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Cagliari. Scuola Colombo: Chiusa la Classe 3D per Intervento di Disinfestazione. Dal 7 ottobre 2024, chiusura temporanea per 48 ore della classe 3D a causa di un intervento di disinfestazione contro le vespe
A partire dalle 7:30 di lunedì 7 ottobre 2024, e per le successive 48 ore, i locali della classe 3D della scuola secondaria di primo grado "Colombo", situata in via del Sole a Cagliari, rimarranno chiusi per consentire lo svolgimento di un intervento di d
A partire dalle 7:30 di lunedì 7 ottobre 2024, e per le successive 48 ore, i locali della classe 3D della scuola secondaria di primo grado “Colombo”, situata in via del Sole a Cagliari, rimarranno chiusi per consentire lo svolgimento di un intervento di disinfestazione contro le vespe. La decisione è stata presa per garantire la sicurezza degli alunni e del personale scolastico durante le…
#aerazione locali#amministrazione comunale Cagliari#Chiusura temporanea#chiusura temporanea scuola#classe 3D#comune di Cagliari#disinfestazione Cagliari#disinfestazione contro insetti#disinfestazione vespe#igiene scolastica#intervento anti-vespe#intervento disinfestazione#Massimo Zedda#misure sicurezza sanitaria#ordinanza chiusura scuola#ordinanza n.97.#ordinanza sindaco#ottobre 2024#prevenzione infestazioni#protezione ambiente scolastico#protezione studenti#provvedimenti sanitari#pulizia post disinfestazione#sanificazione ambienti scolastici#scuola Cagliari#Scuola Colombo#scuola media Colombo#scuola secondaria Cagliari#sicurezza alunni#sicurezza scolastica
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OGGI COME ALLORA
Che il fascismo sia tornato è innegabile e chi dice il contrario o è fascista o mente. Nessuno ti picchierá per strada se non ti togli il cappello al passaggio di una divisa, né ti costringerà a bere intrugli nauseabondi (almeno per ora), ma le manovre del governo non sono più soltanto caratterizzate da tagli all'istruzione, alla sanità e alla cultura, ma sono apertamente indirizzate alla repressione e al soffocamento del dissenso. Iniziano a essere minate le libertà fondamentali: gli scioperi vengono vietati, gli antiabortisti entrano nei consultorio, le università vengono militarizzate, l'informazione è censurata o manipolata al fine di creare consenso. Se non ti allinei vieni licenziato, multato, arrestato, picchiato. A suon di leggi, decreti e ordinanze aumentano le restrizioni e il controllo per darci la sensazione di sentirci in pericolo e farci credere di aver bisogno di protezione dal nemico di turno: lo straniero, la femminista, l'ecologista, il "comunista". Ci vogliono buoni e servili per sfruttarci come hanno sempre tentato di fare. Questo 2024 non è così distante dagli anni '20 del secolo scorso, ma oggi come allora i fuochi di Resistenza esistono e riprendono vigore. Gli studenti che scendono in piazza a schivare i manganelli dimostrano di conoscere la storia meglio di chi li vuole zittire. Che fare, dunque? La verità è che il fascismo c'è sempre stato, oggi sta soltanto prendendosi il palcoscenico, ma se lo spettacolo, pagato da noi, è di bassa qualità, lo spettatore ha il diritto di fischiare, alzarsi e buttare gli attori principali giù da palco.
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🇬🇧 STARMER BLOCCA LA LEGGE SULLA LIBERTÀ D'ESPRESSIONE NEI COLLEGE
Come annunciato dal ministro dell’Educazione del nuovo governo laburista del Regno Unito, Bridget Phillipson, la legge per la protezione della libertà di espressione nei college, l’Higher Education (Freedom of Speech) Act approvato dal precedente governo conservatore, la cui entrata in vigore era prevista per il 1° agosto, è stata sospesa in attesa che il governo valuti l’opportunità di abrogarla. Esultano i sindacati degli studenti, particolarmente attivi nel “deplatforming” dei relatori sgraditi al pensiero woke, le facoltà universitarie che avrebbero potuto essere portate in tribunale e multate se non avessero difeso la libertà di parola di studenti, docenti e conferenzieri, alcune associazioni ebraiche convinte che la legge approvata dai tories avrebbe consentito ai negazionisti dell’Olocausto di diffondere fra gli studenti le loro teorie; protestano indignati i docenti che negli ultimi anni hanno vissuto l’incubo di essere emarginati all’interno delle università di appartenenza per le loro motivate posizioni controcorrente, gli esponenti del Partito Conservatore che avevano promosso la legislazione e alcune delle più importanti testate giornalistiche britanniche, come il Daily Telegraph, il Times e il Daily Mail. (Fonte: Tempi)
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GLI STUDENTI UNIVERSITARI CREANO CITTÀ A MISURA D’API
Oasi urbane di biodiversità per le api, sparse nel cuore delle città, con fiori nutrienti, piante aromatiche per l’impollinazione e casette rifugio i piccoli insetti impollinatori.
