#racconti femminili
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Segni oltre la finestra: Un romanzo breve di profonde connessioni femminili
Sabrina Ginocchio ci porta attraverso finestre e ponti simbolici, esplorando la vita interiore e i legami tra donne, con l'aiuto delle illustrazioni di Alessandra.
Sabrina Ginocchio ci porta attraverso finestre e ponti simbolici, esplorando la vita interiore e i legami tra donne, con l’aiuto delle illustrazioni di Alessandra. “Segni oltre la finestra” di Sabrina Ginocchio è un’opera che combina narrazione e arte visiva, creando una sinergia di parole e immagini che trasportano il lettore in un viaggio profondo e significativo. Questo libro, che può essere…
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Cini Boeri Con assoluta autonomia
Cristina Moro
Electa, Milano 2024, 97 pagine, paperback, 10x16cm, ISBN 978882825734
euro 12,00
email if you want to buy [email protected]
Cini Boeri, o semplicemente “la Cini”, all’anagrafe Maria Cristina Mariani Dameno, è stata una progettista milanese, ma anche una staffetta partigiana, una donna indipendente, curiosa e ironica, tagliente e sensibile. Attraverso i materiali del suo archivio privato e numerose testimonianze, Cristina Moro ripercorre i diversi aspetti della figura di Cini, i luoghi d’affezione, tra piazza Sant’Ambrogio e l’isola de La Maddalena, e l’instancabile desiderio di progettare oggetti e spazi che incoraggiano l’autonomia degli abitanti, in cui vivere il più felicemente possibile. Il volume fa parte della collana OILÀ, curata da Chiara Alessi, che presenta le storie di protagoniste del Novecento. Figure femminili che, nel panorama ‘creativo’ italiano e internazionale (dal design alla moda, dall’architettura alla musica, dall’illustrazione alla grafica, dalla fotografia alla letteratura) si sono distinte in rapporto a discipline e mestieri ritenuti da sempre appannaggio dell’universo maschile. I libri, pensati per essere letti ad alta voce dall’inizio alla fine in quarantacinque minuti -un viaggio breve-, sono racconti di persone condotti attraverso una lente speciale sulle loro biografie, i lavori, i fatti privati e i risultati pubblici.
Il progetto grafico è a cura dello Studio Sonnoli
28/11/24
#Cini Boeri#Piazza Sant'Ambrogio#Isola La Maddalena#progettista milanese#designbooksmilano#fashionbooksmilano
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" Dopo un’assenza quasi totale di cinquanta anni il senatore conservava un ricordo singolarmente preciso di alcuni fatti minimi. «Il mare: il mare di Sicilia è il più colorito, il più aromatico di quanti ne abbia visti; sarà la sola cosa che non riuscirete a guastare, fuori delle città, s’intende. Nelle trattorie a mare si servono ancora i ‘rizzi’ spinosi spaccati a metà?» Lo rassicurai aggiungendo però che pochi li mangiano adesso, per timore del tifo. «Eppure sono la più bella cosa che avete laggiù, quelle cartilagini sanguigne, quei simulacri di organi femminili, profumati di sale e di alghe. Che tifo e tifo! Saranno pericolosi come tutti i doni del mare che dà la morte insieme all'immortalità. A Siracusa li ho perentoriamente richiesti a Orsi. Che sapore, che aspetto divino! Il più bel ricordo dei miei ultimi cinquanta anni!» Ero confuso ed affascinato; un uomo simile che si abbandonasse a metafore quasi oscene, che esibiva una golosità infantile per le, dopo tutto mediocri, delizie dei ricci di mare! Parlammo ancora a lungo e lui, quando se ne andò, tenne a pagarmi l’espresso, non senza manifestare la sua singolare rozzezza («Si sa, questi ragazzi di buona famiglia non hanno mai un soldo in tasca»), e ci separammo amici se non si vogliono considerare i cinquanta anni che dividevano le nostre età e le migliaia di anni luce che separavano le nostre culture. "
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena. Prima pubblicazione nel volume Racconti, Prefazione di Giorgio Bassani, Collana Biblioteca di Letteratura: I Contemporanei n.26, Milano, Feltrinelli, 1961.
#La sirena#Lighea#letture#leggere#classicità#classicismo#Giuseppe Tomasi di Lampedusa#antichità#grecità#estetismo#letteratura italiana del XX secolo#citazioni letterarie#narrativa italiana del '900#mitologia#scrittori siciliani#letteratura siciliana#racconti lunghi#amori estivi#racconti fantastici#Giorgio Bassani#sirene#Torino#Sicilia#Siracusa#golosità#ricci di mare#tifo#tradizioni#scritti minori#Mare Ionio
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Toni Cade Bambara
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Toni Cade Bambara, scrittrice, accademica, documentarista e attivista, importante protagonista del Black Arts Movement degli anni Sessanta, ha apportato un enorme contribuito al femminismo nero.
