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Canto di Natale di Charles Dickens: Lettura e Laboratorio con Emanuele Arrigazzi a Serravalle Scrivia
Un evento imperdibile per immergersi nell'atmosfera natalizia e scoprire i segreti del teatro
Un evento imperdibile per immergersi nell’atmosfera natalizia e scoprire i segreti del teatro Sabato 7 dicembre alle ore 18.00, presso la Biblioteca Comunale di Serravalle Scrivia, il celebre attore e regista Emanuele Arrigazzi darà vita a una straordinaria lettura scenica del classico Canto di Natale di Charles Dickens. Questo incontro speciale, gratuito e aperto al pubblico, rappresenta il…
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UNA VOLTA HO SCRITTO DUE COSE
Non importa quali e dove.
La prima la scrissi tanti anni fa - tredici - e a mia discolpa posso dire che ero un individuo profondamente diverso, più rabbioso e ipergiudicante, ma di fatto questa cosa scatenò tutta una serie di reazioni nei confronti di una persona che fu costretta a sparire per il pubblico lubidrio.
Io ero già 'famoso' - le virgolette vi dicono quanta compassione mi faccio solo a usarlo, questo aggettivo - e questa persona una perfetta sconosciuta che, non si era forse comportata in modo simpatico ma lo squilibrio tra la mia capacità di insultarla - e soprattutto farla insultare - e la sua capacità di difendersi era ENORME.
Tre anni fa, quasi quattro, invece, in pieno Covid decisi di affrontare l'argomento pandemia e vaccino su una pagina FB creata all'uopo e lì potei toccare con mano lo squilibrio tra me e loro... nel senso che di sicuro io ero più competente ma loro erano di più e quindi mi ritrovai, fisicamente, a non riuscire più nemmeno a rispondere o interagire perché gli insulti, le accuse e gli auguri di morte erano così variegati e numerosi che cominciai a provare sconforto e, a tratti, amarezza.
Sia 13 anni fa come 3 anni fa l'errore fu tutto mio, nel senso che mi illusi di avere una verità più vera di quella di altri e che alla fine questa verità avrebbe prevalso.
Verità...
La stessa parola che hanno usato Selvaggia Lucarelli e Lorenzo Biagiarelli, per amor di ricerca della quale hanno massacrato mediaticamente una poveraccia che voleva fare pubblicità al suo locale con una recensione gay friendly farlocca e che poi s'è ammazzata per la disperazione.
Una cosa la voglio dire, a voi tutti, me 'famoso' compreso...
Non siamo così importanti.
Io sono un cinquantenne sovrappeso che guadagna 1300 euro al mese e si sveglia urlando nel mezzo della notte. Nei prossimi vent'anni probabilmente mi verrà un tumore o un accidente cerebrovascolare e prego già da ora Crom di farmi schiattare alla svelta per non diventare un doloroso peso per le persone che amo. Magari un giorno vi chiederete perché non posto più e qualcuno vi dirà che sono morto dilaniato tra le lamiere della mia macchina dopo esser volato giù da un monte.
Dove sarà tutta la mia 'importanza' e a che cosa sarà servita?
Quindi, per cortesia, non parlatemi di 'ricerca della verità' quando non siete altro che dei miserevoli strisciaschermo con due o tremila follower che usano il pollice opponibile giusto per afferrarsi le caccole in fondo al naso.
Giornalismo di inchiesta e ricerca della verità... Mauro de Mauro e Heidegger si stanno rigirando così tanto nella tomba da aver perforato la crosta terrestre e io a quegli ignobili individui vorrei dire una cosa, consapevole che lo squilibrio di potere tra me e loro è così grande da non temere che abbiano a soffrirne.
Il giornalismo di inchiesta e la ricerca della verità si fanno per denunciare grandi ingiustizie e schierarsi dalla parte delle vittime, mentre voi siete solo frignanti individui meschini che neghereste di aver rubato la marmellata pure se vi colasse dalle orecchie.
Se per le masse siete quel tipo di eroi, allora ricordate di tenere sempre il passo e di non cedere mai perché la vostra gente ha coltelli, forchette e tanta fame... ed è un attimo che il prossimo pasto diventiate voi.
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Open Arms, l'accusa dei Pm: «Salvini agì in spregio a tutte le regole. Era un'autopromozione»
Sei anni per aver trattenuto illegalmente 147 persone a bordo di una nave, «piegando strumentalmente le norme alla strategia dei porti chiusi», non sono una richiesta politica contro l’atto politico di un ministro.
Sono piuttosto la valutazione giuridica di un comportamento considerato illegittimo in base alle leggi nazionali e alle Convenzioni internazionali. Un reato, secondo la valutazione dei pubblici ministeri, commesso non per attuare la linea politica di un governo, bensì l’autopromozione della propria personale posizione. Anche in chiave elettorale.