Migliaia di studenti distribuiti in 5 campus universitari italiani sono diventati custodi di centinaia di colonie di api e dell’equilibrio naturale dell’ambiente, attraverso un progetto diffuso che coinvolge i campus di Roma, Bari, Chieti, Firenze e Torino e una popolazione di 5.300 universitari fuori sede. In collaborazione con la startup agri-tech 3Bee specializzata nello sviluppo di sistemi di monitoraggio per la salvaguardia e la protezione delle api, hanno realizzato il progetto “Oasi Urbane di Biodiversità” una serie di aree dedicate, all’esterno dei campus studenteschi in cui vivono, per sostenere la protezione, il benessere e la riproduzione delle api. All’interno dei CX Campus&Hotel e con il supporto della Fondazione Experience, ente filantropico impegnato sul fronte della mobilità studentesca e del diritto allo studio e su quello dell’ecosostenibilità, il programma si estenderà anche ai campus di Trieste, Milano Bicocca e Milano Novate dove gli studenti e le studentesse potranno unire lo studio alla lotta per la salvaguardia delle api, ricreando habitat ideali con risorse mellifere fondamentali.
Spostandosi da un fiore all’altro, le api impollinano oltre 170mila specie vegetali, garantendo così la biodiversità nei vari ecosistemi e permettendo lo sviluppo e la rigenerazione della natura. In un giorno le api di un alveare possono visitare fino a 225mila fiori.
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Fonte: Fondazione Experience; 3Bee
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Il 31 marzo del 2009, Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile, convocò la commissione Grandi Rischi per rassicurare la popolazione: nonostante le scosse continue che duravano da giorni, non ci sarebbe stato un terremoto. Il giorno prima chiama l’assessore regionale Daniela Stati. Le dice: “Questa riunione non è perché siamo spaventati e preoccupati, ma è perché vogliamo tranquillizzare la gente” ed “è più un’operazione mediatica” Nella notte del 6 aprile 2009, muoiono fra gli altri, Nicola Bianchi, Ivana Lannutti, Enza Terzini, Michele Strazzella, Daniela Bortoletti, Sara Persichitti e Nicola Colonna, gli studenti che rimasero in casa perché rassicurati dalle parole della commissione. E’ stata colpa loro, è stato deciso dalla Corte d’Appello dell’Aquila. Sono morti “per condotta incauta”. La loro, non quella di chi ha invitato la popolazione a farsi un bicchiere di Montepulciano e stare tranquilli. Loro. E le loro famiglie dovranno naturalmente pagare le spese processuali. Che altro? Chiedere scusa a Bertolaso? Peraltro, il medesimo è stato assolto per non aver commesso il fatto nel 2018, quindi potrebbe persino pretenderle. Il fatto è che questa faccenda della colpa di chi muore non è nuova. Dopo il terremoto del 2016, ho letto con questi occhi commentatori famosi e sconosciuti che dicevano che, insomma, chi abita in un territorio sismico un po’ se la cerca e che – parole di una nota blogger, non riesco a dimenticarle – potevano pur trasferirsi in città. Ricordare sempre. Anche se c’è chi non viene ritenuto responsabile di quanto ha fatto, detto, fatto di nuovo. Loredana Lipperini, Facebook
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29 APRILE
Mi chiamo Sergio Ramelli e nel 1975 avevo 18 anni, vivevo a Milano ed ero un tifoso dell’Inter. Giocavo a pallone nella squadra di calcio dell’Oratorio S. Carlo, a centrocampo con il mio amico Giuseppe.
La mia famiglia era composta da mia mamma, mio papà, mio fratello e la mia sorellina più piccola. Vivevamo tutti insieme in un piccolo appartamento della periferia milanese.
Ero uno studente dell’istituto Tecnico “Molinari” e un giorno del 1974 il nostro docente di lettere ci assegna un tema libero, e io lo scrivo contro la violenza delle Brigate Rosse.
Non so come, ma questa mio tema pervenne agli estremisti di sinistra che allora imperversavano nell’istituto “Molinari” e io da subito mi trovai a subire quotidianamente processi popolari, angherie, sputi, schiaffi, aggressioni. Un giorno mi rifugiai all’Ufficio di Presidenza, mi venne a prendere mio papà e insieme a lui uscii di scuola tra due ali di studenti che ci calciavano.
Io rispondevo sempre, ma ero sempre solo. Non c’era mai nessuno con me. Per cercare protezione decisi di iscrivermi al Fronte della Gioventù. Non ne ero molto convinto, ma non vedevo alternative, cercavo solo qualcuno che potesse stare con me.
Mia mamma era molto preoccupata, io la tranquillizzavo rispondendole che non avevo mai fatto nulla di male a nessuno, quindi non avevo nulla da temere.
Il 13 marzo 1975 in via Paladini, vicino a casa, vengo aggredito da due sconosciuti della mia età che impugnano chiavi inglesi “hazet 36” del peso di tre chilogrammi e mezzo l’una. Il commando era composto da circa 8-10 persone che durante la mia aggressione controllavano che dalle vie adiacenti non provenissero poliziotti in mio soccorso.
Il 14 marzo l’infermiera dell’Ospedale dice a mia madre che in tanti anni di lavoro non ha mai visto ferite così devastanti in una scatola cranica.
Il 1 aprile miglioro, ma non riesco a parlare e a muovere il mio corpo.
Il 5 aprile viene a trovarmi il mio allenatore di calcio dell’Oratorio S. Carlo e mi dice che mi aspetta al campo. Piango.
Il 17 aprile ho provato a parlare per la prima volta con mia mamma e le ho chiesto una Coca-Cola e i libri della maturità.
Il 21 aprile ho la pleure.
Il 29 aprile 1975 alle ore 10 non ci sono più.
Nel 1985, dieci anni dopo la mia morte, il giudice Salvini, un uomo di sinistra, grazie alla confessione degli autori, identificò i responsabili della mia morte nel servizio d’ordine di Avanguardia Operaia della facoltà di Medicina dell’Università Statale di Milano.