La sua scrittura si muove attraverso la cultura afroamericana, incorporando il dialetto di strada, le tradizioni orali e tecniche riconducibili al jazz come modello strutturale ed estetico per le forme scritte. I suoi personaggi, luoghi e atmosfere sviluppano situazioni non lineari costruite come improvvisazioni su una melodia.
Nata Miltona Mirkin Cade a New York, il 25 marzo 1939, è cresciuta con suo fratello e sua madre Helen Henderson che, influenzata dal Black Harlem Renaissance, la incoraggiava a studiare, scrivere e approfondire la storia afroamericana.
Aveva sei anni quando ha cambiato il suo nome in Toni a cui, nel 1970, ha aggiunto l’appellativo Bambara, relativo al gruppo etnico dell’Africa Occidentale di cui la sua bisnonna faceva parte.
Frequentando il Queens College, dove era una delle pochissime studenti nere, ha iniziato a utilizzare la scrittura come strumento per entrare in contatto con sé stessa e la propria identità.
A spingerla a scrivere era stato il desiderio di dare spazio a quelle idee che non trovavano posto nello schema fisso del componimento inglese, cercando di rendere giustizia a un altro punto di vista.
All’università si è interessata di danza, lavorato a teatro e partecipato alla rivalutazione del canto popolare e del suo messaggio politico.
Si è laureata in arti teatrali e letteratura inglese nel 1959. Successivamente, è andata a studiare mimo a Parigi.
Ha conseguito un master in narrativa africana al City College nel 1964 dove ha iniziato a insegnare, l’anno successivo, al Theater of the Black Experience. Si era impegnata a rendere più inclusiva l’istituzione con l’aggiunta di un corso di nutrizione e cultura africana. Auspicava la creazione di un’accademia in cui si dedicasse maggior attenzione all’apprendimento di temi politici e sociali.
Ha fatto parte del programma SEEK – Search for Education, Elevation, Knowledge e contribuito enormemente al suo sviluppo.
È stata professoressa associata alla Rutgers University nel 1969.
La sua antologia The Black Woman del 1970, è stata la prima raccolta femminista di autrici nere.
È stata direttrice del programma della Colony Settlement House a Brooklyn, lavorato per i servizi sociali di New York e come direttrice ricreativa nel reparto psichiatrico del Metropolitan Hospital.
Negli anni Settanta è stata a Cuba per studiarne le organizzazioni politiche femminili. Ha messo in pratica queste esperienze quando si è trasferita con la figlia Karma Bene ad Atlanta, dove ha co-fondato il Southern Collective of African American Writers.
Ha insegnato in diverse università, è stata professoressa ospite di studi afroamericani alla Emory University e all’Università di Atlanta, dove ha anche insegnato alla School of Social Work.
È stata artista residente al Neighborhood Arts Center, allo Stephens College della Columbia e allo Spelman College di Atlanta.
Nel 1981, ha scritto l’introduzione di un’altra innovativa antologia femminista nera, This Bridge Called My Back.
Dal 1986, ha insegnato sceneggiatura cinematografica allo Scribe Video Center di Philadelphia e tenuto lezioni alla Biblioteca del Congresso e allo Smithsonian Institution.
La sua prima raccolta di racconti è stata Gorilla, My Love, del 1972. Tra le storie incluse ci sono Blues Ain’t No Mockin Bird, Raymond’s Run e The Lesson, che compaiono in tutte le antologie di letteratura afroamericana e in alcuni testi scolastici.
Nel 1980 il suo romanzo The Salt Eaters ha vinto l’American Book Awards.
Per tutti gli anni Ottanta si è dedicata alla produzione cinematografica e televisiva. Ha scritto la sceneggiatura per The Bombing of Osage Avenue, film incentrato sull’assalto della polizia al quartier generale di Philadelphia del gruppo di liberazione nera MOVE il 13 maggio 1985. Ha contribuito anche alla serie di documentari American Experience con l’episodio “Midnight Ramble”: Oscar Micheauz and the Story of Race Movies e al documentario W.E.B. Du Bois: A Biography in Four Voices.
Si è spenta il 9 dicembre 1995 a Philadelphia a causa di un cancro al colon.