È il punto chiave, per quanto scivoloso, del processo e dell’atto d’accusa finale: alla sbarra non è la politica ma il comportamento di un politico, ribadiscono i pm, sapendo che la difesa ha battuto e batterà proprio su questo punto.
Non a caso, la requisitoria parte proprio da qui. «Di fronte al fallimento delle misure varate dal governo — spiega il procuratore aggiunto Marzia Sabella, riferendosi alle direttive e ai decreti sicurezza approvati dall’esecutivo Conte sostenuto da Lega e Cinque stelle —, l’imputato Salvini s’è avventurato in atti amministrativi illegittimi e penalmente rilevanti, consapevole di agire in spregio a tutte le regole, distinguendo così la sua responsabilità da quella del governo del suo insieme».
A partire dal 14 agosto 2019, quando il Tar del Lazio annullò il divieto d’ingresso di Open Arms in acque nazionali, gli altri ministri competenti Elisabetta Trenta (Difesa) e Danilo Toninelli (Trasporti) si rifiutarono di firmare un nuovo provvedimento che confermasse il primo; e lo stesso premier Conte scrisse a Salvini per chiedergli di far scendere almeno i minorenni (la loro presenza a bordo è un’aggravante del reato) e poi che l’obiettivo della redistribuzione era in via di raggiungimento. Provocando un «vero e proprio caos istituzionale», costringendo altri organismi «ad approntare soluzioni di fortuna non potendo permettere di lasciare quei naufraghi senza terra».
Ma il leader leghista ha proseguito con il suo diniego, proclamando in diretta facebook: «Solo contro tutti». Una frase che ora finisce nella requisitoria a riprova che la linea politica del governo non c’entrava più; anche perché «non c’era più il governo», ormai in crisi dopo la decisione della Lega di sfilarsi dalla maggioranza, come hanno testimoniato gli ex colleghi davanti al tribunale.
Prima di qualsivoglia volontà politica, collettiva o individuale, nell’impostazione dell’accusa ci sono comunque le leggi. Secondo le quali i diritti fondamentali delle persone — alla vita, alla salute, alla libertà personale — prevalgono su ogni altro. Compresa la difesa dei confini da parte dei singoli Stati. L’obbligo dei salvataggi in mare, che giuridicamente si conclude solo con la concessione del Pos (permesso di sbarco in un porto sicuro), «è un principio ancestrale che risale all’Odissea», ricorda l’altro pm Calogero Ferrara. Estendendo il concetto: «Anche il terrorista e il trafficante di uomini non possono essere lasciati in mare; uno Stato democratico è diverso dai criminali, prima li salva e poi li processa».
È un altro punto qualificante affrontato dall’accusa per contrastare la difesa di Salvini. Il divieto di approdo e di sbarco era giustificato dall’ipotetica presenza a bordo di terroristi o soggetti comunque pericolosi per l’ordine pubblico. Ma quella presenza, sottolinea Giorgia Righi, terzo magistrato del pool della Procura palermitana, era presunta e indimostrata: «L’ha ammesso lo stesso imputato, qui in aula, quando ha sostenuto che per lui era un automatismo; tutti i passaggi di navi con soggetti imbarcati senza il coordinamento dell’Italia erano considerati potenzialmente offensivi, anche in assenza di segnalazioni o ragioni specifiche».
Un motivo in più, secondo la ricostruzione dei pm, per considerare illegittimo il comportamento del ministro, consapevole di aver innescato «un iter criminoso» interrotto solo dall’intervento della supplenza della magistratura», quando il procuratore di Agrigento ordinò il sequestro della nave e lo sbarco di tutti i migranti.
Niente — almeno negli ultimi sei giorni di un’odissea che era cominciata il 1° agosto e quindi durava da venti, mentre le condizioni di salute e di sicurezza a bordo della nave si stavano facendo drammaticamente pericolose tanto che i migranti cominciavano a buttarsi in mare pur di toccare terra — giustificava il persistente rifiuto del ministro dell’Interno di concedere il Pos. Non il rifiuto da parte del comandante di andare in Spagna né quello di far scendere a Malta solo una parte dei migranti, perché non si poteva continuare a navigare per giorni né si potevano rischiare disordini a bordo.
Bisognava solo rispettare le regole, e l’imputato s’è guardato bene dal farlo, concludono i pm. Chiamati a «difendere i confini del diritto», a fronte di un imputato che invoca solo la difesa dei confini nazionali. Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 14/09/2024
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Ho avuto un'infanzia meravigliosa. Con i monti e i torrenti e gli alberi e le lucertole assolati del mio Paesello. E Dio che ci sorvegliava, sonnacchioso dentro ai tabernacoli delle chiese, insieme alle vecchiette con la bocca piena di caramelle Rossana e canti sacri nella luce colorata che filtrava attraverso le vetrate della Matrice.