Alcuni erano diventati medici affermati, altri avevano fatto carriera politica.
La lapide in mio ricordo sotto la casa della mia famiglia venne negli anni più volte distrutta e poi sempre riparata, e per tante volte venne gettata l’immondizia sul marciapiede ove ero stato aggredito.
Per molto tempo, mia mamma Anita avrebbe ricevuto telefonate e lettere anonime, nelle quali veniva definita “una vacca, perché solo da una scrofa come te poteva nascere un maiale come tuo figlio”.
Mio fratello fu costretto ad andare a vivere a Lodi, perché a Milano continuava a ricevere minacce.
Mio papà morì nel 1979 di dispiacere.
Mia mamma Anita è morta nel 2013 senza mai pronunciare alcuna parola di odio contro nessuno.
Mi chiamo Sergio Ramelli e nel 1975 avevo 18 anni, vivevo a Milano ed ero un tifoso dell’Inter. Giocavo a pallone nella squadra di calcio dell’Oratorio S. Carlo, a centrocampo con il mio amico Giuseppe.
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Milano - La sinagoga avvisa, non portate segni distintivi del fatto che siete ebrei. Avendo frequentato a lungo i pressi di una delle vie a più alta densità ebraica della città (non diciamo quale, per protezione dai magrechad), mi chiedo se avranno sarti e barbieri a sufficienza.
Dal faceto al serio, la domanda vera è: in che razza di mondo rovesciato siamo precipitati, se le vittime non ottengono alcuna solidarietà anzi, raccolgono al più indifferenza se non sospetti bavosi e manifestazione di antichi, mai sopiti livori infami ereditari e ora si devono pure travisare.
Mentre i fan dei decapitatori si fanno riconoscere senza alcun problema e incassano la solidarietà degli studenti medi bimbiminkia (le loro future prime vittime), sventolando bandiere per le strade, celebrando felici l'orrore (una cicciona inchiavabile in chador che ulula: "non è vero che le donne e i bambini ebrei uccisi non erano colpevoli"). Questo è degrado da fogna.
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collettivisti da cortile
Ascoltando questi ultimi ho scoperto che il divide et impera del pollaio si è ultimamente arricchito di una nuova categoria di kulaki: i proprietari di case (al plurale: seconde, terze, quarte...) che, a seconda del narratore, sottrarrebbero con le loro smanie da rentier ora clienti agli albergatori, ora alloggi agli studenti, ora un tetto ai bisognosi, ora un nido alle giovani coppie. A questi neghittosi speculatori che in certi casi avrebbero – orrore! – ereditato dette case dagli zii e dalle nonne, pare si debbano inoltre le seguenti piaghe: inflazione immobiliare, occupazioni abusive, gentrificazione dei centri urbani, improduttività, sovraffollamento turistico, vagabondaggio e forse anche dissesto erariale, giacché alcuni di essi avrebbero osato chiedere e ottenere incentivi pubblici per la riqualificazione edilizia. Costoro andrebbero dunque, se non espropriati, almeno castigati con una generosa sferza fiscale, additati alla riprovazione di chi-lavora, costretti a mettere i loro vani a disposizione di chi-dico-io, alle condizioni che-decido-io e a prezzi drasticamente calmierati. Così imparano.
Per quanto circoscritto, il caso è affascinante perché illustra quasi ad absurdum la potenza seduttrice del benecomunismo a comando e il suo ben prestarsi a dissimulare obiettivi del tutto estranei da quanto sembra promettere. Restando nell'ovvio, già da parecchi secoli le civiltà si sono strutturate per demandare alla sfera pubblica (lo Stato, le chiese, le associazioni, le corporazioni ecc.) il compito di gestire i problemi sopra elencati e, insieme, di tutelare la proprietà e la produzione, essendo queste ultime non solo bisogni parimenti meritevoli di protezione ma anche presidi di prosperità da cui scaturiscono le forze con cui le istituzioni assolvono alle loro funzioni.
Un sovrano orientato a nutrire e non a divorare le proprie risorse può (deve) intervenire in tanti modi per soddisfare il bisogno abitativo, il più evidente dei quali è quello di acquistare, noleggiare, riscattare o direttamente realizzare gli allogi, contribuendo così anche a raffreddare il mercato.
Lo si era ad esempio fatto in un'Italia incomparabilmente più povera di oggi, quando con il solo piano INA-Casa furono consegnati più di trecentocinquantamila alloggi in un poco più di un decennio. I pluriproprietari e i plurilocatori esistevano anche allora, erano anzi la norma, ma non risulta siano stati di ostacolo a un progetto che, semplicemente, ieri si è scelto di realizzare, oggi si è scelto di abbandonare.
