#raccolta olive
Explore tagged Tumblr posts
clacclo · 1 month ago
Text
Tumblr media
Che dire, parla da sola: 4 quintali di amore, sole e sudore. 🫒🫒🫒
@clacclo
64 notes · View notes
pgfone · 1 month ago
Text
Ho talmente imparato a stare zitto che ormai mi scambiano per sordomuto.
168 notes · View notes
agriturismoilpino · 11 days ago
Text
Tumblr media
0 notes
pier-carlo-universe · 25 days ago
Text
Coloni israeliani attaccano i palestinesi durante la raccolta delle olive: violenze e minacce per la comunità
La raccolta delle olive, una risorsa vitale per molti palestinesi, è ostacolata dalle aggressioni di coloni israeliani, nonostante le autorizzazioni ufficiali. Una situazione che mette in crisi l'unico sostentamento di intere famiglie.
La raccolta delle olive, una risorsa vitale per molti palestinesi, è ostacolata dalle aggressioni di coloni israeliani, nonostante le autorizzazioni ufficiali. Una situazione che mette in crisi l’unico sostentamento di intere famiglie. Le aggressioni ai danni dei palestinesi durante la raccolta delle olive sono un fenomeno che si ripete ogni anno, con episodi di violenza e minacce che si…
0 notes
ilsalvagocce · 11 hours ago
Text
Ho la tosse di un cane che abbaia nella notte. Ieri pomeriggio, di ritorno dal dottore sito nel mio paesin d'origine, son passata da mio padre, a distanza, ma da mio padre comunque. L'ho trovato in cucina ad armeggiare, pacifico, armi con mio padre son lettere vane, con un'otre grande come il mio torace, mai vista, metà laccata nera metà nuda terracotta, enigmatica e paradigmatica.
– Babbo, è il vaso di Pandora?
– No, è per le olive in salamoia! Me l'ha prestato Raffaele!
dice tutto fiero di amicizia, di sapori in fieri e di quell'essere padroni di nutrimento, come imparare a far l'uovo in tegamino a nove anni.
Sul pavimento qualche rametto duro di finocchietto selvatico tagliato via, saltato via, profumo di arance nell'aria. Guardo dentro l'otre buia: tripudio di aromi tra le olive nere lucide come gli occhi suoi col guizzo, ebbri di mescolìo, di tempo da attendere, di raccolta di finocchio nei fossi, quelli nella strada per Arcevia, prima che cali la notte.
– Prendi questi rimasti!, metto bastoncini in tasca
– Prendi le nocciole, le ho tostate!, manciata di gusci nell'altra.
Io nella sciarpa tutt'avvolta son uscita con le tasche di nocciole e finocchietto che sballonzolavano sui fianchi, rataclat ratatlac come i giochi scambiati da piccoli. Nel vaso di Pandora di mio padre mi sa che è proprio la speranza che si aggira, e pure a otre aperta- Mica la speranza che deve vincere la paura, più quella che da bambino non sai nominare, eppure la sai più di tutti, e infinita.
Fossimo stati piccoli assieme, saremmo stati ottimi amici, penso tutta sicura e salda come la terra cotta, come i greppi prima che faccia buio, mentre a casa tiro fuori dalle tasche i miei preziosi, stecchetti verdi e sassetti al forno.
14 notes · View notes
vecchiorovere · 1 month ago
Text
Tumblr media
Quando in Calabria le olive venivano raccolte dalle donne tra fine ottobre e novembre. Ci si doveva alzare con il buio per ritrovarsi all'alba sotto gli alberi secolari degli ulivi, molte volte anche sotto la pioggia o l'umidità. Era un lavoro faticoso, la raccolta delle olive cadute sul terreno era un lavoro molto scomodo, ci si doveva stare in ginocchio per tutto il giorno fino all'imbrunire e ci si poteva fermare solo per consumare il pasto di mezzogiorno, ci si sedeva tutti insieme sotto i suddetti alberi di olive e ognuno metteva a disposizione quello che si portava legato in una tovaglia, come ad esempio "pipi e patate, salsiccia stagionata, carne salata e del pane molte volte indurito. Erano sacrifici fatti con onore e sudore. Bisogna dire anche che a quei tempi c'era più rispetto e unione tra i lavoratori.
7 notes · View notes
Text
Andiamo con la famiglia a prendere l'olio da un contadino e questo mi riaccende dei ricordi proprio di infanzia quando con la scuola visitai un frantoio studiandone tutti i passaggi per arrivare a produrre l'olio partendo dalla raccolta delle olive, fu una bella gita restando comunque nel territorio e assaggiare l'olio appena uscito dal frantoio fu veramente una delizia per il palato 🫒
2 notes · View notes
k3rn3lpan1c · 22 days ago
Text
Tumblr media Tumblr media
Cose che non capitano quando vivi in città p.2: la raccolta delle olive.
Considerazioni: con quanta fatica ci vuole a raccoglierle, l'olio dovrebbe costare una marea di più, ed è solo il primo dei 4 giorni programmati di raccolta. Però poi è una gran soddisfazione vederle tutte insieme!