A undici anni, il declino. Abusato il primo anno di scuole medie da un compagno di classe pluri-ripetente. Mi costringeva a masturbarlo di fronte a tutti. Nessuno mosse un dito. Temo che qualche professoressa sapesse; ma meglio non andarsi a infilare in faccende più grandi di sé... soprattutto se ti ritrovi disgraziatamente a buscarti il pane nel quartiere più violento e feroce di Palermo, a pochi anni della guerra e delle stragi di Mafia. Nessuno si vergognò. Né l'abusante, né i compagni, né chi sapeva e non ha mosso un dito. In compenso mi vergognai io. Questo causò una timidezza patologica, una goffaggine che superava il ridicolo. E di conseguenza il bullismo, il male minore fra quelli sopportati, mi costrinse a chiudermi in casa. Ad uscire solo per andare a scuola e incontrare giorno per giorno il mio carnefice. Perché conoscevo già cos'erano i doveri. La mia famiglia mi ha sempre amato - le uniche persone ad averlo mai fatto - e li ho ripagati essendo sempre ligio ai miei doveri di figlio.
Le superiori andarono un po' meglio. Ma anche qui, amicizie superficiali che si basavano sulla simpatia che sucitava il mio essere goffo e ridicolo e brutto - avevo denti sporgenti e pesavo quanto una vacca - e per il resto cinque anni passati in casa a leggere narrativa fino alla nausea.
En passant: Prima e unica esperienza sentimentale. Rifiutato e umiliato.
Botta di culo. Passo i test di medicina. Volo a Pavia. Ci resto sei anni.
Il primo anno, fantastico. I miei sono lontani. Mi sento in diritto di mollare la presa sulle mie remore morali. Inizio a fumare tabacco e a bere, quasi ogni sera. Passo alla marijuana. Sembra la svolta. Ma dietro l'angolo c'è il baratro. Divento dipendente dall'erba - sì, gente, come si può essere dipendenti da quella porcheria che è il porno si può benissimo essere dipendenti da un fumo magico che fa svanire le proccupazioni - fumo fino a 15 canne al giorno; e le fumo solo, uscendo fuori dalle grazie di Maria. Dimentico che sto lì per studiare e inizio a mandare a troie la possibilità di laurearmi, dicendomi c'è tempo, e raccontandomi un fottìo di fregnacce. Ma sono consapevole delle fregnacce e per tre anni non faccio niente, se non spendere soldi in droga, vedere film d'essai su megavideo e masturbarmi fino a stordirmi, perdere i sensi e finalmente dormire.
Un gruppi di belle persone mi raccatta dal fango a 22 anni. Tra i 22 e 24 finalmente vivo, mi diverto, sono felice, quasi quasi mi viene pure voglia di studiare e dare una bella ordinata alla mia vita... ma i traumi dell'infanzia sono troppo pesanti e mi ammalo. Esordio psicotico acuto. Fottuto. Per 10 anni passo la vita, tra ricoveri, farmaci, psicologi, psichiatri, testi di roschark (o come cazzo si scrive) e le urla, i pianti e la depressione di tutti i miei familiari.
Per 10 anni lotto... e ne vengo fuori. Trovo lavoro a Milano, le miei poesie vengono pubblicate da una piccola casa editrice di Roma che crede in me, mi metto in forma, da dipendente pubblico ho tutte le agevolazioni del mondo e uno stipendio che farebbe invidia al mio psicologo.
Ma perché questa carrellata sulla mia vita? Perché ieri ho visto questo angolino di luce che mi sono costruito a calci e mozzichi e mi sono detto: non ho nessun diritto ad essere così fortunato. E pensavo a Gaza, all'Ucraina, alle carceri libiche, alla barista del mio paese morta a 40 anni, senza aver mai visto la Luce.
Fortunato? Porca Madonna, l'unica fortuna è essere nato in un paese del primo mondo, avere una famiglia che mi ama, ed essere molto meno stupido della media. Tutte cose niente affatto scontate. Ma la Fortuna, cazzo, è un'altra roba.
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Ferocia social
Mi ha molto colpito questa vicenda della ristoratrice Giovanna Pedretti. Due cose in particolare:
1) Ammettiamo pure che la signora abbia contraffatto il post della recensione + risposta (e non è neppure detto che sia stata lei, eccetera). Rimane comunque una PICCOLA bugia a FIN DI BENE, in cui nella sostanza si affermano dei valori condivisibili (rispetto della disabilità, critica all'omofobia). Una sorta di bugia bianca, ingenua forse, ma apprezzabile (che poi il tutto possa avere un fine pubblicitario non ha alcun senso: tutti i social e tutti i post hanno sempre un fine promozionale). Detto ciò: una piccola bugia di una piccola, anonima, ristoratrice meritava una reazione da parte dell'esercito Lucarelli, una che ha milioni di followers e che smuove i social come nessun altro?! Secondo me, assolutamente no! Selvaggia, tu dovresti attaccare e fare le pulci ai potenti, non agli ultimi, devi essere consapevole (e lei lo sa bene!) che le tue accuse spalancheranno le porte dell'inferno, e non tutti sono abbastanza forti da reggere la c.d. "gogna mediatica". Io personalmente spero che da questa tragedia possa nascere una riflessione seria sull'argomento.