Ma queste sono, appunto, ovvietà. Il succo della faccenda sta invece in un fatto bizzarro: che il nemico del popolo che possedesse oggi case per un valore, diciamo, di un milione, cesserebbe del tutto di essere tale qualora disponesse dello stesso importo, o anche del doppio, o del decuplo, in depositi e titoli finanziari. In quel caso allora no: è roba sua. Ne faccia quel vuole, anzi beato lui! E qui si scopre il gioco. La differenza pratica tra i due capitalisti è pressoché nulla: entrambi traggono un godimento da ciò che hanno, entrambi sono responsabili dell'uso che ne fanno (perché quello finanziario non presta i soldi a chi-dico-io, alle condizioni che-decido-io? magari per comprarsi una casa?). La differenza teorica è invece sostanziale. Il casettaro ha osato mettere le sue sostanze in una cosa vera e, peggio ancora, utile. Ha voltato le spalle alla futilità dei consumi, al rischio dei mercati e specialmente all'impalpabilità del soldo elettronico, fiduciario e finanziario, per spingersi là dove solo i grandi possono incedere: nella realtà, nei bisogni senza tempo. È questo che non gli si perdona, di avere dato materia al suo lurido gruzzolo ereditato o sudato sottraendolo dagli ologrammi bancari, dalla possibilità di svalutarlo, decurtarlo, metterlo fuori corso, dal mare magno a cui attingono gli investitori, anche per iniziative immobiliari. Perché loro possono, il casettaro no, sicché lo danno in pasto ai Sancho Panza dell'equità. Egli deve essere fluido e ricollocabile, negli averi come nell'esistenza.
Il mattone diffuso offende dunque il denaro, mette in crisi la sua magia, disturba l'incanto in cui ci è chiesto di credere e di vegetare. Con un nemico così, c'è da temere che un giorno la polemicuccia di cui ci siamo occupati sarà rilanciata dal burattinaio sulle prime pagine e sui banchi dei parlamenti. In parte sta già avvenendo, ma avvenga almeno senza il nostro plauso.
-Il Pedante
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«Siamo passati da un sistema basato su valori sociali nei quali individualmente potevi dare qualche premio o incentivo, a considerare normale che il mercato regoli anche sfere che fino a 30 anni fa erano considerate beni sociali non commerciabili: sicurezza nazionale, giustizia, scuola, salute, protezione ambientale, la stessa procreazione. Perché preoccuparsi di questa mercatizzazione? Per due motivi. Il primo, più evidente, riguarda il principio di uguaglianza. In una società nella quale tutto è in vendita, la vita diventa ancora più difficile per chi ha meno. La mancanza di denaro non porta solo a vivere in condizioni più modeste, ma diventa una condanna. Il secondo, forse meno evidente, più difficile da descrivere, riguarda il potere corrosivo dei mercati. Dare un valore monetario a un bene civico lo corrompe, svaluta o altera la sua immagine. Abbiamo visto che nelle scuole che multavano i genitori che venivano a prendere i figli in ritardo, i ritardi sono aumentati. Perché il valore della puntualità è svanito e la multa è stata percepita come una tariffa: il prezzo di un sistema di recupero all’uscita più flessibile. Allo stesso modo pagare gli studenti per studiare riduce, nella loro mente, il valore etico dello studio.
Michael Sandel
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"Ieri i nostri studenti hanno affrontato l'evento fondamentale del European Master in Disaster Medicine (EMDM). Questa grande simulazione si è svolta a Solbiate Olona (Varese, Italia) dove l' Esercito Italiano ha schierato un ospedale da campo RUOLO 3.
Nello scenario simulato di una pace instabile post-conflitto, un'improvvisa tempesta ha colpito un'area festival dove molte persone sono state riunite. I nostri studenti magistrali hanno fatto
del loro meglio per rispondere all'incidente di massa e coordinare tutte le forze che sono entrate in gioco per gestire la pressione di un ospedale già stressato e salvare più vite possibili.
Grazie infinite al Comune di Solbiate Olona che ci ha ospitato, ai 150 studenti di medicina che hanno svolto il ruolo di vittime intelligenti e alle centinaia di professionisti e volontari dei Vigili del fuoco, AREU Lombardia, Croce Rossa Italiana Varese e Novara, Protezione Civile e tanti altri.
Università del Piemonte Orientale
CRIMEDIM - Center for Research and Training in Disaster Medicine, Humanitarian Aid, and Global Health
VUB - Vrije Universiteit Brussel
Regedim - Research Group on Emergency and Disaster Medicine
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Alessandria celebra Federico Bergo: un giovane talento della ricerca scientifica
Il Comune di Alessandria premia Federico Bergo per il suo straordinario contributo alla scienza e per il prestigioso riconoscimento internazionale ottenuto con il “DSUP Project”.
Il Comune di Alessandria premia Federico Bergo per il suo straordinario contributo alla scienza e per il prestigioso riconoscimento internazionale ottenuto con il “DSUP Project”. Il 29 ottobre 2024, la città di Alessandria ha reso omaggio a Federico Bergo, giovane studente del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” e vincitore dell’EIROforum Special Donated Prize al concorso EUCYS-2024 di Katowice.…
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A seguito dell'allerta meteo arancione emessa per la giornata di domani, il sindaco di Favara, Antonio Palumbo, ha disposto la chiusura delle scuole sul territorio comunale. Anche il personale scolastico non si recherà negli edifici. La decisione è stata ufficializzata questa sera con un'ordinanza sindacale, motivata dal rischio di intensi fenomeni temporaleschi e possibili criticità idrogeologiche. L'allerta, diffusa dalle autorità di protezione civile, prevede infatti precipitazioni abbondanti, venti forti e un generale peggioramento delle condizioni atmosferiche che potrebbe causare disagi alla circolazione e rischi per la sicurezza della popolazione. La chiusura delle scuole è stata quindi ritenuta una misura precauzionale per tutelare studenti e personale scolastico. Il sindaco Palumbo ha inoltre invitato i cittadini a prestare massima cautela, evitando spostamenti non strettamente necessari e seguendo le indicazioni fornite dagli enti preposti per fronteggiare le situazioni di emergenza. Questo provvedimento interessa tutte le scuole di ogni ordine e grado presenti a Favara, garantendo che siano prese le precauzioni necessarie per affrontare eventuali emergenze legate al maltempo. Read the full article
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Belva Lockwood
Gli uomini dicono sempre: ‘Vediamo cosa sai fare’. Se parliamo sempre e non lavoriamo mai non realizzeremo nulla. Dopotutto, l’uguaglianza di diritti e privilegi non è altro che semplice giustizia.