3 notes · View notes
ach-thebrother · 3 months ago
Text
Gianni Berengo Gardin, fotografo italiano (1930)
Tumblr media
© [*] Azienda agricola Imperia, raccolta delle olive (anni '80)
Tumblr media
© [*] Siviglia - Spagna (1964) 
Tumblr media
© [*] Lavoratori al porto di Genova (1988) 
https://x.com/Naomi_Daw/status/1770213480257269826/
https://www.fotografia.it/news/grandi-mostre-cose-mai-viste-gli-inediti-di-gianni-berengo-gardin-al-ma-co-f-brescia/
https://www.lastampa.it/cultura/2022/05/03/news/il_fotografo_gianni_berengo_gardin_al_maxxi_i_russi_non_rispettano_i_civili_e_neanche_chi_porta_addosso_la_scritta_press_-3244833/
3 notes · View notes
occhietti · 2 years ago
Text
Tumblr media
Voglio pensare di nuovo a cose
pericolose e nobili.
Voglio essere leggera e gaia.
Voglio essere improbabilmente bella
e non aver paura di niente,
come se avessi le ali.
Oggi mi prendo un giorno di libertà.
Leggera e quieta come una piuma.
Mi muovo appena,
anche se in realtà sto viaggiando
a distanze incredibili.
- Mary Oliver - dalla raccolta "American Primitive"
Rut art
38 notes · View notes
sciatu · 2 years ago
Photo
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
TAORMINA DI NOTTE - La raccolta dei personaggi dei presepi di Nino Vadala’ nella chiesa di sant’ Antonio.
IL MARESCIALLO MUSCARA’ ED IL FURTO DEL PRESEPE
“Ma chi fai, nun spari? E allora tutto questo teatrino, cosa lo hai fatto a fare? – Il maresciallo Muscarà sorrise ironico scuotendo la testa - chi ti crederà mai se non spari, se non fai vedere che fai sul serio …” “Marisciallu si fimmassi chi quantu è veru Diu, ci sparu nto menzu agli occhi” Fece Gaetano alzando i cani de fucile che scattarono con un suono metallico e cattivo. Dall’alto della frana che ostruiva la strada di campagna, Gaetano, alto quasi due metri e con due braccia da lottatore di wrestling, stava sfidando, puntandogli addosso il suo calibro nove, il maresciallo. Quest’ultimo era sceso dalla camionetta con cui era salito fino alla contrada dove Gaetano aveva casa e poderi e stava andando incontro al massaro per poi fermarsi quando il contadino aveva spianato il calibro nove che usava per far fuori i cani randagi e i cinghiali selvaggi. “Eh fallu Gaetanu …  Fallu  …” disse il maresciallo quasi annoiato da tutta la situazione; poi si fermo è facendo uscire la mano destra da dietro la schiena continuò a parlare con il pollice e l’indice uniti a cerchio e le altre dita dritte, come poteva fare un maestro che spiegava agli alunni annoiati un assioma matematico “ma se lo fai, devi essere pronto a subirne le conseguenze” Scandì bene le parole perché Gaetano capisse, poi, sorridendo, incominciò a spiegare: “le conseguenze non per te, Gaetano, perché a ti chiuderanno in un carcere e butteranno via la chiave della tua cella, dove finirai tra magnacci e mafiusi cercando di non avere la gola tagliata o di prenderlo in culo. No Gaetano, questo sarà il minimo che capiterà.  La tua famiglia! Chi penserà alla tua famiglia senza di te? Ai tuoi cinque figli, a Nino, per cui hai fatto quello che hai fatto? Chi si prenderà cura delle vacche, dell’uliveto, dei maiali, del palmento se non ci sarai tu a sapere quando una vacca deve partorire o che quest’anno non ci saranno olive? chi ci penserà Gaetano? Tua moglie da sola come potrà difendere la tua roba dai ladri, da chi presta denaro per strozzarti, da chi chiamerà per aiutarla e che poi faranno solo il loro interesse, perché tu l’hai detto “U munnu è nu futti tu chi futtu jo”, e allora chi ti perdonerà perché hai rubato in chiesa la notte  prima della vigilia di Natale? Chi dei tuoi parenti darà a mangiare ai tuoi figli se per anni non li hai fatti lavorare con te solo per non dargli due euro e permetterli di sopravvivere?” Il maresciallo sorrise ed indicò due uomini seduti nella camionetta dei carabinieri al cui lato stava l’appuntato Cacace, dallo sguardo attento e cattivo, con la mano vicino alla fondina aperta della pistola e indicandoli, aggiunse sorridendo e a voce più bassa. “Chi di loro due si occuperà dei tuoi figli? Il sindaco? Ma quello quando sei andato a lamentarti della frana sulla strada che ti impediva di scendere al paese con la macchina o di portare tuo figlio Nino a Messina per le cure che ti ha risposto?  “ho avvertito la Provincia, di più non posso fare!” Anche se nella sua ditta di trasporti ha una ruspa grande quanto una casa. E che ti ha detto l’assessore quando gli hai chiesto di poter portare il presepe di Fra Umile da Petralia da tuo figlio?” Il maresciallo allagò gli occhi imitando la voce nasale dell’assessore “ non si può, deve venire la troupè di Telecolor a riprenderlo per il telegiornale… è una scultura preziosissima, l’unico presepe di Fra Umile, così delicato che contrasta con i famosi trentatré crocifissi del frate disseminati da Palermo alla Calabria. È un reperto che anche Sgarbi ha citato nel suo ultimo libro, è sensibile all‘umidità troppi shock lo rovinerebbero…” Il maresciallo sorrise, mentre Nunzio, il figlio più grande di Gaetano, con una doppietta in mano puntata sul cuore del militare guardava suo padre indeciso sul da farsi. Il maresciallo si fece serio e fece due passi in avanti. Si sentì un colpo secco che rimbombò nella valle oscura. Davanti al maresciallo si aprì un cratere con terra e sassi che caddero intorno a lui. “Butta il fucile e metti le mani alzate” gridò Cacace con la calibro nove in mano puntata al cuore di Gaetano che in cima alla frana che chiudeva la strada che saliva fino a casa sua, continuava a puntare la canna del suo fucile contro il militare. Il maresciallo guardò la buca poi alzò lo sguardo verso Gaetano e sorrise. “Hai visto? Hai fatto tre cazzate in una” E con le mani dietro la schiena si spostò verso destra camminando lentamente “La prima è evidente - disse girandosi verso la piccola fossa – tentato omicidio! Chi lo può negare? Come minimo dieci anni con un bravo avvocato. La seconda – fece indicando Cacace nascosto dietro la camionetta con l’automatica puntata verso Gaetano – hai un colpo in meno e Cacace ne ha quindici, è al coperto e ne tu ne tuo figlio potrete colpirlo: al prossimo colpo ti troverai con una pallottola in testa. Potresti girarti e scappare ma vorrebbe dire essere preso dopo giorni al freddo e al gelo, ma tu non lo farai. Tu vuoi fare casino perché il mondo sappia che hai subito un’ingiustizia. Ma tu li vedi? – e indicò il sindaco e l’assessore che al colpo si fucile erano corsi dietro gli alberi sul bordo della strada – loro ne usciranno sempre a posto perché gli eroi muoiono e i vigliacchi li piangono e questo succederà a te. La terza cazzata è che hai fatto vedere a tuo figlio che vuoi veramente andare avanti nella tua pazzia e che non sei differente da quei potenti del mondo che pensano di risolvere le cose ammazzando chi gli è contro” Gaetano lo guardò e sorrise “ Io la vedo in un'altra maniera. Ho ancora un colpo e le posso far saltare la testa quando voglio e finito lei quei tre coglioni si metteranno a correre verso il paese, mentre io me ne andrò tra i miei monti dove nessuno potrà trovarmi. Ancora la partita non è finita!” “Ti sbagli, la tua ormai è finita, perché io non sono ricattabile. Cosa pensi che mi fai paura con quel fucile? No Gaetano, non è così.” Tornò indietro sui suoi passi fermandosi risoluto davanti alla buca creata dallo sparo di Gaetano. Cacace capì che il maresciallo tra una parola e l’altra, si stava avvicinando a Gaetano. Tra poco gli sarebbe saltato addosso e gli avrebbe preso il fucile. Il maresciallo sapeva il fatto suo. Lentamente spostò la pistola in modo che dietro al mirino vi fosse il petto di Nunzio. “Questa mattina, quando il sacrestano è corso in piazza gridando che avevano rubato il presepe di Fra Umile, io ho capito che era il mio giorno, come tanto tempo fa è stato il giorno di mia moglie.” Il maresciallo riprese a camminare parallelamente alla frana con le mani dietro la schiena guardando la strada polverosa. “vent’anni fa, nella vigilia  di un altro Natale mia moglie è morta.” si girò di scatto verso Gaetano “Lei amava Natale. Riempiva la casa di alberi e preseti e preparava tutti i dolci che si fanno per l’occasione. Invitava a cena tutti quelli che lo avrebbero passato da soli, dai miei giovani commilitoni, al medico di guardia o allo scemo del villaggio. Erano cene che non finivano mai piene si cibo, di risate di luce” Vi fu silenzio per qualche secondo mentre il maresciallo guardava nella fiumara buia e silenziosa dove si intravedeva solo la luce di qualche casale sperduto tra i monti “la sua luce” Si girò a guardare Gaetano facendo qualche passo verso di lui parlando velocemente “ per questo da quando se ne è andata lei, per me queste feste sono solo una emerita rottura di coglioni. “ Gaetano alzò il fucile e lo puntò deciso verso il maresciallo che ormai era a pochi metri da lui, ma il militare sembrò non accorgersi e fermandosi continuò a parlare “per questo quando arrivò la notizia del furto capii che era arrivato il mio momento, che era tutto predisposto e calcolato da qualcuno che può decidere il destino di tutti noi. Quando il parroco mi disse che gli ultimi ad entrare in chiesa eravate stati voi, tu e tuo figlio piccolo, capii tutto.” Mise le mani in tasca e tirò fuori delle cartine colorate che mostrò con la mano tesa a Gaetano “Queste sono le carte delle caramelle che tuo figlio si è mangiato nascosto dentro il confessionale vicino alla porta che della sacrestia. Quando don Nino ha chiuso la chiesa lui è uscito, ha camminato rasente al muro restando coperto dall’altare di San Giuseppe, due metri dopo ha attraversato la finestra con l’inferriata che dà sulla sacrestia ed è andato a spegnere l’antifurto, che è a pochi metri