Il romanzo sulla scomparsa e l’omicidio di quaranta bambini neri ad Atlanta tra il 1979 e il 1981, Those bones Are Not My Child (originariamente intitolato If Blessing Come), è stato pubblicato postumo nel 1999 a cura di Toni Morrison, che lo considerava il suo capolavoro e che aveva già raccolto i suoi scritti in un volume dal titolo Deep Sightings & Rescue Missions: Ficrion: Essays & Conservations, pubblicato nel 1996.
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CRISTINA E GRANDI DONNE
a cura di Jacopo Scafaro CRISTINA E GRANDI DONNE A un anno dalla scomparsa di Cristina Antoni, Alessandria la ricorda con una serata dedicata alla sua passione per l’arte, alla sua energia e al suo impegno culturale. Un evento che, tra racconti, musica e omaggi a figure femminili ispiratrici, ne celebrerà l’eredità, destinando i fondi raccolti a cause benefiche a lei care. A un anno dalla…
#alessandria#beneficenza#città di Alessandria#cristina antoni#HOSPICE IL GELSO#Luciano tirelli#provincia di Alessandria
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Maria Judite de Carvalho "Quanta gente, Mariana!", presentazione
Sellerio Editore Otto racconti e la postfazione di Giulia Caminito, dove trovare interessanti chiavi di lettura. Tante persone, Mariana , è stato pubblicato nel 1959 da Maria Judite de Carvalho scrittrice e pittrice che ha vissuto a lungo in Belgio e in Francia, in particolare durante la dittatura di Salazar. Otto racconti con personaggi soprattutto femminili, donne e uomini soli, angustiati da…
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Estate Teatrale Veronese 2024: dal 21 giugno con Verona Jazz e Rumors Festival.
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Verona. Estate Teatrale Veronese 2024: dal 21 giugno le esaltanti nuove stagioni musicali di Verona Jazz e Rumors Festival. Sul fronte musicale torna immancabile l'appuntamento con le due rassegne storiche VERONA JAZZ, curata da Ivano Massignan, e RUMORS FESTIVAL, curata da Elisabetta Fadini. Entrambe realizzate in collaborazione con Eventi Verona srl e con sostegno di AGSM AIM. Quattro gli artisti italiani e sei le presenze internazionali previste, tra i grandi maestri del jazz, suadenti vocalità femminili della world music mondiale e due cantautori di razza. Al via, dal 21 giugno, la nuova stagione musicale di Verona Jazz e Rumors Festival. In cartellone otto spettacoli, che saranno in programmazione fino al 28 luglio nel suggestivo scenario del Teatro Romano, dove si esibiranno artisti nazionali e internazionali. "La 76ma edizione dell'Estate Teatrale è pronta ad iniziare e lo farà il 21 giugno, primo giorno d'estate – dichiara l'assessora alla Cultura –, proprio con la musica d'autore che appartiene al nostro patrimonio culturale immateriale e che grazie alla splendida cornice del Teatro Romano farà vivere un'esperienza di godimento anche estetico. Una ricca presenza di artisti da tutto il mondo conferma la vocazione internazionale del Festival. Un calendario di appuntamenti atteso dai veronesi e apprezzato dai turisti in visita nella nostra città". Sarà il duo costituito da Paolo Fresu & Uri Caine, nella serata del 21 giugno, a calcare per primo le scene veronesi nell'ambito di Verona Jazz, che anno dopo anno ribadisce la sua versatilità e trasversalità, valicando i confini di genere per far spazio ad una musica sempre più 'contaminata'. Verona Jazz diventa così un'occasione per far convivere esperienze musicali diverse e distinte che portano con sé influenze, storie, racconti distanti tra loro, ma che si ritrovano raccolti all'interno di un'istituzione musicale che con l'imponenza della sua longevità regala da anni serate di musica di indiscussa maestria ed emozione. Seguirà, il 22 giugno, l'esibizione del sassofonista norvegese Jan Garbarek assieme alla sua band e accompagnato, per la serata veronese, dal percussionista indiano Trilok Gurtu. Il 23 giugno sarà la volta della violoncellista e cantante cubana Ana Carla Maza e, nella serata del 24 giugno, del cantante italiano Mario Biondi con la sua band. Storie musicali con origini diverse che, tracciando la propria narrazione e sviluppo, si intrecciano con il lungo racconto di un Festival, simbolo della nostra Verona. Il compito di chiudere il cartellone musicale spetta ai protagonisti del Rumors Festival, a cura di Elisabetta Fadini, una rassegna originale e popolare, dove il ricercato diventa di tutti e per tutti e che da sempre porta in grembo il concetto di musica come arte capace