Belva Lockwood, avvocata, educatrice e attivista, è stata la prima donna a candidarsi per la presidenza degli Stati Uniti nel 1884.
Si è fatta largo in un’epoca in cui era convinzione che le studentesse distraessero i colleghi e la professione legale fosse appannaggio di soli uomini, in cui si riteneva che il cervello e il temperamento femminile non fossero adatti a lavori con responsabilità. Anni in cui affari e transazioni si facevano in circoli maschili dove le donne non avevano accesso.
Partita dal nulla, figlia di contadini, ha combattuto con determinazione per avere la possibilità di studiare. Ha subito critiche efferate e superato opposizioni di ogni sorta.
Ha fatto approvare una legge per l’uguaglianza di accesso all’avvocatura ed è stata la prima donna ammessa al foro della Corte Suprema.
Per tutta la vita è stata in prima linea nel sostenere i diritti umani, il suffragio universale, l’emancipazione femminile, i diritti e le pari opportunità delle persone nere e native.
Nata col nome di Belva Ann Bennett, a Royalton, New York, il 24 ottobre 1830, era figlia dell’agricoltore Lewis Johnson Bennett e Hannah Green.
A 18 anni ha sposato Uriah McNall, che dopo quattro anni è morto di tubercolosi.
Per assicurare un futuro migliore a lei e alla sua bambina, è riuscita, dopo un’ardua battaglia a iscriversi al Genesee College, dove si è laureata a pieni voti nel 1857.
Per diversi anni è stata insegnante e poi direttrice di diverse scuole femminili.
Influenzata dall’incontro con Susan B. Anthony, attivista per i diritti delle donne, ha adottato un sistema educativo che forniva una maggiore offerta di possibilità formative per le studenti, lavorando per uniformare la retribuzione.
Affascinata dal mondo della giurisprudenza, ha deciso di studiare legge e si è trasferita con la figlia a Washington, nel 1866, il centro del potere legislativo e governativo.
Nella capitale ha sposato Ezekiel Lockwood, un anziano veterano di guerra che ha sostenuto le sue scelte.
Ha aperto una scuola privata mista, che era una grande novità per quei tempi.
È stata ammessa dall’avvocatura dopo che diversi giudici le avevano detto di non avere fiducia in lei, solo perché donna.
Secondo la legge, il suo status di donna sposata la faceva considerare strettamente subordinata al marito, non poteva possedere o ereditare individualmente una proprietà, né aveva il diritto di stipulare contratti o mantenere i soldi guadagnati senza il permesso del marito.
Ma non si è mai arresa.
Ha dovuto superare l’ostilità dei colleghi maschi della National University Law School e fare ricorso per ottenere la laurea in giurisprudenza dalle mani del presidente Ulysses S. Grant, nel 1873.
Aveva aperto un piccolo studio legale nella sua casa prima ancora di essere ammessa all’ordine degli avvocati.
Attivista per l’emancipazione femminile, ha elaborato e esposto un disegno di legge per la parità di retribuzione e testimoniato davanti al Congresso a sostegno della legislazione per dare alle donne sposate e alle vedove una maggiore protezione legale.
Nel 1870 ha redatto un disegno di legge contro la discriminazione delle donne all’avvocatura, facendo pressioni sul Congresso fino a quando non è stato convertito in legge nel 1879. Questo ha permesso alle avvocate di esercitare in qualsiasi tribunale federale.
È stata la prima donna a prestare giuramento all’avvocatura della Corte Suprema degli Stati Uniti, il 3 marzo 1879 e l’anno successivo, la prima a sostenere un caso.
In seguito, ha supportato Samuel R. Lowery, contribuendo a rendendolo il primo avvocato nero a discutere un caso alla Corte Suprema.
Il suo studio legale attraeva una clientela multirazziale appartenente alla classe operaia. Ha operato nel Distretti di Columbia, Maryland e Virginia, senza temere le lunghe distanze.
Metà del suo lavoro riguardava azioni di divorzio, in cui rappresentava quasi sempre donne. Si è occupata anche di procedimenti ingiuntivi e suddivisione dei terreni. Ha elaborato un numero incalcolabile di atti di vendita e testamenti prima di passare ai reati penali, vincendo molte cause e facendosi apprezzare anche dai suoi detrattori.
Dopo la morte del marito Ezekiel, nel 1877, ha acquistato la casa in cui avevano vissuto, una grande proprietà, fortemente ipotecata, che ha utilizzato anche come pensione e ufficio. Un investimento che le è servito da garanzia per prestiti e accordi commerciali. Per anni ha ospitato minori di cui aveva la tutela legale.
Nel 1881, a 51 anni, incurante dell’opinione generale, ha inforcato una bicicletta per percorrere diverse miglia al giorno, spostandosi tra dipartimenti federali, Campidoglio e tribunali.
Nel 1884 è stata la prima donna a condurre una campagna a pieno titolo per la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, per affermare il diritto al voto e alla partecipazione politica.