dalla finestra. Ti ha aperto la porta secondaria della sacrestia, quella chiusa con due paletti di ferro e una serratura di cento anni fa. Tutti pensavano che i due paletti, che si possono levare solo da dentro, fossero il massimo della sicurezza. Sei riuscito a forzare la vecchia serratura con una spallata ed entrato nella sacrestia, sei andato a prendere il presepe dopo aver aperto la teca di cristallo infrangibile che la proteggeva. In venti minuti lo hai caricato nell’ape nascosta nel vicolo che gira intorno alla chiesa e te lo sei portato via. “ Il maresciallo sorrise e continuò “cosa ne hai fatto? Te lo sei messo a casa tua nella stalla con la vacca e u sceccu?” “l’ho messo nella stanza di Ninuzzo, perché così u signuruzzu vidi quanto soffre a non muoversi più, a restare nchjuvatu nto lettu come a iddu nta cruci e capisci u duluri i nu patri. Che ci voleva a levare questa terra? A farmelo portare con la lettiga fino alla chiesa, a fargli vedere il presepe che lui ogni anno scendeva dai monti per vederlo, per pregare u Signuruzzu di non fargli scomparire la carne dalle ossa, di non farlo morire nucenti e senza aviri  canusciutu u munnu! Lui il letto lo lascia solo per andare a Messina, dai dottori e per vedere il presepe, e ora neanche questo sti porci gli vogliono permettere. Eh chi avi a fari nu patri pi so figghiu nto so uttimu Natali ?” Gridò Gaetano e si zittì inghiottendo il groppo che gli era salito in gola, poi continuò “Mancu a mia mi ni fotti nenti i moriri ma se è moriri qualcuno di voi me lo porto dietro” E puntò il fucile verso il sindaco che a vedere la doppietta puntata su di lui, si nascose meglio dietro la quercia dove era finito dopo il primo sparo di Gaetano “Nesci fora figghiu i buttana, dimmi ancora chi me figghiu nun avi nuddu dirittu” Al maresciallo bastò quel momento di distrazione: partì in quarta e con due salti scalò la montagnetta di detriti che occupava la strada e afferrate le canne del fucile le spostò verso l’alto mentre con la spalla buttò giù Gaetano che nella concitazione fece partire un colpo di fucile. “Papà…” Gridò Nunzio voltando il fucile verso il padre e nello stesso tempo dal suo fucile partì un colpo in direzione dei due che a terra lottavano. Uno dei due gridò ma la lotta continuò con i due che rotolarono verso la base della frana. Cacace lasciò la camionetta e corse con la pistola puntata verso Nunzio. “Butta il fucile – gli gridò – buttalo!!!” E una volta che lo raggiunse glielo strappò di mano mentre il ragazzo lo guardò stupito per poi correre verso il padre gridando “papà … papà” una volta raggiuntolo lo vide pancia a terra, con il maresciallo sopra di lui che gli diceva “Sta fermo che ti esce sangue e con la terra s’infetta – poi guardò la gamba dove, dal pantalone si vedevano tanti piccoli fori “meno male che gli hai dato le cartucce per le beccacce se no a quest’ora avevi una gamba in meno” Nunzio arrivò di corsa “papà … non vulia … mi scappoi…” Gaetano non parlava stringendosi le labbra per il dolore. “Vieni, tieni premuto qua che se no esce sangue” Disse il maresciallo a Nunzio prendendo dei fazzolettini e premendoli in diversi punti della gamba. Quando Cacace lo raggiunse gli disse “chiama la guardia medica e digli …” Si sentì un rombo enorme e dalla curva del monte apparve maestosa come un mostro meccanico una enorme ruspa che sui fianchi aveva delle enormi lampade a led che illuminarono a giorno la scena. La ruspa si avvicinò veloce e dal fianco del guidatore scese don Nino con la veste bianca di quando guidava le processioni. Con un salto quasi acrobatico atterrò vicino a Gaetano. “Gaetano che cosa ti è successo?” “nenti paraciprete,… nenti” Rispose Gaetano senza guardarlo per la vergogna. Don Nino Strappò le maniche della camicia bianca che copriva la veste nera e con esse incominciò a fasciare la gamba di Gaetano dicendogli “ho parlato con i paesani e ho detto loro che questo era un segno del Natale. Che per troppo tempo abbiamo tenuto il bambinello dietro una teca di cristallo. Ma lui è nato per chi soffre, per chi è solo, per chi ha bisogno di lui. Per questo hai fatto bene a prenderlo, a portarlo dove è il suo posto, dove ha un senso. E anche noi se lo amiamo, se diciamo di essere suoi figli, dobbiamo fare come Lui ci ha indicato. Così sono andati prendere la ruspa grossa del sindaco, in prestito ovviamente, solo per stasera, e sono venuti tutti a fare Natale con la tua famiglia.” Da dietro  la ruspa che sembrava un enorme mostro tecnologico, apparvero i paesani, vestiti con giacconi e cappotti ed ognuno portando vivande e bottiglie. La ruspa incomincio a spostare la terra della frana, intanto i Devoti della Confraternita della Nunziata srotolarono il Palio della Madonna e apparvero due chierichetti con le candele e un crocefisso. I paesani fecero alzare Gaetano e ogni anziano delle famiglie del paese andò a fargli gli auguri per fargli capire che non ce l’avevano con lui, anzi, forse avrebbero fatto come lui. La ruspa sgombrò velocemente la strada e don Nino Prese il bastone con il crocifisso e chiamò i due chierichetti, mentre i paesani si disposero su due file con il prezioso vessillo dell’Annunziata nel mezzo “Allora signor sindaco, cosa vogliamo fare? Viene domani per la denuncia del furto? Dopo tutto siamo saliti fin quassù perché lei lo voleva far arrestare. Ricorda?” Chiese il maresciallo Muscarà al sindaco che si era avvicinato “Maresciallu chi dici?