invero, un bel libro). Alchimia perbenista: due uomini e due donne, un giapponese, un inglese, l’Oriente, i Caraibi, i ricchi e i poveri.
*
Non che la New Academy capisca di letteratura più della vecchia accademia svedese: gli unici italiani tra i 47 papabili sono due donne, Silvia Avallone e Elena Ferrante, che ci sta come il prezzemolo. A questo punto, perché non hanno nominato Massimiliano Parente, Gianluca Barbera, Francesca Serragnoli, di certo molto più capaci – formalmente, narrativamente – del duo Avallone+Ferrante? Il povero Cormac McCarthy, che ha scritto alcuni dei romanzi più possenti degli ultimi decenni, resta nel dimenticatoio del possibile, che vergogna.
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Un premio del tutto privo di senso andrebbe chiuso per sempre – non fosse che gli scrittori, specie nel Sud Europa, fanno la fame e sono tendenzialmente tendenziosi e lacchè. Io propongo di premiare i morti: Ezra Pound, Rainer Maria Rilke, Anna Maria Ortese… i soldi li usiamo per aprire fondazioni, per implementare gli studi letterari, non diversamente da quelli matematici o in fisica quantistica.
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Altrimenti. Al premio democratico – cioè, anti-letterario – preferisco, senza provocazioni, l’incoronazione. 8 aprile 1341, Roberto d’Angiò, re di Napoli, acconsente all’incoronazione di Petrarca. Ci fa schifo che un potente incardini la corona d’alloro sul cranio di un poeta? Certo. Ma visto che Accademia Svedese o New Academy che sia, è sempre un giro di potentati e di poterini, tanto vale che sia un potente a scegliere il poeta o lo scrittore più grande. Meglio ancora. Dovrebbe essere uno scrittore a incoronare il proprio successore. Cormac McCarthy che incorona l’erede; Simon Armitage che elegge il proprio pupillo. Intendo. L’unica forma di ‘premio’ plausibile è quella in cui un artista riconosce il genio di un altro, passandogli il carisma. Il resto è muffa museale, parapiglia di idioti che sbriciolano l’individualità di un creatore nel catino del volemose bene, gente che usa il Nobel per garantirsi una cena gratis, per avere spunti al dialogo mentre dilagano le portate e tintinnano i bicchieri di cristallo.
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Al premio – creato per fini pubblicitari – bisogna sostituire l’elezione, l’altezza. Chi non è incoronato, non rosola nell’invidia: riconosce e rilancia. Se Petrarca ha ottenuto l’agognato alloro, è Dante ad aver scritto il poema planetario, assoluto. (d.b.)
L'articolo Si sono inventati il Nobel-non-Nobel per il 2018 (lo vincerà Murakami, io tifo per Gaiman). Una assurdità. La letteratura non è democratica, è irrispettosa e insolente. Sostituiamo i premi con l’incoronazione pubblica proviene da Pangea.
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