Non poteva votare, ma la Costituzione non impediva agli uomini di votare per lei. Ha delineato una piattaforma di 15 punti su un’ampia gamma di temi, tra cui affari esteri, tariffe, pari diritti politici, riforma del servizio civile, nomine giudiziarie, diritti delle persone native che ha spesso rappresentato, protezione delle terre pubbliche, pensioni e diritto di famiglia.
Aveva ottenuto meno di 5.000 voti (tutti maschili) ma non si è scoraggiata e quattro anni dopo si è ricandidata, soprattutto per sollevare agitazione sui diritti delle donne.
È stata anche docente universitaria e ha scritto saggi su suffragio femminile e uguaglianza legale.
Ha collaborato a riviste come Cosmopolitan, American Magazine of Civics, Harper’s Weekl e Lippincott’s e curato il giornale The Peacemaker.
È stata attiva nella National American Woman Suffrage Association e nell’Equal Rights Party e fatto parte della National Women’s Press Association.
Ha rappresentato la Universal Peace Union in congressi in giro per gli Stati Uniti e in Europa.
Nel 1912 ha affrontato e vinto il suo ultimo caso importante, rappresentando una donna che aveva minacciato di uccidere un famoso banchiere di Washington.
All’età di 83 anni ha guidato un gruppo di donne in un tour in Europa e continuato a marciare in sostegno del suffragio femminile e della pace internazionale. Ha continuato a parlare a favore della pace e del disarmo fino alla sua morte, avvenuta il 19 maggio 1917.
È sepolta nel Congressional Cemetery e, nel 1983, è stata inserita nella National Women’s Hall of Fame con la motivazione: “Usando la sua conoscenza della legge, ha lavorato per garantire il suffragio femminile, le riforme del diritto di proprietà, la parità di retribuzione lavorativa e la pace nel mondo. Fiorendo di pubblicità e partigianeria e incoraggiando altre donne a perseguire carriere legali, ha contribuito ad aprire la professione legale alle donne”.
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AFFARI & SEGRETI ACCADEMICI / CEPU COMPRA LINK UNIVERSITY
AFFARI & SEGRETI ACCADEMICI / CEPU COMPRA LINK UNIVERSITY Colpo grosso nel mondo universitario privato.
Uno dei magnate del settore, Francesco Polidori, al timone di colossi come CEPU e E-Campus, fa un sol boccone della Link University fondata dall’ex pluriministro Dc Enzo Scotti.
Sotto i riflettori da alcuni anni, Link, prima per le vicende legate ai ministri e consulenti sfornati pro 5 Stelle, come l’ex titolare della Difesa Elisabetta Trenta.
Poi per le sempre più frequenti voci di legami con ambienti dei servizi segreti, culminate con la “Mifsud story”; ed infine con due grosse inchieste condotte dalle procure di Firenze e di Roma per alcuni “pasticciacci brutti” combinati dall’ateneo scottiano.
Non proprio immacolata neanche la storia di CEPU, costellata di fallimenti e improvvise rinascite, fino al “botto” con E-Campus ed un testimonial del tutto eccezionale, la star juventina Cristiano Ronaldo.
Ma procediamo con ordine e partiamo dalle news.
UN’OPERAZIONE CHE VIENE DA LONTANO
L’operazione di acquisto non è stata ancora ufficializzata, ma fonti bene informate parlano di intesa siglata a fine luglio. I dettagli sono ancora top secret, come del resto è fisiologico per un ateneo che ha fatto della “segretezza” la sua arma principale, sotto l’attenta regia dell’ex ministro (tra l’altro) degli Interni Scotti, disarcionato dalla sua poltrona appena dopo l’attentato di Capaci in cui persero la vita Giovani Falcone e la sua scorta.
Il feeling tra le due università, comunque, era già sbocciato una quindicina fa. Nel 2004, infatti, Cepu aveva acquistato il 51 per cento delle azioni griffate Link. Prima di allora il capitale era intestato a due finanziarie estere: Malta University Share e Hatchmount limited. Risalendo nel tempo, poi, ci si imbatte in una cordata di imprenditori italiani, capitanati da Luciano Consoli, editore di riferimento dell’allora Pci e in ottimi rapporti con lo stesso Scotti, soprattutto per l’affare del bingo nazionale, quando venne messa in campo una sigla che si era tuffata in un terreno del tutto nuovo, con il varo di Formula Bingo.
Nel 2007 la Link è stata autorizzata al rilascio di titoli ammessi al riconoscimento. Mentre quattro anni dopo, nel 2011, con la benedizione del ministro berlusconiano della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini, diventa università non statale legalmente riconosciuta nell’ordinamento universitario italiano.
Un itinerario, quello successivo, tutto in ascesa, con la presenza – nel corpo docente – di pezzi da novanta del panorama politico italiano, come Massimo D’Alema e Giulio Tremonti.
Ma anche di papaveri provenienti da altri atenei del Paese. Qual è, ad esempio, Pasquale Stanzione, fresco eletto alla presidenza dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Dopo aver insegnato per anni Diritto Privato all’Università di Salerno, Stanzione ha lavorato anche alla Link.
Privacy, security e tutto quanto ruota interno al variegato mondo dei servizi segreti sono sempre state le materie base che hanno rappresentato l’humus ideale per i felici destini del Campus maltese.
Proprio fino all’“incidente” del docente maltese, Joseph Mifsud, di cui ha parlato mesi fa mezzo mondo, per le implicazioni internazionali del caso. Russi, americani o chi altro erano i burattinai? Tantissime le voci, fino ad oggi poche certezze: comunque un ginepraio sul quale – prima o poi – verrà fatta luce.