2) Il secondo aspetto che sconvolge è la totale mancanza di empatia e compassione da parte della Lucarelli e del compagno: ma come, la signora si suicida, probabilmente anche a causa tua, e non senti il bisogno come primo atto pubblico di esprimere dolore e rincrescimento per un essere umano che si è tolto la vita? Triste, avvilente, sconcertante.
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Giorno 148 - Giorno 154
la logica secondo la quale bisogna comprare comprare comprare (nella maggior parte dei casi in modo non etico e consapevole) per stare bene mi preoccupa, mi inquieta e allo stesso tempo mi lascia sbigottita
a. e t. quando dicono le loro prime parole
per aiutare le famiglie degli operai caduti a Brandizzo è possibile effettuare donazioni: qui le modalità
quando a. e t. si chiamano e mi chiamano
questo post
una bellissima visita alla sinagoga aperta al pubblico in occasione della giornata europea della cultura ebraica
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Non sono triste sono lucido so che un genio si comporta in modo stupido ne sei consapevole? Ne dubito la droga è un naso rosso che può intrattenere un pubblico ho fatto delle dipendenze un'arte costringendo i miei cari a girarsi dall'altra parte soffrì così tanto da rendermi interessante e mentre cadevo a picco capii che al pubblico piacque dici sei un personaggio non sai di che stai parlando, a 11 anni da mia madre con un coltello sotto un braccio lo puntai sulla mia pancia e dissi a mamma se la vita sarà questa credo di averne abbastanza. Rubo gli antidepressivi dai cassetti e nei cuscini nei bambini c’è qualcosa che la madre non capisce le pasticche che rubavo poi mi furono prescritte com’è che una coincidenza è così triste. Tu sai che non mi vuoi perché il passato rende spaventate le persone come noi quando la fedina sporca così sporca come puoi fare la faccia pulita e fingere che non lo sia io non provo nostalgia non so neanche cosa sia perché il mio passato passa dal Sert alla psichiatria, vedo uno strapiombo dove uno stronzo vede una via amo la vita ma non la mia.
~Shama24k~
#shama24#citazioni#musica#new wave#new song#servirà la pioggia#🌧️#citazioni rap#rapper#rap#ghotic#solitudine#tristezza#depressione#dipendenze#tossicodipendenza#Spotify
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Attivista ebreo aggredito a Berlino da due compagni di università
Interveniva alle riunioni di universitari pro palestinesi. È il nipote di una vittima dei Giochi di Monaco
«Sei Lahav?». Lui ha risposto di sì. Così quello studente, che passeggiava davanti a un bar di Mitte con una ragazza, è stato riconosciuto e avvicinato da altri due ragazzi che l’avevano visto all’università. Più giovani di lui, perché Lahav Shapira, 30 anni, sta finendo gli studi avanzati alla Humbold Universität ed è un «attivista»: si è presentato a diverse riunioni di studenti woke pro-palestinesi, contestando le tesi di chi parlava del genocidio a Gaza, a volte affrontando il pubblico da solo. Nei corridoi dell’ateneo Lahav Shapira ha attaccato i manifesti degli ostaggi israeliani in mano a Hamas, chiedendo che si facesse ogni sforzo per riportarli a casa.
Sono quei poster che hanno irritato i due giovani che l’hanno avvicinato. Uno si è scaldato. «Continuava a parlare dei manifesti — ha raccontato Lahav alla polizia —. Siccome sono rimasto impassibile, mi ha colpito all’improvviso a un fianco, poi dall’altro lato e ho perso l’equilibrio». Quando Lahav si è rialzato, gli ha tirato un pugno in faccia. Lahav è finito in ospedale, il naso rotto e una frattura alla mandibola. Gli aggressori, 23enni di origine araba, sono stati denunciati per attacco antisemita.
Non è la prima volta che a Berlino gli ebrei sono presi di mira. Ma l’episodio ha colpito l’opinione pubblica. Non solo perché Lahav è un giovane leader: pesa anche quel cognome, Shapira. Il fratello è il comico Shahak Shapira, nato in Israele e che vive a Berlino. Anche lui una persona che non «sta zitta», come diversi attori ebrei che provano a spiegare su Instagram e TikTok con tirate da stand-up comedian quali sono le forme del «nuovo antisemitismo» e qual è l’offuscamento ideologico di chi non solo non vuol riconoscere che esista, ma — consapevole o no — lo propaga.