di vivere e sopravvivere, senza quegli ausili che creano il sensazionale, spesso studiato, pensato e costruito, spogliato dell'eccesso per regalare una molteplicità di emozioni fatte di semplice e sola musica. Un festival sempre più caratterizzato da musicalità e suoni familiari e forme d'arte che raccontano la cultura di Paesi lontani. Quest'anno Rumors sarà contaminato dall'afromusic e dalla fusione di samba, pop, jazz e soul, nonché dalla storia e tradizione dell'Africa e del Brasile. Il 30 giugno il grande ritorno del cantautorato italiano di Elio e Le Storie Tese. Il 6 luglio sarà la volta dell'artista africana Fatoumata Diawara e il 27 luglio di Vinicio Capossela. A chiudere la seconda rassegna Rumors il 28 luglio sarà Marisa Monte, una delle più grandi cantanti brasiliane di tutti i tempi. L'Estate Teatrale Veronese, dunque, continua a sorprendere puntando sulla qualità degli interpreti e sulla forza evocativa degli allestimenti scenici, per consolidare il coinvolgimento degli spettatori, veronesi e non, con l'intento di rilanciare appieno l'incanto dello spettacolo e della musica dal vivo. I biglietti sono disponibili sui circuiti www.ticketone.it e www.ticketmaster.it e presso le abituali prevendite Il programma è stato illustrato nella mattina di mercoledì 24 a Palazzo Barbieri dall'assessora alla Cultura insieme al direttore artistico Carlo Mangolini. Presenti il presidente Agsm Aim Federico Testa, Ivano Massignan di Eventi e Elisabetta Fadini di Rumors Festival.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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"Barchetti innamorati"
da Favole & dintorni
Le favole d'amore, come si sa, fra tutte le fiabe, i racconti e le storie vere, sono quelle più incredibili, proprio perché hanno l'amore come tema conduttore.
L'amore che si racconta e che racconta, l'amore che non ha regole, ne vincoli, che non ha canoni ne parametri, l'amore per le persone e fra le persone e il non meno decantato, declamato e praticato, amore per gli animali e per le cose, ma anche e paradossalmente, il meno conosciuto e inverosimile amore che nasce fra le cose, quella fatale attrazione che unisce irreversibilmente gli oggetti, come l'incredibile amore nato fra Remo e Prua, i due Barchetti che ogni notte sono, una accanto accanto all'altro, sotto la prima arcata, di qua d'Arno, di Ponte Vecchio a Firenze.
La loro è davvero una storia incredibile che nasce in uno dei più antichi laboratori di falegnameria della Città di Dante, dove venivano costruite le barche destinate a navigare sull'Arno.
Non era mai capitato, ma quell'anno successe qualcosa di particolare, non si sa perché e non si sa per come, ma Lapo, il piu' esperto fra i costruttori di imbarcazione per i renaioli dell'Arno, volle metter mano alla costruzione di due barche contemporaneamente, cosa abbastanza inconsueta per lui abituato a realizzarne sempre e sola una alla volta. Il suo era qualcosa di più di lavoro, era una vera e propria Arte, che aveva ereditato dal suo papa', dal Babbo, come dicono a Firenze, una passione che lo portava a curare ogni piccolo particolare delle sue realizzazioni, il fatto che quelle fossero barche da lavoro, non gli impediva di dare sempre, oltre alla funzionalità, anche un tocco di curata estetica, in fondo, come amava dire Lapo, erano sempre imbarcazioni che avrebbero navigato nell'Arno, il fiume di Firenze, giustamente definita, la Città d'Arte per antonomasia.
Per prassi, per consuetudine, per logica, i nomi alle imbarcazioni venivano dati dagli acquirenti, che in quel nome rappresentativo, volevano sintetizzare tutti i desideri, le aspettative, le speranze, per una vita migliore, ma dare un nome alla propria barca era anche un modo per renderla più di una cosa, era un modo per sentirla più vicina, non un semplice mezzo per lavorare, ma una compagna con cui collaborare, un supporto necessario, una presenza indispensabile da curare, amare e rispettare.
Questa è una delle motivazioni per cui, soprattutto le barche da lavoro, dei pescatori, dei renaioli, dei traghettatori, hanno spesso nomi femminili.
Lapo, interrompendo quella consuetudine, anche perché nessuno gliele aveva commissionate, volle dare un nome a entrambe le imbarcazioni, immaginando che avendole costruite insieme, insieme, come una vera coppia, sarebbero poi rimaste nel tempo, così chiamo' una Remo e l'altra Prua, perché, come spesso Lapo amava dire, se il remo è la forza che spinge la barca, è la prua quella che fende l'acqua.