UN’INCHIESTA TIRA L’ALTRA
Ma la bufera era solo all’inizio. Perché nel giro di pochi mesi di sono scatenate due inchieste, una legata all’altra. Prima a scendere in campo la procura fiorentina, che a maggio 2020 ha chiuso il suo fascicolo d’indagini sugli “esami facili”, con 71 indagati per associazione a delinquere e falso: tra essi addirittura il padre-padrone Scotti, il direttore generale Pasquale Russo, il rettore Claudio Roveda, altri vertici amministrativi, docenti universitari, ricercatori, studenti, poliziotti e anche il segretario nazionale del Siulp (il sindacato di polizia) Felice Romano.
Due mesi dopo, metà luglio, scatta il blitz del nucleo di polizia economico-finanziaria che sequestra una montagna di carte, agende, conti & rendiconti bollenti: tutto ruota intorno ad una fitta rete di consulenze taroccate e indebiti compensi. Una truffa, secondo le ipotesi accusatorie, da non meno di 15 milioni di euro, sottratti al fisco. 14 stavolta gli indagati: il presidente della società di gestione GEM Vanna Fadini, il membro del cda e presidente della scuola d’ateneo per le attività Graduate e Undergraduate Carlo Maria Medaglia, oltre agli stessi Roveda e Russo.
Tutto ciò ha di certo impresso una accelerazione alla trattativa e consentito all’ex papavero della Dc Scotti di evitare i riflettori, ritirandosi – per ora – in buon ordine: anche se dovrà rispondere dei capi d’accusa dei quali è imputato.
Per sapere di più su vita & story di chi sta facendo un sol boccone di Link, Francesco Polidori, e delle sue creature più care, il famoso Cepu che fondò con l’allora amico Antonio Di Pietro, e il più fresco E-Campus, vi invitiamo a leggere tre illuminanti inchieste scritte dalla Voce nel 2015, nel 2016 e nel 2019.
NEWS DA UNINT
P.S. Sempre a proposito di università private, torniamo al “caso UNINT”, l’Università Internazionale che ha sede a Roma.
Ne avevamo scritto in un’inchiesta del 15 luglio, in cui dettagliavamo proprio le “ultime” sulla Link e altre vicende giudiziarie che coinvolgevano UNINT.
Ci è appena arrivata una “Richiesta di avvio della procedura di mediazione in materia civile e commerciale obbligatoria”, l’attuale prassi giuridica “privatistica” che è di solito l’anticamera della querela penale o della citazione civile. Un modo come un altro per esercitare una pressione chiaramente intimidatoria.
La partecipazione, trattandosi di sede privata, è chiaramente a pagamento; la “riunione” è fissata a Roma, presso l’Organismo di Mediazione, per il 26 agosto.
Non abbiamo mai preso parte a “incontri” del genere; ritenendo che la giustizia si amministri in sedi istituzionali, pubbliche e non certo per vie privati e in sedi private.
A maggior ragione questa volta, dove le “ragioni” accampate dai legali di UNINT sono davvero ridicole.
Qual è la lamentela? “La controversia ha come oggetto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale subito in conseguenza dell’articolo diffamatorio intitolato ‘Università private & affari / Dalla Link alla Unint è raffica di inchieste’. Le ragioni della pretesa sono le seguenti. In data 15 luglio 2020, sul periodico online ‘La Voce delle Voci’ è stato pubblicato un articolo avente ad oggetto i fatti per i quali è pendente procedimento penale per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Trattasi di scritto fortemente lesivo dell’onore e della reputazione dell’UNINT perché vengono riportati fatti non del tutto veritieri e comunque imprecisi, con l’utilizzo di toni allusivi, aspri e totalmente privi di moderazione, esorbitanti rispetto allo scopo informativo”.
E quali “eclatanti” documenti allegano, i legali, alla loro richiesta? L’articolo in questione, lo statuto di Unint, e l’elenco delle cariche amministrative della stessa Unint.
Accipicchia!
Di tutta evidenza, i legali di UNINT ammettono – e non potrebbero fare altrimenti – di essere coinvolti in un’inchiesta da novanta, “per truffa aggravata” e utilizzo di “fondi pubblici”. Sostengono che la Voce abbia scritto di fatti “non del tutto veritieri”. E accusano il “tono”, forse non da maggiordomi di turno.
Una palese ammissione di tutto quanto scritto dalla Voce rispettando i semplici criteri di “interesse pubblico”, “attualità del fatto”, e anche “continenza”, non ravvisandosi nell’articolo contumelie di sorta.
Avrebbero fatto molto meglio, legali e titolari di UNINT, a inviare una lettera con una richiesta di “rettifica”, come del resto ha fatto Marco Bisogni, una lettera che abbiamo pubblicato integralmente, nonostante la lunghezza.
Ma evidentemente i signori di UNINT, nel merito, non avevano e non hanno nulla di cui chiedere la benchè minima rettifica.
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Storia, Evoluzione ed Importanza dell’Abbigliamento Sportivo nel Futsal
Il calcio a 5, noto internazionalmente come futsal, è uno sport di squadra derivato dal calcio tradizionale, che ha avuto origine in Uruguay negli anni ’30. Conosciuto in origine come fútbol de salón, questo sport è nato dalla necessità di adattare il calcio a spazi più piccoli, rendendolo praticabile in palestre e strutture coperte. Con il tempo, il calcio a 5 si è diffuso in tutto il mondo, assumendo una propria identità e regolamentazione, differente dal calcio tradizionale. Uno degli aspetti chiave per la pratica di questo sport è l’abbigliamento sportivo, che ha subito un’evoluzione significativa nel corso degli anni.