«Visto come è stato diffamato e taggato su Internet mio fratello per la sua posizione alla Humbolt Universität, giusta o sbagliata che sia, era un risultato inevitabile. L’ho temuto fin dall’inizio», ha scritto. Tanto è bastato perché il suo account attirasse nuovi attacchi anti-Israele e nuovi negazionisti: anche quelli che accusano Lahav di essersi inventato tutto.
C’è un altro Shapira, però, che è rimasto nei libri di storia: era il nonno dei due fratelli, Amitzur. Era l’allenatore della squadra di atletica di Monaco 1972, un ex velocista che aveva creato dal nulla la nazionale israeliana. Era nella palazzina con i suoi ragazzi quando arrivarono i terroristi palestinesi. Morì sulla pista dell’aeroporto, nel disastroso tentativo di salvataggio fatto delle teste di cuoio tedesche: una delle 11 vittime israeliane di Settembre nero.
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Da amante del gossip quale sono, ieri mi sono letta il comunicato congiunto sulla separazione di ClioMakeup dal marito. E mi sono chiesta perché non hanno pensato di farlo correggere a un* prof. di italiano prima di pubblicarlo.
"Profondamente grati per l’unione che è stata, come molti, ci siamo amati, ma, come molti, anche noi, dopo aver vissuto alti e bassi, conflittualità e momenti bui – che abbiamo cercato, con impegno reciproco, di contrastare – siamo giunti ad una decisione consapevole, intimamente ponderata e sofferta: i nostri percorsi personali si dividono, dopo un legame lungo diciotto anni, dopo aver costruito molto insieme – nonostante la giovane età – prima negli Stati Uniti, poi in Italia, e dopo aver visto nascere le nostre amatissime figlie, il cui benessere per noi, oggi, costituisce la nostra massima e assoluta priorità. "
Virgole, virgole ovunque! Trattini, due punti, punteggiatura di ogni genere tranne forse l'unica utile: il punto per separare un periodo di 10 righe in frasi più semplici. Il flusso di coscienza solo se sei James Joyce.
Poi qualcuno dirà "eh ma pure tu scrivi a cazzo qui su Tumblr", certo ma io pubblico cazzate sul mio blog, non comunicati ufficiali avendo a disposizione un team di social media manager, PR, e via dicendo. Forse bastava chiedere alla maestra di italiano della figlia di darci una letta prima di pubblicarlo.
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Mario Schifano Gioie istantanee
a cura di Enrico Gusella
Biblos, Padova 2007, 80 pagine, 24x24cm, ISBN 978-88-88064-70-3
euro 25,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Padova Aprile Fotografia 07 - 7 aprile 27 maggio 2007
La rassegna, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia e curata da Enrico Gusella e Brasilia Pellegrinelli, presenta una particolare antologia di immagini dell’artista italiano Mario Schifano (1934–1998), nella quale il mezzo fotografico diventa il pretesto per un’azione pittorica di appropriazione e comprensione del mondo. L’esposizione mette in luce un aspetto meno noto al pubblico della sua arte, aggiungendo un elemento prezioso di ulteriore lettura dell’immagine fotografica.
Nato con l’anima esclusiva di pittore, Schifano sceglie di contaminare la pittura con il flusso e le retoriche narrative del cinema, con l’asserzione e la corporeità ambigua della fotografia. Cattura, scatto dopo scatto, con meraviglia, immagini di un mondo televisivo da scoprire, dentro il quale ritrovare altri percorsi artistici. A seguire è l’intervento pittorico, brusco e veloce, provocatorio ed eccentrico.
Schifano non riceve le immagini, ma le “guarda”, “scava” dentro, padroneggia, anche quando è più appariscente il suo rapporto con la casualità. La superficie dell’immagine originale, sottratta al mondo televisivo, diventa il campo di apparizione iconografica su cui si intrecciano l'occhio meccanico dell'obiettivo fotografico e l’istintività della mano che segna la foto. Il suo sguardo si posa senza filtri né preconcetti sull’immagine, ed egli assume su se stesso il compito di ritrovarne il respiro, riaccende le riproduzioni, le rimette in movimento, le smonta e le manipola, consapevole del fatto che si tratta di un processo senza fine, perché l’immagine compiuta non può essere che morta, e dunque nessun processo deve prevedere il proprio compimento.
Le fotografie sono ritoccate a pennello, quasi a sottolineare alcuni atteggiamenti o rafforzare un’espressione attraverso l’uso di colori vistosi ed esagerati; una cornice nera che assume il significato di finestra di congiunzione tra due mondi in continuo dialogo: il tubo catodico e l’occhio fotografico di Mario Schifano.
16/03/24
#Mario Schifano#exhibition catalogue#Padova Aprile Fotografia 07#photography books#fashionbooksmilano
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BE INTERNATIONAL together
Martedì 5 marzo è iniziata a Scenario Pubblico la settimana dedicata a Be International un progetto «selezionato per la seconda volta tra i vincitori della quarta edizione del bando Boarding Pass Plus del MIC che incentiva l’internazionalizzazione delle carriere dei giovani artisti e dei giovani organizzatori italiani attraverso un percorso di formazione e di esperienze da sviluppare all’estero e in Italia».