Sarà perché erano sempre insieme, sarà perché prendevano forma contemporaneamente e sarà per l'imponderabilita' che da sempre e comunque guida l'amore, Remo e Prua si innamorarono fin da subito, vedendo divenire giorno dopo giorno, il loro legame sempre più forte, avvertendo entrambi sempre più l'irrefrenabile desiderio di voler restare per sempre insieme, sperando che mai niente e nessuno potesse separarli, fu da questo forte desiderio, da questa grande speranza, da questo incontenibile bisogno, che Remo fece solenne promessa alla sua Prua che un giorno l'avrebbe portata a vivere sull'Arno, il fiume piu' bello del mondo, il fiume circondato dal fascino e dalla bellezza e dall'Arte e come casa le promise, non un rimessaggio qualsiasi, ma un ponte, il più bello e prestigioso fra tutti i ponti, Ponte Vecchio e cosi fu, Remo e Prua, ancora oggi, dopo tanti anni, sono sempre insieme, di giorno, non trasportano piu sabbia raccolta dai renaioli, ma entusiasti turisti che affascinati ammirano dal suo fiume le straordinarie meraviglie Fiorentine, di notte, tutte le notti, invece riposano insieme, uno accanto all'altra, lasciandosi piacevolmente cullare dalle dolci onde dell'Arno, più innamorati che mai.
Firenze 2018
Favole & dintorni
https://lefavolediriccardo.blogspot.com/?m=1
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Sono un ragazzo e non scrivo agli uomini perché fanno schifo. Alcuni mi hanno scritto, o per parlare di roba pornografica su altri blog femminili o volgarmente per provarci con me.
Per questo lo capisco quando le ragazze non mi rispondono, e credo facciano bene.
Il genere maschile è falso e meschino e merita di estinguersi, mi spiacerebbe solo per i pochi esempi buoni, ma sarebbero un sacrificio necessario.
Parlare di roba pornografica su altri blog femminili 😳
È tremendo il tutto dell'esperienza che ne racconti tu 😞
Hai ragione ci sono sicuramente dei pochi buoni ma comprendo per tutti quelli che non lo sono che arrivano ti abbiano portato a pensarla così
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Mes Demoiselles Paris a/i 19-20: di nuovo in viaggio tra emozioni e tradizioni
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L’associazione letteraria spunta istintiva, di certo scevra della facilità attuale di appiccicare citazioni famose a qualsivoglia soggetto, bensì colma di consapevolezza sincera: “Viaggiare è come sognare, la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato”.
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Brevi righe appartenute al genio di Edgar Allan Poe, che ben si allacciano nella loro essenza carica di saggia verità, di certo qui priva della tipica allure noir, al mondo de “Mes Demoiselles Paris”, o meglio: al mondo della sua fondatrice e stilista, Anita Radovanovic, che di viaggi e di sogni nutre la sua creatività da dentro l’animo fin nella materia delle collezioni. Con in più il merito di mantenere vividi tutti i ricordi anche al risveglio!
La spiegazione di questa associazione è presto detta, anzi intessuta nelle trame: quelle dei tessuti che danno vita agli abiti naturalmente, quelle essenziali che disegnano il percorso autobiografico di Anita, e di conseguenza nelle trame dei racconti narrati dalle ispirazioni che diventano collezioni.
Il fil rouge che, come in un gioco di parole veritiero, s’infila a collegare tutte queste trame, è per l’appunto l’esperienza, prima interiore e poi esteriore, del viaggio: nello spazio delle culture che abitano i paesi da scoprire, nel tempo lunghissimo delle tradizioni sartoriali, e in quello squisitamente personale della memoria che colleziona ricordi, li fonde ai sogni e li traduce in affascinanti suggestioni sartoriali.
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Il viaggio, infatti, è innanzitutto connaturato alla storia giovane di Anita Radovanovic: quello che inizia nella sua infanzia vissuta in Montenegro con i nonni, lì dove ha raccolto la vitalità gipsy del folklore locale, la forza dei colori e la ricercatezza dei ricami che ai tempi nascevano dalle mani affezionate della nonna, e oggi son quasi un linguaggio che parla dalle mani artigiane che li realizzano sui capi. Il viaggio prosegue in Francia, nella Parigi chic eppur, come si suol dire, décontracté, che è anche incastonata nel nome del brand: la città in cui nel 2006 Mes Demoiselles Paris è nato e ha iniziato il suo percorso verso il successo.
Il viaggio prosegue ad ogni collezione, dove si aggiunge una tappa di esplorazione delle culture lontane che hanno tradizioni manifatturiere ancora genuine, delle memore personali che affiorano mescolate ai sogni: della femminilità, che è accolta e valorizzata dalle creazioni.