… arristari ?… volevo che si spaventasse perché quello che ha fatto non mi sembrava giusto. Ora don Nino ha detto un'altra cosa. Ha visto i paesani sono tutti li a fargli gli auguri? Che denuncio e denuncio. Avrei il paese contro” Don Nino vide che era tutto pronto per la processione, guardò dov’era Gaetano e lo chiamò.  Saltellando l’omone si avvicinò. Il prete prese il bastone con il crocefisso al chierichetto e la passò al massaro. “Qui siamo a casa tua: tocca a te portarci da tuo figlio” Il sindaco vide la scena “Scusasse maresciallo ….” Disse velocemente e corse a strappare di mano al chierichetto il candelabro con la candela, mettendosi sulla destra di Gaetano ma un passo indietro. L’assessore fece lo stesso prendendo il posto alla sinistra di Gaetano. Il maresciallo sorrise e disse a Cacace che lo aveva raggiunto “Il sindaco vuole recuperare popolarità” “Maresciallo, ma non arrestiamo nessuno?” “Non c’è nessuno da arrestare, la cosa si è risolta democraticamente con il consenso delle parti. Mettiamoci dietro la processione che la moglie di Gaetano per Natale fa sempre un baccalà fritto che è una squisitezza” Da un megafono, la signora Gesualda intonò con la sua voce da soprano “Tu scendi dalle stelle” subito ripresa da tutti i paesani e la processione incominciò a muoversi lentamente. Cacace si avvicinò al Maresciallo e sottovoce gli chiese “Maresciallo …  ma prima … diceva sul serio … che voleva farsi sparare….” Il maresciallo lo guardò con una faccia sorpresa “Ma no! sono cose che si dicono per distrarre il malintenzionato. Poi quando sarai maresciallo, capirai” E incominciò a seguire la processione. Cacace lo guardò dubbioso, poi lentamente lo seguì.
21 notes · View notes
pgfone · 1 year ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
E niente... ci risiamo anche quest'anno.
254 notes · View notes
scorcidipoesia · 1 year ago
Text
Sono tornata a Myrtos, si, e sento l'aria ancora tiepida e profumata di uva sferzarmi il viso ormai stanco e scolorito dallo smog della città.
Mi accorgo di essere ansante mentre cammino, non abituata all'aria fine e mi sento come un fiore tolto dal vaso.
Talvolta è come se io riuscissi a respirare solo la mia aria sporca.
Nel volo ho pianto tutte le mie speranze, e guardando fuori mentre l'aereo si lasciava indietro le nuvole pesanti,ho sentito come coltelli nella carne ..e nel tragitto per tornare nella terra dove ho seminato le mie visioni,mi hanno accompagnata, come un pianto senza lacrime, doloroso, intimo, taciuto, solo quelle.
Non ho trovato i piccoli voli che durante l'estate collegavano Cefalonia ad Atene, Zacinto e Lefkada, e nemmeno ho incontrato i turisti biondi con la pelle bianca bruciata dal sole nel piccolo aeroporto, la pista sul mare, tra i fichi d'india e gli oleandri attaccati ai muri di qualsiasi casa, macchie di colore.
Mi ha accolto l'isola cangiante nel suo cielo chiaro oggi, il blu indaco e viola ricordo delle giornate pigre di agosto.
Ho cercato con gli occhi lo zaino blu che nei miei deliri di debolezza e amore ho visto a terra accanto alle valigie estranee mentre ti attendevo nel sogno, senza sapere che anche la tua valigia sarebbe stata sconosciuta, da aprire, e non avrei mai saputo il suo colore.
Sento nell'aria il sale e l'odore delle erbe aromatiche che ancora resistono nel Mediterraneo, mi luccicano gli occhi mentre nel viaggio rivedo le acque trasparenti di questo luogo incontaminato e vero che non esiste da nessuna parte.
Finalmente sono tornata nella Proprietà Privata di Dio, finalmente ho intorno gli abiti di persone semplici che sorridono, finalmente rivedo i pergolati che questa estate erano coperti di glicini, finalmente i miei occhi ritrovano i mulini a vento sul monte Enos, le caprette pascolare libere, le olive lasciate a terra, e quelle che attendono la prossima raccolta.
Vedo anche un immenso colore giallo e arancio di limoni e arance che mi fanno male agli occhi.
E’ una gioia per me vedere arance sulle piante, mi viene sempre la voglia di arrampicarmi e rubarne , lo faccio sempre, e qualche volta mi spareranno dietro, ma anche oggi prendo un limone giallo sole e mi inebrio di un profumo che nessuno potrebbe riprodurre, nessun maledetto avido commerciante, stilista o profumeria potrebbe smerciare l'aroma di Myrtos.