Capofila del progetto è la Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano relazionata a partner nazionali (Bolzano Danza, Festival Ipercorpo, COORPI, Festival Prospettiva Danza, Scenario Pubblico) e internazionali (Festival KoresponDance, Nu Dance Festival, Art Republic, Chrysanthi Badeka, Machol Shalem, Quinzena de Dança, Centre de vidéo-danse de Bourgogne).
Il workshop intensivo svolto a Catania fino a domenica 10 marzo è stato dedicato alla video danza ed è stato tenuto da Chrysanthi Badeka, partner internazionale di Be International, nonché danzatrice, coreografa e video maker ateniese.
Attraversiamo brevemente in questo diario il "succo" di ogni giorno - con punti, immagini, citazioni - consapevoli che l'essenza di questa esperienza sia (giustamente) impossibile da trasmettere nella sua globalità.
Il primo incontro si è svolto martedì pomeriggio, durante il quale tutti i partecipanti si sono presentati attraverso la condivisione di un lavoro performativo in video, sia proprio che di altri autori.
Dalle visioni video Chrysanthi ha esordito presentando la dance on screen come
un linguaggio diverso, peculiare, che non ha a che fare con la documentazione e dunque la "semplice" ripresa di un evento performativo.
mercoledì. La prima giornata si è aperta con un esercizio dei corpi nello spazio. L'obiettivo è stato quello di immaginare di essere ad una festa all'interno della quale gli occhi di ognuno dovevano concentrarsi per diventare come le ottiche di una camera. Dal lavoro è scaturita una scaletta dei movimenti degli occhi-camera per ognuno diversa. Divisi in coppie, director - camera operator, ognuno ha poi realizzato il proprio long shot (piano sequenza) immaginato con strumenti amatoriali.
dentro la grammatica. Chrysanthi ha guidato il gruppo in un percorso analitico del linguaggio filmico specifico della danza dove esistono la VIDEO DANCE o SCREEN DANCE o DANCE FOR CAMERA - ovvero un prodotto audiovisivo breve - e il DANCE FILM - cioè un prodotto audiovisivo più lungo e articolato. In entrambi i casi il corpo umano e il corpo della camera dialogano tra loro - come nella contact improvisation - collaborando per la trasmissione di una storia. Quindi, la scelta della location, insieme a ogni sua possibile angolatura, risulta importante poiché sarà la camera a guidare lo sguardo degli spettatori, un po' come è accaduto durante l'esercizio del "party", in cui ciascuno decideva attentamente dove indirizzare il proprio sguardo. Da esso vengono a svilupparsi una storia e una drammaturgia:
parole -> inquadrature frase -> scena paragrafo -> sequenza capitolo -> macro-sequenza libro -> film
Come guardo? Cosa? A che altezza? Da quale angolatura? A quale distanza?
Prima di creare sono molto importanti le prove corpo-camera affinché possa essere deciso un movement script consapevole. Si ritorna allora alla location che, oltre ad essere scelta, deve essere visitata, studiata e vissuta più possibile per poi essere ri-mappata in studio. Dallo script dei movimenti (corpo - corpo camera) emergeranno o dovranno essere decisi tutti gli altri elementi da sviluppare: scene, costumi, musica e tutti gli altri aspetti della post-produzione.
longline synopsis script storyboard decoupage
Per poter comunicare bene con quel linguaggio tecnico Chrysanthi ha mostrato due lavori di video danza grazie al quale è stato possibile consolidare la terminologia della grammatica filmica in inglese e, allo stesso tempo, provare a estrapolare longline e synopsis da due opere a posteriori. Fare questi esercizi è servito a tutte e tutti a capire di più anche del proprio sguardo, tappa necessaria per chi vuole sviluppare propri progetti autoriali.
giovedì. Dopo aver assistito alla performance Body Teaches della CZD Chrysanthi ha guidato le riprese del party del giorno prima stavolta con il gimbal. Ognuno ha ripreso la propria festa e dopo sono stati proiettati tutti i video: un esercizio dello sguardo attivo. Alla fine della giornata, ognuno ha presentato la propria idea di progetto, con la lettura della logline e della sinossi. Insieme poi, si è presa la decisione su quale idea realizzare.
Il progetto che ha convinto tuttə è stato quello di Alessandra Indolfi, director, quindi, del corto realizzato.
TRE GIORNI INTENSI NEL WORKSHOP INTENSIVO.
venerdì. E' stato svolto tutto il lavoro di pre-produzione: lavoro coreografico in studio insieme alla director e al camera operator scelta dei costumi scelte del suono composizione dei soli divisi in tre gruppi con rispettivi director, cinematographer e assistenti sopralluogo a villa Bellini.
sabato. giornata di riprese
domenica. editing e presentazione del lavoro.
a sinistra Lucia Carolina De Rienzo (COORPI) a destra Chrysanthi Badeka.