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Così, appunto, accade felicemente nella collezione a/i 2019-20: dove l’ispirazione gioca con le stampe che si compongono variegate a mo’ di patchwork, dove le forme viaggiano lontane su un itinerario tra le culture, che raggiunge anche l’oriente nella geometria esatta del kimono, dove le stoffe regalano eleganza grazie ai velluti anche stampati, alle sete, lane, dévoré.
Il fascino irresistibile del viaggio conduce l’ispirazione anche nell’India delle divinità femminili che la tradizione vuole dotate di specchio, in lingua originale Darpana: a quest’immagine di luce e potere intenso sono dedicate le particelle di luce ricamate a mano sulle maniche a baloon: una luce che quasi si scioglie nell’oro colato degli abiti che narrano una ricercatezza sospesa nel tempo, ma sempre, perfettamente attuale nella sua sofisticata semplicità. Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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La scatola delle preghiere di Lisa Wingate: una storia di emozioni e di legami tra generazioni
Una giovane donna, un'anziana signora e una scatola di ricordi: un viaggio nella memoria che cambia la vita.
Una giovane donna, un’anziana signora e una scatola di ricordi: un viaggio nella memoria che cambia la vita. Biografia dell’autrice. Lisa Wingate è un’autrice americana bestseller, nota per il suo straordinario talento nel raccontare storie che intrecciano passato e presente. Con decine di libri all’attivo, tra cui il celebre “Prima che fossimo estranei”, ha conquistato milioni di lettori…
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vi eccita quando vi mandano foto de cazzo duro o al patata bagnata?
Certo ci eccita tutto, anche le dita bagnate sia maschili che femminili,qualsiasi cosa vogliate mandarci è ben accetto. Anche racconti autobiografici,specialmente quelli.
Ripetiamo anche con anonimato con un secondo profilo o side blog che avete non ci disturba il non associare la persona al blog,anzi
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Debutterà martedì 24 ottobre 2023 alle ore 21.00 al Teatro Trastevere - via Jacopa de’ Settesoli, 3 - Le città invisibili di Italo Calvino,regia di Ivan Vincenzo Cozzi ed interpretato da Andrea Dugoni, Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta, Brunella Petrini. In occasione del centenario della nascita di Italo Calvino (1923-1986), torna in scena, con un cast in parte modificato, lo spettacolo creato nel 2016, e trova nuovi gesti e nuova attenzione per i significati onirici, combinatori e visionari ideati dal grande scrittore, invitando il pubblico a ripercorrere le tappe di un viaggio fantastico, fra sogno e realtà, sulle orme di Marco Polo, al cospetto dell’imperatore tartaro Kublai Kan, alla scoperta di quei luoghi, reali ed immaginari, che compongono il grande regno del sovrano orientale. Le città invisibili mette in scena tredici delle cinquantacinque città che compongono il romanzo, scelte fra quelle più prossime alla nostra realtà per attualità, significati o simbologie; che riportano il ricordo di qualcosa di già vissuto altrove, trovano un nuovo significato e una differente dimensione temporale che prende forma nella parola narrata. Ogni città è nello stesso tempo eterna, segreta e in movimento. Il dialogo immaginario fra Marco Polo e Kublai Kan, punteggiato e accompagnato dalle musiche originali di Tito Rinesi, si attarda fra segreti, prospettive ingannevoli, fragilità e vita mentre attorno prende forma qualcosa di nuovo, perché forse è vero, come dice il Kan (Andrea Dugoni), che ogni città altro non è che la descrizione di una sola, unica città. Quella perfetta. E se ognuna fra le città immaginate da Calvino nel romanzo del 1972 ha nomi di donna, il regista affida proprio a tre donne (Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta e Brunella Petrini) il ruolo del mitico esploratore: tre figure femminili quasi archetipiche, tre viaggiatrici del tempo e dello spirito, che suggeriscono la natura corale, arcaica, ancestrale ma anche sfuggente e impersonale del raccontare. In ogni tappa le nostre Marco Polo portano nei propri sacchi, al cospetto del sovrano, una testimonianza: pezzi d’avorio, un elmo, una conchiglia, cerbottane, tamburi e quarzi, disposti su piastrelle bianche e nere, e poi spostati, via via che il viaggio e il racconto si snoda, sotto gli occhi di un imperatore nostalgico che in quei racconti tenta di rintracciare un senso, di intuire le geometrie e i movimenti di quel «disegno tracciato dai salti spigolosi dell’alfiere, dal passo strascicato e guardingo del re dell’umile pedone, dalle alternative inesorabili d’ogni partita». Una partita che si gioca nel giardino fantastico del Kan, appena sotto le mura oltre il mercato, dove i viaggiatori scambiano le merci, o i bivacchi dove riposano. Anch’esso è un luogo, forse immaginario, dove il sovrano Kublai Kan cerca di rintracciare il senso e l’identità del suo regno, che va disfacendosi. Ma soprattutto di capire quale sia il senso e il fine del gioco stesso. E la risposta, forse non ancora trovata, spetta ad ogni spettatore/spettatrice, che, come Marco Polo, affronta il suo viaggio. Le città invisibili, di Italo Calvino - regia: Ivan Vincenzo Cozzi; interpreti: Andrea Dugoni, Claudia Fontanari, Silvia Mazzotta, Brunella Petrini; musiche originali: Tito Rinesi; scenografie: Cristiano Cascelli; costumi: Marco Berrettoni Carrara; tecnico luci/fonica: Steven Wilson; organizzazione: Isabella Moroni - rimarrà in scena al Teatro Trastevere fino a domenica 29 ottobre 2023 (orario: da martedì 24 a sabato 28, ore 21.00; domenica 29, ore 17.30).