Non si smercia la bellezza, l'integrità, l'anima delle cose, delle persone, sono doni intatti che non si imitano nè vendono,ne copiano. Brevetti che la natura ha creato unici. Inimitabili.
E ora i sassolini di Myrtos e il monte silenzioso che abbraccia le maree che si incontrano qui, con Itaca alle spalle, dove tutto �� fermo nel sogno che non deve appassire, sfiorire, realizzarsi, io guardo ancora la schiuma fredda dell'inverno, e quell'aria forte che mi punge i polmoni malati di tubi di scappamento.Sento male agli occhi, per colpa dei colori, o forse è solo colpa mia che ho osato sfidare Itaka, incontrarla, visitarla, amarla.
E Itaka si è fermata, ha danzato in me, mi ha fatto l'amore, per poi allontanarsi nella sua distanza.
Tu, l'uomo dei sogni .. abbiamo fatto l'amore nudi nelle acque incandescenti delle notti di agosto, l'uomo che con me ha fatto la doccia di stelle mentre contavo i giorni, le ore.
Ho consegnato ai mirti tutti gli abbracci che non ho potuto darti.
Ho guardato per te quel turchese che mi ha fatto innamorare, e ora sei tu che guardi il mare per me.
Ora voglio che tu guardi il mare per me, ti incendi di rosso, voli, sei felice, vivi, non indugi in questa vita avara.
Sono coraggiosa, ora che apro le mani e ti consegno come nel Meltemi a tutte quelle che saranno le occasioni che avrai nella vita, le donne che amerai per un week end, le donne di una notte, l'amore dei tuoi ricordi, le tue note di musica.
La piccola donna che ha osato sfidare Itaka, che non è salita sul traghetto ma ha guardato ogni via, ogni ciottolo di Itaka, e da Antisamos ha visto andare avanti e indietro le vele degli altri, temerari come lei, che volevano sfidare il sogno.
Ora il sogno dolora, è una ferita di terra che mi rimane addosso insieme a tutte le cicatrici che ho sulla pelle come frontiere, ma so che a Itaka non tornerò perchè l'ho avuta dentro.
Ho gustato ogni suo odore e liquido di vino, nettare il frastuono che mi ha preso di te.
Ho tracciato il mio firmamento nelle carezze che il tempo mi ha regalato ma che si riprende, nella corsa della vita, ho visto i cieli scuri della notte nei tuoi occhi silenziosi mentre abbracciavo il silenzio.
Sei stato come il silenzio che ora mi fa piangere qui, da sola, mentre coi gabbiani guardo l'andirivieni delle onde.
Non si fermano mai, eppure io mi sono arresa, il viaggio mi ha spaventato.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista madreperle
coralli ebano e ambre
tutta merce fina,
anche profumi penetranti d'ogni sorta
più profumi inebrianti che puoi - dice Kavafis.
E io ho sfidato il tuo porto, ho trovato la tua quiete cosi calma rispetto alla mia furia, al mio rincorrerti furiosa di donna pazza ed impaziente.
Ho acquistato il gioiello prezioso ma pericoloso più raro che esista, l'amore, e ho provato a regalartelo aprendoti le mani, le righe del mio destino si sono aperte davanti a te, ho sfidato i venti nuovi della città, il mio cambiamento, ma mi sono sentita sola.
Più sola di come sono adesso, perchè ora intorno a me ho l'abbraccio del monte e la certezza del sole dell'inverno.
Vorrei prendere il traghetto che ora passa e raccoglie i pochi turisti che sfidano i sogni, salire e tornare a Itaka, itaka sfiorata.
Silenziose e calde le mie lacrime prendono il posto delle parole che non so più dire.
Vedo in lontananza il gioco di luce del Faro nella punta dove si incontrano i venti che deviano a Lixouri, e quei raggi sembrano pensieri positivi che provano ad arrivarmi, sentieri di direzioni da seguire, ma sono cosi stanca adesso che preferisco stare sdraiata nel freddo della spiaggia che è improvvisamente al buio.
Poche luci di case lontane, nessuno ha violato Myrtos. Nemmeno le auto oggi, e anche io sono scesa correndo e avevo le ali, ascoltavo Ignatiades e volavo.
Ma volavo a terra, farfalla zoppa di leggerezza, bambola caduta.
Il tramonto precoce mi scopre infeddolita, ma avevo freddo anche prima di arrivare qui, ho sentito tanto freddo.
Non ho ascoltato la frenesia dei venti dentro di te, l'ardore che non tace, mi sono spaventata di un fuoco che è bruciato presto e ora posso piangere.
Ora, ora che sono finalmente nella mia casa dell'anima posso finalmente gridare, e che importa se mi metterò a correre sulla spiaggia a piedi nudi, se piangerò, se mi strapperò gli abiti di dosso che hanno l'odore dell'inverno che mi porto dentro.
Che importa se qualcuno, pochi, mi guardano in questa solitudine che grida, ora posso finalmente piangere e spaccarmi le dita contro il muro della mia disillusione.