IL PROGETTO UNTIED HANDS
Torna sovente e prendimi, palpito amato, allora torna e prendimi, che si ridesta viva la memoria del corpo, e antiche brame trascorrono nel sangue, allora che le labbra ricordano, e le carni, e nelle mani un senso tattile raccende. Torna sovente e prendimi, la notte, allora le labbra ricordano, e le carni... (Torna di Konstantinos P. Cavafis)
creato da Alessandra Indolfi Carmine Dipace Eros Brancaleon Mariangela Di Santo Melania Caggegi Roberta Indolfi Siria Cacco Sofia Bordieri Veronica Messinese Vanessa Lisi
Special thanks to Chrysanthi Badeka, Mara Serina, Lucia Carolina De Rienzo.
#scenariopubblico#catania#danza contemporanea#danceonscreen#beinternational#civicapaolograssi#danza#filming
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Come artista sono consapevole di appartenere al pubblico e al mondo; non perché abbia talento o sia bella ma semplicemente perché non sono mai appartenuta a nulla e a nessuno.
Alda Merini
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Più ci penso, più, dietro tutta la grande macchina di Sanremo, intravedo una macchinazione commerciale in cui un personaggio come Geolier è stato coinvolto apposta per fare audience, per fare cassa con i televoto e, soprattutto, per accalappiare il pubblico under 20 dei social. E immagino anche che la sua squadra produttiva di tutto questo sia stata, fin dal principio, abbastanza… consapevole.
Insomma, torno a parlare di Sanremo, ma provo a utilizzare il caso Geolier come una metafora dell'industria culturale attuale sull'onda di una chiacchierata che ho fatto stamattina con il musicista, autore e cantante Jennà Romano.
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BigMama
Non ricordo un solo giorno della mia adolescenza in cui non sono stata bullizzata da qualcuno. E non solo verbalmente. Atteggiamenti che rimbombavano nella mia testa spingendomi a rispondere all’odio con odio. E odiando innanzitutto me stessa, perché avevo iniziato a giudicarmi in base al giudizio degli altri. C’è voluto del tempo per capire che, se ti ami poco, pure gli altri ti ameranno poco.
BigMama, rapper italiana, una delle voci del genere più interessanti con un flow tagliente che tocca temi importanti e dolorosi. Il suo è un processo dirompente per cercare di sensibilizzare un mondo assuefatto dall’odio che ha sperimentato sulla sua pelle per tutta la sua esistenza.
Il suo vero nome è Marianna Mammone ed è nata a San Michele di Serino, in provincia di Avellino, il 10 marzo 2000. Ha iniziato a scrivere canzoni a tredici anni, la musica è stata la sua forza e il sogno che ha deciso, con tenacia, di realizzare.
La voglia di uscire dalla provincia e prendere in mano il suo destino l’ha portata a trasferirsi a Milano dove ha potuto ampliare i suoi orizzonti, prendere contatti nell’ambiente musicale e iniziato a pubblicare vari freestyle.
Nel 2022 è uscito il suo primo EP intitolato Next Big Thing e ha cantato sul palco del Concertone del Primo Maggio di Roma conquistando il pubblico con un intenso discorso sulla body positivity.
Discriminazione, omofobia, bullismo, sono centrali nei suoi testi così come nei discorsi pubblici, non ha filtri quando viene chiamata in causa su politica e cambiamento sociale.
Al Festival di Sanremo 2023 ha duettato con Elodie e si è fatta conoscere al grande pubblico. Nell’edizione del 2024 sarà, per la prima volta, in concorso con il brano La rabbia non ti basta. Anche l’annuncio ufficiale della sua presenza all’Ariston si è portato dietro una valanga di odio sui social e da parte di certa stampa che la accusa di fare la vittima per farsi strada nel mondo dello spettacolo.
Soltanto lei sa quanto sia difficile riuscire a camminare nel mondo, quanti rospi si è trovata a ingoiare e sassi da scansare (nel senso vero del termine), gli ostacoli che ha dovuto sormontare, tra cui un tumore al sangue, oltre ad abusi e porte in faccia.
È una giovane donna potente e consapevole di se stessa e dei messaggi che porta avanti, che ha un grande talento e determinazione e va avanti con la sua verità e la grinta di chi non vuole essere una vittima, ma padrona della sua vita e delle sue scelte.
Sono donna, grassa, rapper e queer: le ho tutte, dichiara con ironia e fierezza.
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"Commetti errori ma non pentirti.
È cosi' che si impara."
Ovvero: perche', in Harry Potter, i personaggi integralmente buoni (uno solo, in verita') sono personaggi incompiuti. Senza evoluzione propria. Non sono stati sottoposti alle stesse prove degli altri e percio' agiscono in automatico, senza dubbi e domande, in un certo senso diventando inumani.