Origini e Diffusione del Calcio a 5
Il calcio a 5 fu ideato nel 1930 da Juan Carlos Ceriani, un professore di Montevideo, Uruguay, che cercava un modo per far giocare i suoi studenti al chiuso. Ceriani combinò elementi di vari sport, tra cui calcio, pallacanestro, pallanuoto e pallamano, creando un gioco che poteva essere praticato sia all’interno che all’esterno. Le prime regole ufficiali furono stabilite nel 1933 e da quel momento il futsal iniziò a diffondersi rapidamente in Sud America, in particolare in Brasile, dove acquisì grande popolarità.
In Brasile, il futsal divenne subito un fenomeno culturale, con molte varianti del gioco che venivano praticate con diverse regole. Negli anni ’50, la necessità di unificare le regole portò alla formazione delle prime federazioni dedicate a questo sport. Il calcio a 5, come veniva chiamato in Italia, iniziò a guadagnare visibilità anche grazie all’interesse dei media, che contribuirono alla sua diffusione.
L’Importanza dell’Abbigliamento Sportivo nel Calcio a 5
L’abbigliamento sportivo è un elemento cruciale nel calcio a 5, influenzando non solo le prestazioni degli atleti, ma anche la loro sicurezza e comfort durante il gioco. A differenza del calcio su grandi campi, il futsal si gioca su superfici più piccole e veloci, spesso indoor, dove l’abbigliamento sportivo deve adattarsi a condizioni specifiche.
Le maglie, i pantaloncini e le calze utilizzati nel calcio a 5 sono progettati per essere leggeri e traspiranti, per permettere ai giocatori di muoversi liberamente e mantenere una temperatura corporea ideale. I tessuti tecnici utilizzati nell’abbigliamento sportivo moderno sono fondamentali per gestire il sudore e prevenire surriscaldamenti, che possono compromettere le prestazioni degli atleti durante le partite intense.
Evoluzione dell’Abbigliamento Sportivo nel Calcio a 5
Nel corso degli anni, l’abbigliamento sportivo per il calcio a 5 ha subito notevoli miglioramenti. Inizialmente, i giocatori utilizzavano abbigliamento simile a quello del calcio tradizionale, ma con l’evoluzione del gioco e l’introduzione di superfici indoor più tecniche, i produttori di abbigliamento sportivo hanno iniziato a sviluppare soluzioni specifiche per il futsal.
Le scarpe, ad esempio, hanno subito un’evoluzione significativa. Mentre nel calcio su erba sono utilizzati tacchetti per migliorare la trazione, nel calcio a 5 le scarpe devono garantire aderenza su superfici lisce e dure, come il parquet o il cemento. Le suole delle scarpe da futsal sono progettate per offrire una trazione ottimale senza compromettere la velocità e la manovrabilità dei giocatori.
L’Impatto dell’Abbigliamento Sportivo sulle Prestazioni
Un abbigliamento sportivo ben progettato può fare la differenza nelle prestazioni di una squadra di calcio a 5. Oltre alla leggerezza e alla traspirabilità, l’abbigliamento deve essere anche resistente, per resistere all’usura causata dai movimenti rapidi e dalle cadute frequenti su superfici dure. Le maglie aderenti ma flessibili permettono una maggiore libertà di movimento, essenziale per un gioco dinamico come il futsal, dove i cambi di direzione sono continui.
Anche la protezione gioca un ruolo importante. Gli indumenti devono includere parastinchi e altre protezioni che aiutano a prevenire infortuni senza limitare la mobilità. Questo è particolarmente importante nel calcio a 5, dove gli spazi ristretti e il contatto fisico sono più frequenti rispetto al calcio tradizionale.
Abbigliamento Sportivo e Identità di Squadra
Oltre agli aspetti tecnici, l’abbigliamento sportivo nel calcio a 5 svolge un ruolo importante anche nell’identità della squadra. Le divise non sono solo funzionali, ma rappresentano anche l’orgoglio e la storia del club o della nazione. La scelta dei colori, del design e dei materiali riflette spesso la cultura e le tradizioni della squadra, creando un senso di appartenenza tra i giocatori e i tifosi.
Nel contesto internazionale, le divise delle squadre nazionali di futsal sono diventate simboli riconosciuti, con i tifosi che indossano orgogliosamente le maglie dei loro team preferiti. Questo aspetto commerciale dell’abbigliamento sportivo non solo rafforza l’identità delle squadre, ma rappresenta anche una fonte di entrate significativa per i club e le federazioni.
Conclusione
Il calcio a 5, o futsal, è uno sport che ha radici profonde in Sud America ma che si è diffuso in tutto il mondo, diventando una disciplina riconosciuta e praticata ovunque. L’abbigliamento sportivo gioca un ruolo fondamentale in questo sport, influenzando le prestazioni degli atleti e contribuendo alla loro sicurezza. Con l’evoluzione delle tecnologie dei tessuti e dei design, l’abbigliamento sportivo continuerà a migliorare, permettendo ai giocatori di raggiungere nuovi livelli di performance nel calcio a 5. Allo stesso tempo, le divise delle squadre continueranno a rappresentare l’identità e l’orgoglio di chi le indossa, consolidando il legame tra giocatori, tifosi e la storia di questo affascinante sport.
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