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Elena Gianini Belotti
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Le radici della nostra individualità sono profonde e ci sfuggono perché non ci appartengono, altri le hanno coltivate per noi, a nostra insaputa. Il maschio spacca tutto è accettato, la femmina no. La sua aggressività, la sua curiosità, la sua vitalità, spaventano e così vengono messe in atto tutte le tecniche possibili per indurla a modificare il suo comportamento.
Elena Gianini Belotti, pedagogista e scrittrice italiana, è stata la prima a parlare di sessismo nell’educazione nel famosissimo saggio Dalla parte delle bambine, una lettura preziosa per la presa di coscienza femminista degli anni Settanta, che ha attraversato diverse generazioni.
Col suo lavoro, ha cambiato per sempre il nostro modo di guardare alle differenze fra i sessi e al condizionamento sociale e di ruoli, tra maschi e femmine, che viene fatto fin dai primi anni di vita.
Nata a Roma il 2 dicembre 1929, ha trascorso parte della sua infanzia a Bergamo, città da dove provenivano entrambi i genitori. Dattilografa in un magazzino di articoli industriali, a sedici anni, aveva cominciato a scrivere racconti pubblicati su alcune riviste femminili.
L’interesse per i meccanismi dello sviluppo infantile l’aveva spinta a diplomarsi alla Scuola Assistenti Infanzia Montessori, dove ha insegnato per molti anni.
Nel 1960 ha partecipato alla fondazione del Centro Nascita Montessori di Roma, che ha diretto per vent’anni, fino al 1980. È stata la prima struttura italiana che si è occupata della preparazione delle future madri al parto e alla cura nei primi mesi di vita.
Successivamente sono stati organizzati incontri sui metodi contraccettivi e sull’educazione sessuale e consulenze a domicilio sui problemi infantili nei primi tre anni di vita.
È stata autrice di quindici volumi, tra saggi e testi narrativi che hanno sperimentato strade nuove per raccontare punti di vista insoliti e fino a quel momento silenziati.
Ha collaborato con diversi giornali e riviste, tra cui Paese Sera e Noi Donne.
Nel 1992 è stata tra le fondatrici del gruppo di scrittrici e giornaliste Controparola di cui fanno parte, tra le altre, Dacia Maraini e Linda Laura Sabbadini.
Tra i tanti premi e riconoscimenti ricevuti, nel 2010, è stata nominata Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana.
Nel 1973 ha pubblicato il suo primo libro, il saggio Dalla parte delle bambine. L’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita che analizza i condizionamenti a cui sono sottoposte bambine e bambini fin dalla nascita e gli stereotipi presenti nel mondo degli adulti che, inevitabilmente, ricadono in quello dell’infanzia.
Un testo rivoluzionario per i tempi, lo spostamento di prospettiva rispetto a un mondo pensato essenzialmente al maschile che ha influenzato tanto dibattito femminista e che è ancora tragicamente attuale.
L’opera, tradotta in 15 lingue, è stata ristampata in 57 edizioni e ha venduto oltre 600 mila copie.
Nel 1980 ha pubblicato Prima le donne e i bambini, incentrato sempre sul tema dei condizionamenti sociali di genere per cercare soluzioni nuove per inventare una diversa comunicazione.
Nel 1985 Il fiore dell’ibisco ha evidenziato lo stereotipo secondo cui alle donne viene negato il diritto di amare un uomo più giovane.