E spiega anche perche' Lily sia adorata da Piton, ma non "amata" dal pubblico in senso stretto. Chi non perdona non ha nemmeno bisogno di perdono. Basta a se stessa.
E Lily non ha mai perdonato.
Ha cancellato Piton dalla sua sua vita e ha immaginato che James fosse un'altra persona. Cio' le è stato sufficiente a sposarlo, ma in realta' avrebbe potuto sposare un qualunque Grifondoro.
Perche' mai?...
Perche' appartiene all'Ordine e sarebbe vicino a Silente.
Perche' su Lily, il giudizio degli altri ha un peso diverso rispetto a Piton. Lei ha paura fin da piccola di essere esclusa, di essere disprezzata. Anche Piton detesta essere escluso, chiaramente, ma lui ne' e' consapevole e reagisce, seppure violentemente e incoerentemente. Lily sembra del tutto inconsapevole di essere condizionata dal giudizio degli altri ("parlano tutti male di te, non so piu' come giustificarti!") e ha persino mantenuto rapporti con la sorella che la disprezzava, bacchettando Piton quando la metteva in guardia. E condannando Harry, di fatto, a undici anni di una vita miserabile con zia Petunia.
Non che lo abbia fatto apposta... ma se Lily rappresenta un modello femminile, non la si puo' certo definire un modello desiderabile e progressista.
La sua "soluzione" al bullismo e' stato sposare un bullo. Cosa che Piton non poteva fare, e che altre ragazze non vorrebbero nemmeno.
Sarebbe bello vedere una tesi di laurea su questo tipo di argomenti, sembra che siano in tanti a farne su Harry Potter: se qualcuno è disponibile a farsi leggere, mi contatti in privato.
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Vacanze in Cina... note preliminari
Sono stato 1 mese in Cina a girare, in treno per altro.
Non è la prima volta che vado in giro in Cina ma non per così tanto tempo e non in treno.
Le cose importanti che ho visto e ho imparato:
le città cinesi ormai si assomigliano un po' tutte. Edilizia residenziale quasi identica, edilizia commerciale/istituzionale creativa, ma alla fine "paesaggi" abbastanza uniformi IN città. Le cose storiche sono seppellite tra i palazzi. HK è diventata vecchia. Il suo skyline ha ormai il solo vantaggio di essere conosciuto, ma anche città "minori" offrono skyline più spettacolari e pirotecnici.
I cinesi stanno sempre meglio. Le città sono sempre vive, la gente spende e si diverte, ho visto solo 2 barboni. Anche nelle zone rurali che ho attraversato con il treno le case erano quasi sempre dignitose con pochissime eccezioni avvicinandosi a Chengdu. Quasi tutte avevano macchine parcheggiate davanti.
Un sacco, ma un sacco di veicoli elettrici.
Un sacco di polizia in giro, giovane, atletica, anche donne, equipaggiati con scudi, bastoni etc... tranquilli, sorridenti, amichevoli, e disponibili alla de-escalation e mediazione. Io sono un po' ACAB e sono consapevole che la cosa abbia pro e contro, ma ci si sente molto sicuri.
Si fa tutto con cellulare e qr code. Il google maps cinese da le informazioni anche su quanto durano i semafori. È più utile avere wechat pay che sapere il cinese. Estremamente comodo. In realtà il cinese serve se no non si riescono a usare le app, che sono integratissime anche tra aziende diverse, quindi non ne servono 300.
La bolla immobiliare si vede. Un sacco di palazzi mezzi finiti con i lavori fermi o quasi. Qualche anno fa c'erano si un sacco di palazzi in costruzione, ma i cantieri erano molto più frenetici.
I treni e viaggiare in treno è una figata. Ben organizzato ed estremamente comodo.
Cibo come al solito divertente ed economico e credo pure dietetico visto che nonostante mi sia spaccato a mangiare sono tornato 1Kg più leggero. E si, avrò pure camminato, ma poco per il caldo e per i prezzi stracciati degli "uber", ma qua a Milano mica sto fermo.
C'è una spezia fighissima che sa di pepe e limone e ha una specie di effetto anestetico che ovviamente non poteva che essere abbinata a chilate di peperoncino.
Mi sono spinto abbastanza a Ovest e la minoranza musulmana era percepibile. Ovviamente in Cina ci sono più moschee che a Milano... perchè noi siamo quelli tolleranti per la libertà religiosa... Diverse ragazze con lo Hijab, ma vestite in maniera decisamente casual a lavorare o farsi i cazzi loro.
Segni di civiltà: cartelli che indicano dov'è il cesso pubblico più vicino e ce ne sono parecchi e in condizioni civili, pannelli che indicano livello di rumore e inquinamento nei parchi. Belle aree pedonali.
Seguiranno foto e approfondimenti etc...
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