Ora, ora il sentiero che mi riporta in alto, sulla strada per Argostoli dove debbo salvarmi, mi dice che amore forse andrebbe solo sognato e mai incontrato.
Amore come una rete senza pesci, amore come un calcolo che non tiene conto del cuore, sono vuota come una bottiglia ferma che aspetta di partire nel mare, io stessa mi sono lanciata nel mare e voglio restare in balìa dei flutti ora.
Che importa se sono disperata, l'importante è che sia lucida, ora che il mondo mi è caduto addosso e brancolo nei suoi pezzi sporchi di quello che non volevo vedere, ora che le mie collane non brillano più e mi rimane l'opaco di una pietra consumata..ora che i miei fiori sono caduti fuori dal vaso..ora che non ho altari dove inginocchiarmi perchè non credo più in niente, ora forse la vita ha avuto la meglio con me, perchè scelgo di arrendermi, e arranco in alto, verso la strada che poi mi porta dove gli ulivi si inventano le ombre della notte.
Solo il silenzio e i campanacci delle mie pecore, adesso. Le stesse, che scendono e brucano la solitudine della prima erba del giorno, fresca di rugiada e silenzio, bagnata di stelle.
Ora che sono disperata sono in pace, perchè ho perso il turchese, e il sole non mi colora più, e le stelle possono piovermi addosso, non mi raffredderanno ancora.
Ho gelo dentro, e solo la stanchezza mi colora il viso di un colore che è triste, perchè io sono triste.
Non smetterò di sorridere, ma il mio mondo si è fermato, e ora non so quando riprenderà a correre, a lanciare appelli al cielo e alle navi che passano andando a oriente.
Non so dove andrò, mi è passata la speranza di guardare avanti.
Ho provato a vivere di presente, ma mi sono ritrovata nella prigione del disincanto e ho dovuto chiudere le ali.
Ora sono ancora a Myrtos, ma l'acqua non è di quell'azzurro così unico che sembrava inventato da un pittore alla ricerca di prospettiva.
Ora io non vedo niente.
Ora io sento solo il mio universo in frantumi, e sotto a questi pezzettini di gelo e vetro io galleggio e mi lascio andare, nella destinazione che ancora non c'è.
Torno in aeroporto. Di nuovo incontro il gregge che attraversa, e le rondini rimaste, e il cane Sagapò, e i campi di frutteti, e il rombo dei voli che vanno, nessuno resta a Myrtos.
Insieme a me partono i pochi in aeroporto, le hostess chiudono la postazione di lavoro e l'aeroporto si addormenta.
Nessuno viene a stuzzicare i sogni, arriverà l'estate per sogni nuovi e viaggi, e vele.
Sento la spinta del decollo e sto volando via.
Lascio alla mia terra dell'anima, il mio dolore che nasconderò.
Deve giacere qui, insieme al canto dei passeri il mattino, e ai bimbi che vanno a scuola camminando sulla mulattiera che scende a Poros.
I traghetti sono fermi, visioni danzanti di colori che partono ora attendono bussole, destinazioni, prenotazioni di vita.
A Myrtos lascio quello che sentivo dentro come un bambino a muoversi e bere il mio sangue.
E tutte le grandi visioni di infinito che appartengono solo a questa terra, ma io devo andare nella mia.
Mi aspetta una moltitudine di giorni da inventare, e parole da dirmi.
E ancora andrò avanti, a parlarmi da sola.
Tatiana Andena
Aug 10th, 2013
3 notes · View notes
micro961 · 9 hours ago
Text
Carola Chelotti - Il romanzo “Perla”
La commovente storia di un legame speciale e profondo
Tumblr media
La scrittrice Carola Chelotti pubblica il romanzo “Perla”, edito da “EllediLibro” nel 2023. La protagonista è una bambina di nome Sara, dolce, introversa e creativa, sempre in compagnia della sua cagnolina Perla. Sono inseparabili e connesse, come le lancette di un orologio: vivono in perfetta simbiosi tra la scuola, i pomeriggi con il gruppo di amichetti, la passione per la pittura, la raccolta delle olive, la preparazione del Natale. Sembrano molto più che semplici amiche. Perla, dopo la leccatina del buongiorno, sveglia Sara, le passa i vestiti e l’accompagna a fare colazione. Quando Sara esce da scuola, Perla la aspetta fuori tutta scodinzolante. Quando Sara dipinge, Perla pasticcia preparandole i colori per le tele. La loro vita è perfetta come il rapporto che le lega. Durante un triste giorno, Sara dovrà imparare che alla gioia di vivere si accompagna il dolore per la scomparsa di chi si ama. E, soprattutto, capirà il potere dell’arte, la forza catartica di forme e colori.
 «Come i sogni, che fanno talmente parte di noi, da dimenticarli. Ormai sono la nostra pelle, il nostro respiro, la nostra mente e tutto ciò che è in noi, anche quando svaniscono dissolvendosi come le nuvole» Carola Chelotti
Le illustrazioni sono state curate da Silvia Venturi,un’illustratrice nata a Urbino nel 1986. Nella stessa città, ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti e Illustrazione all’ISIA. Dal 2015, lavora con diverse realtà, come aziende, agenzie di comunicazione, privati ed editori. Ha collaborato con Edizioni Piemme, Mondadori, Sanoma, La Rivista Andersen.