In Adagio poco mosso, del 1993, sette racconti evidenziano la condizione femminile di alcune donne in età matura che, dopo un evento luttuoso o una separazione, riescono a ricostruire la propria vita, in maniera autonoma e accettando i limiti imposti dall’età.
In Pimpì oselì, del 1995, ha tratteggiato, attraverso gli occhi di una bambina, la vita dell’infanzia nelle valli bergamasche e delle borgate romane durante il periodo fascista, ponendo l’accento sulla durezza della povertà e sulla separazione di genere.
Nel 1999 con Apri le porte all’alba ha raccontato la storia di una donna che, dopo alcuni fallimenti amorosi, arriva alla conclusione che la vita coniugale annulla la propria identità. Nel testo di affronta anche violenza di genere e femminicidi.
Del 2003 è il romanzo Prima della quiete, sulla storia vera di Italia Donati, maestra elementare vissuta in Toscana nella seconda metà dell’Ottocento, che ha scontato duramente il coraggio della sua scelta di emancipazione, dove mette in luce come l’unificazione italiana sia avvenuta sul corpo di tante donne oscurate dal racconto storico ufficiale.
Nel 2006 è uscito Pane amaro, ispirato dagli appunti del padre emigrato in America in cerca di lavoro. Racconta le umiliazioni, i soprusi, l’emarginazione e le ingiustizie che hanno subito i migranti italiani. Una storia di un secolo fa ma drammaticamente attuale, i cui protagonisti, cambiando solo colore della pelle e territorio, si aggirano smarriti sul palcoscenico di una vita di stenti, privazioni, discriminazioni e sogni andati in frantumi.
Nel 2008 in Cortocircuito evidenzia i cambiamenti della società italiana con le immigrazioni e di come storie, tradizioni, usi e costumi di altri paesi siano entrati nelle vite degli italiani che spesso non accettano questa trasformazione della società. Attraverso il racconto delle storie di badanti filippine, turche, ucraine, di operai rumeni e indiani, si dipana la consapevolezza, non condivisa dalla maggioranza della popolazione, che la commistione di etnie, lingue e culture è soltanto una ricchezza per la nostra società.
Il suo ultimo romanzo è Onda lunga del 2013, un viaggio agrodolce negli umori e nelle risorse della vecchiaia.
Elena Gianini Belotti si è spenta a Roma il 24 dicembre 2022 lasciandoci un’importante contributo coi suoi studi e il suo attivismo.
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Recensione "I Racconti" di Lucia Braccalenti
In questa raccolta di racconti – diciassette in totale – si alternano scenari fantasy e non, tratteggiati dall’adolescenza ad oggi. Tra magia, amori, personaggi tormentati e determinati, particolare attenzione è posta alla raffigurazione di protagoniste femminili forti e combattive. Al lettore viene lasciato quasi sempre un messaggio di positività e speranza, attraverso quello che possiamo…
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Quest'anno ho letto trentaquattro libri: tre saggi (il primo è sui manicomi femminili in Italia nel periodo fascista; poi l'analisi de L'Iliade di Simone Weil, la ricostruzione di Westerman della letteratura "idraulica" del periodo stalinista), due raccolte di poesie (Anna Achmatova, Farrokhzad Forugh), quattro memorie (il veganesimo di Margherita Hack, i diari di Rozanov, la prigionia di Hamson Knut, la versione della storia della prima moglie del Marchese von Sacher-Masoch). Il genere più ricorrente è quello delle raccolte di racconti (Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata, i Racconti dell'età del Jazz di Fitzgerald, Disastri di Charms, Compagno di sbronze di Bukowski, Orientamento di Daniel Orozco, Pesca alla trota in America, Perle di Mia Couto, dei racconti di Zamjatin, Sepolto vivo di Hedayat). Ho letto quattro libri per ragazzi: Favole al telefono di Gianni Rodari, La figlia del capitano, Piccole donne crescono, Enola Holmes. Tra i titoli più celebri ho recuperato I tre moschettieri di Dumas, Persuasione, La venere in Pelliccia. Ho letto un giallo (La camera azzurra di Simenon). Nessuna di queste letture è stata in una lingua straniera né è rientrata nelle mie letture preferite di sempre, per quanto io abbia apprezzato Giovanissimi di Forgione, La figlia oscura di Elena Ferrante, La sonata a Kreutzer e il su citato Disastri di Charms (quattro stelline). "Perché il bambino cuoce nella polenta" mi ha fatto versare una lacrimuccia.
Ho comprato ed ho ricevuto un regalo un discreto numero di libri, non ho tenuto il conto.
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