Instagram:  https://www.instagram.com/silviaventuri_illustratrice/?hl=it
Acquista il libro
Il format “Open The Window”
Open The Window è un format che Carola Chelotti conduce in diretta su Instagram, mediante il quale invita le persone a porre l’attenzione su argomenti di interesse spirituale e metafisico. È bene sottolineare, però, che esso non si basa su una dissertazione puramente filosofica, ma coinvolge una numerosa community che partecipa attivamente. A voler citare le stesse parole che la community ha usato per definirlo, Open The Window è un luogo di speranza, di condivisione di emozioni e scambi intellettuali. Gli argomenti trattati spingono a rivolgere lo sguardo verso il mondo interiore di ognuno, verso il modo in cui avviene la percezione di sé stessi e del proprio essere nel mondo. Nel concreto, si affrontano argomenti quali la diversità, il distacco mentale, il perdono, l’amore assoluto verso noi stessi e gli altri, la fede verso l’universo, il pensiero positivo e la legge dell’attrazione, le prove che la vita pone.  Il format si struttura principalmente in tre parti: i primi dieci minuti sono dedicati all’introduzione dell’argomento tramite le letture di frasi di scrittori e personaggi famosi, col fine di fissare dei punti di vista riguardo alla materia trattata. La prima parte si conclude con la lettura di uno scritto dell’autrice, che dà inizio al confronto. La seconda parte consiste nel dialogo tra i membri della community, in cui ognuno è libero di esprimere il suo pensiero, dal quale possono nascere diversi spunti di riflessione. Infine, gli ultimi quindici minuti sono dedicati al rilassamento meditativo.
“Il vero punto di forza è l’energia che si vive, che si percepisce. Noi siamo “anima”, ogni particella del nostro corpo, fa parte di una vibrazione che va oltre, senza tempo né distanza” Carola Chelotti
Storia dell’autrice
Carola Chelotti è nata a Roma e, come la protagonista del racconto, è fortunata ad avere dei grandi amori a quattro zampe. Da molti anni lavora in un golf club a Roma, ha studiato arte, musica e canto jazz. Ama alla follia i suoi cani, la gattina Luna, suo marito Fabio e sua figlia Eleonora, non necessariamente in quest’ordine, perché semplicemente, non ci può essere un “ordine”. Vive ai Castelli Romani, godendosi il suo bel giardino e le scorrerie del maltesino King e della border collie Diana. Dopo la morte del suo cane Kira, ha trovato l’ispirazione per scrivere il suo primo libro: “L’eredità di Kira e Il Golf a Quattro Zampe” (Fiorina edizioni), trasformandola in un insolito giudice arbitro di golf.
Facebook: https://www.facebook.com/carola.chelotti
Instagram: https://www.instagram.com/carola_chelotti/
0 notes
vecchiorovere · 1 month ago
Text
Tumblr media
Quando la raccolta delle olive veniva fatta così .
Chi non aveva olive e voleva fare olio per casa andava a ricercare e portava a casa l'olio per la famiglia.
Altri tempi non si sprecava niente e non è morto nessuno .
Oggi le olive a terra non si possono più raccogliere.
5 notes · View notes
edo1948 · 19 days ago
Text
QUANDO RACCOGLIERE LE OLIVE DA OLIO
Siamo in piena campagna di raccolta delle olive, ma qual è il momento migliore per raccogliere?
Il momento più opportuno per raccogliere le olive si raggiunge quando quantità massima e qualità del prodotto coincidono.
Sono numerosi i ricercatori che si sono cimentati per stabilire criteri, modalità analitiche e le relative formule per stabilire il giusto grado di maturazione.
Accrescimento del frutto, presenza di acidi grassi, rapporto antociani/polifenoli, grado di inolizione e colore della drupa sono alcuni dei parametri più significativi presi in considerazione.
Sicuramente alcune di queste analisi non sono effettuabili da tutti sia per la complessità del procedimento, sia per il costo delle attrezzature da laboratorio necessarie.
Tenendo conto delle diversità pedoclimatiche e varietali esistenti in Italia, negli ultimi anni le ricerche si sono concentrate nello stabilire il più adeguato grado di maturazione per zona e per cultivar.
Un esempio di indice di maturazione delle olive (I.M.) fa riferimento alla valutazione visiva della pigmentazione dell’epicarpo e mesocarpo di un campione di 100 olive prelevate intorno all’albero ad altezza uomo (Ferreira, 1979). L’operazione viene effettuata prima della raccolta e ripetuta ogni settimana fino alla raccolta.
Indici di maturazione compresi tra 2,5 e 4,5 sono utilizzati per la raccolta della maggior parte delle cultivar da olio (vedi immagine).
Valori nell’intervallo tra 3 e 5 indicano che le #olive hanno raggiunto il loro massimo contenuto in #olio (Sibbet e Ferguson, 2004).
Fonte:
-https://lnkd.in/dAug6iBX
-Ferreira J. 1979. Explotaciones olivareras colaboradoras, N.5– Ministerio de Agricoltura, Madrid.
-Sibbett, S. G., Ferguson, L. 2004. Olive production manual. University of California. Berkeley USA.
Tumblr media
0 notes